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Giugno - Circhi

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Poste Italiane Spa - Spedizione in a.p. D.L. 353/2003 (conv. in L. 27/02/2004 n. 46), Art. 1, comma 1, DCB-Modena € 4,00


Pensare con i piedi<br />

di Ruggero Leonardi p. 4<br />

Il Tar “spegne” gli animalisti<br />

di Egidio Palmiri p. 8<br />

L’Accademia in una tesi<br />

di Rocco Maggiore p. 10<br />

Ringling al Madison<br />

di Francesco Mocellin p. 12<br />

Circo<br />

Web Site: www.circo.it - E-mail: info@circo.it<br />

Nuova serie - Anno XLI - N. 6 <strong>Giugno</strong> 2009<br />

Direttore responsabile Egidio Palmiri<br />

Redazione Alessandro Serena, Claudio Monti<br />

Collaboratori<br />

Roberta Battistin, Valeria Bolgan, Roberto Fazzini, Antonio Giarola, Luciano Giarola,<br />

Massimo Locuratolo, Ruggero Leonardi, Massimo Malagoli, Flavio Michi, Francesco<br />

Mocellin, Alessandra Litta Modignani, Ettore Paladino, Arianna Pianesi, Marco Ternullo,<br />

Maria Vittoria Vittori, Gilberto Zavatta.<br />

Direzione, redazione, pubblicità, amministrazione<br />

Ente Nazionale <strong>Circhi</strong> - Via Garbini 15, 37135 Verona<br />

Tel. 045-500682 - Fax 045-8233483<br />

Registrazione Tribunale di Livorno n. 344 del 25.5.1980<br />

Pubblicità Inferiore al 45%<br />

Progetto grafico La Cage aux Folles - Modena<br />

Fotolito e Stampa Italiana Produzioni - Castelfranco Emilia<br />

Abbonamento 2009<br />

Italia: 30 euro; estero: 40 euro.<br />

Versamento sul ccp di Verona 55814610 (specificando la causale)<br />

Intestato a: Ente Nazionale <strong>Circhi</strong>,<br />

Via di Villa Patrizi 10, 00161 Roma.<br />

Tutti i diritti di proprietà sono riservati.<br />

Fotografie e manoscritti non richiesti<br />

non saranno restituiti.<br />

SOMMARIO<br />

La favola dei Giona<br />

di Antonio Giarola p. 20<br />

Il Circo a Pordenone<br />

di Valeria Bolgan p. 22<br />

La città dei clown<br />

di Maria Vittoria Vittori p. 28<br />

Il Circo in carcere<br />

di Claudio Monti p. 30<br />

Camminare a testa alta, le considerazioni di<br />

Ruggero Leonardi sull’arte del funambolismo.<br />

Il Tar decide: Pescara accolga i circhi con<br />

animali. A Milano una tesi sull’Accademia del<br />

Circo. Una leggenda dentro una leggenda:<br />

Ringling al Madison Square Garden. Antonio<br />

Giarola racconta della famiglia Giona, recente<br />

Argento a Monte Carlo. La seconda parte<br />

della storia del Circo a Pordenone. Il libro La<br />

città dei clown recensito da Maria Vittoria<br />

Vittori. Il Circo entra nel carcere minorile di<br />

Torino.<br />

In copertina: John Burke convive con le sue otarie, pag. 8.


Col Colleano<br />

Pensare<br />

con i piedi<br />

di Ruggero Leonardi


Ricordo Gene Mendez, funambolo dotato di grande spettacolarità,<br />

che negli anni '70 del secolo alle nostre spalle<br />

passò per Milano con il circo di Liana Orfei. Quando scendeva<br />

dal filo era un uomo stanco e non lo nascondeva: “Dieci<br />

minuti della mia esibizione equivalgono, per logorio fisico<br />

e mentale, alla giornata di un impiegato”. Fu allora che<br />

incominciai a concentrare la mia attenzione su chi cammina<br />

in quello strano modo.<br />

Chi cammina sul filo teso, sia che abbia sotto i piedi una<br />

platea di circo sia che abbia sotto i piedi le cascate del<br />

Niagara, non sa di camminare sul filo teso. O per essere<br />

più precisi, lo sa ma finge di non saperlo. Il funambolo<br />

cammina dentro una sua propria dimensione, gli occhi rivolti<br />

a un punto dell'orizzonte di cui lui solo sa, la mente concentrata<br />

nei soli movimenti indispensabili, i piedi che<br />

conoscono il loro mestiere e sanno posarsi su quel marciapiede<br />

di dosati millimetri come vuole la regola, con le punte<br />

in fuori e con appoggio prima sul tallone e poi sull'alluce.<br />

Qualche volta i piedi si staccano entrambi perché l'uomo<br />

sul filo, per dovere di spettacolo, fa strane cose, ma la spina<br />

dorsale resta sempre perfettamente perpendicolare alla<br />

linea retta del filo.<br />

Lavorare sul filo teso è una disciplina che affascina ma<br />

anche – e con ragione - sgomenta. Quel saldo equilibrio<br />

nervoso, che di per sé è condizione necessaria per ogni<br />

artista di circo, per il funambolo è sopravvivenza. Che<br />

Andrea Loreni in Piazza Maggiore a Bologna (foto di Fabio Marino)<br />

comincia dai piedi, passa per il meccanismo mentale umano<br />

e ai piedi con imperio ritorna. A quei piedi che devono<br />

essere protetti con apposite calzature dalla durezza acuminata<br />

del filo, però mantenendo quella sensibilità prensile senza<br />

la quale il funambolo non è. Accostarsi a questo lavoro<br />

senza convinzione non è dato. Se l'artista non lo ama,<br />

difficilmente lo continuerà. Non solo il piede deve imparare<br />

a soffrire, ma il corpo intero là dove cade quando l'equilibrio<br />

è malriuscito, e quando la mente è chiamata a metabolizzare<br />

subito il disagio del corpo.<br />

Per queste ragioni, benché si tratti di un episodio che ormai<br />

ha 90 anni di vita, ancora riusciamo a stento – noi semplici<br />

spettatori che talvolta siamo capaci di scivolare persino su<br />

un comodo marciapiede – a comprendere quel che riuscì<br />

allora a un artista da leggenda. “Con Colleano”, ci ricorda<br />

Alessandro Serena nella sua densa Storia del Circo, “nome<br />

d'arte di Cornelius Sullivan, funambolo di origine australoirlandese<br />

(1899-1973), all'età di 12 anni è acrobata<br />

equestre e nel 1925 è al Ringling Bros. Dove a lungo, in<br />

seguito, occuperà la pista centrale. Primo funambolo a non<br />

usare nessun attrezzo di bilanciamento, nel 1919 è anche<br />

il primo a eseguire, sulla fune, il salto mortale in avanti”.<br />

Che è impresa teoricamente impossibile, perché impone<br />

di metterla in atto “con i piedi ciechi”.<br />

Saltare all'indietro, per chi è del circo, è gioco da ragazzi.<br />

Ricordo che lo fece davanti ai miei occhi una volta,<br />

5


6<br />

Funambolo in piazza S.Marco.<br />

foto tratta da Le meraviglie della forza e della<br />

destrezza di Guglielmo Depping<br />

all'improvviso, uno dei due simpatici fratelli (già non più<br />

giovanissimi) del “Duo Sanremo” al Circo Medrano. Stavamo<br />

chiacchierando tranquilli come se fossimo al bar, in attesa<br />

che toccasse a lui scendere in pista, quando mi disse<br />

“Vediamo se mi riesce ancora”: e si piegò all'indietro nel<br />

salto mortale con la noncuranza con cui io avrei potuto<br />

cedere il posto a una signora. Ordinaria amministrazione,<br />

per i circensi. Un po' meno per gli acrobati sul filo, perché<br />

il filo non è vasto ad accoglierti come la pista. Ma pur nel<br />

breve istante del gesto acrobatico gli occhi dell'artista<br />

“vedono” il punto d'atterraggio. Con il salto mortale in avanti,<br />

la porzione di filo che ti accoglie te la devi inventare. Ed è<br />

uno degli aspetti acrobatici che particolarmente mi affascinano,<br />

quando la mia fantasia di scrittore-giornalista perennemente<br />

in cerca di guai mi induce a cercare il nesso fra<br />

corpo e mente di chi fa circo, il concetto del funambolo che<br />

lassù, a qualunque altezza sia, deve ricrearsi un marciapiede<br />

a misura sua.<br />

Dà stupore e meraviglia, a noi inquilini del Duemila, vedere<br />

l'uomo sulla Luna che si prepara ad andare anche più<br />

lontano. Ma all'uomo, in realtà, è bastata fin da epoche<br />

remote una semplice fune per cavalcare il suo mito di<br />

immortalità. Per questo uno dei libri più cari della mia<br />

biblioteca circense – strappato con ansia a una bancarella<br />

- è quello che in questo momento vado sfogliando. E' “Le<br />

meraviglie della forza e della destrezza”di Guglielmo Depping:<br />

abbastanza raro, credo, anche se certo non mi illudo di<br />

averlo scoperto prima dell'amico Giarola, la “mano rampante”<br />

più veloce d'Italia (e altri siti). Mi piace ogni tanto risfogliarlo<br />

soprattutto per leggerlo là dove si parla della corda tesa<br />

come di gioco acrobatico, certo, ma anche come rito cittadino<br />

cui si accorreva con spirito quasi di sacralità. E l'Italia era<br />

forse prima fra i primi, in questo accorrere.<br />

“Sembra”, si legge, “che ciascun popolo, per tal genere di<br />

esercizi, ricercasse degli stranieri: ora è un Genovese, che<br />

si fa vedere ai Parigini; ora un Aragonese, che si mostra agli<br />

abitanti di Londra; ed ora un Portoghese, che si produce<br />

davanti agli Italiani. E nondimeno gli Italiani erano abbastanza<br />

ricchi del proprio, siccome da sé abilissimi, per non aver<br />

bisogno di artisti venuti dall'estero. Venezia aveva i suoi<br />

ballerini da corda, i quali per la festa di San Marco, Patrono<br />

della città, eseguivano i loro giuochi alla presenza del Doge,<br />

del Senato e degli ambasciatori stranieri. Si dice anche<br />

che, nel 1680, un uomo salì sulla corda a cavallo dinanzi<br />

a cinquantamila curiosi”.<br />

Sono letture come queste che mi fanno sentir bene da<br />

italiano. “Funambolo”, come vocabolo, non dice granché.<br />

A chi rischia la vita al fine di conquistarsi un proprio spazio<br />

in alto, lasciando la gente incredula a guardarlo da sotto,<br />

meglio attribuirei la definizione di “cavalcatori dell'inutile<br />

più bello esistente al mondo”, di cui noi italiani siamo cultori<br />

da tempi infiniti.


