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Auvele Feluskes. DELLA StELE DI VEtuLONIA E DI ALtRE DELL ...

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2007] FARFALLE NELL’EGEO<br />

67<br />

<strong>Auvele</strong> <strong>Feluskes</strong>.<br />

<strong><strong>DELL</strong>A</strong> <strong>StELE</strong> <strong>DI</strong> <strong>VEtuLONIA</strong> E <strong>DI</strong> <strong>ALtRE</strong> <strong>DELL</strong>’EtRuRIA SEttENtRIONALE<br />

Adriano Maggiani<br />

Abstract<br />

The new drawing and photos of the Warrior stele made by the author have allowed a complete re.examination of the<br />

famous monument from vetulonia. The Corinthian Helm, type Pflug B, confirms the traditional chronology in the<br />

last quarter of the 7 th cent. B.C.. The first name of the dead warrior has been recognized as <strong>Auvele</strong>, while his family<br />

name remains doubtful (<strong>Feluskes</strong>?). The final part of the text is definitely corrupted.<br />

Nelle Notizie degli scavi di antichità del 1895,<br />

Isidoro Falchi e Adriano Luigi Milani, nel comunicare<br />

i risultati delle campagne di scavo dell’anno<br />

precedente a Vetulonia, annunciavano con particolare<br />

enfasi la scoperta di una stele figurata e iscritta<br />

1 . La relazione del Falchi, assai più dettagliata di<br />

quella del direttore del museo di Firenze, ricorda<br />

che, portati gli scavi sul Poggio alle Birbe, località<br />

immediatamente adiacente al Poggio alla Guardia,<br />

fu localizzato tra la casetta Bambagini e la “via del<br />

piano” (o “dei sepolcri”) ( fig. 1) “un grande ammasso<br />

di pietre piccole informi, che sembrava costituissero<br />

un cumulo regolare […] Era una tomba<br />

a circolo grandissimo di pietre ritte, bianche e taglienti<br />

superiormente, in gran parte mancanti, da<br />

molto tempo e forse più volte rovistata […] Quasi<br />

nel centro del circolo era una buca grandissima<br />

molto profonda, ripiena di sassi e terra, dalla quale<br />

non vennero fuori che frantumi di fittili a grandi<br />

anse intagliate e bronzi irriconoscibili, insieme a un<br />

piccone di ferro uscito dal fondo della buca …” 2 .<br />

Il Falchi continua descrivendo il rinvenimento<br />

più importante, ossia una “… pietra grandissima<br />

e pesantissima […], la quale certamente, levata dal<br />

fondo della buca, si mostrava pel circolo con una<br />

sua punta all’esterno fra i pruni e i cespugli del bosco<br />

…”. La stele dunque, a quanto sembra di capire,<br />

si rinvenne entro il circolo, semisepolta tra i detriti<br />

e la vegetazione, dai quali emergeva parzialmente.<br />

La sua posizione originaria poteva forse essere immediatamente<br />

al di sopra della sepoltura 3 .<br />

Sfortunatamente non si conserva alcuna documentazione<br />

grafica o fotografica della tomba e<br />

del suo circolo, né sembra siano stati conservati i<br />

modesti materiali superstiti del corredo ceramico:<br />

mentre il Milani accennava a “frammenti di bucchero<br />

baccellati”, il Falchi segnalava infatti la presenza<br />

entro la fossa di “fittili a grandi anse intagliate”.<br />

L’indicazione del Falchi non è generica, dato<br />

che con questa espressione egli sembra riferirsi ai<br />

grandi kyathoi e kantharoi di impasto, caratteristici<br />

dell’Orientalizzante medio e recente di Vetulonia 4 .<br />

1 Milani 1895; Falchi 1895, p. 304 ss., fig. 18.<br />

2 Falchi 1895, loc. cit.; Cristofani 1976, p. 52 s., figg. 61-62 e Colonna 1985 danno come provenienza la “necropoli Bambagini”,<br />

che è però indicazione troppo generica. L’ubicazione della tomba nella carta Levi (qui data a fig. 1) non corrisponde<br />

alla descrizione del Falchi, dato che essa (vedi al n. 34) risulta posta ad est della Casetta Bambagini, e non fra questa e la via<br />

etrusca (o dei sepolcri), cfr. Levi 1931, p. 26, n. 34.<br />

3 Secondo Bagnasco Gianni 1996, p. 249, nota 12, la posizione originaria non sarebbe determinabile.<br />

4 Sulla classe, da ultimo, Gregori 1991. La Bagnasco Gianni suggerisce che il Falchi indicasse tipi ceramici come quelli restituiti<br />

da tombe dell’orientalizzante medio dell’agro fiesolano e chiusino, Bagnasco Gianni 1996, p. 249, nota 14. Ma, a parte<br />

il fatto che a Vetulonia non sono noti buccheri di questo tipo, per comprendere il senso delle parole del Falchi è fondamentale<br />

un altro passo dello stesso autore, relativo alla “tomba del littore”, cfr. Falchi 1898, p. 158: nell’inquadrare la tomba,<br />

dopo aver constatato che il titolare del sepolcro doveva essere un uomo anziano, caratterizzato da insegne militari come la<br />

doppia ascia e la spada, e da strumenti sacerdotali come l’incensiere, il Falchi notava che nella tomba mancavano “la ricca<br />

suppellettile come nelle tombe a circolo con ripostigli che io ho chiamato stranieri, non vetri, non fibule, non ambre, non<br />

vasi a grandi anse intagliate”. La tomba del littore, che si data poco dopo la metà del VII sec., precederebbe pertanto questa<br />

facies.


