due vasi di bucchero a leida dalla collezione - Bretschneider Online
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2007] FARFALLE NELL’EGEO<br />
193<br />
DUE VASI DI BUCCHERO A LEIDA DALLA COLLEZIONE CIOGNI DI SIENA<br />
SCOPERTI A CASALTA *<br />
Giulio Paolucci<br />
Abstract<br />
The author re-examines archive documents on the excavations in the necropolis of Casalta (AR) between 1701 and<br />
1707. He identifies a <strong>bucchero</strong> chalice and an olla decorated “a cilindretto”, already in the collection Ciogni in Siena,<br />
with two vases in the Museum of Leida.<br />
Sono passati trenta anni da quando Mauro Cristofani,<br />
nel catalogo che accompagnava una mostra<br />
sulle origini <strong>di</strong> Siena, rese noto un gruppo <strong>di</strong><br />
<strong>di</strong>segni <strong>di</strong> oggetti pertinenti alla <strong>collezione</strong> senese<br />
<strong>di</strong> Girolamo Ciogni 1 . Le notizie e<strong>di</strong>te in quella<br />
sede derivavano dallo spoglio delle carte raccolte<br />
dall’eru<strong>di</strong>to G. Pecci, il quale sottolineava come la<br />
raccolta si fosse costituita a seguito <strong>di</strong> scoperte avvenute<br />
tra il 1700 e il 1707 in alcuni terreni <strong>di</strong> proprietà<br />
della famiglia, ubicati in località Casalta in<br />
Val <strong>di</strong> Chiana, avvertendo che: “la mobilia fu venduta<br />
alla subasta sicché le apposte reliquie dei Toscani<br />
non so in quali mani siano andate”. Alcuni<br />
degli oggetti erano stati pubblicati anche dal Gori<br />
nel suo Museum Etruscum 2 .<br />
I materiali scoperti dal Ciogni comprendevano<br />
<strong>due</strong> <strong>vasi</strong> <strong>di</strong> <strong>bucchero</strong> con fregi a cilindretto: un calice<br />
scoperto nel 1700 (tav. LI, a) e un’olla con coperchio<br />
rinvenuta sette anni più tar<strong>di</strong> (tav. L, a). Altro<br />
vasellame dello stesso genere presentava invece<br />
decorazioni a stampo, come una grande oinochoe<br />
con animali alati sulla spalla e un’altra con baccellatura<br />
rilevata (tav. L, b). La <strong>collezione</strong> raccoglieva<br />
anche calici, scodelle su piede e un’olla liscia con<br />
coperchio (tav. LI, a); negli scavi del 1701 era stato<br />
inoltre recuperato un interessante unguentario plastico<br />
configurato a lepre morta (tav. LI, a).<br />
Da sepolture più tarde, messe in luce nel 1702,<br />
proveniva un frammento <strong>di</strong> kylix attica a figure<br />
rosse decorata all’esterno con figure affrontate e in<br />
conversazione, uno specchio <strong>di</strong> bronzo con decorazione<br />
fitomorfa alla base del <strong>di</strong>sco e un frammento<br />
<strong>di</strong> urna cineraria con defunto in seminu<strong>di</strong>tà eroica.<br />
Un’altra tomba, ritrovata cinque anni dopo, conteneva<br />
quattro urne <strong>di</strong> travertino a cassa liscia e coperchio<br />
<strong>di</strong>spluviato (tav. LI, a).<br />
Nonostante che già al tempo del Pecci i materiali<br />
venissero considerati <strong>di</strong>spersi, alcuni <strong>di</strong> essi erano<br />
ancora conservati a Siena, dove poté vederli nel 1826<br />
il colonnello Jean Emile Humbert (1771-1839), il quale,<br />
dopo aver partecipato a ricerche archeologiche<br />
presso Cartagine 3 , intraprese alcuni viaggi nell’antica<br />
Etruria rivolti all’acquisto <strong>di</strong> materiali da destinare<br />
al Rijksmuseum van Oudheden <strong>di</strong> Leida 4 .<br />
Nel 1826 il colonnello visitò Cortona, dove,<br />
per conto del Re Willem I, poté assicurare al museo<br />
olandese l’importante <strong>collezione</strong> Corazzi 5 , che<br />
comprendeva circa 500 oggetti.<br />
A Volterra acquistò alcune urne scoperte nel<br />
1743, mentre un altro gruppo <strong>di</strong> ossuari in pietra,<br />
scavati a Pienza nel 1779 e già e<strong>di</strong>ti dal Lanzi, venne<br />
scelto nella <strong>collezione</strong> del vescovo Clemente Santi,<br />
insieme a quattro urne rinvenute a Castelnuovo<br />
dell’Abate 6 .<br />
* Colgo l’occasione per ringraziare sentitamente il Dr. Ruurd Halbertsma del National Museum of Antiquities <strong>di</strong> Leida, per<br />
l’invio <strong>di</strong> notizie <strong>di</strong> archivio, fotografie e il permesso <strong>di</strong> pubblicazione in questa sede.<br />
1 Siena 1979, p. 167 ss.<br />
2 Gori 1737-43, II, tav. XV.<br />
3 Halbertsma 2003, p. 71 ss.<br />
4 Halbertsma 1996.<br />
5 Halbertsma 2003, p. 93 ss.; sulla <strong>collezione</strong> cfr. Bocci Pacini, Zamarchi Grassi 1984, p. 129 ss.; Fragai 1997, p. 137 ss.<br />
6 Sulle urne da Volterra cfr. Van der Merr 1975, p. 75 ss.; Halbertsma 2003, p. 89 ss.; per quelle da Pienza Lanzi 1789, p. 373<br />
ss.; Van der Meer 1977, p. 64; CIE 1118-1125; per gli ossuari da Castelnuovo dell’Abate Lanzi 1789, p. 368 s.; Van der Meer<br />
1977, p. 65; CIE 305-311.