8<br />

Gli elefanti di Flavio Togni (foto Massimo Siragusa-Contrasto)<br />

In tema di<br />

animali nei circhi<br />

la confusione e le<br />

bugie non fanno bene a<br />

nessuno, nemmeno a chi crede<br />

davvero che gli animali debbano essere<br />

trattati con il massimo rispetto, osservando scrupolosamente<br />

le normative vigenti e anche molto di più.<br />

Capita spesso che gli animalisti di professione suonino<br />

la grancassa sugli organi di informazione gridando al<br />

maltrattamento di quelle specie che nel circo scendono<br />

in pista da secoli. Non perdono occasione per dire che<br />

questo o quel circo è stato “condannato per<br />

maltrattamenti”, ma – guarda caso – si dimenticano<br />

sempre di fare i nomi. La ragione è semplice: condanne<br />

ai danni dei circensi non ne esistono; denunce sì,<br />

perché a farle sono gli animalisti stessi. Ma quante<br />

di Egidio Palmiri<br />

volte hanno vinto<br />

in tribunale?<br />

L'Ente Nazionale <strong>Circhi</strong>,<br />

invece, lavora alla luce del<br />

sole e porta le “prove”. Una recente<br />

sentenza del Tar di Pescara del 24 aprile 2009<br />

– che pubblichiamo integralmente in queste pagine –<br />

chiarisce, per chi ancora ne avesse bisogno, che i<br />

Comuni non possono vietare gli spettacoli dei circhi<br />

con animali. Non hanno facoltà di porre divieti. La<br />

nostra Associazione lo sa bene sin dagli anni '90,<br />

quando una sentenza del Tar di Trento, passata in<br />

giudicato, aveva ribadito a chiare lettere lo stesso<br />

principio. Ci auguriamo che questo serva a calmare gli<br />

animalisti e a rassicurare le amministrazioni comunali<br />

riportando tutti alla ragione e, soprattutto, al rispetto<br />

della legge.


