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Libretto Volti Donna.pdf - Provincia di Piacenza - Homepage

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PROVINCIA<br />

DI PIACENZA<br />

Assessorato Pari Opportunità<br />

Agenzia Generale <strong>Piacenza</strong><br />

<strong>Volti</strong> <strong>di</strong> donna<br />

alla Ricci Od<strong>di</strong><br />

a cura <strong>di</strong> Stefano Fugazza<br />

1


2<br />

PROVINCIA<br />

DI PIACENZA<br />

Assessorato<br />

Pari Opportunità<br />

Assessora<br />

Adriana Bertoni<br />

Assessore<br />

Salvatore Carrubba<br />

Direttore Centrale<br />

Alessandra Mottola Molfino<br />

Direttore <strong>di</strong> Settore<br />

Rossana Ferro<br />

Direttore<br />

Clau<strong>di</strong>o Salsi<br />

Conservatore<br />

Giovanna Mori<br />

Direttore<br />

Stefano Fugazza<br />

Lo specchio <strong>di</strong> venere<br />

<strong>Piacenza</strong> - 6 marzo - 21 marzo 2004<br />

Galleria d’Arte Moderna Ricci Od<strong>di</strong><br />

MOSTRA<br />

La donna nella grafica <strong>di</strong> Boccioni<br />

Curatore scientifico<br />

Alessia Alberti<br />

MOSTRA<br />

<strong>Volti</strong> <strong>di</strong> donna alla Ricci Od<strong>di</strong><br />

Curatore scientifico e catalogo<br />

Stefano Fugazza<br />

Organizzazione e coor<strong>di</strong>namento<br />

Valeria Sogni<br />

Impaginazione catalogo e progetti mostre<br />

stu<strong>di</strong>o&tre - <strong>Piacenza</strong>:<br />

Gianluigi Tambresoni<br />

Leopolda Arduini<br />

Paolo Motta<br />

Massimiliano Carbonetti<br />

Sergio Beffa<br />

Allestimento<br />

Gabriele Gregori<br />

Luigi Cassinari<br />

Roberto Colombi<br />

Impianto luci<br />

Daniele Trabacchi<br />

Luci<br />

Davide Groppi<br />

Assicurazione<br />

Ina-Assitalia<br />

Servizi <strong>di</strong> mostra<br />

Galleria Ricci Od<strong>di</strong>


La <strong>Provincia</strong> <strong>di</strong> <strong>Piacenza</strong>, Assessorato Pari Opportunità, ha avviato dal<br />

2002 un percorso teso a dare spazio e visibilità alla creatività femminile<br />

e al “femminile”, con l’obiettivo <strong>di</strong> coniugare Arte e Femminile “Sotto<br />

l’albero del Melograno”, sia perché il contenitore privilegiato, la Galleria “Ricci<br />

Od<strong>di</strong>”, ha nel mezzo del proprio giar<strong>di</strong>no una pianta <strong>di</strong> melograno, sia per le<br />

valenze simboliche “femminili” del frutto della melagrana.<br />

Il percorso, proseguito nel 2003, che ha visto anche il grande evento “Foppiani,<br />

femmine...” (<strong>di</strong>cembre 2003-gennaio 2004 Sala Consiglio della Residenza<br />

<strong>Provincia</strong>le), si conclude, nel 2004, con 4 rassegne, complessivamente<br />

denominate “Lo specchio <strong>di</strong> Venere”, in occasione della festa internazionale<br />

de<strong>di</strong>cata alle donne, 8 marzo, in ricordo del sacrificio delle operaie della Filanda<br />

Cotton <strong>di</strong> New York.<br />

Il ciclo chiude con l’incontro/confronto tra l’universo maschile e l’universo<br />

femminile: ri-visitare “il femminile”, così come emerge dalle <strong>di</strong>verse espressioni<br />

artistiche <strong>di</strong> donne e uomini, mantenendo il doppio registro, sia nel contesto<br />

moderno (la riflessione sulle modalità con cui “il femminile” viene concepito<br />

dall’Ottocento al Novecento, con le sue declinazioni estetiche e <strong>di</strong> costume<br />

<strong>di</strong>fferenti), sia <strong>di</strong> promozione delle avanguar<strong>di</strong>e contemporanee.<br />

Con la rassegna “La donna nella grafica <strong>di</strong> Boccioni“, estrapolata in anteprima<br />

nazionale dalla più ampia esposizione de<strong>di</strong>cata all’artista prevista per l’autunno<br />

al Castello Sforzesco <strong>di</strong> Milano, si avvia una collaborazione che auspico feconda,<br />

oltreché con la Galleria “Ricci Od<strong>di</strong>” anche con il Comune <strong>di</strong> Milano e la Civica<br />

Raccolta delle Stampe “Achille Bertarelli” (l’evento <strong>di</strong> presentazione in anteprima<br />

nazionale del Catalogo dell’opera completa delle incisioni e delle illustrazioni <strong>di</strong><br />

Umberto Boccioni è previsto a <strong>Piacenza</strong> per la primavera inoltrata; in quella<br />

3


4<br />

occasione saranno messe a <strong>di</strong>sposizione copie del Catalogo che già da questa<br />

rassegna è possibile prenotare).<br />

La rassegna “<strong>Volti</strong> <strong>di</strong> donna alla Ricci Od<strong>di</strong>”, proseguendo nel percorso avviato lo<br />

scorso anno con la mostra e il catalogo “La piccolissima Galleria – donne artiste<br />

alla Ricci Od<strong>di</strong>” ha l’obiettivo <strong>di</strong> dare forte visibilità a 15 <strong>di</strong>pinti a soggetto<br />

femminile nelle sale della Galleria; il catalogo 2004, curato da Stefano Fugazza,<br />

Direttore della Galleria, si propone pertanto <strong>di</strong> coniugare la visione del<br />

“femminile” <strong>di</strong> Umberto Boccioni con quella degli autori presenti nella Galleria,<br />

artisticamente attivi tra l’Ottocento e il Novecento.<br />

I nostri ringraziamenti vanno a tutti coloro che in questo percorso hanno creduto e<br />

con noi hanno collaborato, al Direttore della Galleria d’Arte Moderna “Ricci Od<strong>di</strong>”,<br />

dott. Stefano Fugazza; al Presidente della Fondazione <strong>di</strong> <strong>Piacenza</strong> e Vigevano, prof.<br />

