A questo punto mi pare necessario riprendere e sistematizzare al ...
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IL VOCALESE TRA ORALITÀ E SCRITTURA<br />
A <strong>questo</strong> <strong>punto</strong> <strong>mi</strong> <strong>pare</strong> <strong>necessario</strong> <strong>riprendere</strong> e <strong>sistematizzare</strong> <strong>al</strong>cune<br />
considerazioni fatte via via per approfondire ulteriormente<br />
l’an<strong>al</strong>isi del voc<strong>al</strong>ese, il qu<strong>al</strong>e ci ap<strong>pare</strong> ormai come una forma complessa<br />
di performance non piú facilmente etichettabile con l’angusta<br />
definizione di “stile di jazz voc<strong>al</strong>e”.<br />
Pur nascendo d<strong>al</strong>l’unione di testo e musica, non possiamo definire<br />
il voc<strong>al</strong>ese come una forma “canzone”, tanto meno se il ter<strong>mi</strong>ne<br />
è inteso nella definizione di breve composizione con ripetizioni<br />
strofiche, e neppure nella moderna accezione della musica popular<br />
o jazz americana, song o standard song, cioè una breve composizione<br />
nata d’intesa tra un compositore e un autore della parte<br />
letteraria, poiché la parte music<strong>al</strong>e non solo è preesistente, ma è essa<br />
stessa già un’elaborazione di <strong>al</strong>tro brano music<strong>al</strong>e prodotta d<strong>al</strong>l’improvvisazione<br />
virtuosistica (o composizione estemporanea) di<br />
un solista di jazz.<br />
D’<strong>al</strong>tro canto, non si tratta neppure di testi poetici in senso stretto<br />
adattati a una struttura music<strong>al</strong>e poiché, come vedremo meglio,<br />
i testi non riescono ad esistere senza la musica per cui sono stati<br />
creati e senza la voce del performer.<br />
Pur essendo musica commerci<strong>al</strong>e, seppure di nicchia, non si tratta<br />
di musica pop o popolare, poiché le melodie del voc<strong>al</strong>ese non sono<br />
facilmente cantabili e tanto meno “canticchiabili”.<br />
Pur appartenendo <strong>al</strong>l’ambito jazzistico e rivolto <strong>al</strong> pubblico del<br />
jazz, nel voc<strong>al</strong>ese viene a mancare una delle caratteristiche fondament<strong>al</strong>i<br />
del jazz, che è l’improvvisazione, perché, in qu<strong>al</strong>che modo,<br />
il voc<strong>al</strong>ese è “musica scritta”.<br />
Inoltre il ruolo del poeta-performer o del cantante-performer<br />
non è margin<strong>al</strong>e, ma fondament<strong>al</strong>e in quanto caratterizza un’in-
86 i poeti del voc<strong>al</strong>ese<br />
terpretazione di tipo emotivo e non semplicemente acrobaticovirtuosistico,<br />
e <strong>questo</strong> nonostante la difficoltà esecutiva dei brani.<br />
Il voc<strong>al</strong>ese, insomma, richiede di essere an<strong>al</strong>izzato come fenomeno<br />
complesso che si situa in una dimensione straordinaria e scomoda<br />
creata d<strong>al</strong>l’incontro non conflittu<strong>al</strong>e bensí convergente tra ment<strong>al</strong>ità<br />
della scrittura e ment<strong>al</strong>ità or<strong>al</strong>e e, quest’ultima, sia di tipo primario<br />
(come permanenza di sensibilità or<strong>al</strong>e proveniente da culture<br />
illetterate, come le culture africane degli schiavi deportati nelle Americhe),<br />
sia di tipo secondario o mediato (come recente prodotto dei<br />
mezzi di comunicazione di massa).<br />
Non è perciò essenzi<strong>al</strong>e stabilire con esattezza chi o quando abbia<br />
iniziato la pratica di mettere le parole su un assolo di jazz per poi cantarlo,<br />
quanto capire le motivazioni e le condizioni che hanno contribuito<br />
a creare il fenomeno del voc<strong>al</strong>ese come t<strong>al</strong>e agli inizi degli<br />
anni Cinquanta, permettendo la conquista di una discreta fetta di<br />
mercato discografico e la nascita di un nuovo genere di canto jazz.<br />
Gli studi intrapresi nel Novecento sulle civiltà or<strong>al</strong>i ci offrono un<br />
v<strong>al</strong>ido aiuto per an<strong>al</strong>izzare la complessità di <strong>questo</strong> fenomeno.<br />
A partire da Milman Parry (1902-1935) si sono succeduti, nel corso<br />
del Novecento, molti studi sulle diversità nei meccanis<strong>mi</strong> di apprendimento<br />
e comunicazione nelle culture or<strong>al</strong>i primarie (an<strong>al</strong>fabete)<br />
e nelle culture letterate. In particolare gli studi di Parry vertevano<br />
sulla cosiddetta “questione omerica” 1 e gli per<strong>mi</strong>sero di dimostrare<br />
che Iliade e Odissea non erano la prima grande creazione letteraria<br />
dell’umanità ad opera di un grande scrittore, bensí la trascrizione<br />
in <strong>al</strong>fabeto greco (avvenuta nel periodo compreso tra il 700 e<br />