REPUBBLICA ITALIANA<br />

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO<br />

Il Tribunale Amministrativo Regionale per l' Abruzzo<br />

sezione staccata di Pescara (Sezione Prima)<br />

ha pronunciato la presente<br />

SENTENZA<br />

sul ricorso n. 184 del 2005 proposto dalla S.r.l. PISTA 2000,<br />

con sede in Legnano, in persona dell’amministratore unico<br />

e legale rappresentante, Pisciotta Rosario, rappresentato e<br />

difeso dall’avv. Giulio Cerceo, presso il cui studio è elettivamente<br />

domiciliato in Pescara, V.le G. D’Annunzio n. 142;<br />

contro<br />

il COMUNE di PESCARA, in persona dell’Assessore delegato,<br />

rappresentato e difeso dagli avv.ti Camillo D’Angelo e Paola<br />

Di Marco dell’Avvocatura comunale ed elettivamente domiciliato<br />

presso la sede del Comune;<br />

per l'annullamento<br />

- del provvedimento 18.4.2005 del Dirigente del Settore<br />

attività economiche e produttive del Comune di Pescara;<br />

- dell’art. 18 del regolamento approvato con deliberazione<br />

consiliare 27.10.2003 n. 226.<br />

Visto il ricorso con i relativi allegati;<br />

Vista la memoria di costituzione in giudizio del Comune di<br />

Pescara;<br />

Visti gli atti tutti della causa;<br />

Relatore, alla pubblica udienza del 2 aprile 2009, il Cons.<br />

Luigi Ranalli ed uditi i difensori delle parti, come da relativo<br />

verbale;<br />

Ritenuto e considerato in fatto ed in diritto quanto segue:<br />

FATTO e DIRITTO<br />

I- La S.r.l. PISTA 2000 ha chiesto al Comune di Pescara<br />

l’autorizzazione a collocare il proprio circo su area privata dal<br />

14 al 25.7.2005 al fine di effettuare spettacoli circensi: con<br />

atto del 25.4.2005, il Dirigente del Settore attività economiche<br />

e produttive gli ha richiesto apposita dichiarazione di non<br />

utilizzare nello spettacolo animali domestici o selvatici, atteso<br />

il divieto così posto dal regolamento comunale approvato<br />

con deliberazione consiliare 27.10.2003 n. 226.<br />

Il provvedimento, unitamente all’art. 18 del citato regolamento,<br />

è stato impugnato dalla società con il ricorso in esame,<br />

notificato il 26.5.2005 e depositato 1.6.2005, deducendosi<br />

l’incompetenza comunale in materia e la contraddittorietà<br />

della norma regolamentare con le finalità dell’art. 1 della<br />

legge 18 marzo 1968 n. 337,<br />

Con la memoria di costituzione, la difesa del Comune di<br />

Pescara ha chiesto che il ricorso sia respinto in quanto<br />

infondato, formulando ampie considerazioni in fatto e diritto<br />

a sostegno della legittimità degli atti impugnati e preliminarmente<br />

eccependone l’inammissibilità, non essendo l’atto<br />

impugnato immediatamente lesivo: a ciò ha replicato la difesa<br />

della società ricorrente con memoria depositata il 20.3.2009,<br />

insistendo per l’accoglimento.<br />

II- Riassunti come sopra i termini della controversia, rileva il<br />

Collegio che l’art. 18, I comma, del regolamento approvato<br />

dal Consiglio comunale di Pescara con la deliberazione<br />

27.10.2003 n. 226, così dispone: “E’ vietata su tutto il<br />

territorio comunale qualsiasi forma di spettacolo o di intrattenimento<br />

pubblico o privato a scopo di lucro, che contempli,<br />

in maniera totale o parziale, l'utilizzo di animali sia appartenenti<br />

a specie domestiche che o selvatiche”.<br />

A fronte di questa esplicito divieto e diversamente da quanto<br />

eccepito dal Comune resistente, l’atto impugnato è immediamente<br />

lesivo in quanto, di fatto, impedisce il rilascio dell’autorizzazione<br />

richiesta.<br />

Nel merito, i dedotti gravami si appalesano fondati.<br />

Come già rilevato dalla giurisprudenza amministrativa richiamata<br />

nel ricorso e da cui il Collegio non ha motivo per dissentire,<br />

il potere regolamentare del Comune, pur ampliato dalla legge<br />

n. 142/90, deve svolgersi nel rispetto di norme di rango<br />

superiore e, con effetto dall'entrata in vigore del D.Lgv. 18<br />

agosto 2000 n.267, "nel rispetto dei principi fissati dalla<br />

legge"(art.7).<br />

Nella fattispecie, l'esercizio dell'attività circense è disciplinato<br />

dalla legge n. 337 del 1968 che, però, ne riconosce la funzione<br />

sociale, ne assicura lo sviluppo con opportuni finanziamenti<br />

e affida ai Comuni il compito di individuare le aree da destinare<br />

all’attività circense (artt. 1 e 9).<br />

Orbene, se è pur vero che il Comune può disciplinare e vigilare,<br />

nell'esercizio dei suoi poteri di polizia veterinaria, sulle condizioni<br />

di igiene e di sicurezza in cui si svolge l'attività circense e su<br />

eventuali maltrattamenti degli animali, nessuna norma<br />

legislativa gli attribuisce il potere di fissare, per di più in via<br />

preventiva e generalizzata, il divieto assoluto dell'uso degli<br />

animali negli spettacoli circensi, nei quali tradizionalmente<br />

l'utilizzazione di animali domestici e selvatici in cattività<br />

costituisce una componente essenziale, né ciò può ammettersi<br />

per implicito, sia perché la legge n.337/68 limita i compiti<br />

del Comune all’individuazione delle aree destinate a relativi<br />

spettacoli, sia perché l’attività circense è, appunto, espressamente<br />

tutelata dalla legge stessa.<br />

Il ricorso va dunque accolto.<br />

Tenuto conto della particolarità della controversia, sussistono<br />

motivi per compensare integralmente tra le parti le spese di<br />

giudizio.<br />

P.Q.M.<br />

Il Tribunale Amministrativo Regionale per l’Abruzzo, Sezione<br />

staccata di Pescara, accoglie il ricorso in epigrafe e per l'effetto<br />

annulla il provvedimento 18.4.2005 del Dirigente del Settore<br />

attività economiche e produttive del Comune di Pescara e<br />

l’art. 18, I comma, del regolamento approvato con deliberazione<br />

consiliare 27.10.2003 n. 226.<br />

Spese compensate.<br />

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'Autorità<br />

Amministrativa.<br />

Così deciso in Pescara nella camera di consiglio del 2 aprile<br />

2009, con l’intervento di:<br />

Umberto Zuballi, Presidente<br />

Dino Nazzaro, Consigliere<br />

Luigi Ranalli, Consigliere, Estensore<br />

Il 24/04/2009<br />

9


10<br />

È la prima tesi con un taglio storiografico, quella che Marco<br />

Sinigaglia ha dedicato all’Accademia d’Arte Circense. L’ha<br />

discussa il 28 aprile scorso all’Università degli Studi di Milano,<br />

corso di laurea in discipline dello spettacolo e della comunicazione<br />

multimediale, relatore il prof. Alessandro Serena.<br />

Sinigaglia inquadra l’esperienza dell’Accademia all’interno<br />

della più ampia cornice della pedagogia circense che ha<br />

origini lontane. “La prima testimonianza di un istituto “ufficiale”<br />

sembra riguardare il celebre Giardino dei Peri, fondato in<br />

Cina nella prima metà del Settecento sotto la dinastia Tang<br />

(618-907 d. C.), periodo nel quale l’apprendimento iniziava<br />

all’età di cinque anni”. Passando all’epoca moderna i paesi<br />

che hanno costituito le scuole che a tutt’oggi vengono<br />

considerate più importanti sono Russia, Cina, Francia e<br />

Italia. Va poi ricordata la Scuola del Circo di Mosca, a partire<br />

dalla fine degli anni Venti, la prima che si rivolge<br />

anche a discipline come la danza ed<br />

il teatro, con registi e coreografi<br />

tra gli insegnanti. Il percorso<br />

formativo dei<br />

suoi studenti dura<br />

quattro anni, che si completa frequentando un biennio dove<br />

si cura soprattutto la parte estetica e creativa”. E’ stato<br />

questo l’input che ha fatto nascere numerose altre scuole<br />

del circo: da quella di Montreal avviata nel 1981 alla<br />

australiana di Melbourne, alla fine degli anni Novanta, il<br />

“National Institute of Circus Arts”, fino alla attivissima Francia<br />

con l’Ecole du Cirque Monfort-Gruss, l’Ecole Fratellini e il<br />

Cnac.<br />

L’Accademia del Circo ha aperto i battenti nel 1988 nella<br />

città di Verona: “Accoglie i bambini dai 7 ai 16 anni (oggi<br />

anche fino ai 30 con corsi atti a migliorare la prestanza<br />

fisica) e agevola un’integrazione tra i ragazzi circensi e quelli<br />

provenienti da famiglie non circensi. Una scuola che è<br />

riuscita a “sfornare” molti artisti di ottimo livello”.<br />

Sinigaglia ripercorre tutte le fasi che hanno portato alla<br />

nascita dell’Accademia, con l’accelerazione<br />

imposta al progetto dal presidente<br />

Egidio Palmiri negli anni<br />

80, fondatore e guida<br />

della scuola. Viene<br />

anche giusta-<br />

di Rocco Maggiore


mente sottolineata l’idea architettonica proposta allora<br />

dall’ing. Roberto Pandini per dotare di una sede la “scuola<br />

del circo”, un argomento più che mai attuale perché l’Accademia<br />

si appresta adesso a coronare – dopo più di 20 anni<br />

dai primi progetti – il sogno di una sede stabile: “I servizi<br />

e gli uffici sono inseriti in doppi container, mentre la palestra<br />

è racchiusa in una tensostruttura circolare che, grazie a due<br />

salette, fa accedere alla struttura principale, ossia uno<br />

chapiteau di 40 metri adatto ad ospitare 1200 spettatori.<br />

Sotto la platea si è concepito un museo del circo collegato<br />

a delle aule studio e l’ingresso prevede una sala che porta<br />

al bar, alla biblioteca, alla sala riunioni, il tutto disseminato<br />

in un’area di circa 20.000 metri quadrati”.<br />

La scuola nasce anche con lo scopo di porre un freno alla<br />

crisi che ha investito il mondo del circo: dal momento che<br />

per “sbarcare il lunario” gli artisti devono fare minimo due<br />

spettacoli al giorno, spostandosi di continuo, i padri non<br />

hanno più il tempo di insegnare ai figli – scriverà Francesco<br />

Puglisi sul “Tempo” – ma con la creazione dell’Accademia<br />