Giancarlo Mazzocchi; alla Presidente dell’E<strong>di</strong>toriale “Libertà”, Donatella Ronconi; al<br />

comm. Lino Gallarati, Presidente della Galleria d’Arte Moderna “Ricci Od<strong>di</strong>” e<br />

dell’Associazione “Amici dell’Arte”; al Liceo Artistico ”Bruno Cassinari”<br />

Adriana Bertoni<br />

Assessora Pari Opportunità<br />

della <strong>Provincia</strong> <strong>di</strong> <strong>Piacenza</strong>


La donna nella grafica <strong>di</strong> Boccioni<br />

Dieci incisioni dalla Civica Raccolta delle Stampe<br />

“Achille Bertarelli” <strong>di</strong> Milano<br />

Nell’ambito della produzione incisoria <strong>di</strong> Boccioni, che ammonta complessivamente<br />

a trentatre lavori, la figura femminile occupa una posizione <strong>di</strong> un certo rilievo<br />

risultando protagonista <strong>di</strong> ben quin<strong>di</strong>ci intagli (oltre a quelli presenti in mostra<br />

si devono menzionare <strong>Donna</strong> e albero, Ritratto <strong>di</strong> Maria Sacchi, <strong>Donna</strong> fra gli alberi,<br />

<strong>Donna</strong> che scrive mentre fuma, Ines).<br />

Le donne che l’artista ritrae, cogliendole quasi sempre nell’intimità degli interni,<br />

appartengono in genere alla sfera dei suoi affetti più profon<strong>di</strong> e sono la madre, la<br />

sorella e la confidente-amante Ines, ma si incontrano talvolta anche amicizie occasionali,<br />

come Gisella e la signora Sacchi; ad oggi inoltre alcune protagoniste delle<br />

sue composizioni rimangono da identificare.<br />

Alessia Alberti<br />

5


6<br />

U. Boccioni<br />

La madre, 1909-1910,<br />

acquaforte e<br />

puntasecca.


U. Boccioni<br />

Quattro ritratti e<br />

un bambino,<br />

1907-1909,<br />

puntasecca.<br />

7


8<br />

U. Boccioni<br />

La madre che<br />

lavora<br />

all’uncinetto, 1907,<br />

acquaforte e<br />

puntasecca.


U. Boccioni<br />

Maria Sacchi che<br />

legge, 1907,<br />

acquaforte e<br />

puntasecca.<br />

9


10<br />

U. Boccioni<br />

Gisella, 1907,<br />

puntasecca.


U. Boccioni<br />

<strong>Donna</strong> con<br />

bambina a tavola,<br />

1910, acquaforte.<br />

11


12<br />

U. Boccioni<br />

La madre che cuce,<br />

1909-1910,<br />

acquaforte.


U. Boccioni<br />

La madre davanti<br />

al tavolo con le<br />

forbici, 1910,<br />

acquaforte.<br />

13


14<br />

U. Boccioni<br />

Signora con<br />

ventaglio, 1907,<br />

acquaforte e<br />

puntasecca.


U. Boccioni<br />

<strong>Donna</strong> che legge,<br />

1910,<br />

acquaforte.<br />

15


16<br />

<strong>Volti</strong> <strong>di</strong> donna alla Ricci Od<strong>di</strong><br />

Il trittico espositivo posto “sotto il segno del melograno”, iniziato tre anni fa e<br />

che quest’anno giunge dunque alla sua conclusione, presenta questa volta,<br />

accanto alle mostre rivolte all’arte contemporanea e ospitate dagli Amici dell’Arte,<br />

una piccola ma significativa esposizione della grafica <strong>di</strong> Boccioni che si<br />

tiene nel Salone d’onore della Galleria. E’ da sottolineare il fatto che le <strong>di</strong>eci<br />

grafiche originali provengono dalla Raccolta “A.Bertarelli”<strong>di</strong> Milano, vale a <strong>di</strong>re<br />

una delle più importanti collezioni <strong>di</strong> stampe che esistano in Italia, forte <strong>di</strong><br />

circa 1.000.000 <strong>di</strong> pezzi, con esemplari <strong>di</strong> altissima qualità, dalle antiche xilografie<br />

quattrocentesche alle tavole dei maggiori maestri contemporanei. L’esposizione<br />

piacentina si pone anche come premessa della prossima pubblicazione<br />

del Catalogo completo del corpus grafico <strong>di</strong> Boccioni, curato da Paolo<br />

Bellini.<br />

In questo modo si dà il via a un legame tra la Galleria piacentina e l’importante<br />

istituzione museale milanese, con la possibilità, anche per il futuro, <strong>di</strong><br />

organizzare scambi <strong>di</strong> opere e forme <strong>di</strong> collaborazione che potranno giovare<br />

ad entrambe le realtà culturali.<br />

Accanto alla mostra boccioniana, si sono scelte quin<strong>di</strong>ci opere della Galleria,<br />

appartenenti all’Ottocento e al primo Novecento, tutte legate alla rappresentazione<br />

della donna, per riflettere sulle modalità con cui gli artisti<br />

vedono il femminile (e su come vede questo tema il collezionista stesso,<br />

Giuseppe Ricci Od<strong>di</strong>, visto che le opere risultano per la maggior parte selezionate<br />

da lui).<br />

Il libretto che qui si presenta, e che riprende, anche nel formato, quello dello


scorso anno, in cui si consideravano tutte le opere <strong>di</strong> donne artiste rappresentate<br />

alla Ricci Od<strong>di</strong>, documenta la duplice operazione, riproducendo le<br />

<strong>di</strong>eci grafiche <strong>di</strong> Boccioni e i quin<strong>di</strong>ci <strong>di</strong>pinti della Ricci Od<strong>di</strong>. Schede accurate<br />

(eppure volutamente prive <strong>di</strong> eccessi <strong>di</strong> eru<strong>di</strong>zione, in modo da risultare<br />

leggibili), redatte con la collaborazione <strong>di</strong> vari stu<strong>di</strong>osi, intendono aiutare il<br />

visitatore a compiere col maggior frutto possibile il loro percorso all’interno<br />

della Galleria Ricci Od<strong>di</strong>. E’ però interessante notare come le “sue” donne <strong>di</strong>pinte<br />

abbiano in comune una certa aria sognante (si pensi alla ragazza <strong>di</strong><br />

Zandomeneghi, o alla giovane <strong>di</strong> Gola, o anche alla donna sensuale e consapevole<br />

del proprio potere <strong>di</strong> seduzione <strong>di</strong> Grosso), senza legami <strong>di</strong>retti con le<br />

occupazioni quoti<strong>di</strong>ane, con le vicende della vita. La pittura dell’Ottocento è<br />

piena <strong>di</strong> immagini <strong>di</strong> donne in riferimento a un preciso ambiente, quello domestico<br />

o <strong>di</strong> una determinata occupazione o <strong>di</strong> un’occasione mondana e festiva;<br />

Ricci Od<strong>di</strong> sembra invece pre<strong>di</strong>ligere una donna sottratta alle cose che<br />

la circondano e vista per lo più in se stessa, nel suo essere più vero e profondo.<br />

