Il melone d'inverno - Portale dell'innovazione - Regione Siciliana
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ASSESSORATO AGRICOLTURA E FORESTE<br />
Sezione Operativa n. 85<br />
Buseto Palizzolo (TP)<br />
BUSETO PALIZZOLO, 7 Novembre 1997
ASSESSORATO AGRICOLTURA E FORESTE<br />
Sezione Operativa n. 85<br />
Buseto Palizzolo (TP)<br />
BUSETO PALIZZOLO, 7 Novembre 1997
INDICE<br />
Presentazione Pag. 7<br />
INTERVENTI PRELIMINARI ED INDIRIZZI DI SALUTO<br />
Gaetano Gallo (SOAT n. 85 - Buseto Palizzolo) " 9<br />
Mario Poma (Sindaco di Buseto Palizzolo) " 11<br />
Renato Piazza (Coordinatore Regionale Servizi allo Sviluppo) " 13<br />
INTERVENTO INTRODUTTIVO<br />
Giuseppe La Malfa (Università di Catania) " 15<br />
RELAZIONI ED INTERVENTI DELLA SESSIONE ANTIMERIDIANA<br />
Incalcaterra G., Curatolo G.,<br />
Aspetti agronomici della coltura del <strong>melone</strong> invernale in Sicilia " 17<br />
Curatolo G., Incalcaterra G.,<br />
Le varietà di <strong>melone</strong> <strong>d'inverno</strong> per le coltivazioni della Sicilia Occidentale " 31<br />
Ficcadenti N.,<br />
Miglioramento genetico del <strong>melone</strong> attraverso l'impiego delle biotecnologie " 37<br />
Ammavuta G., Di Graziano, M.,<br />
Esperienze sulle principali avversità del <strong>melone</strong> " 41<br />
Corazza L.,<br />
Problematiche relative alle fusariosi del <strong>melone</strong> <strong>d'inverno</strong> " 45<br />
Romano D., Leonardi C,<br />
La qualità del <strong>melone</strong>: caratteristiche e fattori che la modificano " 49<br />
RELAZIONI ED INTERVENTI DELLA SESSIONE POMERIDIANA<br />
Canzonieri M.,<br />
Aspetti qualitativi del <strong>melone</strong>, varietà inodorus " 57<br />
Piazza R.,<br />
Strategie commerciali per una migliore penetrazione sul mercato del <strong>melone</strong> invernale. . . . " 63<br />
Anceschi M.,<br />
Aspetti commerciali salienti della moderna distribuzione " 67<br />
Canino G.,<br />
/l <strong>melone</strong> <strong>d'inverno</strong>: obiettivi del miglioramento genetico Clause " 69<br />
INTERVENTO CONCLUSIVO<br />
Pietro Caruso (Università di Palermo) " 71
Presentazione<br />
<strong>Il</strong> presente volume, strutturato sotto forma di Atti,<br />
raccoglie la maggior parte dei contributi presentati<br />
da studiosi, tecnici ed operatori di diversa provenienza<br />
in occasione della Giornata di studio su ''1l<br />
<strong>melone</strong> <strong>d'inverno</strong>" organizzato a Buseto Palizzolo<br />
dalla Sezione Operativa di Assistenza Tecnica dell'Assessorato<br />
Agricoltura e Foreste della <strong>Regione</strong>.<br />
Con tale pubblicazione, gli Organizzatori vogliono<br />
evitare che il materiale raccolto in quella occasione<br />
vada disperso, escludendo così la possibilità per<br />
gli addetti del settore di attingervi in vista di un impegno<br />
sempre più rilevante e continuo a favore dell'importante<br />
coltura.<br />
Si ringraziano tutti coloro che, con la loro adesione,<br />
con il loro contributo, con il loro sostegno, hanno<br />
reso possibile prima la organizzazione e lo svolgimento<br />
della giornata e successivamente la pubblicazione<br />
di questi atti.<br />
Un particolare riconoscimento all'Assessorato<br />
Agricoltura e Foreste, al Sindaco del Comune di Buseto<br />
Palizzolo, ed infine alla Scuola Media "A. Manzoni"<br />
nei cui accoglienti locali sono stati svolti i<br />
lavori.
Interventi preliminari ed indirizzi di saluto<br />
La Sezione Operativa n. 85 di Buseto Palizzolo è<br />
una struttura periferica dell'Assessorato Regionale<br />
Agricoltura e Foreste che istituzionalmente si occupa<br />
di assistenza tecnica e di divulgazione agricola.<br />
<strong>Il</strong> suo territorio di pertinenza ricade al centro di<br />
una zona largamente interessata alla coltivazione del<br />
<strong>melone</strong> <strong>d'inverno</strong>; per tali ragioni negli anni, a partire<br />
dal 1984, si è occupata costantemente ed attivamente<br />
delle problematiche della coltura ed adesso<br />
si è adoperata per organizzare questa giornata di studio.<br />
Dopo il comparto viticolo, il <strong>melone</strong> <strong>d'inverno</strong> in<br />
pieno campo contribuisce in maniera elevata alla produzione<br />
lorda vendibile della provincia fin da quando<br />
ha cominciato ad insediarsi in sostituzione del cotone.<br />
Molti dei terreni di questa zona sono particolarmente<br />
vocati per la coltivazione del <strong>melone</strong> la quale<br />
può essere esercitata in asciutto, ciò che non è trascurabile<br />
in territori con limitate risorse idriche.<br />
Nella Sicilia occidentale il <strong>melone</strong> <strong>d'inverno</strong> occupa<br />
una superficie di circa 6.000 ettari di cui 4.500<br />
a buccia gialla e 1.500 a buccia verde rugosa (tab. 1 ).<br />
Giornata di studio<br />
su<br />
II Melone <strong>d'inverno</strong><br />
Da nostre indagini la p.l.v. della coltura si attesta intorno<br />
ai 30 miliardi di lire, per una produzione complessiva<br />
di circa 720.000 quintali. Da questi dati si<br />
può desumere, accanto a quella economica, l'importanza<br />
rivestita dal <strong>melone</strong> ai fini occupazionali.<br />
L'assistenza tecnica, operando a contatto diretto<br />
con gli agricoltori, diventa collettore delle esigenze e<br />
dei problemi da questi prospettati. Pertanto, investiti<br />
da questa responsabilità, ci è sembrato opportuno<br />
fare il punto su questa realtà produttiva, che ci vede<br />
impegnati da parecchi anni. Ciò anche con l'obiettivo<br />
di dare gli indirizzi più opportuni e, dove possibile,<br />
le risposte ai problemi varietali, commerciali, fitosanitari<br />
nonché di affrontare un tema che sta ritornando<br />
di prepotente attualità, qual è la salvaguardia<br />
ed il miglioramento genetico dei tradizionali ecotipi<br />
locali come il 'Cartucciaro' e il 'Purceddu'.<br />
Gaetann Gallo<br />
(SOAT n. 85 Buseto Palizzolo)
10 i n t e r v e n t i p r e l i m i n a r i e d i n d i r i z z i d i s a l u t o<br />
Tab. 1 - Alcuni dati relativi alla coltivazione del <strong>melone</strong> <strong>d'inverno</strong> nella Sicilia occidentale<br />
a) Superficie occupata e tipologie di prodotto nei diversi comuni (stime nel biennio 1996-97)<br />
Comuni<br />
Buseto Palizzolo<br />
Paceco<br />
Alcamo<br />
Salemi<br />
Partanna<br />
Marsala<br />
Camporeale<br />
S. Cipirello<br />
Corleone<br />
TOTALE<br />
b) Varietà e loro diffusione<br />
Tipologia<br />
A buccia gialla<br />
A buccia verde<br />
Cultivar<br />
Madras<br />
Amarillo<br />
Helios<br />
Superficie (ha)<br />
300<br />
1500<br />
1600<br />
600<br />
200<br />
100<br />
500<br />
700<br />
500<br />
6000<br />
Purceddu<br />
Tendral - Viking ed altre<br />
Tipologie di frutti (ha)<br />
Giallo<br />
Giallo<br />
Giallo (900) verde (700)<br />
Giallo<br />
Giallo<br />
Giallo<br />
Giallo (400) verde (100)<br />
Giallo (400) verde (300)<br />
Giallo (100) verde (400)<br />
Superficie (ha)<br />
2500<br />
1000<br />
1000<br />
1300<br />
200
i n t e r v e n t i p r e l i m i n a r i e d i n d i r i z z i d i s a l u t i<br />
Porgo a tutti gli intervenuti, ai relatori e alle autorità<br />
presenti il benvenuto a nome di tutta la cittadinanza<br />
di Buseto Palizzolo e mio personale.<br />
<strong>Il</strong> mio intervento non vuole rubare molto tempo<br />
alle relazioni che gli illustri relatori svolgeranno. Intendo<br />
però ringraziare il Dottore Gallo per avere scelto<br />
il mio comune come sede di questa giornata di studio<br />
sul <strong>melone</strong> <strong>d'inverno</strong>. Ho aderito con entusiasmo<br />
alla sua richiesta di patrocinio perché ritengo doveroso<br />
da parte di questa amministrazione, che opera<br />
in un comune la cui economia è basata sull'agricoltura,<br />
sostenere qualunque iniziativa volta a risolvere<br />
i problemi del settore agricolo che è in crisi. L'attività<br />
della Sezione Operativa 85 ha certamente contribuito,<br />
con suggerimenti tecnici e la continua assistenza,<br />
anche in campo a migliorare le tecniche<br />
di coltivazione delle diverse colture, dimostrandosi<br />
sempre disponibile a collaborare con gli enti e le istituzioni<br />
presenti nel territorio.<br />
Chiudo augurando a tutti un buon lavoro.<br />
Mario Poma<br />
(Sindaco di Buseto Palizzolo)
i n t e r v e n t i p r e l i m i n a r i e d i n d i r i z z i d i s a l u t o 13<br />
II motivo principale di questa giornata di studio<br />
è rappresentato dalla necessità di fare il punto sulle<br />
problematiche di una coltura che riveste notevole interesse<br />
economico non solo nel comprensorio della<br />
S.O.A.T. n. 85 che ha organizzato questo importante<br />
incontro ma in tutta la Sicilia Occidentale.<br />
<strong>Il</strong> <strong>melone</strong> <strong>d'inverno</strong> da più di un decennio costituisce<br />
una coltura su cui sono state riservate parecchie<br />
energie da parte dei tecnici della S.O.A.T.; si è<br />
quindi innestato un processo evolutivo della coltura<br />
non solo riguardante le tecniche di coltivazione ma<br />
anche il panorama varietale e le problematiche afferenti<br />
alla commercializzazione.<br />
Un tale processo evolutivo ha determinato la necessità<br />
di puntualizzare le più opportune tecniche di<br />
coltivazione alla luce di un panorama varietale in con-<br />
tinua evoluzione; se a ciò si aggiungono problemi fitosanitari<br />
sempre più gravi appare evidente la necessità<br />
di creare una sinergia tra le diverse professionalità<br />
che si occupano della coltura.<br />
In un momento in cui la globalizzazione dei mercati<br />
va assumente sempre più un significato concreto<br />
appare evidente e inderogabile l'organizzazione<br />
e concentrazione dell'offerta dei nostri prodotti e nel<br />
caso specifico del nostro <strong>melone</strong> che qualitativamente<br />
non teme confronti.<br />
Conoscendo la levatura dei relatori che partecipano<br />
a questa giornata di studio sono certo che si darà<br />
un notevole contributo agli operatori del settore.<br />
Renato Piazza<br />
(Coordinatore Regionale Servizi alla Sviluppo)
Intervento introduttivo 15<br />
Ringrazio gli organizzatori di questa giornata di<br />
studio sul <strong>melone</strong> <strong>d'inverno</strong> per l'invito rivoltomi a<br />
coordinare i lavori della mattinata. Numerose ragioni<br />
mi hanno indotto ad accogliere l'invito: la cortese<br />
insistenza del dr. Gallo, responsabile della locale<br />
Sezione Operativa di Assistenza Tecnica, la rilevante<br />
riconosciuta importanza agronomica, economica e<br />
sociale che la coltivazione del <strong>melone</strong> <strong>d'inverno</strong> assume<br />
nella provincia che oggi ci ospita, l'interesse<br />
e l'attualità degli argomenti che saranno affrontati da<br />
qualificati studiosi, che presenteranno i risultati della<br />
loro attività e della loro esperienza e, non ultimo,<br />
la possibilità di incontrare numerosi tecnici e colleghi<br />
che mi onorano della loro amicizia tra i quali il<br />
prof. Pietro Caruso, direttore dell'Istituto di Orticoltura<br />
e Floricoltura dell'Università di Palermo cui<br />
è stato affidato il coordinamento della sessione pomeridiana.<br />
<strong>Il</strong> programma predisposto dagli organizzatori comprende<br />
per questa prima sessione diverse relazioni di<br />
sicuro interesse ai fini degli obiettivi della Giornata.<br />
Esse prenderanno in esame gli aspetti agronomici<br />
e varietali della coltura, la qualificazione del prodotto,<br />
i problemi del miglioramento genetico, le questioni<br />
più attuali inerenti alle principali avversità biotiche<br />
del <strong>melone</strong>.<br />
Invito caldamente i relatori al rispetto dei tempi<br />
programmati in maniera che si possa dare spazio, in<br />
successione, ad alcuni interventi programmati ed alla<br />
discussione e consentire l'inizio, in tempo utile,<br />
della sessione pomeridiana.<br />
Formulo l'auspicio che i lavori della giornata possano<br />
rispondere alle attese degli operatori offrendo riferimenti<br />
utili per razionalizzare i protocolli di coltivazione<br />
del <strong>melone</strong> <strong>d'inverno</strong>, le cui produzioni incontrano<br />
sempre più il favore dei consumatori per il<br />
particolare profilo di qualità che le caratterizza.<br />
Giuseppe La Malfa<br />
(Istituto di Orticoltura e Floricoltura<br />
Università di Catania)
Relazioni ed interventi della sessione antimeridiana 17<br />
Aspetti agronomici della coltura del <strong>melone</strong> invernale in Sicilia<br />
Incalcaterra G., Curatolo G. (Istituto di Orticoltura Università di Palermo)<br />
Premessa<br />
La coltura del <strong>melone</strong> invernale (Cucumis melo<br />
var. inodorus) si è diffusa prevalentemente nella Sicilia<br />
occidentale, nell'entroterra delle province di Trapani,<br />
Palermo ed Agrigento, su suoli a tessitura prevalentemente<br />
argillosa, ben dotati di elementi nutritivi,<br />
dove entra in rotazione col grano duro.<br />
La coltura viene praticata anche nelle zone litoranee<br />
del trapanese (Paceco, Nubia, colline dell' ericino)<br />
e dell'agrigentino dove le particolari condizioni<br />
pedoclimatiche consentono di realizzare un anticipo<br />
di produzione. In questi ambienti, ove è possibile<br />
reperire acque di falda o di invasi, risulta vantaggioso<br />
l'intervento irriguo che consente significativi<br />
incrementi delle rese unitarie, migliorando anche<br />
le caratteristiche qualitative dei frutti utilizzati per<br />
il consumo immediato.<br />
L'ambiente di coltivazione<br />
La climatologia della zona risulta caratterizzata da<br />
una piovosità media annua che va da 450 mm nelle<br />
zone costiere a 550 mm per l'area collinare interna<br />
del trapanese e a circa 750 mm per l'ambiente collinare<br />
del palermitano (Camporeale, Monreale, Roccamena).<br />
Tale piovosità risulta concentrata, normalmente,<br />