le nuove leve possono imparare quest’arte con la dovuta<br />

calma attraverso l’apporto di istruttori qualificati che si<br />

dedicano esclusivamente alla didattica.<br />

Storico il primo statuto dell’Accademia. Fondatori sono<br />

Gabriele Sboarina, Egidio Palmiri (presidente), Livio Togni<br />

(circo Darix Togni), Antonio Giarola, Armando Bellucci (circo<br />

Embell Riva), Ugo de Rocchi (circo Medrano), Walter Nones<br />

(circo Moira Orfei), Nando Orfei (circo Nando Orfei), Salvatore<br />

Zavatta (circo Zavatta), Enis Togni (circo Americano). Gli<br />

ultimi 6 sono inoltre componenti il consiglio direttivo, più<br />

Fosco Gerardi e Felice Ambrosino. Consiglieri onorari sono<br />

Wioris Togni, Orlando Orfei, Luigi Gerardi, Guido Niemen. Il<br />

29 aprile del 1988, dinanzi al Dr. Proc. Claudio Avitabile,<br />

notaio a San Martino Buonalbergo, nasce l’Accademia con<br />

l’obiettivo di conservare la tradizione dell’attività circense.<br />

La formazione artistica si intreccia con quella scolastica fin<br />

dai primi passi dell’Accademia, quando gli allievi frequentano<br />

i corsi interni in una sorta di scuola parificata. Ma la ricostruzione<br />

di Sinigaglia elenca minuziosamente anche tutti coloro che<br />

hanno incrociato la loro esistenza con questa originale palestra<br />

d’arte circense tenacemente voluta da Egidio Palmiri:<br />

vengono elencati gli istruttori, gli insegnanti, gli allievi<br />

(compresi i saggi e i diplomi di ogni anno) ed anche<br />

il personale che si è avvicendato a Verona, a Cesenatico<br />

e poi ancora a Verona dal 2004. Non manca l’elenco<br />

di tutti gli allievi usciti dall’Accademia che hanno vinto<br />

premi prestigiosi nei vari festival internazionali, e a<br />

scorrere la lista – davvero lunga – non si può non<br />

emozionarsi. accademia<br />

11


Ringling<br />

al Madison<br />

Una leggenda nella leggenda<br />

di Francesco Mocellin<br />

Zing Zang Zoom, l’ultima produzione di Ringling


Se c’è un luogo dove le produzioni del Ringling bros. Barnum<br />

and Bailey Circus andrebbero viste almeno una volta quella<br />

è il Madison Square Garden di New York City. Il nome della<br />

più celebre arena multifunzionale dei tempi moderni è<br />

legato a leggendari eventi sportivi – in massima parte ai<br />

grandi incontri di boxe del dopoguerra (prima che questo<br />

sport perdesse gran parte della sua credibilità col proliferare<br />

delle corone e dei relativi campioni) – e ai concerti delle<br />

grandi star della musica. Ricordiamo con precisione l’emozione<br />

provata qualche anno fa quando David Larible ci fece<br />

compiere il giro dei camerini mostrandoci la galleria fotografica<br />

dei grandi protagonisti della storia del Garden, da<br />

Cassious Clay a Frank Sinatra, tra i quali campeggiano<br />

anche Emmett Kelly e Gunther Gebel-Williams. Un’emozione<br />

della stessa intensità si prova nel calpestare il “Walk of<br />

Fame” (passeggiata delle celebrità) posto esattamente<br />

sulla via dell’ingresso dell’arena, composto da quarantotto<br />

placche che ricordano le star che hanno calcato le scene<br />

del Madison, ivi comprese quelle circensi.<br />

Il Madison Square Garden assunse questa denominazione<br />

nel 1879 quando era conosciuto soprattutto come velodromo<br />

per le competizioni di ciclismo su pista. Oggi, al di sotto<br />

della hall principale, ospita anche un teatro in cui si possono<br />

svolgere performance in contemporanea con quelle dell’arena<br />

che dispone di circa diciannovemila posti a sedere che<br />

diventano dodicimila e trecento quando Ringling allestisce<br />

le proprie strutture.<br />

Nonostante tutto qualcosa che ci ricorda l’aria di casa<br />

nostra si può trovare anche andando al circo a New York<br />

City: in effetti, recandoci al Madison ci siamo imbattuti<br />

nella protesta di una organizzazione animalista che aveva<br />

schierato i suoi quattro militanti (detto senza alcuna ironia,<br />

perché erano effettivamente quattro) sulla Settima avenue,<br />

di fronte all’ingresso principale ma a distanza tale da<br />

risultare ancora più innocui rispetto alla massa degli<br />

spettatori in arrivo.<br />

Appena varcata la soglia dell’arena non si può non restare<br />

colpiti dalla spettacolare efficienza dei venditori di gadget,<br />

soft drink, pop corn e tutte le consuete delizie da circo con<br />

dimensioni “famigliari”. In effetti, i leggendari concessionari<br />

del Madison sono disseminati ovunque con stand mini e<br />

maxi ma soprattutto catturano l’attenzione muovendosi tra<br />

gli spettatori con grida inconfondibili senza negare mai<br />

dopo la vendita un “enjoy the show” (buon divertimento)<br />

anche nella circostanza più logisticamente disagiata. E<br />

quando si spengono le luci non interferiscono più con lo<br />

spettacolo.<br />

Come avevamo preannunciato lo scorso anno la 139°<br />

edizione - che è toccata alla “Red Unit” – prevede come<br />

filo conduttore la magia. In effetti, Zing Zang Zoom – questo<br />

è il titolo della produzione – è una formula magica, un<br />

tormentone che viene ripetuto dai protagonisti in scena e<br />

soprattutto dal nuovo ringmaster, Alex Ramon che ha infatti<br />

un passato di illusionista. I trucchi magici sono la costante<br />

dello show essendo inseriti praticamente in tutti i numeri:<br />

non si tratta, ovviamente, di magie superlative ma di un<br />

pretesto, di un fil rouge in grado di diventare il valore<br />

aggiunto dello spettacolo. Grandi aspettative si erano create<br />

intorno al trucco della sparizione di un pachiderma – in<br />

effetti il momento si è giocato in pochissimi istanti, in una<br />

zona decentrata della grande arena – mentre noi abbiamo<br />

apprezzato soprattutto “the parents levitation”, ovvero<br />

l’opportunità offerta ad alcuni bambini del pubblico di far<br />

effettivamente lievitare il proprio padre o la propria madre.<br />

Al fianco di Alex Ramon altri due personaggi a recitare il<br />

ruolo di star: la cantante brasiliana di grande personalità<br />

Clara Ruiz, alias Levititya, giunta tempo fa da Ringling quale<br />

artista impegnata in una delle performance a testa in giù<br />

creata da Kai LeClerc e oggi assurta al ruolo di protagonista<br />

– e il clown Alan “Tweedy” Digweed, alias Mr. Gravity<br />

impegnato a vestire i panni della nemesi del ringmaster,<br />

pasticciando con parole magiche e trucchi nel corso di<br />

tutta la serata.<br />

In ogni produzione del Greatest Show on Earth non mancano<br />

mai le novità o le variazioni sul tema: basti pensare al<br />

doppio cannone già apparso da qualche anno o alle pertiche<br />

oscillanti dall’alto delle troupe cinesi viste in Europa al<br />

termine del 2008 (mentre in Over the Top della Blue Unit<br />

avevano fatto la loro apparizione la stagione precedente).<br />

Molti meriti di ciò vanno attribuiti senz’altro allo scomparso<br />

Tim Holst, scopritore di talenti e nuove forme espressive<br />

senza eguali (che ricordiamo a pagina 15).<br />

In Zing Zang Zoom si rivede il doppio cannone di Bellobration<br />

con la variazione di un duo interamente femminile, Tina<br />

Miser ed Ekaterina Borzikova (a New York quest’ultima è<br />

stata temporaneamente sostituita da Brian Misery a cagione<br />

di un infortunio) ma soprattutto due novità assolute. In<br />

chiusura della prima parte si possono ammirare le evoluzioni<br />

della troupe cinese di Qi Qi Har, fondata nel 1956 e già<br />

vista all’opera a Monte Carlo in diverse occasioni, che ha<br />

preparato un numero espressamente per gli spettacoli di<br />

Feld: due team di acrobati utilizzano altrettante piattaforme<br />

oscillanti concepite sul genere di quella introdotta dai<br />

Kabanovi nei primi anni ’90 ma di più ampie dimensioni<br />

e posizionate a maggior altezza. In più, su ogni piattaforma<br />

in movimento prende posto una coppia di porteur alla<br />

maniera dei “volanti bassi”. Si tratta di una combinazione<br />

inedita ed ardita, che appaga il senso estetico,<br />

perfettamente contestualizzata in uno show del genere.<br />

L’apertura del secondo tempo, invece, è riservata alla<br />

quadrupla altalena russa delle due troupe Skokov<br />

e Romashov che utilizzano i quattro supporti dinamici<br />

in due coppie contrapposte frontalmente. Anche in<br />

questo caso valgono le considerazioni appena fatte<br />

sull’efficacia dell’operazione.<br />

Altro esempio di variazione sul tema è quella della<br />

due ruote della morte in azione contemporaneamente,<br />

sistemate frontalmente l’una all’altra: sono affidatespettacoli 13


14<br />

ai due giovanissimi fratelli messicani Guillermo e Alberto<br />

Fernandez quale ultima attrazione dello spettacolo. La<br />

chiusura risulta all’altezza visto che il repertorio prevede un<br />

salto mortale all’esterno della ruota in movimento, unico<br />

caso in America dopo che Crazy Wilson Dominguez ha<br />

attraversato l’oceano per unirsi a Krone e passare dalla<br />

nostra Moira.<br />

Tocchiamo con piacere il tema degli animali visto che<br />

elefanti e tigri sono impegnati in due performance di rilievo.<br />

I dodici pachidermi asiatici riservati alla Red Unit – di cui<br />

molti nati presso il Center for Elephant Conservation in<br />

Florida della Feld Ent. – sono affidati ad Alex Vargas che li<br />

presenta con Libby Morris: quest’anno la routine preparata<br />

è rapida e dinamica, ricca di picchi tecnici notevoli (come<br />

il veloce down and get up di cinque esemplari), ispirata<br />

all’atmosfera di Bollywood. Va detto che il pubblico – assai<br />

numeroso la sera in cui c’eravamo - ha tenuto una condotta<br />

piuttosto freddina rispetto agli standard abituali nel corso<br />