68<br />

Arrivarono al Museo di Firenze soltanto la stele e il<br />

piccone di ferro, che furono inventariati rispettivamente<br />

con i nn. 8620 (tav. IX, b), 8621 (tav. IX, a) 5 .<br />

La stele entrò subito nel dibattito scientifico, in<br />

virtù della sua lunga iscrizione, che poneva una serie<br />

di problemi di carattere ermeneutico, ma prima<br />

ancora difficoltà di carattere epigrafico; infatti la<br />

lunga iscrizione non presentava soltanto due ampie<br />

lacune provocate dal distacco di due larghe scaglie<br />

angolari sul lato destro del monumento, ma anche<br />

forti abrasioni e scheggiature soprattutto a sinistra<br />

che hanno reso fin dal primo momento estrema-<br />

ADRIANO MAGGIANI [RdA 31<br />

fig. 1 - Pianta della necropoli di Vetulonia con l’ubicazione (n. 34) della tomba del guerriero (secondo Levi<br />

1932).<br />

mente difficoltosa la lettura di alcune parti del testo<br />

6 . Difficoltà che, malgrado le numerose edizioni<br />

che il monumento ha conosciuto, dalle prime<br />

volonterose copie del Milani e del Falchi fino alle<br />

accuratissime autopsie del Danielsson e del Buonamici<br />

(che si avvalsero anche dei calchi eseguiti<br />

immediatamente all’indomani della scoperta), permangono<br />

tuttora 7 . In tempi più recenti l’epigrafe,<br />

dopo le fondamentali edizioni di Pallottino e Vetter<br />

8 , ha conosciuto una decisiva proposta di integrazione<br />

da parte di Giovanni Colonna nel 1977 9<br />

e in seguito, nella prima edizione degli etruskische<br />

5 Il cosiddetto piccone, ritenuto dal Falchi testimonianza dei saccheggi recenti subiti dalla tomba, potrebbe essere anche un<br />

oggetto antico, stanti le sue dimensioni (lungh. cm 27) e la circostanza che esso fu rinvenuto sul fondo della fossa. Escluso<br />

però che possa aver appartenuto al corredo originario della tomba, l’oggetto va identificato con un’ascia a taglio curvo, di un<br />

tipo noto in età imperiale, cfr. ad es. l’esemplare da Roma edito da Toro 1985, p. 139, n. 5, fig. 107, che conferma che il saccheggio<br />

delle grandi tombe orientalizzanti è iniziato già in età romana.<br />

6 Sulla storia delle letture, Danielsson 1923, p. 119 s. e, più di recente, Bagnasco Gianni 1996, loc. cit.<br />

7 Foto dei calchi, in Buonamici 1932, tav. XVII. Do qui di seguito alcune delle letture proposte. Milani 1895: ] avleś.<br />

eluskeśzusnuzni../.panauaś minimul / uvanikehirsumi alpis…u; Danielsson 1923: [ - -(-)] u××leś feluskeś tuśnut××- - - -panalaś mi ni<br />

mul/uvaneke hirumi-a ers nas; Buonamici 1931: [mi] uveleś feluskeś tuśnutni [eś su i a]lpan alaś mi ni muluvaneke hirumi[a] a ers<br />

nas an(?).<br />

8 Vetter 1955-56: mini muluvaneke hirumi[n]a ersnas; Pallottino 1968: (…×) veleś feluskeś tuśnutn×…./.×panalaś mini muluvaneke<br />

hirumi×a ersnas.<br />

9 Colonna 1977: [mi] avleś feluskeś tusnutai[eś/ pa vel si] panalaś mini muluvaneke hirumina ersnas. una lettura … tusnutai …<br />

era stata anche da me proposta, Maggiani 1975.


2007] <strong>Auvele</strong> <strong>Feluskes</strong>. <strong><strong>DELL</strong>A</strong> <strong>StELE</strong> <strong>DI</strong> <strong>VEtuLONIA</strong><br />

