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Aprile - Circo

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Poste Italiane Spa - Spedizione in a.p. D.L. 353/2003 (conv. in L. 27/02/2004 n. 46), Art. 1, comma 1, DCB-Modena € 4,00


Krone Bau<br />

di Francesco Mocellin p. 4<br />

Elvis Errani<br />

di Flavio Michi p. 8<br />

Giornata europea del <strong>Circo</strong><br />

di Francesco Mocellin p. 10<br />

Man on Wire<br />

di Flavio Michi p. 12<br />

<strong>Circo</strong><br />

Web Site: www.circo.it - E-mail: info@circo.it<br />

Nuova serie - Anno XLI - N. 4 <strong>Aprile</strong> 2009<br />

Direttore responsabile Egidio Palmiri<br />

Redazione Alessandro Serena, Claudio Monti<br />

Collaboratori<br />

Roberta Battistin, Roberto Fazzini, Antonio Giarola, Luciano Giarola, Jordì Jané, Ruggero<br />

Leonardi, Massimo Malagoli, Flavio Michi, Francesco Mocellin, Alessandra Litta<br />

Modignani, Ettore Paladino, Arianna Pianesi, Marco Ternullo.<br />

Con la collaborazione di<br />

Circus Zeitung (Germania)<br />

Circus Planet (Germania)<br />

Direzione, redazione, pubblicità, amministrazione<br />

Ente Nazionale Circhi - Via Garbini 15, 37135 Verona<br />

Tel. 045-500682 - Fax 045-8233483<br />

Registrazione Tribunale di Livorno n. 344 del 25.5.1980<br />

Pubblicità Inferiore al 45%<br />

Progetto grafico La Cage aux Folles Modena<br />

Fotolito e Stampa Italiana Produzioni - Castelfranco Emilia<br />

Abbonamento 2009<br />

Italia: 30 euro; estero: 40 euro.<br />

Versamento sul ccp di Verona 55814610 (specificando la causale)<br />

Intestato a: Ente Nazionale Circhi,<br />

Via di Villa Patrizi 10, 00161 Roma.<br />

Tutti i diritti di proprietà sono riservati.<br />

Fotografie e manoscritti non richiesti<br />

non saranno restituiti.<br />

SOMMARIO<br />

L’uomo statua<br />

di Ruggero Leonardi p. 18<br />

Centenario di Alberini<br />

di Mara Guarnaschelli p. 24<br />

Thomas Price<br />

di Antonio Giarola p. 26<br />

<strong>Circo</strong> e letteratura<br />

di Maria Vittoria Vittori p. 28<br />

Il Krone Bau, circo stabile di Monaco di<br />

Baviera, festeggia i 90 anni con tre forti<br />

spettacoli. Un ritratto di Elvis Errani, premiato<br />

all’ultimo Festival di Monte Carlo. Arriva la<br />

Giornata Europea del <strong>Circo</strong>. La storia di<br />

Philip Petit funambolo fra le due torri diventa<br />

premio Oscar. Ruggero Leonardi analizza il<br />

numero degli “uomini d’oro”. Un ricordo di<br />

Massimo Alberini nel centenario della sua<br />

nascita. Dall’archivio Cedac sprazzi di storia<br />

di Thomas Price. Il circo post-moderno<br />

secondo Maria Vittoria Vittori.<br />

In copertina: Bruno Baudino e il suo cavallo a La Fenice.