nel periodo autunno-vernino, mentre è scarsa<br />
o poco significativa in primavera e quasi nulla in<br />
estate. <strong>Il</strong> livello termico durante il ciclo colturale, che<br />
si svolge da aprile a settembre, viene caratterizzato<br />
da temperature progressivamente crescenti con ritorni<br />
di freddo nel mese di aprile, in cui sono probabili<br />
abbassamenti termici al di sotto di 10 °C e innalzamenti<br />
delle temperature durante il mese di giugno che<br />
possono raggiungere o superare i 40 °C, quando si<br />
verificano venti di scirocco.<br />
Di conseguenza i processi evapotraspirativi risultano<br />
intensi ed in qualche caso difficilmente controllabili<br />
nonostante le attente tecniche di aridocoltura.<br />
Tale fenomeno infatti risulta più esasperato nelle<br />
aree di costa dove in alcuni casi i suoli sono caratterizzati<br />
da una tessitura sabbiosa-argillosa (terre ros-<br />
ci autori sono Professori Associati presso L'Istituto di Orticoltura e Floricoltura dell'Università di Palermo.<br />
<strong>Il</strong> lavoro è da attribuire in parti uguali agli Autori.<br />
se) con più ridotta capacità di ritenzione idrica rispetto<br />
a suoli con frazione argillosa più elevata (regosuoli<br />
- suoli bruni e vertisuoli) dell'interno collinare.<br />
Caratteristiche morfo-fisiologiche della pianta<br />
<strong>Il</strong> <strong>melone</strong> invernale risulta caratterizzato da un apparato<br />
radicale fittonante ed espanso, capace di raggiungere<br />
elevate profondità e di interessare un raggio<br />
di oltre 2 m (Lorenz e Bartz 1968) attorno alla pianta.<br />
Inoltre l'apparato fogliare risulta caratterizzato da<br />
un sistema stomatico di facile chiusura in caso di stress<br />
termico ed idrico (Hoare e Barres 1974).<br />
I tessuti che caratterizzano la parte epigea della<br />
pianta sono strutturati in modo tale da adattarsi all'ambiente<br />
caldo-arido (ispessimento del mesofillo e<br />
riduzione dell'espansione della lamina fogliare).<br />
II minimo termico di germinazione dei semi si<br />
mantiene intorno a 15 °C, mentre l'optimum è intorno<br />
a 25 °C.<br />
La pianta è monoica, ma si riscontrano pure individui<br />
andromonoici.<br />
I primi ad essere emessi sono i fiori maschili, successivamente<br />
compaiono i fiori pistilliferi, che di solito<br />
si evidenziano a circa 60 gg dalla semina, quando<br />
si realizzano condizioni termiche di 24 °C durante<br />
le ore diurne e di 16 °C nel corso di quelle notturne.<br />
I frutti raggiungono mediamente la maturazione<br />
a circa 60 giorni dalla fioritura e quindi dopo 120 dalla<br />
semina.<br />
Aspetti agronomici<br />
La messa a punto di nuovi mezzi agronomici, lavorazioni,<br />
concimazioni, pacciamatura, modalità d'impianto<br />
ed irrigazione, consente l'ottimizzazione dei<br />
sistemi produttivi valorizzando anche le risorse dell'ambiente.<br />
Lavorazioni<br />
Le lavorazioni applicate al <strong>melone</strong> invernale, soprattutto<br />
se la coltura viene condotta in regime seccagno,<br />
rappresentano l'intervento più efficace per fa
18<br />
re esprimere alla cucurbitacea il massimo della potenzialità<br />
produttiva.<br />
Nei suoli argillosi tendenzialmente compatti le lavorazioni<br />
profonde, eseguite in estate prima dell'inizio<br />
delle piogge, oltre a fare aumentare la capacità<br />
d'invaso del terreno, agiscono sulla loro struttura tendendo<br />
a stabilire un giusto rapporto tra fase liquida<br />
e gassosa che favorisce l'approfondimento dell'apparato<br />
radicale della coltura che va ad ospitare. I successivi<br />
lavori praticati nel periodo autunno vernino,<br />
antecedente la semina, hanno lo scopo di amminutare<br />
le grosse zolle e controllare lo sviluppo delle<br />
infestanti che scalarmente vanno emergendo. Con tali<br />
lavori, oltre al livellamento del terreno, si viene a<br />
rompere la "crosta" che si forma nei terreni argillosi<br />
per azione delle piogge battenti. Così si favorisce<br />
una più attiva circolazione dell' aria nel suolo e la penetrazione<br />
dell'acqua piovana.<br />
Le ripetute sarchiature praticate nel corso del ci-<br />
Fig. I - Le lavorazioni superficiali, praticate utilizzando idonee sarchiatrici<br />
concepite da artigiani locali, tendono ad evitare e/o ridurre<br />
la formazione di crepacciature che, sviluppandosi in profondità, costituiscono<br />
dei veri e propri comìgnoli di evaporazione.<br />
Aspetti agronòmici detta coltura del <strong>melone</strong> invernale in Sicilia<br />
ciò colturale producono effetti positivi sulla fisiologia<br />
delle piante migliorando il loro approvvigionamento<br />
idrico. Infatti con l'interruzione del sistema capillare<br />
si riducono di almeno il 50% le perdite per evaporazione<br />
e tale riduzione è tanto più elevata quanto<br />
più argilloso, ma strutturale è il terreno (Sarno R.<br />
1982).<br />
Le lavorazioni superficiali, praticate utilizzando<br />
idonee sarchiatrici concepite da artigiani locali, tendono<br />
ad evitare e/o ridurre la formazione di crepacciature<br />
che, sviluppandosi in profondità, costituiscono<br />
dei veri e propri comignoli di evaporazione<br />
(Adams e Hanks 1964), capaci di prosciugare le riserve<br />
idriche del suolo. Inoltre è da evidenziare che<br />
la progressiva formazione di crepacciature, sempre<br />
più ampie e profonde sollecitano a trazione l'apparato<br />
radicale fino alla rottura (Fig. 1) con conseguente<br />
stato di sofferenza della pianta specie quando si evolve<br />
in un irreversibile collasso. L'effetto evaporante<br />
è più sensibile fino ad una distanza variabile dai 5<br />
ai 14 cm dalla parete fessurata ed in queste condizioni<br />
l'evaporazione viene incrementata fino al 20-30%, rispetto<br />
ad un suolo non crepacciato (Sarno R. 1982).<br />
Rilevante è inoltre l'azione del richiamo idrico<br />
in superficie provocata dai venti sciroccali che proprio<br />
in primavera-estate, si verificano in Sicilia con<br />
frequenza ed intensità. Non vi è dubbio che le lavorazioni,<br />
oltre a limitare le perdite di acqua per evaporazione,<br />
migliorano la struttura fisica del suolo,<br />
la vita microbica e la capacità di scambio cationico<br />
offrendo alla pianta anche condizioni ottimali per superare<br />
le delicate fasi fenologiche: fioritura, allegagione,<br />
ingrossamento dei frutti, sintesi degli zuccheri<br />
che coincidono con un periodo estivo, quando le<br />
temperature giornaliere raggiungono valori elevati<br />
specie in coincidenza di eventi sciroccali.<br />
Esperienze condotte in provincia di Trapani mettendo<br />
a confronto su suolo nudo e pacciamato diverse<br />
frequenze di sarchiatura, hanno messo in evidenza<br />
una risposta progressivamente decrescente all'aumentare<br />
dell'intervallo fra due interventi. Lavorazioni<br />
superficiali, distanziate 7 - 14-21 - 28 giorni<br />
hanno fatto rispettivamente registrare produzioni medie<br />
decrescenti di 14,9 - 13,7 - 12,5 e 11,5 t.ha ' significativamente<br />
superiori al controllo non sarchia
to (8 t.ha-'). L'efficacia della pacciamatura combinata<br />
con sarchiature a frequenze settimanali è stata rilevata<br />
con elevate produzioni ponderali (17 t.ha-') e<br />
con il miglioramento della qualità dei frutti in termini<br />
di peso medio e di residuo secco ottico.<br />
L'efficacia delle sarchiature si è evidenziata anche<br />
su suolo nudo, dimostrando una produttività crescente<br />
in funzione della riduzione dell'intervallo delle<br />
lavorazioni al suolo. La pacciamatura, interagendo<br />
con le lavorazioni, agisce positivamente in funzione<br />
del numero di sarchiature, facendo rilevare un peso<br />
medio più elevato ed un maggiore residuo secco<br />
ottico proprio nelle unità sperimentali in cui le lavorazioni<br />
superficiali vengono praticate con cadenza<br />
settimanale (Curatolo - Incalcaterra 1995).<br />
Concimazione<br />
Durante gli anni '70 era diffusa la tecnica della<br />
concimazione localizzata al momento della semina,<br />
utilizzando una miscela di concimi semplici. Infatti<br />
per ogni postarella venivano somministrati circa lOOg<br />
di una miscela di solfato ammonico 20/21, perfosfato<br />
minerale 18/20, solfato potassico 50/52 corrispondenti<br />
a 10 kg.ha-' di azoto (N), 40 Kg.ha- 1 di anidride<br />
foforica (P205) e 5 Kg-' di ossido di potassio<br />
(K2O) tenuto conto di un investimento di 2500 piante.<br />
ha- 1 .<br />
Non vi è dubbio che tale concimazione era in-<br />
Tab. 1 Effetti della concimazione sulla produttività del <strong>melone</strong> invernale t.ha-'<br />
Diverse dosi di fertilizzante<br />
Epoche di 50 N 50 N 10 N Media epoche<br />
somministrazione 100 P2O5 l00 P2O5 100 P2O5 20 P2O5 di<br />
somministrazione<br />
100 K2O 5 K2O<br />
Prearatura 7Ee 7,4Dd 9,lBb 4,8Ff 7,lBb<br />
Postaratura 8,6Cc 8,9Bb 1l.lAa 4,8Ff 8,3Aa<br />
Media tipi 7,8Cc 8,2Bb lO,lAa 4,8Dd<br />
di concimazione<br />
sufficiente e irrazionale.<br />
Sull'entità delle asportazioni nutritive della coltura<br />
di <strong>melone</strong> (Arnese 1932), Tyler e Lorenz ( 1964),<br />
Lorenz e Bartz (1968), Belmont, (1968), Belfort et<br />
ali. (1987), pur riferendosi ad altre varietà botaniche,<br />
riportano valori variabili in funzione del livello produttivo,<br />
del regime biotico seccagno o irriguo, della<br />
natura del suolo e dell'andamento climatico, ma sempre<br />
di gran lunga superiore alle somministrazioni<br />
effettuate con l'usuale tecnica di concimazione localizzata<br />
praticata allora in Sicilia.<br />
Non vi è dubbio che il notevole sviluppo dell'apparato<br />
radicale della pianta riusciva ad utilizzare i<br />
fertilizzanti localizzati soltanto nelle prime fasi di sviluppo,<br />
poiché le radici tendevano ad approfondirsi nel<br />
terreno alla ricerca della umidità essendo la coltura<br />
normalmente praticata in regime "seccagno". Di conseguenza<br />
gran parte del fertilizzante rimaneva nella<br />
postarella di semina, poco utilizzato per carenza<br />
idrica. La parte assorbente dell'apparato radicale tendeva<br />
ad espandersi lateralmente e a spingersi in<br />
profondità non riuscendo ad utilizzare gli elementi<br />
fertilizanti localizzati nella buca. Ne conseguiva che<br />
la coltura di grano duro in successione alla cucurbitacea,<br />
si presentava più lussureggiante nelle postarelle<br />
che avevano ospitato le piante di <strong>melone</strong>.<br />
A Buseto Palizzolo (TP), su suoli a tessitura argillosa,<br />
sono state condotte esperienze relativamente<br />
I valori che hanno in comune una o più lettere, anche quelle comprese tra gli estremi delle coppie, differenziano statisticamente per P= 0.05 lettere maiuscole)<br />
e per P= 0.01 (lettere minuscole).
20<br />
alle modalità ed epoche di distribuzione dei fertilizzanti.<br />
Sono state provate tre diverse formule di concimazione<br />
in cui era previsto lo spandimento su tutta<br />
la superficie in confronto a quella localizzata.<br />
Sono state anche valutate due epoche di somministrazione:<br />
nel mese di agosto in pre-motoaratura e<br />
nel mese di febbraio, prima della semina. I migliori<br />
risultati (10,1 t.ha-') si sono conseguiti praticando la<br />
concimazione sparsa su tutta la superficie apportando<br />
50 Kg di N, 100 di P205 e 100 Kg di K2O (Tab. 1 ).<br />
Rese significativamente più modeste di 8,2 t.ha- 1 e<br />
di 7,8 t.ha- 1 , si sono conseguite rispettivamente con la<br />
formula di 50 Kg di N +100 di P205 e con quella<br />
contenente soltanto 100 Kg di P205. Le produzioni<br />
più basse sono state ottenute dalla concimazione localizzata<br />
4,8 t.ha-'.<br />
La migliore epoca di somministrazione dei fertilizzanti<br />
è risultata quella del mese di febbraio in post<br />
aratura e prima della semina (8,3 t.ha-'), mentre produzioni<br />
significativamente più modeste (7,1 t.ha- 1 )<br />
si sono conseguite distribuendo gli elementi fertilizzanti<br />
prima della motoaratura nel mese di agosto.<br />
Le più elevate rese in senso assoluto (11,1 t.ha- 1 ), si<br />
sono ottenuti apportando in post aratura prima della<br />
semina 50 Kg di N , 100 di P205 e 100 Kg di K2O<br />
(Tab. 1 ) (Incalcaterra, Curatolo 1990).<br />
I risultati cui si è pervenuti, in accordo con le ricerche<br />
effettuate da Tyler e Lorenz ( 1964), dimostrano<br />
che somministrando i fertilizzanti a spaglio e interrandoli<br />
opportunamente si favorisce l'alimentazione<br />
della pianta durante il suo ciclo ed in particolare<br />
nei momenti di più intenso assorbimento (fioritura<br />
e maturazione).<br />
Con la somministrazione prima della motoaratura<br />
nel mese di agosto, se da una parte si ha la possibilità<br />
di interrare i fertilizzanti in profondità, arricchendo<br />
l'orizzonte di suolo maggiormente esplorato<br />
dalle radici, dall'altra si potrebbe verificare una<br />
perdita della frazione azotata per dilavamento determinato<br />
dalle piogge autunno-vernine.<br />
A conferma di tale ipotesi, da esperienze condotte<br />
successivamente è emerso che i migliori risultati si<br />
conseguono somministrando i concimi fosfopotassici<br />
in prearatura e quelli azotati in presemina.<br />
Pacciamatura<br />
Vari autori hanno confermato che la pacciamatura<br />
con film plastico mantiene più a lungo una strut-<br />
Fig. 2 - Vari autori hanno confermato che la pacciamatura con film plastico mantieni' più a lungo una struttura del suolo favorevole allo sviluppo superficiale<br />
dell'apparato radicale, preservando anche le radici dai traumi causati dagli organi di lavorazione, come avviene su terreno nudo e lavorato<br />
con coltura in atto. Peraltro l'impiego di film pacciamanti può costituire il mezzo valido per evitare le perdile di acqua per evaporazione dal suolo,<br />
consentendo una migliore alimentazione idrica della coltura che limita le condizioni dì stress nella pianta causa di conseguenze negative sugli aspetti<br />
qualiquantitalivi della produzione.