il 650 a.C.) dell’espressione or<strong>al</strong>e di una cultura or<strong>al</strong>e primaria: l’epos.<br />
Parry dimostrò la natura formulare dei poe<strong>mi</strong> omerici, ossia che<br />
la narrazione era costituita da un succedersi di frasi fatte o “formule”<br />
tradizion<strong>al</strong>mente assemblate come meglio si adattavano <strong>al</strong>la struttura<br />
dell’esametro composto or<strong>al</strong>mente. La “formula” è una combinazione<br />
verb<strong>al</strong>e a parti metriche intercambiabili, artificio mnemonico<br />
poggiato sul ritmo della frase, che per mezzo di assonanze, rime,<br />
ripetizioni e <strong>al</strong>tre tecniche permette di riassemblare un testo or<strong>al</strong>e<br />
complesso. La formula permane nella nostra cultura sotto forma di<br />
proverbi, detti popolari, filastrocche (del tipo: «Trenta giorni ha Novembre<br />
/ con April Giugno e Settembre / di ventotto ce n’è uno / tut-<br />
1] M. Parry, The Making Of The Homeric Verse: The Collected Paper Of Milman Parry,<br />
a c. di A. Parry, Clarendon Press, Oxford 1971.
il voc<strong>al</strong>ese tra or<strong>al</strong>ità e scrittura 87<br />
ti gli <strong>al</strong>tri ne han trentuno»), ma ne abbiamo un’eccellente e affascinante<br />
documentazione nello studio della cultura contadina dell’It<strong>al</strong>ia<br />
centr<strong>al</strong>e con i suoi poeti an<strong>al</strong>fabeti improvvisatori in ottava rima,<br />
in grado di ricreare storie assai lunghe e complesse (come la Gerus<strong>al</strong>emme<br />
liberata o i poe<strong>mi</strong> dell’Ariosto), non identici agli origin<strong>al</strong>i “scritti”,<br />
ma nella sostanza del racconto degli avvenimenti e mantenendo<br />
il metro. 2<br />
Gli studi successivi <strong>al</strong>la scoperta di Parry si svilupparono da un lato<br />
nella definizione della funzione soci<strong>al</strong>e, cultur<strong>al</strong>e ed educativa della<br />
poesia epica nell’ambito della società a cultura or<strong>al</strong>e primaria, 3 e<br />
d<strong>al</strong>l’<strong>al</strong>tro lato nell’an<strong>al</strong>isi della ment<strong>al</strong>ità dell’individuo appartenente<br />
ad una cultura or<strong>al</strong>e e della trasformazione della forma ment<strong>al</strong>e<br />
dovuta <strong>al</strong>l’introduzione della scrittura.<br />
In particolare W<strong>al</strong>ter J. Ong 4 individuò <strong>al</strong>tre caratteristiche, oltre<br />
<strong>al</strong>la formularità, rivelatrici del pensiero, della struttura ment<strong>al</strong>e e dell’espressione<br />
or<strong>al</strong>i. Ricollegandosi <strong>al</strong> saggio di Marsh<strong>al</strong>l McLuhan 5<br />
sulla natura delle nuove tecnologie di comunicazione di massa (media,<br />
secondo la definizione di McLuhan ormai entrata nell’uso corrente,<br />
e cioè: radio, telefono, televisione, registrazioni e <strong>al</strong>tri mezzi a<br />
prev<strong>al</strong>ente impatto or<strong>al</strong>e-uditivo) Ong, con il suo studio sull’or<strong>al</strong>ità<br />
secondaria, cioè indotta dai mezzi di comunicazione di massa, ha dimostrato<br />
che molte caratteristiche identificative dell’or<strong>al</strong>ità primaria<br />
sono riscontrabili anche nei casi di or<strong>al</strong>ità secondaria, in quanto proprie<br />
del mezzo or<strong>al</strong>e-uditivo in contrapposizione con le mod<strong>al</strong>ità caratteristiche<br />
della scrittura legate <strong>al</strong> mezzo visivo.<br />
Come vedremo, nel voc<strong>al</strong>ese si incontrano e intrecciano in modo<br />
peculiare <strong>al</strong>cuni elementi pertinenti <strong>al</strong>le mod<strong>al</strong>ità di tras<strong>mi</strong>ssione or<strong>al</strong>e<br />
della cultura sia primaria che secondaria con elementi innovativi<br />
di scrittura.<br />
A proposito dell’“invenzione” del voc<strong>al</strong>ese, è evidente che la pratica<br />
sarà co<strong>mi</strong>nciata, seppure con episodi isolati o non documentati,<br />
2] Per un approfondimento vedi: G. Kezich, I poeti contadini, con il saggio “Cantar<br />
l’Ottava” di Maurizio Agamennone, Bulzoni, Roma 1986.<br />
3] Fondament<strong>al</strong>e il saggio di Eric A. Havelock, Preface To Plato, Harvard University<br />
Press, Cambridge Mass. 1963 (trad. it. di M. Carpitella, Cultura or<strong>al</strong>e e civiltà della scrittura.<br />
Da Omero a Platone, Laterza, Bari 1973).<br />
4] W.J. Ong, Or<strong>al</strong>ity and Literacy. The Technologizing of the Word, Methuen, London<br />
- New York 1982 (trad. it. di A. C<strong>al</strong>anchi, Or<strong>al</strong>ità e scrittura. Le tecnologie della parola, il<br />
Mulino, Bologna 1986).<br />
5] M. McLuhan, op. cit.