194<br />
Due anni più tar<strong>di</strong> lo Humbert si recò ad Arezzo<br />
a visitare la <strong>collezione</strong> Bacci 7 e qui ritornò nel<br />
1829, quando ebbe modo <strong>di</strong> raggiungere anche Firenze,<br />
Chiusi e Sarteano. In queste <strong>due</strong> ultime località<br />
vide la <strong>collezione</strong> <strong>di</strong> antichità posseduta dal<br />
Paolozzi 8 , poi la raccolta Borselli e infine quello che<br />
rimaneva presso Bran<strong>di</strong>marte Fanelli 9 , frutto degli<br />
scavi condotti nella necropoli <strong>di</strong> Solaia. Quest’ultima<br />
risultava già allora quasi completamente <strong>di</strong>spersa<br />
a seguito della donazione al Granduca <strong>di</strong><br />
Toscana, alla Fraternita dei Laici <strong>di</strong> Arezzo e della<br />
ven<strong>di</strong>ta al capitano Sozzi <strong>di</strong> Chiusi 10 . Dei materiali<br />
provenienti da Sarteano, ancora presenti sul mercato<br />
delle antichità, poté assicurare al museo <strong>di</strong> Leida<br />
un bel canopo maschile con braccia mobili 11 .<br />
Secondo quel concetto ottocentesco <strong>di</strong> voler rappresentare<br />
nel museo tutte le produzioni <strong>di</strong> una<br />
cultura antica, il colonnello Humbert acquistò per<br />
le raccolte <strong>di</strong> Leida anche alcuni <strong>vasi</strong> <strong>di</strong> <strong>bucchero</strong>,<br />
tra questi scelse, nel suo soggiorno senese 12 , un calice<br />
decorato a cilindretto e un’olla con coperchio<br />
ornata con la stessa tecnica. Sulla base dei <strong>di</strong>segni<br />
conservati nelle carte Pecci e e<strong>di</strong>ti dal Cristofani<br />
è possibile identificare i <strong>due</strong> <strong>vasi</strong> passati a Leida<br />
con quelli scoperti a Casalta. Il calice 13 è ornato<br />
sulla vasca con un motivo a cilindretto con do<strong>di</strong>ci<br />
figure: <strong>due</strong> uomini affrontati e gesticolanti <strong>di</strong> cui<br />
quello a destra tiene un bastone ricurvo, un uomo<br />
nudo verso sinistra, un uomo e una donna affrontati<br />
seguiti da <strong>due</strong> donne e un uomo affrontato ad<br />
un’altra donna, <strong>di</strong>etro è una figura femminile e un<br />
uomo con una lancia (tav. LI, b). Il fregio non tro-<br />
GIULIO PAOLUCCI [RdA 31<br />
va confronto nella serie chiusina identificata a suo<br />
tempo <strong>dalla</strong> Scalia, ma sembra solo latamente assimilabile<br />
al motivo XXXVI 14 . Dal punto <strong>di</strong> vista<br />
morfologico il calice si <strong>di</strong>fferenzia <strong>dalla</strong> corrente<br />
produzione chiusina per la presenza <strong>di</strong> un anello<br />
plastico a metà dello stelo, assai meno comune rispetto<br />
alla decorazione con linee orizzontali incise.<br />
Confronti sono possibili con esemplari <strong>dalla</strong> tomba<br />
1 del tumulo dei Morelli <strong>di</strong> Chianciano, datata al<br />
580-570 a.C. 15 , e con un calice al Museo Archeologico<br />
<strong>di</strong> Firenze proveniente da Pozzuolo con analoga<br />
cronologia 16 . Analogamente ad un gruppo <strong>di</strong><br />
frammenti della stessa classe provenienti da Sinalunga<br />
17 , si tratta verosimilmente <strong>di</strong> un manufatto<br />
uscito da una bottega operante nella Val <strong>di</strong> Chiana<br />
e influenzata <strong>dalla</strong> produzione chiusina.<br />
Ugualmente interessante appare l’olla 18 da Casalta<br />
che, secondo un costume funerario ormai documentato<br />
in altre località della Val<strong>di</strong>chiana, come<br />
Sinalunga 19 e Cortona 20 , poteva aver contenuto<br />
all’interno un ossuario fittile 21 . Il coperchio è decorato<br />
con bottoni plastici e alcuni cerchi incisi <strong>di</strong>sposti<br />
intorno alla presa, mentre l’olla presenta orlo<br />
ingrossato e arrotondato, corpo rastremato verso il<br />
basso e piede a profilo convesso (tav. LII, a, c). Sulla<br />
spalla, tra linee orizzontali, si sviluppa un fregio<br />
zoomorfo: <strong>due</strong> sfingi, <strong>di</strong> cui la prima con le braccia,<br />
una chimera, <strong>due</strong> sfingi e un felino (?) seduto. Inferiormente<br />
è un motivo a linguette (tav. LII, b).<br />
Il motivo a cilindretto, che aveva attirato già l’attenzione<br />
del Donati, limitatamente alla presenza<br />
della sfinge con le braccia 22 , non sembra altrimen-<br />
7 Sulla <strong>collezione</strong> Bacci cfr. Bocci Pacini, Zamarchi Grassi 1986, p. 129 ss.<br />
8 Sulla coll. Paolozzi cfr. Barni, Paolucci 1985, p. 22; Paolucci 2005, p. 101 ss.<br />
9 Sugli scavi del Fanelli e la sua raccolta <strong>di</strong> antichità cfr. Sarteano 1989, p. 15 ss.; Marzi 1993, p. 97 ss.<br />
10 BullInst 1829, p. 14.<br />
11 Gempeler 1974, p. 104, n. 95, taf. 29; Van deer Meer 1976, con datazione eccessivamente bassa.<br />
12 L’acquisto potrebbe essere avvenuto nel 1826 o nell’anno successivo.<br />
13 Inv. H III R 2. Alt. 13; <strong>di</strong>am. 14 cm.<br />
14 Scalia 1968, p. 384 s.<br />
15 Paolucci, Rastrelli 2006, p. 64, nn. 18-27; con motivo a cilindretto XXX della Scalia 1968, p. 382.<br />
16 N. inv. 78076; con un fregio a cilindretto scarsamente documentato (Paolucci 2002, p. 168, fig. 11). La forma ritorna anche<br />
su esemplari con decorazione a linguette attestati in area chiusina e in area orvietana cfr. Capponi, Ortenzi 2006, p. 231.<br />
17 Paolucci 1996, p. 55, nota 79, fig. 37. Una produzione <strong>di</strong> buccheri a cilindretto andrà assegnata sicuramente a Cortona, almeno<br />
a giu<strong>di</strong>care dai <strong>due</strong> piattelli su piede ornati all’interno della vasca con un motivo zoomorfo (Cortona 1992, p. 42 nn. 18-19).<br />
18 Inv. H III R 1. Alt. 49; con coperchio 66; <strong>di</strong>am. 41 cm.<br />
19 Rastrelli 1993, p. 120; la stu<strong>di</strong>osa pensa che dentro la grande olla <strong>di</strong> <strong>bucchero</strong> fosse conservato parte del corredo, mentre<br />
più verosimilmente questa doveva contenere il pregiato ossuario <strong>di</strong> bronzo cfr. Iozzo, Galli 2003, p. 56, fig. 80.<br />
20 Bruschetti, Giulierini 2008, p. 169, tomba 4 del Circolo I del Sodo.<br />
21 Il costume è noto anche nella necropoli <strong>di</strong> Tolle in tombe a tramezzo particolarmente ricche; anche se l’esemplare più fastoso<br />
è documentato nella tomba della Pania, dove l’ossuario in bronzo, avvolto con una stoffa e munito <strong>di</strong> una testa lignea con<br />
occhi in osso, era collocato entro una grande situla <strong>di</strong> bronzo (Minetti 2000, p. 34).<br />