69<br />

Texte del 1991, una proposta di lettura completamente<br />

nuova da parte di Rix e dei suoi collaboratori,<br />

una lettura largamente condivisibile ma non<br />

motivata nel dettaglio 10 . Nel 1996 Giovanna Bagnasco<br />

Gianni ha riesaminato integralmente la questione,<br />

giungendo a una nuova lettura che, soprattutto<br />

nella seconda parte, accoglie la lezione Vetter-Pallottino<br />

11 . un recente lavoro di Paolo Poccetti ha<br />

infine ripreso in esame la questione, proponendo<br />

l’identificazione del secondo nome del titolare, Feluske,<br />

con l’etnico dei Falisci, riconoscendo perciò<br />

nel personaggio un italico o un discendente da avi<br />

italici 12 . Più di recente, ho creduto di poter avanzare<br />

una nuova proposta di lettura della parte finale<br />

dell’iscrizione (hirumina ersnalnas), realizzando un<br />

apografo sulla base della documentazione fornita<br />

dal Buonamici 13 . Nel corso del XIII Convegno della<br />

fondazione per il Museo C. Faina, tenutasi a Orvieto<br />

nel 2007 ho proposto ancora una volta il confronto<br />

tra la conosciutissima stele vetuloniese e la<br />

altrettanto nota stele paleoveneta da Camin presso<br />

Padova 14 . In questa occasione, ho avuto l’opportunità<br />

di realizzare, direttamente sul monumento, un<br />

nuovo rilievo della decorazione figurata e della epigrafe<br />

della stele etrusca 15 . Il nuovo apografo (tav.<br />

IX, b), che mi sembra integri e migliori quelli noti,<br />

può consentire di riassumere i principali problemi<br />

ancora aperti, di carattere figurativo ed epigrafico,<br />

relativi a questo insigne monumento 16 .<br />

Relativamente alla decorazione figurata il nuovo<br />

apografo non comporta se non qualche correzione<br />

di dettaglio. Mi sembra ad esempio certa la<br />

presenza, sulla gamba destra, di due tratti orizzontali<br />

incisi che non compaiono nelle immagini finora<br />

pubblicate. Certamente non si tratta della indicazione<br />

di schinieri; potrebbero alludere a elementi<br />

ornamentali. Il virgulto vegetale che si alza dal<br />

suolo tra le gambe del guerriero presenta una serie<br />

di collarini incisi, mentre è privo del tratteggio<br />

nel contorno della parte lanceolata: i trattini sono<br />

riferibili a un intervento successivo 17 . Qualche piccola<br />

correzione occorre anche nel disegno dell’elmo,<br />

soprattutto nella zona del cimiero (tavv. IX, b;<br />

XI, a). L’elmo di tipo corinzio, sembra realizzato con<br />

grande fedeltà ai modelli reali, anche se la linguetta<br />

paranaso risulta molto sollevata e più angolata rispetto<br />

alle pur numerose rappresentazioni figurate<br />

contemporanee 18 . Il tipo di elmo è certamente più<br />

recente di quello, reale, rinvenuto nel primo circolo<br />

delle Pelliccie della stessa Vetulonia, databile sulla<br />

base del corredo tra primo e secondo quarto del<br />

VII sec. a.C. 19 . In effetti esso trova una più precisa<br />

collocazione tra i primi esempi del secondo tipo di<br />

elmi corinzi della recente classificazione del Pflug 20 .<br />

un confronto particolarmente stringente mi sembra<br />

proponibile con gli elmi degli opliti raffigurati<br />

sull’olpe Chigi, databile intorno al 640 a.C. 21<br />

Il guerriero che avanza a grandi passi, semina-<br />

10 eT Vn 1.1. Non mi risulta che a sostegno di questa lettura sia stato fornito un nuovo apografo o un qualsivoglia commento.<br />

11 Bagnasco Gianni 1996: [- - -]× aveleś feluskeś tuśnuta[i- - -] panalaś mini muluvaneke hirumi×a ers nas.<br />

12 Poccetti 1999.<br />

13 Maggiani 2000a, tabella I, n. 12, fig. 1.<br />

14 Avevo già riproposto il confronto in Maggiani 2000b, p. 93 s.<br />

15 Ringrazio la dr.ssa Fulvia Lo Schiavo e il dr. M. Cygielman per l’autorizzazione alla pubblicazione e la dr.ssa S. Rafanelli,<br />

direttrice del Museo di Vetulonia, per aver agevolato il mio lavoro. Il rilievo alla tav. IX, b è stato realizzato con la consueta<br />

perizia, su mie indicazioni, da Grazia ugolini, cui va la mia riconoscenza.<br />

16 Data la difficoltà di una visione fotografica d’insieme soddisfacente della stele (cfr. ad es. Buonamici 1932, tav. XVI), di essa<br />

si offre di solito l’immagine di un calco cartaceo sul quale l’incisione è stata ripassata a penna, cfr. ad es. Cristofani 1976,<br />

fig. 62.<br />

17 Il Magi notava che riempitivi vegetali (di forma diversa) compaiono anche nella nota anfora medioorientalizzante da Melos,<br />

Magi 1964, p. 182.<br />

18 Cfr. ad es. Stary 1981, tav. 16 e ss. La stele è raffigurata in Stary 1981, tav. 27.2.<br />

19 Falchi 1891, tav. XIV, 3; Pflug 1988, p. 103, nota 162.<br />

20 Pflug 1988, p. 73 ss., cfr. in particolare i nn. 17-18. Cfr. anche Pflug 1989, p. 57 ss., nn. 8-11. Molto simile, con la sola differenza<br />

che le paragnatidi sono assai più alte, è anche l’aryballos corinzio, Pflug 1988, p. 78, figg. 14-15. La documentazione<br />

figurata conserva tratti di ambiguità: si vedano ad es. gli elmi della situla di Plikasna, Stary 1981, tav. 16 e quelli della più<br />

recente situla della Pania, Stary 1981, tav. 17. Il tipo più antico di elmo corinzio è raffigurato sulla stele tarquiniese frammentaria,<br />

Stary 1981, tav. 27 a, ma sembra mantenersi a lungo, cfr. Stary 1981, tav. 28.3 (Stele di Montaione).<br />

21 Il Magi richiamava a confronto fibule geometriche greche, ceramiche rodie e tardoprotocorinzie, Magi 1964, p. 182. Per una<br />

bella immagine dell’olpe Chigi, cfr. Arias-Hirmer 1960, p. 44, n. 28, tav. IV, fig. 16. Gi elmi sembrano però senza pennacchio<br />

cadente e gli scudi appaiono più grandi.