Non sono più<br />

molti ormai gli<br />

edifici stabili<br />

riservati o intitolati<br />

agli spettacoli<br />

circensi ancora<br />

attivi nell’Europa<br />

di oggi. Se poi si restringe<br />

il campo escludendo il territorio<br />

dei paesi dell’ex blocco comunista, il numero<br />

di tali siti si riduce ancora di più. Premesso che l’Italia<br />

rappresenta un’anomalia anche nel caso di specie non<br />

avendo mai vantato alcun vero e proprio circo stabile (anche<br />

nell’epoca in cui la location di questa arte era<br />

associata ai teatri piuttosto che non alle tende<br />

itineranti come oggi) va detto che oggi è la Francia<br />

il paese leader nell’occidente europeo: sono ben<br />

otto, infatti, gli stabili tutt’ora esistenti oltralpe,<br />

quantomeno dal punto di vista architettonico. Cinque<br />

di questi risultano riservati esclusivamente o principalmente<br />

agli spettacoli circensi ovvero quelli di<br />

Elbeuf, Reims, quello splendido di Amiens, Chalonsen-Champagne<br />

– località nota per essere la sede<br />

spettacoli<br />

4<br />

di Francesco Mocellin<br />

La Troupe Coreana Moranbong<br />

del Centre National<br />

des Arts du<br />

Cirque - e, naturalmente,<br />

il Cirque<br />

d’Hiver a Parigi,<br />

unico sopravvissuto<br />

nel gruppo di sei edifici<br />

che a cavallo tra il XIX e il XX<br />

secolo la capitale transalpina vantava<br />

in questo settore. Altri due sono oggi di fatto<br />

dei teatri con una saltuaria programmazione dedicata al<br />

circo (Douai e Troyes) mentre quello di Valencienne è stato<br />

ormai riconvertito in un supermercato alimentare.<br />

Scorrendo il rimanente dell’Europa occidentale non resta<br />

molto altro: in Spagna il circo Price ha rivisto la luce solo<br />

di recente mentre a Lisbona quello che fu il fastoso Coliseu<br />

dos Recreios – oggi Teatro Coliseu - limita la programmazione<br />

circense a meno di un mese l’anno durante le festività<br />

natalizie.<br />

In Scandinavia sopravvivono un paio di edifici che mantengono<br />

l’appellativo di “circo” senza peraltro aver nulla più da<br />

spartire con l’originaria destinazione: in effetti, sia a Copenaghen<br />

quello che fu il <strong>Circo</strong> Benneweis e sia il pregevole


edificio di Stoccolma sono ormai riservati a concerti e<br />

musical.<br />

Il notevole Teatro Carrè di Amsterdam, pur non essendo mai<br />

stato un vero e proprio circo stabile, è noto per le sue<br />

pregevoli programmazioni circensi - prodotte generalmente<br />

dalla Stardust International di Monica Strotman e Henk van<br />

der Meijden - e soprattutto per il Wereldcircus natalizio con<br />

la direzione artistica di Fredy Knie.<br />

Oltremanica sopravvivono l’Hippodrome di Great Yarmouth<br />

- dove l’ex cantante rock Peter Jay fa il manager organizzando<br />

anche alcuni show circensi di qualità e cifra stilistica<br />

eterogena – e il Tower & Circus di Blackpool, diretto da Laci<br />

Endrezs. Contestualizzato nel tipico pleasure park della<br />

località di villeggiatura del Lancashire, questo stabile sito<br />

alla base della grande torre ospita annualmente diversi<br />

spettacoli tra i quali va menzionato il noto water show.<br />

In questo quadro complessivo non resta che considerare<br />

la Germania, un paese di riferimento per il circo ed il varietà<br />

in ogni epoca, per rammentare come i devastanti esiti del<br />

secondo conflitto mondiale abbiano lasciato il segno anche<br />

sotto il profilo che qui ci interessa: basti pensare alla<br />

distruzione dello stupendo <strong>Circo</strong> Sarrasani nel corso del<br />

bombardamento degli alleati che rase al suolo Dresda nel<br />

febbraio del 1945.<br />

Il circo Krone (foto archivio Cedac)<br />

5


6<br />

Oggi sopravvive quale unico circo stabile il Krone-Bau di<br />

Monaco, posto a ridosso del centro e di fronte alla celebre<br />

fabbrica della birra Spaten. Anche quest’edificio ha conosciuto<br />

i disastri della guerra ma è rinato grazie alla tenacia della<br />

dinastie Krone, come già illustrato in diverse occasioni su<br />

queste stesse pagine, e festeggia nella stagione invernale<br />

in corso i suoi novant’anni di attività.<br />

E’ singolare rilevare come – nel panorama sin qui sommariamente<br />

descritto – non si sia usi considerare il capoluogo<br />

della ricca regione tedesca come una delle capitali del<br />

circo. In effetti così dovrebbe essere perché il Krone-Bau è<br />

in grado di offrire – praticamente unico nel suo genere – tre<br />

differenti programmazioni di circo classico di alto livello nel<br />

corso di soli tre mesi.<br />

Una tradizione assolutamente peculiare è quella che vuole<br />

che allo stabile di Monaco i tre spettacoli invernali si<br />

succedano senza soluzione di continuità ovvero che la sera<br />

del 31 gennaio si tenga invariabilmente l’ultima rappresentazione<br />

del primo programma mentre il matinée del successivo<br />

primo febbraio vede già in cartellone quello nuovo.<br />

Identica situazione per il cambio di programmazione tra<br />

febbraio e marzo. Nelle poche ore che separano i due<br />

Martin Lacey Jr.<br />

spettacoli si susseguono il frenetico smontaggio notturno<br />

dei vecchi attrezzi e strutture sostituiti da quelli nuovi e una<br />

vera e propria prova generale mattutina che precede il primo<br />

nuovo show ufficiale. Una prova di efficienza che costituisce<br />

un’altra perla nell’ampia collezione di casa Krone.<br />

Parlavamo di alto livello degli spettacoli proposti ad una<br />

clientela ormai fidelizzata: a Monaco il pubblico sa cosa<br />

aspettarsi, conosce lo standard della “casa” e molto spesso<br />

torna a vedere i tre diversi spettacoli. Ci diceva Jana Mandana,<br />

che dopo aver sostituito in pista Christel Sembach-Krone<br />

sta assumendo sempre più un ruolo di responsabilità nella<br />

conduzione del complesso, che molti spettatori si sentono<br />

come a casa propria tra le pareti del Krone-Bau, familiarizzano<br />

con gli artisti, s’informano sugli animali, insomma sono<br />

realmente coinvolti da quella che risulta essere una vera e<br />

propria istituzione cittadina.<br />

Della qualità degli artisti ingaggiati parla, ad esempio, il<br />

numero dei partecipanti e/o premiati al Festival di Monte<br />

Carlo che passano sulla pista dello stabile bavarese. Nei<br />

soli tre spettacoli dell’inverno 2008/2009 si possono<br />

contare un Clown d’Oro, cinque d’Argento, uno di Bronzo e<br />

quattro partecipanti delle edizioni degli ultimi anni: davvero


La troupe di funamboli Tsivov<br />

uno score di tutto rispetto!<br />

Senza voler analizzare i tre diversi programmi segnaliamo<br />

da quello di dicembre-gennaio la jonglerie di gruppo dei<br />

Teslenko, le evoluzioni coi lazos dei cinesi Fu Zhou, l’interessante<br />

troupe di “volanti” russi White Birds – una sorta di<br />

nuova versione dei Borzovi, le sempre più mature Azzario<br />

Sisters col loro mano a mano – uno dei più recenti prodotti<br />

dell’Accademia di Verona; l’energetica entrata dell’acqua<br />

del trio José-Mitchels e la sorprendente performance alle<br />

cinghie della giovane Veronika Teslenko – giovane sorella<br />

dei giocolieri. Tra gli artisti passati sulla pista del Bau a<br />

febbraio ricordiamo i Clown d’Oro e d’Argento 2009 della<br />

troupe nordcoreana Moranbong alle sbarre in combinazione<br />

con l’altalena russa e al trapezio volante, l’applauditissimo<br />

Kostantin Mouraviev e il tredicenne talento tedesco Thomas<br />

Janke – noto agli spettatori del Festival di Latina per i suoi<br />

virtuosismi di giocoliere.<br />

Nel programma di marzo – senz’altro il più equilibrato e<br />

ricco di qualità – emergono lo straordinario dressage dei<br />

leoni marini di Roland e Petra Duss (un numero che non<br />

finisce mai di stupire per i margini di miglioramento), la<br />

troupe della Mongolia interna Hohhot al monociclo alto,<br />

l’eccellente routine equestre in liberà di Jana Mandana, le<br />

ineguagliate evoluzioni al filo alto dei funamboli Tsivov oltre<br />

ai pattinatori di casa nostra della famiglia Monni e allo<br />

charme di Willer Nicolodi.<br />

Prima di chiudere ci piace sottolineare l’efficacia e la presa<br />

verso l’audience di Martin Lacey jr. nella sua presentazione<br />

del training di quattro giovani leonesse nonché il grande<br />

lavoro di James Puydebois e Jana Mandana che riescono<br />

a presentare in ogni programma una diversa routine con i<br />

pachidermi asiatici e africani di casa.<br />

Di fronte a tanto “buon circo” che dura da così tanto tempo<br />

non resta che togliersi il cappello e augurarsi che la proverbiale<br />

tenacia di Christel Sembach-Krone non conosca pause e<br />

continui a venire premiata.<br />

7


8<br />

Guendalina, Priscilla, Elvis e Zeudi Errani<br />

Non capita<br />

spesso avere<br />

19 anni e<br />

guardarsi indietro<br />

per ricordare<br />

i successi<br />

già ottenuti sulle<br />

piste internazionali. E’<br />

accaduto ad alcuni nostri<br />

artisti che hanno debuttato<br />

giovanissimi e che ancora oggi mietono<br />

successi in giro per l’Italia e per il mondo.<br />

Se pensiamo a Festival di Latina 2005, Festival di Grenoble<br />

2006, i circhi di Natale di Heilbronn e Trier, in Germania<br />

ci viene in mente Elvis Errani, che si sta meritatamente<br />

godendo la recentissima vittoria del clown di bronzo al<br />

Festival di Monte Carlo, dove ha mandato i suoi elefanti,<br />

come fa abitualmente, solo con la voce. Un esempio di<br />

grande rapporto con gli animali.<br />

Avevamo previsto il tuo premio anche se non te lo abbiamo<br />

detto. Te l’aspettavi?<br />

Sinceramente no. Per me era già una vittoria poter<br />

essere lì su quella pista. Quando non pensi ad un<br />

premio è ancora più bello quando arriva. Al momento<br />

dell’annuncio sono rimasto impietrito per un po’.<br />

Non riuscivo a crederci. Poi è scoppiato l’entusiasmo<br />

di tutta la famiglia e degli amici. Una festa già in<br />

quel momento.<br />

profili<br />

di Flavio Michi<br />

Non riuscivamo<br />

ad arrivare a te<br />

per farti i complimenti.L’abbraccio<br />

con tuo<br />

zio Nevio non finiva<br />

più.<br />

Sì, mi ha sempre incoraggiato<br />

tanto. Gli voglio<br />

molto bene. Tutta la famiglia mi<br />

è saltata addosso. Ad un certo punto<br />

c’era qualcuno che mi abbracciava e mi diceva ‘sei<br />

un grande’. Non mi ero neanche accorto che si trattava di<br />

mio cugino Guido! Eravamo tutti commossi e frastornati. E’<br />

proprio bello non capire più nulla dalla gioia.<br />

Come ti sei trovato al Festival?<br />

Meglio di così non si può proprio. Già al momento dell’arrivo<br />

nel Principato c’è la polizia che ti aspetta e ti scorta fino<br />

al circo. Roba da divi del cinema. Lo so che lo fanno per<br />

il traffico, ma ti fa sentire importante. La Principessa<br />

Stephanie poi è gentilissima, con una passione enorme<br />

per il circo. Poi tutti quei giornalisti, i fotografi, le conferenze<br />

stampa. Momenti indimenticabili. Anche lo spettacolo del<br />

sabato sul porto è un bel ricordo. Da una parte tutta quella<br />

gente, dall’altra Monaco col palazzo dei Principi e dall’altra<br />

ancora tutte quelle bellissime barche nel porto.<br />

A parte Monte Carlo, che ti ha giustamente premiato, è<br />

dal Festival di Latina che hai “preso il volo”.


E’ vero. Avevo già partecipato a <strong>Circo</strong> Massimo per la serie<br />

estiva di Rai 3. E già lì avevo avuto delle soddisfazioni.<br />

Quando sono arrivato a Latina avevo 16 anni e ancora<br />

tante cose da imparare. Ma avevo tanta passione. Il mio<br />

numero con gli elefanti è piaciuto molto ed ho avuto tanti<br />

complimenti dai direttori che erano là, dalla Giuria e da<br />

tanta gente. Urs Pilz è venuto a complimentarsi con me.<br />

Ero emozionato. Mi ha detto “un giorno…’. Quel giorno è<br />

arrivato proprio quest’anno con il Festival di Monte Carlo.<br />

Ma già a Latina avevo vinto la medaglia d’argento del<br />

Presidente della Repubblica. Una gran bella soddisfazione<br />

per me.<br />

Ma a Latina come sei arrivato? Raccontaci qualcosa dei<br />

tuoi inizi.<br />

Da ragazzino ho frequentato l’Accademia del <strong>Circo</strong> con i<br />

miei cugini e le mie sorelle, e lì ho avuto le basi dell’acrobatica.<br />

Poi ho lavorato per qualche anno con mio cugino<br />

Wioris, con un numero di acrobatica al suolo, il “tavolo<br />

strisciato”. Dopo sono passato agli elefanti, che prima di<br />

me mandava mio cugino Maycol. Dopo la vittoria del clown<br />

d’Oro a Monte Carlo Guido e Maycol sono stati scritturati<br />

dal <strong>Circo</strong> Krone e io ho cominciato a lavorare con continuità<br />