della prima parte per poi ridestarsi proprio in corrispondenza<br />

dell’apparizione degli elefanti.<br />

Ancor più forte l’impatto sul pubblico dell’istrionico Tabayara<br />

“Taba” Maluenda, l’addestratore cileno di ritorno per il terzo<br />

anno con le sue tigri colorate. Nonostante qualcuno abbia<br />

storto il naso sul suo stile, a noi questo “domador” piace<br />

parecchio: difficile trovare nel ristretto mercato delle attrazioni<br />

di gabbia qualcuno che lavori con dodici animali di ottimo<br />

aspetto, con ritmi così alti senza dare adito a dubbi sui<br />

metodi di addestramento. Rullate a cinque, salti a ripetizione,<br />

down collettivo, debout di ogni genere sono nel repertorio<br />

di questo ammaestratore che col suo carisma letteralmente<br />

Alejandro Vargas e Libby Morris e i loro elefanti<br />

conquista in modo definitivo l’audience. Taba è senz’altro<br />

il più in vista dei numerosi artisti latinoamericani della<br />

compagnia, segno inequivocabile dell’attenzione riservata<br />

da Feld a quella che ormai è la componente di maggior<br />

rilievo della società statunitense.<br />

Il programma è completato dall’“Upside-Down” (la camminata<br />

a testa in giù) di Fabio Melo da Silva e la menzionata<br />

Clara Ruiz; il filo alto del quartetto messicano di Jonathan<br />

Lopez; i tessuti aerei di Anna Kamminnk insieme alla troupe<br />

di Qi Qi Har – che presenta anche dei passaggi con i pali<br />

in equilibrio in apertura – in combinazione con la cavalleria<br />

presentata da Taba e le zebre di Karin Houcke; gli energetici<br />

cani di Hans Klose e della Olate Family; le ballerine dell’International<br />

Folkloric Dancers e gli immancabili pagliacci<br />

della Clown Alley.<br />

Cosa manca a questa edizione per essere ancora più<br />

efficace ed appagante di quanto già non appaia? Non ci<br />

sono i classici doppi trapezisti volanti ma non se ne sente<br />

l’assenza. Si percepisce, invece, la mancanza di una figura<br />

comica leader del livello di Bello Nock o ancor più di David<br />

Larible anche se l’idea della magia rappresenta il valore<br />

aggiunto dello spettacolo. Il ringmaster Alex Ramon è un<br />

eccellente professionista ma la sua personalità non è<br />

ancora completamente definita mentre il clown Mr. Gravity<br />

fa davvero fatica ad emergere in un contesto come quello<br />

di Ringling.<br />

Ma lo spettacolo perfetto non esiste, fortunatamente, e<br />

criticare il Greatest Show on Earth diventa un puro esercizio<br />

di stile perché se RBBB non esistesse bisognerebbe inventarlo.<br />

subito.


PROFILI<br />

Nessuno poteva essere più adatto a rappresentare il larga parte avevano sensibilità e conoscenze culturali assai<br />

marchio di Ringling in Europa e nel mondo di Tim Holst. distanti da quelle dei circofili.<br />

Non vi è addetto ai lavori o semplice appassionato uso Come vicepresidente responsabile della produzione dal<br />

frequentare i festival e le grandi produzioni internazionali 1986 aveva attraversato il pianeta più volte visitando<br />

che non ne riconoscesse la figura inconfondibile così come 164 paesi alla caccia di talenti adatti alla filosofia della<br />

i modi franchi, limpidi e sempre amichevoli.<br />

Feld Entertainment rivestendo i panni di un vero e proprio<br />

Ci era capitato di scambiare qualche opinione con lui per ambasciatore nel mondo del “Greatest Show on Earth”,<br />

la prima volta in occasione del memorabile Gran Premio come lo ha definito il patron Kenneth Feld.<br />

del Circo di Genova, nel 1994: con poche parole aveva Timothy J. Holst era nato a Galesburg nell’Illinois nel<br />

saputo tracciare l’identikit delle attrazioni funzionali alle 1947 da un postino e una balia. Prima di convertirsi al<br />

produzioni del RBBB che avrebbero dovuto puntare sempre circo – come ha scritto acutamente il celebre critico<br />

ad essere spettacolari, originali, non necessariamente teatrale del New York Times Glen Collins (pure lui presente<br />

fortissime, mai più lunghe di otto/dieci minuti. Da allora a quella conferenza in laguna) – era stato missionario<br />

le occasioni di incontro con Tim Holst da qualche<br />

in Svezia per la “Church of Jesus Christ of<br />

parte nel mondo non sono certo<br />

Latter-day-Saints” della quale<br />

mancate. Tra tutte ci piace<br />

era fedele. Ma già nel<br />

ricordare la sua parte-<br />

1971 era stato nocipazione<br />

ad una<br />

tato da un talent<br />

delle conferenze<br />

scout di Rin-<br />

curate da Alesgling<br />

che gli<br />

sandro Serena in<br />

aveva offerto<br />

seno all’edizione<br />

la possibilità<br />

della Biennale<br />

di Francesco Mocellin<br />

di entrare al<br />

Danza Musica Teatro<br />

Clown College di<br />

nel 2001 a Venezia inti-<br />

Venice. Così, già nel<br />

tolata alla “Pista e la scena”.<br />

1972 iniziava ad esibirsi<br />

Il suo intervento in tema di marketing<br />

come augusto con la Blue Unit<br />

e audience aveva squarciato il velo di noia che<br />

scegliendo un costume che prevedeva un lungo<br />

invariabilmente scende su certi meeting, anche su quelli cappotto ed uno spropositato distintivo da poliziotto<br />

più frizzanti, conquistando l’attenzione dei presenti che in oltre all’immancabile naso rosso. Il passo successivo per<br />

Holst fu quello di assumere il ruolo di ringmaster, da<br />

sempre un personaggio fondamentale nelle gerarchie<br />

del RBBB e poi quello di direttore dello spettacolo della<br />

Red Unit.<br />

Divenuto scopritore di talenti negli ultimi anni si era fatto<br />

affiancare in questo ruolo da Nicole Feld, la figlia di<br />

a sinistra Tim Holst<br />

Kenneth, che ha potuto fruire del suo smisurato<br />

bagaglio di esperienze.<br />

Risulterà arduo per la famiglia Feld sostituire un<br />

uomo dal carattere perseverante e generoso, con<br />

un knowledge sul panorama circense mondiale<br />

difficilmente comparabile.<br />

15


16<br />

La rivista Circo nei tempi giusti!<br />

Molti lettori ci hanno segnalato esasperanti ritardi nell’arrivo della<br />

rivista. Ce ne scusiamo con tutti. Dato che il lavoro di redazione<br />

viene terminato sempre almeno entro dieci giorni prima della fine<br />

del mese di riferimento e che la tipografia assolve al suo compito<br />

in tempi brevi, abbiamo constatato essere motivo dei ritardi la<br />

spedizione postale. Perciò è stata completamente ripensata la<br />

modalità di invio in modo da eliminare ogni tipo di ritardo.<br />

Civezza. Circopaese.<br />

Una nuova edizione di CircoPaese, la manifestazione che è<br />

stata riproposta dopo il successo ottenuto nel 2008. Civezza<br />

per un giorno intero si è trasformata in un vero e proprio<br />

tendone con spettacoli circensi e della tipica tradizione degli<br />

artisti di strada. Un evento che ha riscosso molta risonanza<br />

in ambito locale anche grazie alla realizzazione di un documentario<br />

dedicato al paese e all’evento che lo ha reso<br />

famoso in Italia e all’estero, prodotto da<br />

Scubi Production, società creata<br />

dagli studenti del DAMS.<br />

La manifestazione è<br />

organizzata, come<br />

sempre, dall’associazione<br />

culturale<br />

S.Marco, il cui<br />

responsabile<br />

Carlo Ricca ha<br />

annunciato che<br />

anche quest’anno<br />

il ricavato di Circo<br />

Paese è stato devoluto<br />

in beneficenza, in favore dei<br />

terremotati d’Abruzzo.<br />

Slitta all’autunno la breve tournee italiana di Afrika Afrika<br />

Contrariamente al previsto la breve tournee italiana di Afrika<br />

Afrika, che avrebbe dovuto tenersi a Milano e a Roma per un<br />

totale di 4 giorni, è slittata al prossimo autunno.<br />

La Famiglia Dimitri è il divertimento<br />

di stile tradizionale<br />

Si tratta di uno<br />

spettacolo familiare<br />

con quattro dei<br />

cinque artisti che<br />

portano il nome<br />

Dimitri (il padre<br />

Clown Dimitri, e i figli<br />

Masha, David e Nina)<br />

con uno spettacolo<br />

di 90 minuti fatto di jonglerie, esercizi sul monociclo,<br />

canzoni, equilibrismo sul filo. Oltre ai 'Dimitri' il bravo Kai<br />

Leclerc con il suo numero “a testa in giù”. Lo spettacolo è<br />

stato presentato per tre settimane al New Victory Theater di<br />

New York.<br />

Il Circo Mundial esibisce al<br />

pubblico i suoi animali<br />

per smentire il maltrattamento<br />

Il direttore, José<br />

María González, ha<br />

annunciato che<br />

intraprenderà misure<br />

legali contro<br />

il Collettivo Andaluso<br />

contro il Maltrattamento<br />

Animale<br />

per le accuse che gli sono<br />

state rivolte. Gli animali sono<br />

alcuni dei protagonisti indiscutibili<br />

del circo tradizionale. Il Collettivo Andaluso<br />

contro il Maltrattamento Animale, Acma, ha denunciato<br />

recentemente che le specie presenti nel Gran Circo Mundial<br />

ricevevano un trattamento vessatorio. Il direttore del circo,<br />

José María González, ha smentito le accuse ed ha annunciato<br />

che avrebbe intrapreso azioni legali contro il Collettivo.<br />

Il direttore del circo ha riferito che la denuncia<br />

dell'associazione animalista è scattata prima che il circo<br />

arrivasse a Granada e che non esisteva alcuna prova reale<br />

a dimostrare le gravi accuse che sono state fatte. Gonzales<br />

ha spiegato che sia i camion sia le persone che trasportano<br />

gli animali hanno una preparazione speciale affinché<br />

questi possano viaggiare nelle condizioni migliori. Ha<br />

aggiunto che la gente del circo lavora con gli animali e li<br />

ama. Sono importanti. Per questo il Gran Circo Mundial<br />

ha poi celebrato alcune giornate a porte aperte per<br />

dimostrare ai cittadini di Granada che non esiste alcun<br />

tipo di maltrattamento e che gli animali hanno gli spazi<br />

adeguati.


