L'Ispettore e la Società - Aniv
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Bollettino Periodico<br />
del<strong>la</strong> Associazione<br />
Professionale dei<br />
Funzionari Ispettivi<br />
Pubblici<br />
Sommario<br />
Direttore responsabile:<br />
Fedele Sponchia<br />
Condirettore:<br />
Pietro Monego<br />
Stampa:<br />
Grafi che La Press Fiesso d’Artico/Ve<br />
Tel. 049/502.722 Fax 049/9800305<br />
Abbonamento annuo ¤ 50<br />
L’Ispettore e <strong>la</strong> <strong>Società</strong> 1<br />
L’Ispettore<br />
e <strong>la</strong> <strong>Società</strong><br />
Maggio - Giugno 2012<br />
Spedizione in abbonamento<br />
postale gruppo IV<br />
Pubblicità inferiore al 50%<br />
Direzione, redazione,<br />
amministrazione:<br />
ANIV<br />
Via Ca’ Rossa 35/i<br />
C.P. 2027<br />
30174 Mestre 2 (Ve)<br />
tel. redazione 041/616326<br />
fax 041/5347080<br />
Email: info@aniv.it<br />
Autorizzazione Tribunale<br />
C.P. di Venezia<br />
n. 747 del 28/7/83<br />
VISITATE IL<br />
RINNOVATO SITO<br />
www.aniv.it<br />
Intervista al dr. Giuseppe Baldino sulle attività di contrasto, svolte dall’INPS,<br />
per i falsi rapporti di <strong>la</strong>voro 2<br />
Il Durc: a) le implicazioni con <strong>la</strong> responsabilità solidale;<br />
b) l’intervento sostitutivo del<strong>la</strong> stazione appaltante M. Pizzuto 5<br />
Prescrizione previdenziale in caso di denuncia del <strong>la</strong>voratore M. Rodofili 8<br />
Il preposto nell’attività di somministrazione alimenti e bevande S. Dal Maso 11<br />
Lavoro e <strong>la</strong>voratori nell’antica Roma G. Viviani 14<br />
Semplificazione del<strong>la</strong> domanda di aut. per <strong>la</strong> C.I.G.O. per il settore industria:<br />
messaggio INPS n. 7216/2012 24<br />
Il regime di responsabilità solidale applicabile ai debiti contributivi:<br />
verbalizzazione delle risultanze ispettive N. Brunetti 26<br />
Appalto ed intermediazione abusiva, le forme patologiche delle esternalizzazioni.<br />
Profili giuridici e spunti operativi L. Pecchio 28<br />
Stress <strong>la</strong>voro-corre<strong>la</strong>to, Campagna europea di ispezione 2012 L. Fincato 31<br />
Regime previdenziale G. Co<strong>la</strong>giacomo 32<br />
La redazione sottolinea che <strong>la</strong> rivista<br />
“l’Ispettore” rappresenta una rassegna di<br />
opinioni partico<strong>la</strong>rmente rivolte al<strong>la</strong> materia<br />
contributiva.<br />
Gli articoli pubblicati, pertanto, rappresentando<br />
punti di vista personali dell’autore,<br />
aspirano solo a provocare confronti, a suscitare<br />
rifl essioni, a determinare <strong>la</strong> maggiore<br />
chiarezza possibile in merito ad una normativa<br />
che tutti riconosciamo estremamente<br />
problematica.<br />
In questa ottica “l’Ispettore” sarebbe lieta<br />
di ospitare più frequenti contributi di altre<br />
categorie professionali.
2 L’Ispettore e <strong>la</strong> <strong>Società</strong><br />
Il Dr. Giuseppe Baldino, nuovo<br />
Direttore centrale del<strong>la</strong> Vigi<strong>la</strong>nza<br />
INPS, ci ha di recente ri<strong>la</strong>sciato<br />
un’intervista sulle attività di contrasto<br />
svolte dall’Istituto per i falsi rapporti<br />
di <strong>la</strong>voro in agricoltura. Ve <strong>la</strong><br />
proponiamo integralmente.<br />
Fedele Sponchia<br />
1) In quali regioni d’Italia esiste il<br />
fenomeno dei falsi braccianti?<br />
Il fenomeno è concentrato soprattutto<br />
in 4 regioni del sud: l) Puglia; 2)<br />
Sicilia; 3) Ca<strong>la</strong>bria. 4) Campania, che<br />
assorbono da sole l’80% del<strong>la</strong> spesa<br />
nazionale per prestazioni previdenziali<br />
in agricoltura. Alcuni casi, ma molto<br />
limitati, sono stati riscontrati anche in<br />
altre regioni d’Italia.<br />
2) Perché secondo Lei è localizzato<br />
quasi esclusivamente al Sud?<br />
Nel settore agricolo vi è uno squilibrio<br />
impressionante tra contribuzioni<br />
e prestazioni. In alcune zone le<br />
agevo<strong>la</strong>zioni contributive riconosciute<br />
arrivano al 70% del dovuto. Non è<br />
esagerato dire che in questo settore<br />
per ogni euro pagato dì contribuzione<br />
se ne percepiscono più di 20 di<br />
prestazioni.<br />
Questo squilibrio ha dato adito ad<br />
abusi di ogni genere, il più delle volte<br />
favorito dal<strong>la</strong> mancanza dì un sistema<br />
di tutele di tipo universalistico.<br />
In sostanza molti soggetti al<strong>la</strong><br />
ricerca dì una protezione sociale<br />
(in caso di ma<strong>la</strong>ttia, di maternità)<br />
o semplicemente per integrare il<br />
loro magro reddito familiare, non<br />
trovando<strong>la</strong> altrove si sono rivolti<br />
proprio al<strong>la</strong> previdenza agrico<strong>la</strong>, pur<br />
avendo con questo settore rapporti<br />
molto b<strong>la</strong>ndi o del tutto inconsistenti.<br />
Negli anni 1988/2003 si è iniziato<br />
con l’abuso delle indennità dì<br />
maternità e l’abuso era così diffuso<br />
da costringere l’INPS ad inviare un<br />
centinaio di ispettori del Nord per<br />
rinforzare le forze ispettive del luogo.<br />
In Ca<strong>la</strong>bria, per esempio, <strong>la</strong> situazione<br />
era degenerata in modo tale che i<br />
bambini che nascevano in quegli anni<br />
erano per l’80% figli di donne con<br />
<strong>la</strong> qualifica di braccianti agricole.<br />
Le stesse erano nel migliore dei casi<br />
familiari conviventi dei tito<strong>la</strong>ri del<br />
fondo o peggio mogli di professionisti<br />
del luogo o professioniste esse stesse<br />
Intervista al dr. Giuseppe Baldino<br />
sulle atttività di contrasto, svolte<br />
dall’INPS, per i falsi rapporti di <strong>la</strong>voro<br />
in agricoltura.<br />
in attesa di un posto fisso.<br />
Ma costoro spesso non conoscevano<br />
neanche ove era ubicato il podere<br />
dove avevano dichiarato di aver<br />
<strong>la</strong>vorato.<br />
Col passare del tempo questo<br />
fenomeno è andato man mano<br />
scemando, grazie al <strong>la</strong>voro repressivo<br />
e dissuasivo degli ispettori impegnati<br />
su tale fronte ma anche al<strong>la</strong> preziosa<br />
opera di sensibilizzazione svolta<br />
dalle organizzazioni di categoria,<br />
dai consulenti del <strong>la</strong>voro e dalle<br />
organizzazioni sindacali.<br />
3) A quando risale il primo caso<br />
riscontrato? Come si è evoluto il<br />
fenomeno?<br />
Dal 2004 è iniziato il fenomeno<br />
del <strong>la</strong>voro fittizio limitato in un<br />
primo tempo allo scambio di favori<br />
tra singoli cittadini, dì sovente tra<br />
parenti, per poi assumere i connotati<br />
del business di organizzazioni<br />
ma<strong>la</strong>vitose partico<strong>la</strong>rmente abili nel<br />
trarre vantaggio dalle anacronistiche<br />
e macchinose modalità che rego<strong>la</strong>no<br />
le denuncie retributive e contributive<br />
nel settore agricolo, assicurandosi<br />
inoltre un facile controllo del<br />
territorio, facilitando e control<strong>la</strong>ndo<br />
l’erogazione delle re<strong>la</strong>tive prestazioni<br />
che, purtroppo, in territori così<br />
svantaggiati, rappresentano, come<br />
già detto, spesso l’unica fonte di<br />
reddito dove il soggetto beneficiario è<br />
ostaggio, a volte contro <strong>la</strong> sua stessa<br />
volontà, di questo sistema perverso.<br />
Esso nasce, in quel<strong>la</strong> data, in due<br />
regioni: in Sicilia ed in Puglia.<br />
Successivamente si è esteso in<br />
Ca<strong>la</strong>bria ed in Campania con le<br />
più svariate modalità: troviamo<br />
aziende che denunciano centinaia di<br />
rapporti di <strong>la</strong>voro su terreni presi in<br />
fitto (contratti di fitto che, a seguito<br />
delle visite ispettive quasi sempre<br />
risultano non veritieri) e i terreni<br />
sono invece coltivati dai proprietari<br />
stessi; aziende vere ma costrette<br />
a dichiarare le giornate anche a<br />
decine di falsi <strong>la</strong>voratori imposti da<br />
gruppi ma<strong>la</strong>vitosi; aziende (anche<br />
se <strong>la</strong> definizione di azienda non è<br />
esatta) che inventano tutto: terreni e<br />
<strong>la</strong>voratori.<br />
4) Oggi quante inchieste Le<br />
risultano aperte?<br />
Se per inchieste si devono intendere<br />
“inchieste giudiziarie” il dato non è<br />
a disposizione dell’Istituto, benché<br />
si sia a conoscenza che pressoché<br />
settimanalmente i funzionari ispettivi<br />
siano chiamati in qualità di testi<br />
presso le diverse Procure del Sud<br />
Italia; d’altra parte le fattispecie di<br />
reato connesse al fenomeno non sono<br />
perseguibili a quere<strong>la</strong>, bensì d’ufficio<br />
e i vari Uffici INPS sono comunque<br />
obbligati al rapporto ex art. 331 CPP.<br />
Si può ipotizzare, comunque, che<br />
siano ancora in fase di definizione<br />
circa 130.000 inchieste tenuto conto
che <strong>la</strong> denuncia per truffa riguarda sia<br />
i <strong>la</strong>voratori in questione, sia i tito<strong>la</strong>ri<br />
delle aziende.<br />
5) Si può ipotizzare quanti soldi<br />
siano stati “estorti” all’INPS<br />
negli anni precedenti, e quanti ne<br />
vengono risparmiati ora grazie<br />
all’efficacia delle ispezioni?<br />
Quello che viene risparmiato<br />
nell’anno seguente corrisponde<br />
quasi sempre con quello che viene<br />
scovato nell’anno in cui si effettuano i<br />
controlli.<br />
Da diversi anni, ormai una task force<br />
specifica agisce in queste regioni<br />
scovando migliaia di rapporti di<br />
<strong>la</strong>voro fittizi. Tanto per citare qualche<br />
dato negli ultimi tre anni: 2009,<br />
2010 e 2011 i nostri ispettori hanno<br />
annul<strong>la</strong>to circa 220 mi<strong>la</strong> rapporti<br />
di <strong>la</strong>voro, che hanno comportato<br />
nell’ultimo triennio un recupero di<br />
prestazioni pari a circa 700 milioni di<br />
euro.<br />
Come si evince dal<strong>la</strong> seguente tabel<strong>la</strong>,<br />
il <strong>la</strong>voro del<strong>la</strong> task force ha avuto un<br />
grande effetto, anche di deterrenza,<br />
e negli anni i rapporti di <strong>la</strong>voro<br />
fittizi, anche se lentamente, stanno<br />
diminuendo.<br />
A ciò si aggiunga anche l’effetto<br />
indotto dei controlli che ha portato<br />
ad un considerevole decremento<br />
delle richieste di prestazioni di<br />
disoccupazione agrico<strong>la</strong>.<br />
6) Si può fare un rapportocomparazione<br />
tra totale braccianti e<br />
falsi braccianti agricoli degli ultimi<br />
anni?<br />
I braccianti agricoli denunciati si<br />
aggirano sui 540.000 su tutto il<br />
territorio nazionale. Di questi 325.000<br />
operano nell’area del sud-Italia. Stante<br />
questi dati i rapporti di <strong>la</strong>voro fittizi si<br />
aggirano sul 20%. Ma un tale rapporto<br />
sarebbe diverso se ci fosse stata <strong>la</strong><br />
possibilità di control<strong>la</strong>re <strong>la</strong> veridicità<br />
del rapporto di <strong>la</strong>voro di tutti i<br />
braccianti denunciati.<br />
7) Con quali strumenti si combatte<br />
il fenomeno, e quali difficoltàresistenze<br />
ci sono?<br />
Il contrasto al fenomeno dei<br />
rapporti fittizi in agricoltura è già<br />
da anni oggetto di attento e costante<br />
controllo da parte dell’Istituto che<br />
L’Ispettore e <strong>la</strong> <strong>Società</strong> 3
4 L’Ispettore e <strong>la</strong> <strong>Società</strong><br />
per tali fini impiega non soltanto<br />
i Corpi Ispettivi locali ma anche<br />
una task-force nazionale. Accade<br />
sovente che gli ispettori inps siano<br />
coinvolti direttamente nelle indagini<br />
effettuate dalle locali Procure del<strong>la</strong><br />
Repubblica. Queste col<strong>la</strong>borazioni<br />
hanno contribuito al<strong>la</strong> definizione<br />
di inchieste importanti e complesse<br />
di cui i media hanno diffusamente<br />
dato risalto. Peraltro all’efficace<br />
azione “sul campo” spesso non<br />
segue un adeguato successo sotto il<br />
profilo processuale: le conseguenze<br />
penali di fittizie assunzioni (in<br />
genere riconducibili ai reati di<br />
truffa, falso e, talvolta, frode nelle<br />
loro svariate forme nei confronti<br />
dell’Amministrazione che ha subito<br />
il danno patrimoniale), infatti, in sede<br />
processuale non sono agevolmente<br />
dimostrabili. Questo non tanto per<br />
le prove documentali eventualmente<br />
prodotte, quanto piuttosto per <strong>la</strong><br />
intrinseca struttura del<strong>la</strong> norma che<br />
si ritiene essere stata vio<strong>la</strong>ta. Ne<br />
consegue che <strong>la</strong> condotta contra<br />
legem, comunque fraudolenta, posta<br />
in essere dall’azienda (il più delle<br />
volte in concorso con i <strong>la</strong>voratori)<br />
ha spesso “buon gioco” stante,<br />
appunto, le obiettive difficoltà (sia<br />
sul piano processuale, sia per quanto<br />
attiene all’aspetto sanzionatorio) a<br />
far valere le norme che si ritengono<br />
essere state vio<strong>la</strong>te. Sarebbe invero<br />
auspicabile l’introduzione di<br />
un’autonoma fattispecie di reato<br />
che punisca l’antigiuridicità del<strong>la</strong><br />
condotta rendendo<strong>la</strong> sconveniente<br />
(assunzione fittizia di <strong>la</strong>voratori al<br />
fine dell’ottenimento di prestazioni<br />
previdenziali non spettanti) con<br />
<strong>la</strong> previsione, altresì, di una pena<br />
esemp<strong>la</strong>re, parimenti a quanto è<br />
avvenuto in merito al ed. “reato di<br />
capora<strong>la</strong>to” (intermediazione illecita<br />
e sfruttamento del <strong>la</strong>voro) introdotto<br />
recentemente dal nostro Legis<strong>la</strong>tore.<br />
8) Come si pongono, che parte<br />
hanno in questi contesti i <strong>la</strong>voratori<br />
immigrati?<br />
In questo contesto è evidente che<br />
l’anello più debole e sfruttato del<strong>la</strong><br />
catena sono proprio i <strong>la</strong>voratori extra<br />
comunitari in quanto spesso sono<br />
loro che prestano <strong>la</strong> reale attività,<br />
con limitati diritti retributivi e<br />
previdenziali mentre altri soggetti,<br />
che non hanno alcun rapporto<br />
di <strong>la</strong>voro effettivo con l’azienda<br />
agrico<strong>la</strong>, percepiscono le prestazioni<br />
assicurative e previdenziali.<br />
Soprattutto in territori dove c’è un’alta<br />
concentrazione di extra comunitari<br />
(Caserta, Foggia, Rosarno ecc.), in<br />
un degrado sociale non facilmente<br />
control<strong>la</strong>bile neanche dal<strong>la</strong> forze<br />
dell’ordine, questi emarginati sono<br />
una facile manova<strong>la</strong>nza per il settore<br />
agricolo locale, che utilizzano<br />
questi “disperati” pagandoli con una<br />
retribuzione irrisoria, chiaramente in<br />
nero.<br />
Assistiamo, quindi, ad un meccanismo<br />
delittuoso perverso per cui chi<br />
<strong>la</strong>vora non è assicurato e non<br />
ha alcuna tute<strong>la</strong> previdenziale e<br />
assicurativa. Fare emergere questi<br />
<strong>la</strong>voratori in nero, oltre al<strong>la</strong> loro<br />
giusta rego<strong>la</strong>rizzazione significa<br />
anche combattere <strong>la</strong> piaga del <strong>la</strong>voro<br />
fittizio. In merito ai <strong>la</strong>voratori<br />
extra comunitari assistiamo, poi, al<br />
fenomeno dei falsi rapporti di <strong>la</strong>voro<br />
a tempo indeterminato, instaurati da<br />
datori di <strong>la</strong>voro compiacenti al solo<br />
scopo di far ottenere il ri<strong>la</strong>scio del<br />
permesso di soggiorno ai <strong>la</strong>voratori<br />
extra comunitari che ne hanno fatto<br />
richiesta. Dalle indagini effettuate,<br />
spesso unitamente alle forze<br />
dell’ordine, tale rapporto di <strong>la</strong>voro,<br />
quando esiste effettivamente, può<br />
concludersi anche con <strong>la</strong> denuncia<br />
di una so<strong>la</strong> giornata oppure essere<br />
completamente falso. Il permesso<br />
di soggiorno viene ri<strong>la</strong>sciato dai<br />
centri per l’immigrazione, con <strong>la</strong> so<strong>la</strong><br />
attestazione dell’assunzione a tempo<br />
indeterminato ed è valido per due<br />
anni, durante i quali non vi è alcuna<br />
verifica sull’effettivo proseguimento<br />
del rapporto di <strong>la</strong>voro. Chiaramente<br />
<strong>la</strong> documentazione attestante<br />
un’assunzione a tempo indeterminato<br />
rappresenta per questi soggetti un<br />
punto di partenza indispensabile<br />
per poterlo ottenere e soggiornare<br />
liberamente sul territorio nazionale.<br />
Per tale motivo sono disposti a pagare<br />
al datore di <strong>la</strong>voro compiacente o al<br />
soggetto ma<strong>la</strong>vitoso fino a 3 mi<strong>la</strong> euro<br />
per ogni assunzione procurando un<br />
notevole profitto a quest’ultimi.
Interessante risulta essere<br />
<strong>la</strong> problematica circa le<br />
implicazioni che possono scaturire<br />
nell’ipotesi di accertamento<br />
del<strong>la</strong> responsabilità solidale<br />
del committente/appaltatore<br />
con il ri<strong>la</strong>scio del DURC. In<br />
partico<strong>la</strong>re, si pone l’accento su un<br />
duplice interrogativo, ovvero se<br />
l’accertamento del<strong>la</strong> responsabilità<br />
solidale possa costituire un limite<br />
negativo al ri<strong>la</strong>scio del documento<br />
attestante <strong>la</strong> rego<strong>la</strong>rità contributiva<br />
e nel caso di risposta affermativa<br />
nei confronti di quali dei soggetti<br />
del<strong>la</strong> filiera dei contratti di appalto<br />
e subappalto? Altra problematica<br />
di disamina è quel<strong>la</strong> re<strong>la</strong>tiva<br />
all’intervento sostitutivo del<strong>la</strong><br />
stazione appaltante nel pagamento<br />
dei contributi e dei premi<br />
assicurativi, nonché di quanto è<br />
dovuto al<strong>la</strong> Cassa Edile nel caso di<br />
DURC non rego<strong>la</strong>re<br />
Prima di affrontare dette questioni,<br />
corre l’obbligo rammentare, in via<br />
preliminare, che cosa sia il DURC e<br />
se lo stesso possa essere oggetto di<br />
autocertificazione.<br />
Da quanto si evince dall’art.4 del<br />
DM 24.10.2007 il “DURC attesta <strong>la</strong><br />
rego<strong>la</strong>rità dei versamenti dovuti agli<br />
Istituti previdenziali e, per i datori<br />
di <strong>la</strong>voro dell’edilizia, <strong>la</strong> rego<strong>la</strong>rità<br />
dei versamenti dovuti alle Casse<br />
edili”. Anche l’art. 6, comma 1 del<br />
Rego<strong>la</strong>mento attuativo del Codice<br />
dei Contratti Pubblici, è intervenuto<br />
sul<strong>la</strong> definizione di DURC,<br />
qualificandolo come “il certificato<br />
che attesta contestualmente<br />
<strong>la</strong> rego<strong>la</strong>rità di un operatore<br />
economico per quanto concerne gli<br />
adempimenti INPS, INAIL, nonché<br />
Cassa Edile per i <strong>la</strong>vori in edilizia”.<br />
Ne discende che qualsiasi datore<br />
di <strong>la</strong>voro o operatore economico<br />
che voglia operare sul mercato<br />
secondo i principi improntati al<strong>la</strong><br />
concorrenza leale deve essere in<br />
rego<strong>la</strong> con tutti gli adempimenti<br />
stabiliti dal<strong>la</strong> normativa vigente,<br />
ivi compresi quelli afferenti al<strong>la</strong><br />
correntezza nonché al<strong>la</strong> correttezza<br />
dei versamenti effettuati agli enti<br />
previdenziali (INPS/INAIL),<br />
nonché al<strong>la</strong> Cassa edile nel caso<br />
di <strong>la</strong>vori in edilizia. Al riguardo,<br />
si precisa che <strong>la</strong> posizione di<br />
L’Ispettore e <strong>la</strong> <strong>Società</strong> 5<br />
Il Durc:<br />
a) le implicazioni con <strong>la</strong> responsabilità solidale;<br />
b) l’intervento sostitutivo del<strong>la</strong> stazione appaltante<br />
di Massimo Pizzuto, Funzionario di Vigi<strong>la</strong>nza INAIL di Roma<br />
rego<strong>la</strong>rità di un’impresa, in<br />
re<strong>la</strong>zione ai pagamenti dei<br />
contributi e premi assicurativi<br />
eseguiti ai predetti Enti nonché<br />
ai versamenti al<strong>la</strong> Cassa Edile,<br />
è attestata esclusivamente dal<br />
DURC che diviene il documento<br />
fondamentale per chi voglia<br />
esercitare conformemente ai<br />
principi di concorrenza leale<br />
un’attività imprenditoriale.<br />
In re<strong>la</strong>zione, poi, al<strong>la</strong> questione<br />
se il DURC possa essere oggetto<br />
di autocertificazione, è opportuno<br />
sottolineare che, anche a seguito<br />
delle modifiche apportate<br />
dall’art.15 del<strong>la</strong> legge n. 183/2011<br />
al DPR n. 445/2000, il DURC<br />
non può essere surrogato da una<br />
dichiarazione sostitutiva presentata<br />
da parte del soggetto interessato.<br />
Ciò in considerazione del fatto<br />
che il Ministero del Lavoro,<br />
esaminando i contenuti del citato<br />
DPR, ha chiarito, confermando<br />
il precedente orientamento<br />
espresso in materia, che l’art. 44<br />
bis ”stabilisce semplicemente le<br />
modalità di acquisizione e gestione<br />
del DURC senza però intaccare in<br />
alcun modo il principio secondo<br />
cui le valutazioni effettuate da<br />
un Organismo tecnico (nel caso<br />
di specie Istituto previdenziale o<br />
assicuratore) non possono essere<br />
sostituite da un’autodichiarazione”<br />
. In deroga, a quanto appena<br />
esposto, l’art. 4, comma 14 bis<br />
del D.L. n. 70/2011 convertito<br />
con modificazioni dal<strong>la</strong> legge<br />
n. 106/2011, prevede che” per i<br />
contratti pubblici (in economia) di<br />
forniture e servizi fino a ventimi<strong>la</strong><br />
euro stipu<strong>la</strong>ti con <strong>la</strong> Pubblica<br />
Amministrazione e le società<br />
in house, i soggetti contraenti<br />
possono produrre una dichiarazione<br />
sostitutiva ai sensi dell’art. 46,<br />
comma 1 lett.) p del D.P.R. n.<br />
445/2000, in luogo del documento<br />
di rego<strong>la</strong>rità contributiva.<br />
Le amministrazioni procedenti<br />
sono tenute ad effettuare i controlli<br />
periodici sul<strong>la</strong> veridicità delle<br />
dichiarazioni sostitutive ai sensi<br />
dell’art. 71 del medesimo T.U.<br />
di cui al DPR n. 443/2000”.<br />
Pertanto, limitatamente ai contratti<br />
su indicati, <strong>la</strong> legge ha formu<strong>la</strong>to<br />
una deroga espressa al principio<br />
generale di autocertificabilità<br />
del DURC, fermo restando,<br />
negli appalti pubblici, l’obbligo<br />
del<strong>la</strong> Stazione Appaltante di<br />
procedere al<strong>la</strong> verifica di tali<br />
autocertificazioni “anche a<br />
campione”, sia con riferimento al<strong>la</strong><br />
fase di affidamento che a quel<strong>la</strong> di<br />
pagamento del corrispettivo.<br />
a) Il Durc e le implicazioni con <strong>la</strong><br />
responsabilità solidale<br />
Dopo aver fatto una breve ma<br />
doverosa premessa, si pone<br />
l’attenzione al<strong>la</strong> questione<br />
centrale da esaminare, ovvero <strong>la</strong><br />
responsabilità solidale ed il DURC,<br />
nonché <strong>la</strong> possibilità di ri<strong>la</strong>sciare,<br />
nel caso di vincolo solidaristico,<br />
il documento in questione al<br />
committente.<br />
Sul punto, si fa presente<br />
che qualora sia accertata <strong>la</strong><br />
responsabilità solidale, l’eventuale<br />
debito dell’appaltatore nei confronti<br />
degli Istituti previdenziali non<br />
costituisce condizione ostativa<br />
al ri<strong>la</strong>scio del DURC richiesto<br />
dal committente. Ciò, è, anche,<br />
applicabile nell’ipotesi di<br />
accertamento del<strong>la</strong> responsabilità<br />
intercorrente tra l’appaltatore e<br />
subappaltatore.<br />
A tale conclusione è addivenuto<br />
il Ministero del Lavoro e delle<br />
Politiche Sociali, il quale ha<br />
affermato, in merito al<strong>la</strong> rilevanza<br />
dei debiti contributivi a titolo<br />
di responsabilità solidale ai<br />
fini del ri<strong>la</strong>scio del<strong>la</strong> rego<strong>la</strong>rità<br />
contributiva all’obbligato solidale,<br />
quanto segue: “atteso che il Durc<br />
certifica <strong>la</strong> rego<strong>la</strong>rità contributiva<br />
riconducibile all’unità del rapporto<br />
assicurativo e previdenziale<br />
instaurato tra l’impresa e gli Enti…<br />
si ritiene che <strong>la</strong> posizione debitoria<br />
nei confronti degli Istituti a carico<br />
di un soggetto non impedisca il<br />
ri<strong>la</strong>scio del Documento a chi, con<br />
lo stesso soggetto è solidamente<br />
responsabile”.<br />
Tutto questo in quanto il D.M.<br />
24 ottobre 2007 ha stabilito<br />
all’art. 9 che “<strong>la</strong> vio<strong>la</strong>zione…<br />
delle disposizioni penali o<br />
amministrative… indicate<br />
nell’allegato A) al presente decreto
6 L’Ispettore e <strong>la</strong> <strong>Società</strong><br />
… è causa ostativa al ri<strong>la</strong>scio del<br />
DURC”, cioè al ri<strong>la</strong>scio del<strong>la</strong><br />
rego<strong>la</strong>rità contributiva. Poiché tra<br />
le vio<strong>la</strong>zioni indicate nel citato<br />
allegato non è riportato il mancato<br />
o parziale versamento di premi ed<br />
accessori/contributi previdenziali<br />
dovuti a titolo di responsabilità<br />
solidale negli appalti privati, ne<br />
consegue che non può essere posto<br />
in essere alcun impedimento al<br />
ri<strong>la</strong>scio del DURC al committente”.<br />
Nel contempo, si evidenzia che<br />
il debitore chiamato a rispondere<br />
in qualità di obbligato in solido,<br />
qualora sia in rego<strong>la</strong> dal punto di<br />
vista contributivo/assicurativo,<br />
ha diritto al ri<strong>la</strong>scio del DURC,<br />
sempreché sul menzionato<br />
documento siano riportate, al fine<br />
di tute<strong>la</strong>re il credito dell’Istituto, le<br />
seguenti annotazioni:<br />
• l’esistenza di un obbligo solidale<br />
• <strong>la</strong> denominazione sociale<br />
ed il numero del<strong>la</strong> posizione<br />
contributiva/assicurativa<br />
dell’impresa<br />
• l’importo dovuto a titolo di<br />
obbligazione solidale<br />
• le sanzioni civili maturate sino al<br />
ri<strong>la</strong>scio del DURC.<br />
In re<strong>la</strong>zione al<strong>la</strong> richiesta<br />
all’obbligato in solido delle<br />
sanzioni civili, si evidenzia che<br />
<strong>la</strong> Circ. 2/2012 del Ministero del<br />
Lavoro, emanata a seguito delle<br />
novità introdotte in materia di<br />
<strong>la</strong>voro e legis<strong>la</strong>zione sociale dal<br />
D.L. 5/2012 convertito in legge n.<br />
35/2012, riporta quanto segue “una<br />
ulteriore precisione esclude invece<br />
espressamente dall’ambito del<strong>la</strong><br />
responsabilità solidale “qualsiasi<br />
obbligo per le sanzioni civili di<br />
cui risponde solo il responsabile<br />
dell’inadempimento”. Ciò,<br />
risulta essere una vera e propria<br />
novità rispetto al precedente<br />
indirizzo interpretativo indicato<br />
nell’interpello n. 3/2010. Infatti,<br />
con il citato interpello il Ministero<br />
riteneva, diversamente da quanto<br />
sopra riportato, <strong>la</strong> sussistenza<br />
del<strong>la</strong> solidarietà per tali sanzioni<br />
in considerazione dell’attribuzione<br />
alle stesse del<strong>la</strong> natura risarcitoria.<br />
Sempre in tema di vincolo<br />
solidaristico tra appaltatore e<br />
subappaltatore, merita porre<br />
l’attenzione sul<strong>la</strong> questione<br />
riguardante l’impossibilità, da<br />
parte delle imprese appaltatrici di<br />
ottenere il pagamento degli Stati<br />
di avanzamento <strong>la</strong>vori (SAL) in<br />
ragione dell’assenza del<strong>la</strong> rego<strong>la</strong>rità<br />
contributiva di azienda al<strong>la</strong> quale<br />
è stato affidato, mediante contratto<br />
di subappalto, l’esecuzione di una<br />
parte dell’attività. In partico<strong>la</strong>re,<br />
è stato posto al Ministero un<br />
quesito in merito all’ipotesi in<br />
cui il mancato pagamento del<br />
SAL all’impresa appaltatrice sia<br />
imputabile al<strong>la</strong> presenza di DURC<br />
irrego<strong>la</strong>re del subappaltatore per<br />
irrego<strong>la</strong>rità riferibili ad altri cantieri<br />
o opere, rispetto alle quali non<br />
sussiste alcuna forma di solidarietà<br />
passiva tra impresa appaltatrice e<br />
quel<strong>la</strong> subappaltatrice.<br />
Al riguardo il Ministero con<br />
interpello n. 15/2009 si è espresso<br />
affermando che se l’impresa<br />
subappaltatrice opera in più<br />
cantieri, il Durc per il pagamento<br />
del SAL può essere ri<strong>la</strong>sciato<br />
anche soltanto con riferimento al<br />
personale utilizzato nello specifico<br />
cantiere.<br />
Tutto ciò a condizione che il<br />
ri<strong>la</strong>scio si riferisca ai SAL, nonché<br />
sia subordinato ad un accertamento<br />
preventivo congiunto da parte del<br />
personale ispettivo INPS ed INAIL<br />
finalizzato a redigere un verbale di<br />
accertamento re<strong>la</strong>tivo al<strong>la</strong> posizione<br />
dei <strong>la</strong>voratori utilizzati in quel<br />
partico<strong>la</strong>re appalto.<br />
b) Il DURC e l’intervento<br />
sostitutivo del<strong>la</strong> stazione<br />
appaltante<br />
Il secondo punto da esaminare<br />
è quello inerente all’Intervento<br />
sostitutivo delle stazioni appaltanti<br />
nel pagamento dei contributi, premi<br />
e di quanto dovuto al<strong>la</strong> Cassa Edile<br />
nel caso di DURC non rego<strong>la</strong>re.<br />
Quanto appena accennato<br />
costituisce un’importante novità<br />
in quanto l’intervento sostitutivo<br />
consente, soprattutto in un periodo<br />
di profonda crisi economica da un<br />
canto di contrastare il fenomeno<br />
del <strong>la</strong>voro irrego<strong>la</strong>re, dall’altro di<br />
favorire le aziende sostanzialmente<br />
sane che, a causa del<strong>la</strong> crisi di<br />
liquidità, hanno difficoltà nel<br />
pagare i contributi, i premi agli<br />
Enti previdenziali e quanto dovuto<br />
alle Casse Edili. Tale intervento<br />
sostitutivo, che consente alle<br />
aziende che operano rego<strong>la</strong>rmente<br />
sul mercato di evitare <strong>la</strong> fuoriuscita<br />
dallo stesso, è previsto dall’art. 4<br />
del DPR n. 207/2010.<br />
L’art. 4 del Rego<strong>la</strong>mento attuativo<br />
del Codice dei Contratti prevede<br />
l’intervento sostitutivo del<strong>la</strong><br />
stazione appaltante in caso<br />
di inadempienza contributiva<br />
dell’esecutore e del subappaltatore.<br />
In concreto, l’intervento in paro<strong>la</strong><br />
si sostanzia nel pagamento da<br />
parte del<strong>la</strong> stazione appaltante, in<br />
luogo dell’obbligato principale,<br />
direttamente agli Istituti<br />
previdenziali e alle Casse Edili,<br />
dell’importo corrispondente<br />
all’inadempienza riportata del<br />
DURC. Pertanto, qualora <strong>la</strong> P.<br />
A., a seguito del<strong>la</strong> stipu<strong>la</strong>zione<br />
di un contratto di appalto di cui<br />
al D.gs. n.163/2006, dovesse<br />
ricevere un DURC irrego<strong>la</strong>re<br />
riferito ad un’impresa appaltatrice<br />
o subappaltatrice, il Responsabile<br />
Unico del Procedimento è<br />
tenuto: a bloccare il pagamento<br />
del SAL o dello stato finale dei<br />
<strong>la</strong>vori; trattenere dal certificato<br />
di pagamento l’importo<br />
corrispondente all’inadempienza<br />
segna<strong>la</strong>ta nel DURC e versarlo<br />
direttamente agli enti previdenziali<br />
e assicurativi, ivi compresa <strong>la</strong><br />
Cassa Edile. Con tale operazione <strong>la</strong><br />
stazione appaltante, nel sostituirsi<br />
al debitore principale, provvede:<br />
1. a ripartire proporzionalmente<br />
tra gli Enti creditori l’importo che<br />
avrebbe dovuto pagare all’Impresa<br />
a seguito del contratto stipu<strong>la</strong>to<br />
2. ad inviare una comunicazione<br />
preventiva agli Enti creditori<br />
per informarli dell’intenzione<br />
di pagare il debito dell’impresa,<br />
ovviamente nei limiti di quanto<br />
era stato stabilito nel contratto di<br />
appalto, al fine di evitare eventuali<br />
duplicazioni di pagamento da parte<br />
di altre stazioni appaltanti<br />
3. a verificare, in via telematica,<br />
se sono state notificate all’impresa<br />
debitrice anche delle cartelle<br />
esattoriali, qualora il pagamento sia<br />
superiore a € 10.000,00.