con gli elefanti. Voglio molto bene alle mie “ragazze”. Ci<br />

sono cresciuto insieme. E’ molto importante per me il<br />

rapporto con questi animali. Ora abbiamo un inserviente<br />

che ci aiuta, ma fino a poco tempo fa ero solo io che<br />

facevo le pulizie nella scuderia, davo da mangiare e le<br />

curavo. Il rapporto con chi ci lavora in pista migliora in<br />

questo modo. Sanno che le curi e che le segui per tutto<br />

il giorno. Ti rispettano e ti amano di più. E’ così che poi<br />

vengono anche i risultati in pista. L’ho imparato soprattutto<br />

da mio padre.<br />

Un addestratore di elefanti che ti piace particolarmente?<br />

Amedeo Folco. Lo ammiro molto. In Italia lo conoscono<br />

poco perché lavora sempre all’estero. Mi piace molto come<br />

lavora in pista. Il direttore del <strong>Circo</strong> Dannebrog, dove<br />

abbiamo passato un paio di stagioni, mi disse: “C’è un<br />

italiano che va in tribuna e comanda gli elefanti da lì.<br />

Perché non provi a farlo anche tu?” E’ da lì che è nata<br />

l’idea di dare i comandi dalla tribuna per il “passaggio<br />

della morte”. Folco fa un altro esercizio, a me è venuta<br />

l’idea di questo. Così ho provato mettendo dei sacchi in<br />

pista al posto delle ragazze e ho visto che l’elefante non<br />

aveva problemi. Mi ascoltava e mi seguiva anche da<br />

lontano. Quando ho debuttato in Danimarca il pubblico<br />

non finiva più di applaudire.<br />

Ma gli elefanti sono sempre stati la tua grande passione?<br />

Lo sai che avevo ed ho un debole per le tigri. Quando le<br />

avevamo al circo portavo i cuccioli in giro per il nostro zoo<br />

al guinzaglio. Il mio idolo è Martin Lacey jun. Ha una<br />

grandissima personalità ed è un grande. Quando partecipò<br />

al Festival di Monte Carlo mi colpì tantissimo e portavo<br />

Elvis Errani a Monte Carlo<br />

sempre con me il video con il suo numero. Lo guardavo in<br />

continuazione. Credo che come Elvis Presley sia il massimo<br />

con il rock, Martin lo sia per la “gabbia”! Niente tigri, però!<br />

La situazione è cambiata negli ultimi anni e il nostro circo<br />

di famiglia è chiuso. Peccato. I miei cugini sono in Svizzera<br />

e si stanno preparando per la stagione da Knie. Siamo<br />

sempre stati molto legati.<br />

Una famiglia con un bel potenziale. Icariani Oro a Monte<br />

Carlo, nuovi numeri in preparazione come il filo doppio<br />

di Guido e Wioris, jockey con Guido, Maycol e Wioris,<br />

tu con gli elefanti.<br />

E’ vero. Mi dispiace molto che non saremo insieme a lavorare,<br />

almeno per adesso. Le cose non vanno sempre come vorremmo.<br />

Ma ci vogliamo bene.<br />

Se dovessi fare una classifica dove metteresti i tuoi elefanti?<br />

Al primo posto. Senza dubbio. Con loro lavoro e vivo. Sono<br />

dei compagni di lavoro. Senza di loro neanche io sarei qui<br />

a parlare, no? Poi mio padre che mi ha dato tanto. Devo<br />

sempre imparare qualcosa da lui. All’ultimo posto ci sono<br />

io. Tutti loro vengono prima di me!<br />

9


Seconda<br />

giornata<br />

europea<br />

del circo<br />

Un’occasione da non perdere<br />

di Francesco Mocellin<br />

L’ECA, European Circus Association, ha indetto per il 18<br />

aprile 2009 la seconda “Giornata Europea del <strong>Circo</strong>”.<br />

Dopo l’esperienza pilota dello scorso anno l’organismo<br />

che si prefigge la promozione e il riconoscimento delle<br />

arti circensi di fronte alle istituzioni di ogni livello si<br />

attende un ulteriore salto di qualità negli esiti dell’iniziativa.<br />

Si tratta di incrementare l’interesse per le discipline e<br />

l’attività del circo in tutte le sue forme evidenziandone il<br />

carattere sempre e comunque di patrimonio culturale. Il<br />

“Circus Day” non rappresenta una celebrazione meramente<br />

simbolica ma una concreta opportunità di apportare un<br />

valore aggiunto all’attività circense.<br />

Come noto, l’Ente Nazionale Circhi e diversi complessi<br />

italiani sono membri dell’E.C.A. (recentemente anche il<br />

“Club Amici del <strong>Circo</strong>” è entrato a farne parte) ma la<br />

partecipazione alla “Giornata” non è ristretta solamente<br />

ai sottoscrittori ma aperta a tutti i circhi, scuole di formazione,<br />

associazioni di “Amici del <strong>Circo</strong>” agenti nel continente.<br />

L’E.C.A. conta di raggiungere le 100 differenti iniziative<br />

complessive in tutti i paesi del continente.<br />

I possibili eventi da allestire ed organizzare sono molteplici:<br />

da una giornata a “porte aperte” con possibilità di assistere<br />

all’addestramento degli animali e alle prove degli artisti<br />

alle parate per le strade delle città dove si trova il circo;<br />

dalle mostre di memorabilia e materiale vario alle performance<br />

di strada fino alle conferenze stampa. Ma siamo<br />

certi che la fantasia degli interessati supererà le aspettative.<br />

L’E.C.A. pubblicherà sul sito ufficiale<br />

(www.europeancircus.info) tutte le attività organizzate in<br />

ogni paese.<br />

Si tratta davvero di un’opportunità da non perdere per<br />

promuovere e supportare il circo classico in un momento<br />

in cui il problema delle aree e l’offensiva dell’animalismo<br />

più becero ed ottuso paiono essersi acuiti.<br />

L’E.C.A. organizzerà una conferenza stampa a Bruxelles in<br />

occasione del “Circus Day”, cui dovrebbero partecipare<br />

alcuni deputati europei e nel corso della quale dovrebbero<br />

essere presentate anche le azioni legali che verranno<br />

promosse nei confronti dell’Austria e del Lussemburgo<br />

che hanno bandito l’impiego degli animali negli spettacoli<br />

circensi.<br />

Nel corso del board meeting di Monaco di Baviera del 28<br />

febbraio - 2 marzo scorsi si è fatto il punto della situazione<br />

animali. Il presidente Urs Pilz, il segretario generale Arie<br />

Oudenes e Laura van der Meer – rappresentante dell’associazione<br />

a Bruxelles – hanno presentato tutte le iniziative<br />

in corso e soprattutto quelle in divenire. La dinamica<br />

avvocatessa van der Meer (originaria del Missouri e<br />

trapiantata nella capitale belga) sta lavorando assiduamente<br />

alla preparazione del progetto “Protect. Preserve. Enjoy”<br />

che prevede la sottoscrizione di un vero e proprio impegno<br />

da parte dei circhi, l’individuazione degli standard di qualità<br />

per l’ottenimento di un certificato di eccellenza rilasciato<br />

da una commissione a composizione mista relativamente<br />

alla detenzione degli animali. Si tratta di un passaggio<br />

determinante per la legittimazione di fronte alle istituzioni<br />

europee del circo di qualità per preservarlo da iniziative<br />

territoriali tese a bandire l’impiego di questa o quella<br />

specie.<br />

Insomma, come è stato detto a Monaco, è tempo di agire<br />

e proporre, non solo di reagire. E i segnali positivi non<br />

mancano, anche dall’Italia visti gli ottimi esiti dell’ultima<br />

assemblea dell’E.N.C..<br />

11


Man on Wire<br />

L’uomo sul filo<br />

di Flavio Michi<br />

Philippe Petit cammina sul filo tra le Twin Towers


La notte degli Oscar 2009 è stata anche la notte di Philippe<br />

Petit, il protagonista del bellissimo documentario di James<br />

Marsh, Man on Wire (l’uomo sul filo).<br />

Prodotto in Gran Bretagna nel 2009, il documentario<br />

racconta la storia della mitica avventura di un uomo che<br />

vuole sfidare il pericolo e se stesso attraversando un cavo<br />

teso tra le torri gemelle del World Trade Center di New York.<br />

Un'impresa audace, ma illegale e per la quale Petit venne<br />

addirittura arrestato.<br />

Il film ha trionfato tra quelli della sua categoria ed ha<br />

presentato al pubblico del Kodak Theatre di Hollywood un<br />

eclettico Philippe Petit, che ha giocato con la statuetta<br />

tenendola in equilibrio sul mento. Un riconoscimento<br />

anche alla sua impresa che giunge, dopo 35 anni, con<br />

quest’opera che è stata già presentata anche al festival<br />

di Edimburgo e al Festival di Roma nella sezione “altro<br />

cinema”.<br />

“L'idea per quello che divenne il “crimine<br />

artistico del secolo” nacque in una circostanza<br />

non proprio mondana: un mal di<br />

denti”.<br />

Petit era il figlio di un pilota dell'Aeronautica militare<br />

francese. Era un bambino ribelle che, a differenza dei suoi<br />

Una scena del documentario premiato alla cerimonia degli Oscar<br />

coetanei, si dedicava piuttosto a camminare sul filo, ai<br />

giochi di destrezza e ai trucchi magici, compreso il “pickpocket”.<br />

Petit era stato espulso da cinque scuole e dall'età<br />

di diciassette anni iniziò a guadagnare come giocoliere<br />

nelle strade di Parigi. Nel 1968 ebbe una folgorazione.<br />

Era seduto nella stanza di attesa del suo dentista quando<br />

vide un articolo di giornale sulla costruzione del World<br />

Trade Center. Le Torri Gemelle sarebbero state le più alte<br />

del mondo e, sebbene dovessero essere ancora costruite,<br />

Petit capì immediatamente che un giorno avrebbe provato<br />

a camminare nel vuoto tra loro. Così iniziò a prepararsi,<br />

prima del completamento dei due edifici. Nel giugno 1971<br />

attraversò su un filo i 60 metri tra le due torri della<br />

cattedrale di Notre Dame a Parigi.<br />

Dopo Notre Dame, Petit andò in Australia per camminare<br />

tra i piloni del ponte Harbour di Sydney. Nell'estate del<br />

1973 lesse un articolo di un periodico che annunciava<br />

che il World Trade Center stava avvicinandosi al completamento<br />

e nel gennaio 1974 andò a New York per vedere<br />

le Torri Gemelle per la prima volta. “Nel momento in cui<br />

sono uscito dal sottopassaggio pedonale, ho salito gli<br />

scalini e ho guardato verso l’alto, mi sono reso conto che<br />

era impossibile. Poi mi son detto: cominciamo a lavorarci”.<br />

Durante quel primo viaggio esplorativo, Petit affittò un<br />

13


14<br />

Philippe Petit tiene in equilibrio l’Oscar<br />

elicottero, scattò delle fotografie aeree del World Trade Center<br />

in modo da poter costruire un modello in scala delle torri.<br />

Ritornando molte volte a New York nei mesi seguenti, Petit<br />

rimase davanti alle torri per giorni, notando ogni dettaglio;<br />

quando le persone entravano e uscivano, come i loro<br />

passaggi venivano controllati e in quale modo e frequenza<br />

le guardie di sicurezza effettuavano i loro controlli. Non<br />

aveva una tessera di riconoscimento, ma approfittò di un<br />

infortunio ad un piede, aiutandosi con le stampelle, e<br />

dell’aiuto inaspettato delle guardie, che invece di allontanarlo<br />

lo accompagnarono proprio all’interno di una delle torri.<br />

Durante un altro viaggio, si finse un reporter per un periodico<br />

architettonico francese, intervistando molti degli operai che<br />

stavano lavorando all’edificio in merito alle condizioni di<br />

lavoro sul tetto. Quello che scoprì, l'allarmò. Le torri erano<br />

state progettate per flettere nel vento e questo avrebbe<br />

potuto far oscillare il filo pericolosamente.<br />

Tornato in Francia, iniziò a provare simulando l'effetto del<br />

vento sulle torri, finché Petit si sentì sicuro di poter resistere<br />

ad ogni movimento che avrebbe potuto incontrare.<br />

Ma forse la più grande sfida era come posizionare il filo tra<br />

le torri stesse; una difficoltà notevole dato che il cavo di<br />

acciaio che loro avrebbero usato era molto sottile ma pesava<br />

moltissimo: circa due quintali e mezzo! Per lanciare il cavo<br />

da una torre e l’altra usarono un sistema geniale: il primo filo<br />

che avrebbe dovuto trascinarsi dietro il cavo principale fu<br />

scagliato con un arco e una freccia dal tetto di una delle torri.<br />

Il 7 agosto era stato scelto come data per la “traversata”.<br />

Nel tardo pomeriggio del 6 agosto Petit arrivò alle torri<br />

insieme ad alcuni amici, vestiti da uomini d’affari, architetti,<br />

operai con caschi e camicie da lavoro e tessere di riconoscimento<br />

false, per costruire un impianto elettrico sul<br />

tetto. Quando fu il momento di trasferire il cavo d’acciaio<br />

dalla torre sud alla torre nord, Petit lo fece troppo velocemente<br />

e il cavo iniziò a penzolare tra i due edifici. Dopo<br />

molti sforzi riuscirono finalmente a fissarlo. Era ormai<br />

l’alba. Sul tetto, le enormi ruote del meccanismo dell’ascensore<br />

cominciarono al girare, un segnale che le<br />

persone stavano arrivando al lavoro. Rendendosi conto<br />

che avrebbero potuto essere scoperti in qualsiasi momento,<br />

Petit si preparò alla traversata. Ora o mai più.<br />

“Dovevo prendere una decisione per spostare il mio peso<br />

da un piede piazzato sull'edificio al piede sul filo”, racconta.<br />

“Probabilmente sarebbe stata la fine della mia vita camminare<br />

su quel filo, ma qualche cosa alla quale non potevo<br />

resistere mi stava chiamando”.<br />

Come cominciò a muoversi sul filo con un bilanciere di<br />

otto metri, una folla si raggruppò rapidamente sotto.<br />

Migliaia di persone guardavano verso l’alto con stupore<br />

dal momento in cui Petit cominciò a camminare avanti e<br />

indietro da una torre all'altra. Ad un certo punto, si sdraiò<br />

addirittura sul filo.<br />

Petit rimase sul filo per 45 minuti, facendo otto traversate.<br />

Ogni volta che raggiungeva la meta, gli agenti di polizia in<br />

attesa tentavano di afferrarlo, ma lui si divertiva a stuzzicarli,<br />

ridendo, tornando ancora nel bel mezzo del cavo, confidando<br />

che lì non l’avrebbero seguito. Si arrese solo dopo<br />

la minaccia di essere portato via da un elicottero. Ammanettato<br />

e spinto rudemente giù per le scale. Descrisse più<br />

tardi il suo arresto come la parte più pericolosa di tutta<br />

la mattina. Beffata da Petit, la polizia lo spedì in un<br />

ospedale psichiatrico per farlo esaminare da uno specialista,<br />

ma fu velocemente dichiarato sano.<br />

Più tardi, quel giorno, fu accusato di aver oltrepassato i<br />

limiti del lecito e per condotta disordinata. Ma la notizia<br />

della sua impresa fece rapidamente il giro del mondo, e<br />

le autorità capirono di avere una celebrità nelle loro mani.<br />

Si trovarono d'accordo nel lasciare cadere le accuse a<br />

suo carico se Petit avesse allestito uno spettacolo per i<br />

bambini di New York - una condizione che lui accettò.<br />

Petit ha ora 59 anni. Con la distruzione delle Torri Gemelle<br />

durante gli attacchi terroristici dell’11 settembre non vedremo<br />

mai più una simile camminata. Poco dopo il suo trionfo al<br />

World Trade Center disse: “Quando vedo tre arance faccio<br />

giocoleria. Quando vedo due torri, cammino”. Questo disse<br />

alla polizia. ‘Il bello di tutto questo è che non ci sono perché”.<br />

Per chi ha visto nascere e crescere le Torri Gemelle come<br />

icone dell'ingegno umano, come simbolo universalmente<br />

riconoscibile dello skyline di New York, e le hanno visitate<br />

con lo stesso fascino che si poteva provare per una<br />

cattedrale o una scultura, Man On Wire è un'occasione,<br />

una volta tanto, di ricordarle con gioia.