A tale con<strong>di</strong>zione il collezionista sembra avvicinarsi con circospezione e<br />

con un rispetto che deriva dalla consapevolezza <strong>di</strong> quanto la donna rappresenti,<br />

per l’universo maschile, un mistero, un mistero che è vano cercare <strong>di</strong><br />

sciogliere ma che si presenta comunque ricco <strong>di</strong> attrattive e <strong>di</strong> possibilità.<br />

In questo senso, il <strong>di</strong>pinto forse più emblematico della serie che si è deciso <strong>di</strong><br />

sottolineare per questa terza e<strong>di</strong>zione espositiva posta sotto l’egida del melograno,<br />

è proprio il ritratto <strong>di</strong> Zandomeneghi, con quella fissità pensierosa<br />

dello sguardo e la malinconia che trapela da tanti elementi del quadro.<br />

17


18<br />

Nicolò Barabino<br />

Sampierdarena (Genova), 1832 - Firenze, 1891<br />

Ritratto femminile (1880 ca.)<br />

Olio su tela ovale, 60x45cm<br />

Inv. n. 52<br />

La tela, appartenente alla collezione dell’avvocato Ernesto Bertollo <strong>di</strong> Genova, viene<br />

segnalata l’11 maggio del 1925 dal pittore Cesare Viazzi, espressamente incaricato<br />

da Giuseppe Ricci Od<strong>di</strong> <strong>di</strong> procurargli un’opera <strong>di</strong> Barabino, insieme al bozzetto per<br />

una Adorazione dei Magi,anch’esso firmato dal maestro <strong>di</strong> Sampierdarena.L’acquisto<br />

<strong>di</strong> quest’ultimo tuttavia,a causa del prezzo eccessivamente elevato richiesto dal proprietario,<br />

viene sconsigliato dallo stesso Viazzi che propende senza esitazione per il<br />

Ritratto femminile, offerto sul mercato per la somma <strong>di</strong> seimila lire:“i toni sono fini, la<br />

pittura semplice e facile, e l’insieme risulta gradevole e <strong>di</strong>stinto, un po’ alla De Nittis”<br />

(<strong>Piacenza</strong>, Archivio Galleria Ricci Od<strong>di</strong>, Barabino Nicolò). Una volta esaminata la fotografia<br />

del <strong>di</strong>pinto, Ricci Od<strong>di</strong> si <strong>di</strong>mostra perplesso riguardo alla sua autenticità e,<br />

soprattutto, al suo effettivo valore qualitativo specifico e al suo grado <strong>di</strong> rappresentatività<br />

dell’opera <strong>di</strong> Barabino all’interno della Galleria. Viazzi, interpellato a riguardo,<br />

il 17 maggio successivo risponde in tal modo:“i dubbi da Lei espressi circa<br />

l’opportunità dell’acquisto del ritratto Barabino, da me segnalato e la gentile e lusinghiera<br />

<strong>di</strong> un mio consiglio mi mettono in imbarazzo. Trovo giustissima l’osservazione<br />

che con questo <strong>di</strong>pinto non si avrebbe rappresentato l’arte, almeno tutta,<br />

del Barabino, pittore <strong>di</strong> Macchina, per <strong>di</strong>rlo alla francese, affrescante e pittore <strong>di</strong><br />

soggetti storici e religiosi”. Viazzi, constatando l’impossibilità <strong>di</strong> reperire sul mercato<br />

una tela significativa e <strong>di</strong> gran<strong>di</strong> misure, consiglia Ricci Od<strong>di</strong> ad acquisire il ritratto,“un<br />

esempio, e io credo dei migliori, dell’esecutore, largo, semplice, <strong>di</strong> buon<br />

<strong>di</strong>segno, ed elegante <strong>di</strong> colore”.<br />

Con quest’opera Barabino <strong>di</strong>mostra <strong>di</strong> aver colto nei macchiaioli, frequentati con assiduità<br />

a Firenze, l’attenzione al verismo e la freschezza <strong>di</strong> esecuzione. La tela infatti<br />

appare estremamente vicina nella scelta del taglio compositivo e nell’impostazione<br />

della gamma cromatica alla ritrattistica <strong>di</strong> Silvestro Lega, più che a quella <strong>di</strong> De Nittis,<br />

nome che allora godeva <strong>di</strong> un prestigio in<strong>di</strong>scusso, suggerito da Viazzi forse per<br />

invogliare Ricci Od<strong>di</strong> all’acquisto.<br />

(Sergio Rebora)


20<br />

Amedeo Bocchi<br />

Parma, 1883 - Roma, 1976<br />

La famiglia del pittore a colazione in giar<strong>di</strong>no, 1919<br />

Olio su tela, 125x181cm<br />

Firmato e datato in basso a destra:“Amedeo Bocchi / Roma 1919”.<br />

Inv. n.7<br />

Il <strong>di</strong>pinto, che venne segnalato a Ricci Od<strong>di</strong> da Laudedeo Testi, Soprintendente alle<br />

Gallerie <strong>di</strong> Parma e <strong>Piacenza</strong>, è ambientato nel giar<strong>di</strong>no <strong>di</strong> Villa Strohl.fern, dove<br />

Bocchi ebbe stu<strong>di</strong>o e abitazione dal 1915. Il magnifico parco costituisce però solo<br />

lo sfondo mentre protagoniste sono le tre figure femminili riunite attorno al tavolo<br />

della colazione, che sono la madre dell’artista, Clelia, la moglie Niccolina, già sua<br />

modella, sposata proprio nel 1919, e la figlia Bianca, che Bocchi aveva avuto nel<br />

1908 dalla prima moglie, Rita Boraschi. Al momento della colazione alludono le<br />

tazze ma le donne non sembrano tanto impegnate a consumare un pasto quanto<br />

a compiere un rito, concentrate in qualche loro pensiero segreto, come trapela dai<br />

loro atteggiamenti assorti, dal silenzio incantato del luogo che non è possibile<br />

turbare. Di fatto manca la natura morta sulla tavola, sostituita dal ricco impasto dei<br />

fiori nel vaso, perno decentrato della composizione, messo apposta per compensare<br />

con una nota più squillante tanto esorbitare <strong>di</strong> bianco. Delle tre figure non si<br />

cattura la psicologia, non si approfon<strong>di</strong>sce il carattere, perché tutte vivono <strong>di</strong> una<br />

medesima, malinconica <strong>di</strong>sposizione, come se già presentissero i destini dolorosi,<br />

la fallibilità dei loro sogni. Allo stesso modo lo spazio non viene definito, appiattendosi<br />

sulla superficie, e alle aperture prospettiche si contrappone un’invalicabile<br />

barriera luminosa, che ha anche lo scopo <strong>di</strong> concentrare l’attenzione su ciò che<br />

nell’opera conta davvero: le tre donne prese dal loro rito antico e quasi sacrale.<br />