Al riguardo, si precisa che in base<br />
alle indicazioni ministeriali, il<br />
procedimento previsto dall’art.<br />
48-bis del D.P.R. n. 602/1973 e<br />
dal D.M. n. 40/2008 non sembra<br />
poter “interferire” con l’intervento<br />
sostitutivo ex art. 4 del D.P.R.<br />
n. 207/2010, che deve pertanto<br />
ricevere “prioritaria applicazione”.<br />
Inoltre, si evidenzia che<br />
l’intervento di cui trattasi nel caso<br />
di inadempienze contributive del<br />
subappaltatore ha come limite il<br />
valore del debito che l’appaltatore<br />
ha nei confronti del subappaltatore<br />
medesimo. Ne consegue che<br />
l’intervento sostitutivo del<strong>la</strong><br />
Stazione appaltante “svinco<strong>la</strong><br />
il pagamento nei confronti<br />
dell’appaltatore”, anche se i debiti<br />
contributivi del subappaltatore<br />
vengono coperti solo parzialmente.<br />
Note:<br />
1. D.Lgs. 12.4.2006 n. 163 (Codice<br />
dei contratti pubblici) e DPR 207/2010<br />
L’Ispettore e <strong>la</strong> <strong>Società</strong> 7<br />
(Rego<strong>la</strong>mento attuativo del Codice dei<br />
contratti pubblici).<br />
2. Imprenditore, fornitore, prestatore di<br />
servizi o raggruppamento o consorzio di<br />
essi, come previsto dall’art. 3, comma 22<br />
del Codice degli appalti (vedi Circ. INAIL<br />
22/2011).<br />
3. Vedi interpello n. 21/2008 del Ministero<br />
del Lavoro e delle Politiche Sociali<br />
recante ad oggetto DURC – attestazioni di<br />
pagamento coincidenti con il periodo di<br />
rego<strong>la</strong>rità del certificato. “…si deve ritenere<br />
che il ri<strong>la</strong>scio del DURC valga ad attestare<br />
<strong>la</strong> rego<strong>la</strong>rità contributiva, per il periodo di<br />
validità, del documento stesso, con riguardo<br />
sia al<strong>la</strong> correttezza che al<strong>la</strong> correntezza<br />
delle denunce periodiche e dei re<strong>la</strong>tivi<br />
versamenti…. Va sottolineato, peraltro,<br />
che il DURC non ha effetti liberatori<br />
per l’impresa riguardo agli obblighi<br />
contributivi, restando impregiudicata<br />
l’azione degli enti previdenziali per<br />
l’accertamento ed il recupero di eventuali<br />
somme che successivamente dovessero<br />
risultare dovute”.<br />
4. Vedi art. 125, comma 11 D.Lgs.<br />
n. 163/2006 (Contratto degli Appalti<br />
pubblici), il quale prevede che “per i servizi<br />
o forniture inferiori a 20.000,00 euro è<br />
consentito l’affidamento diretto da parte<br />
del responsabile del procedimento” del<strong>la</strong><br />
Stazione appaltante.<br />
5. Vedi nota INAIL DC RISCHI del<br />
15.12.2011 prot. 8277.<br />
6. Vedi nota vedi interpello n. 3/2010 e nota<br />
INAIL DC RISCHI dell’11.1.2010 prot.<br />
n.3198.<br />
7. vedi nota vedi INPS messaggio del<br />
4.5.2010 n.12091 ed interpello MLPS n.<br />
3/2010.<br />
8. vedi ’art. 25, comma 28 del<strong>la</strong> legge n.<br />
248/2008.<br />
9. Rego<strong>la</strong>mento attuativo del Codice dei<br />
Contratti pubblici.<br />
10. Decreto legis<strong>la</strong>tivo 12.4.2006, n. 163<br />
(Codice dei Contratti pubblici) e DPR<br />
5.10.2010 n. 207 (Rego<strong>la</strong>mento attuativo<br />
del Codice dei Contratti pubblici).<br />
11. Vedi nota INAIL DC RISCHI del<br />
21.3.2012 prot. n. 2023.<br />
12. vedi Circo<strong>la</strong>re del Ministero del Lavoro<br />
e delle Politiche sociali n. 3/2012.
8 L’Ispettore e <strong>la</strong> <strong>Società</strong><br />
La prescrizione dei contributi<br />
previdenziali nel<strong>la</strong> legge n. 335 del<br />
1995<br />
A decorrere dal 1 gennaio 1996 <strong>la</strong><br />
legge 335/1995, con l’art. 3 commi<br />
9 e 10, aveva ridotto il termine<br />
di prescrizione dei contributi<br />
previdenziali a cinque anni, facendo<br />
salvi i casi di denuncia del <strong>la</strong>voratore<br />
o dei superstiti.<br />
Il termini previsti dal<strong>la</strong> legge hanno<br />
continuato ad essere di cinque anni<br />
per tutte le altre contribuzioni di<br />
previdenza e di assistenza sociale<br />
obbligatoria.<br />
Per un periodo transitorio, <strong>la</strong> legge<br />
n. 335 del 1995 aveva rego<strong>la</strong>mentato<br />
<strong>la</strong> prescrizione dei contributi<br />
previdenziali stabilendo un termine<br />
di prescrizione di dieci anni per i<br />
contributi di previdenza obbligatori<br />
re<strong>la</strong>tivi al Fondo Lavoratori<br />
Dipendenti, i cui atti di recupero<br />
fossero stati compiuti entro il 31<br />
dicembre 1995.<br />
Qualora poi, prima dell’entrata in<br />
vigore del<strong>la</strong> legge, il 17 agosto 1995,<br />
fossero già stati posti in essere atti<br />
interruttivi del<strong>la</strong> prescrizione, il<br />
legis<strong>la</strong>tore aveva previsto, ai sensi<br />
del D.L. 463 del 1983, l’applicazione<br />
del più lungo termine di 10 anni<br />
più i tre previsti da quest’ultima<br />
normativa, che all’art. 3 comma 19,<br />
prevedeva <strong>la</strong> sospensione del termine<br />
di prescrizione per i contributi dovuti<br />
all’INPS e all’INAIL di un triennio<br />
dal<strong>la</strong> data di entrata in vigore del<strong>la</strong><br />
legge.<br />
La legge di riforma del 1995 aveva<br />
inoltre introdotto un principio<br />
di carattere generale consistente<br />
nell’irricevibilità dei contributi<br />
prescritti, principio che costituisce<br />
un’eccezione rispetto a quanto<br />
previsto dall’art. 2940 del codice<br />
civile.<br />
Quest’ultima norma prevede<br />
l’inammissibilità del<strong>la</strong> ripetizione<br />
di quanto spontaneamente pagato in<br />
adempimento di un debito prescritto.<br />
La prescrizione già maturata in<br />
materia di contributi previdenziali<br />
invece è sottratta al<strong>la</strong> disponibilità<br />
delle parti del rapporto obbligatorio:<br />
il decorso del termine produce<br />
l’estinzione dell’obbligo contributivo<br />
e impedisce il versamento dei<br />
contributi scaduti, determinando<br />
Prescrizione previdenziale in caso di<br />
denuncia del <strong>la</strong>voratore<br />
di Miche<strong>la</strong> Rodofi li, Funzionario Ispettivo INPS in Alessandria 1<br />
l’irricevibilità di tali contributi per<br />
l’Istituto.<br />
Contrasti giurisprudenziali<br />
in materia di prescrizione dei<br />
contributi previdenziali<br />
Dall’entrata in vigore del<strong>la</strong> riforma<br />
del 1995, per lungo tempo <strong>la</strong><br />
giurisprudenza ha discusso su un<br />
aspetto partico<strong>la</strong>re del<strong>la</strong> disciplina<br />
introdotta dal<strong>la</strong> legge n. 335, ovvero<br />
quello dell’idoneità del<strong>la</strong> denuncia<br />
del <strong>la</strong>voratore presentata entro i dieci<br />
anni ad interrompere <strong>la</strong> prescrizione,<br />
sia pure oltre il quinquennio dal<strong>la</strong><br />
maturazione del debito contributivo.<br />
Il legis<strong>la</strong>tore non ha chiarito in modo<br />
espresso nel<strong>la</strong> norma il termine entro<br />
il quale <strong>la</strong> denunzia dovrebbe essere<br />
inoltrata dal <strong>la</strong>voratore interessato, al<br />
fine di determinare l’applicazione del<br />
termine decennale.<br />
Ed è proprio questo il punto che ha<br />
creato maggiori contrasti.<br />
Nel<strong>la</strong> maggior parte dei<br />
pronunciamenti, tra i quali <strong>la</strong> sentenza<br />
n. 4153 del 2006, <strong>la</strong> Cassazione aveva<br />
sostenuto che, dopo l’entrata in vigore<br />
del<strong>la</strong> legge n. 335/1995, dal 1 gennaio<br />
1996, i contributi dovuti per periodi<br />
anteriori al<strong>la</strong> entrata in vigore del<strong>la</strong><br />
legge, ma per i quali, a quest’ultima<br />
data, il quinquennio dal<strong>la</strong> scadenza<br />
non sia integralmente maturato, il<br />
termine decennale opererebbe solo<br />
mediante una denuncia intervenuta nel<br />
corso del quinquennio dal<strong>la</strong> data del<strong>la</strong><br />
loro scadenza.<br />
In altre pronunce, <strong>la</strong> Cassazione<br />
aveva affermato che <strong>la</strong> riduzione<br />
del termine per il versamento dei<br />
contributi previdenziali, da decennale<br />
a quinquennale, disposta dal<strong>la</strong> legge n.<br />
335 a decorrere dall’1 gennaio 1996,<br />
non si applicherebbe comunque ai casi<br />
di denuncia di omissione contributiva<br />
presentata all’Inps da parte del<br />
<strong>la</strong>voratore o dei suoi superstiti, al fine<br />
di sollecitare l’ente al recupero dei<br />
contributi omessi, indipendentemente<br />
dall’avvenuta promozione o meno<br />
dell’azione di recupero dell’Inps<br />
nei confronti del datore di <strong>la</strong>voro<br />
inadempiente.<br />
Da ultimo <strong>la</strong> Cassazione si è attestata<br />
sul<strong>la</strong> posizione prevalente in base<br />
al<strong>la</strong> quale dal<strong>la</strong> ratio complessiva<br />
del<strong>la</strong> legge si dovrebbe ricavare che<br />
<strong>la</strong> denuncia debba intervenire entro il<br />
quinquennio dal<strong>la</strong> data del<strong>la</strong> scadenza<br />
dei contributi (Cass. Civ. Sez. Unite<br />
4 marzo 2088 n. 5784, Cass. Civ.<br />
Sez. Unite 7 marzo 2008 n. 6173,<br />
Cass. Civ. 10 marzo 2010 n. 5811 e 9<br />
novembre 2010 n. 22739).<br />
Il prolungamento del termine potrebbe<br />
operare solo nel caso in cui il diritto<br />
non si fosse già estinto per il decorso<br />
dei cinque anni dal<strong>la</strong> sua scadenza,<br />
come accadrebbe se non intervenisse<br />
<strong>la</strong> denuncia.<br />
Il termine decennale, a seguito<br />
di denuncia, costituirebbe infatti<br />
una deroga espressa prevista dal<br />
legis<strong>la</strong>tore rispetto all’ordinario<br />
termine quinquennale.<br />
La prassi dettata dall’INPS<br />
Per lungo tempo tuttavia l’Inps<br />
ha avuto una posizione diversa<br />
rispetto a quel<strong>la</strong> del<strong>la</strong> giurisprudenza<br />
prevalente in materia di prescrizione<br />
dei contributi in caso di denuncia del<br />
<strong>la</strong>voratore.<br />
Con una prima circo<strong>la</strong>re emanata<br />
all’indomani dell’entrata in vigore<br />
del<strong>la</strong> legge n. 335 del 1995, <strong>la</strong> n. 262<br />
del 13 ottobre 1995, l’Istituto, dopo<br />
aver ribadito quanto previsto dal<strong>la</strong><br />
legge in tema di irricevibilità del<strong>la</strong><br />
contribuzione prescritta, stabilendo<br />
l’onere per l’Inps di provvedere<br />
d’ufficio al rimborso di eventuali<br />
contributi prescritti e versati,<br />
nell’interpretare <strong>la</strong> norma del<strong>la</strong> legge<br />
335/1995 nel<strong>la</strong> quale si afferma che<br />
“a decorrere dal 1 gennaio 1996 tale<br />
termine è ridotto a cinque anni salvi<br />
i casi di denuncia del <strong>la</strong>voratore o<br />
dei suoi superstiti”, ha sostenuto<br />
l’applicabilità del termine decennale a<br />
seguito del<strong>la</strong> denuncia del <strong>la</strong>voratore.<br />
La circo<strong>la</strong>re affermava inoltre che <strong>la</strong><br />
denuncia del <strong>la</strong>voratore poteva essere<br />
presentata ad una autorità competente,<br />
sia all’Istituto che all’Ispettorato del<br />
<strong>la</strong>voro o all’Autorità giudiziaria, salvo<br />
l’obbligo dell’Inps di porre in essere<br />
atti interruttivi del<strong>la</strong> prescrizione<br />
nei confronti del datore di <strong>la</strong>voro<br />
inadempiente, non appena venuto a<br />
conoscenza del<strong>la</strong> denuncia.<br />
Dalle indicazioni contenute nel<strong>la</strong><br />
norma interna si ricavava il fatto che<br />
non fosse necessario ai fini interruttivi<br />
del<strong>la</strong> contribuzione dovuta all’INPS<br />
che fosse l’Istituto creditore a porre<br />
in essere <strong>la</strong> richiesta di pagamento,
poiché anche da atti come i verbali<br />
dell’Ispettorato del <strong>la</strong>voro sarebbe<br />
risultata manifesta al debitore <strong>la</strong><br />
volontà del creditore di dare inizio ad<br />
una procedura di recupero del credito.<br />
La circo<strong>la</strong>re n. 18 del 22 gennaio<br />
1996, torna sull’argomento<br />
specificando che, essendo il rapporto<br />
previdenziale un rapporto giuridico<br />
che si instaura tra l’Ente previdenziale<br />
e i soggetti sui quali grava l’onere<br />
del<strong>la</strong> contribuzione, ovvero i<br />
datori di <strong>la</strong>voro, l’atto interruttivo<br />
del<strong>la</strong> prescrizione dovrà provenire<br />
necessariamente da uno di questi due<br />
soggetti.<br />
Dunque i verbali dell’Ispettorato del<br />
<strong>la</strong>voro che contengano prescrizioni in<br />
materia di contributi previdenziali e<br />
assistenziali non interromperebbero<br />
i termini prescrizionali, non<br />
provenendo dall’effettivo creditore,<br />
ovvero l’ente di previdenza.<br />
La denuncia del <strong>la</strong>voratore dovrà<br />
pertanto essere indirizzata all’Inps<br />
ed avere carattere formale, come in<br />
seguito ribadito dal<strong>la</strong> circo<strong>la</strong>re n. 55<br />
del 2000.<br />
Non si riteneva sufficiente una<br />
generica dichiarazione ri<strong>la</strong>sciata dal<br />
<strong>la</strong>voratore nel corso dell’accertamento<br />
ispettivo, ma occorreva una<br />
denuncia del <strong>la</strong>voratore, che poteva<br />
anche essere ri<strong>la</strong>sciata durante<br />
l’accertamento ispettivo, ma che<br />
doveva essere formale e diretta<br />
ad informare l’Istituto creditore<br />
dell’esistenza di un’omissione<br />
contributiva totale o parziale:<br />
Nel<strong>la</strong> successiva circo<strong>la</strong>re n. 69 del<br />
2005, l’Istituto ha ulteriormente<br />
specificato che <strong>la</strong> denuncia del<br />
mancato pagamento dei contributi<br />
da parte del <strong>la</strong>voratore dipendente o<br />
dei superstiti comporta che il termine<br />
prescrizionale sia decennale, sempre<br />
che l’INPS provveda a emettere<br />
il proprio atto interruttivo del<strong>la</strong><br />
prescrizione a seguito del<strong>la</strong> denuncia<br />
del <strong>la</strong>voratore.<br />
Sul<strong>la</strong> base di queste norme interne,<br />
a prescindere dall’orientamento<br />
contrario del<strong>la</strong> giurisprudenza, gli<br />
ispettori provvedevano al recupero<br />
dei contributi dovuti al <strong>la</strong>voratore<br />
in presenza di una sua denuncia nel<br />
termine dei dieci anni, anche se <strong>la</strong><br />
denuncia perveniva decorso il termine<br />
quinquennale dal momento del<br />
L’Ispettore e <strong>la</strong> <strong>Società</strong> 9<br />
sorgere del debito contributivo.<br />
Il nuovo orientamento dell’INPS<br />
espresso con <strong>la</strong> circo<strong>la</strong>re n. 31 del 2<br />
marzo 2012<br />
Con <strong>la</strong> circo<strong>la</strong>re n. 31 del 2012,<br />
accogliendo <strong>la</strong> posizione delle<br />
Sezioni Unite del<strong>la</strong> Cassazione e<br />
del<strong>la</strong> giurisprudenza maggioritaria,<br />
l’Istituto ha riconosciuto ufficialmente<br />
il principio in base al quale per<br />
consentire il meccanismo del<br />
raddoppio del<strong>la</strong> prescrizione da dieci a<br />
cinque anni, <strong>la</strong> denuncia del <strong>la</strong>voratore<br />
deve avvenire prima dello spirare<br />
dell’originario termine quinquennale<br />
di prescrizione dei contributi.<br />
Nel caso in cui invece <strong>la</strong> denuncia<br />
avvenga decorso il termine di cinque<br />
anni dal<strong>la</strong> scadenza dei contributi<br />
dei quali il <strong>la</strong>voratore chiede il<br />
recupero, <strong>la</strong> contribuzione non<br />
potrà che considerarsi prescritta,<br />
con <strong>la</strong> conseguenza irreversibile<br />
dell’estinzione dell’obbligo<br />
contributivo e dell’impossibilità del<br />
versamento dei contributi da parte del<br />
datore di <strong>la</strong>voro.<br />
L’Inps dovrà in tale caso procedere<br />
d’ufficio al rimborso dei contributi<br />
versati.<br />
I contributi per i quali il <strong>la</strong>voratore<br />
farà denuncia non potranno essere<br />
antecedenti ai cinque anni dal<strong>la</strong><br />
denuncia né l’Istituto potrà recuperare<br />
contributi antecedenti i cinque anni<br />
dal compimento dell’atto interruttivo<br />
del<strong>la</strong> prescrizione.<br />
Volendo esemplificare con un caso<br />
pratico: se il <strong>la</strong>voratore denuncia<br />
all’Istituto l’omissione dei contributi<br />
3 anni dopo l’inizio del termine di<br />
prescrizione per l’adempimento<br />
dell’obbligazione contributiva,<br />
l’Istituto avrà ulteriori 7 anni per<br />
provvedere al recupero dei medesimi;<br />
se <strong>la</strong> denuncia interverrà 4 anni e 364<br />
giorni dopo il medesimo termine,<br />
l’Istituto avrà 5 anni ed un giorno per<br />
provvedere al recupero e così via,<br />
con <strong>la</strong> conseguenza che il termine<br />
sarà effettivamente decennale dal<br />
momento del<strong>la</strong> denuncia solo per<br />
periodi successivi al<strong>la</strong> medesima.<br />
La circo<strong>la</strong>re chiarisce inoltre che <strong>la</strong><br />
conservazione del termine decennale<br />
avviene a seguito di denuncia<br />
che, in base al<strong>la</strong> giurisprudenza<br />
maggioritaria, dovrà avere ad<br />
oggetto un’omissione contributiva,<br />
che dovrà pertanto essere re<strong>la</strong>tiva<br />
a contributi non denunciati; in<br />
questo caso l’allungamento del<br />
termine prescrizionale opererà<br />
indipendentemente dal fatto che<br />
l’Istituto intraprenda azioni di<br />
recupero nei confronti del datore di<br />
<strong>la</strong>voro inadempiente.<br />
A seguito del<strong>la</strong> denuncia gli ispettori<br />
verranno chiamati ad aprire un<br />
procedimento ispettivo nel solo caso<br />
in cui <strong>la</strong> denuncia non possa essere<br />
evasa attraverso verifiche documentali<br />
effettuabili dagli uffici amministrativi<br />
per poter quantificare il credito<br />
dell’Istituto e procedere al recupero<br />
dei contributi.<br />
Si specifica comunque che ogni<br />
attività ispettiva compiuta per<br />
l’Istituto avrà valenza di atto<br />
interruttivo ai fini del recupero dei<br />
contributi dovuti.<br />
Natura giuridica del<strong>la</strong> denuncia del<br />
<strong>la</strong>voratore<br />
Al<strong>la</strong> luce del<strong>la</strong> nuova posizione<br />
dell’Istituto, che si adegua al<strong>la</strong><br />
giurisprudenza prevalente, di<br />
fondamentale importanza appare<br />
soffermarsi sul<strong>la</strong> natura giuridica<br />
del<strong>la</strong> denuncia del <strong>la</strong>voratore, che<br />
<strong>la</strong> legge non definisce quale evento<br />
interruttivo del<strong>la</strong> prescrizione, ma che<br />
sarebbe piuttosto un atto giuridico che<br />
inciderebbe sul<strong>la</strong> prescrizione stessa<br />
allungando<strong>la</strong>.<br />
La prescrizione infatti potrebbe<br />
essere interrotta solo dal creditore<br />
dell’obbligazione, che in tal caso<br />
sarebbe l’Istituto.<br />
Ai sensi dell’art. 2943 del codice<br />
civile <strong>la</strong> prescrizione è interrotta<br />
da parte dal tito<strong>la</strong>re del diritto dal<strong>la</strong><br />
notificazione dell`atto con il quale<br />
si inizia un giudizio, dal<strong>la</strong> domanda<br />
proposta nel corso del giudizio e da<br />
ogni altro atto che valga a costituire in<br />
mora il debitore.<br />
L’interruzione consiste nell’arresto del<br />
termine prescrizionale, nel caso in cui<br />
il tito<strong>la</strong>re del diritto, dopo un periodo<br />
di inerzia, eserciti il diritto stesso.<br />
L’interruzione si differenzia poi dal<strong>la</strong><br />
sospensione poiché quest’ultima<br />
sospende il termine mentre<br />
l’interruzione determina il decorso<br />
di un nuovo periodo di prescrizione<br />
senza poter tenere conto del periodo
10 L’Ispettore e <strong>la</strong> <strong>Società</strong><br />
precedente si fini del computo.<br />
Perché un atto abbia efficacia<br />
interruttiva del<strong>la</strong> prescrizione dal<br />
punto di vista soggettivo, deve<br />
provenire dunque dal soggetto<br />
creditore, e dal punto di vista<br />
oggettivo deve esplicarsi in<br />
una pretesa o richiesta scritta di<br />
adempimento, idonea a manifestare<br />
l’inequivocabile volontà del tito<strong>la</strong>re<br />
del credito di far valere il proprio<br />
diritto nei confronti del soggetto<br />
obbligato, costituendolo in mora.<br />
La denuncia del <strong>la</strong>voratore non<br />
sarebbe pertanto una condizione<br />
interruttiva del termine breve<br />
di prescrizione, ma piuttosto un<br />
evento, ovvero un atto giuridico,<br />
che trasformerebbe il termine<br />
da quinquennale a decennale e<br />
permetterebbe al <strong>la</strong>voratore o ai suoi<br />
superstiti, e conseguenzialmente<br />
agli enti previdenziali, di esercitare<br />
le azioni di recupero riconosciute<br />
dall’ordinamento nel termine più<br />
lungo stabilito dal<strong>la</strong> legge che<br />
garantirebbe una maggior tute<strong>la</strong>,<br />
tenendo tuttavia fermo il tempo di<br />
prescrizione trascorso.<br />
Ove il termine di prescrizione<br />
quinquennale fosse già spirato, l’atto<br />
giuridico del<strong>la</strong> denuncia del <strong>la</strong>voratore<br />
non potrebbe più incidere sul fatto<br />
giuridico del<strong>la</strong> prescrizione ormai<br />
compiuta.<br />
L’interpretazione, dopo lungo tempo<br />
accolta dall’Istituto con <strong>la</strong> circo<strong>la</strong>re n.<br />
31/2012, è di partico<strong>la</strong>re interesse per<br />
l’ispettore di vigi<strong>la</strong>nza, il quale non<br />
potrà più, dal<strong>la</strong> data di emanazione<br />
del<strong>la</strong> circo<strong>la</strong>re, dare seguito alle<br />
denunce intervenute oltre il termine di<br />
cinque anni dal<strong>la</strong> data in cui si è avuta<br />
l’omissione contributiva..<br />
Infatti è del tutto chiarito che, sebbene<br />
il termine complessivo per procedere<br />
al recupero dei contributi sia di dieci<br />
anni, tenendo conto del tempo già<br />
trascorso prima del<strong>la</strong> denuncia del<br />
<strong>la</strong>voratore, il tempo in cui l’evento in<br />
condizione assume rilevanza è solo<br />
il quinquennio, e quindi <strong>la</strong> denuncia<br />
deve intervenire in questo termine.<br />
Decorso il termine quinquennale<br />
senza l’inoltro del<strong>la</strong> denuncia i<br />
contributi stessi si prescrivono e<br />
non può più operare l’allungamento<br />
del termine da cinque a dieci anni:<br />
pertanto non si potrà dare corso<br />
al<strong>la</strong> denuncia tardiva con l’inizio al<br />
procedimento ispettivo né provvedere<br />
al recupero dei contributi con il<br />
verbale.<br />
Note:<br />
1. Il presente intervento è frutto esclusivo<br />
del pensiero degli Autori e non impegna<br />
l’Amministrazione di appartenenza.