16<br />

Il circo “motivatore europeo”<br />

Capire le politiche sociali dell'UE con l'aiuto del circo.<br />

Le politiche sociali per l'occupazione e le pari opportunità<br />

promosse dall'UE aiutano ogni giorno i lavoratori e le persone<br />

in cerca di lavoro in tutta Europa.<br />

Il portale per l'occupazione EURES, ad esempio, fornisce<br />

assistenza a chi vorrebbe vivere e lavorare in un altro paese<br />

europeo. Ogni anno, il Fondo sociale europeo aiuta nove<br />

milioni di persone a migliorare le proprie competenze e<br />

prospettive di lavoro. L'UE promuove anche altre politiche<br />

riguardanti gli infortuni sul lavoro, la lotta alla povertà, la<br />

salvaguardia dei sistemi pensionistici e la promozione delle<br />

pari opportunità e collabora con i governi nazionali per limitare<br />

l'impatto della recessione sul mercato sociale e del lavoro.<br />

L'Unione europea ha avviato una campagna d'informazione<br />

sui vantaggi tangibili di queste politiche. La campagna utilizza<br />

alcuni manifesti creativi e provocatori con immagini<br />

del circo per illustrare nove diversi<br />

settori d'intervento dell'UE. Il<br />

tema circense appare<br />

anche in una serie di<br />

cartoni animati e<br />

nei vari eventi<br />

che verranno<br />

organizzati in<br />

tutta l'Europa<br />

nel 2009. Dopo<br />

il successo<br />

registrato a Cipro<br />

e a Malta, la "campagna<br />

circense" dell'UE<br />

farà scalo anche a Bratislava,<br />

Marsiglia, Praga, Wrexham, Salonicco,<br />

Lisbona e Parigi.<br />

La campagna ospiterà le parti interessate sotto i suoi tendoni<br />

in occasione di eventi quali fiere del lavoro, l'inaugurazione<br />

di una nuova facoltà universitaria e i festeggiamenti per la<br />

Giornata dell'Europa. In Slovenia i manifesti della campagna<br />

verranno affissi nei bus per tutto l'anno.<br />

Maggiori informazioni su http://ec.europa.eu<br />

a cura di Flavio Michi<br />

II° Festival di Izhevsk<br />

Dal 3 all'8 marzo si è svolto ad Izhevsk,<br />

in Udmurtia (Russia), il II° International<br />

Festival of Circus Arts. Molti gli artisti in<br />

concorso, un ospite d'onore e artisti italiani<br />

in gara! L'ospite d'onore, fuori gara, è stato<br />

il nostro grande clown David Larible. In<br />

gara, invece, i fratelli Curatola con il loro<br />

"mano a mano". L’Oro è andato al forte numero di elefanti<br />

Demientev – Kornilov.<br />

È scomparso a 87 anni Alberto Zoppé<br />

Alberto Zoppé, i cui salti mortali da cavallo a cavallo lo<br />

aiutarono a guadagnarsi uno spazio nel "Ring of Fame",<br />

è morto all'età di 87 anni. "Era un grande artista", ha detto<br />

sua moglie Sandra.<br />

Zoppe emigrò negli Stati Uniti nel 1948 per unirsi al Ringling<br />

Bros. and Barnum & Bailey Circus. In cambio Ringling<br />

mandò un elefante al circo Zoppé in Italia. Giovanni Alberto<br />

Zoppe era nato in Italia, il 4 gennaio 1922 e lavorò in<br />

numeri equestri fin dalla sua gioventù nel circo di famiglia.<br />

E' morto il 5 marzo a Greenbrier, Arkansas, in una casa di<br />

riposo. Nel 2007, Zoppé fu inserito nella 'Ring of Fame',<br />

a Sarasota, Florida, dove molti circhi americani hanno la<br />

loro sede. E’ stata celebrata una messa funebre alla St.<br />

Joseph Catholic Church a Conway, Arkansas, dove lui aveva<br />

vissuto fin dagli anni novanta. Un’altra messa ci sarà il 5<br />

maggio alla St. Martha's Catholic Church<br />

a Sarasota.<br />

Zoppé sarà sepolto in Italia.<br />

11° Festival<br />

di Latina<br />

La macchina organizzativa<br />

del<br />

prossimo Festival<br />

di Latina è già in<br />

moto. La produzione<br />

ha già effettuato viaggi a<br />

Valencia, Monte Carlo e Parigi,<br />

ma più recentemente Fabio<br />

Montico, presidente dell’Associazione<br />

Culturale “Giulio Montico”, si è recato in Russia, dal 2<br />

al 12 marzo per visionare artisti che potrebbero partecipare<br />

agli spettacoli del prossimo Festival.<br />

A Parigi si è aperto un dialogo con straordinari artisti<br />

provenienti dalla Colombia che, definite tutte le fasi<br />

procedurali, potranno essere ammirati a Latina in ottobre.<br />

Fabio Montico ha fatto parte della giuria del II Festival<br />

Internazionale delle Arti del <strong>Circo</strong> di Izhevsk, in Udmurtia.<br />

Terminato il Festival di Izhevsk, Montico si è spostato a<br />

Mosca per assistere al Festival del Great Moscow State<br />

Circus “Bolshoi Circus” diretto da Leonid Kostyuk. In quella<br />

occasione, insieme ad un comitato composto dai più<br />

importanti nomi dell’arte circense mondiale, sono stati<br />

assegnati i premi ai vincitori dello spettacolo Golden<br />

Buffoon. In entrambe le occasioni sono stati assegnati<br />

premi speciali “Città di Latina” nell’ottica di contribuire<br />

a diffondere nel mondo il nome di Latina quale “Città<br />

italiana del <strong>Circo</strong>”.


