118LUIGI SPERTI - MARGHERITA TIRELLI [RdA 31unico con un sommoscapo ornato da scanalature,una pratica poco attestata negli esemplari coevi. Lefoglie del n. cat. 41 mostrano nell’accentuata verticalitàe nella rigidezza della costolatura centrale,nei lobi larghi e appiattiti sulla superficie del kalathos,nella resa amorfa delle fogliette, e nel profilostretto ed allungato delle zone d’ombra, le tipichecaratteristiche dell’acanto di età giulio-claudiaavanzata, e trovano numerosi confronti con esemplaria Trieste 135 , Verona 136 , Este 137 Milano 138 , tuttidatabili intorno alla metà del I sec. d.C. Il n. cat.42 è molto simile al precedente, ma le foglie, dailarghi lobi articolati in fogliette indistinte, sembranoperdere ulteriormente organicità. La sagoma abbozzatadel calicetto centrale, dei cauli e in un latodelle elici indicano che la lavorazione non è stataportata a termine e anche le foglie – il cui aspettosaponoso non trova, per quanto mi è noto, puntualiconfronti – mancano probabilmente dell’ultima rifinitura.Capitelli incompiuti sono ben noti anchenella Venetia, ma si tratta di solito, diversamentedal caso in questione, di manufatti lasciati in unoo più lati allo stato di bozza 139 . Il n. cat. 42 provieneda un recinto della necropoli nord-est dell’Anniatratto in luce nel 1971 che ha restituito alcuniblocchi della fronte, un’ara iscritta e il frammentodi un’altra iscrizione 140 . Il dato potrebbe essere indicativoanche per il n. cat. 41, di cui non si conoscela provenienza: tuttavia la pertinenza dell’esemplareincompiuto al recinto funerario è stata postain dubbio 141 , in quanto non è chiaro quale funzionepotesse avere in una struttura che non prevedealzato. Non è da escludere pertanto che vi sia cadutoaccidentalmente da una tomba monumentalesituata nelle vicinanze.All’incirca nello stesso periodo si colloca forseil minuscolo frammento di foglia d’acanto n. cat.43 (tav. XXII, d), che non meriterebbe menzione senon fosse per il fatto che è l’unica testimonianzatratta in luce nel corso degli scavi del santuario extraurbanoin località Fornace 142 riconducibile, almenoipoteticamente, ad un capitello. Se il frammento,come suggerisce per ipotesi M. <strong>Tirelli</strong>, va riferitoall’epistilio di una edicola eretta nel bosco sacro (v.infra, p. 126), si può dedurre una datazione dell’edificionegli anni intorno alla metà del I sec. d.C.Lo sviluppo del capitello corinzio dell’Italia Settentrionaletra la tarda età giulio-claudia e gli ultimitre decenni del secolo presenta, come già rilevatoda tempo 143 , caratteri autonomi rispetto aimodelli elaborati nell’Urbe, ed un gusto eclettico ein parte retrospettivo, dove elementi tipici dello stileflavio si accompagnano alla persistenza di formetradizionali dell’architettura di età augustea e giulio-claudia.Ai capitelli del pronao del Capitoliumdi Brescia, datato nei primissimi anni del regno diVespasiano 144 , va accostato un numeroso gruppodi esemplari simili, talora in marmo 145 , più spessoin calcare 146 , che mostrano soluzioni tipologichee stilistiche piuttosto omogenee: corone di fogliemolto aggettanti dal kalathos, con lobi incavati ezone d’ombra sottili poste in verticale; cauli pesan tie inclinati, con orlo decorato da una coroncina disepali, e articolato talora da solchi ad andamentotortile 147 ; stelo del fiore dell’abaco che sorge da unapalmetta, in luogo del calicetto usuale nel