70<br />

scosto dietro il suo scudo rotondo, decorato con un<br />

motivo che, se non si riscontra nella ceramica del<br />

tempo 22 , compare però identico nella stele di Monte<br />

Gualandro presso Perugia 23 , agita davanti a sé la<br />

doppia ascia: fiumi di inchiostro sono stati versati<br />

su questo dettaglio, di volta in volta richiamato a<br />

proposito degli esemplari reali e delle rappresentazioni<br />

figurate di varie parti d’Etruria 24 . In questo<br />

caso si può discutere se l’arma sia esibita soprattutto<br />

per il suo valore simbolico, legato al potere<br />

militare del quale il personaggio doveva essere investito,<br />

o come effettiva arma da combattimento 25 .<br />

Lo straordinario esemplare in ferro rinvenuto nella<br />

tomba del littore, datata al terzo quarto del VII sec.<br />

a.C. 26 , la cui associazione con gli elementi tubolari<br />

(verghe) ne rende certo il valore simbolico contribuisce,<br />

con la notevole somiglianza della forma, ad<br />

orientare per una cronologia alta della stele.<br />

La singolare tecnica di lavorazione, a sottile incisione<br />

certamente ravvivata con il colore non sembra<br />

senza connessioni, come è stato sempre sottolineato,<br />

con la serie degli omologhi monumenti<br />

cretesi: un riferimento alla Creta di età orientalizzante<br />

che non è certamente isolato nell’Etruria del<br />

tempo 27 .<br />

Lo stile della figura è al meglio valutabile nel-<br />

ADRIANO MAGGIANI [RdA 31<br />

la trattazione della testa: la struttura quadrangolare<br />

con calotta fortemente appiattita, riconoscibile<br />

anche sotto la copertura dell’elmo, il lungo naso<br />

aguzzo, le labbra appena accennate e lievemente<br />

rientranti, il mento fornito di una barba appuntita,<br />

l’occhio che sembra piuttosto piccolo, rimandano<br />

al linguaggio figurativo dell’Orientalizzante maturo<br />

d’Etruria quale si rispecchia nei buccheri incisi,<br />

nella ceramica dipinta e negli avori: uno stile nel<br />

quale confluiscono elementi di varia provenienza,<br />

ma con una dominante intonazione corinzieggiante.<br />

Si possono richiamare oltre alle figure dell’olpe<br />

in bucchero di S. Paolo e gli avori di Artimino 28 , che<br />

presentano qualche somiglianza, soprattutto i personaggi<br />

dell’oinochoe della Tragliatella 29 , opere cioè<br />

che si datano tra Orientalizzante medio e recente.<br />

La stele di Vetulonia e le analoghe realizzazioni<br />

di Monte Gualandro 30 e di Roselle I (faccia A, incisa)<br />

(tav. XI, b, c) 31 , potrebbero perciò porsi prudenzialmente<br />

nell’ultimo quarto del VII sec. a.C. 32<br />

Sembra ragionevole pensare che le stele solo incise<br />

precedano di poco quelle a leggero rilievo, come la<br />

imponente stele da S.Casciano presso Firenze 33 , e<br />

di qualche decennio quelle a pieno rilievo di Volterra<br />

34 , di Roselle I (faccia B) (tav. XII, a, b) 35 e di Ro-<br />

22 Il Magi aveva richiamato gli scudi dei guerrieri del cratere di Aristonothos, che tuttavia appaiono abbastanza diversi; il<br />

Milani incomprensibilmente confrontava il disegno a stella dello scudo con quello dell’esemplare reale della tomba del duce,<br />

Milani 1895, p. 25.<br />

23 Cfr. già Magi 1964, p. 17 ss., figg. 1-2. La stele, certamente rilavorata, è stata rinvenuta a copertura di una tomba a fossa,<br />

Magi 1964, p. 176, nota 4.<br />

24 Cfr. da ultimo Scandone Tassi 2001, p. 172 ss., tav. V.<br />

25 Propende per questa ipotesi Bagnasco Gianni 1996, p. 188.<br />

26 Da ultimo Cygielman 1985; Tassi Scandone 2001, pp. 26-27, 220-21, tav. V a. Un secondo esemplare di ascia bipenne in ferro<br />

proviene dal tumulo di Poggio Pepe, cfr. Talocchini 1942, p. 58 s., fig. 11. un’altra ascia è conservata nella Collezione Ligabue<br />

di Venezia, associata (?) ad un canopo chiusino, De Min 1998, p. 102 s., n. 32.<br />

27 Da ultimo Bagnasco Gianni 1996, p. 250.<br />

28 Sull’olpe, più di recente, con bibl., Rizzo 1988-89; anche Bellelli 2002-3. Sugli avori Bettini-Nicosia 2000.<br />

29 Cfr. Giglioli 1929, tavv. XXIII-XXVI; Martelli 1988, p. 271 s., n. 49. Cfr. soprattutto la forma e il profilo delle teste nel<br />

gruppo con Mamarce e Thesathei.<br />

30 Magi 1964; Maggiani 1998, p. 46, fig. 3 a.<br />

31 Maggiani 1998, p. 46, fig. 3 b. Penso che la stele rusellana possa essere più recente di quelle di Vetulonia e Monte Gualandro<br />

per le dimensioni molto più ampie dello scudo, che già si avvia a diventare simile al grande scudo oplitico greco.<br />

32 La Bagnasco ritiene utile per l’inquadramento stilistico e cronologico della stele la decorazione dello scudo e l’elemento fitomorfo<br />

che sporge dal suolo, tra le gambe del guerriero; sulla base di questi elementi propone una datazione nell’ambito della<br />

seconda metà del VII sec. a.C., Bagnasco Gianni 1996, loc. cit. Il Magi, pur avendo confrontato la stele con l’anfora di Melos<br />

(metà del VII sec. a.C.), optava per una cronologia agli inizi del VI sec. (Magi 1964, p. 177 s.). Per il Magi la stele più antica<br />

del gruppo sarebbe la stele di Monte Gualandro, Magi 1964, p. 192.<br />

33 De Marinis 1980.<br />

34 Stele di Avile Tites, del secondo quarto del VI sec. a.C. (da ultimo Pairault 1991); stele dalle Balze, della fine del VI (Pairault<br />

1975); stele di Pomarance, del terzo quarto (Minto 1937, p. 308); stele di Laiatico, della seconda metà (Bruni 1997, p.<br />