Milano Clown Festival<br />

30 compagnie da 10 paesi<br />

con più di 100 spettacoli.<br />

Nei tre giorni di Carnevale,<br />

26, 27, 28 febbraio, il<br />

quartiere Isola è stato invaso<br />

dai clown di mezzo mondo.<br />

Il tema della quarta edizione<br />

è stato “La Donna e il Clown”: tutte le categorie erano<br />

caratterizzate dalla presenza di testimoni e sperimentatrici<br />

di un’arte innovativa, prorompente, che esce dagli schemi<br />

e soprattutto dagli abusati clichet della femminilità.<br />

Come tradizione, il Festival è aperto a tutti quegli Artisti che,<br />

soprattutto in Italia, non trovano spazio nei circuiti ufficiali<br />

del Teatro. Per tre giorni i clown si sono esibiti nei Teatri, nelle<br />

piazze, nei pub, nelle sale, sui sagrati delle chiese e soprattutto<br />

nello chapiteau appositamente allestito. A chiusura del<br />

Festival, ovviamente fuori concorso, il concerto di Vinicio<br />

Capossela.<br />

Il <strong>Circo</strong> Knie 2009: "C'est magique"!<br />

Il 27 marzo prende il via da Rapperswil,<br />

la nuova stagione del <strong>Circo</strong><br />

Nazionale Svizzero Knie. Sarà la<br />

91esima! Il manifesto del nuovo<br />

programma è firmato da Hans Erni,<br />

che ha già prodotto in passato delle<br />

vere e proprie opere d'arte per Knie!<br />

Il nuovo spettacolo "C'est magique"<br />

vedrà in pista: la famiglia di Fredy<br />

Knie Jun. con cavalli e poneis; la<br />

famiglia di Franco Knie con gli elefanti;<br />

il giocoliere Kris Kremo; Yelena<br />

Larkina, hula hoop; il Duo Sorellas, trapezio; i fratelli Errani<br />

con Rebecca Fratellini, jockey; Guido e Wioris Errani, filo doppio;<br />

i Rossyann, clowns; i Bingo, charivari acrobatico con l'inserimento<br />

dei Fratelli Errani, il Duo Serjo, mano a mano; la troupe della<br />

Mongolia interiore, monociclo e pertiche; Starbugs, Karim<br />

Slama, comici (rispettivamente per la Svizzera tedesca e per<br />

la Svizzera Romanda ed il Ticino).<br />

120 anni per il <strong>Circo</strong> Stabile di Budapest<br />

Il <strong>Circo</strong> Stabile di Budapest sta celebrando<br />

il giubileo dei suoi 120 anni! Lo spettacolo<br />

allestito per quest'anniversario sarà in<br />

cartellone fino 30 agosto. Ecco i numeri<br />

in programma: Saabel, alta scuola e cani<br />

huskies; Tom Dieck jun., leoni e tigri; Kristian<br />

Kristof, giocoliere; Alexandra Saabel, verticalista;<br />

Kevin Huesca, ventriloquo; Orloczy,<br />

pertica; Trio Ayala, filo alto; Willer Nicolodi,<br />

ventriloquo; Ayala, riprese comiche, oltre agli artisti della<br />

scuola del circo di Budapest<br />

Gradara: in città arriva un circo mai visto<br />

Il grande circo è sbarcato per la prima volta a Gradara, a<br />

Palazzo Rubini Vesin, dove sabato 28 febbraio è stata<br />

inaugurata la nuova mostra ideata da Gradara Innova<br />

incentrata sul circo e su due autori che amavano rappresentare<br />

questo tema: Fellini e Léger.<br />

La mostra è stata promossa dall’Amministrazione Comunale<br />

e salutata dal Sindaco Franca Fronchi. Nel settecentesco<br />

palazzo si fondono così i sogni espressi dall’arte figurativa<br />

e dal cinema. Inoltre la mostra Sulle orme del circo, di Silvia<br />

Cuppini, coinvolge differenti temi legati all’universo circense<br />

per restituire la profondità dell’argomento e la mobilità di<br />

questo genere di spettacolo. Un’esposizione in movimento,<br />

incorniciata dallo scenografico allestimento di Roberto Bua,<br />

pronta ad accogliere l’affascinante mondo del giocattolo<br />

d’epoca grazie ad una preziosa serie di automi di ispirazione<br />

circense degli anni ’40, ’50 e ‘60 e di carillon giapponesi<br />

a tema provenienti da una collezione privata.<br />

In mostra anche parte del patrimonio fotografico conservato<br />

dal CEDAC che ha aperto i suoi archivi per svelare immagini<br />

accattivanti e impreviste. A fare da filo conduttore tra le<br />

eleganti sale del palazzo il capolavoro grafico di Fernand<br />

Léger, Il circo, una serie di litografie a colori realizzate nel<br />

1950. Acrobati, saltimbanchi, giocolieri ben esprimono gli<br />

esiti di una ricerca che ha portato il grande maestro francese<br />

a misurarsi con le sfide del suo tempo.<br />

Le opere di Léger esprimono lo stesso bisogno di sogno,<br />

poesia ed evasione che Fellini aveva coltivato all’ombra del<br />

tendone: i brani tratti dalle sue indimenticabili pellicole,<br />

appositamente selezionati per la mostra di Gradara dagli<br />

esperti della Fondazione Fellini di Rimini, lo dimostrano,<br />

proponendo un’inedita lettura sul rapporto tra donna e circo.o.<br />

Giarola torna alla regia del circo Herman Renz<br />

Robert Ronday, direttore del <strong>Circo</strong> Nazionale Olandese<br />

Herman Renz ha chiamato ancora una volta il regista<br />

veronese Antonio Giarola, che già aveva diretto per Renz<br />

le edizioni 2006 e 2007, a firmare l’edizione 2009 del<br />

proprio spettacolo che quest’anno si intitola “Gitano”.<br />

Nel cast artistico, internazionale, figurano tra gli altri i<br />

Flying Neves, probabilmente gli unici trapezisti a compiere<br />

oggi il quadruplo salto mortale in Europa, Adriana Folco<br />

con elefanti e un’alta scuola equestre con Michel Jarz, il<br />

trio acrobatico Bokafi, l’equilibrista sul filo Ives Nicols, il<br />

giocoliere Michael Olivares, l’acrobata aerea Tamara Weiser<br />

che ha già lavorato con Giarola nelle precedenti edizioni<br />

di Renz e al Teatro La Fenice di Venezia, l’adagio acrobatico<br />

del Trio Larus, Hans-Ludwig Suppmeier con un gruppo di<br />

sei stalloni in libertà e di tre tigri bianche di Flavio Togni<br />

ed i clowns di famiglia Frenky e Milko Steijvers. L’orchestra<br />

sarà diretta come consuetudine da Robert Rzeznik.<br />

17


L’uomo statua<br />

Adagio muscolare<br />

di Ruggero Leonardi<br />

I Golden Pyramid, gli attuali interpreti del genere


Chiunque abbia dimestichezza con le sinfonie, non necessariamente<br />

di Beethoven, sa che il primo tempo avrà il suo<br />

bravo “allegro con brio” e il terzo tempo non mancherà di un<br />

finale travolgente.<br />

Ma il secondo tempo è un'altra cosa. Bisogna accomodarsi<br />

meglio sul sedile, chiudere gli occhi e prepararsi a gustare<br />

il cosiddetto “adagio” a piccoli sorsi.<br />

E così ha da essere l'ascolto dello spettacolo di circo, non<br />

necessariamente condizionato dalla musica prodotta<br />

dall'orchestrina durante l'esecuzione dell'esercizio. Il momento<br />

dell’“adagio” nel circo non va confrontato con quello della<br />

danza, che consiste in un “passo a due” variamente architettato<br />

e richiede per parte sua numerose pagine di descrizione. Il<br />

momento cui mi riferisco è quello nel quale il tempo, eterno<br />

demone che condiziona i corpi dei circensi, si rallenta fin<br />

quasi a spegnersi senza per questo spegnersi davvero. Direi<br />

anzi il contrario. Quello per me è il momento “dell'uomo<br />

nudo”, dove per uomo nudo intendo il corpo che, proteso<br />

fino allo spasimo in fantasia di spettacolo, si svela nella sua<br />

interezza con lo spietato rallentamento.<br />

Questo avviene quando l'artista ardisce di far concorrenza al<br />

divino Michelangelo proponendosi come statua. Paragone<br />

assurdo? Non credo davvero. Innanzitutto, l'adagio è uno<br />

degli ingredienti indispensabili nello spettacolo di circo quanto<br />

lo è nell'esecuzione di una sinfonia. E' il momento in cui il<br />

corpo è prepotente nel suo imporsi la silenziosità. Tutto è<br />

lentissimo, in quel meccanismo di carne, ma io che con<br />

intensità - forse maniacale - vado alla ricerca di corpo e<br />

anima fusi nel medesimo gesto, vedo nel gesto dell'artista<br />

“in adagio” lo sprigionarsi di una creatività non distante da<br />

quella di uno scultore. Ma poi ho dalla mia parte anche<br />

qualche vicenda reale tratta dalle cronache circensi. Non è<br />

un caso se talvolta nella disciplina del corpo “in adagio” sono<br />

intervenuti scultori in prima persona. Mi riferisco per esempio<br />

a uno scalpellatore autentico, André Ackermann, che assieme<br />

al partner Raymond Manvielle si esibiva in un numero al<br />

rallentatore battezzato “Arte e forza” raccogliendo applausi<br />

ovunque nel periodo fra la prima e la seconda guerra mondiale.<br />

“Essi diedero alla loro creazione”, scriveva Tristan Remy, “uno<br />

stile così originale che il mano a mano fu considerato subito<br />

un genere nuovo”.<br />

Il genere, basato su gesti corporei fra i più antichi del mondo,<br />

si è rinnovato con risultati estetici bellissimi anche in Italia.<br />

Penso ad esempio allo spettatore che ha avuto la fortuna di<br />

vedere sulle nostre piste i fratelli Emilio e Aguamado Merzari,<br />

prima che se li inghiottisse per qualche tempo la tentacolare<br />

Las Vegas che i buoni numeri – e sto parlando dei primi anni<br />

'70, quando un inviato del mio stesso giornale li intervistò<br />

nel corso di una programmata serie di servizi in America – li<br />

pagava anche 2000 dollari la settimana. Questo spettatore,<br />

se ha guardato bene, non può non sapere che cosa è un<br />

mano a mano moderno, sì, ma eseguito a regola d'arte.<br />

L'uomo – intendo – che lento si leva sulla mano dell'altro<br />

uomo e lento ridiscende con il corpo in torsione, come se a<br />

guidare l'esecuzione fosse un'anima meccanica e non un<br />

gioco di muscoli tesi al limite del possibile.<br />

Sempre in me, nato e cresciuto con la musica in casa in tutte<br />

le ore (insegnante di piano la madre, concertista di piano il<br />

fratello professore in Conservatorio, allievo di piano nel mio<br />

piccolo anch'io), l'esercizio circense evoca qualche nota,<br />

indipendente magari, lo ripeto, da quella eseguita durante lo<br />

spettacolo. Magari il famoso “Adagio” di Albinoni, perché no.<br />

19


20<br />

Ma sempre note mai disgiunte da voglia di Antica Grecia,<br />

madre di tutto il pensiero culturale che oggi stiamo non<br />

lodevolmente tentando di buttare nella spazzatura, come i<br />

rifiuti in quella Napoli che non sa difendere i suoi incanti. I<br />

corpi eterni di Fidia e Prassitele, i corpi dei “Bronzi di Riace”<br />

ricondotti a noi di recente dalle acque calabre.<br />

Mi sia concesso a questo proposito un piccolo ricordo<br />

personale che però non è evasione dal tema. Gestivo allora<br />

fra le altre cose, per il settimanale Oggi, la rubrica di corrispondenza<br />

con i lettori. E tante me ne giunsero, dalle lettrici,<br />

che osannavano quei torsi scultorei. E una fra quelle una mi<br />

giunse che sicuramente diedi alle stampe, perché commovente<br />

nell'allegria con cui si concludeva: “Viva gli uomini belli!!!”<br />

Voglia di sesso ? Ma no, ma perché dobbiamo sempre cadere<br />

in pensieri all'altezza dell'inguine? Voglia di sublimare con<br />

fantasia anche ciò che è carne, e carne che dice bellezza:<br />

questo sì!<br />

Tante volte mi è accaduto di ripensare a quella lettrice in<br />

presenza dei numeri delle statue semoventi, sia che li<br />

osservassi da un posto vicino alla pista sia che li sbirciassi<br />

da dietro le quinte in mezzo ad artisti in attesa del loro<br />

turno dove spesso mi trovavo. E la visione non mi privava<br />

di sollecitazione poetica neppure alla fine del numero,<br />

quando osservavo quei torsi dorati che dopo l'inchino al<br />

pubblico si affrettavano verso i campini. Ben sapevo che<br />

cosa metteva loro le ali ai piedi: il pensiero di una doccia<br />

salutare, per impedire che l'epidermide, coperta con gran<br />

lucccichìo ma anche con presenza di sostanze tossiche,<br />

non rimanesse senza respiro più di qualche minuto.<br />

Esigenza umanissima (poi sarebbero venute calzemaglie<br />

luccicanti esaltate in particolare dalle prodezze di artisti<br />

dell'Est). Ma è pur vero che per qualche minuto quegli<br />

artisti, muovendosi lenti lenti anche quando il corpo proteso<br />

nello sforzo acrobatico avrebbe una gran fretta di accelerare<br />

e concludere, avevano evocato la sfida dei bronzi di Riace,<br />

l'uomo (e la donna) atleti di una pazienza che ha valore<br />

d'eternità.<br />

Forse è vero che il lavoro “in adagio” non produce, talvolta,<br />

quella scarica di applausi che produce invece, inevitabilmente,<br />

anche un modesto salto dal trapezio al porteur.<br />

Tutti sono reduci dal film “Trapezio”, dove si assiste –<br />

credendoci - all'insensatezza di Tony Curtis che tenta per<br />

la prima volta il triplo in pubblico, benchè il direttore abbia<br />

fatto togliere la rete, perché Burt Lancaster appeso al suo<br />

trapezio di porteur gli dice dalla parte opposta del tendone<br />

che “deve farlo”; nessuno invece, tranne casi privilegiati,<br />

ha letto il manuale Hoepli “Acrobatica e atletica” dove<br />

Alberto Zucca parla degli effettismi facili del trapezio<br />

volante con linguaggio di spregio forsanche eccessivo. Ma<br />

se un giorno uno spettacolo di circo mi facesse mancare<br />

qualche gesto “in adagio”, io uscirei dal tendone come se<br />

avessi assistito a una “Incompiuta” (e non quella di<br />

Schubert, che va benissimo anche così!). In fondo, Albinoni<br />

è noto a gran parte della gente soprattutto per quell'Adagio.<br />

E Albinoni è un musicista e il circo è una sinfonia, anche<br />

se a modo proprio. Se il circo rinunciasse all'adagio<br />

perderebbe un pezzo d'obbligo del suo spartito. E questo<br />

non finirà mai.


