114LUIGI SPERTI - MARGHERITA TIRELLI [RdA 31compresenza di ateliers attivi nello stesso lasso ditempo in ambiti diversi, quali appunto l’architetturamonumentale e quella privata delle necropoli. Ladatazione negli ultimi decenni del I sec. a.C. pone ilframmento n. cat. 12 all’inizio della lunga serie dicapitelli corinzi canonici dei grandi mausolei erettiin età augustea e giulio-claudia nelle aree sepolcralilungo la via Annia.Dall’area delle necropoli proviene anche il frammenton. cat. 13 (tav. XVIII, b). A giudicare dall’ornatosuperstite lo stile delle foglie d’acanto è analogoa quello del precedente, anche se la resa dellefogliette tradisce una certa semplificazione. Dal n.cat. 12 si differenzia per il sovraccarico decorativismodell’abaco, che presenta modanature intagliatecon kyma ionico e Scherenkymation 104 . L’uso di accentuarel’importanza dell’abaco come elemento conclusivodel capitello è tipico dell’architettura norditalicadegli ultimi decenni del I sec. d.C. e degliinizi del successivo, soprattutto nella Venetia et Histria;tale soluzione, diffusa anche in ambito provinciale,trova scarsi riscontri in Roma, dove i modellielaborati nella prima e media età augustea e ripresiin età giulio-claudia prevedono di norma un abacocon modanature lisce 105 . Mentre il kyma ionicocostituisce la decorazione “canonica” del tondino,il cavetto offre una certa varietà di soluzioni: moltospesso è intagliato con una baccellatura 106 , piùraramente rimane liscio 107 , oppure presenta ornatinon canonici come Blattkyma 108 o un tralcio d’acanto109 . Rari anche i casi in cui il cavetto reca, comenel frammento in questione, uno Scherenkymation:nell’ambito della X regio mi sono noti solamente uncapitello a Verona di età giulio-claudia 110 , un esemplarecoevo al Museo Civico di Vicenza, attribuitoal teatro romano di Berga 111 , e due capitelli, uno dicolonna e l’altro di pilastro, al Museo Archeologicodi Este 112 . La maggior parte dei confronti citati sidata in epoca augustea o giulio-claudia: in epocaaugustea va collocato anche il n. cat. 13.Un riflesso dei mutamenti che segnano lo sviluppostilistico dell’acanto nella decorazione architettonicaurbana della media età augustea si avvertenel capitello in calcare d’Aurisina n. cat. 14(tav. XIX, a), rinvenuto in un'area corrispondente all’abitatoaltinate. La resa più morbida e naturalisticadell’acanto, dai lobi che si toccano senza sovrapporsi,con fogliette dalle estremità più arrotondate;la forma svasata della costolatura centrale, che abbandonai grafismi di età precedente e si articola innervature ben rilevate; le zone d’ombra tra lobi contiguia forma di goccia, che sostituiscono le rigide104Di forma simile al tipo “A” in Leon 1971, p. 263, ma semplificato nella parte centrale della cd. “forbice”; v. anche Wegner1957, p. 53 s.; Ganzert 1983, p. 190 s., sull’origine augustea del tipo.105In generale sulla diffusione dell’abaco ornato in Italia Settentrionale, nella Narbonensis e altrove, e sulla rarità di soluzionianaloghe a Roma, v. Wegner 1961, p. 264 ss.; Strong, Ward Perkins 1962, p. 14; Rossignani 1975, p. 62 e nota 4; Galliazzo1977, col. 53 ss.; Cavalieri Manasse 1978, p. 60 s. nota 2; Nibbi 2000, p. 186.106Nella X regio: il già ricordato capitello riusato come acquasantiera nel Duomo di Grado (v. bibl. supra, nota 103); “Propileicapitolini” a Trieste (Scrinari 1956, nn. 11-12, p. 20, detto “tempio romano”; Cavalieri Manasse 1978, n. 93.a, p. 116 s., tav.39,1-2); Arco dei Sergi a Pola (Wegner 1961, p. 263 ss., tav. 52.3; Traversari 1971, p. 61 ss., fig. 29 ss.; Fischer 1996, p. 58 ss.,tav. 10; per la datazione v. infra, nota 125); due esemplari al Museo Archeologico di Pola della seconda metà del I sec. d.C.