22 Donati 1979, p. 53, n. 4, tav. XV, 3-4.
2007] DUE VASI DI BUCCHERO A LEIDA DALLA COLLEZIONE CIOGNI DI SIENA<br />
195<br />
ti documentato. I fregi con animali reali e fantastici<br />
ottenuti a cilindretto, dopo una prima manifestazione<br />
all’inizio dell’ultimo quarto del VII sec.<br />
a.C. su alcuni esemplari <strong>di</strong> altissima qualità e in<br />
corre<strong>di</strong> molto ricchi, ricompaiono in area chiusina<br />
nella produzione della fine del secolo e <strong>di</strong>ventano<br />
più comuni nei primi decenni <strong>di</strong> quello successivo<br />
23 , quando il repertorio morfologico adotta anche<br />
forme derivate da esperienze dell’artigianato<br />
artistico greco-orientale, come ad esempio il calice<br />
biansato documentato a Chiusi, nel territorio chiusino<br />
e a Cortona 24 . La presenza dell’elemento decorativo<br />
a linguette invece offre scarse in<strong>di</strong>cazioni<br />
cronologiche, poiché rimane in uso fino al volgere<br />
del VI sec. a.C. 25 , anche se la massima <strong>di</strong>ffusione<br />
sembra concentrata nel secondo quarto del secolo,<br />
in un ambito territoriale vasto. Questo tipo <strong>di</strong> ornamentazione<br />
risulta impiegato soprattutto sui calici<br />
26 , mentre appare meno comune su forme chiuse<br />
come le anfore 27 . Verosimilmente l’esemplare da<br />
23 Alcune prime considerazioni in Paolucci 2007, p. 86 s.<br />
24 Cortona 1992, p. 41 n. 16.<br />
25 Paolucci, Rastrelli 1999, p. 85, II.8.<br />
26 In ultimo cfr. Capponi, Ortenzi 2006, p. 231.<br />
27 Paolucci, Rastrelli 2006, p. 66, 1.3 con bibliografia.<br />
28 Una immagine in Iozzo, Galli 2003, p. 57 fig. 80.<br />
29 Mangani 1991, p. 64, fig. 2; per la datazione al 560 a.C. ca. Hus 1961, p. 268, nota 1.<br />
30 Cherici 1989, p. 11 ss.<br />
31 Sulla situazione <strong>di</strong> quest’area nel V sec. a.C. cfr. Maggiani 1990, p. 30 s.<br />
Casalta ha costituito il prototipo per la produzione<br />
<strong>di</strong> gran<strong>di</strong> olle con coperchio, ornate con teste plastiche<br />
umane sulla spalla, come quella proveniente<br />
<strong>dalla</strong> tomba <strong>di</strong> Aducello presso Sinalunga 28 . L’accertata<br />
provenienza <strong>di</strong> questi <strong>due</strong> <strong>vasi</strong> <strong>dalla</strong> necropoli<br />
<strong>di</strong> Casalta testimonia da una parte l’alta antichità<br />
dell’inse<strong>di</strong>amento etrusco nella Val <strong>di</strong> Chiana,<br />
che andrà fatto risalire all’orientalizzante recente e<br />
dall’altra, la ricchezza <strong>di</strong> alcune famiglie inse<strong>di</strong>ate<br />
in quest’area, che nei decenni imme<strong>di</strong>atamente<br />
successivi potranno far scolpire la grande statuacinerario<br />
conservata al British Museum, recuperata<br />
nella stessa necropoli 29 . La floridezza dell’abitato<br />
connesso a questo sepolcreto è documentata ancora<br />
nei secoli successivi, come evidenziano i materiali<br />
recuperati sia negli scavi Ciogni dei primi anni<br />
del Settecento sia in quelli praticati nel 1841 30 , che<br />
porteranno al rinvenimento <strong>di</strong> interessanti esemplari<br />
<strong>di</strong> ceramiche attiche ed etrusche figurate<br />
31 .
196<br />
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2007] GLI SCAVI ARCHEOLOGICI E LA COLLEZIONE MANCIATI DI S. CASCIANO BAGNI<br />
197<br />
GLI SCAVI ARCHEOLOGICI E LA COLLEZIONE MANCIATI DI S. CASCIANO BAGNI<br />
Giulio Paolucci<br />
Abstract<br />
This study, based on investigations carried out in archives, proposes a recostruction of the archaeological <strong>di</strong>scoveries<br />
in the territory of S. Casciano Bagni. The history of the investigations, between 1845 and 1877, is based on a document<br />
written by the canonical Manciati. He also possessed a rich numismatic archaeological collection.<br />
Nel rinnovato interesse per le ricerche <strong>di</strong> antiquaria<br />
si inserisce il presente contributo de<strong>di</strong>cato<br />
al territorio <strong>di</strong> S. Casciano Bagni, ubicato all’estremo<br />
sud della Toscana 1 , finora sempre trascurato<br />
da indagini <strong>di</strong> questo tipo. Lo stu<strong>di</strong>o deriva dal reperimento<br />
nell’Archivio Vescovile <strong>di</strong> Chiusi, ormai<br />
avvenuto oltre venti anni or sono, <strong>di</strong> una relazione<br />
manoscritta riguardante gli scavi archeologici condotti<br />
in questa zona dal canonico Francesco Manciati,<br />
tra il 1845 e il 1877 2 .<br />
Presso S. Casciano Bagni ampie vestigia <strong>di</strong> epoca<br />
romana erano state segnalate già nel 1585 da<br />
parte del canonico Andrea Schiavetti, il quale in<br />
un’operetta de<strong>di</strong>cata alle acque minerali cassianesi<br />
menzionò il ritrovamento della de<strong>di</strong>ca con invocazione<br />
ad Aesculapius e Hygieia dell’avanzato II- primi<br />
decenni III sec. a.C. 3 , e presso il fosso del bagno<br />
Doccia, una statua acefala, copia romana della Venere<br />
<strong>di</strong> Doidalsas, mutila delle braccia, delle gambe<br />
e della testa (tav. LIII, b). Nell’Aggiunto sulle antichità<br />
trovate l’anno 1585, lo stesso Schiavetti ricordò<br />
la scoperta, avvenuta nel mese <strong>di</strong> febbraio, vicino<br />
al Bagno Grande, <strong>di</strong> “bellissimi acquedotti e molti<br />
fondamenti <strong>di</strong> pietre travertine quadrate et gran<strong>di</strong>,<br />
quali denotano fabbriche <strong>di</strong> palazzi, <strong>di</strong> bellissimi<br />
bagni, tra quali vi era una cortina <strong>di</strong> muraglia<br />
fortissima e nella cortina cinque canali con cinque<br />
teste <strong>di</strong> leoni gran<strong>di</strong> e ben scolpiti” 4 . Nella stessa<br />
zona era stata rinvenuta anche la de<strong>di</strong>ca ad Apollo<br />
offerta da in<strong>di</strong>vidui vincolati a personaggi <strong>di</strong> rango<br />
senatorio 5 .<br />
Quasi <strong>due</strong> secoli più tar<strong>di</strong> Annibale Bastiani, me<strong>di</strong>co<br />
presso S. Casciano Bagni 6 , pubblicò un nuovo<br />
stu<strong>di</strong>o sulle acque che sgorgano presso questa<br />
località, ricordando che “nelle imme<strong>di</strong>ate a<strong>di</strong>acenze<br />
del Bagno della Ficoncella e del Bagno Grande<br />
furono ritrovate e tuttora ritrovansi in coltivar terreni,<br />
acquedotti <strong>di</strong> piombo e <strong>di</strong> lavoro quadro, colonne<br />
intiere, rotte, alcune lisce, altre scannellate.<br />
Pie<strong>di</strong>stalli e capitelli, tutto del più polito travertino<br />
lavorato a foggia dorica, ionica corintia architettura.<br />
Oltre a ciò furono scoperti alcuni frammenti riquadrati<br />
<strong>di</strong> marmo bianco e venato fatti <strong>di</strong> lamine<br />
sottili, i quali sembra servissero a lavori <strong>di</strong> mosaico.<br />
Presso il Bagno Grande scorgonsi le vestigia <strong>di</strong><br />
antichi e<strong>di</strong>fizi, lavorate con maggior munificienza,<br />
con fortissime muraglie a reticolato e i pavimenti<br />
stessi erano fatti alcuni a calcestruzzo e altri a mosaico<br />
con piccolissimi cubi <strong>di</strong> marmo e selce ancora.<br />
Dalle medesime rovine sonosi avuti alcuni idoletti<br />
<strong>di</strong> metallo con la patera sulla destra e fra questi<br />
si trovò un Bacco in piccola figura sedente con dei<br />
1 Il territorio <strong>di</strong> S. Casciano Bagni è compreso nella Carta d’Italia IGM al 25.000 F. 129 I SO (Ra<strong>di</strong>cofani); 129 SE (S. Casciano<br />
Bagni); 129 II NO (S. Giovanni delle Contee); 129 II NE (Proceno); 130 IV SO (Ficulle).<br />
2 Archivio Vescovile, Chiusi, Sez. B, 107, IX, 4, Memorie sulle escavazioni eseguite in S. Casciano dal canonico Francesco Manciati<br />
Olivieri. La relazione venne inviata al canonico Giovanni Brogi, uno dei più attivi ricercatori-mercanti operante a Chiusi nella<br />
seconda metà del XIX secolo. Il manoscritto contiene anche la notizia dei primi scavi effettuati dallo stesso canonico Manciati<br />
presso la località Sillene a Chianciano, dove vennero ritrovati alcuni frammenti <strong>di</strong> bronzo pertinenti al famoso donario con<br />
crescente lunare (Paolucci 1988, p. 116 s.; sui materiali da Sillene in ultimo Bonamici 2003, p. 45 ss.).<br />
3 CIL XI 2092; Pack 1988, p. 34 e nota 141; p. 52 e note 291-292.<br />
4 Schiavetti 1585, p. 1 s.<br />
5 CIL XI 2094; Pack 1988, p. 34 e nota 141; p. 52 e nota 290.<br />
6 Il Bastiani era figlio <strong>di</strong> Jacopo Filippo che nel 1733 aveva e<strong>di</strong>to un volumetto de<strong>di</strong>cato alle acque <strong>di</strong> S. Casciano, in cui accennava<br />
anche ai ruderi romani visibili ai suoi tempi (J. F. Bastiani, De’ Bagni <strong>di</strong> S. Casciano. Opera me<strong>di</strong>ca, Montefiascone 1733).
