le subculture politiche in italia: epilogo o mutamento - SISP
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motivaziona<strong>le</strong>) e la scelta di impegnarsi <strong>in</strong> una dimensione partecipativa ed associativa.<br />
Naturalmente, se per essere un cittad<strong>in</strong>o “partecipe” non occorre che si sia un cittad<strong>in</strong>o anche<br />
politicamente “impegnato” o quanto meno <strong>in</strong>teressato alla politica, non va<strong>le</strong> l’opposto: i (non<br />
pochi) cittad<strong>in</strong>i toscani che mostrano comunque un buon livello di co<strong>in</strong>volgimento politico sono<br />
anch’essi fortemente proiettati <strong>in</strong> una dimensione di partecipazione associativa. Appaiono però<br />
ri<strong>le</strong>vanti, anche quantitativamente, altre due tipologie di comportamento: a) quello dei cittad<strong>in</strong>i<br />
che assumono questa dimensione come un’alternativa al<strong>le</strong> “delusioni” che ha prodotto e produce<br />
un più diretto impegno politico; e b), quello dei cittad<strong>in</strong>i che comb<strong>in</strong>ano il proprio impegno<br />
socia<strong>le</strong> con un atteggiamento verso la politica che può essere distribuito lungo un cont<strong>in</strong>uum:<br />
ostilità, estraneità, <strong>in</strong>differenza, diffidenza, f<strong>in</strong>o ad un punto <strong>in</strong> cui si comb<strong>in</strong>ano criticità e<br />
“sospetto”, ma anche <strong>in</strong>terlocuzione e dialogo.<br />
Forse proprio su questo spettro di atteggiamenti, future <strong>in</strong>dag<strong>in</strong>i potranno lavorare ulteriormente.<br />
Tuttavia, una cosa ci sembra certa: non può essere considerata estranea all’eredità subcultura<strong>le</strong><br />
questa diffusa propensione partecipativa che la società toscana cont<strong>in</strong>ua a manifestare. E un altro<br />
<strong>in</strong>terrogativo sorge poi immediato: di che tipo e di che matrice sono <strong>le</strong> strutture organizzative <strong>in</strong><br />
cui si esprime questa partecipazione associativa e il volontariato? Sorge un fondato sospetto: per<br />
quanto oramai sv<strong>in</strong>colati da una rigida appartenenza politica e liberi da ogni collateralismo, i<br />
canali e i luoghi, che offrono occasioni e opportunità di partecipazione “socia<strong>le</strong>”, non saranno<br />
ancora quelli che vengono da una lunga storia “subcultura<strong>le</strong>”? O che, <strong>in</strong> un senso più ampio,<br />
provengono dal<strong>le</strong> tradizioni di cultura politica che hanno attraversato i decenni che abbiamo al<strong>le</strong><br />
spal<strong>le</strong>?<br />
Credo si sottovaluti spesso, nell’analisi dei comportamenti latu sensu politici, il peso che riveste<br />
la cont<strong>in</strong>uità dei <strong>le</strong>gami organizzativi, l’importanza che può avere un’offerta già strutturata di<br />
strumenti e risorse che possano “<strong>in</strong>contrare” la domanda di partecipazione. Questo va<strong>le</strong>, <strong>in</strong><br />
positivo, sia per <strong>le</strong> strutture associative che vengono dalla tradizione del movimento operaio e<br />
della s<strong>in</strong>istra (si pensi all’Arci e alla rete del<strong>le</strong> Case del Popolo, ma anche al<strong>le</strong> strutture della<br />
cooperazione), sia per quel<strong>le</strong> che nascono e vivono nel mondo cattolico 7 . E va<strong>le</strong> anche per i<br />
s<strong>in</strong>dacati: i quali, nonostante tutto quel che (di ma<strong>le</strong>) si possa dire di loro, rimangono strutture<br />
organizzative solide e con un largo seguito (anche nel nostro campione, un quarto è iscritto, e un<br />
altro qu<strong>in</strong>to lo è stato). Ma va<strong>le</strong> anche, <strong>in</strong> negativo, per i partiti: il processo di profonda<br />
destrutturazione che ha co<strong>in</strong>volto i partiti (e per la Toscana, ovviamente, il discorso riguarda<br />
soprattutto il PCI) non può essere considerato <strong>in</strong><strong>in</strong>fluente nell’aver determ<strong>in</strong>ato quello che<br />
l’<strong>in</strong>dag<strong>in</strong>e CISE ci prospetta con grande evidenza, ossia un distacco e un allontanamento dal<strong>le</strong><br />
forme di partecipazione più direttamente “<strong>politiche</strong>”. Si può certo sostenere che siano stati i<br />
mutamenti sociali e culturali, l’emergere di nuove forme di partecipazione, ad aver determ<strong>in</strong>ato<br />
la crisi dei partiti e il conseguente “distacco”: ma credo che valga anche una relazione causa<strong>le</strong><br />
opposta. La scelta, nata nella tempesta dell’Ottantanove e degli anni successivi, di “trascurare” la<br />
struttura organizzativa del partito, o di abbandonarla al suo dest<strong>in</strong>o, non può essere considerata<br />
<strong>in</strong><strong>in</strong>fluente. Si è creato un vuoto. In quegli anni, si è colpevolmente scambiata la necessità di un<br />
profondo r<strong>in</strong>novamento della cultura politica con il dis<strong>in</strong>volto smantellamento della struttura<br />
7 L’analisi dell’associazionismo cattolico <strong>in</strong> una regione come la Toscana è un tema che meriterebbe analisi e<br />
<strong>in</strong>dag<strong>in</strong>i specifiche. L’ipotesi da cui si potrebbe partire è che, se nella fase storica della “subcultura rossa”,<br />
l’associazionismo cattolico – che, come sappiamo, è stato sempre caratterizzato da un forte pluralismo cultura<strong>le</strong><br />
e politico -, è stato comunque parte della “galassia democristiana”, a partire dagli anni Novanta, con la f<strong>in</strong>e<br />
della DC, il pluralismo politico si è ancor più accentuato: e una parte consistente di esso è sicuramente entrata,<br />
dal punto di vista e<strong>le</strong>ttora<strong>le</strong>, nell’area del centros<strong>in</strong>istra. Questo <strong>mutamento</strong> può essere misurato anche<br />
guardando alla nuova geografia e<strong>le</strong>ttora<strong>le</strong> della Toscana: storicamente divisa tra una Toscana “rossa” e una forte<br />
ènclave “bianca” (la Lucchesia), oggi la prov<strong>in</strong>cia di Lucca è un’area fortemente “contendibi<strong>le</strong>” sul piano<br />
e<strong>le</strong>ttora<strong>le</strong>, mentre altre sono diventate <strong>le</strong> zone di maggiore radicamento del centrodestra (Floridia, 2009).<br />
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