tura del suolo favorevole allo sviluppo superficiale<br />
dell'apparato radicale, preservando anche le radici dai<br />
traumi causati dagli organi di lavorazione, come avviene<br />
su terreno nudo e lavorato con coltura in atto<br />
(Fig. 2).<br />
Inoltre la CO2 che nel terreno sottoposto a pacciamatura,<br />
fuoriesce dai fori dove sono allocate le<br />
piantine, tende a favorire lo sviluppo delle stesse<br />
(Bianco 1979).<br />
Inoltre "in ambienti ad elevata domanda da evapotraspirativa<br />
la pacciamatura si dimostra particolarmente<br />
valida durante le fasi di germinazione dei<br />
semi ed emergenza delle plantule quando l'umidità<br />
dello strato superficiale del terreno è determinante per<br />
la buona riuscita delle stesse" così come confermato<br />
da Sarno in prove condotte sul cotone e riferite<br />
da Caliandro e Catalano (1991).<br />
Peraltro l'impiego di film pacciamanti può costituire<br />
il mezzo valido per limitare le perdite di acqua<br />
per evaporazione dal suolo, consentendo una mi-<br />
gliore alimentazione idrica della coltura che riduce<br />
le condizioni di stress nella pianta causa di conseguenze<br />
negative sugli aspetti qualiquantitativi della<br />
produzione.<br />
Su terreno pacciamato si ha una maggiore espansione<br />
superficiale dell'apparato radicale rispetto a<br />
quello della coltura condotta su terreno nudo e sarchiato,<br />
che per effetto delle continue lavorazioni superficiali<br />
è costretto ad esplorare orizzonti più profondi,<br />
meno areati e meno fertili. Inoltre su suolo pacciamato<br />
con PE trasparente si garantisce la riuscita<br />
delle operazioni di semina, consentendo un totale<br />
ricoprimento del campo. Si evitano così gli onerosi<br />
interventi di risemina, nel caso in cui si verificano nella<br />
delicata fase di germinazione - emergenza repentini<br />
abbassamenti termici.<br />
<strong>Il</strong> film pacciamante largo m.1,20 e spesso mm 0,05<br />
viene steso integro meccanicamente sopra le file seminate<br />
ed interrato ai bordi con vomeretti rincalzanti.<br />
<strong>Il</strong> film plastico non perforato consente, nella pri-<br />
Tab. 2 - Effetti dei trattamenti pacciamanti sulla coltura del <strong>melone</strong> <strong>d'inverno</strong><br />
(Giallo di Paceco) 1988<br />
Suolo pacciamato con Controllo<br />
Rilievi PE<br />
opaco trasparente Suolo nudo<br />
Produttivi<br />
Frutti comm. al 10 luglio (t.ha- 1 ) 11,4 0,8<br />
Frutti comm. al 20 luglio (t.ha- 1 ) 5,3 Bb 23,2Aa 2,3Cc<br />
Frutti comm. al 30 luglio (t.ha- 1 ) 9,1 Bb 23,2Aa 6,7Cc<br />
Qualitativi<br />
Peso medioo frutti comm. al 10 luglio (g) 1805 1720<br />
Peso medioo frutti comm. al 20 luglio (g) 1650Aab 1715Aa 1885Bb<br />
Peso medioo frutti comm. al 30 luglio (g) 1604Aa 161 lAa 1381aB<br />
Frutti con pezzatura < al Kg al 10 luglio (%) 0,8 3,4<br />
Frutti con pezzatura < al Kg al 20 luglio (%) 6,4 4,4 12,6<br />
Frutti con pezzatura < al Kg al 30 luglio (%) 13,1 Bb 10,6Cc 27,4Aa<br />
Residuo secco al 10 luglio (°Brix) 13<br />
Residuo secco al 20 luglio (°Brix) 12,8Aa 12,8Aa ll,3Bb<br />
Residuo secco al 30 luglio (°Brix) 12,4Bb 13,8Aa ll,7Bb<br />
(I valori che hanno in comune una o più lettere, anche quelle comprese tra gli estremi delle coppie, differenziano statisticamente per P = 0.05 (lettere<br />
maiuscole) e per P= 0.01 (lettere minuscole). I valori in % sono stati elaborati sui corrispondenti valori angolari (= are sen V%).<br />
21
22<br />
ma fase del ciclo, di realizzare una "camera umida"<br />
creando un ambiente termoigrometrico favorevole alla<br />
germinazione del seme e all'emergenza delle plantule.<br />
In queste condizioni il 100% dei semi germinabili<br />
riesce ad estrinsecare in pieno il processo germinativo.<br />
Successivamente, quando le plantule hanno<br />
quasi raggiunto il film pacciamante si procede tempestivamente<br />
alla foratura del PE, avendo cura di praticare<br />
un attento diradamento. (Fig. 3).<br />
In questa prima fase su suolo pacciamato le temperature<br />
risultano apprezzabilmente più elevate, sopratutto<br />
nelle ore diurne, rispetto al suolo nudo. I gas<br />
tellurici ricchi di CO2, fuoriuscendo dai fori praticati<br />
nel film pacciamante, per effetto dei moti convettivi,<br />
agiscono come un fon sulla pagina inferiore<br />
della foglia, dove esiste la massima concentrazione<br />
stomatica. Inoltre l'alimentazione idrica costante ed<br />
equilibrata, in combinazione con gli effetti precedenti,<br />
imprimono alla pianta ritmi di crescita vistosamente<br />
più intensi rispetto a quelli rilevabili su suolo nudo.<br />
Ricerche condotte in territorio di Paceco (TP)<br />
su suoli bruni in regime seccagno sull'impiego di film<br />
trasparenti ed opaco, in confronto al suolo nudo, hanno<br />
messo in evidenza l'efficacia del trattamento pacciamante<br />
sulla precocità di maturazione, sulle rese<br />
unitarie e sugli aspetti qualitativi della produzione. <strong>Il</strong><br />
film di PE trasparente oltre a consentire un apprezzabile<br />
anticipo di maturazione, rispetto al PE nero ed<br />
ancor più rispetto al suolo nudo, ha fornito le più elevate<br />
rese unitarie in senso assoluto e frutti con caratteristiche<br />
qualitative migliori (Tab. 2) (Caruso et<br />
all. 1992).<br />
L'impiego del film plastico comporta un aumento<br />
della voce di costo per l'acquisto, l'applicazione<br />
ed il riciclaggio e determina un impatto con l'ambiente<br />
poiché viene ad alterare l'assetto territoriale.<br />
Per questi motivi sono state condotte esperienze nell'interno<br />
collinare siciliano (Camporeale) mettendo<br />
a confronto strisce pacciamanti di diversa larghezza<br />
(50 cm e 100 cm) e suolo nudo (Fig. 4).<br />
La larghezza del film pacciamante ha espletato vistosi<br />
effetti sia sulla precocità di maturazione che sulle<br />
rese complessive di frutti. <strong>Il</strong> telo pacciamante di cm<br />
Fig. 3 - 11 film plastico trasparente non perforato consente, nella prima fase del ciclo, dì realizzare una "camera umida " creando un ambiente termoigrometrìco<br />
favorevole alla germinazione del seme e all'emergenza delle piantiti e.
Fig. 4 - II telo pacciamante largo cm 100 ha espletato vistosi effetti sia sulla precocità di maturazione, sulle rese complessive di frutti e sulla qualità degli<br />
stessi.<br />
100 ha consentito di realizzare rese unitarie di 17,7<br />
t.ha- 1 mentre produzioni sensibilmente più modeste<br />
(14,9 t.ha') si sono ottenute con le strisce larghe 50<br />
cm ed ancor più su suolo nudo (6,9 t.ha- 1 ). <strong>Il</strong> peso unitario<br />
dei frutti non è stato influenzato dalla larghezza<br />
del film pacciamante (1800g circa) mentre frutti con<br />
pezzatura vistosamente più ridotta (1616 g) si sono<br />
ottenuti su suolo nudo. Anche il tenore zuccherino dei<br />
peponidi non è stato influenzato dalla larghezza del<br />
film pacciamante che in ogni caso è risultato sempre<br />
superiore rispetto ai peponidi ottenuti su suolo nudo<br />
(Incalcaterra, Curatolo 1992).<br />
L'impiego dei film plastici, come precedentemente<br />
detto, "determina un notevole impatto con l'ambiente<br />
a causa del difficile riciclo del materiale plastico<br />
a fine coltura" (Greenwood, Neeteson 1993).<br />
Nell'intento di apportare un contributo a questo<br />
grave problema sono stati valutati alcuni nuovi film<br />
aventi la caratteristica di degradarsi dopo un certo<br />
periodo sotto l'azione combinata della radiazione solare,<br />
dell'ossigeno e della temperatura. Questi manufatti<br />
sono di ridotto spessore (0,012 mm) ed avrebbero<br />
anche il vantaggio di ridurre di quasi 4 volte<br />
23<br />
la quantità di plastica in campo, rispetto all'utilizzo<br />
di film tradizionali di LLDPE (0,05 mm).<br />
Dal confronto tra 4 tipi di film (LLDPE trasparente,<br />
fotodegradabile trasparente, LLDPE nero, fotodegradabile<br />
fumé) ed il controllo suolo nudo è emerso<br />
che le più elevate produzioni si ottengono utilizzando<br />
il PE trasparente (15,1 t.ha-' mentre si riducono<br />
le rese impiegando il PE nero (13,3 t.ha- 1 ) ed<br />
il fotodegradabile fumé (13,9 t.ha-') .<br />
Produzioni sensibilmente inferiori si sono ottenute<br />
con l'impiego della pacciamatura con film fotodegradabile<br />
trasparente (11,8 t.ha-'), mentre su suolo<br />
nudo le rese hanno superato appena le 9,1 t.ha-'<br />
(grafi).<br />
Gli aspetti qualitativi della produzione (peso unitario<br />
dei frutti, percentuale dei frutti con pezzatura inferiore<br />
al kg, residuo secco ottico) sono stati influenzati<br />
positivamente dal trattamento pacciamante.<br />
Le risposte dei film tradizionali di LLDPE trasparente<br />
e nero hanno dimostrato ancora una volta la<br />
validità di questa tecnica per migliorare le produzioni<br />
qualitative e quantitative del <strong>melone</strong> <strong>d'inverno</strong>.<br />
Per quanto concerne il film fotodegradabile tra-
24<br />
sparente adoperato nella sperimentazione si è evidenziata<br />
una limitata resistenza alle intense radiazioni<br />
solari dell'estate siciliana. Infatti, nonostante si sia<br />
provveduto a coprire la striscia pacciamante col fogliame<br />
delle piante non si è riusciti a rallentare i processi<br />
di ossidazione che hanno provocato le progressive<br />
lacerazioni del film. Queste fessurazioni aggravate<br />
dall'azione meccanica del vento hanno fatto perdere<br />
al nuovo manufatto l'effetto pacciamante, aumentando<br />
l'evaporazione del suolo. Questa situazione<br />
- quasi improvvisa - ha provocato uno stato di stress<br />
idrico e nutrizionale delle piante che hanno prodotto<br />
pochi frutti e di ridotte dimensioni. Al contrario con<br />
il film fotodegradabile fumé i processi di alterazione<br />
non si sono manifestati permettendo al manufatto<br />
di assolvere fino alla conclusione del ciclo colturale<br />
la funzione pacciamante (Curatolo et AA 1994).<br />
In una ricerca successiva sono stati valutati altri<br />
sono stati ottenuti con l'applicazione della pacciamatura<br />
rispetto alla coltura condotta su suolo nudo<br />
(Tab.3) (Curatolo, Incalcaterra 1996).<br />
Importante risulta anche la corretta epoca d'impianto.<br />
Infatti il film fotodegradabile ha manifestato<br />
una ridotta resistenza alla radiazione solare e facilità<br />
a lacerarsi quando è stato messo in opera precocemente<br />
(1° Aprile - 10 Aprile) o tardivamente 30<br />
Aprile in cui si manifestano condizioni climatiche<br />
di basse temperature per le prime due epoche e di<br />
alte temperature per l'ultima epoca che tendono a stressare<br />
la pianta in fase di attecchimento. Di contro, si è<br />
rilevato che, facendo coincidere l'epoca di impianto<br />
(20 Aprile) con le migliorate condizioni ambientali,<br />
le piantine si accrescono senza difficoltà, ricoprendo<br />
rapidamente il film fotodegradabile che riesce<br />
così a resistere fino alla fine del ciclo biologico,<br />
grazie all'azione protettiva svolta dall'ombreggia-<br />
Graf. 1 - Effetti dei diversi film pacciamanti sulla produzione<br />
due nuovi formulati fotodegradabili fumé e trasparente<br />
dotati di una maggiore resistenza alla fotodegradazione<br />
rispetto ai film della precedente prova,<br />
sempre in confronto con quelli opachi e trasparenti<br />
tradizionali. Interessante è stata in questo secondo caso<br />
la risposta del nuovo formulato trasparente fotodegradabile<br />
che, anche grazie all'azione protettiva dai<br />
raggi solari svolta dal progressivo ricoprimento del<br />
fogliame della pianta in accrescimento, è riuscito a<br />
resistere quasi senza alterarsi fino alla fine del ciclo<br />
della coltura facendo rilevare i più interessanti risultati<br />
produttivi (17,2 t.ha-') rispetto sia al PE trasparente<br />
tradizionale (16,0 t.ha-') al PE opaco (15,3<br />
t.ha-') ed al fotodegradabile opaco (13,8 t.ha-'). Anche<br />
in questa prova i migliori risultati qualiquantitativi<br />
mento del fogliame.<br />
Pertanto, pur ritenendo i risultati interessanti, rimangono<br />
le incertezze legate in ogni caso al tempo di<br />
totale degradazione dei nuovi formulati plastici considerato<br />
che la parte di film che rimane interrata e non<br />
esposta alla luce si altera con difficoltà nel l'asportarlo<br />
a fine coltura e/o creando ostacolo agli organi lavoranti<br />
delle macchine durante le successive lavorazioni<br />
se rimane sul suolo.<br />
La pacciamatura, si è rivelata particolarmente valida<br />
per attenuare le deficienze termiche in regime di<br />
aridocoltura che si verificano all'inizio primavera<br />
in Sicilia e per conservare la preziosa umidità nel suolo,<br />
assicurando alle piante di <strong>melone</strong> un rifornimento<br />
idrico confacente ad uno stato edafico ottimale per
Tab. 3 - Effetti dei diversi film pacciamanti sulla coltura del <strong>melone</strong><br />
Rilievi effettuati PE Fotodegr. PE Fotodegr. Controllo<br />
Trasparente Trasparente opaco opaco nudo<br />
Rilievi biometrici:<br />
Epoca fioritura (gg. dalla semina) 42.5c 44.5c 54.8b 59a 57.3ab<br />
Rilievi produttivi:<br />
Prod. frutti comm. del 20/07 (g) I2.4a 12.5a 4.5b 3.8b 0.2c<br />
Prod. frutti corani, del 03/08 (g) 3.6c 4.7c 10.8a lOa 7.lb<br />
Prod. frutti comm. totale ló.0b 17.2a 15.3b 13.8c 7.3d<br />
Rilievi qualitativi:<br />
Peso unit. frutti comm. del 20/07 (g) 223% 2307b 2742a 2773a 1866c<br />
Peso unit. frutti comm. del 20/07 (g) 1446b !490b 2372a 2528a I438b<br />
Peso unit. frutti comm. del 20/07 (g) 1993b 2202b 2428a 2508a 1713c<br />
Grado rifrattometrico del 20/07 (° Brix) 14a 14.2a 13.5 13.7ab 13b<br />
ab<br />
Grado rifrattometrico del 03/08 (° Brix) 14.5a 14.6a 13.8a I3.6a I3.5a<br />
Grado rifrattometrtico sulla prod. tot. 14.3a 14.3a 13.6a 13.7a 13.2a<br />
I valori contrassegnati da lettere diverse differiscono statisticamente per P= 0.05 (lettere maiuscole) e per P= 0.05 (lettere minuscole)<br />
tutto il ciclo colturale.<br />
È da evidenziare inoltre che le radiazioni solari riflesse<br />
dai film trasparenti, soprattutto nelle prime fasi<br />
del ciclo colturale, quando il fogliame non ricopre<br />
la striscia pacciamante esercitano un'azione di disturbo<br />
nei riguardi degli afidi.<br />
Modalità d'impianto<br />
Tradizionalmente il <strong>melone</strong> veniva seminato a postarelle,<br />
effettuando con la zappa buche profonde<br />
tanto quanto bastava per raggiungere lo strato di suolo<br />
umido in cui si versava un pò di acqua prima di<br />
riporre 7-8 semi che venivano poi ricoperti con un<br />
strato di suolo spesso circa 3 cm ed avendo cura di<br />
pressarlo per farlo aderire al suolo sottostante. Seminatrici<br />
meccaniche, opportunamente studiate da artigiani<br />
della zona, hanno reso più agevole questa operazione.<br />
Tali macchine dotate di serbatoio sono capaci<br />
di far cadere sempre la stessa quantità di semi<br />
e di acqua a distanze preordinate, mentre la chiusura<br />
del solco viene assicurata da due vomeretti ricolmatori<br />
a cui fa seguito un piccolo rullo per fare ade-<br />
25<br />
rire il terreno ai semi.<br />
Tn ogni caso con le due tecniche l'impiego di semi<br />
rimane elevato e ciò è giustificato dal fatto che occorre<br />
favorire l'emergenza in modo che la forza esercitata<br />
da più plantule possa vincere la resistenza della<br />
"crosta" che spesso si forma nei suoli tendenzialmente<br />
argillosi.<br />
Ricerche sulla tecnica d'impianto hanno evidenziato<br />
gli effetti positivi del trapianto rispetto alla semina<br />
diretta, sopratutto impiegando film pacciamanti<br />
trasparenti.<br />
Infatti utilizzando le piantine in combinazione con<br />
la pacciamatura del suolo, specialmente se con film<br />
trasparente se ne determina un rapido affrancamento<br />
delle piantine ed una intensa attività vegetativa che<br />
influenza positivamente la precocità, la produttività<br />
complessiva e la qualità dei frutti (Caruso et All. 1992).<br />
Esperienze condotte sull'investimento unitario<br />
(0,25 e 0,50 piante /m2) nel 1986 a Palermo (Incalcaterra,<br />
Curatolo 1992) e nel 1990 a Camporeale utilizzando<br />
densità di 0,17 - 0,22 - 0,33 piante /m2 (Incalcaterra,<br />
Curatolo 1993) hanno dimostrato che le