Premio Tommasini a Miloud Oukili<br />

Un premio al clown francese, nel ricordo di Mario Tommasini.<br />

Quest'anno, nel secondo anniversario della sua scomparsa,<br />

il premio internazionale intitolato al suo nome e assegnato<br />

dalla Fondazione “Mario Tommasini-Onlus”, è andato a<br />

Miloud Oukili. La premiazione si è tenuta all'Audutorium del<br />

Carmine presso il Conservatorio della musica di Parma. La<br />

storia di Miloud Oukili è stata raccontata nel film, Parada,<br />

di Marco Pontecorvo, e in un libro (“Il volto non comune di<br />

un clown”, di Liana Mussoni) con un intervento e illustrazioni<br />

di Dario Fo. Nato nel 1972 in Algeria e cresciuto, fin da<br />

bambino, in Francia, il paese di sua mamma, Miloud Oukili<br />

è entrato da ragazzo nel Circo Annie Fratellini, diventando<br />

clown. E di essere un clown non si è dimenticato quando<br />

il servizio civile, con Handicap International, l'ha portato a<br />

Bucarest, negli orfanotrofi, negli ospedali e nei centri per<br />

adulti handicappati. Era il 1991. La Romania era appena<br />

uscita dalla dittatura di Ceausescu e ciò che rimaneva era<br />

un panorama di miseria e di fame. Centinaia di bambini<br />

erano senza famiglia, sbandati e Miloud sentiva che doveva<br />

incontrarli, doveva costruire almeno un inizio di amicizia. Era<br />

andato nelle loro baracche, era sceso nei canali sotterranei.<br />

Ma era riuscito a sgretolare la loro diffidenza soltanto quando<br />

si era ricordato del suo vecchio mestiere di clown. Una pallina<br />

rossa sul naso, la faccia imbrattata d'altri colori, i giochi<br />

acrobatici avevano funzionato come un passaporto. La<br />

curiosità aveva rotto le barriere. E a poco a poco i ragazzi<br />

avevano riconosciuto in Miloud un amico. Il circo è anche<br />

una proposta culturale: permette di vedere gli altri, anche i<br />

più emarginati, non più nella loro sofferenza ma attraverso<br />

un “prisma”, quello della gioia e dell'emozione. Gli interventi<br />

di Oukili si moltiplicano nel mondo: Somalia, Bielorussia,<br />

Kosovo, Honduras, Stati Uniti, Belgio, Francia, Brasile, Palestina,<br />

Bosnia-Erzegovina, Serbia, Nepal. Miloud Oukili ha ricevuto<br />

molti premi e riconoscimenti, Tra i quali il “Premio Schweitzer”,<br />

lo stesso che era stato conferito a Mario Tommasini. E a<br />

Bologna ha ricevuto la laurea ad honorem in Scienze<br />

dell'educazione.<br />

Martin e Tsavo<br />

Un'immagine insolita,<br />

nuova, di Martin<br />

Lacey Jun. non in<br />

compagnia dei suoi<br />

abituali compagni di<br />

lavoro, i leoni, ma<br />

del grande rinoceronte<br />

Tsavo. Il bellissimo<br />

rinoceronte<br />

apparteneva al Circus Barum e al momento della sua chiusura<br />

è entrato a far parte del Circus Krone: 37 anni, 35 quintali,<br />

da 35 anni in pista!<br />

Medrano a Bucarest<br />

Il nostro grande circo ha presentato i suoi<br />

spettacoli a Bucarest dal 10 Aprile al 17<br />

Maggio. Il circo si è installato nella piazza<br />

centrale dove si era già stato quasi un<br />

anno fa in occasione del Festival organizzato<br />

dal Globus Circul. Medrano dovrebbe rimanere<br />

in Romania fino al prossimo mese<br />

di settembre.<br />

Nascono quattro tigrotti al Cirque Pinder a<br />

Marsiglia<br />

Bénabar, Tagada, Sophie et<br />

Kad, sono i quattro tigrotti che<br />

si vanno ad aggiungere al<br />

grande serraglio di Frederic<br />

Edelstein. Le mamme sono<br />

due, Lea e Pénélope, ma il<br />

papà è uno solo: Moïse<br />

Il Circus Renz a Lussemburgo<br />

Il Circus Renz ha effettuato una breve tournee in Lussemburgo.<br />

Per presentare lo<br />

spettacolo il verticalista<br />

Dimitry<br />

Proudnikov ha<br />

scalato uno dei pali<br />

principali della tenda<br />

del circo per dare un<br />

assaggio della sua<br />

capacità, nonostante<br />

il forte vento.<br />

Orso ucciso da un poliziotto<br />

Il fatto è accaduto a Kassel, in Germania. L'orso apparteneva<br />

al Circus Universal Renz. I due orsi sono fuggiti dalla loro<br />

gabbia e si<br />

sono diretti<br />

verso la città.<br />

I poliziotti non<br />

hanno potuto<br />

fermare gli<br />

animali. Al<br />

tentativo<br />

di respingere<br />

gli animali,<br />

Nena ha assalito improvvisamente un poliziotto di 38 anni.<br />

Per legittima difesa, questi ha ucciso l'orso bruno di 25 anni<br />

con la sua pistola. Un'automobilista aveva scoperto gli orsi<br />

bruni e aveva quindi chiamato la polizia.<br />

17


18<br />

Sono da poco iniziate le riprese di un documentario sulla sicuramente non esaustivo) quadro delle vicende familiari<br />

memoria “storica” del circo italiano. Prodotto da Neuma- dei nostri circensi, ma anche notizie non altrimenti reperibili<br />

Media per la regia di Alessandra Litta Modignani e Renato (in modo così ampio) sulle tante specialità del circo,<br />

Morelli, con la consulenza di Alessandro Serena e Antonio alcune delle quali oggi abbandonate. La speranza è che<br />

Giarola del Cedac, il film è dedicato ad alcuni protagonisti questa fatica (che davvero fatica essa è stata) possa<br />

“storici” che meritano di essere ascoltati e documentati aprire la strada, proponendosi quale testo referenziale, ad<br />

affinché la loro testimonianza unica, preziosa e irripetibile, altre ricerche ed altri studi. ”E così è accaduto. La “speranza”<br />

sia trasmessa e consegnata alle generazioni future. di Roberto Leydi – prematuramente scomparso l’anno<br />

Ogni personaggio rappresenta infatti una testimonianza successivo – è sicuramente andata a buon fine: il volume<br />

particolare di storia di vita circense, legata all’infanzia, è già arrivato alla seconda edizione ed è diventato un<br />

alla carriera, alle scelte della famiglia, spesso destinata testo referenziale per tutti gli studi successivi.<br />

inevitabilmente a scomparire. Documentare con il mezzo Ma il sogno nel cassetto di Alessandra Litta Modignani,<br />

cinematografico i discendenti di antiche dinastie, appare sogno che inseguiva ormai da diversi anni, era proprio<br />

dunque particolarmente urgente e non più dila-<br />

quello di affiancare al volume - sulla spinta<br />

zionabile nel tempo.<br />

di un piano organico di "urgent<br />

La documentazione visiva sarà<br />

visual anthropology" -<br />

fruibile per diversi livelli<br />

quel che resta del<br />

di utilizzo a partire da<br />

"fondo antico"<br />

un pubblico gene-<br />

della cultura<br />

rico di “non ad-<br />

circense tradetti<br />

ai lavori”, per<br />

dizionaleita- arrivare agli stulianaconsidentidell’Accademia<br />

del circo, agli<br />

di Rocco Maggiore<br />

derando<br />

l’estrema velocità<br />

studiosi e ricercatori<br />

del mutamento so-<br />

presso il Cedac, fino ad un<br />

ciale e nello stesso tempo<br />

master universitario.<br />

la perdita irreversibile della<br />

Nell’introduzione alla prima edizione del volume Il<br />

“memoria storica” circense italiana legata all’età<br />

circo della memoria. Storie, numeri e dinastie di 266 anagrafica dei protagonisti più significativi, discendenti di<br />