198<br />
grappoli <strong>di</strong> uva in mano e nel grembo. Ivi sonosi<br />
raccolte medaglie dell’alto e basso Impero con alcune<br />
consolari e imperatorie più celebri, altre <strong>di</strong><br />
metallo <strong>di</strong> piccola e mezza grandezza e altre piccole<br />
d’argento greche e consolari” 7 . Queste monete,<br />
insieme ai bronzetti e ad alcune urne cinerarie<br />
erano state raccolte dal Bastiani e formavano il suo<br />
“piccolo e patrio Museo Cassianense”, <strong>di</strong> cui purtroppo<br />
non rimane più niente.<br />
Nella prima metà del Novecento il territorio <strong>di</strong><br />
S. Casciano Bagni fu oggetto <strong>di</strong> una rapida trattazione<br />
da parte <strong>di</strong> Bianchi Ban<strong>di</strong>nelli 8 , che riassumeva<br />
la letteratura precedente e in particolare quella<br />
ottocentesca. Poco dopo seguì l’e<strong>di</strong>zione <strong>di</strong> una<br />
scoperta fortuita avvenuta presso Celle sul Rigo nel<br />
1935 9 . In anni molto più recenti sono state pubblicate<br />
alcune tegole iscritte provenienti <strong>dalla</strong> grande<br />
necropoli <strong>di</strong> epoca ellenistica scoperta in località<br />
Balena 10 . Nel 1986, infine, a seguito <strong>di</strong> indagini <strong>di</strong><br />
superficie in località Le Macchie, è stato possibile<br />
in<strong>di</strong>viduare una tomba a ziro <strong>di</strong>strutta, contenente<br />
frammenti <strong>di</strong> vasellame d’impasto e un affibbiaglio<br />
<strong>di</strong> bronzo orientalizzante 11 e a breve <strong>di</strong>stanza<br />
in <strong>di</strong>rezione <strong>di</strong> S. Casciano Bagni, è stato identificato<br />
un inse<strong>di</strong>amento con industria litica particolarmente<br />
abbondante.<br />
In una situazione come quella che è stata appena<br />
descritta, caratterizzata <strong>dalla</strong> mancanza <strong>di</strong> notizie<br />
precise concernenti i ritrovamenti archeologici<br />
effettuati in passato e in attesa <strong>di</strong> una moderna ricerca<br />
sistematica <strong>di</strong> superficie, che permetta <strong>di</strong> definire<br />
la <strong>di</strong>namica dell’inse<strong>di</strong>amento storico del territorio<br />
<strong>di</strong> S. Casciano Bagni, è evidente l’importanza<br />
del manoscritto Manciati tanto da trascrivere integralmente<br />
il testo.<br />
“I non pochi, ne comuni ritrovati Etruschi nel<br />
Poggio Priore a Castel rotto, dal 1834 fino al 1866,<br />
produssero nel relatore un trasporto per tali oggetti<br />
e conseguentemente per farvi indagini. Atteso che<br />
GIULIO PAOLUCCI [RdA 31<br />
li impegni del proprio stato non gli permettevano<br />
gran libertà stare assente dal Paese, così non tanto<br />
fuori <strong>di</strong> patria, ma anche in patria, vi si de<strong>di</strong>cò<br />
come rileverà appresso.<br />
1845 – Cappuccini – Nel campo sotto le mura<br />
della clausura che guarda a Tramontana, chiamato<br />
dal sign. Canonico Bologna, assisté allo scavo <strong>di</strong><br />
piccolo deposito etrusco contenente vasetti rozzi e<br />
<strong>di</strong> fino <strong>bucchero</strong> in gran parte infranti.<br />
1854 – maggio – Bagni, Campo della Madonna<br />
– Ottenne il permesso dal detto canonico Bologna<br />
<strong>di</strong> scavare in detto stabile ove fu rinvenuto un antico<br />
bagno con molti tubi <strong>di</strong> stagno e gran quantità<br />
<strong>di</strong> marmette da piantito <strong>di</strong> varie specie e forme e<br />
pezzi <strong>di</strong> tavoletta <strong>di</strong> materia cristallina color varia<br />
ed anelletti color d’oro. In quest’epoca scoprì una<br />
cantonata <strong>di</strong> muro etrusco esistente sulla sponda<br />
del fosso delle Doccie detto della Testa, alla <strong>di</strong>stanza<br />
<strong>di</strong> detto fabbricato, andando verso tramontana,<br />
canne circa 22.<br />
1857 – Murate – Per commissine del medesimo<br />
Sig. Canonico Bologna eseguii piccole scavazioni<br />
nel campo sotto il piccolo prato che guarda a ponente,<br />
ove furono ritrovati vari quadroncelli <strong>di</strong> terra<br />
cotta e pezzi <strong>di</strong> cristallo ben grosso, greggio da<br />
un lato ed arrotondato dall’altro. Queste lastre mi<br />
dettero cenno poter contenere incisioni ad ornato.<br />
1866 – Doccie – Ottenuto <strong>dalla</strong> famglia Bologna<br />
il permesso <strong>di</strong> eseguire escavazioni nei <strong>di</strong> lei beni,<br />
nel febbraio ne attivai alcune nella vigna che guarda<br />
ponente sotto le Doccie dette della Testa, ove<br />
dal (sic) coltivatori, nei tempi precedenti, <strong>di</strong> tratto<br />
in tratto, si trovavano piccoli oggetti d’oro, statuette<br />
<strong>di</strong> Bronzo, pietrine <strong>di</strong> corniola con incisioni<br />
e monete dell’antico impero romano. Dai miei lavori<br />
dovetti conoscere essere questo luogo servito<br />
per i sepolcri e quin<strong>di</strong> per gli antichi Bagni Etruschi.<br />
Della esistenza <strong>di</strong> questi ne fanno fede le vasche<br />
<strong>di</strong>rute formate con doppi calcestruzzi, travertini,<br />
cornici <strong>di</strong> marmo fino forestiero ben lavorate<br />
7 Bastiani 1770.<br />
8 Bianchi Ban<strong>di</strong>nelli 1925, c. 381 ss.; in particolare si sofferma sugli scavi <strong>di</strong> F. Sozzi in località Castel Rotto effettuati nel 1837<br />
e nel 1838 cfr. BullInst 1837, p. 194 ss.; BullInst 1839, p. 50 ss. Lo stesso autore, <strong>due</strong> anni più tar<strong>di</strong>, nella Carta Archeologica,<br />
menziona gli stessi ritrovamenti, oltre a quelli avvenuti a Palazzone e a Montefreddo. Vengono ricordati presso S. Casciano<br />
i resti <strong>di</strong> e<strong>di</strong>fici romani ad uso termale, iscrizioni, frammenti <strong>di</strong> colonne e una replica in marmo della Venere <strong>di</strong> Doidalsas.<br />
Quest’ultima era stata ritrovata nel fosso del Bagno Doccia dopo la metà del XVI secolo (Schiavetti 1585, p. 1 s.) e nello stesso<br />
periodo vennero ritrovate anche le iscrizioni CIL XI, 2092 e 2094 entrambe fatte murare presso le terme moderne. Più tar<strong>di</strong><br />