26<br />
rese più alte sono conseguibili con le densità più elevate,<br />
ma sono stati rilevati riflessi negativi sulla pezzatura<br />
dei frutti. Infatti la più alta densità d'investimento<br />
ha causato un minore peso unitario dei peponidi<br />
ed una incidenza percentuale dei frutti inferiore<br />
al Kg. sulla produzione totale vistosamente più elevata<br />
rispetto alla maggiore spaziatura delle piante.<br />
Esperienze condotte sulle epoche d'impianto hanno<br />
messo in evidenza che gli abbassamenti termici<br />
che si verificano nei giorni successivi alla semina -<br />
generalmente nella prima decade di aprile - compromettono<br />
gli impianti su suolo nudo. Al contrario<br />
un ritardo dell'avvio del ciclo colturale (prima decade<br />
di maggio) quando le temperature sono stabilmente<br />
crescenti, causa condizioni di stress nelle piantine<br />
trapiantate su suolo pacciamato con film trasparente<br />
a causa degli eccessi termici che si verificano<br />
per surriscaldamento dell'intercapedine suolo - film<br />
(Curatolo, Incalcaterra 1994).<br />
Irrigazione<br />
La possibilità di passare da una melonicoltura tipicamemte<br />
condotta in regime seccagno a quella irrigua<br />
ha posto la problematica sulle modalità e dosi dell'intervento<br />
irriguo al fine di mantenere elevato lo standard<br />
qualitativo dei frutti pur massimizzando le rese.<br />
Una ricerca biennale condotta a Palermo (Incalcaterra<br />
1984) mettendo a confronto tre regimi irrigui<br />
(per l'intero ciclo - 2 irrigazioni fino a quando<br />
i frutti raggiungevano la dimensione di un cedro - una<br />
sola irrigazione fino alla dimensione di una noce ed<br />
utilizzando come test il controllo asciutto), ha dimostrato<br />
che il <strong>melone</strong> si avvantaggia dell'irrigazione<br />
fisiologica fornita durante tutto il ciclo colturale<br />
raggiungendo i massimi incrementi produttivi<br />
(18,3 t.ha-')• Interessante, sempre rispetto al controllo<br />
asciutto (8,3 t.ha-'), risulta la risposta della pianta<br />
all'irrigazione di soccorso fornita fino alle fasi fenologiche<br />
prestabilite. Se l'intervento irriguo viene<br />
praticato fino alla dimensione del frutto pari ad una<br />
noce (12 t.ha-') si ha un incremento produttivo più elevato<br />
senza compromettere significativamente la conservabilità<br />
(Incalcaterra 1986). Dalla ricerca è emerso<br />
anche che l'aumento di produzione non è stato dovuto<br />
soltanto all'incremento del peso medio dei frutti,<br />
ma anche ad un aumento del numero di frutti/pianta.<br />
Infatti la risposta all'irrigazione si estrinseca anche<br />
attraverso una più elevata allegagione dei frutti<br />
ed una minore cascola degli stessi.<br />
Un'altra ricerca condotta in territorio di Trapani<br />
(Caruso et All. 1993) su suoli caratterizzati da tessitura<br />
tendenzialmente argillosa e sufficientemente dotati<br />
di sostanza organica ed elementi nutritivi, ha messo<br />
a confronto diverse microdosi di acqua (10 -20 -<br />
30 litri in un solo intervento e 20 e 30 litri rispettivamente<br />
in due interventi da 10 litri ciascuno e tre interventi<br />
da 10 litri), fornite a piante di <strong>melone</strong> allevate<br />
sia su terreno nudo che pacciamato, quando il<br />
primo frutto aveva raggiunto la dimensione di un cedro.<br />
La prova ha dimostrato una reattività positiva del-<br />
Tab. 4 - Produzione frutti commerciabili (t ha-')<br />
Effetti dell'interazione trattamenti al suolo x microdosi di acqua (Paceco 1993)<br />
Microdosi di acqua ( 1 )<br />
Controllo<br />
asciutto 10 20 30 10+10 10+10+10<br />
Nudo 9.28 9.56 10.66 12.55 12.00 12.20<br />
Ff Ff Eef Dd Dde Dde<br />
Pacciamato 14.05 14.27 14.83 15.12 18.61 20.14<br />
Cc Cc Cc Cc Bb Aa<br />
Medie 11.67 11.91 12.75 13.83 15.31 16.17<br />
cE cE cD bC Bb Ac<br />
A lettere uguali corrispondono valori non statisticamente differenti per P=0,05 (lettere maiuscole) e per P = 0,01 (lettere minuscole)
Grafico 2 - Produzione commerciabile: interazione dosi di acqua x trattamenti al suolo (Paceco 1996)<br />
la pianta alle microdosi di acqua specialmente su suolo<br />
pacciamato, ma l'efficacia dell'intervento irriguo<br />
è stata più evidente quando le dosi sono state fornite<br />
frazionate. Infatti tra tutte le dosi provate quella<br />
di 30 litri, frazionata in tre interventi di 10 litri ciascuno,<br />
in coltura pacciamata è riuscita meglio a soddisfare<br />
le esigenze della coltura determinando sensibili<br />
miglioramenti sulla quantità e qualità dei frutti<br />
(Tab. 4).<br />
Più in particolare si è rilevato che l'incremento<br />
produttivo è stato dovuto all'aumento del peso medio<br />
dei frutti, evidenziando così la validità di questa tecnica<br />
anche per il miglioramento qualitativo della produzione.<br />
Pure su suolo nudo le piante di <strong>melone</strong>, sottoposte<br />
ad irrigazione microdosata hanno dimostrato di<br />
potere incrementare la pezzatura dei frutti, utilizzando<br />
30 litri di acqua per pianta somministrati sia in un<br />
solo intervento che in tre dosi da 10 litri ciascuna.<br />
Un'altra ricerca (Curatolo, Incalcaterra 1996) condotta<br />
su suoli bruni in territorio di Paceco ha approfondito<br />
il tema delle microdosi frazionate e localizzate<br />
mettendo a confronto 30 + 30 litri; 25 + 25<br />
litri, 20 + 20 litri 15 + 15 litri e 10 + 10 litri. La reattività<br />
alle diverse dosi di acqua è stata più evidente<br />
con l'aumento progressivo dei volumi, facendo rilevare<br />
un incremento di 5,5 t.ha ' tra la dose massima<br />
ed il controllo non irrigato (9,5 t.ha 1 ). Dall'interazione<br />
trattamento al suolo per somministrazione idrica si<br />
evince una risposta positiva sia sulla precocità sia sulle<br />
rese unitarie. Le più elevate rese in senso assoluto<br />
(17,7 t.ha 1 ) sono state rilevate sulle parcelle pacciamate<br />
con apporto di 30 + 301 di acqua / pianta,<br />
mentre le rese più modeste (7,8 t.ha ') sono state realizzate<br />
su suolo nudo senza irrigazione.<br />
I frutti di migliore qualità sia per pezzatura che per<br />
Tab. 5 - Caratteristiche qualitative e quantitative della produzione.<br />
Rilievi Apis Bombus Osmia Controllo<br />
mellifera terrestris Cornuta<br />
Produzione frutti comm. (tha 1 ) 32.6Bb 22.5Cc 38.7Aa 12.5Dd<br />
Peso medio frutti comm. (g) 170Aa0 16.4AaB 152bC4A 164AaB2<br />
Frutti di scarto % 2.8bC 6.1B 6.4AaB 7.4Aa<br />
Residuo secco ottico (°Brix) 13.8Aa 13.5Aa 13.4Aa 13.4Aa<br />
Parte edule % 59.4Aab 61.5Aa 62.1Aa 54.0Bb<br />
Semi vuoti % 58.5Aa 33.4Bb 54.4Aa 53.5Aa<br />
A lettere uguali corrispondono valori non statisticamente differenti per P=0.05 (lettere maiuscole) e per P= 0,01 (lettere minuscole).<br />
Per i valori percentuali l'elaborazione è stata effettuata sui corrispondenti valori angolari. (= arcsen V%)<br />
27
28 Aspetti agronomici della coltura del <strong>melone</strong> invernale in Sicilia<br />
tenore zuccherino sono stati ottenuti su suolo pacciamato<br />
apportando le più elevate dosi di acqua. La<br />
irrigazione microdosata ha quindi esaltato i benefici<br />
e i già consolidati effetti della pacciamatura in ambiente<br />
caldo arido.<br />
È stata valutata anche l'efficacia dei pronubi (Apis<br />
mellifera, Bombus terrestre, Osmia cornuta) sulla produttivtà<br />
del <strong>melone</strong> <strong>d'inverno</strong> in coltura anticipata sotto<br />
apprestamento protettivo.<br />
L'azione degli insetti pronubi sulla produttività<br />
è risultata abbastanza evidente. Rispetto al controllo<br />
che ha prodotto 12,5 t.ha-', l'immissione degli insetti<br />
nel tunnel ha determinato un'incremento medio<br />
produttivo di quasi il 150%. (Tab. 5) (Incalcaterra,<br />
Sinacori 1998).<br />
Conclusioni<br />
Le ricerche effettuate sul miglioramento delle tecniche<br />
agronomiche nella conduzione delle coltivazioni<br />
di <strong>melone</strong> <strong>d'inverno</strong> hanno apportato interessanti<br />
novità di carattere scientifico ed applicativo che<br />
si sono tradotte in un miglioramento della quantità<br />
e della qualità delle produzioni.<br />
La tecnica della pacciamatura associata a ripetute<br />
sarchiature e a concimazioni razionali consente di valorizzare<br />
le limitate, ma preziose risorse idriche immagazzinate<br />
nei suoli durante il periodo autunno-vernino.<br />
Infatti la presenza del film pacciamante favorisce<br />
un'alimentazione idrica più costante ed equilibrata<br />
della pianta, migliori condizioni termiche ed uno<br />
sviluppo dell'apparato radicale negli strati più fertili<br />
del suolo con vistosi riflessi sulla produttività, rispetto<br />
alla coltura su suolo nudo. Inoltre il miglioramento<br />
del ritmo vegetativo che si viene a determinare,<br />
su suolo pacciamato con film trasparente, rispetto<br />
al controllo nudo, influenza positivamente sia<br />
la precocità che la produttività delle piante. Di contro<br />
con il film pacciamante nero non si ha anticipo di<br />
maturazione ma rimangono inalterati gli effetti sull'aumento<br />
della quantità e sul miglioramento della<br />
qualità dei frutti.<br />
Per quanto concerne le modalità d'impianto si può<br />
affermare la validità dell'impiego di piantine con pane<br />
di terra, in coltura pacciamata. Perplessità si avanzano<br />
sulla pratica del trapianto su suolo nudo se al<br />
momento dell'impianto o nel periodo successivo si<br />
verificano ritorni di freddo con abbassamenti termici<br />
nelle ore notturne. In tali condizioni si bloccano<br />
i processi di sviluppo dell'apparato radicale ostacolandone<br />
l'affrancamento. Ma anche nel caso di piante<br />
sopravvissute, ciò causa uno stato di senescenza<br />
che si ripercuote negativamente sui futuri ritmi di crescita<br />
della pianta interferendo in conseguenza negativamente<br />
sulle rese e sulla qualità dei frutti. È da evidenziare<br />
ancora che in particolari annate con periodo<br />
autunno-vernino siccitoso anche su suolo pacciamato<br />
è consigliabile intervenire con la semina diretta per<br />
favorire così lo sviluppo in profondità dell'apparato<br />
radicale.<br />
Inoltre il miglioramento del rapporto pianta-terreno-clima<br />
grazie all'azione combinata della pacciamatura<br />
e dell'irrigazione, permette di migliorare<br />
sensibilmente, anche apportando piccole dosi di acqua<br />
per pianta, la qualità dei frutti senza compromettere<br />
la loro conservabilità se l'intervento viene effettuato<br />
quando i peponidi non hanno superato la dimensione<br />
di una noce o di un cedro.<br />
Tuttavia, pur essendo ormai consolidata l'applicazione<br />
della tecnica della pacciamatura in ambiente<br />
caldo arido, non è da sottovalutare il notevole impatto<br />
ambientale che si viene a causare con la diffusione<br />
dei film plastici per difficile riciclo a fine coltura. Gli<br />
incerti risultati ottenuti con i nuovi materiali fotodegradabili<br />
debbono stimolare la ricerca per approfondire<br />
tale tematica. Sono infatti in corso studi di<br />
nuovi formulati biodegradabili capaci di non inquinare<br />
l'ambiente.<br />
La disponibilità delle nuove tecniche agronomiche<br />
si adatta alla crescente esigenza di mercato che<br />
induce ad adottare ordinamenti colturali dinamici e<br />
flessibili con la conseguenza che l'ottimizzazione degli<br />
attuali sistemi produttivi resta valida se è in grado<br />
di valorizzare le risorse pedoclimatiche tipiche dell'area<br />
di produzione melonicola.<br />
Soltanto la migliore combinazione tra pianta, ambiente<br />
e tecniche agronomiche può consentire l'espressione<br />
di componenti genetiche da cui dipende la<br />
manifestazione dei caratteri come la produttività, la<br />
qualità e la resistenza alle difficoltà abiotiche.
Bibliografia<br />
I ) Adams J.E., e Hanks R. J. ( 1964) - Evaporation<br />
from shrinkage Craks Proc. soil. Aci-Soc. Ani.<br />
2) Arnese F. (1932) - Prove comparative di concimazione<br />
chimica sui meloni. Ed. Brindisina, Brindisi.<br />
3) Belfort C.C., Haag H.P., Hatsumoto T., Cannello<br />
Q.A.C., Santos J.W.C. (1986) - Nutricao nimeral<br />
de hortalicas LXX. Acumulao de materia seca e recrutamento<br />
de macronutrientes pelo melao (Cucumis<br />
melo L. cv Valenciano Amareto CAC) cultivado<br />
em latossolo vermeho amarelo em Presidente<br />
Venceslan San Paulo. Anais da Escola Superior<br />
de Agricoltura "Luiz de queriroz". Hort. Abstr.,<br />
vol. 57, 1987,8479.<br />
4) Belmont M. (1968) - La fertilisation du melon en<br />
plein champ et en mairachage. Jounèe du melon<br />
1968 Caussade, numero special du "Tarn e Garonne<br />
Agricole"<br />
5) Bianco V.V. (1979) - Aspetti e problemi della coltura<br />
del <strong>melone</strong> in Italia. La coltura del <strong>melone</strong><br />
in Italia, Atti del Convegno, Verona, 7 febbraio<br />
1979.<br />
6) Caliandro A. e Catalano M. (1991) - Principi di<br />
"aridocoltura". Rivista di Agronomia XXV - 3,372-<br />
386.<br />
7) Caruso P, Incalcaterra G., Curatolo G. ( 1992) - Ricerche<br />
sulla pacciamatura e sulle modalità d'impianto<br />
del <strong>melone</strong> <strong>d'inverno</strong>. Colture Protette n. 7-8.<br />
8) Caruso P, Curatolo G., Incalcaterra G. (1994) -<br />
Reattività all'irrigazione localizzata a microdosi<br />
della coltura "seccagna" del Melone <strong>d'inverno</strong> (Cucumis<br />
melo var. inodorus N.) su suolo nudo e pacciamato.<br />
13" 1 International Congress of C.I.P.A, Verona<br />
8 lh - 11 1 " March<br />
9) Curatolo G., Incalcaterra G. (1994) - Reattività del<br />
Melone invernale (Cucumis melo var inodorus N.)<br />
alla pacciamatura e a diverse epoche e modalità<br />
d'impianto. 13"' International Congress of C.I.P.A,<br />
Verona 8 lh - 1 1"' March.<br />
10) Curatolo G., Incalcaterra G., Caruso P. (1994) -<br />
Reattività del Melone <strong>d'inverno</strong> (Cucumis melo<br />
var inodorus N.) in coltura asciutta a diversi tipi<br />
di film plastici. Comitè international des plastiques<br />
en agricolture. Atti 13"' International Congress<br />
of C.I.P.A., Verona 8" - 1 l' h March 1994.<br />
I1 ) Curatolo G., Incalcaterra G. ( 1995) - Effetti della<br />
pacciamatura del suolo con film plastici di polietilene<br />
e fotodegradabili sulla coltura del melo-<br />
ne <strong>d'inverno</strong> XII Protagri, 9-10 Verona.<br />
12) Curatolo G., Incalcaterra G. (1995) - Pacciamatura<br />
e sarchiatura del suolo per la coltura del Melone<br />
<strong>d'inverno</strong>. XII Protagri 9-10 Verona.<br />
13) CuratoloG., Incalcaterra G. (1996) - Effetti dell'applicazione<br />
di diversi film pacciamanti nel <strong>melone</strong><br />
<strong>d'inverno</strong> (Cucumis melo L. var. Inodorus).<br />
Colture Protette n° 12<br />
14) Curatolo G., Incalcaterra G.(1996) - Reattività del<br />
Melone invernale a dosi differenziate di acqua.<br />
Colture Protette n° 12<br />
15) Greenwood D. J., Neeteson J.J 1993 - Sistemi<br />
agricoli intesivi e qualità dell'ambiente. Informatore<br />
agrario n° 22.<br />
16) Hoare E. R., Barrs H. 1974 - Water relation and<br />
photosynthesis amongst horticultural species as<br />
affected by simulated soil water stress XIX Int.<br />
Hort. Congr. 1974 Warszawa, Poland ( 1975) Vol.3.<br />
17) Incalcaterra G.(1984) - Ricerche sull'irrigazione<br />
e sulla cimatura del Melone invernale condotte<br />
in Sicilia. L'Informatore Agrario Verona, XL (49).<br />
18) Incalcaterra G. (1986) - Riflessi dell'irrigazione<br />
sulla produttività e conservabilità del <strong>melone</strong> <strong>d'inverno</strong><br />
"Giallo di Paceco", atti del Convegno: Bilancio<br />
e prospettive dello sviluppo dell'irrigazione<br />
in Sicilia, Catania, 23-25 Ottobre.<br />
19) Incalcaterra G., Curatolo G. (1990) - Concimazione<br />
del <strong>melone</strong> invernale in coltura seccagna<br />
nella Sicilia occidentale. L'Informatore Agrario,<br />
Verona XLVI (47).<br />
20) Incalcaterra G., Curatolo G. (1992) - Reattività<br />
del Melone invernale (var. Inodorus) alla pacciamatura<br />
con Polietilene nero, al trapianto e a diverse<br />
densità di investimenti. L'Informatore Agrario,<br />
Verona, XLVTTT (G).<br />
21) Incalcaterra G., Curatolo G. (1992) - Effetti della<br />