(Cavalieri Manasse 1978, nn. 106-107, p. 136 s., tav. 48) e uno di epoca successiva reimpiegato nel Duomo (Scrinari 1956, n.28, p. 29); un capitello al Museo Concordiense di Portogruaro (Di Filippo Balestrazzi 2001, p. 216, fig. 4); un frammento dicapitello corinzio o corinzieggiante dal teatro Berga a Vicenza (Galliazzo 1977, col. 57 s., fig. 7); capitelli figurati di età antonininaa Brescia (Frova, Rossignani, Cavalieri Manasse 1975, p. 64, figg. 22, 23). Al di fuori della Venetia, l’uso dell’abacodecorato con ovoli e baccellatura sembra limitato sostanzialmente ad alcuni centri della Transpadana, in particolare Milano(v. Nibbi 2000, p. 185 s., nota 7, figg 1-2; v. anche Belloni 1958, n. 15 p. 35 s.) e Como (Rossignani, Sacchi 1993, n. 3, p. 102s., tav. 5,2). In ambito provinciale vari esempi in Wegner 1961, p. 265; per la Gallia Narbonense v. i noti esemplari dell’arcodi Orange (Amy, Duval, Formigé 1962, p. 21 s., tav. 65) e della Maison Carrée a Nîmes (Heilmeyer 1970, p. 107 ss., tavv. 40,41.1,3). Per qualche altro esempio nelle Gallie v. Tardy 2006, p. 290 s., fig. 2 (tempio di Mercurio sul Puy de Dôme); per laBaetica cfr. Ahrens 2005, p. 151, tav. 15. Sulla baccellatura v. Leon 1971, p. 274 s. (“Pfeifenstab”).107Nella X regio: il capitello altinate n. cat. 15 (tav. XIX, b), e quello al Museo Archeologico di Venezia, proveniente da Spinea(tav. XVIII, c), v. bibl. supra, nota 54. Schemi analoghi in ambito provinciale: v. ad es. i capitelli della “Maison des Antes” aGlanum, di età augustea, in Heilmeyer 1970, p. 111, tav. 7.4. V. anche il capitello corinzieggiante n. cat. 51.108V. un capitello al Museo Archeologico di Aquileia (Scrinari 1952, n. 21, p. 30) e uno a Pola (Scrinari 1956, n. 17, p. 24).Sul “Blattkyma” v. Leon 1971, p. 276.109V. i capitelli dell’arco di Augusto a Rimini, bibl. supra, nota 100.110<strong>Sperti</strong> 1983, n. 49, p. 45.111Galliazzo 1977, col. 50 ss., figg. 1-4.112Scotton 1992, p. 425 figg. 336-337.
2007] I <strong>CAPITELLI</strong> <strong>ROMANI</strong> <strong>DI</strong> <strong>ALTINO</strong>115sequenze degli occhi triangolari e circolari dei decenniprecedenti, riflettono innovazioni stilisticheche compaiono probabilmente per la prima voltanel tempio di Marte Ultore a Roma, e che non tardanoa diffondersi nell’Urbe stessa, negli immediatidintorni, in Campania, in Italia Settentrionale ein altri ambiti periferici 113 . Nella X regio la precocerecezione di questi modelli di origine urbana ètestimoniata in primis dagli esemplari in opera neltempio di Roma e Augusto a Pola, dedicato tra il 2a.C. e il 14 d.C., e attribuiti ad un atelier urbano, oa maestranze di formazione greco-orientale 114 . Rispettoai capitelli del monumento polese però, il n.cat. 14 tradisce in dettagli come il contorno angolosodelle zone d’ombra o le estremità appuntite dellefogliette l’opera di un lapicida, verosimilmentelocale, memore delle esperienze dei decenni precedenti.Il mediocre stato di conservazione della metàsuperiore non consente di valutare particolari importanti,come i caulicoli o l’elemento di raccordotra l’apice della foglia centrale della seconda coronae le elici. Quest’ultimo va identificato nel motivodella cd. Helixmanschette, sorta di stilizzazione delcalicetto da cui sorge il fiore dell’abaco che comparein luogo della ben più usuale palmetta, e chefa la sua comparsa in età augustea 115 . Un capitellocon apparato decorativo più ricco, di esecuzionepiù curata, ma molto simile nella resa dell’acantoe nelle proporzioni all’esemplare altinate si conservaa Portogruaro 116 : entrambi possono essere datatinei primi due decenni del I sec. d.C.In epoca tardo-augustea o tiberiana ha iniziouna produzione, decisamente standardizzata perdimensioni, tipologia e stile, di capitelli corinzi destinatiagli