reperto-135Cavalieri Manasse 1978, n. 87, p. 112, tav. 36,3, al Museo Civico.136<strong>Sperti</strong> 1983, n. 40, p. 46, al Museo Archeologico.137Scotton 1992, p. 425, fig. 336, al Museo Archeologico.138Belloni 1958, n. 11, p. 32, al Museo Archeologico, tarda età giulio-claudia.139V. il già citato capitello dal teatro di Berga a Vicenza, in Galliazzo 1977, col. 50 ss., figg. 2, 4, di età giulio-claudia, e unocoevo a Trento, cfr. Michelini 2002, p. 356 s., fig. 1.140<strong>Tirelli</strong> 2008, n. 84, p. 66.141<strong>Tirelli</strong> 2008, loc. cit.142Sul santuario v. bibl. supra, nota 18.143Heilmeyer 1970, p. 131 ss.144Heilmeyer 1970, p. 132, tav. 46,2; Frova, Rossignani, Cavalieri Manasse 1975, p. 61 s., figg. 9-10; altri capitelli dal medesimocomplesso mostrano una resa stilistica alquanto differente: v. ibid., p. 63, e figg. 17-19.145Ad es. ad Aquileia, in Pensabene 1987, p. 396, fig. 11; lo stesso in Scrinari 1952, p. 34, n. 28; a Vicenza, dal teatro di Berga,in Galliazzo 1977, col. 50 ss., figg. 1-6.146V. un capitello a Museo Archeologico di Aquileia, in Scrinari 1952, n. 20, p. 30; Cavalieri Manasse 1978, n. 32, p. 64, tav.13; un altro nello stesso Museo, Scrinari 1952, n. 21, p. 30 s. Alcuni esemplari a Pola, v. Scrinari 1956, nn. 13-14, p. 22 s. (alVescovado di Ossero), e n. 16, p. 23 s.; a Trento, in Michelini 2002, con una troppo precoce datazione in età tiberiana; a Garda,in Ibsen 2006, p. 307 s. e fig. 1 (considerato erroneamente corinzio asiatico di età tardoantica). In generale sulla produzionenord-italica in calcare v. anche Pensabene 1972, p. 323.147V. i due esemplari aquileiesi e i due capitelli a Ossero, provenienti da Pola, citati nella nota precedente.
2007] I <strong>CAPITELLI</strong> <strong>ROMANI</strong> <strong>DI</strong> <strong>ALTINO</strong>119rio decorativo di età flavia 148 . In questa fase di transizionetra l’età giulio-claudia e la prima età flaviarientra anche il n. cat. 44 (tav. XXIII, a) che è il piùantico capitello corinzio in marmo del corpus altinate,ed uno dei pezzi di maggiori dimensioni 149 . Ilmediocre stato di conservazione non consente cheuna valutazione parziale, ma la resa accurata dellefoglie d’acanto e dei cauli, oltre che l’uso del marmo,indica che il manufatto è opera di maestranzedi non comune livello, probabilmente autoctone, ocomunque di formazione nord-italica. Non occorrechiamare in causa i dati sulla provenienza, peraltroincerti 150 , per ipotizzare che il manufatto eraimpiegato in un grande edificio pubblico, da porsinei decenni successivi alla metà del I sec. d.C.Coevo o di qualche decennio posteriore è un capitelloda semicolonna in marmo di ben più modesteambizioni monumentali (n. cat. 45, tav. XXIII, b),conservato nella villa Reali Canossa a Dosson (Treviso)ma proveniente, come tutta la collezione giàReali, da Altino 151 . Il capitello è lavorato in dueblocchi, una pratica dettata da ovvie ragioni economiche,di solito però testimoniata in esemplarimolto più grandi 152 , e che tende a scomparire dallametà del I sec. d.C. 153 . Lo stile delle foglie d’acantorichiama quello del n. cat. 44, ma con un più accentuatoslancio verticale, sottolineato dai profondisolchi di trapano che delimitano la costolaturacentrale, e dalla forma molto allungata delle zoned’ombra. Un capitello al Museo Civico di Como 154datato in età flavia costituisce il termine di confrontostilistico più