pacciamatura sulla coltura del Melone <strong>d'inverno</strong><br />
in regime asciutto. Colture Protette, 10.<br />
22) Lorenz O. A., Bartz J. F. ( 1968) - Fertilization for<br />
high yields and quality of vegetable crops Changing<br />
pattern in fertilizez use. Ist. ed., 327-352,<br />
Soil, Sci. Soc. Ani. Madison, Wisconsin.<br />
23) Sarno R. (1982) - Sistemi e tecniche colturali in<br />
regime asciutto. Rivista di Agronomia N° 2 Anno<br />
N° 2 aprile - giugno.<br />
24) Tyler K. B., Lorenz O. A. ( 1964) - Nutrient absorption<br />
and growth of four muskmelon varieties.<br />
Proc. Am. Soc. Hort. Sci., 84, 364-371.<br />
29
Le varietà di <strong>melone</strong> <strong>d'inverno</strong> idonee per le coltivazioni della Sicilia Occidentale<br />
Curatolo G., Incalcaterra G. (Istituto di Orticoltura Università di Palermo)<br />
Introduzione<br />
La coltivazione del <strong>melone</strong> <strong>d'inverno</strong> (Cucumis<br />
melo var. inodorus) ha assunto in provincia di Trapani<br />
un'importanza rilevante sia sotto l'aspetto economico<br />
sia per quello sociale.<br />
Ogni anno, infatti, sono investiti a <strong>melone</strong> circa<br />
3500 ettari di terreni seminativi che entrano in rotazione<br />
con il frumento con un giro d'affari intorno ai<br />
20 miliardi e con riflessi sull'occupazione di oltre<br />
80.000 giornate lavorative.<br />
L'antica area di produzione ubicata, per i meloni<br />
ad epicarpo di colore giallo verso le aree costiere e<br />
l'immediato interno collinare e per quelli a buccia<br />
verde sulle colline di Alcamo, Salemi e colline del<br />
Belice, ha avuto un'espansione negli ultimi 10 anni<br />
verso i territori delle provincie di Palermo, Agrigento<br />
e Caltanissetta facendo registrare un aumento della<br />
superficie investita di altri 2000 ettari circa.<br />
Adattabilità all'ambiente di coltivazione<br />
Fino agli inizi degli anni '80 le coltivazioni erano<br />
caratterizzate da ecotipi locali: il Cartucciaro nelle<br />
zone litoranee del trapanese, il Purceddu nell'entroterra<br />
delle colline di Alcamo e di Palermo ed il Gelato<br />
nell'agrigentino.<br />
L'introduzione di nuove varietà ed ibridi FI avvenuta,<br />
inizialmente su piccoli appezzamenti per valutare<br />
il comportamento di queste nuove cultivar, ha<br />
determinato, proprio a causa dell'elevata allogamia<br />
della specie, un processo di erosione genetica che<br />
ha portato al decadimento degli ecotipi locali. La difficoltà<br />
quindi di mantenere in purezza le popolazioni<br />
locali ha costretto gli agricoltori ad affidarsi a nuove<br />
varietà che, se hanno la garanzia dell'omogeneità<br />
della produzione, spesso dimostrano di non adattarsi<br />
alle esasperate condizioni climatiche dell'estate siciliana.<br />
(Inalcaterra G. Curatolo G.1994).<br />
Infatti ciascuna cultivar è capace di esprimere tutto<br />
il suo potenziale produttivo e soprattutto qualitativo<br />
solo in quegli areali di coltura capaci soddisfare<br />
Gi autori sono Professori Associati presso L'istituto di Orticoltura e Floricoltura dell'Università di Palermo.<br />
<strong>Il</strong> lavoro è da attribuire in parti uguali agli Autori.<br />
31<br />
interamente le esigenze biologiche.<br />
Difatti ciascun organismo vegetale armonizza con<br />
il proprio habitat se riesce a stabilire relazioni di scambio<br />
permanente e costantemente equilibrate nel corso<br />
del suo ciclo biologico. (Caruso, 1989)<br />
In tale situazione i processi di crescita si svolgono<br />
in modo soddisfacente e le produzioni raggiungono<br />
livelli qualiquantitativi ottimali.<br />
L'idoneità dell'ambiente alle esigenze della pianta<br />
è di solito imperfetta ed è conseguita per tolleranza<br />
biologica o adattamento biologico del vegetale, attraverso<br />
la messa in atto di disposizioni morfofisiologiche<br />
congruenti con l'ambiente colturale.<br />
Di conseguenza il potenziale genetico di ogni specie<br />
e ancor più di ciascuna sua cultivar, è modellato<br />
da tutte le influenze determinate dalle condizioni pedoclimatiche<br />
dominanti e dalle tecniche agronomiche<br />
adottate. Per tale motivo, lo stesso antagonismo tra<br />
qualità e quantità spesso potrebbe essere ricondotto<br />
ad un'errata gestione biologica della coltura.<br />
Pluriennali ricerche condotte dall'Istituto di Orticoltura<br />
e Floricoltura dell'Università di Palermo hanno<br />
dimostrato la possibilità di migliorare significativamente<br />
le rese e l'adattabilità alle condizioni ambientali<br />
delle aree melonicole della Sicilia occidentale<br />
adottando in regime asciutto la tecnica della pacciamatura<br />
con film di PE trasparente. Questa tecnica<br />
permette infatti di sfruttare meglio le riserve idriche<br />
del suolo e ciò anche per effetto delle continue<br />
sarchiature superficiali praticate tra le file pacciamate<br />
(Caruso, Curatolo, Incalcaterra, 1995).<br />
Ricerche condotte sulla tecnica d'impianto hanno<br />
dimostrato che mantenendo il film integro nella<br />
prima fase del ciclo colturale subito dopo la semina<br />
o il trapianto si garantisce la fuoriuscita delle piantole<br />
derivate dai semi o l'attecchimento delle piantine<br />
trapiantate anche se vi sono ritorni di freddo (Caruso,<br />
Curatolo, Incalcaterra: 1992); (Incalcaterra, Curatolo<br />
1993).<br />
Le peculiarità dell'ambiente di coltivazione de-
32<br />
rivante dalla variabilità climatica, dalla diversa tipologia<br />
dei suoli, dalla morfologia, dall' esposizione,<br />
dall'altimetria ha determinato un'ampia variabilità<br />
delle perfomance delle varietà coltivate.<br />
Le prove agronomi che effettuate a Palermo mettendo<br />
a confronto le varietà più coltivate con gli ecotipi<br />
locali hanno fatto emergere alcune interessanti<br />
considerazioni. In particolare nel 1993 furono messe<br />
a confronto su suolo nudo e pacciamato le seguenti<br />
cultivar a buccia gialla : Amarillo-Amber F1 - Cartucciaro<br />
Diogene F1-Giallo delle Canarie, Gigante,<br />
Honey Dew, Madras, Napoletano ed altre a buccia<br />
verde: Manchado F12 - Pinonet - Purceddu - Viking<br />
F1.<br />
In tutte le prove la risposta produttiva e vegetativa<br />
di tutte le cultivar sperimentate sono state sempre<br />
a favore di quelle allevate con la tecnica della pacciamatura.<br />
Peraltro utilizzando la tenica del trapianto<br />
le migliori risposte qualiquantitative si ottengono<br />
soltanto allevando le piante con la pacciamatura<br />
di film trasparente rispetto a quelle allevate su suolo<br />
nudo.<br />
Infatti nelle parcelle pacciamate l'attività vegetativa<br />
è stata per tutto il ciclo biologico sempre maggiore<br />
di quelle allevate su suolo nudo.<br />
Inoltre l'elevato ritmo di accrescimento impresso<br />
dal trattamento pacciamante si è tradotto anche in una<br />
rilevante precocità di emissione dei fiori pistilliferi.<br />
Tutte le cultivar messe a confronto hanno fatto mediamente<br />
registrare un anticipo dell'antesi fiorale di<br />
circa 10 giorni rispetto alle stesse allevate su suolo<br />
nudo.<br />
Tra le più precoci cultivar in prova va ricordato<br />
Tab. 1 - Aspetti qualitativi dei frutti.<br />
l'ibrido Manchado F1 e la cv. Madras, mentre tutti<br />
gli altri tipi hanno avuto una fioritura contemporanea.<br />
Dalla elaborazione dei dati per quel che concerne<br />
la produzione è emerso che la pacciamatura, indipendentemente<br />
dai tipi utilizzati, ha determinato<br />
una significativa precocità di maturazione dei frutti.<br />
Le cultivar più precoci sono state Manchado F1, Amber<br />
F1 e Cartucciaro per i tipi gialli e Purceddu e<br />
Viking per quelli a buccia verde.<br />
In generale la migliore adattabilità all'ambiente di<br />
coltivazione fu dimostrato dalla cv. Madras, Amarillo,<br />
Gigante, Napoletano e Manchado a buccia gialla;<br />
tra quelle ad epiacarpo verde le più interessanti furono<br />
la Viking F1 e l'ecotipo Purceddu.<br />
Un'altra ricerca effettuata nel 1995 realizzata in<br />
territorio di Paceco (TP) mise a confronto gli ecotipi<br />
Cartucciaro e Purceddu con le cv. Madras, Helios<br />
F1, Amariullo, Campero F1 a buccia gialla e Tendral,<br />
Viking F1, Manchado e Pinonet ad epicarpo verde.<br />
Anche in questa prova la migliore risposta produttiva<br />
(1,9 t.ha- 1 ) venne fornita dalla cv. Manchado<br />
che peraltro si confermò la più precoce, mentre interessanti<br />
risultati produttivi furono forniti dalle cv.<br />
Madras ed Helios F1. le cui rese si attestarono intorno<br />
a 1,7 t.ha- 1 . Minori quantitativi furono ottenuti<br />
con gli ecotipi locali Purceddu (14 t.ha- 1 ) e Cartucciaro<br />
(12,8 t.ha-').<br />
Aspetti qualitativi<br />
Le favorevoli condizioni edafiche che si vengono<br />
a determinare su suolo pacciamato consentono una<br />
esaltazione dell'attività fisiologica che si riflette sugli<br />
aspetti qualitativi dei frutti.<br />
Peso medio Grado Spess. buccia Spess. polpa<br />
(gr.) rifrattometrico (mm) (mm)<br />
Madras 2700 ab 14,5 ab 10.0 a 31.7 bc<br />
Helios Fl 2195 ce 15.5 ce 9.0 a 35.7 a<br />
Amarillo 2527 ab 12.6 e 6.3 cd 32.0 bc<br />
Campero Fl 2287 bc 13.2 de 6.5 bd 32.1 bc<br />
Cartucciaro 1926 ef 12.7 e 4.3 d 28.9 d<br />
VikingFl 2340 bc 14.5 ab 8.3 ac 37.0 a<br />
Purceddu 2293 bc 14.0 bd 4.7 d 32.5 b<br />
Tendral 2218 cd 13.8 bd 6.2 cd 33.3 b<br />
Machado Fl 1713 f 15.0 a 5.4 d 30.0 cd<br />
Pinonet 2000 e 14.2 ac 4.0 d 28.3 d
34<br />
to del film pacciamante opaco rispetto a quello trasparente,<br />
vengono peraltro mantenuti nel corso della<br />
coltura grazie all'ombreggiamento che il fogliame<br />
delle piante è capace di realizzare durante il progressivo<br />
accrescimento.<br />
Un esperimento effettuato nel 1982, utilizzando<br />
come test l'ecotipo Cartucciaro, mise in evidenza i limiti<br />
dell'applicabilità della tecnica irrigua alle coltivazioni<br />
melonicole da destinare alla conservazione.<br />
Infatti cadenzando l'irrigazione per l'intero ciclo biologico<br />
le rese unitarie subivano un significativo incremento<br />
rispetto alla coltura condotta in asciutto, ma<br />
la conservabilità dei frutti ne risentiva negativamente.<br />
(Incalcaterra 1982).<br />
Al contrario l'irrigazione di soccorso con uno - tre<br />
interventi praticati fino alla fase iniziale d'ingrossamento<br />
dei frutti determina incrementi produttivi significativi<br />
rispetto alla coltura seccagna, se pure sensibilmente<br />
inferiori a quelli delle colture irrigate per<br />
tutto il ciclo biologico, ma la conservabilità dei frutti<br />
risulta meno compromessa anche se inferiore a quella<br />
dei frutti ottenuti in regime asciutto (lnalcaterra<br />
1982).<br />
Sottoponendo a conservazione i frutti di diverse<br />
cultivar provenienti da culture condotte in regime<br />
asciutto senza pacciamatura è risultato che la cv. Helios<br />
dimostra discrete capacità di conservazione (70%<br />
dei frutti dopo tre mesi), mentre con l'ecotipo Cartucciaro<br />
raggiungono i tre mesi di conservazione post<br />
raccolta il 90% dei peponidi. (Curatolo 1996).<br />
Tra le cultivar a buccia verde il Tendral ed il Viking<br />
F1 hanno dimostrato una conservabilità dei frutti<br />
dell'85% dopo tre mesi, mentre i frutti dell'ecotipo<br />
Purceddu resistono per oltre il 90% dopo tre mesi<br />
di conservazione in cassette in cui i peponidi erano<br />
posti su due strati in magazzino non termocondizionato,<br />
ma aerato. (Curatolo 1996).<br />
Conclusioni<br />
Tutte le ricerche effettuate dimostrano la marcata<br />
influenza dell'ambiente di coltivazione sulla scelta<br />
della varietà che può anche vanificare le tecniche di<br />
coltivazione più sofisticate. La sinergia tra cultivar ed<br />
ambiente tende quindi anche a definire la vocazionalità.<br />
Per tali ragioni la scelta di una nuova varietà<br />
Fig. I - L'introduzione dell'Helios FI sta assumendo un ruoto importante<br />
nelle coltivazioni melonicole della Sicilia Occidentale in quanto si<br />
dimostrata in grado di soddisfare le nuove esigenze di mercato e dei consumatori.<br />
Infatti la forma globosa del frutto risulta adatta al confezionamento<br />
in cassette senza sprechi di spazio, il peso medio dei frutti intorno<br />
a 1500 gr: appare idoneo ad assecondare le richierste dei consumatori<br />
verso frutti medio piccoli, di elevato grado zuccherino e con<br />
elevata percentuale di parte edule.<br />
pone alcuni condizionamenti dipendenti dalle intrinseche<br />
capacità di valorizzare le risorse ambientali;<br />
di garantire il massimo grado di affidabilità della<br />
risposta, di soddisfare specifiche esigenze aziendali<br />
e di esaltare il significato economico della coltura.<br />
Tra le cultivar provate l'introduzione dell'Helios<br />
F1 sta assumendo un ruolo importante nelle coltivazioni<br />
melonicole della Sicilia Occidentale ai fini<br />
della economicità della coltura in quanto si è dimostrata<br />
in grado di soddisfare le esigenze di mercato<br />
e dei consumatori. Infatti la forma globosa del frutto<br />
Fig. 2 - La cv Madras a frutto medio grosso, particolarmente ricercata<br />
nei mercati meridionali, allo stato attuale risulta la più coltivata nell'entroterra<br />
siciliano. Tale diffusione è favorita sopratutto dalla buona<br />
adattabilità all'ambiente di coltivazione e dal basso costo del seme. Tuttavia<br />
a partire dal 1997 si è notata una flessione delle superflci destinate<br />
a tale varietà in seguito all'espansione della cultivar Helios FI che si<br />
è dimostrata la più ricercata su tutti ì mercati.
Fig, 3 - Ira le cv. ad epicarpo giallo il Cartucciaro, con patrimonio<br />
genetico più diversificato, è adatta ad essere impiegato localmente ed<br />
in grado di svolgere un ruolo importante per l'ottenimento di produzioni<br />
di nicchia e di elevata qualità merceologica idonee ad essere<br />
sottoposte a lunga conservazione e ad essere immesse sul mercato con<br />
gradualità fino alla seconda decade di dicembre.<br />
risulta adatta al confezionamento in cassette senza sprechi<br />
di spazio, il peso medio dei frutti intorno a 1500 gr.<br />
appare idoneo ad assecondare le moderne esigenze dei<br />
consumatori e così anche il suo elevato grado zuccherino<br />
e l'elevata percentuale di parte edule. (Fig. 1 ).<br />
La pezzatura medio piccola e le ottime caratteristiche<br />
organolettiche rendono idoneo questo ibrido<br />
F1 per i programmi di commercializzazione riguardanti<br />
il nord Italia ed Europa.<br />
Di contro la cv. Madras a frutto medio grosso, particolarmente<br />
ricercata nei mercati meridionali, allo<br />
stato attuale risulta la più coltivata nell'entroterra<br />
siciliano. Tale diffusione è favorita sopratutto dalla<br />
buona adattabilità all'ambiente di coltivazione e dal<br />
basso costo del seme (Fig. 2). Tuttavia a partire dal<br />
1997 si è notata una flessione delle superfici destinate<br />
a tale varietà in seguito all'espansione della cultivar<br />
35<br />
Fig. 4 - Trale cv. ad epicarpo verde resta interessante la valorizzazione<br />
dell'ecotipo locale Purceddu che per le peculiari caratteristiche qualitative<br />
(elevalo tenore zuccherino, buona consistenza della polpa ed<br />
elevato indice di conservabilità) la rendono particolarmente richiesta<br />
sìa sui mecati locali, sia su quelli europei.<br />
Helios FI che si è dimostrata la più ricercata su tutti<br />
i mercati.<br />
Tra le cv. ad epicarpo giallo il Cartucciaro, con patrimonio<br />
genetico più diversificato, è adatto ad essere<br />
impiegato localmente ed in grado di svolgere un<br />
ruolo importante per l'ottenimento di produzioni di<br />
nicchia e di elevata qualità merceologica idonee ad<br />
essere sottoposte a lunga conservazione e ad essere<br />
immesse sul mercato con gradualità fino alla seconda<br />
decade di dicembre.<br />
Tra le cv. ad epicarpo verde resta interessante la<br />
valorizzazione dell'ecotipo locale Purceddu che per<br />
le peculiari caratteristiche qualitative (elevato tenore<br />
zuccherino, buona consistenza della polpa ed elevato<br />
indice di conservabilità) la rendono particolarmente<br />
richiesta sia sui mercati locali, sia su quelli europei.<br />
(Fig. 4).