È sempre più frequente riscontrare<br />
durante gli accertamenti ispettivi che<br />
molte attività di somministrazione al<br />
pubblico di alimenti e bevande sono<br />
gestite tramite il ricorso al<strong>la</strong> figura del<br />
preposto.<br />
Il fenomeno appare in netto aumento<br />
rispetto al passato, sia per motivazioni<br />
di ordine economico che di ordine<br />
sociologico.<br />
Sulle prime ha inciso fortemente<br />
<strong>la</strong> crisi economica che ha prodotto<br />
come conseguenza <strong>la</strong> chiusura di<br />
molti esercizi pubblici o il mutamento<br />
gestionale.<br />
I nuovi gestori sono quindi molto<br />
più numerosi che in passato e spesso<br />
intraprendono tale nuova attività non<br />
essendo personalmente in possesso<br />
dei requisiti previsti dal<strong>la</strong> legge per<br />
l’esercizio.<br />
Sulle seconde assume notevole<br />
importanza il flusso migratorio nel<br />
nostro paese di diverse etnie, le quali,<br />
alcune in modo più incisivo di altre,<br />
hanno riversato le loro attenzioni<br />
imprenditoriali proprio nel campo<br />
del<strong>la</strong> ristorazione.<br />
Molti di tali soggetti, provenendo<br />
direttamente dall’estero, sono<br />
sprovvisti dei requisiti personali per<br />
esercitare l’attività imprenditoriale<br />
nell’ambito del<strong>la</strong> somministrazione di<br />
alimenti e bevande e pertanto devono<br />
necessariamente ricorrere al<strong>la</strong> nomina<br />
di un preposto.<br />
La normativa di riferimento<br />
Il Decreto legis<strong>la</strong>tivo 31 marzo 1998,<br />
n. 114, all’art. 5 comma 5, dispone<br />
quanto segue: “l’esercizio, in qualsiasi<br />
forma, di un’attività di commercio<br />
re<strong>la</strong>tiva al settore merceologico<br />
alimentare, anche se effettuata nei<br />
confronti di una cerchia determinata<br />
di persone, è consentito a chi è in<br />
possesso di uno dei seguenti requisiti<br />
professionali:<br />
a) avere frequentato con esito<br />
positivo un corso professionale per<br />
il commercio re<strong>la</strong>tivo al settore<br />
merceologico alimentare, istituito<br />
o riconosciuto dal<strong>la</strong> regione o dalle<br />
province autonome di Trento e di<br />
Bolzano;<br />
b) avere esercitato in proprio,<br />
per almeno due anni nell’ultimo<br />
quinquennio, l’attività di vendita<br />
all’ingrosso o al dettaglio di prodotti<br />
L’Ispettore e <strong>la</strong> <strong>Società</strong> 11<br />
Il preposto nell’attività di<br />
somministrazione alimenti e<br />
bevande<br />
di Stefano Dal Maso, Funzionario ispettivo Inps di Bolzano<br />
alimentari; o avere prestato <strong>la</strong><br />
propria opera, per almeno due anni<br />
nell’ultimo quinquennio, presso<br />
imprese esercenti l’attività nel settore<br />
alimentare, in qualità di dipendente<br />
qualificato addetto al<strong>la</strong> vendita o<br />
all’amministrazione o, se trattasi<br />
di coniuge o parente o affine, entro<br />
il terzo grado dell’imprenditore,<br />
in qualità di coadiutore familiare,<br />
comprovata dal<strong>la</strong> iscrizione all’Inps;<br />
c) essere stato iscritto nell’ultimo<br />
quinquennio al registro esercenti il<br />
commercio di cui al<strong>la</strong> legge 11 giugno<br />
1971, n. 426, per uno dei gruppi<br />
merceologici individuati dalle lettere<br />
a), b) e c) dell’articolo 12, comma<br />
2, del decreto ministeriale 4 agosto<br />
1988, n. 375.”<br />
La norma prevede anche che, qualora<br />
l’attività sia esercitata sotto forma<br />
di società, il possesso di uno dei<br />
requisiti di cui al precedente comma<br />
debba essere richiesto con riferimento<br />
al legale rappresentante o ad altra<br />
persona specificamente preposta<br />
all’attività commerciale.<br />
Verifiche in sede ispettiva<br />
In sede di verifica ispettiva è<br />
sempre più frequente imbattersi<br />
in pubblici esercizi, i cui tito<strong>la</strong>ri<br />
si avvalgono di un preposto per<br />
ottenere le autorizzazioni necessarie<br />
al<strong>la</strong> conduzione dell’attività. Tale<br />
preposto, tuttavia, è di norma<br />
esclusivamente un prestanome.<br />
È infatti prassi che i preposti,<br />
soprattutto nei bar gestiti da cittadini<br />
cinesi, non solo non sono mai presenti<br />
nel locale, ma sovente risultano<br />
addirittura soggetti sconosciuti agli<br />
stessi tito<strong>la</strong>ri.<br />
In molti casi il preposto risulta<br />
essere il precedente gestore<br />
dell’attività oppure un prestanome<br />
compiacente procurato da terzi o dal<br />
commercialista che segue i nuovi<br />
gestori.<br />
È risaputo, inoltre, che <strong>la</strong> disponibilità<br />
ad apparire in qualità di preposto<br />
viene di sovente concessa solo<br />
a seguito del<strong>la</strong> pattuizione di un<br />
compenso pecuniario che di norma<br />
non viene mai dichiarato al fisco e<br />
all’INPS.<br />
Ci troviamo quindi di fronte a<br />
dei soggetti che percepiscono un<br />
compenso “in nero” per ricoprire <strong>la</strong><br />
funzione di mero prestanome, ma che<br />
di fatto non svolgono alcuna delle<br />
attività di garanzia, sorveglianza e<br />
controllo previste dal<strong>la</strong> norma per<br />
il rego<strong>la</strong>re esercizio dell’attività di<br />
somministrazione.<br />
In tali casi i preposti non risultano<br />
affatto assicurati all’INPS e<br />
all’INAIL.<br />
In occasione del primo accesso è<br />
quindi utile prendere visione del<strong>la</strong><br />
licenza d’esercizio, in calce al<strong>la</strong> quale<br />
è indicato il nome del preposto. In<br />
sede di assunzione delle dichiarazioni<br />
è poi possibile evincere due tipi di<br />
situazione:<br />
- I gestori confermano che il preposto<br />
è presente nel locale e ne determinano<br />
temporalmente <strong>la</strong> prestazione.<br />
- I gestori dichiarano che il preposto<br />
non è mai presente nel locale o non ne<br />
conoscono l’identità.<br />
Nel primo caso il preposto deve<br />
essere assicurato all’INPS nel<strong>la</strong> forma<br />
che l’ispettore riterrà più aderente<br />
alle modalità di espletamento del<strong>la</strong><br />
prestazione.<br />
Nel secondo caso l’ispettore dovrà<br />
provvedere a segna<strong>la</strong>re <strong>la</strong> circostanza<br />
al competente Ufficio Licenze del<br />
Comune che ha ri<strong>la</strong>sciato <strong>la</strong> licenza<br />
d’esercizio.<br />
Quest’ultimo provvederà<br />
immediatamente al<strong>la</strong> chiusura del<br />
locale ai sensi dell’art. 29 del T.U.,<br />
delle leggi regionali sull’ordinamento<br />
dei Comuni, approvato con D.P.R.G.<br />
1 febbraio 2005, n. 3/L, nonché del<br />
riferimento normativo di cui al<strong>la</strong><br />
specifica legge regionale o provinciale<br />
in materia.<br />
Effetti del<strong>la</strong> vio<strong>la</strong>zione<br />
Tale pratica elusiva ormai diffusissima<br />
desta enorme preoccupazione non<br />
solo a causa dell’evasione fiscale<br />
determinata da presumibili erogazioni<br />
di denaro in nero ai preposti, ma<br />
soprattutto poiché permette a soggetti<br />
non in possesso dei requisiti di avviare<br />
immediatamente attività commerciali<br />
senza alcuna esperienza o requisito di<br />
legge, eludendo così quel<strong>la</strong> funzione<br />
di controllo e garanzia imposta al<br />
preposto dal<strong>la</strong> legge e finalizzata<br />
a tute<strong>la</strong>re i clienti sul<strong>la</strong> corretta<br />
conservazione dei prodotti e su tutte<br />
le altre pratiche tipiche dell’attività di<br />
somministrazione alimenti e bevande.
12 L’Ispettore e <strong>la</strong> <strong>Società</strong><br />
I gestori che si avvalgono di un<br />
prestanome quale preposto, inoltre,<br />
distorcono <strong>la</strong> leale concorrenza e dopo<br />
due anni di esercizio tramite preposto<br />
maturano essi stessi i requisiti per<br />
svolgere l’attività di somministrazione<br />
senza conoscere i comportamenti<br />
imposti dal<strong>la</strong> legge per <strong>la</strong> tute<strong>la</strong> del<br />
consumatore.<br />
Le normative regionali e provinciali<br />
A seguito del<strong>la</strong> chiusura del locale,<br />
è prassi che l’esercente proponga<br />
immediato ricorso per <strong>la</strong> revoca<br />
del provvedimento, invocando <strong>la</strong><br />
genericità dei disposti normativi in<br />
materia.<br />
A tal proposito occorre sottolineare<br />
che le normative regionali non<br />
dispongono direttamente in ordine al<strong>la</strong><br />
figura del preposto, ma rinviano al<strong>la</strong><br />
stessa solo con riferimento al<strong>la</strong> figura<br />
del tito<strong>la</strong>re.<br />
Tale circostanza comporta<br />
effettivamente l’inesistenza di una<br />
norma specifica, chiara ed incisiva<br />
in proposito, <strong>la</strong>sciando quindi adito a<br />
qualche interpretazione fuorviante.<br />
A titolo esemplificativo se ne citano<br />
alcune.<br />
Art. 55, comma 10, del<strong>la</strong> legge<br />
regionale Liguria 2 gennaio 2007,<br />
n. 1: “in assenza del tito<strong>la</strong>re<br />
dell’autorizzazione, qualora si tratti<br />
di un’assenza temporanea, questi può<br />
affidare <strong>la</strong> conduzione dell’attività<br />
di somministrazione di alimenti e<br />
bevande ad un preposto o dipendente;<br />
in tal caso rimane responsabile delle<br />
vio<strong>la</strong>zioni eventualmente commesse<br />
dal preposto o dipendente.<br />
Qualora l’assenza si prolunghi per<br />
un periodo di tempo determinato dal<br />
Comune, tale da assumere il carattere<br />
del<strong>la</strong> stabilità, il tito<strong>la</strong>re dovrà<br />
nominare un rappresentante che deve<br />
essere in possesso dei requisiti di cui<br />
agli articoli 12 e 13”.<br />
Art. 4, comma 8, del<strong>la</strong> legge regionale<br />
Veneto 21 settembre 2007, n. 29:<br />
“qualora il tito<strong>la</strong>re dell’impresa, o il<br />
legale rappresentante, o il procuratore<br />
di cui all’articolo 3, comma 1, lettera<br />
m), non provvedano direttamente<br />
all’effettiva conduzione dell’esercizio,<br />
è nominato un preposto in possesso<br />
dei requisiti morali e professionali di<br />
cui ai commi 1 e 6”.<br />
Art. 13 del<strong>la</strong> legge provinciale di<br />
Bolzano 14 dicembre 1988, n. 58:<br />
“il tito<strong>la</strong>re del<strong>la</strong> licenza conduce<br />
direttamente l’esercizio, garantendone<br />
l’ordinato e rego<strong>la</strong>re funzionamento,<br />
ferma <strong>la</strong> facoltà di nominare un<br />
preposto. La nomina di preposto,<br />
obbligatoria in caso di assenza
stabile o per periodi prolungati del<br />
tito<strong>la</strong>re del<strong>la</strong> licenza e quando <strong>la</strong><br />
presente legge lo prevede, deve<br />
essere sottoposta all’approvazione<br />
del sindaco, che accerta <strong>la</strong> sussistenza<br />
dei requisiti soggettivi richiesti per <strong>la</strong><br />
conduzione di pubblici esercizi”.<br />
Se è vero che da nessuno di tali<br />
assunti si evince in maniera chiara<br />
ed inequivocabile che per il preposto<br />
sussista l’obbligo di presenziare in<br />
modo continuativo ed ininterrotto<br />
nel locale, riferendosi le norme,<br />
come detto, al tito<strong>la</strong>re del<strong>la</strong> licenza,<br />
è altrettanto evidente che una<br />
interpretazione contraria renderebbe<br />
vano il disposto normativo,<br />
privandolo di efficacia.<br />
Se il tito<strong>la</strong>re del<strong>la</strong> licenza infatti è<br />
obbligato a nominare un preposto in<br />
caso di assenza stabile o prolungata,<br />
è altrettanto chiaro che tale preposto<br />
abbia l’obbligo di presenziare nel<br />
locale, sia nel caso debba sostituire<br />
un tito<strong>la</strong>re temporaneamente o<br />
stabilmente assente, sia nel caso in cui<br />
debba affiancare un tito<strong>la</strong>re sprovvisto<br />
dei requisiti.<br />
Al fine di dissipare ogni dubbio<br />
in materia e di prevenire<br />
possibili contestazioni a seguito<br />
dei provvedimenti di chiusura<br />
dell’attività, alcuni Comuni hanno<br />
iniziato ad emanare delle interessanti<br />
delibere interpretative in materia,<br />
ragionando sul concetto di “presenza<br />
fisica” e rendendo in tal modo il<br />
dispositivo regionale o provinciale più<br />
stringente e rigoroso.<br />
A titolo esemplificativo si cita il<br />
Comune di Albenga, il quale nel<br />
rego<strong>la</strong>mento comunale per l’attività<br />
di somministrazione alimenti e<br />
bevande ha disposto innanzitutto<br />
che “all’interno dell’esercizio di<br />
somministrazione, l’attività può essere<br />
esercitata esclusivamente dal tito<strong>la</strong>re<br />
dell’autorizzazione, dal sostituto,<br />
dai soci e dai familiari coadiuvanti<br />
in rego<strong>la</strong> con <strong>la</strong> posizione INPS, dai<br />
dipendenti”, mentre ha provveduto a<br />
definire più compiutamente <strong>la</strong> figura<br />
del preposto, intendendolo come<br />
“il soggetto che in modo stabile e<br />
continuativo sovrintende al corretto<br />
svolgimento dell’attività commerciale,<br />
esercitando<strong>la</strong> in nome e per conto del<br />
tito<strong>la</strong>re”.<br />
Acc<strong>la</strong>rato in tal modo l’obbligo di<br />
L’Ispettore e <strong>la</strong> <strong>Società</strong> 13<br />
presenza fisica nel locale da parte del<br />
preposto, ne risulta di tutta evidenza<br />
che tale situazione deve essere<br />
assoggettata alle tutele assicurative<br />
in materia di <strong>la</strong>voro e di prevenzione<br />
degli infortuni, con conseguente<br />
obbligo contributivo.<br />
La prassi<br />
In assenza di specifiche<br />
determinazioni comunali ad<br />
adiuvandum del<strong>la</strong> normativa<br />
regionale, ci sovviene in aiuto <strong>la</strong><br />
prassi.<br />
Il Ministero delle attività produttive,<br />
con circo<strong>la</strong>re 10 marzo 2006, n. 2567,<br />
ha disposto in materia, precisando<br />
quanto segue: “il rappresentante<br />
deve essere in possesso dei requisiti<br />
prescritti per il conseguimento del<strong>la</strong><br />
licenza, con riferimento a quelli anche<br />
di carattere professionale richiesti<br />
dal<strong>la</strong> sopramenzionata legis<strong>la</strong>zione<br />
di settore per <strong>la</strong> specifica attività<br />
di somministrazione di alimenti e<br />
bevande.<br />
Ciò non implica, evidentemente, <strong>la</strong><br />
costanza del<strong>la</strong> presenza del tito<strong>la</strong>re<br />
del<strong>la</strong> licenza o del suo rappresentante,<br />
essendo, di prassi, consentite assenze<br />
temporanee per comuni esigenze.<br />
Nei periodi durante i quali sia<br />
“temporaneamente assente” il<br />
tito<strong>la</strong>re può affidare <strong>la</strong> conduzione<br />
dell’attività ad un preposto o<br />
dipendente; in tal caso rimane sempre<br />
responsabile delle vio<strong>la</strong>zioni di<br />
norme materialmente commesse dal<br />
dipendente.”<br />
Il medesimo concetto è ribadito anche<br />
dal Ministero dell’Interno con nota<br />
n. 557/PAS.16646.12000.A del 31<br />
gennaio 2006.<br />
Dal<strong>la</strong> normativa innanzi esposta<br />
emerge chiaramente che il soggetto<br />
imprenditore è obbligato ad<br />
organizzarsi per garantire <strong>la</strong> propria<br />
presenza all’interno dell’esercizio,<br />
in quanto persona in possesso dei<br />
requisiti previsti dal<strong>la</strong> legge per<br />
l’esercizio dell’attività ed in caso di<br />
impossibilità deve inevitabilmente<br />
ricorrere al<strong>la</strong> nomina di un<br />
rappresentante ai sensi dell’art. 8 del<br />
Tulps.<br />
A conferma di tale orientamento<br />
è anche intervenuta anche <strong>la</strong><br />
Risoluzione del 07 febbraio 2008<br />
prot. n. 00001006 del Ministero<br />
dello sviluppo economico - ufficio<br />
d2 – disciplina commercio, <strong>la</strong><br />
quale ha negato <strong>la</strong> possibilità di<br />
svolgere l’attività di preposto per<br />
più di un esercizio commerciale,<br />
motivando tale divieto con le seguenti<br />
argomentazioni: “<strong>la</strong> finalità del<strong>la</strong><br />
disposizione, infatti, sta nel garantire<br />
<strong>la</strong> presenza all’interno dell’esercizio<br />
commerciale di un soggetto in<br />
possesso dei requisiti professionali<br />
richiesti.<br />
Detto obiettivo, ovviamente, può<br />
essere perseguito solo se il soggetto<br />
qualificato è corre<strong>la</strong>to ad un’unica e<br />
specifica attività.”<br />
Come esplicitato dal<strong>la</strong> circo<strong>la</strong>re,<br />
l’inibizione al preposto di svolgere<br />
attività in più di un esercizio<br />
commerciale è esclusivamente<br />
finalizzata a garantire <strong>la</strong> presenza<br />
dello stesso nell’esercizio in<br />
cui svolge attività di preposto,<br />
presenza che pertanto è da ritenersi<br />
obbligatoria.<br />
Conclusioni<br />
Da quanto sopra è agevole evincere<br />
come un’attività di vigi<strong>la</strong>nza svolta<br />
in sinergia con l’Ufficio Licenze dei<br />
Comuni o con <strong>la</strong> Polizia Municipale<br />
possa essere di incremento<br />
all’emersione di fenomeni elusivi e<br />
corrosivi del tessuto sociale, siano<br />
essi di natura contributiva, fiscale<br />
o amministrativa, con il duplice<br />
obiettivo di ripristinare <strong>la</strong> legalità e <strong>la</strong><br />
leale concorrenza e di salvaguardare<br />
<strong>la</strong> tute<strong>la</strong> dei consumatori finali.<br />
Al fine di favorire <strong>la</strong> rete di<br />
intervento coordinato del<strong>la</strong> pubblica<br />
amministrazione rafforzandone<br />
l’efficacia, sarebbe opportuno quindi<br />
che gli esiti degli accertamenti<br />
posti in essere con riferimento a<br />
tale fattispecie vengano comunicati<br />
al<strong>la</strong> Guardia di Finanza in caso di<br />
accertate corresponsioni al prestanome<br />
in nero, al Registro delle Imprese in<br />
caso di accertate difformità rispetto a<br />
quanto riportato nel<strong>la</strong> visura camerale,<br />
all’Ufficio di Igiene e Salute Pubblica<br />
per presupposte vio<strong>la</strong>zioni sanitarie<br />
collegate al mancato esercizio del<strong>la</strong><br />
funzione di controllo e sorveglianza<br />
ed al<strong>la</strong> Procura del<strong>la</strong> Repubblica per<br />
le valutazioni di competenza in ordine<br />
alle ipotesi di reato di cui agli artt. 496<br />
e 640 c.p.