L’opera si risolve così in un’astrazione, non decorativa come nella fase liberty dell’artista,<br />

ma capace <strong>di</strong> convivere con l’intensità del sentimento, con la partecipazione<br />

affettuosa.<br />

(Stefano Fugazza)


22<br />

Bruno Cassinari<br />

<strong>Piacenza</strong>, 1912 - Milano, 1992<br />

Ritratto <strong>di</strong> signora, 1954<br />

Olio su tela, 60 x 40 cm<br />

Firmato e datato in basso a destra:“Cassinari 54”<br />

Inv. n. 628<br />

Fra i temi praticati da Cassinari nell’arco <strong>di</strong> tutta la sua attività un posto particolare<br />

è occupato dalle figure femminili, in parecchi casi tagliate all’altezza delle ginocchia<br />

o del busto, come in questo Ritratto <strong>di</strong> signora che lo stesso pittore donò<br />

alla Ricci Od<strong>di</strong> nel maggio del 1954, in occasione dell’acquisto del suo <strong>di</strong>pinto Finestra<br />

sul mare.<br />

L’opera si caratterizza per il suo antinaturalismo <strong>di</strong> fondo, che apparenta il ritratto<br />

con le ricerche e le esperienze in corso in Europa, tuttavia senza eccessi estremistici<br />

e invece mantenendo un contatto non marginale con la tra<strong>di</strong>zione e con la<br />

cultura figurativa. La figura della donna è vista su uno sfondo ocra non omogeneo,<br />

più chiaro ai lati e più scuro alla sommità, senza elementi <strong>di</strong> contorno che consentano<br />

<strong>di</strong> definire un ambiente, in una solitu<strong>di</strong>ne quasi metafisica. Dal punto <strong>di</strong> vista<br />

del linguaggio, presuppone la lezione cubista, qui assunta in termini non rigorosi,<br />

ma come tendenza alla semplificazione e alla scansione dell’immagine in alcuni<br />

piani giustapposti; per quanto riguarda il colore, riprende un’espressività marcata<br />

<strong>di</strong> matrice fauve, seppure alleggerita e basata su una certa tendenza all’armonizzazione<br />

delle tinte.<br />

(Stefano Fugazza)


24<br />

Mario Cavaglieri<br />

Rovigo, 1887 - Peyloubère (Francia), 1969<br />

Piccolo interno, 1920<br />

Olio su tela, 102 x 44 cm<br />

Firmato e datato in alto a destra:“1920 / Mario Cavaglieri”<br />

Inv. n. 405<br />

Mario Cavaglieri si trasferì a <strong>Piacenza</strong>, da Rovigo, nel 1920, quando si unì a Giulietta<br />

Catellini De Grossi, dopo la morte del marito, il piacentino conte Alessandro Marazzani<br />

Visconti. Questo “piccolo interno”, nel quale protagonista è Giulietta, probabilmente<br />

non fu realizzato nell’appartamento affittato, dopo il matrimonio (30<br />

aprile 1921), nell’antico palazzo Ra<strong>di</strong>ni Tedeschi dei marchesi Malvicini in via Cittadella<br />

(piazzetta S.Fermo). Può darsi, perciò, che l’ambiente sia quello dell’abitazione<br />

<strong>di</strong> Giulietta, in via Taverna, nel Palazzo Marazzani. Il <strong>di</strong>pinto fu esposto a <strong>Piacenza</strong><br />

nel settembre del 1922 nella III mostra degli Amici dell’Arte ma non deve essere<br />

stato acquistato in mostra da Giuseppe Ricci Od<strong>di</strong> perché i giornali locali davano<br />

notizie degli acquisti e non c’è traccia nella cartella d’archivio che riguarda il<br />

<strong>di</strong>pinto. Pare che sia stato acquistato fuori mostra dall’architetto Giulio Ulisse Arata,<br />

che l’avrebbe donato a Ricci Od<strong>di</strong>.“L’opera si caratterizza […] per la forma alta<br />

e stretta che si richiama ai Kakemono, riferimento confermato anche dall’iconografia<br />

del personaggio. Infatti Giulietta, in posa nel suo salotto, è inginocchiata sul<br />

pavimento, come certe figure femminili nelle stampe giapponesi. È ripresa <strong>di</strong> fronte,<br />

con gli occhi bassi avvolta in un ampio scialle che scende morbidamente da<br />

una spalla, così come il grande drappo a fantasia floreale che si <strong>di</strong>spiega lungo il<br />

corpo fin sul tappeto. I colori vivaci dei fiori, forse ricamati, sulla spalla sinistra contrastano<br />

con la zona scura al centro della tela. Sul pavimento, che attira lo sguardo<br />

come in Suonatrice d’arpa dello stesso anno, sono <strong>di</strong>sposte simmetricamente, ai lati<br />

della figura, due bottiglie <strong>di</strong> vetro prezioso” (Viviane Vareilles).<br />

(Fer<strong>di</strong>nando Arisi)


26<br />

Luigi Conconi<br />

Milano, 1852 - 1917<br />

Ritratto della signora Torelli, 1901<br />

Olio su tela, 120 x 89cm<br />

Firmato e datato in alto a destra:“L. Conconi / 1901”<br />

Inv. n.116<br />

L’opera entra a far parte della Galleria entro il 1920, anno della scomparsa <strong>di</strong> Giovanni<br />

Torelli che ne era stato il precedente proprietario. Datato al 1901, il ritratto <strong>di</strong><br />

Giuseppina Torelli Borghi testimonia in maniera esemplare l’orientamento seguito<br />

dalla pittura <strong>di</strong> Conconi nella sua fase più matura, quella che cade nei primi quin<strong>di</strong>ci<br />

anni del Novecento e che interpreta gli stilemi fondamentali del gusto scapigliato tenendo<br />

conto delle novità formali introdotte dalla cultura in quel momento. Infatti,<br />

misurandosi con uno dei temi basilari del repertorio iconografico della Scapigliatura,<br />

quello del ritratto, Conconi sembra prendere le <strong>di</strong>stanze dal linguaggio desunto<br />

dalla lezione <strong>di</strong> Tranquillo Cremona e Daniele Ranzoni, che contrad<strong>di</strong>stingue la sua<br />

produzione degli anni Ottanta e della prima metà del decennio successivo. Nel Ritratto<br />

della Signora Torelli Conconi abbandona la stesura morbida e vaporosa del passato,<br />

particolarmente adatta a esprimere il rapporto <strong>di</strong> stretta continuità che unisce<br />

la figura al contesto in cui è ambientata, sperimentando un tratto sicuro e marcato,<br />

che probabilmente gli deriva dalla approfon<strong>di</strong>ta esperienza nel campo dell’incisione<br />

compiuta in questi anni. Come in altri ritratti, eseguiti su commissione nello stesso<br />

arco <strong>di</strong> tempo, l’artista definisce l’immagine a masse compatte, servendosi <strong>di</strong><br />

pennellate corpose e stese con sicurezza. L’impostazione cromatica assume una<br />

connotazione piuttosto cupa che si anima soltanto per mezzo dell’intervento della<br />

luce che, provenendo dalla fonte esterna, forse una finestra ubicata sulla sinistra, rialza<br />

soprattutto i toni dell’incarnato conferendo maggiore espressività al personaggio.<br />