36<br />
1) Caruso P. - Concimazione e qualità degli ortaggi<br />
- Ed. R.E.D.A. Riv. Italia Agrìcola. Ott-Dic 1989.<br />
2) Curatolo G., Incalcaterra G. - Reattività del <strong>melone</strong><br />
invernale (var. inodorus) alla pacciamatura<br />
con polietilene nero, al trapianto e a diverse densità<br />
d'investimento.<br />
' 3) L'Informatore Agrario, 6, 1992.<br />
4) Curatolo G. - Valutazione bioagronomica di cultivar<br />
di <strong>melone</strong> <strong>d'inverno</strong> (Cucumis melo var. inodorus)<br />
ATTI III GIORNATE SCIENTIFICHE<br />
S.O.I. ERICE 10-14 marzo 1996.<br />
5) Curatolo G. Incalcaterra G. - Pacciamatura e sarchiatura<br />
del suolo per la coltura del <strong>melone</strong> <strong>d'inverno</strong>.<br />
International Congress of C.I.P.A. Verona<br />
8 th - 11 th March 1995.<br />
6) Incalcaterra G. - Riflessi dell'irrigazione sulla produttività<br />
e conservabilità del <strong>melone</strong> <strong>d'inverno</strong><br />
"Giallo di Paceco" - Atti del Convegno "Bilancio<br />
e prospettive dello sviluppo dell'irrigazione in<br />
Sicilia". Catania 23 - 25 Ottobre 1986.<br />
7) Incalcaterra G., Curatolo G. Reattività di diverse<br />
cultivar di <strong>melone</strong> invernale (Cucumis melo var.<br />
inodorus N.) alla pacciamatura con film trasparente<br />
- 13 lh International Congress of C.I.P.A. Verona 8"'<br />
- 11 March, 1994.<br />
8) Stringi L., Sciortino A., Strategie di scelta di specie<br />
e di varietà in ambiente mediterraneo - Rivista<br />
di Agronomia Anno XXX n. 3 suppl. luglio -<br />
settembre 1996.
Miglioramento genetico del <strong>melone</strong> attraverso l'impiego delle biotecnologie<br />
Ficcadenti N. (Istituto Sperimentale per l'Orticoltura di Monsampolo del Tronto - AP)<br />
<strong>Il</strong> <strong>melone</strong> (Cucumis melo L.) è una specie diploide<br />
2n=24, estremamente polimorfa sia per i caratteri<br />
del frutto che dell'apparato vegetativo tanto da rendere<br />
sempre difficoltosa la classificazione sistematica<br />
delle numerose forme coltivate, semicoltivate e<br />
spontanee. Tra le diverse classificazioni proposte la<br />
più valida rimane ancora quella di Naudin che riunisce<br />
la specie in cinque varietà botaniche tra cui quelle<br />
di maggiore interesse sono: cantalupensis, reticulatus,<br />
inodorus e flexuosus. La biologia fiorale è quella<br />
tipica di una specie a fecondazione allogama, ma<br />
presenta una notevole variabilità per quanto concerne<br />
il rapporto tra i diversi tipi di fiori. L'espressione<br />
sessuale determina pertanto la differenziazione delle<br />
cultivar in quattro categorie: monoiche (fiori maschili<br />
e femminili), ginoiche (fiori femminili), andromonoiche<br />
(fiori maschili e fiori ermafroditi) e<br />
ermafrodite (fiori perfetti). La maggior parte delle varietà<br />
e/o ibridi Fl coltivati sono andromonoiche e monoiche<br />
mentre molto raramente sono ginoiche.<br />
Nel nostro Paese, pur essendo stati condotti numerosi<br />
studi agronomici e varietali, scarso interesse<br />
è stato dedicato al miglioramento genetico da parte<br />
delle istituzioni scientifiche pubbliche nonostante<br />
l'importanza che la coltura assume nell'ambito dell'orticoltura<br />
nazionale (circa 21.000 ha di superficie<br />
investita in pieno campo e 2.300 ha in coltura protetta<br />
- dati ISTAT 1996). <strong>Il</strong> lavoro di miglioramento è<br />
stato condotto finora con metodi convenzionali, ma i<br />
programmi richiedono tempi molto lunghi, spazi ampi<br />
per il loro svolgimento e spesso forniscono risultati<br />
incerti. L'aspetto più critico è indubbiamente rappresentato<br />
dalla necessità di dover praticare l'impollinazione<br />
controllata, data la peculiarità dell'apparato<br />
fiorale. Nel <strong>melone</strong>, come in tutte le cucurbitacee<br />
nel corso del lavoro di selezione, non si hanno<br />
vistosi fenomeni di depressione del vigore da incrocio<br />
che, sebbene facilitino l'opera di miglioramento<br />
attraverso la presenza di variabilità continua, rendono<br />
però più instabili i progressi acquisiti con il sistema<br />
selettivo. Per il <strong>melone</strong>, non esiste uno specifico<br />
metodo di breeding da seguire (il pedigree, la selezione<br />
ricorrente e/o massaie) ma sono gli obiettivi<br />
37<br />
che si vogliono perseguire a determinarne la scelta.<br />
La costituzione di cultivar dotate di caratteristiche genetico-agronomiche<br />
più rispondenti ai differenti ambienti<br />
colturali, è ormai una esigenza connessa sia alle<br />
condizioni molto diverse che offre la nostra Penisola<br />
sia alla continua evoluzione delle esigenze di<br />
mercato.<br />
In Italia è ormai predominante l'utilizzo di sementi<br />
ibride F1 di meloni di tipo "retato" e "Cantalupo" che<br />
oltre all'uniformità delle rese sono dotati di idonee<br />
caratteristiche organolettiche e di resistenze genetiche<br />
nei confronti dei patogeni più virulenti. Considerate<br />
le notevoli confluenze scientifiche della ricerca<br />
privata nell'ulteriore miglioramento delle sementi<br />
di così elevato valore generico-agronomico si ritiene<br />
superfluo cimentarsi in così impari gara, mentre<br />
appare indispensabile l'avvio di un programma di<br />
recupero e di miglioramento genetico delle popolazioni<br />
di inodorus, i cosiddetti tipi "invernali" che<br />
caratterizzano le coltivazioni delle regioni meridionali<br />
occupando circa il 48% dell'intera superficie investita.<br />
I criteri seguiti dai coltivatori nella riproduzione<br />
del seme, come pure lo stesso sistema di fecondazione<br />
e di impollinazione entomofila, hanno<br />
contribuito nel tempo ad accumulare in molti dei materiali<br />
indigeni eterogeneità fenotipica per uno o più<br />
caratteri morfologici e fisiologici. Sebbene rappresentino<br />
le espressioni di una selezione naturale e possiedano<br />
capacità di adattamento all'ambiente richiedono<br />
interventi di selezione tesi a migliorare alcuni<br />
aspetti bio-agronomici e qualitativi attraverso l'inclusione<br />
di geni come maschiosterilità e partenocar-<br />
Fig. 1 - Numero di cromosomi dì una pianta aploide di <strong>melone</strong> n=l2
38<br />
pia e di fattori di resistenza nei confronti di funghi nematodi<br />
e virus. La valorizzazione di un patrimonio<br />
varietale così ampio potrebbe, quindi, contribuire al<br />
rilancio dei tipi a consumo invernale nelle zone tipiche<br />
di coltivazione e non. Significativi risultati, nel<br />
lavoro di miglioramento sono stati conseguiti di recente<br />
mediante l'impiego delle tecniche di ingegneria<br />
genetica (Fig. 1).<br />
Le biotecnologie costituiscono un supporto efficace<br />
al miglioramento genetico tradizionale e sono<br />
indispensabili per l'attuazione di programmi di sviluppo<br />
che, nel passato, potevano apparire impraticabili.<br />
Attraverso il finanziamento dei progetti finalizzati<br />
"Biotecnologie avanzate", "Resistenze genetiche<br />
agli stress biotici e abiotici" e "Orticoltura"<br />
del nostro Ministero agricolo, l'attività di ricerca ha<br />
reso possibile oltre all'acquisizione di conoscenze<br />
scientifiche di base anche l'ottenimento di positivi risultati<br />
mediante l'impiego delle tecniche di coltura in<br />
vitro quali rigenerazione somatica, partenogenesi in<br />
situ, trasformazione genetica e ginogenesi (Fig. 2).<br />
Fig. 2 - Embrione rigenerato da ovario.<br />
Rigenerazione<br />
In <strong>melone</strong> la possibilità di rigenerare piante partendo<br />
da espianti somatici di cotiledoni e/o foglie è<br />
riconducibile ad un passato piuttosto recente. Diversi<br />
autori hanno riportato esperienze utilizzando<br />
perlopiù genotipi afferenti alla varietà botanica reticulatus.<br />
<strong>Il</strong> sistema di rigenerazione messo a punto nei<br />
nostri esperimenti ha previsto invece l'impiego di<br />
linee e cultivar di introduzione italiana di entrambe<br />
le varietà botaniche reticulatus e inodorus. I risulta-<br />
ti ottenuti hanno consentito non solo di ottimizzare<br />
l'efficienza del sistema di rigenerazione in vitro indispensabile<br />
per avviare esperimenti di trasformazione<br />
genetica ma di individuare i genotipi capaci<br />
di dare la migliore risposta morfogenetica (n° di germogli<br />
rigenerati per espianto coltivato) da impiegare<br />
in programmi di ricerca mirati alla costituzione di<br />
linee e/o ibridi Fl migliorati.<br />
Ginogenesi<br />
Numerosi studi sono stati avviati al fine di individuare<br />
le tecniche più idonee per indurre aploidia.<br />
Metodi di breeding tradizionale quali: ibridazione interspecifica,<br />
intergenerica e semigamia e tecniche più<br />
recenti, come la coltura in vitro di antere, di ovari e<br />
di ovuli, hanno permesso l'ottenimento di aploidi in<br />
diverse specie coltivate. In <strong>melone</strong> le prime piante<br />
aploidi, sebbene con frequenze piuttosto basse, sono<br />
state ottenute mediante ibridazione interspecifica<br />
tra Cucumis melo (2n) e Cucumis ficifolius (4n) e<br />
partenogenesi indotta impiegando polline trattato con<br />
alte dosi di raggi gamma, mentre i diversi tentativi di<br />
applicazione di tecniche di androgenesi e ginogenesi<br />
avevano finora fallito. Con la tecnica della partenogenesi<br />
in situ, sono state prodotte diverse linee isogeniche<br />
diplo-aploidi di <strong>melone</strong> da ecotipi della varietà<br />
inodorus e da genotipi di accertato interesse agronomico-commerciale<br />
della varietà reticulatus che verranno<br />
utilizzati in programmi di miglioramento genetico<br />
per resistenza a funghi, virus e nematodi. Parallelamente,<br />
sono stati impostati esperimenti di coltura<br />
in vitro impiegando ovari non fecondati per indurre<br />
aploidia nella specie senza dover ricorrere all'impiego<br />
di agenti fisici come le radiazioni ionizzanti<br />
(raggi X e γ) che rendono di difficile applicazione<br />
la tecnica in virtù di limitazioni riconducibili alla<br />
disponibilità della sorgente di radiazione e di personale<br />
qualificato per l'esecuzione. Dopo ripetuti tentativi<br />
effettuati per diversi anni impiegando tale tecnica<br />
senza successo, per la prima volta nel mondo<br />
in <strong>melone</strong> è possibile ottenere piante aploidi ginogeniche.<br />
I risultati ottenuti, sebbene preliminari, lasciano<br />
intravedere la possibilità di produrre numerose<br />
piante aploidi con notevole rapidità (Fig. 3).
Fig. 3 - Rigenerazione di <strong>melone</strong> inodorus.<br />
Trasformazione genetica<br />
Le piante transgeniche possiedono un genoma nel<br />
quale sono stati inseriti geni provenienti da fonti diverse<br />
che non avrebbero potuto acquisire con il normale<br />
processo sessuale (Fig. 4). L'approccio biotecnologico<br />
mediante le tecniche di ingegneria genetica<br />
consente di trasferire nelle piante geni capaci di conferire<br />
tolleranza e/o resistenza nei confronti dei patogeni<br />
più temibili e geni di interesse agronomico e<br />
qualitativo. <strong>Il</strong> trasferimento di questi geni nelle varietà<br />
coltivate è stato fatto finora con il lungo lavoro<br />
di reincrocio che però, talvolta ha determinato<br />
Fig. 4 - Pianta transgenica.<br />
39<br />
anche il trasferimento contemporaneo di caratteri che<br />
hanno inciso negativamente sulla produzione e sulla<br />
qualità. Gli esperimenti di trasformazione genetica<br />
mediati da Agrobacterium tumefaciens hanno consentito<br />
finora di inserire nel genoma di cultivar di <strong>melone</strong><br />
inodorus geni capaci di conferire tolleranza al<br />
virus del CMV e geni che determinano lo sviluppo<br />
partenocarpico del frutto. Ovviamente tali significativi<br />
risultati dovranno essere oggetto di valutazioni<br />
genetico-agronomiche ma in ogni caso rappresentano<br />
un ulteriore progresso nel lavoro di miglioramento<br />
genetico del <strong>melone</strong>.<br />
Conclusioni<br />
L'Istituto Sperimentale per l'Orticoltura ha svolto,<br />
nell'ambito del miglioramento genetico del <strong>melone</strong><br />
un ruolo di primaria importanza. L'attività di ricerca,<br />
iniziata fin dal 1982, ha permesso oltre alla conservazione<br />
del germoplasma e la selezione di un'ampia<br />
gamma di linee pure, diversificate per produttività<br />
e caratteristiche merceologiche del frutto, anche<br />
la costituzione di ibridi dotati di resistenza genetica<br />
e/o tolleranza nei confronti delle principali fitopatie.<br />
Un valido contributo è stato apportato dall'impiego<br />
delle biotecnologie che hanno consentito non<br />
solo l'acquisizione di conoscenze di base, ma anche<br />
il raggiungimento di risultati di pratica applicabilità,<br />
che consentiranno di progredire celermente nel<br />
miglioramento genetico della specie.