14 L’Ispettore e <strong>la</strong> <strong>Società</strong><br />
LAVORO SUBORDINATO E<br />
LAVORO AUTONOMO<br />
PRIMA PARTE – IL LAVORO<br />
SUBORDINATO.<br />
SOMMARIO: Genesi del contratto<br />
di <strong>la</strong>voro subordinato. Economia<br />
patriarcale e famiglia agrico<strong>la</strong>. La<br />
grande proprietà terriera. La riforma<br />
agraria di Tiberio Gracco. Le operae<br />
e il <strong>la</strong>voro subordinato. La locatio<br />
operarum: il contratto di <strong>la</strong>voro<br />
subordinato. I poteri disciplinari del<br />
datore di <strong>la</strong>voro: sanzioni pecuniarie<br />
e sanzioni corporali. La castigatio.<br />
Un <strong>la</strong>voratore partico<strong>la</strong>re: il vilicus,<br />
uno schiavo con i poteri del dominus<br />
nel<strong>la</strong> proprietà agrico<strong>la</strong>. La merces<br />
come segno del<strong>la</strong> subordinazione.<br />
Necessitas faciendi e merces nel<strong>la</strong><br />
locatio operarum.<br />
Il diritto romano poneva il contratto<br />
di <strong>la</strong>voro subordinato nello schema<br />
del<strong>la</strong> locatio-conductio, ma le sue<br />
origini, vanno ricercate nell’istituto<br />
arcaico del<strong>la</strong> locatio sui. La locatio sui<br />
si fa risalire, a sua volta, al<strong>la</strong> locatio<br />
servorum. Per comprendere <strong>la</strong> genesi<br />
e l’evoluzione del<strong>la</strong> locatio operarum<br />
(contratto di <strong>la</strong>voro subordinato e<br />
retribuito) occorre tenere presente<br />
che l’economia patriarcale romana<br />
fu soprattutto agrico<strong>la</strong> e si basò,<br />
almeno agli inizi , esclusivamente<br />
sul <strong>la</strong>voro “collettivo” del<strong>la</strong> famiglia<br />
rustica (famiglia agrico<strong>la</strong>). Il capo<br />
famiglia esercitava l’imperium, <strong>la</strong> sua<br />
autorità assoluta, sopra i “consortes”,<br />
o “famigliares” senza partico<strong>la</strong>ri<br />
diversità di trattamento fra servi<br />
(servi, famuli) e liberi.<br />
“Famigliae autem appel<strong>la</strong>tio servos<br />
continet…” , “famigliae appel<strong>la</strong>tione<br />
et eos, quos loco servorum<br />
habemus…” . [La definizione di<br />
famiglia comprende anche gli<br />
schiavi …… nel concetto di famiglia<br />
(includiamo) anche quelli che teniamo<br />
al posto degli schiavi]. Sempre<br />
Ulpiano ribadisce il concetto in<br />
altra parte: “… famigliae appel<strong>la</strong>tio<br />
omnes servos comprehendit. Sed et<br />
filii continentur.” [… <strong>la</strong> definizione<br />
di famiglia è comprensiva di tutti gli<br />
schiavi. Ma ne fanno parte anche i<br />
figli].<br />
Era assai ricorrente, quindi,<br />
l’utilizzazione nel<strong>la</strong> famiglia rustica,<br />
e nel<strong>la</strong> sua organizzazione aziendale,<br />
Lavoro e <strong>la</strong>voratori nell’antica<br />
Roma<br />
di Gino Viviani, ex Funzionario di Vigi<strong>la</strong>nza Inps Napoli<br />
accanto o al posto degli schiavi,<br />
di uomini liberi mercede conducti<br />
(assunti con mercede), e perciò<br />
mercennarii, cui potevano essere<br />
assegnati mansioni non dissimili da<br />
quelle degli schiavi. Quei <strong>la</strong>voratori<br />
retribuiti a contratto, quasi sempre<br />
operai giornalieri, erano impiegati<br />
loco servorum, al posto o al<strong>la</strong> stregua<br />
degli schiavi o a fianco degli schiavi<br />
e, perciò, come questi trattati:<br />
“Continentur vero famigliae nomine<br />
etiam ii, quos habemus servorum<br />
loco, cum sint liberi. … Nota ex hoc,<br />
mercenarios esse servorum loco: …<br />
qui eorum operas locavit, cum eis<br />
imperare possit.” [Sono annoverati<br />
fra i componenti del<strong>la</strong> famiglia anche<br />
coloro che teniamo al posto dei servi,<br />
benché liberi. … Se ne deduce che i<br />
<strong>la</strong>voratori che paghiamo svolgono gli<br />
stessi compiti dei servi: … chi li ha<br />
chiamati a <strong>la</strong>vorare contro mercede<br />
è legittimato a comandare sopra di<br />
loro.].<br />
Ciò conferma non solo che il<br />
sa<strong>la</strong>riato, se <strong>la</strong>vorava nell’ambito<br />
di una famiglia, poteva essere<br />
considerato facente parte integrante<br />
del<strong>la</strong> stessa, ma anche che colui che<br />
lo avesse ingaggiato a <strong>la</strong>vorare era<br />
autorizzato dal<strong>la</strong> legge a esercitare<br />
sopra di lui quel<strong>la</strong> potestas assoluta<br />
che il dominus usava sul servus. La<br />
sostanziale equiparazione dell’uomo<br />
libero, assunto contro retribuzione, al<br />
servus è spiegata anche dall’utiliter<br />
agitur, dal diritto riservato al datore<br />
di <strong>la</strong>voro (qui locavit operas) di<br />
rivolgersi al magistrato per ottenere<br />
il giusto risarcimento nel caso di<br />
morte violenta del mercennarius<br />
(e del filius): anche quest’ultimo<br />
era annoverato fra i beni reali del<strong>la</strong><br />
famiglia del dominus, al<strong>la</strong> pari degli<br />
schiavi. Giustiniano nel<strong>la</strong> Graeca<br />
Paraphrasis (II, 5, 2) dice che sia<br />
trattato (o, utilizzato) come gli schiavi<br />
(quam servis) il <strong>la</strong>voratore sa<strong>la</strong>riato<br />
(mercede conductus) o qualsivoglia<br />
uomo libero.<br />
Poteva, poi, accadere che il dominus<br />
famigliae rusticae (il capo di una<br />
famiglia agrico<strong>la</strong>) prestasse uno<br />
o più schiavi ad altro proprietario<br />
agricolo che gliene faceva richiesta<br />
per far fronte a <strong>la</strong>vori urgenti legati<br />
al<strong>la</strong> coltivazione del suo fondo<br />
o al raccolto. Fra i due domini si<br />
stipu<strong>la</strong>va un contratto di “cessione<br />
temporanea” di manodopera servile<br />
denominato “locatio servorum”. Da<br />
quel momento i servi del proprietario<br />
“A” passavano provvisoriamente<br />
nel<strong>la</strong> piena e completa disponibilità<br />
del proprietario “B” nel<strong>la</strong> cui famiglia<br />
agrico<strong>la</strong> venivano inseriti per finalità<br />
produttive o per prestazioni di servizi.<br />
È assai probabile, quindi, che proprio<br />
nell’agricoltura si siano formati, e<br />
abbiano maturato, il nucleo originario<br />
e <strong>la</strong> struttura del <strong>la</strong>voro subordinato.<br />
Il quale fin dai suoi albori si instaurò<br />
fra due soggetti “liberi”, un dante<br />
causa che offriva il <strong>la</strong>voro, il datore<br />
di <strong>la</strong>voro, e un <strong>la</strong>voratore che si<br />
assoggettava alle direttive e al<strong>la</strong><br />
disciplina imposte dall’assuntore in<br />
cambio di un compenso. Il <strong>la</strong>voro<br />
servile, quello svolto dagli schiavi,<br />
non rientrava, e non è mai rientrato,<br />
nello schema del rapporto di <strong>la</strong>voro<br />
subordinato. Sul modello del<strong>la</strong> locatio<br />
servorum fu adattata <strong>la</strong> struttura<br />
del<strong>la</strong> locatio sui in cui si verificava<br />
<strong>la</strong> spontanea sottomissione di un<br />
soggetto, libero, al potere altrui per<br />
conseguire un compenso. Ma le<br />
differenze fra <strong>la</strong> locatio servorum<br />
e <strong>la</strong> locatio sui si rive<strong>la</strong>rono subito<br />
marcatissime. L’unica, sia pure<br />
notevole, connotazione comune ai<br />
due istituti contrattuali era lo status<br />
di asservimento in cui versavano sia<br />
lo schiavo, per destinazione e valore<br />
economico, sia l’uomo libero che<br />
locava se stesso contro mercede.<br />
Non potevano intravedersi altri punti<br />
in comune. Nel<strong>la</strong> locatio servorum<br />
(prestito-affitto di schiavi), infatti, il<br />
patto di cessione temporanea degli<br />
schiavi, rientrante a sua volta nello<br />
schema del<strong>la</strong> locatio rei (prestito<br />
di una cosa), si perfezionava con<br />
<strong>la</strong> so<strong>la</strong> manifestazione di volontà e<br />
con l’accordo (consensus) dei due<br />
proprietari che stabilivano anche il<br />
pretium che sarebbe stato incassato,<br />
ovviamente, dal cedente. Non<br />
avevano alcuna parte gli schiavi:<br />
non nell’accordo e nel<strong>la</strong> durata del<strong>la</strong><br />
cessione, non nel<strong>la</strong> determinazione<br />
del prezzo, non nelle modalità di<br />
svolgimento dei servizi richiesti. Essi<br />
erano esclusivamente res (oggetti,<br />
cose) del<strong>la</strong> locatio, vere res mobiles<br />
(cose mobili) facenti parte del<br />
patrimonio agricolo del cedente, le
quali, col prestito e per <strong>la</strong> sua durata,<br />
passavano nel<strong>la</strong> disponibilità del<br />
cessionario e nel suo patrimonio,<br />
proprio come <strong>la</strong> struttura del<strong>la</strong> locatio<br />
rei prevedeva. Nel<strong>la</strong> locatio sui,<br />
invece, era un uomo libero (homo<br />
liber), tito<strong>la</strong>re di diritti e, perciò,<br />
capace di “disporre di se stesso”, che<br />
si offriva al datore di <strong>la</strong>voro contro<br />
una retribuzione (mercede conductus)<br />
e che si accordava sulle modalità<br />
delle prestazioni e sull’ammontare del<br />
compenso; ed era sempre un uomo<br />
libero che decideva di assumere, sia<br />
pure per tempo limitato, <strong>la</strong> “veste”<br />
di servo, perché consapevole che<br />
il prestare <strong>la</strong>voro contro compenso<br />
comportava uno status assai vicino<br />
a quello servile. Ed era, infine,<br />
un uomo libero anche il datore di<br />
<strong>la</strong>voro, colui che offriva opportunità<br />
di <strong>la</strong>voro contro retribuzione.<br />
L’aggancio del<strong>la</strong> locatio sui al<strong>la</strong><br />
locatio servorum, come abbiamo<br />
osservato, sta nell’adattamento<br />
dell’originario modello del prestito di<br />
manodopera servile allo schema, più<br />
evoluto, del contratto di <strong>la</strong>voro dove<br />
al servus, in perenne soggezione, si<br />
sostituì, o si aggiunse, l’homo liber<br />
sul quale continuarono a riflettersi<br />
del<strong>la</strong> matrice servile gli immutati<br />
contenuti umilianti stemperati, però,<br />
nel<strong>la</strong> provvisorietà dello posizione<br />
di soggezione, nel<strong>la</strong> conservazione<br />
formale dello status di uomo<br />
libero e nel diritto a percepire una<br />
retribuzione. Nel<strong>la</strong> locatio servorum,<br />
allo schiavo non era concesso<br />
di decidere se, quando e a quali<br />
condizioni passare da un padrone ad<br />
un altro essendo egli l’oggetto, il “de<br />
quo” del negotium. Il suo padrone<br />
disponeva di lui come disponeva<br />
degli animali del suo fondo e degli<br />
attrezzi agricoli. La locatio sui,<br />
quindi, prese le mosse dal<strong>la</strong> locatio<br />
servorum: l’homo liber per sua scelta<br />
si sottometteva a un datore di <strong>la</strong>voro<br />
contro mercede, con <strong>la</strong> conseguenza,<br />
non evitabile, di perdere, per un certo<br />
tempo, <strong>la</strong> libertà, anche fisica, oltre<br />
che <strong>la</strong> considerazione sociale per<br />
via del compenso. Nell’ordinamento<br />
romano era, però, ammessa l’affinità<br />
fra il mercennarius (operaio<br />
prezzo<strong>la</strong>to) e il servus: <strong>la</strong> condizione<br />
giuridica del primo, uomo libero,<br />
era equiparata a quel<strong>la</strong> del secondo.<br />
L’Ispettore e <strong>la</strong> <strong>Società</strong> 15<br />
Quando Seneca definiva lo schiavo un<br />
mercennarius perpetuus<br />
(“… servus… perpetuus mercennarius<br />
est…”), intendeva evidentemente<br />
dire che il mercennarius liber era un<br />
servus temporarius, cioè uno schiavo<br />
a tempo determinato. Ma nelle sue<br />
parole, come vedremo, non c’è<br />
traccia di disprezzo verso gli schiavi.<br />
Quando l’evoluzione del mercato del<br />
<strong>la</strong>voro non più esclusivamente servile<br />
portò all’utilizzazione sempre più<br />
accentuata del<strong>la</strong> manodopera “libera”,<br />
non mutò lo schema arcaico del<strong>la</strong><br />
locatio sui che faceva di qualsivoglia<br />
prestatore di <strong>la</strong>voro di condizione<br />
libera uno schiavo di fatto, ancorché<br />
temporaneo. Il <strong>la</strong>voratore libero in<br />
posizione subordinata “apparteneva”<br />
al datore di <strong>la</strong>voro: “Homo liber,<br />
qui bona fide mihi servit, …ad me<br />
pertinere sine dubio Aristo ait …<br />
”[L’uomo libero che mi serve in<br />
buona fede appartiene senza dubbio a<br />
me, come afferma Aristone …].<br />
La locatio sui ebbe origini, perciò,<br />
nel<strong>la</strong> proprietà terriera dove il bisogno<br />
di braccia che provvedessero al<strong>la</strong> cura<br />
dei campi e ai raccolti, richiedeva<br />
anche l’utilizzazione di uomini liberi<br />
che, pur di guadagnarsi da vivere,<br />
accettavano condizioni di <strong>la</strong>voro<br />
e trattamenti simili a quelli degli<br />
schiavi.<br />
Ma come si formò <strong>la</strong> proprietà<br />
terriera a Roma? Nel<strong>la</strong> peninsu<strong>la</strong><br />
italica <strong>la</strong> coltivazione del<strong>la</strong> terra,<br />
per <strong>la</strong> grande varietà delle colture e<br />
per le condizioni climatiche diverse<br />
da regione a regione, richiedeva un<br />
notevole periodo di tempo e una<br />
cura costante perché potesse dare<br />
buoni e abbondanti prodotti. Ciò<br />
favorì lo sviluppo del<strong>la</strong> proprietà<br />
individuale che presso i romani,<br />
come riferisce Giovenale, trovò <strong>la</strong><br />
sua origine nelle assegnazioni ai<br />
soldati reduci dalle guerre puniche<br />
di piccoli appezzamenti (prima di<br />
due, poi di sette iugeri ), appena<br />
sufficienti al<strong>la</strong> vita del beneficiario:<br />
era l’ager divisus et adsignatus [il<br />
campo diviso e assegnato] che per le<br />
sue dimensioni e per il tipo di colture<br />
era normalmente curato dai soli<br />
componenti del<strong>la</strong> famiglia rustica, o<br />
con l’ausilio, quando necessario (ad<br />
esempio, al tempo del<strong>la</strong> semina e del<br />
raccolto), di qualche servo ceduto<br />
temporaneamente da altra famiglia. Si<br />
conveniva, come abbiamo detto, che<br />
uno o più schiavi venissero ceduti “in<br />
uso” ad altra famiglia, e si stipu<strong>la</strong>va<br />
un contratto (locatio rei > locatio<br />
servorum).<br />
Il regime fondiario romano era, però,<br />
essenzialmente basato sull’ager<br />
publicus occupatorius, terreno di<br />
proprietà pubblica, demaniale,<br />
che poteva essere oggetto di so<strong>la</strong><br />
occupazione o locazione, quasi<br />
esclusivamente destinato al<strong>la</strong><br />
pastorizia e al<strong>la</strong> coltura intensiva.<br />
L’utilizzo dell’ager publicus<br />
occupatorius, dunque, non ammetteva<br />
<strong>la</strong> proprietà: esso consisteva<br />
nell’occupazione, su concessione<br />
statale, di notevoli estensioni di<br />
terre da parte delle grandi famiglie<br />
patrizie, delle quali esse avevano il<br />
semplice “possesso” , almeno fino<br />
alle riforme dei Gracchi. A differenza<br />
del<strong>la</strong> picco<strong>la</strong> proprietà dove era<br />
sufficiente il <strong>la</strong>voro dei componenti<br />
del<strong>la</strong> famiglia (ager divisus et<br />
adsignatus), <strong>la</strong> coltivazione e <strong>la</strong> cura<br />
di queste vaste possessiones resero<br />
necessario il ricorso allo sfruttamento<br />
di manodopera servile e di contadini<br />
del posto cui <strong>la</strong> terra veniva data<br />
in affitto contro il pagamento di<br />
un tributo allo Stato. Uno degli<br />
esempi di più remota assegnazione<br />
al<strong>la</strong> plebe romana, nata libera, di<br />
terre appartenute a città sconfitte da<br />
Roma è riportato da Tito Livio (Ab<br />
urbe condita, V, 30.7): “Adeoque ea<br />
victoria <strong>la</strong>eta patribus fuit, ut postero<br />
die referentibus consulibus senatus<br />
consultum fieret ut agri Veientani<br />
septena iugera plebi dividerentur,…”.<br />
Con <strong>la</strong> caduta e <strong>la</strong> distruzione di<br />
Veio (396 a. C.) Roma lottizzò e<br />
assegnò ai coloni romani i vasti<br />
possedimenti terrieri appartenuti al<strong>la</strong><br />
città sottomessa. Un ingente numero<br />
di plebei di condizione libera risultò<br />
assegnatario di quelle spartizioni che,<br />
però, non potevano superare i sette<br />
iugeri (septena iugera). Non è dato<br />
di sapere, però, quanto attendibile<br />
sia, nel suo complesso, <strong>la</strong> storia del<strong>la</strong><br />
presa di Veio e del<strong>la</strong> distribuzione<br />
delle sue terre al<strong>la</strong> plebe libera, così<br />
come ci è stata raccontata da Livio.<br />
Si sa, invece, che Veio, situata sul<strong>la</strong><br />
riva occidentale del Tevere a soli 17<br />
chilometri a nord-ovest di Roma, era
16 L’Ispettore e <strong>la</strong> <strong>Società</strong><br />
stata una ricca città etrusca in eterno<br />
conflitto con Roma per il controllo<br />
delle saline sul<strong>la</strong> foce del Tevere.<br />
Che si sia, comunque, verificato<br />
un vero esodo del<strong>la</strong> popo<strong>la</strong>zione<br />
romana da Roma sui territori veienti<br />
conquistati, è un dato che gli studiosi<br />
non disconoscono. Essi si basano<br />
soprattutto su consistenti reperti di<br />
vasel<strong>la</strong>me e monumenti religiosi di<br />
stile chiaramente romano in quei<br />
territori che fino al<strong>la</strong> caduta di Veio<br />
erano etruschi.<br />
Le lotte per le “occupazioni” da parte<br />
del populus romanus degli agri publici<br />
sono uno degli aspetti più rilevanti<br />
e storicamente più interessanti<br />
dell’intera vicenda politica ed<br />
economica di Roma. Di assoluto<br />
rilievo fu <strong>la</strong> vicenda, dagli esiti tragici,<br />
del tribunato di Tiberio Gracco che<br />
proponeva una legge agraria per una<br />
innovativa e diversa rego<strong>la</strong>mentazione<br />
dei metodi di assegnazione delle terre<br />
soprattutto ai romani nul<strong>la</strong>tenenti e ai<br />
soldati reduci delle numerose guerre,<br />
che erano esonerati dal pagamento<br />
del tributum. L’attribuzione di estesi<br />
appezzamenti di terra lontani da Roma<br />
avrebbe consentito agli assegnatari<br />
di coltivare i campi secondo i metodi<br />
tradizionali e di formarsi nuove<br />
famiglie. Ma quelle terre appartenenti<br />
al pubblico demanio, quasi sempre<br />
bottini di guerra, di fatto erano<br />
sfruttate, neppure tutte, dal<strong>la</strong> nobiltà<br />
che se ne era appropriata fino a<br />
costituire i c.d. <strong>la</strong>tifondi (<strong>la</strong>tifundia)<br />
possedimenti di enormi estensioni. Il<br />
punto debole del progetto di Tiberio<br />
Gracco stava, però, nell’avere previsto<br />
che, per <strong>la</strong> cessione di quei terreni ai<br />
nuovi assegnatari, lo Stato dovesse<br />
pagare agli aristocratici <strong>la</strong>tifondisti<br />
un indennizzo. Solo che l’organo<br />
preposto a deliberarne il pagamento<br />
non poteva che essere il Senato,<br />
composto dagli stessi aristocratici<br />
che dovevano essere indennizzati<br />
e che possedevano abusivamente<br />
le terre statali. E il Senato deliberò<br />
che <strong>la</strong> spesa che avrebbero dovuto<br />
sostenere le casse dello Stato era<br />
insopportabile … Neppure l’opulento<br />
tesoro del regno di Pergamo , <strong>la</strong>sciato<br />
al popolo romano da Attalo III<br />
al<strong>la</strong> sua morte (133 a.C.) - egli era<br />
senza eredi e temeva disordini civili<br />
dopo <strong>la</strong> sua scomparsa – sbloccò<br />
le resistenze del<strong>la</strong> nobiltà romana<br />
verso una riforma che avrebbe<br />
scosso dalle fondamenta l’intero<br />
“sistema” e apportato imprevedibili<br />
conseguenza sugli assetti sociali,<br />
politici ed economici di Roma. Gli<br />
eventi successivi che portarono<br />
all’esasperazione del conflitto fra<br />
l’assertore tenace del<strong>la</strong> riforma<br />
agraria e il Senato sono storicamente<br />
noti. L’uccisione di Tiberio Gracco,<br />
che spense le speranze del<strong>la</strong> plebe,<br />
trova un accorato commento nel<strong>la</strong><br />
storiografia posteriore: “Hoc initium<br />
in urbe Roma civilis sanguinis<br />
g<strong>la</strong>diorumque impunitatis fuit. Inde<br />
ius vi obrutum potentiorque habitus<br />
prior, discordiaeque civium antea<br />
condicionibus sanan solitae ferro<br />
diiudicatae bel<strong>la</strong>que non causis<br />
inita,… .” [Questo fu il principio nel<strong>la</strong><br />
città di Roma dello spargimento di<br />
sangue civile e dell’impunità delle<br />
spade. Da quel momento, il diritto fu<br />
oscurato dal<strong>la</strong> violenza e il più forte<br />
considerato il migliore, e le discordie<br />
civili che prima erano sanate con<br />
accordi furono risolte con <strong>la</strong> forza<br />
delle armi].<br />
Senza eccezioni <strong>la</strong> tradizione giuridica<br />
riteneva illegali quelle “occupazioni”<br />
anche perché era sconosciuta<br />
l’ipotesi di possessiones publicae non<br />
autorizzate. In effetti, nel<strong>la</strong> maggior<br />
parte dei casi, e almeno in principio,<br />
le occupazioni erano state vere e<br />
proprie usurpazioni da parte del<br />
patriziato romano. Si rese necessario<br />
a un certo punto l’intervento dello<br />
Stato il quale, più che “concedere”<br />
ancora, si preoccupò di scrivere regole<br />
chiare per l’uso e il possesso dell’ager<br />
publicus occupatorius. I tribuni del<strong>la</strong><br />
plebe Gaio Licinio Stolone e Lucio<br />
Sesto Laterano nel 367 a.C. riuscirono<br />
a fare approvare un pacchetto di leggi<br />
che, fra l’altro, non consentivano di<br />
possedere più di cinquecento iugeri<br />
di ager publicus. Qualche secolo<br />
dopo (173 a.C.), il console Lucio<br />
Postumio Albino fu incaricato dal<br />
Senato di effettuare una “recognitio”,<br />
un censimento, di tutte le terre<br />
occupate più o meno abusivamente,<br />
e di riportare con provvedimenti<br />
di reintegra nel<strong>la</strong> disponibilità del<br />
demanio le più rilevanti ed estese<br />
occupazioni che nel tempo erano<br />
state attuate dalle ricche famiglie<br />
terriere ai danni dello Stato. Egli<br />
dovette impegnarsi soprattutto nel<strong>la</strong><br />
ridefinizione dei confini (limites)<br />
dell’ager ferax Campanus, il fertile<br />
agro campano, dopo <strong>la</strong> sottomissione<br />
(deditio) del<strong>la</strong> città di Capua. medico<br />
Il fenomeno delle indebite<br />
occupazioni fu di molto<br />
ridimensionato, ma non si riuscì a<br />
stroncarlo del tutto. Nel 165 a.C.<br />
il Senato affidò <strong>la</strong> missione di una<br />
nuova recognitio dell’agro campano<br />
al pretore Publio Cornelio Lentulo<br />
che ebbe maggior successo di Lucio<br />
Postumio Albino, se è vero che gli<br />
assetti fissati da Lentulo durarono<br />
fino all’avvento di Sil<strong>la</strong>. Molto più<br />
tardi, i terreni demaniali furono<br />
concessi in locazione, con obbligo,<br />
quindi, del pagamento di un prezzo<br />
(tributum). Lo Stato, come ci attesta<br />
una costituzione contenuta nel<br />
Codice dell’imperatore Teodosio<br />
II, con i proventi, debitamente<br />
aggiornati, dei fitti delle publicae<br />
possessiones provvedeva a<br />
affrontare spese di utilità collettiva,<br />
come <strong>la</strong> ricostruzione o il restauro<br />
urbanistico: “Possessiones publicas<br />
civitatibus iubemus restitui ita, ut<br />
iustis aestimationibus locentur,<br />
quo cunctarum possit civitatium<br />
reparatio procurari” [Disponiamo che<br />
siano restituiti alle amministrazioni<br />
cittadine i terreni demaniali così che<br />
siano locati secondo giuste stime e<br />
col ricavato si possa provvedere al<br />
restauro di tutte le città].<br />
In quel<strong>la</strong> prima fase non si era<br />
ancora diffuso un vero commercio<br />
degli schiavi né si era sviluppata<br />
una paralle<strong>la</strong> industria servile. Ma<br />
le guerre di conquista favorirono,<br />
successivamente, il <strong>la</strong>voro servile<br />
nelle sue forme più svariate. Migliaia<br />
di schiavi affluirono a Roma dalle<br />
regioni d’oltremare e d’oltralpe<br />
conquistate manu militari, e da quel<br />
momento al<strong>la</strong> società patriarcale<br />
incominciò ad affiancarsi una<br />
società mercantile di forte impronta<br />
schiavistica in cui, cioè, prevalse il<br />
<strong>la</strong>voro di schiavi e liberti (schiavi<br />
divenuti liberi per affrancazione).<br />
Una componente importante di<br />
manodopera disponibile fu costituita,<br />
però, anche dagli uomini liberi<br />
(ingenui) sempre più presenti<br />
e più numerosi sul mercato del
<strong>la</strong>voro. In realtà a Roma e nelle<br />
più fiorenti province non faceva<br />
difetto l’offerta di <strong>la</strong>voro specie<br />
nel periodo di maggiore sviluppo<br />
urbanistico e di forte espansione<br />
economica, quando ad attività<br />
<strong>la</strong>vorative tradizionali, quali quelle<br />
agricole o connesse all’agricoltura,<br />
si affiancarono l’industria edile e<br />
quel<strong>la</strong> manifatturiera del<strong>la</strong> <strong>la</strong>vorazione<br />
del ferro e di altri metalli, del<strong>la</strong><br />
produzione delle terrecotte, delle<br />
stoffe, dei coloranti, dei profumi etc.<br />
La categoria delle operae è<br />
tipicamente romana, e <strong>la</strong> sua<br />
contiguità al<strong>la</strong> concezione attuale<br />
di <strong>la</strong>voro subordinato è sostenuta<br />
da un elemento di completamento<br />
sostanziale di tutto rilievo: <strong>la</strong> c.d.<br />
necessitas faciendi, l’obbligazione<br />
inderogabile [necessitas] a un facere,<br />
cioè, a una prestazione <strong>la</strong>vorativa.<br />
Non ci troveremmo, infatti, nel<strong>la</strong><br />
fattispecie del <strong>la</strong>voro se non fosse<br />
presente il vincolo al<strong>la</strong> prestazione<br />
che già in tempi arcaici era<br />
componente essenziale del contratto,<br />
anche se l’obbligo si traduceva, come<br />
vedremo, in manifeste e gravose<br />
imposizioni di subalternità anche<br />
fisica. Opera e operae stavano anche a<br />
significare giornata di <strong>la</strong>voro, oppure<br />
manodopera, ma erano sinonimi e se<br />
ne adottava più abitualmente il plurale<br />
(operae) per definire l’insieme degli<br />
adempimenti <strong>la</strong>vorativi cui era tenuto<br />
un soggetto in forza di un contratto<br />
[locatio operarum] o di una legge.<br />
Dall’opera (da opera–ae, sostantivo<br />
femminile singo<strong>la</strong>re) e dalle operae<br />
(sempre da opera–ae, sostantivo<br />