144, nota 59, tav. II b); stele di Montaione, del tardo VI sec. (Nicosia 1967).<br />

35 Da ultimo Maggiani 1998, fig. 4. La stele conserva resti di iscrizione: -]naies'.


2007] <strong>Auvele</strong> <strong>Feluskes</strong>. <strong><strong>DELL</strong>A</strong> <strong>StELE</strong> <strong>DI</strong> <strong>VEtuLONIA</strong><br />

71<br />

selle II, di recentissimo rinvenimento 36 (tav. XII, c),<br />

che possono datarsi tra il primo e il secondo quarto<br />

del VI sec. a.C.<br />

L’iscrizione presenta alcuni punti di incertezza,<br />

che resistono all’autopsia, malgrado i tantissimi<br />

tentativi succedutisi dalla sua pur magistrale<br />

edizione sul volume del “CIE”.<br />

I punti dibattuti sono sostanzialmente quattro e<br />

ineriscono alla parte iniziale e a quella finale della<br />

lunga iscrizione, ovvero alla forma del prenome del<br />

titolare del monumento, alla lettera iniziale del suo<br />

gentilizio, alle lettere iniziali e finali del secondo<br />

nome di colui che ha fatto innalzare la stele.<br />

una lettura epigrafica rigorosa dell’iscrizione<br />

comporta un gran numero di punti di incertezza:<br />

[…]u××leśf<br />

.<br />

eluskeśtuśnuta×[..] / [ .. ]panalaśminimul /<br />

uvanẹkehirumi[.]a×e×sna×[.]a×<br />

La lacuna all’inizio dell’iscrizione è stata diversamente<br />

integrata. I primi editori proponevano di<br />

leggere [-]avleś; su ciò concordavano Falchi, Milani<br />

e inizialmente Danielsson; quest’ultimo aveva però<br />

previsto anche una lettura ] utileś o ] uteleś o addirittura<br />

] uzeleś.<br />

Ma in realtà sulla pietra ciò che si vede con chiarezza<br />

è sostanzialmente solo una asta verticale, sfigurata<br />

poco sopra la metà da un profondo graffio<br />

accidentale (tav. X, a). Alla sommità un tratto<br />

orizzontale, inciso molto a ridosso della linea di<br />

delimitazione, può solo evocare la traversa di una<br />

tau. troppo poco per autorizzare una pur attraente<br />

lettura in questo senso del segno 37 . Più verisimile<br />

l’identificazione con digamma: si scorgono infatti<br />

debolissime tracce di due traverse oblique, l’inferiore<br />

più nitida della superiore. La lettera successiva,<br />

per usare le parole del Danielsson, è nata cer-<br />

tamente come una iota, stante l’esiguo spazio che<br />

la separa dal segno che segue. tuttavia, contrariamente<br />

all’opinione del grande epigrafista, mi sembra<br />

certa la presenza di tre trattini obliqui, tracciati<br />

nitidamente se pur debolmente nel pur scarso spazio<br />

disponibile. Perciò, rovesciando le conclusioni<br />

del Danielsson, mi sembra possibile ipotizzare che<br />

il lapicida, dopo aver scritto la sequenza -uvileś, sia<br />

tornato sul testo e abbia corretto la iota in epsilon.<br />

Mi pare pertanto che la lettura più probabile sia<br />

effettivamente -uveleś e l’integrazione a]uveleś praticamente<br />

obbligata.<br />

Per ciò che attiene al segno iniziale del gentilizio,<br />

la nuova autopsia conferma quanto già ampiamente<br />

documentato dalle indagini precedenti,<br />

ovverosia la forma asimmetrica a due cerchielli sovrapposti:<br />

La forma, pur essendo diversa da quella<br />

che compare sulla fiaschetta da Poggio Sommavilla,<br />

la cui cronologia è stata fissata alla seconda metà<br />

del VII sec., non è però troppo lontana da quella 38 ;<br />

la datazione alta dell’innovazione grafica, che va<br />

probabilmente attribuita all’ambiente scrittorio paleoumbro-sabino<br />

39 , toglie peso alla difficoltà costituita<br />

dal gap cronologico tra la stele vetuloniese e le<br />

altre attestazioni del segno in Etruria, che non risalgono<br />

a molto prima della metà del VI sec. a.C.<br />

Le considerazioni ragionevoli di Poccetti mi esimono<br />

da ulteriori riflessioni circa l’interpretazione<br />

del grafo, che ritengo possa, pur con un segno di incertezza,<br />

essere identificato con una /f / 40 (tav. X, b).<br />

Il nome del personaggio raffigurato è dunque<br />

<strong>Auvele</strong> F. eluske(ś). Il prenome presenta una forma<br />

che trova un solo confronto in una antichissima<br />

iscrizione proveniente dall’agro falisco, ciò che mi<br />

sembra una conferma inattesa della bontà dell’ipotesi<br />

Poccetti 41 .<br />

Il terzo elemento della formula onomastica è<br />

36 La stele è ora edita in Celuzza 2007, p. 60 s. La stele, fortemente scalpellata, è stata rinvenuta a copertura di una tomba nel<br />

cimitero medievale di Roselle. Si riconosce la sagoma del guerriero incedente a destra, con arma impugnata orizzontalmente<br />

nella destra, in una posizione analoga a quella della più nota stele rusellana iscritta.<br />