famiglie circensi italiane, così scriveva Roberto Leydi il 21<br />

agosto 2001: “Il contributo alla conoscenza del circo<br />

italiano offerto da Alessandra Litta Modignani e Sandra<br />

Mantovani con la loro ricerca si propone quale fondamento<br />

non rinunciabile per ogni possibile ulteriore ricerca sul<br />

mondo circense. Contributo che rifiuta ogni vocazione<br />

“romantica” ma anche ogni indulgenza aneddotica per<br />

fissarsi, in modo rigoroso, sulle vicende delle nostre famiglie<br />

circensi, definiti in primo luogo sulle parole degli<br />

stessi protagonisti (decine e decine di interviste)<br />

e completate da necessarie integrazioni docu-<br />

antiche dinastie.<br />

mentarie. Ne esce il primo esteso (anche se<br />

Wally Togni<br />

MEDIA


Dal Festival di<br />

Monte Carlo<br />

a Rêve<br />

I fratelli Giona<br />

di Antonio Giarola<br />

Sono passati otto anni dalla prima volta che ho incontrato<br />

la famiglia Caniato, il padre Osvaldo con i figli Alessandro,<br />

Pierangelo e Gianluca, in arte i Giona Show (dal nome<br />

della località dove abitano). Ex coltivatori diretti col sogno<br />

dello spettacolo. Ero stato invitato per vedere una loro<br />

produzione equestre poiché desideravano partecipare al<br />

Galà d’oro di Fieracavalli a Verona di cui ero il regista. Notai<br />

allora, accanto ad una passione smisurata, che in questi<br />

esuberanti artisti mancava ancora qualcosa; magari lo<br />

stimolo che può nascere da occasioni importanti nelle<br />

quali misurarsi. Li lasciai quella volta con la convinzione<br />

che se anche avevano un repertorio artistico per la verità<br />

non troppo interessante, andavano comunque tenuti d’occhio.<br />

E così, pochi anni dopo, ebbi l’opportunità di dare<br />

loro un piccolo ruolo nell’ambito dei miei spettacoli alla<br />

Fieracavalli. Notai con gioia di non essermi sbagliato: in<br />

pochissimo tempo, con la convinzione di partecipare a<br />

qualcosa di speciale, erano cresciuti notevolmente. In<br />

quell’anno il mito di tutti coloro che amavano gli spettacoli<br />

equestri aveva il nome di Lorenzo, un artista francese che<br />

con le sue evoluzioni aveva conquistato il pubblico. Il lavoro<br />

di Lorenzo, per quanto acrobatico consisteva in un modo<br />

nuovo di concepire la cosiddetta “posta ungherese” con<br />

una serie di variazioni straordinarie. Questa applauditissima<br />

esibizione eccitò in particolare Alex Giona che mi confidò<br />

di volersi cimentare con i cavalli con lo stesso approccio<br />

Antonio Giarola in centro insieme alla famiglia Caniato in arte Giona<br />

in dolcezza ma con qualcosa di completamente diverso<br />

nella sostanza. Lo incitai su questa strada ma confesso<br />

che appena un anno dopo il risultato superò abbondantemente<br />

ogni mia aspettativa. Ecco, ora potevamo lavorare<br />

insieme, potevamo costruire un numero equestre nuovo,<br />

unico, che coniugasse in modo esemplare una tecnica<br />

superlativa ed innovativa con la poesia; e così, dopo la<br />

straordinaria vetrina offerta dal Festival Internazionale del<br />

circo di Latina nacque Horselyric che entusiasmò il pubblico<br />

del Galà d’oro di Verona. Il successo era palpabile, mancava<br />

solo la consacrazione che arrivò puntuale con il Festival<br />

di Monte Carlo del 2009. Un’emozione grande anche per<br />

me, quale regista del loro numero, che mai mi era capitato<br />

di vivere prima di allora nel “tempio” dell’arte circense<br />

mondiale.<br />

Ed ora nasce Rêve, an equestrian dream un vero e proprio<br />

spettacolo di mezz’ora che vuole andare oltre al numero<br />

presentato a Monte Carlo, anzi che lo utilizza come pretesto<br />

per presentare i fratelli Giona nelle loro molteplici capacità<br />

acrobatiche e di dressage. Ma Rêve, nei miei intenti, è<br />

soprattutto una breve e poetica “favola equestre” che ho<br />

scritto pensando alla loro storia, ad un sogno realizzato,<br />

ma soprattutto a Diego, il figlio di Alex e Angela che a soli<br />

otto anni compie con il suo pony un volteggio cosacco da<br />

togliere il respiro. Per loro questa è anche la prima vera<br />

occasione di articolare uno spettacolo equestre con 16<br />

cavalli, la famiglia al completo a cui si aggiungono l’amazzone<br />

Clizia Moffa e l’acrobata Doina Vassallo.<br />

Sentiremo ancora parlare dei Giona Show, li vedremo quali<br />

stelle degli spettacoli circensi più famosi; anzi, questa<br />

famiglia di origine contadina, inventando un tipo di dressage<br />

che possiamo definire “metodo Giona”, e con il loro Clown<br />

d’Argento a Monte Carlo, si è iscritta a pieno titolo in una<br />

delle pagine più belle della storia del circo italiano.<br />

Lo spettacolo Rêve, an equestrian dream si svolge nell’arena<br />

coperta del parco di divertimenti Bobbejaanland in Belgio<br />

da 16 maggio al 30 agosto.<br />

21


Chapiteaux<br />

sul Noncello<br />

Il circo a Pordenone<br />

di Valeria Bolgan<br />

(Seconda e ultima parte)<br />

Per evitare che fossero favoriti “individui che vivano ai<br />

margini del Fascismo e delle Organizzazioni Corporative,<br />

sfruttandone i numerosi benefici senza sostenere il minimo<br />

sacrificio” c’erano alcune condizioni tassative. I podestà<br />

dovevano pretendere dai richiedenti la dimostrazione della<br />

loro adesione al Partito, esibendo la tessera della Confederazione<br />

dando la preferenza a chi produce il citato<br />

documento per una “maggiore garanzia sulla moralità e<br />

sulla decorosità del trattenimento”.<br />

Tra i provvedimenti di favore concessi dal comune di<br />

Pordenone a spettacoli viaggianti in base ai decreti del<br />

Regime fascista resta eclatante il caso del Carro dei Tespi,<br />

ha fatto storia, come si può notare dai documenti sottostanti<br />

relativi alla rappresentazione dell’opera lirica Aida nel<br />

1937, come risulta dalla lettera di risposta del sindaco<br />

Ing. Enrico Galvani, al sollecito del segretario federale,<br />

presidente del Dopolavoro Fascista Provinciale, con la<br />

quale si assicura di aver disposto che “i manifesti inerenti<br />

alla manifestazione vengano affissi a Pordenone in esenzione<br />

comunale” precisando che per quanto riguarda,<br />

invece, la tassa di bollo “sarà necessario che il Dopolavoro<br />

si rivolga al locale Ufficio del Registro”.<br />

Tra il 1970 e 1980, furono i vari Circorama, Medrano, le<br />

imprese Orfei – Nones ad esibirsi nella nostra città. Non<br />

mancarono nemmeno nomi di minor prestigio, bandiere<br />

eccelse nazionali e d’oltre confine: dai Tribertis al Circo di<br />

Francia, dal Circo sul Ghiaccio, al Niuman ai Bellucci, al<br />

“Il “più grosso affare nel mondo degli spettacoli<br />

viaggianti” definito tale grazie anche alle<br />

esibizioni del funambolo a 12 metri di altezza<br />

che camminava con i trampoli, al domatore di<br />

tigri Thierry, ad un indomito duo Zavatta che<br />

faceva salti mortali sul filo elastico bendato.<br />

Tutti riuniti, in questo spettacolo di tre ore,<br />

nella pancia di uno chapiteau che ospitava<br />

per la prima volta il vero gorilla King Kong”.<br />

Circo di Spagna a quello di Berlino. Fu attorno agli anni<br />

’80 che le proposte circensi locali iniziarono a condensarsi,<br />

seguendo la moda nazionale dei grandi sopravvissuti ad<br />

una crisi delle piste di tutta Europa, che stava accennando<br />

al cosiddetto nouveau cirque, fondato sulla contaminazione<br />

dei generi spettacolari, il cosiddetto métissage, senza<br />

l’utilizzo degli animali. Ecco allora, nuovamente i Medrano<br />

delle famiglie Casartelli e De Rocchi, gli Orfei con la Moira<br />

nazionale, Liana e Nando, il Circo Americano a tre piste<br />

della famiglia di Enis Togni, il Darix Togni, retto dai figli del<br />

leggendario domatore, morto nel 1976.<br />

Ma Pordenone fu anche la città che ospitò due esempi<br />

storici, di quelli che restano scritti nelle pagine del tempo,<br />

nella segatura internazionale.<br />

Nel 1973, infatti, il primo dei figli del celebre Darix, Livio<br />

Togni, dette vita, assieme al padre, ad uno spettacolo<br />

colossale. Una sorta di scrigno da brivido, il Circo Jumbo,<br />

“il business-spettacolo più bello del mondo”. Una produzione<br />

di grandi proporzioni che proponeva i numeri più<br />

incredibili della pista. Il “più grosso affare nel mondo degli<br />

spettacoli viaggianti” definito tale grazie anche alle esibizioni<br />

del funambolo a 12 metri di altezza che camminava con<br />

i trampoli, al domatore di tigri Thierry, ad un indomito duo<br />

23


24<br />

Zavatta che faceva salti mortali sul filo elastico bendato.<br />

Tutti riuniti, in questo spettacolo di tre ore, nella pancia<br />

di uno chapiteau che ospitava per la prima volta il vero<br />

gorilla King Kong, importato appositamente dagli Stati<br />

Uniti e prodotto da Dino De Laurentiis. Un prodigio della<br />

tecnologia alto 17,65 metri.<br />

Un evento colossale, che il giornalista Ugo Volli, su Repubblica<br />

evidenziò con un epiteto che fu anche il suo aggettivo,<br />

Supercircus, una coproduzione intereuropea che raggiunse<br />

la nostra città nel settembre 1975, su concessione del<br />

Dott. Luciano Savio e a seguito della rinuncia del medesimo<br />

piazzale antistante l’Ente Fieristico Pordenonese, da parte<br />

di Carlo Triberti, titolare del Circo Internazionale Tribertis<br />

al quale era stato precedentemente concesso lo spazio.<br />

Quello sarebbe stato l’ultimo anno di vita di Jumbo, ossia<br />

una delle più grandi parentesi circensi di tutti i tempi,<br />

della pista italiana.<br />

“Il Clown’s Circus, fu, a tutti gli effetti il primo<br />

circo ad avere la firma di un regista, esattamente<br />

come accade per le pièce da<br />

palcoscenico”.<br />

L’altro caso esemplare di ospitalità avvenne nel 1984<br />

quando a Verona, per volontà di un giovane ragazzo che<br />

rispondeva al nome di Antonio Giarola venne prodotto,<br />

dalla famiglia Cavedo, altrettanto importante dinastia<br />

circense nazionale, uno spettacolo intitolato Clown’s Circus.<br />

Il circo, una festa, che raggiunse Pordenone nel settembre<br />

di quell’anno, l’unico vissuto da questa brillantissima idea<br />

onirico-estetica. Anche in questo caso l’evento è di quelli<br />

da immortalare: siamo di fronte al primo esempio assoluto<br />

in Italia di cosiddetto circo di regia e drammaturgia<br />

applicate al circo tradizionale. Il Clown’s Circus, fu a tutti<br />

gli effetti il primo circo ad avere la firma di un regista,<br />

esattamente come accade per le pièce da palcoscenico.<br />

Non è un caso, infatti, che in quell’occasione, la stampa<br />

si trovasse sospesa nell’indefinibile operato a cavallo tra<br />

circo e teatro e fu proprio da quel momento che l’universo<br />

delle arti performative imparò a conoscere un<br />

genere di spettacolo seguitissimo oggi: quello del<br />

nouveau cirque o, appunto, del circo-teatro.<br />

Pordenone, infine, è una provincia che vanta un<br />

rapporto particolare con una delle più celebri e<br />

storiche famiglie circensi italiane: quella dei Togni.<br />

Forse in pochi sanno che nel Cimitero Comunale<br />

ricerche<br />

pordenonese esiste una tomba nella quale riposano i<br />

capostipiti di questa famiglia, Aristide Togni, ragioniere<br />

pesarese, e la moglie Teresa De Bianchi. Assieme a loro<br />

6 degli 8 figli dai quali presero vita i tre rami della dinastia<br />

Togni e quel Circo Nazionale Togni che tanto successo<br />

conobbe negli anni quaranta e cinquanta. Un legame<br />

affettivo, dunque, ha collegato e stretto in una fitta corrispondenza<br />

e frequentazione, iniziata nel 1927, Pordenone<br />

con questa famiglia di viaggianti.<br />

Vedendola così, oggi, priva di chapiteau, una tra le città<br />

italiane meno colorate da tendoni, per ragioni di spazio<br />

e motivi burocratici, potrebbe sembrare quasi impossibile<br />

un passato così frequentato da artisti, eppure… anche<br />

questa, forse, è una delle conseguenze del trascorrere<br />

degli anni, del trasformarsi delle città sempre più cementizzate<br />

e sempre meno fatte di spazi aperti. Anche questo<br />

è il segno, comunque, che la storia è passata anche qui,<br />

è segno che anche noi, spettatori e lettori di tutte le età<br />

abbiamo contribuito con la nostra partecipazione allo<br />

sfavillio di un universo viaggiante, noi, mondo dei fermi,<br />

che nel fluire frenetico degli anni abbiamo tutti uno<br />

chapiteau da ricordare, grande o piccolo che sia.