femminile plurale) si distingueva<br />
l’opus (da opus-operis, sostantivo<br />
neutro singo<strong>la</strong>re), termine che, invece,<br />
era riferito prevalentemente all’effetto,<br />
all’opera compiuta su commissione,<br />
a un risultato, ed era perciò adoperato<br />
per indicare il prodotto dell’attività<br />
dell’artigiano o di un qualsiasi altro<br />
<strong>la</strong>voratore autonomo, il risultato di<br />
una commessa affidata in forza di un<br />
contratto di locatio operis.<br />
Non possiamo, però, prescindere,<br />
in tale contesto, dal porre in risalto<br />
l’altro elemento che integrava e<br />
qualificava <strong>la</strong> nozione di <strong>la</strong>voro<br />
dipendente o autonomo connesso a un<br />
contratto: <strong>la</strong> merces, <strong>la</strong> retribuzione, <strong>la</strong><br />
L’Ispettore e <strong>la</strong> <strong>Società</strong> 17<br />
mercede, il compenso. La retribuzione<br />
era elemento rilevante e decisivo<br />
ai fini del<strong>la</strong> qualificazione onerosa<br />
dell’obbligazione. La merces,<br />
tuttavia, in alcuni casi poteva anche<br />
mancare: ad esempio, nelle attività<br />
“dovute”, come le operae officiales<br />
che il liberto era tenuto a rendere<br />
all’antico padrone, o come le operae<br />
rese dallo schiavo al padrone.<br />
Il compenso era assente anche<br />
nelle operae liberales, frutto del<br />
<strong>la</strong>voro intellettuale e disinteressato<br />
dell’uomo, nelle liberales doctrinae<br />
[scienze liberali] e nel mandatum sine<br />
pretio [mandato gratuito]. Nei casi di<br />
operae officiales, non veniva meno<br />
<strong>la</strong> necessitas faciendi, cioè il vincolo<br />
di prestare <strong>la</strong>voro (perché si trattava<br />
di vere e proprie attività <strong>la</strong>vorative<br />
rese in posizione subordinata, il più<br />
delle volte gravosissime), ma in esse<br />
non si configurava un contratto di<br />
scambio perchè al<strong>la</strong> necessitas non<br />
corrispondeva a carico del patronus<br />
l’obbligo al<strong>la</strong> controprestazione, cioè<br />
al pagamento di un compenso. Le<br />
operae officiales restavano fuori dal<strong>la</strong><br />
disciplina contrattualistica avendo in<br />
sé contenuti e origini vinco<strong>la</strong>nti per<br />
una so<strong>la</strong> parte, il liberto.<br />
Per le prestazioni rese dallo schiavo<br />
a favore del suo padrone non si<br />
poneva neppure il problema del<strong>la</strong> loro<br />
eventuale riconducibilità nell’ambito<br />
del contratto di <strong>la</strong>voro in quanto il<br />
servus non era un soggetto di diritto<br />
nell’ordinamento romano: il servus<br />
era una res [una cosa] e, come tale,<br />
poteva essere solo “oggetto” di un<br />
contratto di scambio o di prestito a<br />
titolo oneroso (locatio servi). Solo<br />
in epoca più tarda per certi <strong>la</strong>vori il<br />
servus poteva essere ricompensato e<br />
rappresentare il suo padrone in alcune<br />
trattative commerciali (negotiationes).<br />
È abbastanza intuibile che i soggetti<br />
protagonisti del contratto di <strong>la</strong>voro,<br />
il datore di <strong>la</strong>voro (dominus,<br />
conductor) e il <strong>la</strong>voratore libero<br />
(locator, mercennarius, qui mercedem<br />
accipit), ancorché quasi sempre<br />
soggetti giuridici [sui iuris] con<br />
pienezza di diritti [optimo iure] e con<br />
parità di diritti [aequo iure], non si<br />
trovassero sullo stesso piano, solo che<br />
si pensi quanto <strong>la</strong> locatio operarum<br />
incidesse sullo status (condizione,<br />
stato) del <strong>la</strong>voratore; status che<br />
subiva istantaneamente, cioè, fin<br />
dall’instaurazione del rapporto di<br />
<strong>la</strong>voro, una mutatio in peius, un<br />
peggioramento, per l’intera durata<br />
del contratto. E <strong>la</strong> portata negativa<br />
del negotium sul<strong>la</strong> condizione fisica<br />
e sociale del prestatore di <strong>la</strong>voro<br />
era ancor più accentuata quando il<br />
<strong>la</strong>voratore era “ingaggiato a mercede”,<br />
come avveniva nel<strong>la</strong> maggior<br />
parte dei casi. La condizione di<br />
sottoposizione (status subiectionis) in<br />
cui versava il <strong>la</strong>voratore dipendente e<br />
retribuito, che, di fatto, lo equiparava<br />
al servus, derivava prima di tutto dal<strong>la</strong><br />
sua collocazione sociale: il <strong>la</strong>voratore,<br />
libero o liberto , occupava nel<strong>la</strong><br />
maggior parte dei casi le posizioni<br />
più basse del<strong>la</strong> sca<strong>la</strong> sociale. Egli<br />
apparteneva di rego<strong>la</strong> al<strong>la</strong> c<strong>la</strong>sse<br />
degli humiliores che per sfamarsi<br />
era disposta a vendere ogni giorno<br />
l’anima e il corpo. Pur di assicurare a<br />
sé (e al<strong>la</strong> sua famiglia) il minimo per<br />
vivere, l’operaio manovale non aveva<br />
troppo da scegliere fra <strong>la</strong> prospettiva<br />
di perire d’inedia, quel<strong>la</strong> di delinquere<br />
o quel<strong>la</strong> di sottomettersi ad un<br />
dominus, offrendo intelletto e braccia<br />
contro un compenso. La necessità di<br />
sopravvivenza costringeva i poveri<br />
a svolgere i <strong>la</strong>vori più umilianti in<br />
condizioni igieniche e ambientali il<br />
più delle volte disumane. Il degrado<br />
e l’estrema miseria potevano portare<br />
addirittura il pater famiglias all’atto<br />
estremo di cedere “gratis” i propri<br />
figli quando non era in grado di<br />
sfamarli, e lo Stato metteva in conto<br />
tale evento “contemp<strong>la</strong>tione extremae<br />
necessitatis aut alimentorum” [in<br />
considerazione dell’estremo bisogno o<br />
per mancanza di cibo, cioè, per fame]:<br />
“Qui contemp<strong>la</strong>tione extremae<br />
necessitatis aut alimentorum gratia<br />
filios suos vendiderint, statui<br />
ingenuitatis eorum non praeiudicant:<br />
homo enim liber nullo pretio<br />
aestimatur. Idem nec pignori ab his<br />
aut fiduciae dari possunt: ex quo facto<br />
sciens creditor deportatur. Operae<br />
tamen eorum locari possunt” [Coloro<br />
che per estremo bisogno o per fame<br />
avranno ceduto gratis i loro figli, non<br />
ne pregiudicano <strong>la</strong> condizione di nati<br />
liberi: l’uomo libero, infatti, non ha<br />
un prezzo. Per questo motivo non<br />
possono essere dati da essi (padri) in<br />
pegno né essere oggetti di cessione
18 L’Ispettore e <strong>la</strong> <strong>Società</strong><br />
fiduciaria. Il creditore consapevole<br />
è condannato all’esilio. È, tuttavia,<br />
consentito di collocarli a servizio<br />
(metterli a <strong>la</strong>vorare)].<br />
Nel periodo arcaico e fino al<strong>la</strong><br />
costruzione di un impianto giuridico<br />
più evoluto, <strong>la</strong> vita dell’uomo di<br />
umili natali non valeva gran che<br />
anche se si sosteneva, ma molto in<br />
teoria, che “homo…liber nullo pretio<br />
aestimatur”. L’uomo plebeo era<br />
uno strumento di fatica che i ricchi<br />
usavano per il soddisfacimento dei<br />
loro bisogni materiali. Egli non poteva<br />
fare troppo affidamento sul<strong>la</strong> tute<strong>la</strong><br />
dello Stato, governato dal<strong>la</strong> c<strong>la</strong>sse<br />
dei ricchi, e non aveva da accampare<br />
molti diritti quando era ingaggiato per<br />
<strong>la</strong>vorare contro un compenso.<br />
Solo molto più tardi, ma con grande<br />
fatica e lotte sanguinose, si giunse a<br />
distinguere l’uomo libero occupato<br />
alle dipendenze di un datore di<br />
<strong>la</strong>voro, dallo schiavo. Questi, per<br />
sorte avversa prigioniero di guerra<br />
o acquistato sui mercati o debitore<br />
insolvente, costretto solo a servire,<br />
continuò ad essere esclusivamente<br />
una res, un oggetto, una cosa, niente<br />
di più che <strong>la</strong> componente umana del<br />
patrimonio del dominus, utilizzato<br />
nei <strong>la</strong>vori più diversi nel<strong>la</strong> famiglia,<br />
nell’azienda, nelle proprietà terriere,<br />
nelle mastodontiche opere pubbliche.<br />
Accadeva anche che il padrone<br />
cedesse il servus in prestito contro<br />
compenso, o lo alienasse da solo o<br />
come pertinenza del fondo oggetto<br />
del<strong>la</strong> compravendita. Erano frequenti<br />
i casi di schiavi ceduti in prestito ad<br />
un altro dominus, normalmente un<br />
altro proprietario terriero, attraverso<br />
l’antichissimo negozio giuridico<br />
del<strong>la</strong> locatio rei [fitto di una cosa]<br />
che assumeva <strong>la</strong> configurazione del<strong>la</strong><br />
locatio servi [noleggio di un servo].<br />
Lo stato di subordinazione del<strong>la</strong><br />
persona libera e del libertus (schiavo<br />
divenuto libero) che prestavano <strong>la</strong><br />
propria opera contro mercede, traeva<br />
origine da un contratto di locatio<br />
operarum. La prevalente dottrina<br />
sostiene che <strong>la</strong> locatio operarum sia<br />
stata, in principio e per un lungo<br />
periodo di tempo, una “locatio sui”,<br />
un contratto col quale un soggetto<br />
metteva se stesso, cioè <strong>la</strong> propria<br />
persona fisica, a disposizione<br />
del conductor (datore di <strong>la</strong>voro,<br />
committente, assuntore, padrone):<br />
quel<strong>la</strong> disponibilità comportava <strong>la</strong><br />
completa sottomissione del prestatore<br />
di <strong>la</strong>voro (locator) al potere assoluto,<br />
non solo disciplinare, del datore di<br />
<strong>la</strong>voro.<br />
La sua condizione di totale<br />
asservimento e di messa a<br />
disposizione di se stesso procurava<br />
al <strong>la</strong>voratore disistima e disprezzo da<br />
parte delle c<strong>la</strong>ssi ricche e del<strong>la</strong> c<strong>la</strong>sse<br />
colta, e, dal punto di vista giuridico,<br />
era <strong>la</strong> ragione di un cambiamento<br />
in peggio, più o meno temporaneo,<br />
del suo status. Ridotto in posizione<br />
quasi servile, costretto a subire le<br />
conseguenze di una vera e propria<br />
sottomissione morale e fisica, il<br />
<strong>la</strong>voratore subordinato non poteva<br />
sottrarsi, se non in casi eccezionali,<br />
all’obbligazione del facere per tutto<br />
il periodo di validità del contratto<br />
di <strong>la</strong>voro e per il tipo di prestazione<br />
convenuta.<br />
In ben altra posizione si trovava il<br />
datore di <strong>la</strong>voro cui erano riconosciuti<br />
diritti e potestà dispositive e<br />
disciplinari anche di grande severità,<br />
che prevedevano perfino l’irrogazione<br />
di pene corporali spesso gravi.<br />
Già allora al datore di <strong>la</strong>voro era<br />
riconosciuto il diritto assoluto di<br />
comandare (imperium) e di disporre,<br />
perciò, che il <strong>la</strong>voro cui era destinato<br />
il <strong>la</strong>voratore ingaggiato a mercede<br />
(mercede conductus) si svolgesse<br />
nei modi da lui imposti. Nel<strong>la</strong><br />
maggior parte dei casi, <strong>la</strong> modestia<br />
delle prestazioni <strong>la</strong>vorative richieste<br />
legittimava <strong>la</strong> qualifica di “<strong>la</strong>voratori<br />
subordinati” in capo ai locatores<br />
operarum: essi, infatti, si limitavano<br />
ad eseguire le direttive del datore di<br />
<strong>la</strong>voro senza partico<strong>la</strong>re impegno<br />
tecnico e intellettuale: “…quorum<br />
operae non quorum artes emuntur…”<br />
[dei quali si “comprano” le attività<br />
manuali, non le loro capacità<br />
professionali] .<br />
Come si può constatare, dunque, le<br />
origini del<strong>la</strong> subordinazione devono<br />
farsi risalire proprio al tempo in cui <strong>la</strong><br />
locatio sui poneva in risalto <strong>la</strong> cruda<br />
e impietosa fisicità del rapporto di<br />
<strong>la</strong>voro nel quale il <strong>la</strong>voratore, per <strong>la</strong><br />
necessità di vivere (e, quasi sempre,<br />
di sopravvivere), si “offriva”, cioè,<br />
proponeva volontariamente se stesso,<br />
affittava se stesso (locabat se) in<br />
cambio di un compenso in danaro.<br />
Cicerone definiva il contratto di<br />
<strong>la</strong>voro, visto dal<strong>la</strong> parte del <strong>la</strong>voratore<br />
retribuito, un “subicere se imperio<br />
atque potestati alterius” [sottomettersi<br />
all’imperio e al<strong>la</strong> potestà altrui]:<br />
lo status subiectionis, cioè quel<strong>la</strong><br />
condizione di soggezione che<br />
oggi definiamo “subordinazione”,<br />
come effetto naturale del<strong>la</strong> locatio<br />
operarum, era assai comune<br />
nell’ordinamento romano, “ut saepe<br />
in nostra republica videmus” [come<br />
di frequente possiamo osservare<br />
nel nostro Stato]. Riportiamo<br />
integralmente il pensiero di Cicerone<br />
per coglierne più compiutamente il<br />
significato:<br />
“Atque etiam subiciunt se homines<br />
imperio alterius et potestati de<br />
causis pluribus. Ducuntur enim<br />
aut benivolentia aut beneficiorum<br />
magnitudine aut dignitatis praestantia<br />
aut spe sibi id utile futurum aut<br />
metu, ne vi parere cogantur, aut<br />
spe <strong>la</strong>rgitionis promissisque capti<br />
aut postremo, ut saepe in nostra re<br />
publica videmus, mercede conducti”<br />
[Inoltre, gli uomini si sottomettono<br />
all’imperio e al<strong>la</strong> potestà altrui anche<br />
per numerose altre ragioni. Sono,<br />
infatti, indotti a ciò o per benevolenza<br />
o per <strong>la</strong> rilevanza dei vantaggi o per<br />
<strong>la</strong> speranza che ciò potrà tornare utile<br />
in futuro o per il timore di essere<br />
costretti ad obbedire per forza o<br />
perché lusingati dal<strong>la</strong> speranza o dalle<br />
promesse di una donazione o, infine,<br />
come di frequente succede nel<strong>la</strong><br />
nostra repubblica, perché assunti a<br />
<strong>la</strong>vorare contro mercede].<br />
Era <strong>la</strong> stessa struttura del contratto<br />
di <strong>la</strong>voro che comportava per il<br />
<strong>la</strong>voratore subordinato l’obbligo di<br />
prestare <strong>la</strong> propria opera, manuale<br />
o intellettuale, e di por<strong>la</strong> in essere<br />
rispettando le direttive impartite<br />
dall’assuntore in modo del tutto<br />
passivo proprio per effetto dello stato<br />
di soggezione che egli, da uomo<br />
libero, sapeva di essere obbligato<br />
a sopportare per l’intera durata del<br />
contratto.<br />
Testimonianze anche anteriori al<br />
tempo di Cicerone tramandano<br />
espressioni e termini quali: “potestas<br />
in mercennarios statuendo” e<br />
“castigatio”, che <strong>la</strong>sciano chiaramente<br />
intendere che lo ius imperandi, cioè
il diritto assoluto di comandare,<br />
disporre e infliggere punizioni,<br />
poteva andare oltre i termini del<br />
contratto e toccare <strong>la</strong> condizione<br />
fisica e <strong>la</strong> sfera patrimoniale e privata<br />
del <strong>la</strong>voratore subordinato. Molti<br />
studiosi, tuttavia, hanno osservato<br />
che per il datore di <strong>la</strong>voro comminare<br />
al <strong>la</strong>voratore dipendente sanzioni<br />
pecuniarie in caso di negligenza,<br />
di cattiva esecuzione degli ordini<br />
o di iniuria (danno, offesa), aveva<br />
in concreto scarso significato e<br />
valore. L’endemica insolvibilità<br />
del <strong>la</strong>voratore libero, normalmente<br />
in condizioni di estrema povertà,<br />
scoraggiava, infatti, il dominus<br />
dall’intraprendere azioni disciplinari<br />
di natura economica o risarcitorie<br />
(<strong>la</strong> c.d. “esecuzione patrimoniale”):<br />
esse sarebbero risultate inefficaci,<br />
a meno che il dominus non avesse<br />
perseguito legalmente il <strong>la</strong>voratore<br />
fino a ridurlo in schiavitù. Ma neppure<br />
efficace si dimostrava <strong>la</strong> minaccia del<br />
licenziamento, se si pensa che a Roma<br />
normalmente non era difficile trovare<br />
occupazione perché il mercato del<br />
<strong>la</strong>voro era in pratica costantemente<br />
ricettivo e <strong>la</strong> manodopera<br />
richiestissima.<br />
Non si può, però, affermare che il<br />
datore di <strong>la</strong>voro non disponesse di<br />
poteri disciplinari e che lo status<br />
subiectionis che abbiamo descritto<br />
così umiliante e costrittivo per <strong>la</strong><br />
personalità del dipendente, non<br />
producesse, in pratica, effetti: non si<br />
pensò mai, infatti, di disconoscere<br />
al datore di <strong>la</strong>voro il diritto di<br />
comandare e, quindi, di pretendere<br />
obbedienza dal <strong>la</strong>voratore che perciò<br />
stesso, era c<strong>la</strong>ssificato, come è<br />
c<strong>la</strong>ssificato ancora oggi, subordinato.<br />
Le azioni delittuose, almeno quelle<br />
meno gravi, come il furto, commesse<br />
dal componente di una famiglia o da<br />
un liberto o da un operaio nell’ambito<br />
dell’azienda, non concedevano al<br />
dominus di adire con facilità <strong>la</strong><br />
magistratura. La vio<strong>la</strong>zione, intesa<br />
come un danno arrecato al patrimonio,<br />
andava sanata nell’ambito del<strong>la</strong><br />
famiglia o dell’azienda dove il pater<br />
famiglias, il patronus o il dominus<br />
erano “giudici naturali” e adottavano<br />
i provvedimenti disciplinari che<br />
ritenevano più esemp<strong>la</strong>ri. Solo<br />
nel caso di delitti più gravi, come<br />
L’Ispettore e <strong>la</strong> <strong>Società</strong> 19<br />
l’omicidio, veniva investita l’autorità<br />
pubblica:<br />
“Si filius famiglias vel mercennarius<br />
deiecit, utiliter agitur” [Se un figlio di<br />
famiglia o un operaio muore, si potrà<br />
agire utilmente …].<br />
Riconosciuta l’inefficacia, in<br />
concreto, di misure disciplinari di<br />
natura pecuniaria, che non avrebbero<br />
potuto sortire risultati esemp<strong>la</strong>ri,<br />
fatta eccezione per l’azione legale di<br />
riduzione in schiavitù; constatato che<br />
neppure il timore del licenziamento<br />
stimo<strong>la</strong>va il mercennarius a un<br />
impegno <strong>la</strong>vorativo maggiore o<br />
a una condotta più conforme alle<br />
direttive del padrone; considerato,<br />
infine, che <strong>la</strong> locatio operarum era un<br />
contratto di <strong>la</strong>voro che vinco<strong>la</strong>va al<strong>la</strong><br />
prestazione <strong>la</strong>vorativa l’homo liber<br />
- non restava tuttavia sterile il potere<br />
del datore di <strong>la</strong>voro di comminare<br />
sanzioni afflittive al suo dipendente<br />
inadempiente o negligente. Spesso,<br />
infatti, nel contratto di locazione<br />
di opere venivano inserite c<strong>la</strong>usole<br />
integrative tendenti ad ampliare i<br />
poteri dell’assuntore nei confronti del<br />
dipendente. Ma il datore di <strong>la</strong>voro,<br />
nell’ipotesi di locatio operarum ad<br />
oggetto definito, come le operae<br />
pistoriae, pictoriae, aurariae (le<br />
<strong>la</strong>vorazioni del pane, le pitture murali<br />
o su quadri e gli oggetti d’oro), non<br />
poteva pretendere prestazioni con<br />
contenuti e durata diversi da quelli<br />
previsti nel contratto di <strong>la</strong>voro.<br />
La castigatio, <strong>la</strong> punizione (o, meglio,<br />
il potere di infliggere una punizione),<br />
si traduceva quasi sempre in misure<br />
afflittive di natura “corporale”.<br />
Un problema che, invece, già allora<br />
si poneva, riguardava i limiti del<strong>la</strong><br />
castigatio e <strong>la</strong> punibilità del datore<br />
di <strong>la</strong>voro per i danni fisici gravi o<br />
irreparabili causati dall’esercizio<br />
eccessivo o crudele dei suoi poteri nei<br />
confronti dei dipendenti, e, anche, <strong>la</strong><br />
sua responsabilità per danni causati<br />
ad altri dai suoi sottoposti. Si è fatto<br />
cenno in nota al<strong>la</strong> questione del<strong>la</strong><br />
responsabilità e del<strong>la</strong> applicabilità<br />
del<strong>la</strong> pena a carico del docente<br />
(magister) che avesse ecceduto i limiti<br />
del<strong>la</strong> castigatio per avere percosso<br />
il discepolo o l’apprendista, “per il<br />
suo bene”, con un corpo contundente<br />
che gli avesse procurato lesioni gravi<br />
senza volerlo . Ma a noi interessa qui<br />
non tanto stabilire <strong>la</strong> responsabilità,<br />
o il grado di responsabilità, del<br />
conductor operarum per abuso di<br />
potere e altro, quanto ribadire il<br />
riconoscimento allo stesso, da parte<br />
del diritto romano, di un potere<br />
disciplinare che includeva in sé<br />
<strong>la</strong> facoltà di infliggere punizioni<br />
corporali anche gravi.<br />
Se il potere sanzionatorio era previsto,<br />
seppure in forme e intensità attenuate,<br />
nell’ipotesi, del tutto secondaria a<br />
quel tempo, di locatio pueri docendi<br />
(contratto di insegnamento al<br />
fanciullo, forse di apprendistato), <strong>la</strong><br />
castigatio assumeva portata più ampia<br />
nel<strong>la</strong> fattispecie tipica e sicuramente<br />
più ricorrente del<strong>la</strong> locatio operarum<br />
dell’uomo libero adulto. In essa,<br />
come abbiamo già rilevato, l’oggetto<br />
del contratto era il <strong>la</strong>voro, cioè,<br />
una serie di prestazioni giornaliere<br />
nell’interesse esclusivo del datore<br />
di <strong>la</strong>voro. L’ampiezza dei poteri<br />
coercitivi di natura afflittiva dello<br />
stesso era commisurata, quindi, ai<br />
contenuti e alle finalità del rapporto di<br />
<strong>la</strong>voro e al<strong>la</strong> partico<strong>la</strong>rità di eventuali<br />
c<strong>la</strong>usole pattizie aggiuntive.<br />
Il datore di <strong>la</strong>voro però, a sua volta,<br />
come si è fatto cenno, rispondeva ai<br />
terzi offesi delle iniuriae (oltraggi,<br />
danni, violenze) causate dal filius<br />
famiglias o dal suo mercennarius<br />
(dipendente), attraverso un processo<br />
pubblico: “ .....si filius famiglias<br />
vel mercennarius vim intulerit, utile<br />
interdictum datur in patrem vel in<br />
eum, qui locavit operas mercennarii”<br />
[Se un figlio di famiglia o un operaio<br />
dipendente avrà arrecato violenza (ad<br />
altri), è concesso di ricorrere utilmente<br />
all’ordinanza pretorile nei confronti<br />
del padre o di chi assunse l’operaio].<br />
Il principio trova conferma in altre<br />
fonti, anche se per ipotesi delittuose<br />
diverse: “Liber homo si iussu alterius<br />
manu iniuriam dedit, actio legis<br />
Aquiliae cum eo est qui iussit, si<br />
modo ius imperandi habuit: quod<br />
si non habuit, cum eo agendum est<br />
qui fecit” [Se per disposizione altrui<br />
un uomo libero malmenò qualcuno,<br />
l’azione di responsabilità secondo<br />
<strong>la</strong> Legge Aquilia (de damno) è<br />
consentita contro colui che diede<br />
l’ordine, sempre che costui ebbe<br />
effettivamente il potere di ordinare:<br />
che, se non ebbe tale potere, si
20 L’Ispettore e <strong>la</strong> <strong>Società</strong><br />
dovrà agire contro l’autore materiale<br />
dell’aggressione].<br />
Quando nel contratto non veniva<br />
specificato il tipo di operae da<br />
prestare o, peggio, il prestatore<br />
d’opera poneva <strong>la</strong> propria persona<br />
a completa disposizione di altri,<br />
ci si trovava di fronte ad una<br />
generica locatio operarum o, più<br />
pericolosamente, a una assai indefinita<br />
locatio sui, e i poteri disciplinari e<br />
le sanzioni costrittive e corporali<br />
potevano caricarsi di maggiore<br />
severità e ferocia. Si poteva giungere<br />
al vinciri (ad essere stretto in ceppi),<br />
fino all’uri (ad essere arsi vivi) o al<br />
virgis ferroque necari (ad essere uccisi<br />
a bastonate o con <strong>la</strong> spada), anche se<br />
<strong>la</strong> crudezza di tali pene era riservata<br />
più di frequente agli schiavi, e in<br />
tempi più remoti. Se, poi, capitava<br />
che il servus morisse in seguito alle<br />
punizioni corporali inflitte dal suo<br />
dominus per colpe vere o presunte,<br />
il dominus in linea di principio non<br />
era ritenuto responsabile di omicidio,<br />
fatto salvo l’accertamento di una<br />
chiara volontà di uccidere.<br />
“… interpretatio. Si servus, dum<br />
culpam dominus vindicat, mortuus<br />
fuerit, dominus culpa homicidii non<br />
tenetur, quia tunc homicidii reus est, si<br />
uccidere voluisse convincitur” .<br />
Un aspetto, cui prima s’è fatto cenno,<br />
merita di essere sottolineato perché<br />
rende palpabile <strong>la</strong> resa incondizionata<br />
del <strong>la</strong>voratore all’imperium, al potere<br />
assoluto, del datore di <strong>la</strong>voro: era<br />
di uso pressoché corrente inserire<br />
nel contratto di locatio-conductio, e,<br />
in partico<strong>la</strong>re di locatio operarum,<br />
quando assumeva <strong>la</strong> struttura<br />
manifesta del<strong>la</strong> locatio sui, una<br />
c<strong>la</strong>uso<strong>la</strong> pattizia aggiuntiva nel<strong>la</strong><br />
quale il <strong>la</strong>voratore con giuramento,<br />
cioè, con una dichiarazione solenne,<br />
specificava (e accettava) tipo e grado<br />
di castighi che il datore di <strong>la</strong>voro<br />
poteva infliggergli. La generica<br />
potestas in mercennarios statuendi, il<br />
potere dell’assuntore di disporre dei<br />
<strong>la</strong>voratori liberi ingaggiati a mercede,<br />
ci dà conferma dello status, del<strong>la</strong><br />
posizione, del <strong>la</strong>voratore libero nel<br />
diritto romano. Egli, proprio perché<br />
mercede conductus, era di fatto<br />
equiparato allo schiavo: persona loco<br />
servi [persona come un servo] .<br />
Dall’età repubblicana all’età bizantina<br />
poteri analoghi a quelli del datore<br />
di <strong>la</strong>voro erano riconosciuti a una<br />
figura di prestatore di <strong>la</strong>voro che non<br />
possiamo definire “dipendente” stricto<br />
sensu per <strong>la</strong> sua condizione servile:<br />
il vilicus (fattore, amministratore di<br />
fattoria), uno schiavo il quale, domino<br />
concedente (per autorizzazione del<br />
padrone), era delegato a comandare<br />
su tutto il personale occupato<br />
nell’azienda agrico<strong>la</strong>, e a svolgere<br />
compiti anche formativi. Egli era,<br />
cioè, anche un servus magister,<br />
uno schiavo istruttore. Il vilicus,<br />
infatti, non riceveva dal dominus<br />
solo il potere di comandare ma era<br />
obbligato a <strong>la</strong>vorare fianco a fianco<br />
con gli altri dipendenti allo scopo di<br />
addestrarli nell’arte del<strong>la</strong> coltivazione<br />
dei campi: imitandolo, essi potevano<br />
imparare ad eseguire il <strong>la</strong>voro come<br />
lo eseguiva lui: “…Non solum enim<br />
debere imperare, sed etiam facere, ut<br />