37 Danielsson 1923, loc. cit. Le forme ]utileś o ]uteleś erano però escluse dallo studioso, oltre che per la differenza del presunto<br />

tau da quelli presenti nel resto dell’iscrizione, anche perché dietro a una eventuale lettura ]utiles, praenomen aliquod subest<br />

adhuc ignotum, de quo nihil coniectare fortasse satius est. un prenome che integrerebbe perfettamente la lacuna in realtà esiste: si<br />

tratta di rutile, noto nel VII sec. a tarquinia (eT ta 6.1) e presupposto dal gentilizio volsiniese Rutelna. (eT Vs 1.45). Ma quanto<br />

resta sulla pietra non giustifica questa lezione.<br />

38 Da ultimo Rix 1996. Sulla datazione, Pallottino 1973, p. 31; Cristofani 1977.<br />

39 Rix 1996, p. 266 s.<br />

40 Poccetti 1999, p. 182. Cenni sulla questione in Bagnasco Gianni 1996, p. 251. Sono rimaste senza seguito le letture eluske<br />

di Pais 1924 e eluske di Cristofani 1987; quest’ultima rimane l’unica vera alternativa alla lettura f . eluske.<br />

41 Cfr. eT Fa 3.1 (forma attestata: auvilesi).


72<br />

stato ricostruito da Colonna in Tusnuta[ieś]. La lettura<br />

tusnutai [-] era stata già intravista da Danielsson,<br />

che preferiva però una lettura tusnutn […] 42 .<br />

Tusnutaie sarebbe il praenomen alla base del gentilizio<br />

arcaico volterrano tusnutina. La più recente<br />

lettura del Rix, tusnutal[a], presuppone una diversa<br />

interpretazione. La lettura tusnutala è stata certamente<br />

suggerita dall’ampio spazio che sussiste alla<br />

sinistra dell’asta dell’ultima lettera (tuśnuta××) (tav.<br />

X, c). La parola sembra doversi interpretare come<br />

il genitivo II (terminologia Rix) di una forma con<br />

pronome dimostrativo enclitico (-ita) aggiunto a un<br />

aggettivo o nome in -u (tuśnu). La forma tuśnuta<br />

parrebbe dunque qualificare <strong>Auvele</strong> Feluskeś come<br />

“quello di Tuśnu”, dove Tuśnu, noto come cognomen<br />

e gentilizio in età ellenistica, dovrebbe essere<br />

riconosciuto come il nome paterno. La rarità della<br />

forma grammaticale rende, a mio parere, difficilmente<br />

accettabile l’integrazione; mi sembra che,<br />

malgrado qualche difficoltà di ordine grafico, sia<br />

ancora preferibile la lezione proposta dal Colonna,<br />

ovvero tuśnutai[eś]. Il metronimico all’ablativo è<br />

stato integrato in [si]panalaś o [pa] panalaś. Mi sembra<br />

più adeguata la seconda proposta, dato che nella<br />

frattura della pietra all’inizio della riga di fondo<br />

sembra di intuire un andamento che più si addice<br />

a una alpha che non a uno iota, che ci aspetteremmo<br />

inciso assai più a ridosso della prima lettera<br />

conservata 43 .<br />

La seconda parte del testo inizia, senza alcun<br />

divisorio, con la nota formula di dono (mini<br />

muluvanẹke), cui segue il nome del dedicante, ovvero<br />

di colui che ha fatto erigere il monumento.<br />

Assai complessa appare la lettura della sequenza<br />

finale del testo. Se il nome Hirumi[n]a sembra<br />

accertato, ciò che segue è stato letto nelle maniere<br />

più diverse; tale divergenza di opinioni deriva dalla<br />

oggettiva difficoltà di individuare esattamente i<br />

resti delle lettere 44 .<br />

I dubbi nascono subito, con l’identificazione della<br />

prima lettera 45 . Fin dalla prima edizione del te-<br />

ADRIANO MAGGIANI [RdA 31<br />

sto vi è stata riconosciuta una phi; del cerchio della<br />

lettera si riconosce però con chiarezza soltanto la<br />

parte sinistra, ciò che potrebbe suggerire una lettura<br />

alternativa rho. tuttavia, osservando attentamente,<br />

mi sembra che sul fondo della lacuna si intraveda<br />

anche a destra dell’asta una esile traccia della<br />

prosecuzione del tratto curvilineo (tav. X, d, e). La<br />

posizione del cerchio rispetto all’asta, piuttosto in<br />

alto, può giustificare la lettura proposta.<br />

Anche la terza lettera dell’appositivo è mal conservata;<br />

si riconosce chiaramente un’asta verticale e<br />

tracce di un segmento curvilineo a sinistra: letture<br />

alternative iota o, più probabilmente, rho.<br />

Letture possibili delle prime tre lettere: rei- oppure,<br />

e preferibilmente, er-.<br />

Il gruppo sna è certo, mentre problematica appare<br />

la lettura del segno che segue; certa è solo l’asta<br />

verticale, mentre dubbio rimane il tratto obliquo<br />

profondamente inciso, che parrebbe conferire al segno<br />

la forma di lambda; poiché però questa traversa<br />

intercetta l’asta molto in alto, mi sembra difficile<br />

decidere tra lambda e iota. Segue una lacuna estesa<br />

per lo spazio di una lettera: quasi nulla si vede, ma<br />

mi è parso di riconoscere in basso nella lacuna esilissime<br />

tracce, che potrebbero giustificare l’esistenza<br />

di un ny. È sicura poi la presenza di alpha; l’ultimo<br />

segno infine, considerato ora puro elemento<br />

decorativo (Danielsson) 46 ora riconosciuto come un<br />

ny (Milani, Buonamici) 47 , potrebbe essere effettivamente<br />

un sade, come proposto da Helmut Rix, faticosamente<br />

inserito nello spazio residuale tra l’ultima<br />

lettera leggibile e la linea di delimitazione della<br />

cornice superiore (tav. X, f).<br />

Le letture possibili sono dunque almeno sei:<br />

1) ersnal.[n]aś,<br />

2) ersnaị[n]aś<br />

3) ersnal.[vacat]aś<br />

4) reisnal.[n]aś<br />

5) reisnaị[n]aś<br />

6) reisnal.[ vacat]aś<br />

42 Colonna 1977, p. 189. Ciò che rimane sulla pietra può anche far congetturare che in questo caso di un pentimento del lapicida<br />

si tratti, che aveva scritto tusnutn, corretto poi in tusnuta×[…]. La lettura tusnutai … era stata anche da me riconosciuta,<br />