Prosegue con<br />

questa seconda<br />

puntata l’analisi<br />

della rassegna<br />

monegasca attraverso<br />

la tesi<br />

di laurea di Alessandra<br />

Dalmas<br />

Il Festival di Monte Carlo non<br />

ha avuto solo meriti artistici, ma anche<br />

geopolitici. Negli anni della “guerra fredda”, quando il<br />

mondo era diviso nei due grandi blocchi dell’Est (Unione<br />

sovietica e alleati del Patto di Varsavia) e dell’Ovest<br />

(America e alleati Nato), la rassegna monegasca ha<br />

costituito una zona franca per l’incontro e il dialogo fra<br />

nazioni “nemiche”. Il Festival è nato proprio (1974) nella<br />

fase più critica e potenzialmente pericolosa della guerra<br />

fredda, quella compresa fra gli anni cinquanta e settanta,<br />

anche se bisognerà attendere il crollo del muro di Berlino<br />

per veder chiudere definitivamente questa stagione.<br />

“In anni segnati da violenti conflitti e tensioni politiche<br />

internazionali, la pista di Monte Carlo è riuscita a porsi<br />

come il punto di incontro fra società distanti quali il mondo<br />

occidentale e tutti quei paesi che per ragioni politiche o<br />

ideologiche, rappresentavano realtà isolate e<br />

sconosciute, difficilmente accessibili”, scrive<br />

Alessandra Dalmas nella sua tesi della quale<br />

abbiamo iniziato ad occuparci sullo scorso numero<br />

tesi<br />

22<br />

di Claudio Monti<br />

di questa rivista.<br />

“Dunque la rassegnamonegasca<br />

si è dimostrata<br />

all’avanguardia<br />

non solo in ambito<br />

artistico ma anche<br />

nella realizzazione di<br />

un’impresa quale è stata<br />

quella di aver fatto competere fianco<br />

a fianco - in modo pacifico e leale - artisti giunti dall’Ex-<br />

Unione Sovietica, dalla Cina, dalla Corea e dagli Stati<br />

Uniti, un evento pressoché irrealizzabile in altri settori”.<br />

Ma se il Principe Ranieri di Monaco è riuscito nell’intento<br />

di “realizzare l’irrealizzabile” (come ha scritto Pierre Paret),<br />

molto lo si deve all’impegno profuso dal comitato organizzativo,<br />

al sostegno fondamentale del segretario generale<br />

del Festival, all’epoca René Croesi, e all’entusiasmo di<br />

tutti i direttori di circo europei - in particolare italiani –<br />

che, oltre ad incoraggiare l’iniziativa, hanno partecipato<br />

attivamente nel gettare le basi per la nascita del Festival.<br />

“Fu in occasione di due lunghi incontri avvenuti presso<br />

l’Hotel Michelangelo di Milano che gli organizzatori monegaschi,<br />

in accordo con i proprietari dei maggiori complessi<br />

circensi italiani, stabilirono definitivamente le date in cui<br />

si sarebbe svolta la prima edizione della rassegna ovvero<br />

dal 26 al 30 dicembre 1974”. Ma la decisione fu accolta<br />

con sfavore da parte della maggioranza dei circhi del


mondo – sottolinea la Dalmas – in quanto la partecipazione<br />

al Festival avrebbe inevitabilmente imposto ai complessi<br />

la rinuncia ai loro migliori numeri proprio nel periodo<br />

dell’anno, quello natalizio, economicamente più proficuo.<br />

“Nonostante questa difficoltà i direttori dei circhi italiani<br />

e il Presidente dell’Ente Circhi Egidio Palmiri fecero il<br />

possibile per agevolare l’iniziativa del Principe, impegnandosi<br />

a mandare attrazioni, animali e collaborando alla realizzazione<br />

di questo evento che molti ritenevano essere<br />

un’utopia”. Parte alla grande la prima edizione nella quale<br />

vedono la luce i simboli della rassegna: i Clown d’Oro e<br />

d’Argento, creati dall’artista Paule Male. Ma fanno rapidamente<br />

la loro comparsa anche i problemi: “Prima fra tutti<br />

a destare preoccupazione era la precaria ubicazione dei<br />

tendoni che di anno in anno occupavano il terrapieno di<br />

Fontvieille; devono passare dodici edizioni prima che<br />

finalmente il Festival possa disporre di un proprio chapiteau<br />

semi-stabile. Per fortuna l’attesa, per quanto lunga, fu<br />

premiata da una collocazione suggestiva nell’incantevole<br />

contesto che è oggi l’elegante complesso residenziale di<br />

Fontvieille, circondato da splendidi giardini, a pochi metri<br />

dal mare”.<br />

Ma al di là delle problematiche riguardanti il sito, si legge<br />

nel lavoro di Alessandra Dalmas, “i timori e le perplessità<br />

si palesarono soprattutto per questioni che in più occasioni<br />

ebbero a sfociare in stati di tensione tra il Principe,<br />

sostenuto dal suo entourage di collaboratori, e importanti<br />

personalità del panorama circense mondiale. In particolare<br />

furono i rapporti con l’Italia a non essere risparmiati dagli<br />

attriti derivati dalle scelte operate dal Principato”.<br />

Appena un anno dopo il debutto, l’Ente Nazionale Circhi<br />

annuncia la “non adesione ufficiale” a causa delle divergenze<br />

scaturite in seguito alla decisione da parte degli<br />

organizzatori - considerato il successo della prima edizione<br />

- di lasciare immutate le date del Festival, di fatto non<br />

prendendo in considerazione l’analisi delle esigenze e<br />

delle problematiche della comunità circense già esposte<br />

in precedenza. “La mancanza di comprensione e l’indifferenza<br />

mostrata non poterono che suscitare - in coloro i<br />

quali avevano fin dall’inizio collaborato attivamente alla<br />

realizzazione del Festival - sentimenti di delusione e<br />

frustrazione che portarono a un inevitabile allontanamento<br />

dalla pista monegasca, in segno di disappunto, delle<br />

grandi famiglie della tradizione circense italiana”.<br />

La quarta edizione dà ragione al presidente dell’Ente<br />

nazionale circhi, Egidio Palmiri, colui che più di ogni altro<br />

aveva argomentato l’impossibilità di mantenere le stesse<br />

date del debutto: la manifestazione è anticipata alla<br />

seconda settimana di dicembre, mese che sarà mantenuto<br />

fino al 1986, anno in cui il tendone fu distrutto da una<br />

tempesta. Il Festival ebbe quindi luogo dal 29 gennaio<br />

al 2 febbraio 1987, periodo che da allora è consacrato,<br />

per la città di Monaco, alla celebrazione dell’arte circense.<br />

Non era stata la prima volta che il Festival aveva fatto<br />

le spese dell’inclemenza del tempo. “Per ironia della<br />

sorte fu proprio la prima edizione ad essere colpita dalla<br />

sventura: il 25 dicembre 1974, alla vigilia del debutto,<br />

lo chapiteau dei Bouglione scampò al pericolo di un’inondazione<br />

provocata da una pioggia particolarmente<br />

intensa solo grazie allo sforzo sostenuto da Firmin<br />

Bouglione unito all’intervento dei Vigili del Fuoco di<br />

Monaco. Con la stessa solerzia fu fronteggiato dodici<br />

anni più tardi, questa volta in concomitanza con l’inaugurazione<br />

della tanto attesa tensostuttura semipermanente,<br />

il disastro provocato da una tromba d’aria<br />

che si abbatté sull’esplanade di Fontvieille, mentre<br />

veniva ultimato l’assetto definitivo del nuovo chapiteau.<br />

Questo fu violentemente divelto dal terreno e se la<br />

dodicesima edizione fu rimandata solo di un paio di<br />

mesi, lo si dovette alla risolutezza del Principe e all’azione<br />

tempestiva della ditta Canobbio che, dopo appena un<br />

mese di lavoro, fu in grado di fornire al Festival un tetto<br />

nuovo sotto il quale continuare ad avverare il sogno del<br />

suo creatore e dei suoi sostenitori”. L’edizione 1986<br />

ebbe quindi luogo dal ventinove gennaio al due febbraio<br />

1987 e da quell’anno in poi sarà sempre questo il<br />

periodo consacrato allo svolgimento della manifestazione<br />

nel Principato, identificato con un altro simbolo storico:<br />

l’effige di un clown (ideato dallo Studio Bazzoli) che sin<br />

dalla prima edizione è diventato l’emblema ufficiale della<br />

manifestazione.<br />

Fra le criticità della manifestazione, la tesi di laurea ne<br />

evidenzia anche un’altra: “Le scelte discutibili dei componenti<br />

delle giurie che si sono succedute di edizione in<br />

edizione, gli oscuri criteri con i quali viene stabilito il<br />

numero delle statuette da assegnare e l’inestricabile<br />

sistema competitivo che impone il confronto diretto fra<br />

numeri che poco hanno da spartire se non l’appartenenza<br />

alla pista”.<br />

2- continua<br />

tesi<br />

23


Anche se si deve la<br />

creazione del<br />

circo moderno<br />

a Philip Astley<br />

nel 1768, secondoAlessandroCervellati,<br />

1 “…verso la<br />

metà del secolo<br />

XVIII […] l’attrattiva<br />

equestre assume una reale<br />

importanza in Inghilterra, dove la<br />

buona società si appassiona alle prodezze<br />

dei cavallerizzi, tra i quali emergono Jacob Bates e Price.<br />

L’inglese Dobney creò una specie di circo nel quartiere<br />

londinese di Islington, dove Price eseguiva il volteggio su<br />

tre cavalli…”<br />

Questi due nomi sono perciò importantissimi in<br />

merito alla nascita dell’acrobazia a cavallo che<br />

assieme a Johnson, Sampson, Balp, Hyam, Hughes<br />

e appunto Astley fanno di questo nuovo genere<br />

spettacolare una prerogativa tipicamente inglese,<br />

anzi un genere di grande effetto e facilmente<br />

CEDAC<br />

24<br />

di Antonio Giarola<br />

La Troupe Corea<br />

esportabile come nel<br />

caso di Hughes che<br />

sappiamo essersi<br />

esibito con la<br />

moglie a Venezia<br />

tra il 1770 e il<br />

1775. E se a<br />

Charles Hughes va<br />

riconosciuto il merito<br />

di aver creato il nome<br />

<strong>Circo</strong>, che appare la prima<br />

volta con il suo Royal Circus a Londra<br />

nel 1779, Thomas Price sembra essere stato<br />

il primo giocoliere a cavallo con bastoncini e piatti rotanti, 2<br />

che dopo aver girato con la sua famiglia mezza Europa,<br />

si è stabilito a Madrid dove ha costruito un circo stabile<br />

destinato a rimanere un punto di riferimento ancora<br />

attuale. 3<br />

In merito a questa importante famiglia, presso il CEDAC<br />

è custodito un manifesto di grandi dimensioni (cm 43 x<br />

60) assai raro e attribuibile alla raccolta Cervellati, che<br />

si riferisce alla tournée italiana di T. Price e figlio nel 1851<br />

(data segnata a penna nel retro del manifesto) e riferita


anche dal famoso storico circense 4 che anzi pubblica nello<br />

stesso volume una serie di immagini dell’artista custodite<br />

presso la raccolta Bertarelli di Milano, con didascalia<br />

francese.<br />

Che si tratti di Thomas Price il fondatore del <strong>Circo</strong> Price<br />