venne recuperata un’altra epigrafe latina CIL XI 2093.<br />
9 Minto 1936, p. 400 s.<br />
10 Tamburini 1979, p. 287 ss.<br />
11 Paolucci 1988a, p. 159.
2007] GLI SCAVI ARCHEOLOGICI E LA COLLEZIONE MANCIATI DI S. CASCIANO BAGNI<br />
199<br />
non che un pezzo <strong>di</strong> capitello <strong>di</strong> marmo <strong>di</strong> colonna<br />
maestrevolmente scolpito e salde muraglie come<br />
la cantonata etrusca già notata nell’appunto precedente.<br />
Venni assicurato dell’esistenza dei Sepolcri e<br />
delle ossa umane coperte dai soliti tegoli, dai molti<br />
frantumi <strong>di</strong> vasellami antichi Etrusco-Romani e<br />
della fabbrica <strong>di</strong> Arezzo, giallognoli, con figure in<br />
riporto a basso rilievo, frantumi, lamine <strong>di</strong> antico<br />
cristallo e dal (sic) altri depositi fortificati da piccoli<br />
muri laterali coperti con lastre tufacee ed uno<br />
<strong>di</strong> questi, <strong>di</strong> non piccola lunghezza e profon<strong>di</strong>tà,<br />
pieno <strong>di</strong> frantumi <strong>di</strong> <strong>vasi</strong> <strong>di</strong> varie specie e segnatamente<br />
<strong>di</strong> tazze verniciate della fabbrica <strong>di</strong> Volterra<br />
con alcuni piccoli pesi <strong>di</strong> pietra, senza aver combinato<br />
cosa alcuna <strong>di</strong> pregio.<br />
Campo della Madonna dei Bagni <strong>di</strong> proprietà<br />
Chiercioni. – Vi feci qualche osservazione e riscontrai<br />
l’esistenza <strong>di</strong> molti sepolcri a tegole, alcuni<br />
con marca <strong>di</strong> fabbrica “Vestino”, piccoli <strong>vasi</strong><br />
rozzi <strong>di</strong> terracotta e lumi comprovanti povertà <strong>di</strong><br />
con<strong>di</strong>zione.<br />
Doccie Nuove. Nella vigna verso ponente, una<br />
volta Giuliani oggi Bologna, fatte le mie osservazioni<br />
nell’occasione che fu aperta una forma da viti, si<br />
riscontrò l’esistenza qui pur anco degli antichi Bagni<br />
per molti muri e frammenti <strong>di</strong> fino marmo levigato,<br />
scorniciato, ornati <strong>di</strong> stucco, pezzi <strong>di</strong> mosaico.<br />
Bagno <strong>di</strong> Lotino, nella vigna sotto il podere che<br />
verge da mezzodì a ponente, verificai l’esistenza <strong>di</strong><br />
varie fabbriche <strong>di</strong> Bagni antichi e, tra gli altri, combinai<br />
un bagnino molto ben conservato, impiantito<br />
a calcestruzzo e mustaccioli a spina <strong>di</strong> terracotta,<br />
specialmente le pareti con scialbo ben levigato e colorito<br />
celeste acceso. Molti frammenti sparsi <strong>di</strong> marmetta<br />
e pezzi <strong>di</strong> mosaico. Oltre alle fabbriche dei<br />
Bagni, <strong>di</strong> un’epoca a questi anteriori, si trovano dei<br />
sepolcri con integolati con marca <strong>di</strong> fabbrica, sassi,<br />
pezzi <strong>di</strong> lamiera <strong>di</strong> cristallo e pezzetti <strong>di</strong> vaso con<br />
bassorilievi della fabbrica <strong>di</strong> Arezzo.<br />
Linea Podere – Sul poggetto sopra al podere,<br />
andando verso mezzogiorno, esistono dei sepolcri,<br />
ma <strong>di</strong> povera con<strong>di</strong>zione; in uno che era stato devastato<br />
anteriormente, si trovarono rottami <strong>di</strong> <strong>vasi</strong><br />
rozzi e alcuni fini giallognoli con riporti sopra notati<br />
della fabbrica <strong>di</strong> Arezzo.<br />
Mossa Poggellini – In prossimità <strong>di</strong> Campo Lungo,<br />
sceso appena il poggio detto della Croce, nel declivo<br />
che guarda ponente, in ad<strong>di</strong>etro vi fu escavato<br />
un deposito con <strong>due</strong> urne cinerarie, una <strong>di</strong> pietra<br />
tufacea, altra <strong>di</strong> composto ed alcuni vasetti <strong>di</strong> terracotta<br />
e qualche piccolo vasetto <strong>di</strong> vetro colorato.<br />
Io però non verificai se non i frantumi.<br />
Macchia podere – A metà della costa macchiosa,<br />
sotto il detto Podere volto a mezzogiorno, verificai<br />
l’esistenza <strong>di</strong> qualche sepolcro stato già scavato con<br />
frantumi <strong>di</strong> <strong>vasi</strong> <strong>di</strong> Bucchero e <strong>di</strong> coccio colorati e<br />
figurati <strong>di</strong> buona vetrina.<br />
Nella via sopra Monte Loro altro piccolo deposito<br />
con frantumi <strong>di</strong> Bucchero.<br />
Costa Sellaia – Sopra la via che conduce al Podere<br />
della Macchia, sopra a Costa Sellaia, in una cava<br />
<strong>di</strong> pietra, a levante rinvenni un deposito in parte<br />
già scavato. Rinvenni frantumi <strong>di</strong> rozzi <strong>vasi</strong>, qualche<br />
vasetto <strong>di</strong> bronzo e piccolo vasettino <strong>di</strong> vetro<br />
colorato non comune, ma spezzato.<br />
Anno 1867 – Canutella – Dal punto sopra in<strong>di</strong>cato,<br />
girando le ra<strong>di</strong>ci del poggio verso mezzogiorno,<br />
rinvenni un vuoto artificiale <strong>di</strong> forma quadrilunga<br />
del <strong>di</strong>ametro <strong>di</strong> braccia tre sorretto all’interno da<br />
muro a secco, che aveva servito per uso <strong>di</strong> sepolcro;<br />
ma non vi rinvenni che ossa e frantumi <strong>di</strong> urna<br />
<strong>di</strong> composto calcareo e residui <strong>di</strong> coccio <strong>di</strong>pinti, <strong>di</strong><br />
buona vetrina. Rilevai chiaramente che in tempo<br />
posteriore era stato convertito in fornello per calce.<br />
Da questo, salendo più verso la cima a metà del<br />
pen<strong>di</strong>o più verso levante, trovo altro vuoto artificiale<br />
per mezzo <strong>di</strong> mura a secco, fino alla profon<strong>di</strong>tà<br />
<strong>di</strong> braccia <strong>due</strong> e mezzo, lungo tre, che andava pur<br />
a chiudere superiormente la volta, ma rotta in antico<br />
per derubare, e così ripieno <strong>di</strong> terra con molti<br />
frantumi <strong>di</strong> <strong>vasi</strong> <strong>di</strong> <strong>bucchero</strong> neri, quattro lance <strong>di</strong><br />
ferro, item <strong>due</strong> stili, circa quattro cadaveri, parte<br />
<strong>di</strong> un bacchetto da calza, un fusaiolo, <strong>due</strong> pendenti<br />
tutti <strong>di</strong> vetro colorato e piccolo filo d’oro, o sia<br />
orecchino a spina sfuggito agli antichi predatori dei<br />
sepolcri. Questo sepolcro può congetturarsi essere<br />
appartenuto a famiglia ricca.<br />
Doccie del Signor Giacomo Bologna – (Marzo)<br />
– Nella vigna a mezzogiorno che confina con detta<br />
fabbrica rinvenni ad una certa profon<strong>di</strong>tà un antico<br />
bagno e, demolendole il fondo con approfondarmi<br />
<strong>di</strong> più ne trovo un altro piano, ma già riempito si<br />
macerie e segnatamente <strong>di</strong> molti pezzi <strong>di</strong> scialbo <strong>di</strong><br />