Maggiani 1975.<br />

43 Questa prima parte del testo aveva avuto una accurata rilettura da parte di G. Buonamici, il quale, pur ripetendo quasi alla<br />

lettera le parole del Danielsson, proponeva poi una lettura .[- ] uveleś feluskeś tusnutn[ies ]lpanalaś.<br />

44 Milani: alpis…u; Buonamici: a ers na s an; Vetter: ersna s; Colonna: ernac hs; Rix: ersnalaś, Bagnasco: a ers na s; Mag-<br />

giani: ersnal.naś.<br />

45 Buonamici 1931, p. 393, fig. 3 ne dava un disegno assai approssimativo e ingannevole.<br />

46 Buonamici 1931, p. 395.<br />

47 Buonamici 1931, p. 396.


2007] <strong>Auvele</strong> <strong>Feluskes</strong>. <strong><strong>DELL</strong>A</strong> <strong>StELE</strong> <strong>DI</strong> <strong>VEtuLONIA</strong><br />

73<br />

Nella serie 4-6, escluse le forme reisnainaś e<br />

reisnalnaś, che paiono poco convincenti, potrebbe<br />

imporsi la forma reisnalaś, da considerare ablativo<br />

di un gentilizio femminile reisnai, attestato in età ellenistica<br />

nel Senese 48 . Lasciando tale soluzione tra<br />

le ipotesi verosimili, mi pare tuttavia che esistano<br />

sufficienti indizi per riconoscere, con la maggioranza<br />

degli studiosi, all’inizio della sequenza sia la phi<br />

che il rho. La suggestiva lettura ersnalaś di Rix non<br />

mi sembra del tutto convincente, dato che non è affatto<br />

sicuro che lo spazio tra la quartultima e la penultima<br />

lettera potesse essere rimasto vuoto, e che<br />

anzi mi sembra di scorgervi tracce di una lettera<br />

che potrebbe essere una ny 49 . Ne deriva una lettura<br />

* ersnaḷnaś o eventualmente * ersnaịnaś.<br />

Come analizzare un gentilizio ersnaḷnaś (o<br />

ersnaịnaś) o, il che è fondamentalmente lo stesso,<br />

ersnai, come desumibile dalla lettura del Rix?<br />

Queste formazioni sembrano presupporre un nome<br />

individuale che potrebbe essere erse o ersu. Non<br />

mi pare sia sostenibile una relazione tra i due nomi<br />

che, come ognuno sa, sono il primo parola di prestito<br />

dal gr. Perseus, attestato in Etruria a partire<br />

dal V sec. 50 e il secondo nome di un personaggio<br />

mascherato protagonista di un rituale cruento, attestato<br />

nella seconda metà del VI sec. a Tarquinia 51 .<br />

Se potessimo accertare la lettura ersnalnaś, dovremmo<br />

pensare che alla base di esso sia un nome<br />

* ersnale (< ersunale?) 52 . Si tratta in ogni caso di<br />

nomina che non hanno finora altre attestazioni in<br />

Etruria; una circostanza che induce alla prudenza<br />

circa la lettura di questa parte del testo.<br />

La rilettura che ho tentato, bisogna riconoscerlo,<br />

non ha portato ad elementi di assoluta certezza nella<br />

ricostruzione della parte più danneggiata della<br />

lunga iscrizione, mentre qualche risultato mi sembra<br />

raggiunto per la parte iniziale. In definitiva, la<br />

proposta che mi sento di avanzare è la seguente:<br />

[mi a]uvẹleś feluskeś tuśnutai[eś pa]panalaś mini muluvanẹke<br />

hirumi[n]a ersnal.[n]aś (o ersnaị[n]aś).<br />

Non mi nascondo che il testo che qui propongo<br />

solleva difficoltà interpretative che la lettura del Rix<br />

evitava. Lo studioso tedesco, infatti, mentre restitui<br />

va una struttura simmetrica e rigorosa alla formula<br />

onomastica dei due personaggi (entrambi segnalati<br />

con il metronimico all’ablativo), prospettava<br />

una convincente ricostruzione della dedica del<br />

monumento: <strong>Auvele</strong> Feluskeś, titolare della stele, sarebbe<br />

qualificato con il patronimico espresso con<br />

il genitivo (Tusnutaieś: ipotesi Colonna) o in forma<br />

aggettivale (Tusnutala: ipotesi Rix) e il metronimico<br />

all’ablativo (Papanalaś). Il secondo personaggio,<br />

Hirumina, sarebbe indicato con il solo metronimico<br />

all’ablativo (Phersnalaś o eventualmente, ma meno<br />

probabilmente, Reisnalaś, come sopra ventilato),<br />

nell’ipotesi che questa donna si identificasse con<br />

la moglie di <strong>Auvele</strong>, il quale dunque risulterebbe<br />

padre di Hirumina. Ciò spiegherebbe la mancanza,<br />

nel secondo colon, del patronimico del dedicante.<br />

Risulterebbe perciò un quadro plausibilissimo, nel<br />

quale sarebbe stato il figlio Hirumina ad erigere il<br />

monumento funerario ad <strong>Auvele</strong> 53 .<br />

Non mi sento tuttavia di escludere che la soluzione<br />

possa essere in effetti differente. Mi sembra<br />

che, malgrado l’impossibilità di identificare con<br />