di Madrid (1880) è cosa molto probabile, ma non crediamo<br />

possa ritenersi dello stesso Thomas che nel 1766 sappiamo<br />

essersi esibito a Londra 5 . Probabilmente si tratta invece<br />

del figlio primogenito che come consuetudine aveva il<br />

nome del padre. Da un’analisi del manifesto si nota quanto<br />

sia semplice nella sua impaginazione e che in esso invece<br />

di essere come al solito elencato un programma e il nome<br />

degli altri membri della compagnia,<br />

si sia preferito enfatizzare a lettere<br />

cubitali il nome del direttore e suo<br />

figlio, i loro titoli, i premi e la reputazione<br />

goduta nelle principali<br />

capitali d’Europa e l’approvazione<br />

ricevuta dai relativi monarchi. Apprendiamo<br />

così che i Price dichiarano<br />

di essere “primi professori dei<br />

circoli di Londra, Parigi, Madrid,<br />

Vienna, Torino e Saint Pietroburgo”<br />

e che il repertorio, in linea con il<br />

titolo Gran <strong>Circo</strong> Olimpico, è composto<br />

da “gran Pantomime, Scene<br />

Comiche, d’Equitazione, Scene<br />

fantastiche-Mitologiche-Acrobatiche,<br />

Giuochi Ginnastici, Quadriglie<br />

Equestri. Giuochi Olimpici di forza,<br />

nonché i tanto rinomati voli d’Icaro<br />

- cavalli d’antica e d’alta scuola”.<br />

E sottolineano di essere grandi<br />

esperti “in tutto ciò che possa appartenere<br />

alla vera Scuola Equestre”<br />

e che “La Compagnia si compone<br />

de’ migliori Artisti Inglesi, Francesi<br />

ed Italiani”. E’ interessante anche<br />

notare come la “colonna sonora”<br />

dello spettacolo fosse costituita<br />

dalla banda comunale di Ferrara.<br />

Elemento che fa veramente supporre<br />

che questo fosse il sistema più<br />

pratico per evitare di appesantire<br />

la compagnia dando anzi una<br />

possibilità di guadagno alle orchestr<br />

locali.<br />

1) Cfr. Cervellati A., Storia del circo, Bologna, 1956, pag 73<br />

2) Cfr. Ziethen K.-H., 4000 years of juggling, vol1, p.25;e De<br />

Ritis R., Storia del <strong>Circo</strong>, Roma, Bulzoni Editore, 2008, p. 94<br />

3) Cfr. Jané J., I circhi spagnolo e catalano all’inizio del terzo<br />

millennio, atti convegno Festa del <strong>Circo</strong> contemporaneo, Brescia,<br />

2001 e Serena A., Storia del <strong>Circo</strong>, Milano, 2008, p. 109<br />

4) Cfr. Cervellati A., Questa sera grande spettacolo. Storia del<br />

circo italiano, Milano, 1961 pag 132<br />

5) Cfr. De Ritis R., op. cit., p 488<br />

25


26<br />

Il giornalista Massimo Alberini<br />

Cade in questo<br />

mese il centenario<br />

della<br />

nascita di uno<br />

dei più importanti<br />

critici di circo<br />

mai vissuti in Italia,<br />

Massimo Alberini. Nel numero<br />

di dicembre è stato raccontato<br />

di come la sua figura sia stata descritta<br />

in una tesi di laurea. Ma questo anniversario merita<br />

un omaggio più compiuto al maestro per ricordarne,<br />

seppure in breve, la vita e le opere.<br />

Massimo Alberini nasce il 9 aprile 1909 a Padova, segue<br />

studi da ragioniere ma, come dice lui stesso, si scopre<br />

“un ragioniere con inclinazioni classiche”. Sin da giovane<br />

si avvicina al mondo giornalistico dapprima attraverso il<br />

cinema (a lui dobbiamo infatti la fondazione del primo<br />

cineclub italiano) e poi attraverso l’altra sua grande<br />

passione, la gastronomia, di cui pure resta uno dei maggiori<br />

conoscitori e scrittori tanto che a Treviso gli è stato intitolato<br />

un rinomato istituto alberghiero e per la ristorazione.<br />

di Mara Guarnaschelli<br />

Il destino lo porta<br />

a trasferirsi, negli<br />

anni trenta, a<br />

Oneglia, dove si<br />

occupa della gestione<br />

del reparto<br />

vendite del prestigioso<br />

pastificio Agnesi. Qui conosce<br />

un insolito vicino di casa: Adrien<br />

Wettach alias Grock. Tra i due nasce una profonda<br />

amicizia e la passione per il circo, che già stava<br />

nascendo, si consolida e si sviluppa ulteriormente, agevolata<br />

anche dalle amicizie del noto clown condivise da Alberini<br />

attraverso la frequentazione di Villa Bianca (oggi Villa<br />

Grock), dove partecipa a riunioni tra grandi personaggi<br />

del panorama circense, tra cui storici internazionali, artisti<br />

e critici.<br />

Nel 1950 inizia la collaborazione con il Corriere della Sera<br />

destinata a durare per l’intero arco della sua esistenza.<br />

Qui, oltre a trattare le altre sue passioni come la cucina<br />

e gli hobby, inizia a scrivere di circo divenendo la firma<br />

più importante e competente sul panorama circense


italiano e non solo. Ha collaborato anche con questa<br />

rivista ed ha fondato con Tristan Rémy (storico francese)<br />

ed altri, l’associazione Union des Historiens du Cirque.<br />

Alberini conosce personalmente molti artisti e famiglie<br />

circensi italiane, partecipa alle riunioni del C.A.de.C., è<br />

giurato al Festival Grock e al Trofeo Rastelli, partecipa a<br />

tutte le edizioni del Festival International du Cirque de<br />

Monte Carlo sino al 1997 come inviato del Corriere.<br />

L’Accademia del <strong>Circo</strong><br />

Già negli anni ’60 Alberini sottolinea l’importanza dell’apertura<br />

di una scuola italiana riportandone le caratteristiche necessarie<br />

e argomentando le tesi tramite interventi del presidente<br />

dell’Enc, Egidio Palmiri.<br />

“… Logico chiedersi se una scuola del genere sia proprio<br />

necessaria. Egidio Palmiri, presidente dell’Ente Circhi, la<br />

giudica indispensabile. “Oggi, un semianalfabeta – egli scrive<br />

su <strong>Circo</strong>!, il mensile dell’Ente e del Club italiano – si trova a<br />