una calce particolare, contenenti però svariatissimi<br />
ornati e cornici a basso rilievo.<br />
Campo <strong>di</strong> Sant’Antonio, confinante a ponente<br />
con i bagni <strong>di</strong> detto nome rinvenni a piccola profon<strong>di</strong>tà<br />
un piccolo anfiteatro con mura forti e ben<br />
intonacate, avente in mezzo un mozo <strong>di</strong> colonna<br />
con base, tutto <strong>di</strong> travertino, come accessorio ornamento<br />
degli antichi bagni.<br />
Campo della Madonna (aprile) – Sotto la strada<br />
del Sig. Vincenzo Bologna, ove altra volta nel 1854<br />
era stato trovato un bagno marmoreo e più ver-
200<br />
so ponente, oltre a degli integolati, già avulsi, rinvenni<br />
una fossa quadrilunga confinata da tramontana.<br />
Deposito già devastatissimo etrusco-romano<br />
con molti frantumi <strong>di</strong> <strong>vasi</strong> anco della fabbrica <strong>di</strong><br />
Arezzo, vetro, moneta della famiglia Salira e nel<br />
fondo una musiera <strong>di</strong> bronzo da cavalli, sfuggita<br />
agli antichi scavatori e <strong>due</strong> spille da capelli, <strong>di</strong> avorio.<br />
Palazzo de Bagni. 1877 (luglio) – Nel terreno<br />
contiguo al Palazzo dei Bagni, detto dei Me<strong>di</strong>ci, un<br />
tempo, tra levante e mezzogiorno, uliveto e vigna<br />
e alla <strong>di</strong>stanza <strong>dalla</strong> fabbrica metri 8, <strong>due</strong> vasche<br />
da bagni tramezzate nelle ultime estremità da blocchi<br />
riquadrati <strong>di</strong> travertino, già ripiene a sassi, con<br />
molte fine e svariate marmette, frammenti <strong>di</strong> statua<br />
<strong>di</strong> marmo ed una mano <strong>di</strong> finissimo marmo, lavoro<br />
squisito. Si cessò tanto più che le vasche erano<br />
traversate dal filaro delle viti.<br />
Vigna della Madonna sopra la chiesa dei Bagni.<br />
– 1877 (ottobre). In questo terreno era stata trovata<br />
nel marzo, una gamba ben finita <strong>di</strong> idolo <strong>di</strong> bronzo<br />
ed io mi recai in prio nei pracioni rimpetto alla<br />
chiesa verso levante e piuttosto vicini alla siepe superiore<br />
e trovai vasche da Bagni, al solito ripiene intersecate<br />
da travertini riquadrati, né proseguii perché<br />
non ci trovavo che sassi e macerie, che avevano<br />
servito a riempirci vuoti.<br />
Vigna della Madonna dei Bagni. – 1877 (27 novembre).<br />
Nel secondo e terzo pracione, partendo<br />
<strong>dalla</strong> chiesa verso tramontana <strong>di</strong>rigendosi circa la<br />
metà della vigna, esiste un bagno, o gran conserva,<br />
della lunghezza <strong>di</strong> braccia 12, larga 6 e profonda<br />
3, con l’immissario nella parte semicircolare, è <strong>di</strong><br />
terracotta, a cassetta, in fondo, oltre il muro a contrafforte,<br />
vi sono blocchi <strong>di</strong> travertino riquadrati<br />
e l’emissario è parimente accennato dal travertino<br />
GIULIO PAOLUCCI [RdA 31<br />
ben solido bucato. Il piantito ha in fondo un massicciato<br />
<strong>di</strong> sassi e calce, quin<strong>di</strong> uno spino a mattoni<br />
e quadroni ben <strong>di</strong>sposto e finalmente sopra questi<br />
quattro <strong>di</strong>ta <strong>di</strong> calcestruzzo. Nel centro del banco vi<br />
è come una strada che si eleva nel mezzo e scende<br />
alle estremità, ugualmente spinata a quadroni ed<br />
i travertini della estremità angolare, che formano<br />
<strong>due</strong> alti scaloni. Il tutto ho trovato ripieno <strong>di</strong> terra<br />
e sassacci. Vi furono impiegate opere <strong>di</strong>eci, ma non<br />
si vuotò totalmente” 12 .<br />
L’interesse per le antichità derivò al Manciati<br />
<strong>dalla</strong> partecipazione alle ricerche effettuate in alcuni<br />
posse<strong>di</strong>menti della sua famiglia presso Castel<br />
Rotto 13 , dove il capitano Federigo Sozzi <strong>di</strong> Chiusi<br />
aveva scavato tra il 1837 e il 1838 un gruppo <strong>di</strong> tombe<br />
con corre<strong>di</strong> particolarmente cospicui. In quella<br />
occasione, nella prima camera ipogea, furono recuperati<br />
una patera baccellata, un candelabro recante<br />
sulla sommità un elemento fitomorfo, numerosi<br />
frammenti <strong>di</strong> altri utensili in bronzo, un’anfora vinaria<br />
e parti <strong>di</strong> altre ceramiche. La seconda tomba<br />
restituì un cratere attico recentemente rintracciato<br />
al British Museum e già facente parte della <strong>collezione</strong><br />
Pizzati 14 , datato alla metà del V sec. a.C., e<br />
un vaso a figure nere con scena <strong>di</strong>onisiaca. “La resultanza<br />
<strong>di</strong> altri sepolcri scoperti a poca <strong>di</strong>stanza<br />
furono un bel vaso con un<strong>di</strong>ci figure, un candelabro<br />
della più elegante forma, un cippo ed altro<br />
che non mi è dato descrivere perché toccati in parte<br />
alla proprietaria del fondo” 15 . Questi oggetti, rimasti<br />
alla Manciati, vennero acquistati dal capitano<br />
Sozzi nel 1838, che ne dette imme<strong>di</strong>ata comunicazione<br />
all’Instituto <strong>di</strong> Corrispondenza Archeologica<br />
e la descrizione fu pubblicata nel Bullettino 16 . Si<br />
trattava <strong>di</strong> un’anfora a figure nere con partenza sul<br />
carro su un lato e Dioniso fra <strong>due</strong> mena<strong>di</strong> sull’al-<br />
12 Dopo le ricerche del canonico Manciati altre scoperte avvennero in località Colle Lungo, dove nel 1889 fu scavata da tal<br />
Giuseppe Fastelli un’urna cineraria con scena <strong>di</strong> combattimento, venduta a Firenze; in loc. Corno furono recuperate alcune<br />
antichità romane, un bronzetto e una moneta <strong>di</strong> Nerone; in loc. Gattineto Bianchi Ban<strong>di</strong>nelli segnalò la scoperta nel 1926 <strong>di</strong><br />
numerosi frammenti <strong>di</strong> <strong>bucchero</strong>, ceramica a vernice nera, sigillata italica e vasellame acromo (Bianchi Ban<strong>di</strong>nelli 1927, p.<br />
9). Presso Montefreddo sono state messe in luce a più riprese tombe etrusche con urne cinerarie e altre scoperte sono avvenute<br />
anche presso Palazzone, che si vanno ad aggiungere a quelle segnalate dal Maggi nel 1831 (Bianchi Ban<strong>di</strong>nelli 1927,<br />
p. 9) e a Ponte a Rigo, dove da notizie orali non altrimenti controllabili, furono recuperati frammenti <strong>di</strong> lastre architettoniche.<br />
13 Nella stessa località era una cappella devozionale <strong>di</strong> proprietà della famiglia Manciati, dove Francesco scoprì <strong>di</strong> avere<br />
la vocazione al sacerdozio e che nel 1849 volle de<strong>di</strong>cata a S. Vincenzo Ferreri. Il canonico con decreto vescovile del<br />
22 febbraio 1877 venne nominato Arciprete <strong>di</strong> S. Casciano Bagni, in precedenza era stato parroco alla Ripa <strong>di</strong> S. Casciano.<br />