Anche lo sfondo si trasforma, <strong>di</strong>ventando una superficie quasi monocroma che<br />

contribuisce a isolare ulteriormente la figura in tutta la sua plasticità. In tal modo<br />

Conconi riesce a evitare il languido sentimentalismo che contrad<strong>di</strong>stingue la ritrattistica<br />

<strong>di</strong> altri reduci dall’esperienza scapigliata come Virgilio Ripari e Camillo Rapetti.<br />

Nel Ritratto della signora Torelli il ricordo più evocativo <strong>di</strong> quella stagione risiede nell’ironico<br />

inserimento in primo piano del cane, che, voltandosi per osservare lo spettatore<br />

con uno sguardo <strong>di</strong>retto, infrange la compostezza d’insieme della posa.<br />

(Sergio Rebora)


28<br />

Tranquillo Cremona<br />

Pavia, 1937 - Milano, 1878<br />

Amaro calice o <strong>Donna</strong> con coppa (1865)<br />

Olio su tela, 54 x 44 cm<br />

Firmato in basso a sinistra:“Cremona”<br />

Inv. n. 117<br />

Col titolo <strong>Donna</strong> con coppa, l’opera venne presentata nel 1912 alla Permanente <strong>di</strong><br />

Milano in occasione <strong>di</strong> una retrospettiva del pittore e fu acquistata da Giuseppe Ricci<br />

Od<strong>di</strong> l’anno successivo presso il collezionista-mercante milanese Giovanni Torelli.<br />

Sulla datazione la critica è sostanzialmente d’accordo: da Arisi (1967 - 1988) per il<br />

quale il <strong>di</strong>pinto,“ancora caratterizzato da un <strong>di</strong>segno chiuso e da un colore ben amalgamato<br />

e a stesura continua, dovrebbe essere anteriore al 1865”, a Dainotti (1994)<br />

che propende “per una datazione non posteriore al 1865”e a Rebora (1997), che sottolinea<br />

come Amaro calice rientri in un filone, affermatosi negli anni Sessanta e ampiamente<br />

premiato dal collezionismo, fondato sulla contaminazione fra i temi tipici<br />

del romanticismo storico e quelli della pittura <strong>di</strong> genere. Il <strong>di</strong>pinto, dopo essere stato<br />

esposto alla Permanente <strong>di</strong> Milano nel 1912,fu presentato a Milano nel 1929 alla Mostra<br />

commemorativa del pittore nel cinquantenario della morte e nel 1938 a Pavia alla<br />

rassegna “Tranquillo Cremona e gli artisti lombar<strong>di</strong> del suo tempo”. Più recentemente<br />

nel 1990 partecipò a Verbania Pallanza alla mostra “Paolo Troubetzkoy”, nel<br />

1994 a Milano a “Lo sguardo sulla realtà. Pittura del secondo Ottocento lombardo” e<br />

infine nel 1997 a <strong>Piacenza</strong> alla mostra <strong>di</strong> opere della Ricci Od<strong>di</strong> “Da Hayez a Klimt”.<br />

Amaro calice, pur sulla base <strong>di</strong> un’impostazione sostanzialmente verista, presuppone<br />

una fitta messe <strong>di</strong> riferimenti culturali, messi in luce da Rebora (1997): la pittura<br />

cinquecentesca veneta ed emiliana, l’insegnamento <strong>di</strong> Domenico Morelli me<strong>di</strong>ato<br />

dall’esperienza <strong>di</strong> Eleuterio Pagliano e le innovazioni dei macchiaioli, evidenti<br />

nell’accostamento <strong>di</strong> campiture nette <strong>di</strong> colore contrastante. Ma il fascino<br />

dell’opera nasce soprattutto dalla sua ambiguità, dall’alone <strong>di</strong> mistero che investe<br />

la figura e che impe<strong>di</strong>sce <strong>di</strong> identificarne il gesto, sulle cui finalità si potrebbe in<strong>di</strong>care<br />

una serie <strong>di</strong> congetture. Traspare comunque una determinazione assoluta, irrevocabile<br />

in quanto assunta dalla donna, al termine <strong>di</strong> un lungo travaglio <strong>di</strong> pensiero,<br />

senza più dubbi.<br />

(Stefano Fugazza)


30<br />

Francesco Ghittoni<br />

Rizzolo (<strong>Piacenza</strong>), 1855 - <strong>Piacenza</strong>, 1928<br />

Ritratto della madre, 1881<br />

Olio su tela, 23,5x17 cm<br />

Firmato e datato in alto a sinistra:“Mia Madre. 1881 / F. Ghittoni”<br />

Inv. n. 17<br />

Questo ritratto venne acquistato da Giuseppe Ricci Od<strong>di</strong>, che già l’anno prima si<br />

era procurato, del pittore piacentino, Giovane operaio che riposa, il 16 aprile 1919<br />

presso l’artista. Il pittore glielo aveva offerto con una lettera del 7 aprile:“Il favore<br />

sta in questo, che con tale acquisto (e non parlo <strong>di</strong> prezzo poiché mi rimetto in ciò<br />

completamente alla <strong>di</strong> lei equità) Ella mi dà mezzo <strong>di</strong> poter abbandonare lavori<br />

poco grati <strong>di</strong> or<strong>di</strong>nazione (ritratti da fotografia!) per qualche settimana e nei quali<br />

l’arte non ha a che fare, per mettermi sereno al compimento <strong>di</strong> una mia Madonnina<br />

della pace”.<br />

L’opera fu lodatissima quando venne esposta nel 1939 alla retrospettiva <strong>di</strong> Ghittoni<br />

che si tenne a <strong>Piacenza</strong> in Palazzo Gotico. Ne scrissero, tra gli altri, Eva Tea ed Enrico<br />