facientem imitentur…” [Non solo,<br />
infatti, era tenuto a comandare, ma<br />
anche a <strong>la</strong>vorare per potere essere<br />
imitato in quel che faceva].<br />
///Normalmente, i romani benestanti<br />
possedevano in campagna almeno due<br />
ville, una destinata a se stessi quando<br />
si recavano dal<strong>la</strong> città nei loro poderi<br />
(vil<strong>la</strong> urbana), l’altra esclusivamente<br />
occupata dagli schiavi (vil<strong>la</strong> rustica),<br />
molto spartana e essenzialmente<br />
funzionale alle esigenze di un’azienda<br />
agrico<strong>la</strong>. Quando il proprietario non<br />
poteva permettersi una sua vil<strong>la</strong>, si<br />
adattava a vivere nel<strong>la</strong> vil<strong>la</strong> rustica<br />
insieme al vilicus e agli altri servi.<br />
Cicerone e Plinio avevano nei loro<br />
possedimenti agricoli bellissime<br />
ville “urbane” mentre il poeta Orazio<br />
quando si recava nel suo (unico)<br />
podere in Sabina faceva vita comune<br />
coi servi e col fattore.<br />
Il vilicus era, dunque, il capo del<strong>la</strong><br />
famiglia rustica , quel<strong>la</strong> che oggi<br />
chiamiamo azienda agrico<strong>la</strong>, il quale,<br />
seppure schiavo, operava con <strong>la</strong><br />
col<strong>la</strong>borazione del<strong>la</strong> moglie (vilica)<br />
e di un addetto al<strong>la</strong> tenuta dei libri<br />
aziendali (actor) quando il fondo<br />
era di notevole estensione. I più<br />
diretti dipendenti del fattore erano i<br />
magistri officiorum o operarum i cui<br />
compiti erano quelli di control<strong>la</strong>re i<br />
servi che <strong>la</strong>voravano nei campi, e di<br />
rendere conto al vilicus delle varie<br />
fasi delle coltivazioni, fino al raccolto<br />
e al trasporto dei prodotti agricoli al<br />
mercato.<br />
I peculiari poteri direttivi e<br />
disciplinari del vilicus, per<br />
rappresentare i quali nei testi<br />
troviamo adoperati i verbi iubere e<br />
imperare (sinonimi di comandare),<br />
non sollevavano il vilicus dal<strong>la</strong> sua<br />
condizione servile: egli era uno<br />
schiavo e non poteva essere tito<strong>la</strong>re<br />
in proprio di alcuna potestà. Questa<br />
egli esercitava, invece, in nome e per<br />
conto del padrone, come fiduciario<br />
e longa manus di quest’ultimo. Il<br />
vilicus, quindi, era un servus con<br />
compiti di sovrintendente, investito<br />
dal dominus di poteri di comando<br />
su tutti quelli che, a qualsiasi titolo,<br />
<strong>la</strong>voravano nel<strong>la</strong> famiglia aziendale<br />
agrico<strong>la</strong>, non esclusi, quindi,<br />
accanto agli schiavi, i <strong>la</strong>voratori<br />
liberi e i liberti. Si configurava il<br />
caso, eccezionale, del servus con<br />
poteri dispositivi e disciplinari su<br />
uomini liberi. Egli occupava una<br />
posizione forte e autoritaria di alter<br />
ego del proprietario terriero, fino<br />
al punto di esercitare, in suo nome<br />
e per suo conto, anche il potere di<br />
irrogare severe sanzioni corporali,<br />
di verberibus coercere, di punire<br />
a bastonate o con le verghe, tutti i<br />
componenti del<strong>la</strong> famiglia rustica, non<br />
esclusi, come abbiamo detto, i liberi e<br />
i liberti mercede conducti . Il vilicus<br />
esercitava questi poteri quasi sempre<br />
con partico<strong>la</strong>re severità e talvolta con<br />
crudeltà sia per ingraziarsi il padrone<br />
che sapeva di poter contare su uno<br />
schiavo fedele e rigoroso anche per<br />
affermare una sua supremazia sugli<br />
schiavi suoi simili, e, ancora di più,<br />
sui <strong>la</strong>voratori di condizione libera<br />
ingaggiati a mercede.<br />
Seppure ben nutriti, gli schiavi e i<br />
liberi occupati nelle tenute dei ricchi<br />
proprietari terrieri conducevano una<br />
vita assai faticosa, sia per il duro<br />
<strong>la</strong>voro del<strong>la</strong> terra, sia per <strong>la</strong> spietata<br />
disciplina cui erano sottoposti. Il<br />
trasferimento di uno schiavo dal<strong>la</strong><br />
famiglia urbana al<strong>la</strong> famiglia rustica<br />
costituiva nei fatti una vera punizione,<br />
ed era una minaccia costante che<br />
induceva il servo di città ad essere<br />
ancora più umile, servizievole e<br />
... non troppo loquace. Il poeta<br />
Orazio minacciava un suo schiavo<br />
linguacciuto di spostarlo a <strong>la</strong>vorare
in agro, nel suo podere in Sabina. Ma<br />
non c’è dubbio che il <strong>la</strong>voro che liberi<br />
o schiavi svolgevano nell’ambito<br />
di una famiglia di città era meno<br />
logorante: <strong>la</strong> frequentazione personale<br />
e diuturna col dominus e con <strong>la</strong> sua<br />
famiglia poteva favorire il nascere di<br />
re<strong>la</strong>zioni affettive anche intense.<br />
Per il mondo aulico, come abbiamo<br />
visto, l’elemento che sviliva non tanto<br />
il <strong>la</strong>voro in sè quanto il <strong>la</strong>voratore,<br />
era <strong>la</strong> retribuzione, <strong>la</strong> merces: essa<br />
riduceva il <strong>la</strong>voratore libero in<br />
condizione di sostanziale schiavitù.<br />
È, però, interessante osservare che<br />
già agli albori del<strong>la</strong> civiltà giuridica<br />
romana <strong>la</strong> mercede era il segno,<br />
<strong>la</strong> prova del<strong>la</strong> subordinazione, e<br />
qualsiasi altro tipo di negotium sine<br />
mercede (contratto senza compenso)<br />
non poteva rientrare, già allora, nel<strong>la</strong><br />
tipologia del contratto di <strong>la</strong>voro<br />
dipendente e del<strong>la</strong> locatio-conductio,<br />
più in generale. La mercede, quindi,<br />
era auctoramentum servitutis , e<br />
faceva insorgere il vincolo che<br />
imponeva al prestatore di <strong>la</strong>voro<br />
l’obbligo di <strong>la</strong>vorare, di fare qualcosa<br />
(necessitas faciendi) in favore del<br />
suo dante causa, datore di <strong>la</strong>voro,<br />
committente, conduttore, assuntore,<br />
etc., con tutte le conseguenze, anche<br />
di natura costrittiva del<strong>la</strong> libertà fisica<br />
e intellettuale, che abbiamo descritte.<br />
Era il compenso l’elemento distintivo<br />
del<strong>la</strong> locatio-conductio, mancando il<br />
quale qualsiasi impegno convenuto<br />
assumeva <strong>la</strong> qualifica di “mandato<br />
gratuito” avente normalmente origine<br />
da amicitia oppure ex officio (da un<br />
incarico pubblico o dovere verso il<br />
patrono da parte del liberto).<br />
Paulus individuava per il mandato<br />
gratuito e per <strong>la</strong> locatio-conductio le<br />
seguenti, sostanziali differenze:<br />
“Mandatum nisi gratuitum nullum<br />
est: nam originem ex officio atque<br />
amicitia trahit, contrarium ergo<br />
est officio merces: interveniente<br />
enim pecunia res ad locationem et<br />
condutionem potius respicit “ [Il<br />
mandato se non è gratuito, è nullo:<br />
infatti, trae origine o da amicizia o<br />
da un dovere: <strong>la</strong> mercede, dunque,<br />
è incompatibile con l’obbligo di<br />
eseguire un dovere (verso lo Stato<br />
o verso il patrono): intervenendo<br />
<strong>la</strong> retribuzione <strong>la</strong> prestazione è<br />
ricondotta al contratto di appalto].<br />
L’Ispettore e <strong>la</strong> <strong>Società</strong> 21<br />
Ancora più chiaramente ci illumina<br />
Gaius :<br />
“Locatio autem et conductio (et<br />
emptio et venditio) similibus regulis<br />
costituuntur: nisi enim merces certa<br />
statuta sit, non videtur locatio et<br />
conductio contrahi” [Inoltre, <strong>la</strong><br />
“locatio” e <strong>la</strong> “conductio”, come<br />
l’acquisto e <strong>la</strong> vendita, si costituiscono<br />
con regole simili: quando, infatti, non<br />
risulti chiaramente fissata <strong>la</strong> mercede<br />
non sembra che si sia stipu<strong>la</strong>to un<br />
contratto di appalto (a titolo oneroso)].<br />
Gaius esamina, poi, due ipotesi<br />
esemplificative: quel<strong>la</strong> di chi<br />
accetta a titolo gratuito (gratis) di<br />
<strong>la</strong>vare e rammendare i vestiti di<br />
un committente, nel quale caso<br />
l’assenza di una mercede configura<br />
un’obbligazione da mandato gratuito,<br />
e quel<strong>la</strong>, di chi conviene di eseguire lo<br />
stesso incarico ma contro compenso,<br />
che pone in essere, invece, un<br />
contratto a titolo oneroso rientrante<br />
nel<strong>la</strong> tipologia del<strong>la</strong> locatio-conductio.<br />
Lo stesso Gaio, però, non tra<strong>la</strong>scia<br />
di considerare anche il caso in cui<br />
nel contratto per <strong>la</strong> prestazione di un<br />
servizio non sia stato né corrisposto<br />
né fissato il compenso con l’intesa<br />
di stabilirne l’ammontare (e il<br />
pagamento) ad opera eseguita:<br />
“Si tibi polienda sarciendave<br />
vestimenta dederim, si quidam gratis<br />
hanc operam te suscipiente, mandati<br />
est obligatio, si vero mercede data aut<br />
constituta, locationis conductionisque<br />
negotium geritur. Quod si neque<br />
gratis hanc operam susceperis neque<br />
protinus aut data aut constituta sit<br />
merces, sed eo animo negotium<br />
gestum fuerit, ut postea tantum<br />
mercedis nomine daretur, quantum<br />
inter nos statutum sit, p<strong>la</strong>cet quasi<br />
de novo negotio in factum dandum<br />
esse iudicium, id est praescriptis<br />
verbis” [Se ti avrò dato da <strong>la</strong>vare e<br />
da rammendare degli abiti, e avrai<br />
accettato di svolgere questo <strong>la</strong>voro<br />
a titolo completamente gratuito,<br />
l’obbligazione (da te) assunta prende<br />
<strong>la</strong> forma del mandato (gratuito); se<br />
invece (avrai accettato di svolgere<br />
il <strong>la</strong>voro) contro retribuzione,<br />
corrisposta o anche solo pattuita,<br />
si pone in essere un contratto di<br />
<strong>la</strong>voro (locatio-conductio). Se, poi,<br />
avrai intrapreso questo <strong>la</strong>voro non<br />
a titolo gratuito ma senza neppure<br />
avere prima ricevuto e concordato<br />
una retribuzione, e questo contratto<br />
sarà stato comunque concluso con<br />
l’intenzione (animo) che in seguito<br />
sarebbe stato pagato un compenso<br />
nel<strong>la</strong> misura che fra di noi si fosse<br />
stabilita, sembra giusto che in questo<br />
caso si debba par<strong>la</strong>re quasi di un<br />
nuovo contratto, del tipo che si<br />
configura secondo gli accordi presi in<br />
precedenza].<br />
Non c’è dubbio, quindi, che il<br />
contratto di <strong>la</strong>voro subordinato<br />
già in epoca arcaica assunse <strong>la</strong><br />
configurazione e <strong>la</strong> struttura di<br />
un contratto che oggi definiamo<br />
“a titolo oneroso” o “contratto di<br />
scambio”: “nullum negotium sine<br />
mercede…” [nessun contratto senza<br />
retribuzione (Oppure: è nullo, senza<br />
valore, il contratto che non indichi <strong>la</strong><br />
retribuzione). Il contenuto oneroso<br />
del contratto era tassativamente<br />
prescritto. Non risultando pattuita<br />
<strong>la</strong> condizione che al<strong>la</strong> prestazione<br />
<strong>la</strong>vorativa seguisse una retribuzione,<br />
non poteva procedersi al<strong>la</strong><br />
stipu<strong>la</strong>zione di un contratto di <strong>la</strong>voro<br />
per l’assenza dell’obbligazione a<br />
carico di uno dei contraenti (datore di<br />
<strong>la</strong>voro, committente, dante causa) di<br />
corrispondere <strong>la</strong> mercede.<br />
Il diritto romano poneva, dunque,<br />
con estrema chiarezza a carico del<br />
prestatore di <strong>la</strong>voro l’obbligazione di<br />
svolgere un’attività di <strong>la</strong>voro (operas<br />
dare) nei modi e nei tempi richiesti<br />
dal conductor, per mezzo di una<br />
locatio sui, un contratto col quale il<br />
<strong>la</strong>voratore metteva a disposizione le<br />
proprie energie fisiche e intellettuali.<br />
Aggiungiamo che il contratto di<br />
<strong>la</strong>voro poteva prevedere un generico<br />
obbligo del <strong>la</strong>voratore a fornire le sue<br />
operae alle dipendenze dell’assuntore<br />
oppure poteva contenere <strong>la</strong><br />
descrizione partico<strong>la</strong>reggiata dei<br />
compiti da eseguirsi sotto <strong>la</strong> direzione<br />
e il controllo dell’assuntore. Questa<br />
distinzione si rive<strong>la</strong>va decisiva<br />
ai fini del<strong>la</strong> determinazione e<br />
del<strong>la</strong> graduazione delle sanzioni<br />
disciplinari. Ma il diritto romano<br />
prevedeva anche, a carico del<br />
datore di <strong>la</strong>voro, l’obbligazione<br />
di corrispondere al <strong>la</strong>voratore <strong>la</strong><br />
remunerazione pattuita. La posizione<br />
dominante dell’assuntore nel rapporto<br />
di <strong>la</strong>voro era fuori discussione, ed
22 L’Ispettore e <strong>la</strong> <strong>Società</strong><br />
era anche accettata come insita nel<strong>la</strong><br />
struttura del<strong>la</strong> locatio operarum perché<br />
traeva origine dall’antichissima<br />
locatio servorum e poi dal<strong>la</strong> locatio<br />
sui. Ma questa supremazia sul<br />
<strong>la</strong>voratore non sottraeva il datore di<br />
<strong>la</strong>voro all’obbligo di pagare il suo<br />
dipendente che era, normalmente, un<br />
uomo libero e aveva, quindi, il diritto<br />
di pretendere il rispetto del contratto<br />
e di chiamare il suo dante causa<br />
eventualmente inadempiente davanti<br />
al giudice.<br />
L’homo liber, in quanto tale,<br />
esercitava <strong>la</strong> volontà di optare per <strong>la</strong><br />
rinuncia temporanea al proprio status<br />
accettando, contro una retribuzione,<br />
di mettere a disposizione del datore<br />
di <strong>la</strong>voro se stesso attraverso<br />
l’esplicazione dei servigi richiesti. Il<br />
sistema, comunque, gli consentiva di<br />
scegliere: egli poteva conseguire un<br />
compenso economico che avrebbe<br />
scongiurato <strong>la</strong> miseria sua e del<strong>la</strong><br />
sua famiglia, oppure sceglieva di<br />
non sacrificare, sia pure per tempo<br />
limitato all’esecuzione del contratto<br />
di <strong>la</strong>voro, <strong>la</strong> sua libertà e <strong>la</strong> sua<br />
dignità rifiutandosi di <strong>la</strong>vorare alle<br />
dipendenze di un dominus-conductor<br />
alle condizioni descritte. Quest’ultima<br />
opzione poneva, certo, l’homo liber<br />
al riparo dal<strong>la</strong> subiectio sui, cioè<br />
dall’avvilente soggezione di se stesso,<br />
ma imponeva anche <strong>la</strong> necessità<br />
di ricercare soluzioni alternative<br />
al <strong>la</strong>voro subordinato in grado di<br />
garantirgli un’esistenza dignitosa e<br />
honesta. A Roma non erano molte<br />
le soluzioni che permettevano<br />
di guadagnarsi onestamente da<br />
vivere senza <strong>la</strong>vorare. Il vero<br />
uomo libero era colui che poteva<br />
<strong>la</strong>vorare senza compenso o, ancora<br />
meglio, non <strong>la</strong>vorare. Ma quello era,<br />
evidentemente, un uomo fortunato il<br />
quale, possedendo di suo o avendo<br />
avuto <strong>la</strong> buona sorte di contare sul<strong>la</strong><br />
generosità di un “mecenate”, poteva<br />
permettersi di darsi agli studi e di<br />
privilegiare le occupazioni del<strong>la</strong><br />
mente più di quelle delle braccia,<br />
senza l’assillo quotidiano di procurare<br />
a sé e al<strong>la</strong> sua famiglia il necessario<br />
per vivere. La posizione propizia<br />
all’ombra di generosi e illuminati<br />
protettori (mecenati) assecondò il<br />
fiorire a Roma di una schiera illustre<br />
di scrittori, poeti e filosofi, molti dei<br />
quali si impegnarono anche nel<strong>la</strong> vita<br />
pubblica. Altri, invece, preferirono<br />
iso<strong>la</strong>rsi e non immischiarsi nel<strong>la</strong><br />
politica che lo stesso Cicerone<br />
collegava strettamente a un sempre<br />
<strong>la</strong>tente periculum (rischio, pericolo di<br />
coinvolgimenti e di compromessi).<br />
Note:<br />
1. Più recenti scoperte archeologiche<br />
attribuirebbero, però, ad alcuni nuclei di<br />
pastori, di incerta provenienza, i primi<br />
insediamenti che avrebbero dato origine<br />
poi al<strong>la</strong> fondazione di Roma. Ma Roma<br />
divenne una città con l’arrivo degli Etruschi,<br />
e ancora dopo <strong>la</strong> fine del periodo monarchico<br />
l’influenza del<strong>la</strong> civiltà etrusca fu notevole.<br />
2. I famigliares erano gli appartenenti al<strong>la</strong><br />
famiglia, più propriamente i domestici, gli<br />
schiavi del<strong>la</strong> casa (famiglia).<br />
3. Ulpianus, Libro quinquagensimo sexto ad<br />
edictum, in Digesto 47. 8. 2. 14.<br />
4. Ulpianus, Libro sexagensimo nono ad<br />
edictum, in Digesto, 16. 1. 16-17, e 16. 1. 18.<br />
20.<br />
5. Ulpianus, Libro quadrangesimo sexto ad<br />
edictum, in Digesto 50, 16. 195. 3.<br />
6. Basilica, 60. 17. 7 sc. Evitiamo di<br />
trascrivere anche il testo in lingua greca.<br />
7. Pomponius, Libro tertio ad Sabinum, in Dig.<br />
41.1.19.<br />
8. Aristone, filosofo citato di frequente anche<br />
da Cicerone.<br />
9. Una lottizzazione di fatto, attuata anche<br />
successivamente con sistematicità, che indusse<br />
molti nuovi proprietari a spostare <strong>la</strong> loro<br />
residenza da Roma nelle province del<strong>la</strong> Sicilia,<br />
dell’Africa, del<strong>la</strong> Gallia e del<strong>la</strong> Spagna, nei<br />
luoghi, cioè, dove insistevano le terre dell’ager<br />
romanus loro assegnate, senza perdere quasi<br />
mai i benefici delle esenzioni fiscali di cui,<br />
normalmente, godevano i cittadini romani<br />
dell’Urbe e dell’Italia. Ma l’esonero dal<br />
tributum, l’imposta fondiaria, sulle proprietà in<br />
provincia non era automatico e generalizzato.<br />
Esso dipendeva spesso dal<strong>la</strong> situazione<br />
delle casse dello Stato, e poteva accadere,<br />
perciò, che il civis romanus dispensato a<br />
Roma e in Italia, fosse gravato dal fisco<br />
sulle sue proprietà in provincia. Nei periodi<br />
successivi al<strong>la</strong> repubblica le cose cambieranno<br />
radicalmente con l’introduzione di un vero e<br />
proprio “sistema fiscale”.<br />
10. L’unità di misura di superficie presso i<br />
Romani era il pes quadratus (piede quadrato)<br />
o constratus (tavo<strong>la</strong>to), pari a mq. 0.0876.<br />
Lo iugerum (iugero) era un multiplo del pes<br />
quadratus ed era pari a mq. 2520,6.<br />
11. Il termine, però, è di uso più frequente in<br />
età imperiale.<br />
12. Nel 133 a. C. Tiberio Gracco, tribuno<br />
del<strong>la</strong> plebe, propose una riforma agraria che<br />
prevedeva <strong>la</strong> distribuzione dell’ager publicus,<br />
un limite alle possessiones di terre demaniali<br />
e un sistema di finanziamento a favore dei<br />
coloni: insomma, una frattura storica col<br />
passato. Mal gliene incolse: fu assassinato<br />
lo stesso anno da alcuni senatori e da loro<br />
accoliti, sotto il comando di Publio Cornelio<br />
Scipione Nasica, pontefice massimo e già<br />
console nell’anno 138 a.C.! Caio Gracco dieci<br />
anni dopo volle riprendere il progetto del<br />
fratello Tiberio ma, per sfuggire al<strong>la</strong> fazione<br />
avversa, preferì togliersi <strong>la</strong> vita.<br />
13. La città e il regno di Pergamo, in Asia<br />
Minore, furono fiorentissimi sotto <strong>la</strong> dinastia<br />
degli Attalidi, fra il III e il I secolo a.C. Attalo<br />
III, divenuto re, fu un fedelissimo di Roma. A<br />
Pergamo sarebbe nato Galeno il quale, trasferitosi a<br />
Roma sotto l’imperatore Marco Aurelio, ne divenne<br />
medico personale. v. pag. 296.<br />
14. Plutarco, Tiberius Gracchus, 13-14.<br />
15. Velleio, Liber II (Posterior), 3.3. Gaio (o<br />
Marco) Velleio Patercolo (c. 19 a.C.), storico<br />
romano.<br />
16. Di una Lex Licinia par<strong>la</strong> Livio in Ab Urbe<br />
condita, Libro XXXIV, 4, 9: “Quid legem<br />
Liciniam excitavit de quingentis iugeribus<br />
nisi ingens cupido agro continuandi?” [Perché<br />
fu emanata <strong>la</strong> legge Licinia sul limite dei<br />
cinquecento iugeri se non per mettere un freno<br />
allo smodato desiderio di al<strong>la</strong>rgare sempre più<br />
i confini dei propri possedimenti?].<br />
17. Imp. Iulianus A. secundo praefecto<br />
praetorio, in Codex Theod. X. 3. 1.<br />
18. Le dottrine liberali o scienze liberali erano<br />
ritenute allora <strong>la</strong> geometria, <strong>la</strong> letteratura e<br />
<strong>la</strong> filosofia (scienza per eccellenza liberale e<br />
nobile).<br />
19. Optimo iure esse, aequo iure esse, sui<br />
iuris…sono espressioni giuridiche che<br />
troviamo soprattutto negli scritti di Cicerone<br />
(es. “…confirmabuntur optimo iure.” in De<br />
lege agraria contra Rullum, I, 14).<br />
20. Il libertus [liberto] era lo schiavo liberato<br />
dal padrone ed emancipato.<br />
21. Paulus, Sententiae, 5 (De liberali causa).<br />
1.1<br />
22. Giustiniano, Institutiones, III, 13:<br />
“obligatio est iuris vinculum, quo necessitate<br />
adstringimur alicuius solvendae rei, secundum<br />
nostrae civitatis iura.” [L’obbligazione<br />
contrattuale è un vincolo per il quale<br />
costringiamo, per impegno assunto da<br />
qualcuno, ad adempiere a qualcosa, in base<br />
alle nostre leggi].<br />
23. È esemp<strong>la</strong>re l’uso in Cicerone, sempre<br />
attento al<strong>la</strong> proprietà e al significato dei
termini, del verbo emere (emo, is, emi,<br />
emptum, ere), qui adoperato nel<strong>la</strong> forma<br />
passiva, nel senso di “comprare”, “acquistare”,<br />
o “essere comprato”, “essere acquistato”, e<br />
che ha per oggetto, in questo caso, non una<br />
cosa inanimata, bensì le attività, i servigi<br />
del <strong>la</strong>voratore: quasi a rafforzare il concetto<br />
dell’arcaica locatio sui con <strong>la</strong> quale il<br />
<strong>la</strong>voratore “vendeva” se stesso, cioè <strong>la</strong> sua<br />
attività fisica o intellettuale.<br />
24. Cicerone, De officiis, 1, 150<br />
25. op. cit. 2.6.22.<br />
26. Basilica, 60.17.7. Ma anche in Ulpianus,<br />
Libro sexagensimo nono ad ed. (Dig. 43, 16. 1.<br />
18-20): “Si filius famiglias vel mercennarius vi<br />
deiecerit, utile interdictum competit”.<br />
27. L’uomo libero nel corso del rapporto di<br />
<strong>la</strong>voro conservava, anche solo formalmente,<br />
il suo status e <strong>la</strong> tito<strong>la</strong>rità dei diritti. Erano le<br />
modalità di esecuzione del contratto di <strong>la</strong>voro<br />
che lo riducevano a un servus temporarius,<br />
cioè a uno schiavo a termine. Altra cosa era <strong>la</strong><br />
condizione servile vera e propria.<br />
28. Nelle compi<strong>la</strong>zioni dei giuristi c<strong>la</strong>ssici<br />
(Digesto, 9.2.5.3 e 19.2.13.4) si trovano gli<br />
echi di dispute, a quel tempo evidentemente<br />
vivacissime, sui limiti oltre i quali non<br />
poteva estendersi <strong>la</strong> castigatio. Ad esempio,<br />
si discuteva in quale misura (nel senso<br />
dell’intensità) l’istruttore potesse esercitare<br />
<strong>la</strong> castigatio nei confronti dell’apprendista<br />
distratto o svogliato allo scopo di mettere il<br />
docente stesso nelle condizioni di svolgere<br />
L’Ispettore e <strong>la</strong> <strong>Società</strong> 23<br />
al meglio il suo compito formativo (docendi<br />
causa). Il rapporto di apprendistato si<br />
instaurava con un contratto di locatio pueri<br />
docendi.<br />
29. Ulpiano, in Digesto, 9.2.13.4.<br />
30. Basilica, 60.17.1.20 sc.<br />
31. Iavolenus, Libro quarto decimo ex Cassio,<br />
in Dig. 9.2.37 pr.<br />
32. Codex Theodosianus, IX, 12. 2 (Imperator<br />
Constantinus A. Maximiliano Microbio).<br />
33. Va, tuttavia, precisato che loco servi<br />
oppure loco servorum significava anche: al<br />
posto del servo, in sostituzione degli schiavi.<br />
34. Catone, De re rustica, 1.17.4<br />
35. La famiglia urbana era quel<strong>la</strong> del padrone<br />
che quasi sempre abitava in città.<br />
36. Varrone, De re rustica.<br />
37. Orazio, Satire, II 7, 117-118: “ocius hinc te<br />
ne rapis, accedes opera agro nona Sabino”.<br />
38. Cicerone, De Officiis (Dei doveri) I,<br />
150.: “est in illis ipsa merces auctoramentum<br />
servitutis”: [in essi (<strong>la</strong>voratori pagati) <strong>la</strong><br />
mercede di per sé è il prezzo del<strong>la</strong> loro<br />
schiavitù]. Ma l’auctoramentum era anche il<br />
contratto di servizio dei g<strong>la</strong>diatori e di altri<br />
bassi mestieri. Esso conteneva il giuramento<br />
del <strong>la</strong>voratore di accettare le punizioni anche<br />
corporali che il datore di <strong>la</strong>voro riteneva di<br />
dovergli infliggere (v. ante).<br />
39. Giulio Paolo, giurista del II sec. d. C.<br />
40. Paulus, Libro trigesimo secundo ad<br />
edictum, in Iustiniani Digesta 17.1.1.4<br />
41. Gaio, giurista del II sec. (circa) d. C.<br />
42. Gaius, Institutionum Commentarius, III. 142.<br />
43. Giustiniano in Institutiones III, 24 (De<br />
locatione et conductione) parafrasa Gaius:<br />
Locatio et conductio proxima est emptioni et<br />
venditioni iisdemque iuris regulis consistit.<br />
Nam ut emptio et venditio ita contrahitur<br />
si de pretio convenerit, sic etiam locatio et<br />
conductio ita contrahi intellegitur si merces<br />
constituta sit ….[Il contratto per l’esecuzione<br />
di un’opera è molto simile al contratto di<br />
compravendita ed è rego<strong>la</strong>to dalle stesse<br />
norme. Infatti, come <strong>la</strong> compravendita diviene<br />
esecutiva (vinco<strong>la</strong>nte) se si conviene il<br />
prezzo, così anche l’esecuzione di un’opera si<br />
ritiene obbligatoria quando sia stata pattuita<br />
<strong>la</strong> retribuzione …]. E Ulpiano in Libro I ad<br />
Sabinum: “Sine pretio nul<strong>la</strong> venditio est”.<br />
44. Gaius, Libro decimo ad edictum<br />
provinciale, in Dig. 19.5.22 .<br />
45. L’art. 2094 c.c. qualifica prestatore di<br />
<strong>la</strong>voro subordinato “….chi si obbliga mediante<br />
retribuzione … alle dipendenze e sotto <strong>la</strong><br />
direzione dell’imprenditore”.<br />
46. Il Codice Civile del 1865, direttamente<br />
scaturito dal<strong>la</strong> legis<strong>la</strong>zione napoleonica, ma<br />
ancora nel filone del<strong>la</strong> più rigida tradizione<br />
giuridica romana, concepiva il <strong>la</strong>voro come<br />
una “cosa”, avendosi riguardo essenzialmente<br />
al “risultato”, e il contratto di <strong>la</strong>voro una<br />
“locazione”: più precisamente una “locazione<br />
di opere (art. 1568) <strong>la</strong> quale, poi, si distingueva<br />
in locazione di <strong>la</strong>voro subordinato (art. 1627) e<br />
locazione di opera autonoma.