Esperienze sulle principali avversità del <strong>melone</strong><br />
Ammavuta G. - Di Graziano M. (Osservatorio Regionale per le Malattie delle Piante - PA)<br />
Nel 1994 nasce, dalla collaborazione tra l'O.M.P. prenditori a rispondere alle interviste in maniera atdi<br />
Palermo e l'Assessorato Agricoltura e Foreste, il tendibile.<br />
"Progetto Melone". Nell'ambito di quest'iniziativa Quest'indagine ha fornito interessanti elementi col'O.M.P.<br />
si è occupato delle problematiche fitosani- noscitivi sulle avversità e sulle strategie di controltarie.<br />
lo adottate ordinariamente e in particolare:<br />
<strong>Il</strong> primo passo è stato quello di rendere oggetti- - l'afide nero delle malvacee e delle cucurbitave<br />
ed organiche le notizie sulla difesa della coltura, cee (Aphis gossypii) si conferma l'insetto chiave deimediante<br />
un'indagine conoscitiva che ha avuto come la coltura; esso è risultato presente a livelli potenobiettivi<br />
principali: zialmente dannosi in 4/11 aziende (soglia empirica di<br />
- il monitoraggio sulla diffusione delle principali una media di 10 colonie per pianta sulla parcella esaavversità<br />
del <strong>melone</strong>; minata) ed è stato oggetto di almeno un trattamento<br />
- la verifica sulla scelta dell'agricoltore in materia in tutte le aziende esaminate (massimo 6); in 4 aziendi<br />
difesa fitosanitaria. de del campione sono stati effettuati trattamenti a ca-<br />
A tal fine sono stati effettuati rilievi quindicinali e rattere preventivo; in nessuna azienda si è comunque<br />
interviste, sul pool di undici aziende, scelte in col- registrato deprezzamento della produzione causato da<br />
laborazione con le Sezioni Operative di Assistenza questo insetto;<br />
Tecnica di Buseto e Paceco (TP), Sancipirrello (PA) - Bemisia tabaci si presenta in maniera diffusa sul<br />
e Menfi (AG), dislocate nei principali areali melo- campione (9/11 aziende), raggiungendo livelli ponicoli<br />
della Sicilia occidentale. tenzialmente dannosi (soglia empirica di presenza<br />
I criteri di scelta delle aziende sono stati quelli del- di aggregati di neanidi ed abbondante melata) in 4/11<br />
le rappresentatività e della disponibilità degli im- aziende; tuttavia i controlli effettuati alla raccolta non
42<br />
hanno fatto registrare deprezzamenti della produ- mente oggetto di ripetuti trattamenti, sono stati conzione<br />
causati dalla presenza di melata o fumaggine; trollati sia su appezzamenti pacciamati e con suolo<br />
- la tracheofusariosi si conferma l'avversità con il nudo, esclusivamente con la distribuzione di foglie e<br />
più alto potenziale di dannosità, avendo distrutto tut- piante molto infestate e con l'esecuzione di trattamenti<br />
ta la coltivazione nell'ambito di un'azienda; inoltre localizzati.<br />
sono stati registrati, contro quest'avversità, dei ten- Riguardo la Mosca bianca (quasi sempre rappretativi<br />
di terapia chimica effettuati con svariati, quan- sentata da popolazioni di Bemisia tabaci), le espeto<br />
inutili, trattamenti fungicidi. rienze di monitoraggio e le osservazioni svolte,in-<br />
Con riguardo alle strategie di difesa adottate è dicano la necessità del controllo solo in particolari<br />
risultato che: condizioni quali:<br />
- per singola azienda sono stati effettuati da un mi- - attacco con formazione di densi aggregati di neanimo<br />
di 4 a un massimo di 7 trattamenti utilizzando nidi su giovani piante e induzione di uno stato di de-<br />
12 p.a. insetticidi diversi, 3 p.a. acaricidi,11 p.a. fun- bilitazione dovuta all'attività di suzione (danno digicidi<br />
ed 1 p.a. ad azione polivalente; retto);<br />
- l'insetticida più utilizzato sul campione è il me- - imbrattamento dei frutti con la melata e succestomil<br />
(25% degli impieghi); tra i fungicidi prevale lo sivo sviluppo di fumagine in concomitanza di andazolfo<br />
in polvere (40% degli impieghi); menti climatici umidi.<br />
- la modalità di distribuzione più adottata è quel- Al fine di limitare la presenza di quest'insetto,difla<br />
liquida (60% dei trattamenti); ficile da controllare anche con ripetuti trattamenti chi-<br />
- il 25% degli impieghi complessivi di p.a. è de- mici, che finiscono per rivelarsi antieconomici e posstinata<br />
a controllare avversità non rilevate o non cu- sono causare selezione di ceppi resistenti come avrabili<br />
con la terapia chimica; venuto per le colture in serra, è consigliabile adope-<br />
- il 13% degli impieghi complessivi è stato fatto rare, dovendo effettuare trattamenti contro gli Aficon<br />
p.a. non autorizzati sulla coltura. di, prodotti fitosanitari efficaci anche su Mosca bian-<br />
L'analisi dei risultati indica la necessità di basa- ca (es. imidacloprid, etofenprox) limitando i danni inre<br />
la difesa fitosanitaria su criteri più razionali, de- diretti effettuando trattamenti dilavanti la melata e<br />
stinati a renderla più efficace nei confronti del pa- controllando l'eventuale insorgenza della fumaggine<br />
rassita bersaglio, quindi economicamente più van- con trattamenti a base di composti rameici,<br />
taggiosa e meno pericolosa per gli applicatori, per Riguardo al secondo punto, le tracheomicosi hanl'ambiente<br />
e per i consumatori. no mantenuto, durante tutto il periodo 1994/97, un'e-<br />
Sulla scorta di queste analisi hanno preso spunto levata e costante pericolosità dal punto di vista eziole<br />
indagini successive svolte dall'O.M.P. nel triennio logico, la manifestazione delle tracheomicosi è da at-<br />
1995/97, che hanno riguardato: tribuire per la quasi totalità a Fusarium oxysporum<br />
1. la raccolta di notizie ed informazioni concer- f.s. melonis (F.o.m.) ed in misura notevolmente infenenti<br />
gli insetti chiave della coltura; riore a Verticillium dahaliae.<br />
2. l'individuazione di altri agenti di tracheomi- Nel periodo di osservazione (1994/97) sono stacosi<br />
e di altri patogeni a habitus terricolo, finalizza- te riscontrate anche dei casi di affezioni dell'appaia<br />
all'adozione di idonee strategie di prevenzione. rarto radicale dovute a Pyrenochaeta Iycopersici (pa-<br />
Riguardo al primo punto, l'esperienza di moni- togeno isolato dall'Istituto Pa. Ve. Palermo) e, su piantoraggio<br />
dell'Afide delle malvacee, svolta con ca- te tolleranti al F.o.m. sono stati riscontrati sintomi<br />
denza settimanale, ha indicato comunque come la pre- di marciume del colletto causato da Fusarium solani.<br />
senza continua del tecnico in azienda e la sensibi- Per quel che concerne le indicazioni di lotta al comlizzazione<br />
dell'imprenditore possano contenere net- plesso di questi funghi ad habitus terricolo si ritiene<br />
tamente il numero dei trattamenti contro il parassi- utile:<br />
ta: infatti livelli di infestazione medio-bassa, solita- - adoperare varietà resistenti e materiale di pro-
pagazione sano;<br />
- evitare le semine troppo anticipate;<br />
- effetuare lunghe rotazioni (il Fusarium oxysporum<br />
è dotato di organismi di quiescenza che lo<br />
possono conservare per decine di anni);<br />
- studiare la precessione colturale, poiché in alcuni<br />
casi anche le colture arboree o la vite possono lasciare<br />
una carica infettiva di funghi pericolosi per il<br />
<strong>melone</strong> (Verticillium);<br />
- razionalizzare l'irrigazione che altrimenti può divenire<br />
fattore predisponente alle infezioni;<br />
- mantenere le piante in buone condizioni vegetoproduttive<br />
ed evitare lesioni all'apparato radicale.<br />
Le esperienze esposte costituiscono solo i primi<br />
risultati dell'attività progettuale che se per alcuni aspetti<br />
incoraggianti, non costituiscono che un punto di<br />
partenza.<br />
Infatti la necessaria razionalizzazione della difesa<br />
fitosanitaria, è legata ad una sempre più marcata<br />
collaborazione fra imprese agricole e assistenza tecnica,<br />
basata sull'offerta di un vero e proprio pacchetto<br />
di servizi di consulenza agronomica e fitopatologica.<br />
Per mettere a punto tale pacchetto, occorre proseguire<br />
le attività progettuali privilegiando i seguenti<br />
obiettivi:<br />
1. avviare collaborazioni specialistiche per incrementare<br />
il potenziale tecnico scientifico del pro-<br />
43<br />
getto su precise tematiche diagnostiche (es. determinazione<br />
dei ceppi Fusarium spp.);<br />
2. verificare in campo i limiti e l'applicabilità delle<br />
soglie di intervento e dei metodi di monitoraggio<br />
proposti della letteratura scientifica per<br />
l'afide nero e indagare ulteriormente sulla dannosità<br />
di B. tabaci;<br />
3. approfondire la conoscenza sul ruolo dell'entomofauna<br />
utile nel controllo di questi parassiti;<br />
4. proporre una lista positiva di p.a. caratterizzati<br />
da efficacia, limitata tossicità, selettività e convenienza<br />
economica da aggiornare sulla scorta<br />
di prove di campo;<br />
5. mettere a punto la tecnica di esecuzione dei trattamenti<br />
in relazione alle diverse avversità;<br />
6. definire le "buone tecniche di coltivazione" con<br />
particolare riguardo a quelle alternative di controllo<br />
delle avversità;<br />
7. diffondere le acquisizioni relative agli argomenti<br />
prima menzionati con apposite campagne divulgative;<br />
8. verificare (in corso d'opera e alla fine) la ricaduta<br />
delle acquisizioni e la raccolta di tutti gli<br />
elementi utili per eventuali revisioni degli obiettivi<br />
progettuali e delle metodologie adoperate.
Problematiche relative alle fusariosi del <strong>melone</strong> <strong>d'inverno</strong><br />
Corazza L. (Istituto Sperimentale per la Patologia Vegetale di Roma)<br />
Una delle principali patologie fungine del <strong>melone</strong>,<br />
e in particolare del <strong>melone</strong> <strong>d'inverno</strong>, è la tracheofusariosi,<br />
causata da Fusarium oxysporum Schlecht<br />
f. sp. melonis (Leach et Currence) Snyder et<br />
Hansen (Fom), un micete che vive e si moltiplica nel<br />
terreno. L'andamento della malattia e la sintomatologia<br />
sono differenti a seconda del rapporto tra l'ospite<br />
(cultivar, popolazioni locali), l'ambiente (condizioni<br />
pedoclimatiche, agrotecniche adottate, anche<br />
negli anni precedenti) e il patogeno (razza fisiologica,<br />
gruppo di compatibilita vegetativa delle popolazioni<br />
fungine). Al Sud la malattia è molto dannosa sia<br />
in pieno campo sia in coltura protetta.<br />
La sindrome può essere di tipo acuto, con avvizzimento<br />
improvviso, manifestandosi in genere all'inizio<br />
della fioritura, a partire dall'alto, come di regola<br />
accade per la tracheomicosi, oppure si può assistere<br />
ad un graduale appassimento della pianta. Internamente,<br />
si producono gli imbrunimenti caratteristici<br />
delle tracheomicosi. In seguito, alla base del fusto,<br />
compare un essudato gommoso, che può contenere<br />
micro e macroconidi del fungo e può contribuire alla<br />
diffusione della malattia, anche per via aerea.<br />
Un aspetto di rilievo è rappresentato dall'infezione<br />
sui frutti, che può rimanere latente e manifestarsi,<br />
in particolari condizioni di temperatura e di umidità,<br />
anche molti giorni dopo la raccolta. Questo ha sollecitato<br />
una serie di ricerche sulla prevenzione e cura dei<br />
marciumi, soprattutto in post-raccolta (Brigati e Gori,<br />
1986). I frutti possono essere infettati già in campo,<br />
oppure attraverso la ferita peduncolare o altre lesioni,<br />
al momento della raccolta e/o nelle fasi successive<br />
(carico, scarico, immagazzinamento); osservazioni<br />
di campo hanno evidenziato come la pacciamatura<br />
riduca l'incidenza del marciume dei frutti.<br />
I frutti sono suscettibili, oltre che a F. oxysporum,<br />
anche a diverse altre specie di Fusarium (Marziano et<br />
al., 1993). Di recente, ad esempio, da frutti con marciume<br />
apicale di una popolazione locale a corteccia<br />
gialla, è stato isolato F. culmorum, patogeno polifago,<br />
che può provocare danni su numerose altre colture,<br />
ortive e cerealicole. L'infezione, dall'esterno,<br />
può passare all'interno dei frutti, fino a contamina-<br />
re i semi. Per questo motivo, è molto importante,<br />
per la produzione dei semi, partire da frutti sani; i semi,<br />
poi, estratti e conservati nelle migliori condizioni,<br />
devono essere conciati con fungicidi, come di norma<br />
viene fatto dalle Ditte produttrici.<br />
Non di rado, dalla parte basale di piante che presentano<br />
ingiallimento ed appassimento delle foglie, è<br />
stato isolato Fusarium solani (Mart.) Appel et Wollenw.<br />
emend. Snyd. et Hans., fungo con habitat prevalentemente<br />
terricolo, come, del resto Fom. Mentre<br />
la tracheofusariosi è causata da un fungo con stretta<br />
specializzazione nei confronti del <strong>melone</strong>, il F. solani<br />
isolato dalle piante (colletto e radici), potrebbe<br />
appartenere alla forma speciale cucurbitae, segnalata<br />
anche su altre Cucurbitacee, come zucca e cocomero.<br />
F. solani può indurre, oltre al marciume del colletto<br />
e delle radici anche marciume molle dei frutti. E<br />
stata dimostrata l'esistenza di due distinte popolazioni<br />
del fungo, la razza 1 che colpisce piante e frutti, e<br />
la razza 2, che colpisce soltanto i frutti. Entrambe queste<br />
specie di Fusarium possono infettare e/o contaminare<br />
il seme; la possibilità di trasmissione per seme<br />
di F. solani sembra più elevata rispetto a Fom; anche<br />
se non è nota l'importanza pratica di questo fenomeno,<br />
un trattamento conciante ai semi dovrebbe<br />
essere efficace almeno nei confronti di queste due spe-<br />
Pianta di <strong>melone</strong> <strong>d'inverno</strong> nella fase di inizio fioritura con evidenti sintomi<br />
di tracheofusariosi.<br />
cie di Fusarium. Entrambi questi patogeni sopravvivono<br />
a lungo nel terreno, fino a 10 anni e di Fom<br />
oltre, soprattutto grazie alla produzione di clamidospore,<br />
organi durevoli a parete spessa, che possono<br />
trovarsi nel terreno anche in profondità. La produzione<br />
di clamidospore è uno dei fattori che rendono<br />
45
Tipica manifestazione di tracheofusariosi in prossimità della raccolta.<br />
difficile il contenimento della malattia attraverso interventi<br />
colturali, come le rotazioni, anche perché Foni<br />
può sopravvivere saprofiticamente su residui colturali,<br />
sia di <strong>melone</strong> sia di altre specie vegetali. Esperienze<br />
di trattamento del terreno con fumiganti, anche<br />
a dosi elevate, non hanno avuto risultati molto incoraggianti;<br />
inoltre è stato anche dimostrato come<br />
Fom sia capace di colonizzare nuovamente i terreni<br />
trattati con biocidi ad ampio spettro di efficacia sia<br />
per l'aumentata produzione di propagoli infettivi sia<br />
per la maggiore estensione dell'area infestata dal patogeno,<br />
a causa della mancanza e/o scarsità di microrganismi<br />
competitori (Marois et al., 1982). La natura<br />
del suolo influenza notevolmente la gravità della<br />
malattia; infatti, i vari terreni, per le loro caratteristiche<br />
microbiologiche, hanno la facoltà di favorire<br />
o, ostacolare lo sviluppo del patogeno. La competizione<br />
nei confronti di Fom può essere esercitata da<br />
specie di Fusarium saprofite e, tra queste, da F. oxysporum<br />
non patogeni, ma anche da attinomiceti e da<br />
batteri antagonisti. Come è noto anche per altri binomi<br />
ospite/patogeno, la presenza di nematodi galligeri<br />
(Meloidogyne spp.) può ridurre o annullare la<br />
resistenza a Fom. L'innesto delle piante di <strong>melone</strong> su<br />
piede resistente (ad es. Cucurbita ficifolia o Cucumis<br />
metuliferus) può essere un mezzo valido per contenere<br />
sia gli attacchi di nematodi sia l'infezione da<br />
Fom. Si tratta, tuttavia, di un approccio costoso (Ferrari,<br />
1998). Lo sfruttamento della capacità repressiva<br />
di alcuni terreni può rappresentare un promettente<br />
mezzo di controllo della tracheofusariosi del <strong>melone</strong>,<br />
ma necessita per l'applicazione pratica di ulteriori indagini<br />
(Garibaldi, 1988). Troppa poca attenzione è<br />
stata data, probabilmente, anche alla possibilità di controllo<br />
con la tecnica della solarizzazione, che indu-<br />
ce una parziale sterilizzazione del terreno, nonostante<br />
alcuni risultati incoraggianti siano stati ottenuti<br />
in coltura protetta nell'Italia Centrale (Vannacci et al,<br />
1993; Corazza 1995 dati non pubblicati). La difficoltà<br />
di controllo della tracheofusariosi è legata non<br />
solo alla capacità dell'agente patogeno di sopravvivere<br />
a lungo nel terreno e alle difficoltà correlate al<br />
trattamento del terreno con mezzi chimici, ma anche<br />
alla variabilità genetica delle popolazioni patogene,<br />
espressa in genere attraverso l'identificazione<br />
delle razze, che vengono determinate infettando, in<br />
condizioni standard, una serie di differenziali dei quali<br />
è nota la base genetica. In Italia, sono state identificate<br />
le quattro razze fisiologiche del patogeno finora<br />
note (1,2,1-2 ceppo "wilt", 1-2 ceppo "yellow") (Cappelli<br />
et al., 1995; Tanietti et al., 1994). È da segnalare<br />
in particolare la razza 1-2, dotata di geni di virulenza<br />
in grado di superare i geni di resistenza (Fom<br />
1 e Fom 2) introdotti nelle varietà commerciali di <strong>melone</strong>.<br />
Infatti, l'uso sempre più frequente e ripetuto negli<br />
anni, di cultivar resistenti alle razze 0,1 e 2 ha certamente<br />
esercitato una pressione selettiva sulle popolazioni<br />
di Fom presenti nei nostri terreni, selezionando<br />
quelle con fattori di virulenza capaci di superare<br />
i fattori di resistenza delle cultivar più comunemente<br />
coltivate. Molto poco è noto per le zone di coltura<br />
del <strong>melone</strong> <strong>d'inverno</strong> sia per quanto riguarda le<br />
razze di Fom sia per il comportamento delle diverse<br />
popolazioni locali della cucurbitacea nei confronti<br />
delle Fusariosi. Nell'ambito del Piano Nazionale "Orticoltura"<br />
finanziato dal Ministero per le Politiche<br />
Agricole, l'Istituto Sperimentale per la Patologia Vegetale<br />
ha intrapreso un programma di ricerca che prevede<br />
la caratterizzazione delle popolazioni patogene<br />
di Fom nelle zone di coltura del <strong>melone</strong> <strong>d'inverno</strong><br />
e l'analisi della resistenza delle popolazioni delle cucurbitacea<br />
più interessanti per caratteristiche agronomiche.<br />
Questo lavoro è di supporto all'attività di<br />
miglioramento genetico per resistenza alla tracheofusariosi,<br />
svolta dall'Istituto Sperimentale per l'Orticoltura<br />
e in particolare della Sezione di Monsampolo<br />
(AP); inoltre contribuisce alla valorizzazione e<br />
alla difesa della conservazione delle risorse genetiche<br />
di una specie tipica delle regioni meridionali e<br />
della Sicilia in particolare.