Somaré, che parla <strong>di</strong> “ritratto austero in cui mi sembra <strong>di</strong> vedere rappresentato<br />

simbolicamente il volto mesto e santo della sua pittura”.<br />

L’umile donna del popolo è vista in un suo abito or<strong>di</strong>nario, con un fazzoletto in testa<br />

annodato sulla nuca all’uso conta<strong>di</strong>no. Il volto è segnato dalle fatiche e dalla<br />

stanchezza dell’età; lo sguardo, rivolto a terra, contribuisce a rendere ancora più triste<br />

l’espressione della donna. Alla madre Ghittoni aveva de<strong>di</strong>cato un altro ritratto<br />

l’anno precedente (si rova all’Istituto Gazzola), molto <strong>di</strong>verso da questo perché basato<br />

su una pittura più fluida e su scelte cromatiche più vivaci.<br />

(Stefano Fugazza)


32<br />

Emilio Gola<br />

Milano, 1851 - 1823<br />

Marta (1890-1895)<br />

Pastello su carta, 100 x 67 cm<br />

Firmato in basso a sinistra:“E. Gola”<br />

Inv. n. 132<br />

Giuseppe Ricci Od<strong>di</strong> acquistò questo <strong>di</strong>pinto nel 1928 presso la Galleria l’Esame <strong>di</strong><br />

Milano per 12.000 lire, dopo che Aldo Carpi glielo aveva segnalato come “una mezza<br />

figura <strong>di</strong> donna a pastello a grandezza del vero, un po’ giorgionesca d’ispirazione,<br />

umanamente espressiva e bella <strong>di</strong> colore”. È collocato da Guarnaschelli (1998)<br />

“per certe sprezzature del segno tra il ritratto, sempre a pastello, della contessa Gola,<br />

esposto anch’esso a Milano nel 1928 e datato da N.Colombo al 1895” e un altro<br />

ritratto del 1903,“per l’analogo gusto sofisticato del tono su tono”. Arisi sottolinea,<br />

nel pastello, la vibrazione del segno e il colore immerso nella luce, sul quale insiste<br />

anche Guarnaschelli, che vede “la raffinata cromia <strong>di</strong> Marta tutta giocata come un<br />

Whistler sugli accor<strong>di</strong> <strong>di</strong> un solo colore, il blu”.<br />

A Gola interessa suggerire una luminosità perlacea, che contagia l’ambiente e che<br />

è comune anche al <strong>di</strong>pinto, <strong>di</strong> cui risaltano l’atmosfera brumosa e la gran cornice<br />

dorata, alle spalle della modella. Tra l’ambiente e la figura si crea una stretta corrispondenza,<br />

anche se quest’ultima sembra aspirare, con la sua posa <strong>di</strong>sinvolta e il<br />

suo protendersi in avanti, a un’impossibile fuga, come è riba<strong>di</strong>to dal volto pallido,<br />

un poco piegato a crescere la malinconia dello sguardo.<br />

(Stefano Fugazza)


34<br />

Giacomo Grosso<br />

Cambiano (Torino), 1860 - Torino, 1938<br />

Allo specchio, 1914<br />

Olio su tela, 200 x 75 cm<br />

Firmato e datato in basso a destra:“G. Grosso 914”<br />

Inv. n. 408<br />

In seguito all’acquisto <strong>di</strong> Ritratto all’aria aperta avvenuto nel 1914, Giuseppe Ricci<br />

Od<strong>di</strong> acquistò l’anno successivo Allo specchio in omaggio al genere del nudo femminile<br />

in cui Grosso eccelleva.<br />

In un interno sontuoso, ma costruito con minor cura descrittiva del solito, si staglia<br />

un’elegante e sinuosa figura protesa nell’atto <strong>di</strong> misurare allo specchio il potere <strong>di</strong><br />

seduzione del bel volto sensuale, la pettinatura corta, alla moda, i lunghi pendenti<br />

luccicanti.<br />

Il realismo quasi fotografico del nudo è però riscattato, o forse vieppiù sottolineato,<br />

dallo splen<strong>di</strong>do brano pittorico dell’antico drappo verde a fiori e ramages, che<br />

vela la parte inferiore del corpo; costituisce esso stesso un singolare esempio <strong>di</strong><br />

bravura pittorica goduto in primis dall’artista nel suo valore coloristico che acquista<br />

anche valore strutturale.<br />

Troppo spesso invece, drappi serici, folte pellicce e oggetti <strong>di</strong> pregio fungevano in<br />

altre opere <strong>di</strong> nudo da mero supporto e fondale <strong>di</strong> più rigide composizioni, meno<br />

<strong>di</strong> questa animate dal sottile gioco <strong>di</strong> ambiguità erotica proprio <strong>di</strong> una matura padronanza<br />

dei mezzi espressivi.<br />

(Alda Guarnaschelli)


36<br />

Carl Larsson<br />

Stoccolma, 1853 - Sundborn, Falun, 1919<br />

La mia bambina con le fragole, 1904<br />

Tempera su cartone, 45 x 33 cm<br />

Siglato e datato in basso a destra:“C.L. / 1904”<br />

Inv. n. 358<br />

L’opera venne acquistata dalla pittrice torinese Ida Sacerdote alla Biennale del<br />

1905, quando Larsson, <strong>di</strong>vulgato in quegli stessi mesi da Vittorio Pica su “Emporium”,<br />

fu uno dei <strong>di</strong>eci artisti insigniti del Gran Premio della città <strong>di</strong> Venezia. Ricci<br />

Od<strong>di</strong> contatterà la Sacerdote, tramite Marco Calderini, nell’estate del 1918 ed entrerà<br />

in possesso del “quadretto” per 1.500 lire. La notorietà del pittore e illustratore<br />

svedese nel nostro Paese era nel frattempo aumentata dopo il successo riscontrato<br />

dall’artista alla Esposizione internazionale <strong>di</strong> Roma del 1911 e il libro da Pica<br />

nel 1915 de<strong>di</strong>cato a Arte ed Artisti nella Svezia dei giorni nostri.<br />

Nella sezione svedese organizzata alla Biennale del 1905 Carl Larsson esponeva ritratti<br />

<strong>di</strong> membri della sua numerosa famiglia e scene <strong>di</strong> vita domestica ambientate<br />

nella casa in campagna, a Sundborn, dove il pittore si era ritirato nel 1901. Queste<br />

immagini e<strong>di</strong>ficanti e ottimistiche <strong>di</strong> vita sana e serena furono <strong>di</strong>vulgate dall’artista<br />

in una serie <strong>di</strong> libri illustrati (I miei, La nostra casa, I Larsson) che godettero<br />

un vasto successo e furono tanto influenti nel <strong>di</strong>ffondere uno stile <strong>di</strong> vita e un particolare<br />

gusto dell’arredamento.<br />

La fanciulla delle fragole, sorridente accanto a un cespo <strong>di</strong> rose, presso l’aiuola che<br />

chiudeva il cosiddetto “porto” della casa dei Larsson, è identificabile con Kersti, la<br />

penultima dei sette figli dell’artista, allora <strong>di</strong> otto anni. Alle spalle <strong>di</strong> Kersti si vede<br />

il ponticello dal caratteristico parapetto arcuato e la staccionata bianca che corre<br />

lungo le sponde del lago, riconoscibili anche in un acquarello del 1912 Il ponte (sul<br />