disagio, qualsiasi sia il lavoro che egli svolge. Fra dieci anni,<br />

le persone non istruite si troveranno in difficoltà a gestire una<br />

semplice arena o un bersaglio. E’ indispensabile che i nostri<br />

bambini possano seguire le scuole regolarmente”(…). ”<br />

“Certo, occorrono molte cose, da cinquantamila metri di<br />

terreno in località adatta, alle abitazioni e alle stalle. Ma<br />

sarebbe un investimento interessante e, dice Palmiri, anche<br />

redditizio e darebbe all’Italia, sia pure in un settore così<br />

particolare, un primato e il privilegio dell’unica scuola professionale<br />

di questo genere, frequentabile nell’Europa Occidentale.”<br />

Parole che rilette oggi appaiono profetiche.<br />

(Corriere della sera del 17.12.1964 e del 16.12.1969)<br />

Le grandi famiglie<br />

Alberini non segue soltanto i problemi di carattere generale<br />

legati al mondo circense ma riesce a costruire un lucido<br />

tracciato che ci permette di seguire le evoluzioni delle<br />

principali famiglie circensi senza mai perdere di vista la<br />

situazione globale dell’impresa circo in Italia. Alcuni esempi.<br />

“La scissione e la proliferazione, per gli Orfei, “parte” da<br />

una data sicura, il 24 ottobre 1960. Il giorno prima il circo<br />

Nazionale Orfei, diretto da Orlando, aveva dato il suo ultimo<br />

spettacolo a Pontenure, dopo la cerimonia in onore di<br />

Upilio Faimali, il più grande domatore italiano dell’Ottocento:<br />

lapide sulla facciata del Municipio, e corteo che aveva<br />

visto insieme prefetto, gente del circo, banda municipale,<br />

elefanti e cavalleria, e un codazzo di ragazzi entusiasti.<br />

Allora, gli Orfei delle generazioni oggi in pista erano<br />

giovanissimi: ma i loro parenti ritenevano già opportuno<br />

dividersi le “piazze”. Il tempo ha dato loro la ragione, anche<br />

se gli appassionati del circo, oggi in parte riuniti in un loro<br />

club, vedono con rammarico queste divisioni che portano,<br />

inevitabilmente, a programmi frazionati. Il mercato italiano<br />

è, in Europa, il più favorevole allo spettacolo in pista e,<br />

aiutandosi talvolta con delle tournée all’estero, le grandi<br />

dinastie resistono (anche i Togni hanno più circhi) nonostante<br />

una realtà che si esprime in queste cifre: spesa<br />

media, per un prima categoria, sette milioni e mezzo al<br />

giorno, se si dà spettacolo, tre e mezzo quando la carovana<br />

è in viaggio (gli artisti non sono pagati, ma le bestie<br />

mangiano lo stesso).”<br />

(Corriere della sera del 22.09.1983)<br />

“Il circo Americano è nato 25 anni fa, allora per accordo<br />

degli spagnoli Castilla e del gruppo tedesco di Karola William<br />

con i Togni, poi subentrati da soli nell’impresa. È un circo<br />

internazionale, in quanto “ingaggia” artisti ovunque – e il<br />

programma lo testimonia – ma che ha il suo punto di forza,<br />

come è tradizione nel circo italiano, nella famiglia dei<br />

proprietari. Enis e i fratelli si sono ritirati da tempo dalla<br />

pista, dedicandosi ai management: ma i loro figli – nove,<br />

in totale – sono rimasti fedeli al “mestiere”. Il più celebre,<br />

fra loro, grazie anche a due “clowns d’argento” vinti al festival<br />

di Montecarlo (il primo nel 1976, a soli 16 anni), è Flavio,<br />

figlio di Enis; presente in programma, per tre volte, come<br />

dresseur di elefanti e di cavalli. Gli altri “lavorano” o da soli,<br />

come Loris, figlio di Willy, che appare come “mago”, e Silvana,<br />

acrobata al “trapezino”, oppure riuniti in gruppo come<br />

“volanti”, i Marylees, unitamente a due “scritturati”. Tutti e<br />

nove i cugini aprono lo spettacolo con la parata pantomima<br />

“Vecchia America”.”<br />

(Corriere della Sera del 09/06/1960)<br />

Da questi pochi esempi si riesce a intuire la completezza<br />

del critico, che, tra un cenno storico e una curiosità, espone<br />

al lettore una precisa descrizione della vita circense e delle<br />

sue origini. Scomparirà il 20 maggio 2000 non senza aver<br />

lasciato il suo patrimonio bibliografico (oltre 400 volumi)<br />

agli allievi dell’Accademia.<br />

A cent’anni dalla sua nascita e a nove dalla sua dipartita,<br />

resta la memoria di chi gli sopravvive e che vale come<br />

testimonianza del grande valore intellettuale dell’uomo.<br />

Come scrisse Enzo Biagi: “Massimo Alberini è un signore<br />

saggio, che parla solo delle cose che conosce con passione<br />

e umiltà; in un mondo di dilettanti, ecco, finalmente qualcuno<br />

che non si mescola né con gli affari né con la politica … e<br />

che ha una virtù sempre più rara, la credibilità… Lo stimo<br />

e gli voglio bene da sempre ”.<br />

27


28<br />

Seconda ed ul-<br />

creatura squisitatima<br />

parte.<br />

mente surreale –<br />

a metà tra la<br />

Ben diverso è<br />

donna e l’uccello,<br />

il caso del circo<br />

come una figura<br />

post-moderno.<br />

di Maria Vittoria Vittori<br />

mitologica – e in-<br />

Nella famiglia di rosieme<br />

umana, troppo<br />

manzi collocabili in questa<br />

umana, visto che stappa le<br />

tendenza il circo non riflette in<br />

bottiglie con i denti, s’ingozza di cibo<br />

alcun modo la realtà – se non per barlumi, per<br />

e parla come un cliente di bordello. La Carter non<br />

libere associazioni – e non crea soltanto la sua peculiare vuole comunque sfuggire al cliché, anzi lo ricerca tant’è<br />

realtà, ma riflette se stesso nell’atto di crearla. Vale a dire vero che il bel giornalista, dapprima molto scettico, si<br />

esplicita i suoi meccanismi di immaginazione, di simula- innamorerà ciecamente di Fevvers al punto da arruolarsi<br />

zione, di inganno e di autoinganno. Partiamo da Notti al nel Grande <strong>Circo</strong> Imperiale in cui la sua bella è stata<br />

circo (1984, Corbaccio 2003) di Angela Carter. Fine ingaggiata. Nel corso di un lungo e avventuroso viaggio<br />

Ottocento, Londra: nel suo camerino dell’Alhambra Music che parte come la classica tournèe circense e poi diventa<br />

Hall la grande aerialist Fevvers, che miete successi in tutta fuga per la sopravvivenza nell’immensa tundra russa, la<br />

Europa, riceve Jack Walser, il giornalista californiano scrittrice trova il modo di interpretare le tradizionali<br />

che è venuto a intervistarla, diviso tra scetticismo atmosfere e i personaggi del circo – dall’eccentrica doma-<br />

e stupore. Storia già vista, già sentita: se non fosse trice pianista all’uomo forzuto, dal direttore del circo ai<br />

che Fevvers non è una semplice acrobata: è una clown, tra cui spicca Buffo il Grande – attraverso una<br />

libri


prospettiva che è insieme materialistica e utopistica;<br />

mentre la rappresentazione sembra affondare nei dettagli<br />

più brutali della realtà, con un colpo d’ala dell’ironia, o<br />

del paradosso, o di una sfacciata immaginazione prende<br />

le distanze e li sorvola. Le consolidate modalità rappresentative<br />

del circo, siano di matrice simbolista o d’avanguardia,<br />

si dissolvono; il circo di Angela Carter abbatte<br />

ogni stereotipo e ogni convenzione, sessuale e culturale;<br />

pratica con sapienza l’arte dell’irrisione e del rovesciamento;<br />

parla tutti i linguaggi, soprattutto quelli politicamente<br />

scorretti.<br />

Altro caso significativo è quello del <strong>Circo</strong> Cinque Stelle<br />

che nel romanzo dello scrittore cubano Eliseo Alberto<br />

L’eternità finalmente comincia un lunedì (1992, Einaudi<br />

2004) attraversa un’America Latina lacerata dai conflitti<br />

sociali. Un circo dentro la realtà eppure decisamente<br />

surreale, in cui c’è un mago, Asdrubal, che ha preso lezioni<br />

da un altro grande mago come Houdini ma anche da una<br />

filosofa come Maria Zambrano; in cui la ballerina scompare<br />

di scena – ma anche dallo scenario della vita - per fare<br />

un viaggetto nei verdi paradisi infantili al di là del tempo<br />

e dello spazio e il lottatore è, prima di tutto, in lotta con<br />

il suo passato. L’ex direttore di questo circo, Brenno Urribe,<br />

ha fatto carriera in politica diventando un tirannello ottuso<br />

e dispotico; non c’è dunque da stupirsi se i reduci del<br />

Cinque Stelle sono indotti a combattere una battaglia che<br />

non è solo di poetica, a favore del libero potere della<br />

fantasia, ma anche di politica. Perché l’una presuppone<br />

l’altra.<br />

Nei romanzi del circo post- moderno saltano le partizioni<br />

temporali e spaziali, le categorie; si abbattono le pareti<br />

divisorie non solo tra persone reali e personaggi immaginari<br />

ma anche tra creature e marionette, tra il normale e<br />

l’anomalo, tra il maschile e femminile e perfino tra il genere<br />

animale e quello umano. Che cos’è Fevvers, la donna<br />

virilizzata, la donna uccello di Notti al circo se non un<br />

transgender non solo del genere sessuale, ma anche di<br />

quello umano? Molte di queste creature sono in transito,<br />

entità metamorfiche. Nel romanzo di Katherine Dunn Cuori<br />

sgozzati (1989, Leonardo 1990; con il titolo Carnival Love<br />

Elliot 2008) l’elemento prevalente è l’estetica del freak,<br />

talmente forte e persuasiva da fondare nuovi codici di<br />

comportamento. L’anomalia che diventa modello è il<br />

paradosso su cui si fonda il successo di Arturo, in arte<br />

Aqua boy, primogenito della famiglia circense dei Binewski:<br />

Arturo ha in dotazione un viso bellissimo e un torso<br />

meravigliosamente scolpito che sfocia in pinne da pesce.<br />

“Pagheranno non solo per vedermi ma anche per essere<br />

come me” proclama, talmente sicuro di sé da instaurare<br />

un nuovo culto: quello della mutilazione.<br />

Un’altra figura rappresentativa del circo post-moderno è<br />

la protagonista del romanzo di Monica Drake Clown girl<br />

(2006, Neri Pozza 2008) che pratica circo di strada. Le<br />

sue performance non vogliono e non possono ricreare<br />

l’incanto della pista; sono costrette, piuttosto, a correlarsi<br />

con quella specie particolarissima di pista che è il contesto<br />

metropolitano con la sua fauna. Nascono da questa inedita<br />

relazione un genere spettacolare ibrido e<br />

un’espressività particolare.<br />

E siamo venuti all’ultimo, ma certo non meno im-<br />

LIBRI<br />

29


portante elemento<br />

che caratterizza il<br />

romanzo del circo<br />

post-moderno: in<br />

queste storie il<br />

circo impronta di<br />

sé l’intera struttura.<br />

Un circo<br />

trasfigurato, s’è<br />

detto: non più<br />

simbolo né parodia<br />

ma una<br />

loro sfolgorante<br />

combinazione,<br />

non più divertimento puro né pretesto<br />

di elaborazioni teoriche ma una loro inedita fusione;<br />

non più antico né moderno ma di colpo post-moderno,<br />

ricettacolo e fornace di tutte le passioni, di tutti i linguaggi,<br />

di tutti i moduli espressivi, come è ben visibile in Notti al<br />

circo di Angela Carter. Dove, peraltro, a traghettare la<br />

donna uccello Fevvers e il suo innamorato nel Novecento<br />

è la strepitosa irresistibile risata di Fevvers. Una risata che<br />

sa di gioco, di consapevolezza, di libertà interiore. In<br />

Carnival Love è impastato di circo il linguaggio della<br />

narratrice, Olympia: nel momento in cui sembra consegnarsi<br />

al morbido materasso della nostalgia, con una capriola<br />

ad effetto s’impenna e riprende quota; è circo – delirante<br />

ma pur sempre spettacolare – la strategia di uno come<br />

Arty, che della sua anomalia fa una spregiudicata bandiera,<br />

usandola per una paradossale inversione dei ruoli; è circo<br />

la scansione delle vicende, con un prologo da esperta<br />

imbonitrice affidato a Olympia e le avventure della famiglia<br />

Binewski costruite come veri e propri numeri, con un<br />

infallibile senso del ritmo e della durata con un’implacabile<br />

sequenza alternata di angosciosa tensione e di comicità.<br />

Il circo entra di prepotenza anche nella struttura di L’eternità<br />

finalmente comincia un lunedì, decostruendo gli elementi<br />

della realtà e del romanzo realistico per ibridarli<br />

attraverso il libero gioco dell’immaginazione e<br />

dell’illusionismo.<br />

LIBRI<br />

30<br />

Ma è Clown girl il romanzo più estremista in cui si verificano<br />

gli attentati più gravi alla realtà e alla logica, anche a<br />

quella del circo: ogni performance di Nita vale a sabotare<br />

la logica tradizionale del numero circense per disperderla<br />

in coriandoli di senso.<br />

I rapporti tra causa e effetto si distanziano fino a perdersi<br />

di vista; la gag, prolungata per un tempo indefinito, diventa<br />

esercizio surreale; condensata in un tempo minimo si<br />

trasforma in tic, starnuto o scatto nervoso; gli oggetti,<br />

avulsi dalla realtà, galleggiano in un loro spazio autonomo.<br />

L’atmosfera e i protagonisti del circo rappresentati in questi<br />

romanzi, e forse ancor di più le forme della rappresentazione,<br />

non obbediscono ad altre leggi se non alle proprie.<br />

Quella diaspora del sorprendente di cui parlava Angela<br />

Carter a proposito della peculiare atmosfera della fiera e<br />

del circo sembra aver trovato in questi romanzi del circo<br />

post-moderno il suo luogo privilegiato.<br />

A questo punto della ricognizione, io debbo fermarmi, ma<br />

è certo che il discorso sulla seconda vita letteraria del<br />

circo non può finire qui: il circo è tornato di prepotenza<br />

nel nostro immaginario e nella nostra letteratura e dunque<br />

ci attendono nuove rappresentazioni e, ne sono sicura,<br />

nuove sorprese.

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