14 Reusser 2006, p. 322 ss.<br />
15 Sozzi F., in BullInst 1837, p. 196.<br />
16 Sozzi F., in BullInst 1839, p. 50 ss.
2007] GLI SCAVI ARCHEOLOGICI E LA COLLEZIONE MANCIATI DI S. CASCIANO BAGNI<br />
201<br />
tro; <strong>di</strong> un’anfora munita <strong>di</strong> coperchio, decorata a<br />
fregio continuo con un<strong>di</strong>ci atleti – lottatori, pugili,<br />
<strong>di</strong>scoboli – e <strong>di</strong> una kylix del Gruppo Clusium<br />
con Dioniso e menade. Di notevole qualità apparivano<br />
anche i bronzi: tre candelabri, uno dei quali<br />
con figura <strong>di</strong> <strong>di</strong>scobolo; una cista con piccole figure<br />
virili alla sommità dei pie<strong>di</strong> ferini, un foculo<br />
<strong>di</strong> forma rotonda, alcuni strigili e una testa <strong>di</strong> bovino<br />
con anello <strong>di</strong> sospensione. Infine il Sozzi ricordò<br />
che nel dromos dell’ultima tomba scavata nel<br />
1838 giacevano numerosi frammenti vascolari, tra<br />
cui un piattello del tipo spurinas, e un cippo frammentario<br />
<strong>di</strong> pietra fetida ornato su ogni lato da tre<br />
figure, identificabile con uno passato al Museo <strong>di</strong><br />
Berlino 17 , per interessamento del Gerhard. Venne<br />
ritrovata anche un’olla a campana iscritta, anch’essa<br />
acceduta al museo tedesco 18 .<br />
La relazione <strong>di</strong> Francesco Manciati permette <strong>di</strong><br />
riconoscere nelle località (tav. LIII, a) Cappuccini,<br />
presso i poderi Macchia, Monteloro, Costa Sellaia<br />
e Canutella, aree cimiteriali etrusche arcaiche e sub<br />
arcaiche, dove fu possibile recuperare vasellame <strong>di</strong><br />
<strong>bucchero</strong> e in alcuni casi ceramiche attiche figurate,<br />
che si vanno ad aggiungere alle ricche sepolture<br />
scavate a più riprese presso Castel Rotto e menzionate<br />
sopra. Nella stessa località è in<strong>di</strong>cata una frequentazione<br />
anche in età più tarda comprovata da<br />
un’olla cineraria iscritta, altre tombe <strong>di</strong> quest’epoca<br />
sono documentate presso il podere Mossa, Gattineto,<br />
Montefreddo, Collelungo, Celle sul Rigo, Balena<br />
e verosimilmente a Palazzone. Aree <strong>di</strong> culto dovrebbero<br />
riconoscersi sulla base dei ritrovamenti a Ponte<br />
a Rigo e in località Corno, in quest’ultima zona<br />
la frequentazione sembra perdurare anche in epoca<br />
successiva, così come nelle imme<strong>di</strong>ate vicinanze <strong>di</strong><br />
S. Casciano Bagni. Qui si concentrano quasi tutte le<br />
testimonianze <strong>di</strong> età romana e forse anche ellenistica,<br />
connesse allo sfruttamento delle sorgenti salutari<br />
<strong>di</strong> acqua calda che vi sgorgano abbondanti.<br />
Presso lussuosi e<strong>di</strong>fici termali, ampliati e abbelliti<br />
in età imperiale, per i quali la scultura raffigurante<br />
la Venere <strong>di</strong> Doidalsas costituisce una prova<br />
sicura, dovevano sorgere anche luoghi cultuali e<br />
forse modeste aree cimiteriali.<br />
17 Paolucci 1999, p. 283.<br />
18 Rix Cl. 1.1571 = CIE 2071.<br />
19 Elenco <strong>di</strong> Oggetti Etruschi e <strong>di</strong> Monete Romane Imperiali, Consolari e Familiari, Poggibonsi 1888.<br />
20 Schlie 1868, p. 206 ss.<br />
21 Parte <strong>di</strong> queste antichità andarono ad incrementare la raccolta Bologna <strong>di</strong> S. Casciano Bagni, <strong>di</strong> cui purtroppo non abbia-<br />
mo notizie circostanziate.<br />
* * *<br />
Il canonico Manciati possedeva anche una <strong>collezione</strong><br />
<strong>di</strong> circa 400 antichità, della quale pubblicò<br />
un inventario a stampa 19 l’anno precedente alla sua<br />
morte, avvenuta il 26 aprile 1889. Da questo è possibile<br />
constatare che la raccolta, formata attraverso<br />
ricerche archeologiche e acquisti, comprendeva un<br />
canopo, <strong>due</strong> urne <strong>di</strong> pietra fetida liscia e un cippo<br />
frammentario ornato con bassorilievi, alcune urne<br />
fittili <strong>di</strong> epoca ellenistica decorate con il fratrici<strong>di</strong>o<br />
tebano e una con la lotta fra un guerriero e un grifone.<br />
Numeroso era anche il vasellame <strong>di</strong> <strong>bucchero</strong><br />
consistente in anfore, oinochoai, kantharoi, una grande<br />
hydria decorata con figure <strong>di</strong> sfingi, vassoi biansati<br />
e foculi con piccoli vasetti <strong>di</strong> corredo, mentre<br />
scarsamente rappresentati risultavano gli esemplari<br />
con decorazione a cilindretto: un piatto su piede<br />
con le solite scene <strong>di</strong> processione e un calice. Ampiamente<br />
documentata era la ceramica figurata <strong>di</strong><br />
produzione attica, comprendente <strong>due</strong> anfore a figure<br />
nere rispettivamente con scena <strong>di</strong> combattimento<br />
e con danzatori e una kylix decorata ad occhioni.<br />
Numerose le coppe a figure rosse con satiri, cavalieri,<br />
e gare atletiche, alcuni skyphoi attici con figura<br />
<strong>di</strong> civetta e un’anfora con la partenza <strong>di</strong> Achille.<br />
I <strong>vasi</strong> <strong>di</strong> maggior pregio della raccolta Manciati<br />
erano una hydria a figure nere con il mito <strong>di</strong> Filomela<br />
e Procne e un’anfora con la raffigurazione <strong>di</strong><br />
un toro dotato <strong>di</strong> un solo corno, interpretato come<br />
Acheloo, segnalate nel 1868 all’Instituto <strong>di</strong> Corrispondenza<br />
Archeologica dal canonico Mazzetti <strong>di</strong><br />
Chiusi e rese note dallo Schlie 20 .<br />
La ceramica etrusca era rappresentata da alcuni<br />
esemplari etrusco-corinzi, da un’anfora con sfingi a<br />
figure nere e da altro vasellame con decorazioni a<br />
fasce. Poco numerosi risultavano i bronzi, tra cui si<br />
segnalava un foculo frammentario su ruote, alcuni<br />
specchi e <strong>di</strong>versi kyathoi.<br />
I materiali romani provenivano per la maggior<br />
parte dagli scavi condotti nel territorio <strong>di</strong> S. Casciano<br />