“porto”) e in una tavola per l’albo più famoso dell’autore, La casa al sole. Gli acquerelli<br />

originali per le illustrazioni del libro, fascinosi soprattutto per l’analitica descrizione<br />

degli ambienti domestici arredati dallo stesso Larsson e dalla moglie, furono<br />

esposti a Monaco nel 1909 e due anni dopo a Roma, dove l’artista fu nuovamente<br />

premiato.<br />

(Diego Arich de Finetti)


38<br />

Cesare Maccari<br />

Siena, 1840 - Roma, 1919<br />

Baccante (1870-1880)<br />

Olio su tela, 114 x 89 cm<br />

Firmato in basso a sinistra:“C.Maccari”<br />

Inv. 333<br />

Dal Diario <strong>di</strong> Ricci Od<strong>di</strong>, pubblicato nel 1986, vengono fuori notizie sull’acquisto<br />

(aprile 1912) <strong>di</strong> questo <strong>di</strong>pinto:“L’amico prof. Ozzola ci conduce (con Ricci Od<strong>di</strong> c’era<br />

anche Carlo Pennaroli) nello stu<strong>di</strong>o del Prof. Maccari. Lo stu<strong>di</strong>o del Maccari è imponente<br />

per vastità come quello del Sartorio, con la <strong>di</strong>fferenza che quello è <strong>di</strong> proprietà<br />

del Maccari stesso, avendolo costruito nella sua villa, magnifica residenza<br />

costruita sulle vestigia <strong>di</strong> un’antica costruzione romana […] Il pittore non è visibile<br />

perché infermo dalla paralisi - ridotto all’assoluta impotenza. Ci accoglie gentilmente<br />

la sua Consorte ( Carolina Eppstein) signora <strong>di</strong>stintissima, <strong>di</strong> origine tedesca<br />

[…] Ve<strong>di</strong>amo tutti i bozzetti dei famosi affreschi che adornano l’aula del Senato e<br />

che tanto onorano il grande pittore. Altri bozzetti <strong>di</strong> altro genere ci vengono mostrati,<br />

ma … l’opera completa che io speravo <strong>di</strong> acquistare non c’è […] Appesa su<br />

<strong>di</strong> una parete <strong>di</strong> fronte all’uscio d’entrata stava la tela che io poi acquistai. Una tela<br />

tutta polverosa quasi <strong>di</strong>menticata”.<br />

Potrà dare fasti<strong>di</strong>o l’eccessivo amore del vero ma si notano in questo <strong>di</strong>pinto raffinatezze<br />

tali d’accor<strong>di</strong> (per esempio nel bianco della tunica), si raggiunge una così<br />

tiepida morbidezza plastica nelle carni, da fermare l’attenzione anche <strong>di</strong> chi è contrario<br />

a simili <strong>di</strong>mostrazioni <strong>di</strong> virtuosismo. Se poi, eliminando il contenuto, si riduce<br />

il gioco cromatico all’essenziale, si nota che il <strong>di</strong>pinto sta tutto nell’accostamento<br />

indovinatissimo <strong>di</strong> quattro colori (bianco, giallo, nero, arancione) mirabilmente<br />

fusi.<br />

(Fer<strong>di</strong>nando Arisi)


40<br />

Antonio Mancini<br />

Roma, 1852 - 1930<br />

<strong>Donna</strong> dal ventaglio rosso (1907-1908)<br />

Olio su tela, 100 x 60 cm<br />

Firmato in basso a destra:“Mancini”<br />

Inv. n. 71<br />

<strong>Donna</strong> dal ventaglio rosso ha la stessa provenienza <strong>di</strong> <strong>Donna</strong> alla toletta, quadro <strong>di</strong><br />

identiche <strong>di</strong>mensioni, ma <strong>di</strong> formato orizzontale anziché verticale: i due <strong>di</strong>pinti,<br />

che presentano con un taglio compositivo molto originale il tema della modella in<br />

un interno, furono infatti acquistati presso Giovanni Torelli nel novembre 1914.<br />

Torelli fu il primo mercante lombardo a entrare in contatto con Mancini, fin dal primo<br />

decennio del secolo, come provano anche ventitré lettere in<strong>di</strong>rizzategli dall’artista<br />

tra il 1900 e il 1908, che furono donate a Ricci Od<strong>di</strong> dalla vedova Torelli nel<br />

1920. Dopo avere ospitato Mancini nella sua villa <strong>di</strong> Ghiffa sul Lago Maggiore, nell’autunno<br />

del 1902, perché eseguisse il ritratto della moglie, Giuseppina Borghi,Torelli<br />

cercò <strong>di</strong> procurare al pittore commissioni <strong>di</strong> ritratti a Milano.<br />

In <strong>Donna</strong> dal ventaglio rosso la giovane in controluce sembra irrompere nel quadro<br />

con un piglio <strong>di</strong>namico alla Bol<strong>di</strong>ni, sporgendosi in avanti sulla se<strong>di</strong>a Thonet e<br />

aprendo l’ampio ventaglio che domina il primo piano. Sullo sfondo chiaro emergono<br />

due piccole sculture, simili a quelle che si ritrovano nel Ritratto del pittore Giovanni<br />

Trussar<strong>di</strong> Volpi databile al 1911. Sulla tela sono percepibili le tracce <strong>di</strong> una<br />

quadrettatura derivata dal sistema della cosiddetta “doppia graticola” <strong>di</strong> spago,<br />

che Mancini, a partire dal 1889, usava porre sul quadro e davanti al modello.<br />

(Diego Arich de Finetti)


42<br />

Domenico Morelli<br />

Napoli, 1823 - 1901<br />

Ritratto <strong>di</strong> Concettina, 1872<br />

Olio su tela, 48,5 x 34 cm<br />

Firmato e datato in basso a destra:“Morelli 72”<br />

Inv. n. 302<br />

Giuseppe Ricci Od<strong>di</strong>, che già possedeva due acquerelli <strong>di</strong> Morelli (e che tra il 1918<br />

e il 1919 avrebbe aggiunto alle sue raccolte altre quattro opere del pittore napoletano)<br />

acquistò questo ritratto alla Galleria Centrale d’Arte del Palazzo delle Aste<br />