alzati dei monumenti funerari. A taleproduzione, che si colloca in un lasso di tempopiuttosto ristretto, probabilmente entro la metà delI sec. d.C., appartiene la grande maggioranza degliesemplari interi e frammentari conservati nel Museo.I capitelli nn. cat. 15-18 (tav. XIX, b; tav. XX, a-c)sono gli unici esemplari del corpus altinate riferibiliad un contesto architettonico definito, il noto mausoleoa baldacchino tratto in luce nel 1967 lungo iltratto nord-est della via Annia, a circa 2 km di distanzadalla città. I rinvenimenti hanno permesso diricostruire (tav. XXI) una grande tomba monumentalein calcare di Aurisina, alta circa 14 metri, compostada un basamento di circa 5 metri di larghezzascandito da lesene, su cui poggiava un monopterosdi diametro lievemente inferiore, con peristasi di 8colonne corinzie, di cui rimangono alcuni spezzonidei fusti e i capitelli nn. cat. 16-18. La trabeazioneè articolata all’esterno in un architrave a tre fasce,un fregio di inusitata tipologia decorato da cespid’acanto simmetrici che ospitano crateri baccellati,e una cornice sin troppo modesta per dimensioni,con mensole alternate a cassettoni ornati da fiori esima. All’interno, la trabeazione presenta la medesimasequenza di modanature, ma lisce. Il monopterosospitava tre immagini, di cui sopravvive integrala ben nota coppia di ritratti in marmo, uno maschilee uno femminile, conservati nel Museo. Il coronamento,di cui non si sono trovati resti, era probabilmentecostituito dal cono embricato usuale inmonumenti simili: l’unico elemento superstite è ilcapitello n. cat. 15, che serviva da base per un ulterioreelemento terminale (una pigna, nella ricostruzionegrafica qui proposta). Gli scavi hanno messoin luce i resti di un recinto con cancellata metallicadelimitato forse da due erme, e custodito da duestatue di cani, di cui si conserva un esemplare integro117 . Il monumento rientra in una tipologia che113In generale v. Strong, Ward Perkins 1962; Heilmeyer 1970, p. 25 ss.; Pensabene 1973, p. 208 ss. Per Ostia Pensabene 1973,loc. cit.; sulla derivazioni da modelli urbani di esemplari pompeiani, come quelli del tempio della Fortuna Augusta, v. Viscogliosi1996, p. 124 s., fig. 151; Heinrich 2002, pp. 28 ss., 64 s., K7 d-f. Per la Cisalpina v. ad es. alcuni esemplari a Milano, inNibbi 2000, p. 185 ss., I e II sottogruppo.114Heilmeyer 1970, p. 115 s., tav. 42, 1.2 (maestranze urbane); Cavalieri Manasse 1978, p. 177 ss., tavv. 63-65,1 (lapicidi grecoorientali).I capitelli del cd. tempio orientale a Pola, di tipo analogo, mostrano un irrigidimento dell’apparato decorativo cheG. Cavalieri Manasse (1978, p. 130 s.) ritiene indice di una datazione posteriore, da porre in età tiberiano-claudia. Per W.-D.Heilmeyer (1970, p. 116) e in seguito G. Fischer (1996, p. 86 s.), più convincentemente, le differenze della decorazione architettonicadei due complessi vanno imputate all’attività di diversi gruppi di maestranze operanti all’incirca nello stesso lassodi tempo (in Fischer 1996, p. 87, datazione del tempio orientale nel primo quarto del I sec. d.C.).115Cfr. Heilmeyer 1970, p. 64 s. Il motivo sopravvive sin oltre la metà del I secolo, ad es. nei capitelli corinzi del rifacimento,di età probabilmente neroniana, della frontescena del teatro di Verona: <strong>Sperti</strong> 1983, n. 20 ss., p. 29 ss.116Al Museo Nazionale Concordiese: v. Di Filippo Balestrazzi 2001, p. 216, fig. 4.117Scarfì 1968, p. 51, figg. 67-69; Scarfì 1985, p. 132 ss., figg. 118-126; Tombolani 1987, p. 341; Denti 1991, p. 173 ss., tavv.LII-LIII; Compostella 1993, pp. 125 s.; Compostella 1996, p. 146 ss., figg. 37 a-f; <strong>Tirelli</strong> 1998, col. 172 s., figg. 30-33; Denti2001, p. 277.
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