“Pordenone, infine, è una provincia che vanta<br />

un rapporto particolare con una delle più<br />

celebri e storiche famiglie circensi italiane:<br />

quella dei Togni. Forse in pochi sanno che nel<br />

Cimitero Comunale pordenonese esiste una<br />

tomba nella quale riposano i capostipiti di<br />

questa famiglia, Aristide Togni, ragioniere<br />

pesarese, e la moglie Teresa De Bianchi”.<br />

Chi lo sa se tra tutte queste memorie che si aggrovigliano,<br />

ve n’è una, particolarmente datata, o qualche ricordo di<br />

una narrazione antica, di qualcuno che qui, in questa<br />

piccola, nostra città di ieri, ha potuto ammirare perfino<br />

Buffalo Bill, il Generale William Cody, nella sua ultima<br />

tournée, passato da noi, dopo aver lasciato la campagna<br />

trevigiana, il 15 maggio 1906 con destinazione Udine.<br />

Questo a dimostrazione che il nostro Friuli custodisce<br />

davvero un capitolo importante di storia di quest’arte,<br />

quella del circo, se si pensa a Franconi, e a tutto ciò che<br />

la nostra terra ha conosciuto di questo universo magico,<br />

spesso senza parole: non semplici nomi ma anche grandi,<br />

grandissime, imperiture leggende.<br />

25


Ghelia<br />

Tourniaire<br />

Nella sala del giuoco<br />

del pallone<br />

di Antonio Giarola<br />

Il primo complesso circense straniero venuto in Italia<br />

all’inizio del secolo diciannovesimo, secondo Alessandro<br />

Cervellati e Mario Verdone1, fu quello del francese Jacques<br />

Tourniaire (Grenoble 1772 – Koenisberg 1829) del quale<br />

è documentata la presenza a Bologna in novembre 1806<br />

e a Milano nel 1809. Sappiamo che Jacques ebbe dalla<br />

moglie Philippine Roediger (splendida cavallerizza e<br />

ballerina) almeno tre figli, Francois, Benoit e Sophie. I due<br />

maschi ripresero il circo paterno, mentre la figlia si sposò<br />

con il direttore di circo Louis Fouraux il cui complesso<br />

operò in Italia nel 1840. Attorno al 1830 fu attivo in Italia<br />

il circo Madame Tourniaire - probabilmente condotto dai<br />

due figli maschi – e che sappiamo essere stato in Olanda<br />

nel 1824 con un rinoceronte indiano acquistato da Jacques<br />

Tourniaire a Parigi nel 1815. E' attorno al 1840 circa che<br />

possiamo datare la nascita, quasi certamente in Italia,<br />

della compagnia equestre Ghelia Tourniaire grazie all'unione<br />

di Pietro Ghelia con una signora Tourniaire di cui non<br />

conosciamo il nome di battesimo, ma che sappiamo<br />

certamente non essere Philippine. Di quest’ultima sappiamo<br />

che rimase vedova e chi risposò con un certo Mayne,<br />

consigliere di cancelleria della citta di Koenigsberg, città<br />

nella quale morì il marito Jacques e più tardi lei, nel<br />

1852.<br />

Di questa compagnia italo-francese di indubbia importanza<br />

(già ampliamente trattata in un articolo comparso sulla<br />

rivista Circo, ottobre 1987), è conservato presso il CEDAC<br />

un avviso di grandi dimensioni (cm 54,5 x cm 75), non<br />

datato, ma quasi certamente riferibile all'estate del 1844<br />

quando venne redatto da un ingegnere del comune di<br />

Firenze il resoconto di un'ispezione ai palchi della stessa<br />

compagnia. Il manifesto, sobrio e di impostazione teatrale<br />

preannuncia l'arrivo della compagnia equestre GHELIA<br />

TOURNIAIRE pubblicando l'elenco preciso di tutti componenti,<br />

ben trenta artisti, 2 cavalli ammaestrati e 30 cavalli<br />

di maneggio per significare l'importanza del complesso e<br />

la qualità delle rappresentazioni mimico-equestri. Certamente<br />

a questo avviso ne seguì un altro con data e<br />

programma. Notiamo che il luogo di esibizione è il "locale<br />

del giuoco del pallone" a Firenze nella frazione Pinti, dove<br />

sappiamo essersi esibita nell'estate di due anni dopo<br />

anche la compagnia equestre di Luigi Guillaume. Essendo<br />

estate l'esibizione era evidentemente all'aperto. A proposito<br />

di questa compagnia Cervellati riporta quasi interamente<br />

un lungo e prosaico articolo di Cesare Malpica pubblicato<br />

sul periodico Poliorama Pittoresco del 3 novembre 1847<br />

che narra una rappresentazione a Napoli in un locale<br />

denominato Circo Olimpico fatto costruire apposta e<br />

munito di luce a gas e 32 palchi. La recensione è riferibile<br />

a poco più di tre anni dopo ma i protagonisti citati sono<br />

praticamente gli stessi e il complesso è cresciuto di altri<br />

2 cavalli di maneggio. Tra gli artisti citati vi sono "Borel,<br />

un giovanetto che varca di poco il secondo lustro" e<br />

"Giuseppina Hartwiger, giovinetta dai capelli biondi,<br />

dall'occhio ceruleo, dal dolce sguardo e dal dolce sorriso...<br />

Grazia e leggiardia sono i suoi pregi; e non fa pompa in<br />

ogni mossa". L'autore fa poi una lunga ed accorata<br />

descrizione di Carolina Trost che con "un piede tocca la<br />

schiena del cavallo, l'altro è alzato indietro, mentre il corpo<br />

si libra in atto di chi s'alza a volom mentre il velo rosa che<br />

cince la vita ondeggia al vento". E' poi la volta di Amalia<br />

Hartwigher della quale aggiunge:"Se le sue compagne ci<br />

allettano, costei giunge a sorprenderci. Agilità e maestria<br />

sono i pregi che la distinguono". Anche di Federico Brennier<br />

"un giovinetto che forse non raggiunge i sedici anni"<br />

descrive con enfasi l'esibizione "Il suo cavallo non corre<br />

ma vola...". Per avere un'idea precisa della scaletta<br />

programma dobbiamo però riferirci ad un articolo apparso<br />

sul Jurnal de Toulouse del febbraio 1845.<br />

Apprendiamo così che il direttore Pietro Ghelia dirige delle<br />

"Maneouvres à la Ranaissance" eseguite da otto persone<br />

dei due sessi e che il repertorio è quasi esclusivamente<br />

equestre, salvo l'intervento di un "pas gracieux" danzato<br />

da M. Antoine Scortayoli (probabilmente un ballerino ospite<br />

poiché non presente nel manifesto italiano) con intermezzi<br />

tra i numeri che saranno riempiti dai Clowns. Da questo<br />

programma non riusciamo ad avere notizie su chi fosse<br />

la moglie di Ghelia ma apprendiamo che sua figlia Emma<br />

compie un pas des deux con César Galupini che invece<br />

non è citato da noi a differenza degli artisti descritti dal<br />

cronista napoletano. L'incrocio dei nomi tra il programma<br />

italiano e francese sarebbe assai interessante e meriterebbe<br />

uno studio a parte per associare ad ogni nome un ruolo<br />

ed in alcuni casi come Pierre Price (ma nel nostro programma<br />

abbiamo un Peter d'Albis Price) verificarne la<br />

collocazione nell'ambito della propria dinastia.<br />

1) Cfr Cervellati, Alessandro, Storia del circo italiano<br />

- Questa sera grande spettacolo, Milano, Edizioni<br />

Avanti!, 1961. Così come Verdone, Mario, Spettacolo<br />

romano. Roma, Golem, 1970.<br />

cedac<br />

27


28<br />

Anziché dalla trama, stavolta si parte dalla copertina: perché,<br />

accattivante e ruffiana com’è, merita di essere descritta. La<br />

città dei clown di Will Elliott: bel volume corposo, copertina<br />

a sfondo nero; a destra il ritratto fotografico di un tipo – puzzle<br />

con cappello nero e cravatta a strisce trasversali tra il beige<br />

e il marrone, barbetta caprina, una smagliante mascherina<br />

bianca a contornare la bocca e un occhio iniettato di sangue.<br />

Accanto, due scritte metà in giallo e metà in bianco ancor<br />

più inquietantemente ruffiane. La prima recita: “C’è qualcosa<br />

di Stephen King e un po’ di Lovecraft”; la seconda “Un<br />

affascinante incrocio tra David Lynch e Chuck Palahniuk”:<br />

insomma, quanto di meglio si possa desiderare per attirare<br />

ma anche per deprimere il lettore. Perché sì, lo ammetto, il<br />

titolo mi aveva incuriosito e ancor di più il sommario della<br />

trama annunciato nel notiziario Mondadori, però la copertina<br />

sembrava fatta apposta per alimentare le mie<br />

diffidenze. Diffidenze in gran parte<br />

confermate dalla lettura. Certo,<br />

al romanzo non si può<br />

negare di saper giocare<br />

bene le sue<br />

carte, per quanto<br />

risapute e di far<br />

ballare i lettori<br />

a un ritmo<br />

sincopato e<br />

di Maria Vittoria Vittori<br />

adrenalinico, ma le rifiniture del puzzle (circo + horror +<br />

paranoia) sono in alcuni casi piuttosto approssimative e in<br />

altri viziate da stereotipi francamente insopportabili. La prima<br />

inquadratura ci mostra un ragazzotto australiano, Jamie, che<br />

inchioda la sua scassata Nissan di fronte all’improvvisa<br />

materializzazione di una strana creatura “con indosso una<br />

sgargiante camicia a sbuffo sulla quale era stampata una<br />

violenta fantasia floreale. Aveva gigantesche scarpe rosse,<br />

pantaloni a righe e la faccia ricoperta da pittura bianca”. È<br />

notte fonda, Jamie ha finito il turno di lavoro – è concierge<br />

in un esclusivo club di Brisbane, frequentato da tizi imbottiti<br />

di soldi e di presunzione – e si sta dirigendo verso casa,<br />

un’abitazione alquanto rognosa che condivide con due sfigati<br />

come lui; è stanco e non ha né il tempo né la voglia di porsi<br />

troppe domande però, spinto dalla curiosità, raccoglie un<br />

sacchetto di velluto caduto dalle mani del clown. È<br />

smaliziato abbastanza da pensare che<br />

quella strana polverina bianca che<br />

vi è rinchiusa possa essere<br />

coca, ma non smaliziato<br />

a tal punto da evitare<br />

la stessa sorte di<br />

Alice: la destinazione<br />

finale non è<br />

il Paese delle<br />

Meraviglie bensì il


Pilo Family Circus. Ovvero un continente alieno, al di fuori del<br />

tempo e dello spazio usuali, abitato da creature mutanti<br />

abbigliate da circensi. Come in qualunque circo che si rispetti,<br />

c’è il parco dei divertimenti con le indispensabili attrazioni,<br />

c’è la tenda della maga con la sfera di cristallo, c’è il mago<br />

che fa sparire i conigli, il baraccone dei freaks; ci sono gli<br />

eleganti altezzosi acrobati e la buffa pattuglia dei clown. C’è<br />

perfino il baracchino con le bibite e i popcorn. Nonostante<br />

la torbida apparenza e l’odore nauseabondo emanato dai<br />

popcorn imburrati, questo è l’unico elemento rassicurante<br />

del continente in cui è stato trapiantato Jamie, ormai arruolato,<br />

in virtù del consumo della bianca polverina, nella grande e<br />

disfunzionale famiglia dei clown, né più né meno disfunzionale<br />

della media delle famiglie australiane, americane e europee.<br />

Con la differenza, decisiva, che in questi clown dai nomi<br />

doverosamente buffi – Goshy, Doopy, Gonko – e dai comportamenti<br />

sadici, ogni impulso violento trova la sua completa<br />

e appagante espressione: “slapstick senza trucchi” si vanta<br />

il capo clown Gonko capace di affettare i suoi partner a colpi<br />

di vera ascia e di vera accetta, tra le risate del pubblico. Ora,<br />

Jamie è allenato a sopportare normali dosi di violenza – come<br />

ogni altra città Brisbane ne elargisce quotidianamente – ma<br />

ha ancora il cuoricino troppo tenero per quello che avviene<br />

nel Pilo Family Circus, e pertanto viene addestrato dal veterano<br />

Winston. Con lui si ricade nella desolata (e desolante)<br />

figurazione del vecchio clown che ne ha viste e fatte troppe<br />

ed è dunque disincantato e saggio: e non importa che poi<br />

si riveli uno dei più importanti congiurati in lotta per la libertà,<br />

perché lo stereotipo è sempre indice di schiavitù (anche se<br />

Will Elliott<br />

non del personaggio, ma dell’autore). Se Angela Carter nelle<br />

sue storie aveva strozzato con grande energia gli stereotipi<br />

incrostati intorno al collo dei clown, vecchi e giovani, ecco<br />

che Elliott si premura di resuscitarli: sarà per questo che<br />

Winston è lo zombie più zombie di tutti. Comunque sarà lui<br />

ad addestrare Jamie all’uso della pittura, che lo farà diventare<br />

JJ, ovvero un supereroe al negativo, e a metterlo a conoscenza<br />

delle virtù della strana polvere bianca che ovviamente non<br />

riveleremo, perché è bene lasciare al romanzo una delle sue<br />

poche attrattive ovvero la suspence. Sarà Winston, ancora,<br />

a introdurlo in quella tribù di personaggi che cospira nell’ombra<br />

per liberarsi dagli infernali fratelli Pilo, George e Kurt, che da<br />

secoli dirigono il circo. Sotto l’ala protettiva del vecchio clown<br />

Jamie riesce a convivere senza farsi troppo male anche con<br />

la sua parte più oscura e più perfida, JJ, e ad affrontare, in<br />

modo a volte tragico, a volte comico ma sempre adrenalinico,<br />

le innumerevoli trappole disseminate sul suo percorso non<br />

solo da agenti esterni, ma anche dal suo satanico doppio.<br />

Lasciando intatta la suspence, che dire ancora dello stile<br />

della narrazione? Forse l’autore aveva intenzioni più satiriche<br />

e dissacranti di quanto sia riuscito ad esprimere (la satira<br />

sociale sembra promettere bene, all’inizio, ma poi mantiene<br />

poco); forse l’ha tradito qualche reminescenza potteriana di<br />

troppo (quelle smisurate braccia di tenebra che si protendono<br />

ad accogliere Kurt, l’innominabile Signore del circo che ha<br />

qualcosa del dinosauro e molto di Voldemort) o qualche<br />

sequenza di Pulp Fiction remixata in salsa circense; forse,<br />

ancora, ha voluto giocare d’anticipo – e qui si può ravvisare<br />

una superiore forma d’astuzia – elaborando quello che sembra<br />

un romanzo ma è in realtà una sceneggiatura già pronta per<br />

un blockbuster del tipo Circus Paranoid Park. E quest’ultima<br />

ipotesi ci piace molto, perché è la più clownesca.<br />

Will Elliott, La città dei clown (trad. di Giuseppe<br />

Manuel Brescia), Mondadori 2009, pp. 364,<br />

€17,00.<br />

libri<br />

29


Un naso rosso, parrucche e palloncini colorati, palline da<br />

far roteare nell'aria: basta questo, a volte, per far ritrovare<br />

il sorriso e la fiducia negli altri e nel futuro a chi credeva<br />

che dagli altri, dalla vita, non ci fosse più niente di buono<br />

da aspettarsi. E' quello che è successo a molti dei giovani<br />

detenuti del carcere minorile di Torino “Ferrante Aporti”, che<br />

hanno partecipato e partecipano ancora oggi a CircoStanza,<br />

il progetto educativo di circo sociale promosso e realizzato<br />

dall’associazione VIP Italia onlus, che sta per Viviamo In<br />

Positivo, che ha deciso di portare anche in carcere la sua<br />

iniziativa rivolta a minori e adolescenti a rischio oltre che<br />

a tutti i bambini e adolescenti che soffrono, da quelli in<br />

ospedale, con la clown-terapia, a quelli nei paesi in via di<br />

sviluppo.<br />

L'esperienza di CircoStanza al Ferrante Aporti, che è ora<br />

raccontata in un libro (“Circostanza, il circo in una stanza.<br />

Esperienza di circo sociale in un carcere per minori”), dopo<br />

un'iniziale scetticismo e un po' di diffidenza ha<br />

subito mostrato i suoi risultati positivi.<br />

''Abbiamo accettato la proposta<br />

- spiega la direttrice del<br />

carcere minorile, Gabriella<br />

Picco - quando<br />

abbiamo capito che<br />

il circo era utilizzato<br />

come strumento di<br />

un'attività educativa<br />

e formativa per<br />

i nostri ragazzi che<br />

adesso vogliono tutti<br />

partecipare a questa<br />

esperienza, perché abbiamo<br />

capito che per loro si<br />

tratta di un'ora e mezza di vita in<br />

un mondo diverso".<br />

La direttrice spiega che "il circo diventa un momento<br />

di riflessione, a volte anche con il coinvolgimento degli<br />

agenti e questo è un grande risultato di lavoro comune. Il<br />

nostro dovere è metterli in condizione di sperimentare e<br />

sperimentarsi su cose positive e sapere che in una struttura<br />

come un carcere i ragazzi riescono a vivere delle emozioni<br />

positive è un risultato molto importante''.<br />

Cosa significa “circo sociale” e qual è la sua utilità in una<br />

struttura per detenuti? Lo spiega il volume citato. E’ un vero<br />

e proprio sistema educativo che è stato codificato per la<br />

prima volta in un testo dal titolo “Circo sociale – Escola<br />

Picolino, arte-educazione e inclusione sociale” di Fabio dal<br />

Gallo e Cristina Alves De Macero. La Escola Picolino de<br />

Artes do Circo è una Ong di Salvador Bahia, una città del<br />

Brasile dove i minori sono gli esseri umani più<br />

provati da esperienze di strada e da violenze inenarrabili.<br />

Ma in questa realtà ai confini dell’inferno,<br />

da circa 20 anni le arti circensi sono uno strumento<br />

per favorire l’educazione e l’inclusione sociale di<br />

LIBRI<br />

30<br />

individui in situazioni di rischio<br />

sociale. In Italia<br />

il progetto Circo-<br />

Stanza prende le<br />

mosse da questo<br />

valore pedagogico<br />

dell’arte della<br />

pista: “Circo<br />

sociale significa<br />

usare il circo<br />

per sviluppare<br />

autostima e abilità<br />

circensi, dare l’opportunità<br />

ai ragazzi di essere<br />

attori della loro vita”, spiega il libro.<br />

“Apprendere l’uso di un oggetto o un’abilità, oltre<br />

ad avere un valore in sé, favorisce una crescita a livello<br />

personale sotto vari aspetti”. Attraverso gli esercizi i ragazzi<br />

si divertono e allo stesso tempo conoscono meglio se stessi<br />

e gli altri, si sentono valorizzati (“un ragazzo con qualche<br />

problema di peso che in situazioni comuni tutti possono<br />

deridere, diventa invece fondamentale per fare il porteur in<br />

una piramide, e al contrario uno mingherlino e fragile diventa<br />

indispensabile per svolgere il ruolo di agile”) crescono<br />

accettando i propri limiti. Ma “il percorso circense richiede<br />

anche un grande senso di responsabilità, di disciplina, di<br />

attenzione verso se stessi, i compagni e verso gli attrezzi<br />

che vengono usati”. Ecco perché giocoleria, acrobatica a<br />

terra, equilibrismo, clownerie, mimo, sono discipline che<br />

hanno valenze psico-pedagogiche eccezionali. Anche nel<br />

chiuso di un carcere, anche impattandosi con giovani per<br />

i quali la vita è stata avara di soddisfazioni. Che il circo<br />

fosse bello e divertente era già una certezza, ma che fosse<br />

anche la pedagogia della libertà non tutti lo sapevano.<br />

di Rocco Maggiore

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