<strong>di</strong> Milano il 13 ottobre del 1917 per 3.000 lire. L’opera venne poi esposta nella Galleria<br />

che il collezionista fece costruire e che s’inaugurò nel 1931. Secondo Arisi non<br />

dovrebbe essere il ritratto della figlia ma <strong>di</strong> Concettina, la modella. Un altro ritratto<br />

<strong>di</strong> questa ragazza era nella Raccolta Del Pino, venduta all’asta dalla Galleria Pesaro<br />

<strong>di</strong> Milano nel 1930. L’opera venne esposta a <strong>Piacenza</strong> nel 1997 alla mostra “Da<br />

Hayez a Klimt” e nel 1998 alla Villa Reale <strong>di</strong> Monza alla mostra <strong>di</strong> opere della Ricci<br />

Od<strong>di</strong>.<br />

Come scrive Arisi, il pittore aderisce totalmente all’anima <strong>di</strong> Concettina, <strong>di</strong> cui restituisce<br />

il volto regolare e sano ma anche “profondamente triste <strong>di</strong> una tristezza<br />

infinita, che va oltre il pianto”. Tra il nero del fondo e il bianco appena accennato<br />

della veste, il volto è in<strong>di</strong>feso e non nasconde nulla: né la durezza della vita a cui<br />

ormai la ragazza si è assuefatta, né la rassegnazione impietosa (e tuttavia malinconica)<br />

che è l’abito consueto già da tempo adottato per salvarsi dalle brutture della<br />

vita.<br />

(Stefano Fugazza)


44<br />

Bruno Saetti<br />

Bologna, 1902 - 1984<br />

Mia madre o Ritratto della madre, 1940<br />

Olio su tavola, 50x40 cm<br />

Firmato e datato in basso a destra:“Saetti / 40”<br />

e nel verso:“Saetti 1940 Mia madre”<br />

Inv. n. 599<br />

Acquistato nel 1944, il <strong>di</strong>pinto propone un soggetto ricorrente nella produzione pittorica<br />

<strong>di</strong> Saetti, il ritratto della madre.“Non è senza ragione” annota Leonida Repaci<br />

nel ’41 in occasione del personale dell’artista a Milano “che i figlioli e la madre <strong>di</strong><br />

Saetti abbiano fruttato all’artista i più bei pezzi dell’attuale Mostra. Son ritratti colti<br />

nel loro valore affettivo universale con mano sfiorante, pronta alla carezza. Dipingendo<br />

i visi <strong>di</strong>letti egli trascrive non solo la loro avventura fisica ma pone il fondamento<br />

<strong>di</strong> una storia morale, nella quale, ora padre ora figlio, si riconosce per intero<br />

con le luci e le ombre della sua gente. […] E la mamma con quel suo viso buono e<br />

segnato, con quel suo occhio appassionato, non <strong>di</strong>ce i termini d’un viaggio che lui,<br />

Bruno, ha già percorso in parte e che i figli hanno appena iniziato, un viaggio che per<br />

tutti finisce nello stesso porto? Ecco dunque che il motivo della rappresentazione famigliare,<br />

quello pre<strong>di</strong>letto da Saetti, gli serve per penetrare il proprio passato, per investigare<br />

il proprio avvenire, si risolve nell’illuminazione autobiografica. Pittoricamente<br />

quei ritratti sono ammirevolmente composti rivelando un rigoroso impianto<br />

<strong>di</strong>segnativo e un’accorta <strong>di</strong>stribuzione dei vari rapporti tonali. La faccia della madre<br />

è descritta con un rosa delicatissimo che ha il pallore delle carni non più giovani. C’è<br />

come una invisibile pioggia <strong>di</strong> corolle attorno a questa fisionomia <strong>di</strong> madre nostrale<br />

sulla quale la mareggiata della vita è passata senza contaminarla, lasciandole solo il<br />

rimpianto <strong>di</strong> vederle giorno per giorno, e quasi ora per ora, i figli crescere, staccarsi<br />

da quelle braccia che li vorrebbero cullare in eterno”.Il Ritratto della madre viene presentato,<br />

tra l'altro, alla Sindacale emiliana del ’42, alla Quadriennale romana del ’43<br />

(alla quale, in occasione della precedente e<strong>di</strong>zione del ’39, Saetti aveva vinto il primo<br />

premio per la pittura) ed alla Biennale <strong>di</strong> Venezia del ’52, esposto nella sala personale<br />

de<strong>di</strong>cata all’artista (Premio del Comune <strong>di</strong> Venezia ex aequo con Bruno Cassinari,<br />

L. 1.000.000) comprendente ventiquattro opere introdotte in catalogo da un testo <strong>di</strong><br />

Ugo Fasolo.<br />

(Pier Paolo Pancotto)


46<br />

Federico Zandomeneghi<br />

Venezia, 1841 - Parigi, 1917<br />

Ragazza dal collaretto bianco (1890 ca.)<br />

Olio su tela, 41 x 33,5 cm<br />

Firmato in basso a destra:“Zandomeneghi”<br />

Inv. n. 254<br />

Il <strong>di</strong>pinto proveniente dalla Collezione Durand-Ruel <strong>di</strong> Parigi, venne esposto alla<br />

retrospettiva che Lino Pesaro organizzò a Milano nel 1922 e in quell’occasione acquistato<br />

da Giuseppe Ricci Od<strong>di</strong> insieme a Place d’Anvers a Parigi per complessive<br />

15.000 lire. Per Arisi che la data verso il 1890, è evidente il riferimento a Renoir, anche<br />

se “c’è nel volto una plasticità solida che <strong>di</strong>mostra ancora operanti i legami con<br />

la cultura figurativa italiana”. Nella fertilissima galleria <strong>di</strong> ritratti femminili, spesso a<br />

mezzo busto, realizzata da Zandomeneghi questa Ragazza risalta per la scioltezza<br />

della pennellata pur ricca <strong>di</strong> pigmento, ora - come nei capelli - morbidamente ondulata,<br />

ora - come nel volto - capace <strong>di</strong> aderire alla floridezza dell’età giovane. Ma<br />

il fulvo della capigliatura, il rosa dell’incarnato o il candore traforato del collaretto<br />

non devono trarre in inganno, perché la dolcezza dello sguardo è compensata dalla<br />

leggera torsione del volto, atteggiato a malinconia più che a superficiale gaiezza,<br />

e lo sguardo rivela una fissità pensierosa, riba<strong>di</strong>ta in qualche modo dal fitto tratteggio<br />

verdastro del fondo, obliquo e contrapposto all’inclinazione della testa.<br />

(Stefano Fugazza)


Finito <strong>di</strong> stampare<br />

nel mese <strong>di</strong> marzo 2004<br />

da<br />

............

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