certezza il segno nella lacuna alla fine dell’iscrizione,<br />

sia del pari indimostrabile l’ipotesi che il lapicida<br />

abbia lasciato volontariamente uno spazio vuoto,<br />

solo perché la superficie della pietra in questo<br />

punto era scheggiata 54 .<br />

Ma se si accoglie l’integrazione proposta (Phersnạlnaś<br />

o Phersnaịnaś) il dedicante risulta membro<br />

di un gruppo familiare differente dal titolare della<br />

stele 55 . Ciò apre scenari assai dissonanti da quello,<br />

tutto chiuso nell’ambito familiare, desumibile dalla<br />

lettura del Rix.<br />

48 Mangani 1984, p. 105, n. 3, p. 107, n. 7; Maggiani 1990, p. 182, fig. 2.<br />

49 Nel caso la trascrizione dovrebbe essere ersnal[vacat]aś.<br />

50 De Simone 1968-70, I, p. 102 s.<br />

51 Cfr. De Simone 1968-70, p. 293 ss.; Breyer 1993, p. 373 s.<br />

52 Da intendere più che come formazione patronimica * ersu-na-ale forse come un diminutivo * ersu-na-le?<br />

53 Così anche Colonna 1985. Il confronto con il formulario delle stele volterrane parrebbe costituire un argomento forte a favore<br />

di questa ipotesi: nei due casi noti, la stele di Avile Tites (eT Vt 1,154) e quella di larth Tharnie (eT Vt 1.85), il defunto<br />

è indicato con una formula binomia, mentre il dedicante compare con il solo nome individuale; la possibilità che l’omissione<br />

del secondo nome del dedicante vada spiegata con l’identità con quello del defunto è forte.<br />

54 Anche se è vero che fenomeni di questo tipo si verificano molto più tardi, nella pratica degli scalpellini della tarda età ellenistica.<br />

Vedi ad es. Maggiani 1984, tav. XXV, 4.<br />

55 Una difficoltà potrebbe essere costituita dalla circostanza che Hirumina Phersnalnas non abbia caratterizzato la sua formula<br />

onomastica allo stesso modo di quanto ha fatto tanto enfaticamente per il personaggio defunto.


74<br />

In conclusione, il titolare della stele, <strong>Auvele</strong><br />

Feluskeś, era forse un italico, uno di quegli uomini<br />

d’arme, etruschi e italici,che compaiono numerosi<br />

tra l’orientalizzante tardo e l’età arcaica, come Avile<br />

Tites a Volterra, larth Ninies a Fiesole, i vipiennas a<br />

Vulci e, per un’età assai più recente e in una situazione<br />

in parte diversa, lars Porsenna a Chiusi. Co-<br />

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ADRIANO MAGGIANI [RdA 31<br />

lui che ha fatto innalzare il monumento, Hirumina,<br />

poteva essere stato suo figlio, ma poteva anche, nella<br />

ipotesi che sopra ho avanzato, essergli estraneo<br />

per legami di sangue, ma risultare a lui legato da<br />

vincoli di altro tipo, di etaireia o di philia, in quanto<br />

compagno d’arme o erede “politico” 56 .<br />

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56 A “un commilitone del morto” aveva pensato anche il Magi (Magi 1964, p. 183). Il Buonamici, riteneva invece “poco verisimile<br />

che il dedicante fosse di un’altra famiglia”, Buonamici 1931, p. 390.


2007] <strong>Auvele</strong> <strong>Feluskes</strong>. <strong><strong>DELL</strong>A</strong> <strong>StELE</strong> <strong>DI</strong> <strong>VEtuLONIA</strong><br />

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MAGGIANI - AUVELE FELUSKES<br />

a)<br />

b)<br />

[RdA 31, 2007] TAV. IX<br />

a) Ascia di ferro rinvenuta nella “Tomba del guerriero”. Firenze, Museo archeologico<br />

(Foto A. Maggiani); b) Stele da Poggio alle Birbe. Vetulonia, Museo civico archeologico I.<br />

Falchi (ril. A. Maggiani - G. Ugolini).


TAV. X [RdA 31, 2007] MAGGIANI - AUVELE FELUSKES<br />

a)<br />

c)<br />

d)<br />

e) f)<br />

Particolari dell’iscrizione (Foto A. Maggiani). a) Parte iniziale del prenome (-uve…); b) L’iniziale<br />

del gentilizio (…s fel…); c) Il patronimico (tusnutai..); d) Sezione finale dell’iscrizione (fersnal…);<br />

e) Sezione finale dell’iscrizione (-a fe…); f) Sezione finale dell’iscrizione (…nal×as).<br />

b)


MAGGIANI - AUVELE FELUSKES<br />

a)<br />

b) c)<br />

[RdA 31, 2007] TAV. XI<br />

a) Particolare della testa del guerriero (Foto A. Maggiani); b-c) Stele di Roselle I (faccia A, incisa).<br />

Grosseto, Museo archeologico e d’arte della Maremma (Foto SBAT).


TAV. XII [RdA 31, 2007] MAGGIANI - AUVELE FELUSKES<br />

a)<br />

c)<br />

b)<br />

a-b) Stele di Roselle I (faccia B, a rilievo) e deaglio dell’iscrizione. Firenze, Museo archeologico<br />

(foto SBAT); c) Stele di Roselle II. Grosseto, Museo archeologico e d’arte della Maremma<br />

(Foto Museo).

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