88 i poeti del voc<strong>al</strong>ese<br />
molto prima degli anni Cinquanta, con le prime registrazioni di jazz,<br />
perché è insita nella natura stessa di fenomeno relativo <strong>al</strong>la sfera or<strong>al</strong>e.<br />
Ad esempio nel 1929, Bee P<strong>al</strong>mer, “The Shimmy Queen”, una celebre<br />
artista di vaudeville, registrò per la Columbia, accompagnata<br />
da <strong>al</strong>cuni musicisti dell’orchestra di Paul Whiteman, due takes di<br />
“Singin’ the Blues” nei qu<strong>al</strong>i ripeteva con l’aggiunta di un testo scritto<br />
da Ted Koeler gli assoli di Bix Beiderbecke e di Frankie Trumbauer<br />
d<strong>al</strong> loro storico disco del 1927 per la Okeh. La Columbia però scartò<br />
le registrazioni (pubblicate solo recentemente su CD), 6 ma qu<strong>al</strong>che<br />
anno dopo, nel 1934, un’<strong>al</strong>tra cantante di vaudeville, Marion Harris,<br />
propose <strong>questo</strong> stesso brano registrandolo per la Decca.<br />
Varie testimonianze riferiscono che era diffuso tra i giovani del<br />
ghetto nero ben prima degli anni Cinquanta cantare te<strong>mi</strong> e interi<br />
pezzi di jazz inventando anche estemporaneamente un testo. In <strong>questo</strong><br />
senso il voc<strong>al</strong>ese si ricollega a tutte quelle gare di bravura con le<br />
parole caratteristiche a vari livelli della cultura afroamericana, come<br />
conjuring (evocazione di spiriti dell’<strong>al</strong>dilà in pratiche di magia), dirty<br />
dozens (gara di insulti), signifying (forma retorica caratteristica del<br />
parlato afroamericano, in cui attraverso l’ironia si dice senza dire esplicitamente,<br />
si insulta senza insultare direttamente e cosí via), toasting<br />
(parlare o cantilenare su un ritmo) e rapping, e non fa che rafforzare<br />
la sua collocazione in area di ment<strong>al</strong>ità or<strong>al</strong>e primaria fortemente<br />
connotata come afro-americana.<br />
È invece a un livello di consapevolezza maggiore da parte dei poeti-performers,<br />
che il voc<strong>al</strong>ese si inserisce nella tradizione del canto<br />
afroamericano, del gospel, del blues, e condivide tutti gli aspetti di<br />
or<strong>al</strong>ità peculiari a questa tradizione. Il voc<strong>al</strong>ese si sviluppa inoltre direttamente<br />
influenzato d<strong>al</strong> bebop, cioè da uno stile di jazz radic<strong>al</strong>e,<br />
in cui si riproponevano elementi sonori di rottura, di provocazione,<br />
e volutamente si recuperavano gli elementi piú africani del jazz e del<br />
blues delle origini, dove le caratteristiche rivelatrici di or<strong>al</strong>ità primaria<br />
sono ancora piú evidenti.<br />
D’<strong>al</strong>tro canto, però, il voc<strong>al</strong>ese nasce e si sviluppa soltanto grazie<br />
<strong>al</strong>la possibilità tecnica della riproduzione sonora, cioè grazie <strong>al</strong>l’esistenza<br />
di mezzi, di media, che comportano un nuovo tipo di or<strong>al</strong>itàaur<strong>al</strong>ità<br />
secondaria, mediata. Il voc<strong>al</strong>ese è un testo sovrapposto a un<br />
<strong>al</strong>tro testo, dunque un testo uditivo <strong>al</strong> quadrato, un metatesto.<br />
6] F. Trumbauer, Tram! Vol. 1: Frank Trumbauer Legacy to American Jazz, Old Master<br />
CD107, 1997.