24 L’Ispettore e <strong>la</strong> <strong>Società</strong><br />
Dal 01 febbraio 2012 le domande di<br />
autorizzazione al<strong>la</strong> cassa integrazione<br />
ordinaria e straordinaria, compresi i<br />
contratti di solidarietà, devono essere<br />
trasmesse in via telematica.<br />
Le esigenze di semplificazione<br />
imposte, infatti, dalle recenti<br />
disposizioni normative obbligano<br />
l’Istituto a ridurre il numero<br />
d’informazioni richieste alle aziende.<br />
Ed, infatti, con il messaggio n.<br />
7216 del 27.04.2012, l’I.N.P.S.<br />
rende noto che è stata avviata una<br />
fase di sperimentazione per <strong>la</strong><br />
semplificazione del<strong>la</strong> domanda<br />
d’autorizzazione al<strong>la</strong> C.I.G.O. del<br />
settore industria, resa possibile<br />
proprio grazie all’acquisizione, in<br />
via automatica, delle informazioni<br />
dall’UniEMens analitico.<br />
La prima versione del modello sarà<br />
pubblicata a maggio 2012 e sarà<br />
utilizzabile per le sospensioni e/o<br />
riduzioni di attività re<strong>la</strong>tive al mese di<br />
giugno 2012.<br />
Semplifi cazione del<strong>la</strong> domanda di<br />
aut. per <strong>la</strong> C.I.G.O. per il settore<br />
industria: messaggio INPS n. 7216/2012.<br />
di Gianfranco Cioffi , Ispettore del <strong>la</strong>voro coordinatore del Ministero del Lavoro (1)<br />
Tuttavia, specifica l’Istituto, tale<br />
semplificazione varrà solo ed<br />
esclusivamente per le aziende che<br />
utilizzano il flusso Uniemens per <strong>la</strong><br />
comunicazione dei dati re<strong>la</strong>tivi alle<br />
sospensioni e/o riduzioni di attività<br />
(circo<strong>la</strong>re n. 13/2011).<br />
La procedura, come vedremo in<br />
prosieguo, risulta più semplificata,<br />
grazie all’acquisizione automatica<br />
del patrimonio informativo assicurato<br />
dall’Uniemens analitico, necessario<br />
per l’istruttoria amministrativa del<strong>la</strong><br />
stessa domanda.<br />
Dunque, con <strong>la</strong> nota che si commenta,<br />
l’Istituto fornisce indicazioni in<br />
merito al<strong>la</strong> semplificazione del<strong>la</strong><br />
domanda di autorizzazione C.I.G.O.<br />
Industria, al<strong>la</strong> compi<strong>la</strong>zione del<br />
flusso Uniemens ed all’avvio di una<br />
fase di sperimentazione “C.I.G.O.<br />
INDUSTRIA” e conseguente proroga<br />
del periodo di transizione per le altre<br />
tipologie di integrazioni sa<strong>la</strong>riali.<br />
Per quanto concerne <strong>la</strong><br />
semplificazione del<strong>la</strong> domanda<br />
di “C.I.G. ordinaria industria”<br />
essa è stata resa possibile grazie<br />
all’acquisizione, in via automatica, di<br />
molte informazioni dal file Uniemens.<br />
Rispetto all’attuale modello di<br />
domanda di “C.I.G. ordinaria<br />
industria”, <strong>la</strong> nuova domanda<br />
semplificata non conterrà più i quadri<br />
G, H (con esclusione delle richieste<br />
per motivi meteorologici), L, P, Q.<br />
Mentre, altri quadri, come A, B e<br />
parzialmente il quadro E, saranno già<br />
precompi<strong>la</strong>ti ed, infine, gli altri quadri<br />
sono stati riformu<strong>la</strong>ti per garantire<br />
l’acquisizione delle informazioni<br />
ritenute comunque necessarie e<br />
obbligatorie .<br />
L’abbinamento tra <strong>la</strong> domanda<br />
semplificata ed il periodo di<br />
sospensione risultante dalle denunce<br />
Uniemens avverrà utilizzando uno<br />
specifico codice (“ticket”), che<br />
identifica un periodo di riduzione o<br />
sospensione dell’attività <strong>la</strong>vorativa
per il quale l’azienda intende proporre<br />
domanda di C.I.G. ordinaria settore<br />
industria. L’adeguamento delle attuali<br />
procedure e degli archivi informatici<br />
al nuovo modello di domanda avverrà<br />
in due fasi successive.<br />
La prima fase che si concluderà a<br />
maggio 2012, in cui sarà ri<strong>la</strong>sciato una<br />
ver-sione del modello semplificato<br />
che, oltre all’inserimento del “Ticket”,<br />
presenterà diverse caratteristiche.<br />
In questa prima versione del modello<br />
semplificato, <strong>la</strong> nota specifica che,<br />
oltre all’inserimento del “Ticket”, esso<br />
presenterà le seguenti caratteristiche:<br />
- soppressione dei quadri P, Q ed<br />
R con spostamento solo di alcune<br />
informazioni nei quadri C e D;<br />
- riorganizzazione dell’attuale quadro<br />
C con il calcolo automatico del totale<br />
delle ore di CIG, in base ai dati di<br />
dettaglio dei quadri G e, spostamento<br />
di alcuni dati, attualmente presenti<br />
sull’intestazione del modulo,<br />
nell’attuale quadro R;<br />
- riorganizzazione dell’attuale quadro<br />
D con l’integrazione di una parte dei<br />
dati ora richiesti negli attuali quadri<br />
O e P;<br />
- riorganizzazione dell’attuale<br />
quadro E con <strong>la</strong> compi<strong>la</strong>zione, da<br />
parte dell’utente, dei soli dati re<strong>la</strong>tivi<br />
ai <strong>la</strong>voratori in forza nell’unità<br />
produttiva e autocompi<strong>la</strong>zione degli<br />
altri dati in base a quelli inseriti negli<br />
attuali quadri G;<br />
- semplificazione dell’attuale quadro<br />
H, con eliminazione di tutti i campi<br />
attualmente compi<strong>la</strong>bili ad esclusione<br />
di quelli necessari per indicare<br />
l’eventuale evento meteorologico<br />
che ha determinato <strong>la</strong> richiesta di<br />
integrazione;<br />
- semplificazione dell’attuale quadro<br />
M con richiesta di compi<strong>la</strong>zione da<br />
parte dell’utente dei soli giorni totali<br />
di ferie residue dei <strong>la</strong>voratori in CIG,<br />
eventualmente esprimibili anche in<br />
forma aggregata;<br />
- sull’attuale quadro N, in alternativa<br />
all’inserimento dei dati attualmente<br />
richiesti, sarà possibile allegare<br />
<strong>la</strong> so<strong>la</strong> copia scannerizzata del<strong>la</strong><br />
comunicazione alle rappresentanze<br />
sindacali o del verbale di<br />
consultazione sindacale;<br />
- semplificazione degli attuali<br />
quadri S e T dove le informazioni<br />
attualmente richieste saranno<br />
L’Ispettore e <strong>la</strong> <strong>Società</strong> 25<br />
convertite in dichiarazioni di<br />
responsabilità da parte dell’utente.<br />
L’Istituto rende noto, inoltre, che<br />
<strong>la</strong> prima versione del modello<br />
semplificato di domanda di<br />
integrazione sa<strong>la</strong>riale ordinaria<br />
settore industria, sarà pubblicato a<br />
Maggio 2012 e sarà utilizzabile per<br />
le sospensioni e/o riduzioni di attività<br />
re<strong>la</strong>tive al mese di Giugno 2012; con<br />
un successivo messaggio saranno<br />
pubblicate le specifiche tecniche<br />
re<strong>la</strong>tive al<strong>la</strong> domanda semplificata.<br />
La seconda fase, infine, sarà<br />
sperimentata a partire da settembre<br />
2012, e sarà caratterizzata dal fatto<br />
che il modello di domanda sarà<br />
integralmente semplificato, con<br />
autocompi<strong>la</strong>zione dei quadri A e B e<br />
soppressione anche del quadro G e del<br />
quadro L.<br />
Per quanto riguarda, inoltre, le<br />
nuove modalità di compi<strong>la</strong>zione del<br />
flusso Uniemens per <strong>la</strong>voratori in<br />
sospensione o riduzione dell’orario<br />
di <strong>la</strong>voro per periodi di integrazione<br />
sa<strong>la</strong>riale già autorizzati ovvero in<br />
attesa di autorizzazione (previste dal<strong>la</strong><br />
circo<strong>la</strong>re n. 13/2011), <strong>la</strong> nota in esame<br />
dispone che, al momento, possono<br />
essere utilizzate per l’integrazione<br />
sa<strong>la</strong>riale ordinaria settore industria.<br />
L’adeguamento delle attuali procedure<br />
e degli archivi informatici al nuovo<br />
modello di domanda avverrà in due<br />
fasi successive.<br />
Peraltro, il periodo di transizione<br />
previsto dal<strong>la</strong> circo<strong>la</strong>re 13/2011<br />
appena richiamata, viene<br />
ulteriormente prorogato per le altre<br />
tipologie di integrazioni sa<strong>la</strong>riali.<br />
Note:<br />
1. Il presente <strong>la</strong>voro non è da considerarsi<br />
impegnativo per l’Amministrazione di<br />
appartenenza.<br />
2. Si richiamano, nello specifico, le Circo<strong>la</strong>ri<br />
INPS n. 141/2011 e n. 148/2011, nonché il<br />
Messaggio INPS n. 1564/2012.<br />
3. Cfr., art. 7, comma 2, lett. g) e h), del D.L.<br />
n. 70/2011 convertito con modificazioni dal<strong>la</strong><br />
Legge n. 106/2011; art. 15, comma 1, del<strong>la</strong><br />
Legge n. 183/2011, modificativo del DPR n.<br />
445/2000; direttiva n. 14/2011 del Ministero<br />
del<strong>la</strong> pubblica amministrazione e del<strong>la</strong><br />
semplificazione.<br />
4. Tale modulo è reperibile nel portale “Servizi<br />
per le aziende, consulenti e professionisti”,<br />
modulo CIG al link “Acquisizione OnLine<br />
domande Cigo”.<br />
Nel<strong>la</strong> stessa sezione sono inoltre disponibili<br />
i manuali e le specifiche tecniche per <strong>la</strong><br />
predisposizione delle domande CIGO su flusso<br />
telematico.<br />
5. Ai sensi dell’articolo 7 del<strong>la</strong> Legge n.<br />
164/1975.<br />
6. Questo “ticket” andrà poi riportato, in<br />
occasione dell’esposizione dei dati all’interno<br />
del flusso Uniemens, nel campo ,<br />
finché non è emessa <strong>la</strong> re<strong>la</strong>tiva autorizzazione.<br />
7. Nel<strong>la</strong> prima fase, che si concluderà come<br />
detto a maggio 2012, l’Inps ri<strong>la</strong>scerà una<br />
prima versione del modello semplificato;<br />
nel<strong>la</strong> seconda fase, sperimentata a partire da<br />
settembre 2012, il modello di domanda verrà<br />
integralmente semplificato.<br />
La prima versione del modello semplificato<br />
sarà pubblicato a maggio 2012 ed utilizzabile<br />
per le sospensioni e/o riduzioni di attività<br />
re<strong>la</strong>tive al mese di giugno 2012.<br />
Tuttavia, l’Inps rinvia a un successivo<br />
messaggio per le specifiche tecniche e le<br />
istruzioni operative.
26 L’Ispettore e <strong>la</strong> <strong>Società</strong><br />
1- Introduzione<br />
In un sistema economico come<br />
quello attuale, in cui le aziende<br />
di ogni settore tendono ad<br />
esternalizzare sempre più ampie<br />
parti del ciclo produttivo (c.d.<br />
outsourcing), è evidente il forte<br />
legame esistente tra frammentazione<br />
del<strong>la</strong> filiera produttiva ed<br />
utilizzo di <strong>la</strong>voro irrego<strong>la</strong>re,<br />
con <strong>la</strong> conseguenza di frequenti<br />
inadempimenti in materia di<br />
sicurezza sul <strong>la</strong>voro e di rispetto<br />
delle norme in generale.<br />
Il vincolo di solidarietà nel<strong>la</strong><br />
filiera degli appalti costituisce uno<br />
strumento indiretto di controllo del<br />
mercato del <strong>la</strong>voro e di contrasto<br />
al <strong>la</strong>voro irrego<strong>la</strong>re. Il carattere<br />
solidale delle obbligazioni che ne<br />
derivano consente, infatti, di risalire<br />
tutta <strong>la</strong> filiera e di legare con un<br />
filo conduttore i soggetti che sono<br />
coinvolti nel<strong>la</strong> stessa opera o nel<br />
medesimo servizio, allo scopo di<br />
garantire il corretto assolvimento<br />
degli obblighi retributivi,<br />
contributivi e previdenziali.<br />
2- La normativa vigente<br />
L’art. 29, comma 2, del D.Lgs. n.<br />
276/2003 (come risultante dalle<br />
modifiche operate dall’art. 6, comma<br />
1, del DLgs. N. 251/2004 nonché<br />
dall’art. 1, comma 911, del<strong>la</strong> L. n.<br />
296/2006) stabilisce che “in caso<br />
di appalto di opere o di servizi il<br />
committente imprenditore o datore<br />
di <strong>la</strong>voro è obbligato in solido<br />
con l’appaltatore, nonché con<br />
ciascuno degli eventuali ulteriori<br />
subappaltatori, entro il limite di due<br />
anni dal<strong>la</strong> cessazione dell’appalto,<br />
a corrispondere ai <strong>la</strong>voratori i<br />
trattamenti retributivi e i contributi<br />
previdenziali dovuti”.<br />
A tale norma va aggiunta <strong>la</strong><br />
disposizione contenuta nell’art. 35,<br />
comma 28, del D.L. n.223/2006,<br />
convertito in L. n. 248/2006,<br />
secondo <strong>la</strong> quale “l’appaltatore<br />
risponde in solido con il<br />
subappaltatore del<strong>la</strong> effettuazione e<br />
del versamento delle ritenute fiscali<br />
sui redditi di <strong>la</strong>voro dipendente<br />
e del versamento dei contributi<br />
previdenziali e dei contributi<br />
assicurativi obbligatori per gli<br />
infortuni sul <strong>la</strong>voro e le ma<strong>la</strong>ttie<br />
Il regime di responsabilità solidale<br />
applicabile ai debiti contributivi:<br />
verbalizzazione delle risultanze<br />
ispettive<br />
di Nadia Brunetti, Funzionario di Vigi<strong>la</strong>nza INPS di Roma<br />
professionali dei dipendenti cui è<br />
tenuto il subappaltatore”.<br />
Dal combinato disposto delle norme<br />
anzidette, si evince quanto segue:<br />
- il committente, per quanto lo<br />
riguarda, sarà chiamato a rispondere<br />
in solido con l’appaltatore e gli<br />
eventuali subappaltatori, ai sensi<br />
del predetto art. 29, comma 2, per<br />
l’intero importo del<strong>la</strong> contribuzione<br />
dovuta, entro il limite temporale<br />
di due anni dal<strong>la</strong> cessazione<br />
dell’appalto per tutti i <strong>la</strong>voratori<br />
impiegati nell’appalto stesso. Resta<br />
ferma l’ordinaria prescrizione<br />
quinquennale per il recupero<br />
contributivo nei confronti del datore<br />
di <strong>la</strong>voro inadempiente (appaltatore<br />
o subappaltatore).<br />
Con riferimento al generico termine<br />
<strong>la</strong>voratore s’intende qualsiasi<br />
soggetto impiegato nell’appalto<br />
con diverse tipologie contrattuali,<br />
compresi col<strong>la</strong>boratori a progetto<br />
e associati in partecipazione.<br />
Ovviamente, il regime di<br />
responsabilità opera a tute<strong>la</strong> di<br />
tutti i <strong>la</strong>voratori, anche i <strong>la</strong>voratori<br />
“in nero”, ossia i <strong>la</strong>voratori non<br />
risultanti dalle scritture o altra<br />
documentazione obbligatoria.<br />
Tale vincolo è escluso qualora il<br />
committente sia una persona fisica<br />
che non esercita attività d’impresa o<br />
professionale.<br />
- l’appaltatore risponde solidalmente<br />
con il subappaltatore, ai sensi del<br />
richiamato art. 35, comma 28, non<br />
solo per i contributi dovuti, sia<br />
previdenziali che assistenziali, ma<br />
anche per l’effettuazione e per il<br />
versamento delle ritenute fiscali.<br />
Tuttavia, stante il riferimento del<strong>la</strong><br />
fonte normativa ai “redditi di <strong>la</strong>voro<br />
dipendente”, <strong>la</strong> responsabilità<br />
solidale dell’appaltatore e degli<br />
eventuali subappaltatori per<br />
contributi ed oneri fiscali (escluse<br />
le retribuzioni) trova applicazione<br />
esclusivamente con riferimento<br />
alle prestazioni rese da <strong>la</strong>voratori<br />
subordinati.<br />
La differenza sostanziale tra le due<br />
disposizioni normative è <strong>la</strong> seguente:<br />
<strong>la</strong> prima (D.Lgs.n.276/2003)<br />
prevede una responsabilità solidale<br />
per tutti i soggetti del<strong>la</strong> catena degli<br />
appalti (committente, appaltatore,<br />
subappaltatore/i), nei limiti<br />
temporali di due anni dal termine<br />
dell’appalto. La seconda (L. n.<br />
248/2006) prevede <strong>la</strong> solidarietà tra<br />
appaltatore e subappaltatore, senza<br />
risalire, quindi, al committente<br />
e senza alcun vincolo temporale<br />
(salvo quello del<strong>la</strong> prescrizione<br />
quinquennale).<br />
Accanto al<strong>la</strong> previsione normativa<br />
contenuta nell’art. 29, c.d.”legge<br />
Biagi”, modificata dal<strong>la</strong> recente<br />
novel<strong>la</strong> di febbraio (v. punto 3), è<br />
poi da annoverare quanto prevede<br />
l’art. 1676 c.c., secondo il quale<br />
“coloro che, alle dipendenze<br />
dell’appaltatore, hanno dato <strong>la</strong> loro<br />
attività per eseguire l’opera o per<br />
prestare il servizio, possono proporre<br />
azione diretta contro il committente<br />
per conseguire quanto è loro dovuto,<br />
fino al<strong>la</strong> concorrenza del debito che<br />
il committente ha verso l’appaltatore<br />
nel tempo in cui essi propongono <strong>la</strong><br />
domanda”.<br />
La disposizione, eventualmente<br />
applicabile <strong>la</strong>ddove sia trascorso il<br />
termine di due anni dal<strong>la</strong> cessazione<br />
dell’appalto, presenta però due<br />
grossi limiti rispetto al<strong>la</strong> disciplina<br />
del citato art. 29:<br />
a) l’oggetto è circoscritto ai crediti<br />
retributivi e non anche a quelli<br />
previdenziali;<br />
b) <strong>la</strong> solidarietà non è invocabile<br />
se, nelle more del<strong>la</strong> domanda<br />
giudiziale, il committente ha già<br />
estinto il proprio debito nei confronti<br />
dell’esecutore dei <strong>la</strong>vori.<br />
3- Le recenti modifiche<br />
Il regime del<strong>la</strong> responsabilità<br />
solidale negli appalti ha subìto una<br />
recente modifica con l’art. 21 del<br />
D.L. 9 febbraio 2012, n. 5 (c.d.<br />
Decreto semplificazioni), che ha<br />
esteso il vincolo solidaristico anche<br />
alle quote di trattamento di fine<br />
rapporto ed ai premi assicurativi<br />
dovuti in re<strong>la</strong>zione al periodo di<br />
esecuzione del contratto di appalto.<br />
Viene esclusa, invece, l’applicazione<br />
del<strong>la</strong> norma per le sanzioni civili, le<br />
quali rimangono in capo all’effettivo<br />
responsabile dell’inadempimento,<br />
ribaltando, quindi, l’interpretazione<br />
fornita dal Ministero del Lavoro con<br />
<strong>la</strong> risposta all’interpello n. 3/2010,<br />
che riteneva sussistere <strong>la</strong> solidarietà<br />
per tali sanzioni in quanto aventi
natura risarcitoria (v. circo<strong>la</strong>re<br />
Ministero del Lavoro N. 2/2012).<br />
Ulteriore novità, apportata dal<strong>la</strong><br />
legge di conversione n. 35 del<br />
04/04/2012, è nel<strong>la</strong> possibilità, per il<br />
committente imprenditore o datore<br />
di <strong>la</strong>voro, convenuto in giudizio<br />
insieme all’appaltatore, di eccepire,<br />
in sede di difesa, il beneficio del<strong>la</strong><br />
prima escussione del patrimonio<br />
dell’appaltatore stesso.<br />
In tal caso, accertata <strong>la</strong><br />
responsabilità solidale di entrambi<br />
gli obbligati, l’azione esecutiva può<br />
essere intentata nei confronti del<br />
committente solo dopo l’infruttuosa<br />
escussione del patrimonio<br />
dell’appaltatore.<br />
Il committente imprenditore o<br />
datore di <strong>la</strong>voro che ha eseguito<br />
il pagamento può esercitare<br />
l’azione di regresso nei confronti<br />
del coobbligato secondo le regole<br />
generali.<br />
L’Ispettore e <strong>la</strong> <strong>Società</strong> 27<br />
4- Istruzioni per l’attività<br />
ispettiva<br />
In un’ampia ricognizione delle<br />
varie problematiche emerse<br />
sull’argomento, il Ministero del<br />
Lavoro, con <strong>la</strong> circo<strong>la</strong>re n. 5 dell’11<br />
febbraio 2011, ha delineato un<br />
quadro normativo completo in<br />
materia di responsabilità solidale<br />
ed ha fornito in merito alcune<br />
indicazioni al personale ispettivo.<br />
Qualora gli organi di vigi<strong>la</strong>nza<br />
accertino inadempienze contributive,<br />
sono tenuti a notificare i verbali di<br />
accertamento/contestazione a tutti i<br />
responsabili in solido (committente,<br />
appaltatore ed eventuale<br />
subappaltatore), esponendo<br />
chiaramente le motivazioni e gli<br />
elementi utili a conoscere le ragioni<br />
dell’addebito. La tempestiva<br />
comunicazione, infatti, consente di<br />
attivare i necessari meccanismi di<br />
autotute<strong>la</strong> da parte degli obbligati in<br />
solido, come, ad esempio, bloccare<br />
il pagamento del <strong>la</strong>voro eseguito<br />
onde far fronte agli obblighi omessi.<br />
Nel caso in cui vengano riscontrate<br />
inosservanze da cui scaturiscono<br />
crediti patrimoniali in favore dei<br />
<strong>la</strong>voratori utilizzati nell’appalto, il<br />
personale ispettivo (in tal caso, solo<br />
gli ispettori del <strong>la</strong>voro) sarà tenuto a<br />
notificare il provvedimento a tutti i<br />
soggetti solidalmente responsabili.<br />
Anche <strong>la</strong> Sede regionale INPS del<strong>la</strong><br />
Lombardia, con messaggio n. 12354<br />
del 07/06/2011, ha fornito al proprio<br />
corpo ispettivo precise istruzioni,<br />
utili per chiunque ne voglia prendere<br />
visione, a titolo orientativo, in<br />
attesa di disposizioni operative<br />
a tutti i funzionari ed ispettori di<br />
vigi<strong>la</strong>nza da parte del<strong>la</strong> Direzione<br />
Centrale Entrate dell’INPS, per<br />
un’auspicabile uniformità di<br />
comportamento su tutto il territorio<br />
nazionale.
28 L’Ispettore e <strong>la</strong> <strong>Società</strong><br />
In qualità di ispettori addetti al<strong>la</strong><br />
vigi<strong>la</strong>nza quotidianamente si<br />
incontrano istituti come l’appalto, il<br />
distacco, <strong>la</strong> somministrazione, istituti<br />
che in materia “gius<strong>la</strong>voristica”<br />
hanno un’importanza cruciale<br />
tra gli operatori del diritto ma, in<br />
partico<strong>la</strong>re, per l’ispezione del <strong>la</strong>voro.<br />
Queste fattispecie rappresentano<br />
nel panorama del mondo del <strong>la</strong>voro<br />
nonché nell’ambito del diritto<br />
dei fenomeni di interposizione di<br />
manodopera, istituti introdotto<br />
in tempi re<strong>la</strong>tivamente recenti e<br />
solo da un tempo re<strong>la</strong>tivamente<br />
breve consentiti, seppur con alcune<br />
restrizioni, dal<strong>la</strong> legge.<br />
Per capire a fondo <strong>la</strong> genesi<br />
dell’attuale assetto normativo può<br />
essere utile fare una breve panoramica<br />
storica per permettere di comprendere<br />
meglio il fenomeno di oggi, facendo<br />
un passo indietro nel tempo, per<br />
cercare di comprendere quando<br />
nascono i presupposti di queste nuove<br />
forme di utilizzo del<strong>la</strong> manodopera<br />
tramite le c.d. “esternalizzazioni”, che<br />
sottendono a precise nuove strategie.<br />
La globalizzazione che caratterizza<br />
l’assetto sociale e culturale del<br />
nostro tempo, si estende anche in<br />
campo economico dove all’interno<br />
del mercato del <strong>la</strong>voro esaspera il<br />
principio di concorrenza, per cui solo<br />
le imprese competitive sopravvivono<br />
e prosperano, mentre quelle non<br />
competitive chiudono i battenti. Il<br />
vecchio modello tayloristico, adottato<br />
nel corso di tutto il ‘900, basato su<br />
una struttura gerarchico-piramidale,<br />
che si concentra su un’unica sede<br />
produttiva e dove il <strong>la</strong>voratore inizia e<br />
conclude <strong>la</strong> sua vita <strong>la</strong>vorativa, va in<br />
crisi; diventa indispensabile rivedere<br />
i modelli di organizzazione aziendale<br />
realizzando il decentramento<br />
produttivo con il ricorso massiccio<br />
alle esternalizzazioni (outsourcing),<br />
con l’affidamento di interi settori<br />
delle attività produttive delle aziende<br />
a soggetti terzi. L’esternalizzazione<br />
delle attività, nel rendere più efficiente<br />
e competitiva l’impresa, riduce e<br />
attenua i diritti dei <strong>la</strong>voratori.<br />
Il diritto del <strong>la</strong>voro ha dovuto<br />
adeguarsi a queste trasformazioni,<br />
introducendo pertanto delle norme che<br />
arginassero gli abusi che si realizzano<br />
sui <strong>la</strong>voratori.<br />
Appalto ed intermediazione<br />
abusiva, le forme patologiche delle<br />
esternalizzazioni. Profi li giuridici<br />
e spunti operativi.<br />
di Laura Pecchio – Ispettore del Lavoro DTL di Roma<br />
Dapprima il legis<strong>la</strong>tore italiano vi<br />
ha provveduto con <strong>la</strong> legge 1369/60<br />
che vietava in assoluto <strong>la</strong> fornitura<br />
di manodopera sanzionando<strong>la</strong> con <strong>la</strong><br />
costituzione di un rapporto di <strong>la</strong>voro<br />
diretto tra <strong>la</strong>voratore ed utilizzatore<br />
effettivo.<br />
Nel ’97 con <strong>la</strong> legge n. 196 (c.d.<br />
Pacchetto Treu) viene introdotto<br />
il <strong>la</strong>voro interinale che riconosce<br />
<strong>la</strong> legittimità del<strong>la</strong> fornitura di<br />
prestazioni di <strong>la</strong>voro che, tuttavia,<br />
continua a costituire un’eccezione<br />
consentita solo in presenza di esigenze<br />
temporanee e specifiche dal<strong>la</strong><br />
contrattazione collettiva e consentita<br />
solo a specifichi soggetti autorizzato<br />
dal<strong>la</strong> legge.<br />
Ma l’espressa abrogazione del divieto<br />
di interposizione di manodopera è<br />
stata consacrato nel D. Lgs. 276/03<br />
(c.d. Legge Biagi) e dalle successive<br />
modifiche e decreti attuativi, che<br />
ha introdotto l’intermediazione<br />
nel sistema del mondo del <strong>la</strong>voro,<br />
ponendone limiti e regole al<strong>la</strong><br />
realizzazione concreta.<br />
In questo panorama in cui il mercato<br />
del <strong>la</strong>voro gioca con le regole e i limiti<br />
posti dal legis<strong>la</strong>tore, <strong>la</strong> riflessione che<br />
diventa importante fare è, da ispettori<br />
del <strong>la</strong>voro, come fare a garantire il<br />
rispetto delle regole?<br />
È un dato di fatto, che si<br />
riscontra quotidianamente, che<br />
le esternalizzazioni delle attività<br />
vengono sempre più poste in essere<br />
attraverso forme che risultano<br />
palesemente illegittime, con <strong>la</strong><br />
conseguenza che il <strong>la</strong>voratore,<br />
oltre che depauperato, viene anche<br />
offeso nel<strong>la</strong> sua dignità di <strong>la</strong>voratore<br />
e di uomo; l’esternalizzazione<br />
illecita diventa allora un fenomeno<br />
deplorevole, sotto l’aspetto legale,<br />
sotto l’aspetto economico, sotto<br />
l’aspetto sociale e sotto l’aspetto<br />
etico.<br />
Ma come si concretizzano le forme<br />
patologiche nelle esternalizzazioni?<br />
In partico<strong>la</strong>re le figure che intendiamo<br />
esaminare sono l’appalto non genuino,<br />
<strong>la</strong> somministrazione irrego<strong>la</strong>re e il<br />
distacco. Tutte le forme “patologiche”<br />
di esternalizzazione confluiscono<br />
giuridicamente di fatto nel<strong>la</strong><br />
somministrazione illecita o irrego<strong>la</strong>re<br />
di manodopera, poiché diventano<br />
mere forniture di manodopera<br />
realizzate “contra legem” e i fuori dai<br />
limiti e dalle condizioni poste dal<strong>la</strong><br />
legge.<br />
APPALTO<br />
Questo istituto è certamente il<br />
più antico tra quelli oggetto del<strong>la</strong><br />
presente trattazione. Le disposizioni<br />
normative di riferimento sono gli<br />
artt. 1655- 1677 del codice civile<br />
e il novel<strong>la</strong>to art. 29 del 276/2003<br />
che, su questo tema, introduce una<br />
novità importante rispetto al<strong>la</strong> legge<br />
1369/60, premettendo che l’appalto si<br />
distingue dal<strong>la</strong> somministrazione per<br />
l’organizzazione dei mezzi necessari<br />
da parte dell’appaltatore; aggiungendo<br />
poi che, <strong>la</strong> genuinità dell’appalto può<br />
risultare anche solo dall’esercizio<br />
del potere organizzativo e direttivo<br />
nei confronti dei <strong>la</strong>voratori utilizzati<br />
nell’appalto nonché per l’assunzione<br />
del rischio d’impresa.<br />
Vale a dire, che le prestazioni<br />
<strong>la</strong>vorative rese per <strong>la</strong> realizzazione<br />
dell’opera o del servizio oggetto<br />
del contratto non devono essere<br />
organizzate e dirette da soggetti terzi<br />
estranei all’impresa appaltatrice<br />
(ad esempio dall’appaltante) e che<br />
l’imprenditore che offre in appalto<br />
un’opera od un servizio deve<br />
assumersi il rischio d’impresa che<br />
non può quindi coincidere con il<br />
mero costo del personale impiegato<br />
nell’attività;<br />
Laddove i requisiti indicati non<br />
vengono rispettati <strong>la</strong> fattispecie<br />
incontrata può essere ricondotta<br />
nell’ipotesi di appalto non genuino<br />
che viene punito nel nostro<br />
ordinamento come somministrazione<br />
abusiva di manodopera da parte dello<br />
pseudo appaltatore, ed utilizzazione<br />
illecita da parte del committente, con<br />
l’art. 18 del d. lgs. 276/2003.<br />
Ma vediamo più nel dettaglio alcuni<br />
indici di non genuinità dell’appalto<br />
e<strong>la</strong>borati dal<strong>la</strong> dottrina e dal<strong>la</strong><br />
giurisprudenza i quali permettono e<br />
forniscono un indirizzo interpretativo,<br />
in partico<strong>la</strong>re all’ispettore del <strong>la</strong>voro,<br />
per valutare <strong>la</strong> genuinità di un<br />