prossimo, indicativo anche perla cronologia.I due esemplari esaminati costituiscono le ultimetestimonianze del capitello corinzio con acantomolle ad Altino: a questi segue, con una lacuna dicirca un secolo, un piccolo gruppo di capitelli corinzidi tipo asiatico, databili dalla seconda metà delII sino alla prima metà del IV sec. d.C. L’importazionein Occidente di capitelli di manifattura microasiatica,che nel corso del III secolo e soprattuttodall’età tetrarchico-costantiniana divengono il tipoegemone, è un fenomeno in generale ben noto e indagato155 , ma non per quanto riguarda la Cisalpina,regione per la quale manca persino un censimentopreliminare. La consistenza nelle regioni dell’ItaliaSettentrionale di tali prodotti di importazione,provenienti da pochi centri di produzione – tra iquali ebbero un ruolo di primissimo piano gli opificiattivi nell’isola del Proconneso – attende ancoraadeguata valutazione: indagini preliminari e perquanto mi è noto inedite, come quella riguardantela diffusione dei capitelli ad acanto spinoso in Romagna156 , lasciano intuire un panorama articolatoe complesso, dove compaiono, a fianco di manufattiimportati, imitazioni da parte di officine localiche utilizzano forme commiste a quelle dell’acanthusmollis, frequenti in particolare ad Aquileia 157 .Di fronte ad un quadro così evanescente e lacunosorisulta difficile proporre per gli esempi altinati – peraltroframmentari e molto rovinati – un inquadramentostilistico e tipologico sufficientemente documentato.Credo comunque di non essere lontanodal vero sostenendo che il piccolo capitello in marmon. cat. 47 (tav. XXIII, c) rappresenta una delleprimissime testimonianze dell’importazione di prodottidi origine asiatica nella Cisalpina. Le foglie diacanto spinoso della prima corona che si toccanocon le fogliette esterne creando un motivo romboidale,quelle della corona soprastante ben distanziatee separate da sagome geometriche, e le elici spiraliformiche serrano uno stelo del fiore dell’abaconascente da calicetto o una foglietta rientrano inun tipo frequentemente attestato a Roma e Ostia 158 ,148V. Frova, Rossignani, Cavalieri Manasse 1975, p. 61.149Sulla base delle dimensioni del frammento superstite, privo sia della base che della zona di abaco e volute, si può ricostruireuna altezza di circa cm 70-80.150Il capitello proviene dalla località Fornasotti, che corrisponde in parte all’abitato, ma anche all’area necropolare.151Sulla collezione v. supra, nota 16.152V. ad es. i capitelli della ricostruzione neroniana della frons scaeneae del teatro di Verona, in <strong>Sperti</strong> 1983, n. 20 ss., p. 29 ss.153Strong, Ward Perkins 1962, p. 12 s.154Rossignani, Sacchi 1993, n. 3, p. 102 s., tav. 5.155Fondamentale Pensabene 1986; v. anche Pensabene 1972, in particolare p. 335 ss.; sul corinzio asiatico a Roma v. Freyberger1990, p. 125 ss.; per Ostia Pensabene 1973, pp. 94 ss., 227 s., 235 ss. Sullo sviluppo del capitello corinzio ad acanto spinosoin Asia Minore sino al II sec. d.C. v. Heilmeyer 1970, p. 78 ss.156Regione in cui costituiscono il 41 per cento della totalità dei capitelli corinzi: v. De Maria 2000, p. 298.157Cfr. <strong>Sperti</strong> 2005, p. 312 ss.158Tipo 7 in Pensabene 1986, p. 310. Roma: ibid., loc cit., con bibl. Ostia: Pensabene 1973, nn. 349-350, p. 98 s., tav. XXXV, datatialla seconda metà del II sec. d.C.
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