Bagni 21 e comprendevano anfore, frammenti<br />
<strong>di</strong> marmo e una lucerna <strong>di</strong> bronzo. Nella stessa<br />
raccolta era conservata anche un’ascia in bronzo,
202<br />
della quale nel 1873 era stato inviato un <strong>di</strong>segno<br />
al Gamurrini: “per una certa sua forma particolare<br />
pongo pure il <strong>di</strong>segno <strong>di</strong> uno scalpello <strong>di</strong> rame recentemente<br />
avuto” 22 .<br />
L’ultima parte del catalogo era de<strong>di</strong>cata alla <strong>collezione</strong><br />
numismatica, costituita da oltre un migliaio<br />
<strong>di</strong> esemplari, <strong>di</strong> cui soltanto otto d’oro, in prevalenza<br />
<strong>di</strong> epoca romana, ma anche me<strong>di</strong>evali, veneziane<br />
e dello Stato Pontificio. La prima notizia<br />
<strong>di</strong> questa raccolta venne fornita al canonico Mazzetti<br />
nel 1866: “alcune monete, ma comuni che mi<br />
sono capitate mi danno luogo a farvi uno stu<strong>di</strong>o<br />
pratico se pure mi accadrà <strong>di</strong> prendere un qui pro<br />
quo non essendo troppo ben conservate, e sarebbero<br />
Domiziano; Gor<strong>di</strong>ano Pio; Antonino Pio; Tacito;<br />
Probo; Macrino <strong>di</strong> IIa e Macrino credo <strong>di</strong> Ia grandezza<br />
che allora sarebbe rara. Nel rovescio non ha<br />
altra iscrizione che S·C· ed una statua nuda con il<br />
Cornucopio e forse sarà il Genio Buono. Ne possiedo<br />
altra ben conservata, senza alcuna iscrizione<br />
avente una sfinge alata e nel rovescio il Giglio per<br />
cui la caratterizzerei per una antica <strong>di</strong> Firenze” 23 .<br />
Altre informazioni si ricavano da una missiva <strong>di</strong><br />
sette anni più tar<strong>di</strong> inviata al Gamurrini: “giacché<br />
ella si vuol compiacere alcunché delle <strong>due</strong> piccolezze<br />
che da me ricevé potrà profittare <strong>di</strong> un mio<br />
paesano latore della presente, e tra le moltissime<br />
imperiali che mi mancano noterò solo le comuni<br />
GIULIO PAOLUCCI [RdA 31<br />
seguenti, Foca, Germanico, Plautilla, Marino, Eraclio,<br />
Maurizio, Balbino. Non è molto mi capitò una<br />
Aes Rude della forma <strong>di</strong> che retro, del peso <strong>di</strong> oltre<br />
libbre <strong>due</strong>, rame anzi che no, ove sopra nella<br />
parte greggia mi sembra possano <strong>di</strong>stinguere i sei<br />
globetti, comunque non sarà un pezzo almeno per<br />
il peso non comune” 24 .<br />
Durante lo stesso periodo in cui si svolse l’attività<br />
del canonico Manciati furono effettuate ricerche<br />
anche da parte del fratello Pilade 25 , il quale si interessava<br />
soprattutto dei manufatti preistorici, tanto<br />
che venne menzionato dal Pigorini come “cultore<br />
degli stu<strong>di</strong> paletnologici”, avendo in<strong>di</strong>viduato sul<br />
versante meri<strong>di</strong>onale della montagna <strong>di</strong> Cetona, nei<br />
pressi <strong>di</strong> S. Casciano Bagni un rilevante inse<strong>di</strong>amento<br />
con industria litica. In questa località aveva<br />
potuto raccogliere una cospicua <strong>collezione</strong> costituita<br />
come ricordò sempre il Pigorini da “coltelli, accette,<br />
punte <strong>di</strong> freccia, oltre ad alcuni piccoli arnesi<br />
silicei creduti ami, rinvenuti insieme con moltissime<br />
schegge e rifiuti <strong>di</strong> lavorazione <strong>di</strong> selce” 26 .<br />
Purtroppo dopo la morte del canonico la <strong>collezione</strong><br />
<strong>di</strong> antichità venne totalmente <strong>di</strong>spersa, così<br />
come quella costituita dal fratello Pilade, che seguì<br />
la stessa sorte della raccolta settecentesca organizzata<br />
dal Bastiani, perdendo così una pagina importante<br />
sulla frequentazione umana e sulla storia più<br />
antica del territorio <strong>di</strong> S. Casciano Bagni.<br />
22 Nella stessa missiva veniva ricordato il fratello Pilade “restituisce <strong>di</strong>stintissimi ossequi aggiungendo avere <strong>di</strong> più aumentato<br />
la propria <strong>collezione</strong>”. Archivio Gamurrini, Arezzo, Lettera <strong>di</strong> F. Manciati a G. F. Gamurrini in data 1 novembre 1873.<br />
23 Archivio Vescovile, Chiusi. Lettera <strong>di</strong> F. Manciati a A. Mazzetti, in data 29 marzo 1866.<br />
24 Archivio Gamurrini, Arezzo. Lettera <strong>di</strong> F. Manciati a G. F. Gamurrini in data 1 novembre 1873.<br />
25 Pilade Manciati ricopriva anche la carica <strong>di</strong> consigliere nella Giunta Comunale <strong>di</strong> S. Casciano Bagni.<br />
26 Pigorini 1875, p. 180; per i ritrovamenti <strong>di</strong> epoca preistorica in questo territorio v. Grifoni Cremonesi 1971, p. 274.
2007] GLI SCAVI ARCHEOLOGICI E LA COLLEZIONE MANCIATI DI S. CASCIANO BAGNI<br />
203<br />
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TAV. L [RdA 31, 2007]<br />
b)<br />
a)<br />
PAOLUCCI - DUE VASI DI BUCCHERO A LEIDA ...<br />
a) Olla da Casalta, già coll. Ciogni (da CRISTOFANI 1979); b) Vasi <strong>di</strong><br />
<strong>bucchero</strong> da Casalta, già coll. Ciogni (da CRISTOFANI 1979).
PAOLUCCI - DUE VASI DI BUCCHERO A LEIDA...<br />
a)<br />
b)<br />
a) Vasellame e urne da Casalta, già coll. Ciogni (da CRISTOFANI 1979);<br />
b) Calice <strong>di</strong> <strong>bucchero</strong>. Leida, National Museum of Antiquities (foto<br />
museo).<br />
[RdA 31, 2007] TAV. LI
TAV. LII [RdA 31, 2007]<br />
a)<br />
c)<br />
b)<br />
PAOLUCCI - DUE VASI DI BUCCHERO A LEIDA ...<br />
a-c) Olla <strong>di</strong> <strong>bucchero</strong>. Leida, National Museum of Antiquities (foto museo).
PAOLUCCI - GLI SCAVI ARCHEOLOGICI E LA COLLEZIONE MANCIATI ...<br />
a)<br />
b)<br />
a) Carta <strong>di</strong> <strong>di</strong>stribuzione dei rinvenimenti archeologici nel territorio<br />
<strong>di</strong> San Casciano; b) Copia romana dell’Afro<strong>di</strong>te <strong>di</strong> Doidalsas da San<br />
Casciano (foto Museo <strong>di</strong> Chianciano).<br />
[RdA 31, 2007] TAV. LIII