contratto di appalto.<br />
1. Mancanza di qualifica di<br />
imprenditore del soggetto<br />
appaltatore.<br />
È indispensabile che l’appaltatore<br />
abbia <strong>la</strong> forma e <strong>la</strong> sostanza di
impresa , sia dal punto di vista<br />
tecnico, sia dal punto di vista<br />
economico ed organizzativo. Non<br />
sarà genuino, inoltre, l’appalto<br />
realizzato da un soggetto che seppur<br />
imprenditore (organizzazione di<br />
mezzi ed organizzazione d’impresa),<br />
si limiti a fornire manodopera non<br />
assumendo alcun rischio d’impresa.<br />
Esempi: mancanza di esperienza<br />
del’appaltatore nel settore di<br />
riferimento dell’appalto; diversità<br />
dell’attività svolta dall’appaltatore<br />
dall’attività dedotta in contratto;<br />
inesistenza di compagine aziendale<br />
di personale qualificato a svolgere<br />
le mansioni connesse all’oggetto del<br />
contratto di appalto.<br />
2. Esercizio del potere direttivo da<br />
parte del committente.<br />
Possono essere indici rive<strong>la</strong>tori i<br />
seguenti: stesso orario di <strong>la</strong>voro tra<br />
dipendenti dell’appaltatore e del<br />
committente; il pagamento delle<br />
retribuzioni effettuato direttamente<br />
dal committente; controllo diretto<br />
dei <strong>la</strong>voratori dell’azienda appaltante<br />
del committente esercitato anche<br />
tramite preposti; concessione di ferie<br />
e permessi da parte del committente;<br />
re<strong>la</strong>zioni sindacali gestite dal<br />
committente,…<br />
3. Mezzi e strumenti del<br />
committente. Quest’indice deve<br />
essere valutato con estrema attenzione<br />
perché, in alcuni casi, come l’appalto<br />
di servizi (ad es. società di consulenza<br />
informatica) pur in presenza di un<br />
apporto materiale minimo o nullo si<br />
deve valutare l’apporto organizzativo<br />
dell’appaltante e i beni immateriali<br />
forniti.<br />
4. Qualificazione dell’attività<br />
<strong>la</strong>vorativa.<br />
Si può par<strong>la</strong>re di genuinità<br />
dell’appalto quando l’attività rientri<br />
tra quelle normalmente esercitate<br />
dall’appaltatore, nell’oggetto sociale<br />
dell’impresa. Sarà altresì genuino<br />
l’appalto nel quale i dipendenti<br />
dell’impresa appaltatrice dei <strong>la</strong>vori<br />
svolgano attività e mansioni differenti<br />
dai dipendenti del committente.<br />
5. Quantificazione ed attribuzione<br />
del corrispettivo.<br />
Quest’ultimo criterio è strettamente<br />
connesso all’assunzione del rischio<br />
d’impresa, facendo riferimento ad<br />
un corrispettivo che non deve essere<br />
L’Ispettore e <strong>la</strong> <strong>Società</strong> 29<br />
parametrato unicamente al costo del<strong>la</strong><br />
manodopera impiegata e che non sia<br />
stabilito preventivamente in maniera<br />
fissa o faccia riferimento al costo<br />
del <strong>la</strong>voro a giornata e non all’opera<br />
da realizzare. (verificare l’eventuale<br />
vio<strong>la</strong>zione del sinal<strong>la</strong>gma contrattuale<br />
del 1655 c.,c. “ compimento di<br />
un’opera o un servizio verso un<br />
corrispettivo di denaro”).<br />
SOMMINISTRAZIONE<br />
La somministrazione è il contratto<br />
disciplinato dagli artt. 20 e ss. Del<br />
D. Lgs. 276/2003, contratto che<br />
individua e si sviluppa tra tre soggetti:<br />
il somministratore o datore di <strong>la</strong>voro,<br />
il <strong>la</strong>voratore e l’utilizzatore.<br />
Per <strong>la</strong> figura del somministratore<br />
<strong>la</strong> legge richiede precisi requisiti di<br />
cui all’art. 4 e dall’art 5 del d. lgs.<br />
276/2003.<br />
(Es.: Iscrizione all’albo ed<br />
autorizzazione, partico<strong>la</strong>re forma<br />
giuridica, capitale minimo versato,<br />
esercizio dell’attività in quattro<br />
regioni,…: L’evidente ratio di tale<br />
normativa è quel<strong>la</strong> di tute<strong>la</strong>re il<br />
<strong>la</strong>voratore, che è l’anello debole<br />
del triangolo che potrebbe subire<br />
le eventuali conseguenze negative<br />
dell’uso improprio di quel<strong>la</strong> forma<br />
contrattuale.<br />
Le forme patologiche del<strong>la</strong><br />
somministrazione vera e propria,<br />
sono sostanzialmente tre: <strong>la</strong><br />
somministrazione irrego<strong>la</strong>re, <strong>la</strong><br />
somministrazione abusiva, <strong>la</strong><br />
somministrazione fraudolenta.<br />
La somministrazione irrego<strong>la</strong>re è<br />
delle tre, <strong>la</strong> patologia più lieve poiché<br />
avviene al di fuori ed in vio<strong>la</strong>zione<br />
delle condizioni poste dagli artt. 20<br />
commi 3,4,5 e 21 commi 1 e 2 del d.<br />
lgs. 276/2003; non ha rilievi penali e<br />
viene infatti punita con una sanzione<br />
amministrativa (art. 18 comma 3).<br />
È <strong>la</strong> somministrazione posta in essere<br />
da agenzie di somministrazione<br />
iscritte all’albo fuori dai limiti e dalle<br />
condizioni stabilite dalle norme.<br />
Nel caso di somministrazione<br />
irrego<strong>la</strong>re Il <strong>la</strong>voratore può chiedere,<br />
giudizialmente, <strong>la</strong> costituzione di un<br />
rapporto di <strong>la</strong>voro alle dipendenze<br />
dell’utilizzatore.<br />
La somministrazione abusiva si<br />
ha invece quando è posta in essere<br />
da un soggetto non autorizzato, ha<br />
rilievi penalistici, ed è in questa che<br />
confluiscono l’appalto non genuino e<br />
il distacco illecito. Viene punita come<br />
contravvenzione con l’ammenda di<br />
€ 50,00 al giorno per ogni <strong>la</strong>voratore<br />
impiegato. (art. 18, comma 1 e 2 , del<br />
D. Lgs. 276/2003)<br />
Nel caso di somministrazione<br />
abusiva il <strong>la</strong>voratore può chiedere,<br />
giudizialmente, <strong>la</strong> costituzione di un<br />
rapporto di <strong>la</strong>voro alle dipendenze<br />
dell’utilizzatore.<br />
La più grave delle tre forme è <strong>la</strong><br />
somministrazione fraudolenta, che<br />
viene posta in essere al precipuo<br />
scopo di eludere norme di legge o di<br />
CCNL. Ai fini del<strong>la</strong> configurazione<br />
del<strong>la</strong> fattispecie in esame <strong>la</strong> norma<br />
richiede <strong>la</strong> presenza del requisito<br />
del consilium fraudis e partecipatìo<br />
fraudis, ovvero l’accordo fraudolento<br />
tra le parti ovvero tra somministratore<br />
e utilizzatore. Nel<strong>la</strong> somministrazione<br />
fraudolenta è richiesta, per<br />
l’integrazione del<strong>la</strong> fattispecie<br />
contravvenzionale, <strong>la</strong> presenza<br />
dell’elemento psicologico del dolo<br />
specifico, che si ha quando <strong>la</strong> legge<br />
richiede nell’azione del reo oltre al<strong>la</strong><br />
coscienza e <strong>la</strong> volontà dell’azione od<br />
omissione commessa, un “quid pluris”<br />
che è rappresentato nell’aver agito per<br />
un fine partico<strong>la</strong>re ed ulteriore, che è<br />
rappresentato, nel caso specifico del<strong>la</strong><br />
somministrazione fraudolenta, dal<strong>la</strong><br />
finalità di eludere norme inderogabili<br />
di legge o di contratti collettivi.<br />
La somministrazione fraudolenta<br />
è sanzionata in modo più severo,<br />
dall’art. 28 del d. lgs. 276/2003, che<br />
prevede una pena aggiuntiva rispetto<br />
al<strong>la</strong> forma del<strong>la</strong> somministrazione<br />
abusiva. Per configurare <strong>la</strong><br />
somministrazione fraudolenta è<br />
indispensabile individuare il dolo<br />
specifico, individuazione che risulta<br />
molto complessa perché deve partire<br />
dall’analisi del contesto oggettivo in<br />
cui si è riscontrata <strong>la</strong> vio<strong>la</strong>zione ed,<br />
attraverso il reperimento di indizi<br />
e elementi sintomatici, deve portare<br />
provare specificatamente <strong>la</strong> volontà di<br />
eludere norme di legge o di contratto.<br />
E’ ovviamente, tra le figure esaminate,<br />
<strong>la</strong> fattispecie più difficile da provare.<br />
A titolo esemplificativo si possono<br />
citare alcuni casi.<br />
-Il somministratore, che potrebbe<br />
anche essere soggetto autorizzato,
30 L’Ispettore e <strong>la</strong> <strong>Società</strong><br />
obbliga alle dimissioni un <strong>la</strong>voratore<br />
svantaggiato per poi ricollocarlo<br />
l’ex datore di <strong>la</strong>voro tramite<br />
somministrazione al fine di applicare<br />
trattamenti economici e normativi<br />
inferiori;<br />
- oppure <strong>la</strong> somministrazione a<br />
tempo determinato viene reiterata più<br />
volte allo stesso utilizzatore al fine<br />
di eludere i limiti posti dai CCL e<br />
dal<strong>la</strong> legge in materia di contratto a<br />
termine.<br />
IL DISTACCO<br />
La forma patologica forse più<br />
insidiosa delle esternalizzazioni<br />
sta diventando, anche al<strong>la</strong> luce<br />
dell’esperienza quotidiana<br />
dell’attività di vigi<strong>la</strong>nza, il<br />
distacco, poiché in tale fattispecie<br />
<strong>la</strong> verifica dell’abuso e <strong>la</strong> re<strong>la</strong>tiva<br />
contestazione/disconoscimento, può<br />
operarsi attraverso l’analisi di due<br />
soli elementi fissati dal legis<strong>la</strong>tore,<br />
nell’art. 30 del D. lgs. 276/2003:<br />
<strong>la</strong> temporaneità e l’interesse del<br />
distaccante.<br />
Per ripercorre <strong>la</strong> genesi dell’istituto<br />
nel tempo, va osservato che<br />
inizialmente l’istituto del distacco<br />
trovava albergo normativo solo<br />
nel settore del pubblico impiego,<br />
dove nel D.P.R. n. 3/57, venivano<br />
configuravano le ipotesi di distacco e<br />
di comando, per le quali il legis<strong>la</strong>tore<br />
aveva ammesso, seppur in ipotesi<br />
residuali, <strong>la</strong> possibilità del ricorso<br />
anche nel settore privato all’istituto<br />
del distacco.<br />
L’attuale norma fondante è il<br />
d.lgs. 276/03, <strong>la</strong>ddove all’art. 30<br />
specifica: “ il distacco si configura<br />
quando il datore di <strong>la</strong>voro, per<br />
soddisfare un proprio interesse, pone<br />
temporaneamente uno o più <strong>la</strong>voratori<br />
a disposizione di altro soggetto per<br />
l’esecuzione di una determinata<br />
attività <strong>la</strong>vorativa”.<br />
Rispetto al primo requisito ovvero<br />
<strong>la</strong> temporaneità, da considerarsi<br />
strettamente connesso con l’interesse,<br />
è facile costatarne <strong>la</strong> presenza, poiché<br />
il termine può essere tra le parti<br />
determinato o determinabile: es. vien<br />
apposta <strong>la</strong> data; oppure viene indicato<br />
l’evento che fa cessare il distacco, <strong>la</strong><br />
conclusione di un’opera ad esempio.<br />
Problemi più seri possono crearsi<br />
invero nel<strong>la</strong> valutazione dell’interesse<br />
del distaccante che, è bene subito<br />
sottolineare, non deve essere un<br />
mero interesse economico, sic et<br />
simpliciter, che da solo non giustifica<br />
mai il distacco, salvo che per evitare<br />
licenziamenti collettivi per crisi<br />
aziendale, o <strong>la</strong> cassa integrazione (sul<br />
punto si veda cassazione 16165/2004)<br />
ma in questo caso occorre un<br />
preventivo accordo sindacale.<br />
L’interesse del distaccante deve<br />
essere prima di tutto specifico,<br />
rilevante concreto e persistente e<br />
cioè perdurare in tutto il periodo nel<br />
quale il distacco è disposto, da qui <strong>la</strong><br />
connessione con <strong>la</strong> temporaneità.<br />
Inoltre l’interesse oggetto del<br />
contratto deve essere di tipo<br />
produttivo; Sul punto <strong>la</strong> circo<strong>la</strong>re<br />
del Ministero del Lavoro n.<br />
3/2004 è chiara nell’affermare che<br />
l’interesse del distaccante deve<br />
consistere in un interesse produttivo<br />
diversamente qualificato dal mero<br />
interesse economico che riguarda il<br />
somministratore. Diciamo subito che<br />
deve trattarsi di un autentico interesse<br />
produttivo, vale a dire un interesse<br />
legato alle esigenze dell’impresa<br />
piuttosto che dell’imprenditore<br />
persona fisica, ed allora diventa<br />
indispensabile fissare dei criteri per<br />
valutare se un interesse sia produttivo<br />
o meno.<br />
Le due caratteristiche indicate<br />
dal legis<strong>la</strong>tore costituiscono <strong>la</strong><br />
piattaforma di <strong>la</strong>voro dell’ispettore<br />
che deve valutarne l’effettiva<br />
consistenza nel singolo caso concreto,<br />
valutazione che deve essere operata<br />
in stretta re<strong>la</strong>zione con <strong>la</strong> realtà<br />
aziendale del distaccante.<br />
Sul<strong>la</strong> base dell’esperienza maturata<br />
in campo come ispettori potremmo<br />
fornire qualche concreta indicazione,<br />
allo scopo di fornire qualche spunto<br />
operativo:<br />
• potremmo dire ad esempio che<br />
l’attività che il <strong>la</strong>voratore distaccato<br />
andrà a svolgere dovrà essere<br />
specificata e collegata logicamente<br />
all’interesse che motiva il distacco.<br />
Non si possono accettare descrizioni<br />
generiche dell’attività che si andrà a<br />
svolgere, ma devono essere puntuali.<br />
Esempi: il distaccante è un fornitore<br />
di macchinari complessi ed allora<br />
distacca operai per addestrare<br />
le maestranze dell’acquirente-<br />
distaccatario, una volta addestrate<br />
il distacco deve cessare, pertanto<br />
anche <strong>la</strong> temporaneità è legata<br />
al tipo di attività; altro esempio,<br />
col<strong>la</strong>borazione per <strong>la</strong> migliore riuscita<br />
del prodotto; e ancora, acquisizione<br />
di professionalità che non può essere<br />
acquisita presso <strong>la</strong> propria azienda per<br />
il <strong>la</strong>ncio di un nuovo prodotto o per<br />
una partico<strong>la</strong>re qualità del prodotto e<br />
si distacca uno o più <strong>la</strong>voratori presso<br />
azienda che ha impianti e macchine e<br />
procedure che permettono di acquisire<br />
determinate professionalità.<br />
• Non può essere considerato lecito un<br />
distacco motivato dal<strong>la</strong> acquisizione<br />
di professionalità per lo svolgimento<br />
di attività future ed incerte, che non<br />
risultano neanche nell’oggetto sociale<br />
dell’impresa, perché in contrasto con<br />
il requisito del<strong>la</strong> concretezza;<br />
• Non potrà essere considerato<br />
legittimo il distacco da parte di<br />
aziende che non svolgono proprie<br />
autentiche attività produttive,<br />
ma si limitano a svolgere attività<br />
di somministrazione assumendo<br />
e contestualmente distaccando<br />
personale, realizzando un’ipotesi<br />
di mera somministrazione di<br />
manodopera (si tratta per lo più di<br />
cooperative).<br />
Per concludere, pseudo-appalto,<br />
pseuso-distacco e somministrazione<br />
illecita, sono tre espressioni di<br />
un unico illecito, che integrano<br />
<strong>la</strong> fattispecie più generale del<strong>la</strong><br />
interposizione illecita di manodopera,<br />
per le quali, infatti, l’ordinamento<br />
prevede <strong>la</strong> medesima pena.
Lo stress da <strong>la</strong>voro può causare gravi<br />
conseguenze per <strong>la</strong> salute fisica,<br />
psicologica e re<strong>la</strong>zionale. La qualità<br />
del<strong>la</strong> vita negli ambienti di <strong>la</strong>voro è<br />
un obiettivo di primaria rilevanza sia<br />
per i <strong>la</strong>voratori che per le imprese. La<br />
valorizzazione del/del<strong>la</strong> <strong>la</strong>voratore/<br />
<strong>la</strong>voratrice, con l’opportunità di sviluppo<br />
professionale e di espressione delle<br />
potenzialità in un’organizzazione di<br />
<strong>la</strong>voro, rappresentano delle strategie<br />
per migliorare anche <strong>la</strong> produttività<br />
e l’innovazione. A seguito del<strong>la</strong><br />
raccomandazione dell’ILO, Intenational<br />
<strong>la</strong>bour organization, l’Istat ha svolto una<br />
prima indagine sul disagio dei <strong>la</strong>voratori<br />
per gli anni 2008-2009.È emerso che<br />
2milioni e 633mi<strong>la</strong> <strong>la</strong>voratori, pari al<br />
9%, hanno dichiarato di aver subito nel<br />
corso del<strong>la</strong> vita vessazioni al <strong>la</strong>voro,<br />
demansionamento o privazioni di compiti.<br />
La maggior parte dei comportamenti<br />
persecutori e discriminatori ha riguardato<br />
l’ambito del<strong>la</strong> comunicazione, a seguire,<br />
<strong>la</strong> qualità del<strong>la</strong> situazione professionale,<br />
l’immagine sociale, le re<strong>la</strong>zioni sociali,<br />
infine le aggressioni vere e proprie (3,9%<br />
dei casi). Secondo questa indagine, che<br />
ha per oggetto il disagio conc<strong>la</strong>mato nelle<br />
re<strong>la</strong>zioni <strong>la</strong>vorative, i <strong>la</strong>voratori hanno<br />
<strong>la</strong>mentato problemi fisici (emicrania,<br />
disturbi al cuore, gastrite, colite),<br />
psicologici (tensione, ansia, depressione)<br />
e di tipo re<strong>la</strong>zionale (litigi frequenti<br />
a causa del nervosismo, minor tempo<br />
dedicato ad amici e familiari).<br />
Con <strong>la</strong> Campagna europea 2012 sul<strong>la</strong><br />
valutazione dei rischi psicosociali sono<br />
state avviate una serie di iniziative per<br />
l’informazione e <strong>la</strong> sensibilizzazione<br />
di aziende e <strong>la</strong>voratori al fine del<strong>la</strong><br />
prevenzione del rischio. La campagna<br />
di ispezioni si concentrerà specialmente<br />
agli ambiti del<strong>la</strong> sanità e del<strong>la</strong> previdenza<br />
sociale, dei servizi (hotel, ristoranti) e<br />
dei trasporti, individuati come settori con<br />
maggiore incidenza di rischio da stress.<br />
Nel “panorama legale” interno,<br />
riguardante l’ambiente di <strong>la</strong>voro e<br />
<strong>la</strong> dignità delle persone, <strong>la</strong> norma<br />
fondamentale è l’articolo 2087 del<br />
codice civile: “L’imprenditore è tenuto<br />
ad adottare nell’esercizio dell’impresa le<br />
misure che, secondo <strong>la</strong> partico<strong>la</strong>rità del<br />
<strong>la</strong>voro, l’esperienza e <strong>la</strong> tecnica, sono<br />
necessarie a tute<strong>la</strong>re l’integrità fisica e<br />
<strong>la</strong> personalità morale dei prestatori di<br />
<strong>la</strong>voro”. Il principale testo di riferimento<br />
è il Testo unico del<strong>la</strong> sicurezza (TUS),<br />
L’Ispettore e <strong>la</strong> <strong>Società</strong> 31<br />
Stress <strong>la</strong>voro - corre<strong>la</strong>to,<br />
Campagna europea<br />
di ispezione 2012<br />
di Lucia Fincato – Funzionaria di Vigi<strong>la</strong>nza Inail di Vicenza<br />
il decreto legis<strong>la</strong>tivo 9 aprile 2008, n.<br />
81 che, all’articolo 28 “Oggetto del<strong>la</strong><br />
valutazione dei rischi”, prevede al n.1<br />
bis <strong>la</strong> valutazione dello stress <strong>la</strong>vorocorre<strong>la</strong>to.<br />
La valutazione di tutti i<br />
rischi, compreso quello dello stress,<br />
l’e<strong>la</strong>borazione del DVR, documento<br />
di valutazione aziendale dei rischi, e<br />
<strong>la</strong> designazione del responsabile del<br />
servizio di protezione e prevenzione, sono<br />
specifici compiti che il datore di <strong>la</strong>voro<br />
non può delegare ad altri soggetti (art.<br />
17 TUS). Nello stesso DVR, oltre al<strong>la</strong><br />
re<strong>la</strong>zione di tutti i rischi per <strong>la</strong> sicurezza<br />
e <strong>la</strong> salute, devono essere indicate le<br />
misure ritenute opportune per garantirne<br />
il miglioramento. Per preventive lo stress<br />
da <strong>la</strong>voro si può far leva sul<strong>la</strong> gestione<br />
dell’organizzazione, sull’informazione<br />
e <strong>la</strong> formazione partecipativa, e con<br />
l’adozione dei codici di condotta. Questi<br />
ultimi sono atti di formazione volontaria<br />
assunti dallo stesso datore per promuovere<br />
un clima favorevole. Nell’ambito del<strong>la</strong><br />
vigi<strong>la</strong>nza sul<strong>la</strong> corretta applicazione sul<strong>la</strong><br />
salute e sicurezza in ambito di <strong>la</strong>voro,<br />
salvo le eccezioni individuate dal Tus,<br />
<strong>la</strong> competenza generale è assegnata<br />
servizi dell’Azienda sanitaria locale,<br />
attribuzione che risale al<strong>la</strong> Legge 833/78,<br />
ed il personale di vigi<strong>la</strong>nza nell’attività<br />
di accertamento agisce in qualità di<br />
ufficiale di polizia giudiziaria. Dal 31<br />
dicembre 2010 in ogni azienda, sia in<br />
ambito pubblico che privato, deve essere<br />
valutato lo stress <strong>la</strong>voro-corre<strong>la</strong>to. Le<br />
indicazioni metodologiche in merito<br />
agli strumenti da utilizzare sono giunte<br />
dal<strong>la</strong> Commissione consultiva che<br />
ha dato pure degli orientamenti per<br />
semplificare gli adempimenti, specie<br />
riguardo alle piccole imprese. I datori che<br />
occupano fino a 10 <strong>la</strong>voratori possono<br />
autocertificare <strong>la</strong> valutazione del rischio.<br />
Nel<strong>la</strong> circo<strong>la</strong>re n. 15 del novembre 2010<br />
del Ministero del <strong>la</strong>voro sono evidenziate<br />
delle indicazioni operative che, pur<br />
“tenendo conto dell’ampia produzione<br />
scientifica disponibile, sono state redatte<br />
secondo criteri di semplicità, brevità e<br />
comprensibilità”. Recependo l’articolo<br />
3 dell’Accordo Europeo del 2004 e<br />
l’accordo Inteconfederale del giugno<br />
2008, il fenomeno dello stress <strong>la</strong>voro<br />
corre<strong>la</strong>to, è definito come <strong>la</strong> “condizione<br />
che può essere accompagnata da disturbi<br />
o disfunzioni di natura fisica, psicologica<br />
o sociale ed è conseguenza del fatto<br />
che taluni individui non si sentono in<br />
grado di corrispondere alle richieste o<br />
aspettative riposte in loro”. Tali disturbi<br />
possono causare astensione dal <strong>la</strong>voro<br />
con l’erogazione da parte dell’Inail<br />
dell’indennità giornaliera per inabilità<br />
temporanea assoluto e nei casi più gravi<br />
l’indennizzo per <strong>la</strong> lesione all’integrità<br />
psicofisica (danno biologico) o <strong>la</strong> rendita<br />
per inabilità permanente. Il datore per<br />
<strong>la</strong> valutazione del rischio stress <strong>la</strong>vorocorre<strong>la</strong>to<br />
deve anzitutto adottare una<br />
metodologia di rilevazione “in modo<br />
che da tale identificazione discendano <strong>la</strong><br />
pianificazione e <strong>la</strong> realizzazione di misure<br />
di eliminazione o, quando essa non sia<br />
possibile, riduzione al minimo di tale<br />
fattore di rischio”. Una ponderazione che<br />
deve riguardare gruppi di <strong>la</strong>voratori con<br />
caratteristiche omogenee, ad esempio per<br />
mansione svolte o unità produttiva, e non<br />
singoli soggetti. Il metodo si artico<strong>la</strong> in<br />
una prima fase di valutazione preliminare,<br />
ed eventualmente una seconda fase<br />
“approfondita”.<br />
I dati che vengono considerati sono del<br />
tutto oggettivi e verificabili, distinti in<br />
tre categorie: eventi sentinel<strong>la</strong> (infortuni,<br />
ma<strong>la</strong>ttie, turnover, sanzioni disciplinari,<br />
segna<strong>la</strong>zioni del medico competente),<br />
fattori di contenuto del <strong>la</strong>voro (ambiente,<br />
attrezzature, carichi di <strong>la</strong>voro), fattori<br />
di contesto del <strong>la</strong>voro (ruolo, conflitti,<br />
carriere). Solo nel caso del<strong>la</strong> sussistenza<br />
di elementi di rischio da stress <strong>la</strong>voro<br />
corre<strong>la</strong>to e del<strong>la</strong> conseguente adozione<br />
di interventi correttivi, ma con risultati<br />
inefficaci, il datore dovrà procedere<br />
con <strong>la</strong> seconda fase dell’approfondita<br />
valutazione. Un approfondimento che<br />
viene svolto valutando “<strong>la</strong> percezione<br />
soggettiva dei <strong>la</strong>voratori, ad esempio<br />
attraverso differenti strumenti quali<br />
questionari, focus group, interviste<br />
semi strutturate”. I datori che occupano<br />
fino a 5 <strong>la</strong>voratori possono coinvolgere<br />
direttamente i <strong>la</strong>voratori, ad esempio<br />
organizzando apposite riunioni, al<br />
fine di trovare una soluzione. Il TUS<br />
prevede tutti i casi in cui è obbligatoria<br />
<strong>la</strong> sorveglianza sanitaria, solo per citarne<br />
alcuni, <strong>la</strong> movimentazione manuale dei<br />
carichi (art. 168), agenti fisici (art. 185) e<br />
esposizione al rumore (art. 196). Anche se<br />
non è obbligatoria per i <strong>la</strong>voratori esposti<br />
al rischio dal stress <strong>la</strong>voro-corre<strong>la</strong>to, “<strong>la</strong><br />
sorveglianza sanitaria è effettuata dal<br />
medico competente qualora il <strong>la</strong>voratore<br />
ne faccia richiesta e <strong>la</strong> stessa sia ritenuta<br />
dal medico corre<strong>la</strong>ta ai rischi <strong>la</strong>vorativi”.
32 L’Ispettore e <strong>la</strong> <strong>Società</strong><br />
In materia di sicurezza sociale e<br />
conseguenti obblighi assicurativi, uno<br />
dei principi fondamentali è quello<br />
del<strong>la</strong> “territorialità” (lex loci <strong>la</strong>boris):<br />
il <strong>la</strong>voratore deve essere assicurato nel<br />
paese ove svolge l’attività <strong>la</strong>vorativa.<br />
E’ possibile, tuttavia, derogare a tale<br />
principio in presenza di “distacco”<br />
sul territorio nazionale di <strong>la</strong>voratori<br />
dipendenti da aziende straniere.<br />
In tal caso occorre distinguere<br />
le imprese con sede in Paesi<br />
extracomunitari da quelli con sede in<br />
Stati membri dell’U.E.<br />
Nel primo caso, “sul<strong>la</strong> base delle<br />
regole di diritto internazionale privato<br />
(art. 61, L. n. 285/1985) e sempre<br />
che non sussistano norme di diritto<br />
internazionale pattizio che dispongano<br />
diversamente, appare applicabile<br />
l’intera normativa italiana”.<br />
Nel secondo caso, invece, trova<br />
applicazione il principio di<br />
“personalità” secondo il quale il<br />
<strong>la</strong>voratore rimane soggetto al<strong>la</strong><br />
“legis<strong>la</strong>zione previdenziale del<br />
Paese di residenza del <strong>la</strong>voratore<br />
comunitario, qualora eserciti parte<br />
del<strong>la</strong> sua attività in tale Paese ovvero<br />
il regime previdenziale del Paese di<br />
residenza dell’azienda comunitaria,<br />
qualora il <strong>la</strong>voratore sia residente<br />
in un Paese in cui non svolge<br />
ordinariamente <strong>la</strong> propria attività<br />
<strong>la</strong>vorativa.”<br />
Il formu<strong>la</strong>rio A1 (ex E101) ri<strong>la</strong>sciato<br />
dal<strong>la</strong> competente Istituzione estera<br />
attesta per tutta <strong>la</strong> durata del distacco<br />
tale diverso regime previdenziale.<br />
Naturalmente al mantenimento di<br />
tale diverso regime previdenziale<br />
consegue il non assoggettamento al<strong>la</strong><br />
rego<strong>la</strong>re tenuta dei libri obbligatori.<br />
Ai fini ispettivi tale circostanza “può<br />
di fatto rendere impossibile <strong>la</strong> lotta al<br />
<strong>la</strong>voro nero e <strong>la</strong> verifica del rispetto<br />
delle norme gius<strong>la</strong>voristiche a cui le<br />
aziende comunitarie sono comunque<br />
tenute (art.3 c.1 Dlgs. 72/2000).”<br />
Viene in aiuto <strong>la</strong> giurisprudenza<br />
comunitaria (sentenze C-369 e<br />
C-376/96) che ha affermato <strong>la</strong><br />
legittimità dell’applicazione delle<br />
norme nazionali sui libri obbligatori<br />
ai fini dei controlli “sempre che tali<br />
obblighi non costituiscano di fatto una<br />
duplicazione di quanto già in possesso<br />
dell’azienda secondo le norme del<br />
Paese d’origine”.<br />
Regime previdenziale<br />
di Giuseppe Co<strong>la</strong>giacomo, Funzionario di Vigi<strong>la</strong>nza INPS di Roma<br />
Note:<br />
1. Per approfondimenti: AA.VV. “Il<br />
distacco dei <strong>la</strong>voratori nell’Unione Europea.<br />
Vademecum ad uso degli Ispettori del <strong>la</strong>voro<br />
e delle Imprese”, Novembre 2010; Beniamino<br />
Gallo, a cura di, “Il regime previdenziale<br />
per i <strong>la</strong>voratori stranieri in Italia”, Il Giurista<br />
del Lavoro, gennaio 2011; INPS circo<strong>la</strong>ri n.<br />
83/2010 e n.99/2010.<br />
2. Interpello n. 6/2009 Ministero del<br />
Lavoro, del<strong>la</strong> Salute e delle Politiche sociali<br />
– Direzione Generale per l’attività ispettiva<br />
3. ibidem<br />
4. Art. 14 Rego<strong>la</strong>mento CEE n. 1408/1971<br />
5. Davide Venturi, Gli obblighi in materia<br />
di <strong>la</strong>voro e contribuzione delle aziende<br />
comunitarie operanti in Italia. In partico<strong>la</strong>re<br />
il distacco comunitario, Col<strong>la</strong>na ADAPT<br />
Working Paper n. 49/2008, pag.7<br />
6. Ibidem