Bibliografia 47<br />
I ) Brigati S., Gori P, 1986. Prevenzione dei marciumi<br />
da Fusarium oxysporum dei meloni dopo<br />
la raccolta. Informatore Fitopatologico, 37, 5,<br />
33-34.<br />
2) Cappell C, Stravato V.M., Buonaurio R., 1995.<br />
Tracheofusariosi del <strong>melone</strong>, osservazioni nel<br />
periodo 84-94. Colture Protette, 12, 69-71.<br />
3) Ferrari V., 1988. Fusarium e nematodi galligeni,<br />
due avversità del <strong>melone</strong> di difficile controllo<br />
chimico. L'Informatore Agrario, 53, suppl. 3,48-<br />
50.<br />
4) Garibaldi A., 1988. Recenti sviluppi concernenti<br />
le malattie fungine del <strong>melone</strong>. Agricoltura Ricerca,<br />
10,86,67-70.<br />
5) Marois J.J., Dunn M.T., Papavizas G.C., 1982.<br />
Reinvasion of fumigated soil by Fusarium oxysporum<br />
f. sp. melonis. Phytopathology, 73, 680-<br />
684.<br />
6) Marziano E, Vanni B., Noviello C, 1993. Marciume<br />
dei frutti di <strong>melone</strong> da Fusarium incarnatum.<br />
Informatore Fitopatologico, 43, 11, 29-<br />
32.<br />
7) Tamietti G., D'Ercole N., Zoina A., 1994. Frequenza<br />
e distribuzione delle razze fisiologiche di<br />
Fusarium oxysporum f. sp. melonis in Italia. Petria,<br />
4, 103-110.<br />
8) Vannacci G., Panattoni A., Materazzi A., Triolo<br />
E., 1993. Esperienze di solarizzazione del terreno<br />
per la lotta contro Fusarium oxysporum in<br />
coltura protetta. Colture Protette, 1/Suppl., 69-<br />
72.<br />
9) * Estratto della relazione presentata alla Giornata<br />
di Studio "<strong>Il</strong> <strong>melone</strong> <strong>d'inverno</strong>", il 7 Novembre<br />
1997, Buseto Palizzolo (TP).
La qualità del <strong>melone</strong>: caratteristiche e fattori che la modificano'<br />
Romano D., Leonardi C. - (Istituto di Orticoltura e Floricoltura - Università di Catania)<br />
1. Premessa<br />
<strong>Il</strong> <strong>melone</strong> occupa un posto di grande rilievo nel panorama<br />
dell'orticoltura, testimoniato dai circa 20.000<br />
ettari di superficie e dagli oltre 5 milioni di quintali<br />
di produzione (Tognoni e La Malfa, 1996). In Sicilia,<br />
in particolare, la coltivazione si è estesa negli ultimi<br />
anni ed incide ormai per circa il 30% della superficie<br />
nazionale; le aree elettive di diffusione sono<br />
localizzate in provincia di Trapani, di Agrigento<br />
(Alessandri, 1995) e più recentemente di Ragusa e di<br />
Siracusa. In questa regione la coltivazione fa riferimento<br />
a diverse varietà botaniche, tra cui la inodorus<br />
molto diffusa in Sicilia occidentale.<br />
In rapporto a tale diffusione sempre più avvertito<br />
è il problema della qualificazione del prodotto<br />
per dare riscontro alle specifiche esigenze del mercato.<br />
<strong>Il</strong> problema "qualità" si pone, per molteplici aspetti,<br />
in maniera diversa in rapporto ai gruppi varietali,<br />
più o meno riconducibili alle diverse varietà botaniche,<br />
ai quali corrispondono diversificate tipologie<br />
di prodotto; tra l'altro anche le informazioni disponibili<br />
sul profilo di qualità per alcuni di questi gruppi<br />
(es. meloni cantalupo e retati) sono più numerose<br />
di quelle riguardanti altri, quali ad esempio il <strong>melone</strong><br />
<strong>d'inverno</strong>. Negli ultimi anni, tuttavia, l'interesse<br />
nei confronti di quest'ultimo ha portato ad una maggiore<br />
attenzione verso i diversi aspetti della qualità<br />
dei corrispondenti peponidi (Cassisa et al., 1995).<br />
La breve rassegna che segue costituisce una sintesi<br />
delle conoscenze disponibili in tema di caratteristiche<br />
di qualità delle principali tipologie di <strong>melone</strong><br />
e dei fattori che possono influenzarle.<br />
2. Caratteristiche di qualità<br />
2.1. Caratteristiche esteriori<br />
Le caratteristiche prese più frequentemente in considerazione<br />
sono forma, pezzatura, consistenza, colorazione<br />
(tab. 1 ). Ad alcune di queste fanno riferimento<br />
le norme di commercializzazione stabilite dal-<br />
la Comunità europea (Regolamento n. 1093/97, GU-<br />
CE 17/6/1997). Tali caratteristiche sono notevolmente<br />
variabili in rapporto ai differenti gruppi varietali, almeno<br />
per quanto riguarda dimensioni del peponide e<br />
colorazione dell'epicarpo. Quest'ultima può rappresentare<br />
in alcuni casi un indice del grado di maturazione,<br />
anche se non sempre risulta correlata al contenuto<br />
in solidi solubili, che a sua volta è un parametro<br />
analitico oggettivo della maturazione dei peponidi<br />
(Aulenbach e Worthington, 1974).<br />
La consistenza dei fratti è sempre più presa in considerazione<br />
poiché ad essa sono largamente legate<br />
la serbevolezza (carattere "long shelf lite" e "long life")<br />
e la resistenza alle manipolazioni, caratteri che<br />
si esprimono ai massimi livelli nei meloni <strong>d'inverno</strong><br />
ed anche nelle più recenti costituzioni del gruppo<br />
dei reticulatus. La maggiore consistenza e serbevolezza<br />
dei peponidi di molte nuove cultivar e di conseguenza<br />
la maggiore resistenza alle manipolazioni<br />
post raccolta ed al trasporto, rappresentano l'elemento<br />
che ha negli ultimi anni consentito la localizzazione<br />
della coltivazione in aree talvolta distanti da quelle di<br />
consumo.<br />
2.2. Caratteristiche intrinseche<br />
Le caratteristiche intrinseche più frequentemente<br />
considerate sono colorazione, consistenza, sapore<br />
(tab. 1); anche in questo caso esse si differenziano<br />
notevolmente in funzione della tipologia varietale<br />
e, nell'ambito di questa, in funzione della culti-<br />
Tab. 1 - Caratteristiche di qualità dei peponidi.<br />
Esteriori:<br />
- colorazione<br />
- consistenza<br />
- forma<br />
- pezzatura<br />
Intrinseche:<br />
- colorazione<br />
- consistenza<br />
- sapore<br />
- valore nutrizionale<br />
Lavoro sviluppato nell 'ambito del Programma Operativo CNR-MURST su "Applicazioni di tecnologie innovative per il miglioramento dell 'orticoltura<br />
meridionale ".<br />
49
50<br />
var(Odet, 1991).<br />
La consistenza rappresenta un parametro di qualità<br />
che, con riferimento ad una stessa cultivar, è in<br />
qualche misura legato al grado di maturazione del frutto<br />
(Dumas et al., 1976); alla consistenza è in parte anche<br />
collegata la succosità della polpa.<br />
Indipendentemente dalla tipologia di prodotto, il<br />
sapore rappresenta il parametro cui è principalmente<br />
legato il giudizio di qualità del consumatore (Lester<br />
e Shellie, 1992); esso largamente dipende dalla<br />
"dolcezza" e a sua volta dal contenuto di solidi solubili<br />
(CSS) e anche da numerose componenti aromatiche.<br />
Alcuni di questi parametri mostrano peraltro<br />
gradienti apprezzabili passando dalla zona epidermica<br />
a quella carpellare. La parte più interna del<br />
frutto è in media del 25% più zuccherina rispetto al<br />
valore medio dell'intero peponide. Variazioni significative<br />
del contenuto zuccherino possono anche registrarsi<br />
in rapporto all'esposizione al sole dei due<br />
emisferi opposti del frutto (Odet, 1991).<br />
La qualità organolettica del <strong>melone</strong> è anche sostenuta<br />
dal rapporto tra CSS ed acidità (Odet, 1991).<br />
Esistono tuttavia pareri discordi circa le relazioni<br />
tra CSS e qualità (Mutton et al. 1981); Aulenbach e<br />
Worthington (1974) a tal proposito hanno dimostrato<br />
che con valori superiori a 8 °brix non sempre vi<br />
è concordanza tra solidi solubili e gradimento dei consumatori<br />
accertato mediante test sensoriali. Questi ultimi,<br />
in quanto esprimono direttamente le preferenze<br />
del consumatore, non sono, almeno per il momento,<br />
eludibili per l'accertamento della qualità e quindi non<br />
possono essere completamente surrogati da analisi<br />
chimiche e fisiche (Aulenbach e Worthington, 1974).<br />
<strong>Il</strong> valore energetico del <strong>melone</strong> risulta nel complesso<br />
piuttosto modesto (20-40 kcal 100 g) in rapporto<br />
al basso contenuto proteico ed in acidi grassi; il<br />
valore nutrizionale invece è considerato elevato per<br />
la presenza di zuccheri diversi e per l'apprezzabile<br />
contenuto di vitamine e di sali minerali.<br />
3.1 fattori che influenzano la qualità<br />
La qualità del <strong>melone</strong>, come quella di altri prodotti,<br />
è influenzata da molteplici fattori i cui meccanismi<br />
di azione spesso si sovrappongono e non con-<br />
sentono sempre di stabilire precise relazione di causa<br />
ed effetto (tab. 2).<br />
Tab. 2 - Fattori per i quali è stata accertata una<br />
influenza sulla qualità.<br />
- Fattori biologici<br />
- Fattori ambientali<br />
Livello termico<br />
Intensità luminosa<br />
- Mezzi e tecniche colturali<br />
Metodi di coltivazione<br />
Natura del terreno<br />
Innesto<br />
Pacciamatura<br />
Nutrizione minerale<br />
Disponibilità idriche<br />
Qualità dell'acqua<br />
Fitoregolatori<br />
- Epoca di raccolta (stadio di maturazione)<br />
- Modalità di conservazione<br />
3. 1. Fattori biologici<br />
<strong>Il</strong> <strong>melone</strong>, come già ricordato, è una coltura che<br />
presenta un'ampia variabilità intraspecifica, basata<br />
anche su caratteri rilevanti ai fini della qualità dei peponidi<br />
(tab. 3). Alle classiche e tradizionali tipologie<br />
di prodotto (Charentais liscio, retati americani,<br />
italiani e francesi, tipi a lunga conservazione, meloni<br />
invernali tradizionali, ecc.) se ne sono affiancate altre<br />
che presentano caratteristiche "intermedie" (Tognoni<br />
e La Malfa, 1996). Se poi si considera che i diversi<br />
tipi varietali presentano aree elettive di coltivazione<br />
(per il <strong>melone</strong> di inverno la Sicilia, la Puglia<br />
e la Campania costituiscono, ad esempio, le regioni<br />
di maggiore diffusione) emerge come sia difficile discriminare<br />
l'influenza che sulla qualità esercitano il<br />
fattore genetico e quello ambientale.<br />
Le tipologie varietali sottendono notevoli variazioni<br />
con riferimento a solidi solubili, sapore e tessitura.<br />
Nel caso dei solidi solubili, ad esempio, vengono<br />
considerati frutti di buona qualità quelli che presentano<br />
un indice rifrattometrico pari a 12 °Brix per<br />
i meloni tipo cantalupo e 10 °Brix per quelli tipo 'Galia'<br />
(Fady, 1983). Anche nell'ambito dello stesso gruppo<br />
le variazioni in rapporto alla cultivar possono essere<br />
ampie: nel <strong>melone</strong> <strong>d'inverno</strong> ad esempio sono
Tab. 3 - Principali caratteristiche dei frutti dei diversi tipi varietali (Fonte: Gry, 1996 con modifiche).<br />
1. Charentais liscio (frutto rotondo, epicarpo liscio o retato, polpa arancio)<br />
2. Vauclusien (frutto rotondo, epicarpo verde, liscio o retato, polpa arancio, buona serbevolezza)<br />
3. Charentais retato (frutto rotondo, superficie retata, polpa arancio)<br />
4. Galia (frutto rotondo, epicarpo molto retato, verde, giallo a maturità, polpa verde chiaro)<br />
5. Italiano (frutto allungato, epicarpo retato, polpa arancio)<br />
6. Canarino (frutto allungato, epicarpo giallo, polpa gialla o verde)<br />
7. Spagnolo (frutto allungato, epicarpo verde, polpa bianca o verde)<br />
8. Rochet (epicarpo verde scuro, retato e puntegiato)<br />
9. Piel de Sapo (epicarpo verde a maculature giallastre)<br />
10. Tendral (epicarpo verde scuro, screpolato)<br />
11. Euromarket = retati americani (frutto ovale, epicarpo molto retato, polpa salmone molto consistente)<br />
12. Harper (frutto rotondo, epicarpo liscio, verde grigiastro, polpa arancio)<br />
13. Ananas (frutto allungato, epicarpo rugoso verde, giallo a maturità, polpa arancio<br />
14. Honey dew (frutto rotondo, epicarpo liscio di colore beige chiaro, polpa bianca)<br />
stati riscontrati valori di solidi solubili compresi tra<br />
8,4 e 11,5 °Brix (Canzoneri, 1997). Ampia variabilità<br />
è stata riscontrata anche per altri parametri chimici:<br />
nel caso della vit. C ad esempio, in rapporto alle varietà<br />
è stato riscontrato un campo di variabilità compreso<br />
tra 0,16 e 0,57 mg per grammo di peso fresco<br />
(Odet, 1991).<br />
3.2. Fattori ambientali<br />
<strong>Il</strong> calendario di offerta dei meloni, ancorché significativamente<br />
ampliatosi a motivo della diffusione<br />
delle coltivazioni in ambiente protetto, intercetta<br />
solo alcuni periodi dell'anno. L'articolazione degli<br />
agrosistemi (sotto il profilo stagionale, geografico e<br />
dei sistemi e/o delle tecniche colturali) è tuttavia così<br />
rilevante da determinare una elevata variabilità nelle<br />
condizioni che possono influenzare il profilo di qualità<br />
dei frutti.<br />
Temperature notturne relativamente basse ( 10 °C<br />
—> 16 °C) determinerebbero un aumento del residuo<br />
ottico ed un miglioramento del sapore (Moschini et<br />
al., 1987); per contro le più elevate temperature della<br />
serra possono comportare un incremento delle dimensioni<br />
dei frutti (Wacquant, 1974). <strong>Il</strong> fattore termico<br />
si eserciterebbe tuttavia in interazione con quello<br />
luminoso: alla coltivazione del <strong>melone</strong> nel periodo<br />
estivo rispetto a quello primaverile farebbe riscontro<br />
un peggioramento di molti parametri della qualità<br />
(grado rifrattometrico e contenuto in zucchero, ser-<br />
51<br />
bevolezza, consistenza) riconducibile ad una disponibilità<br />
luminosa insufficiente rispetto al livello di<br />
temperature raggiunte (Pardossi et al. 1996). <strong>Il</strong> contenuto<br />
in solidi solubili si abbassa al diminuire dell'intensità<br />
luminosa (Honda e Amano, 1972). In generale<br />
sembra che le condizioni che rallentano, entro<br />
determinati limiti, il ritmo di crescita dei frutti ne migliorino<br />
la qualità (Pardossi et al., 1996); quando i<br />
processi di accrescimento sono più accelerati, come<br />
avviene con l'avanzare della stagione, la qualità dei<br />
frutti per alcuni parametri può risultare modificata in<br />
senso non favorevole (tab. 4).<br />
3.3. Mezzi e tecniche colturali<br />
La natura del terreno, anche per i riflessi sulle<br />
caratteristiche idrologiche, influenzerebbe la qualità<br />
del <strong>melone</strong> (Davis e Schweers 1971): il sapore<br />
è risultato migliore per i frutti ottenuti sui terreni<br />
pesanti rispetto a quelli leggeri (Nerson, 1992; Odet,<br />
1991).<br />
I rilevanti effetti delle disponibilità idriche del terreno<br />
emergono chiaramente dalle reiterate prove condotte<br />
sul <strong>melone</strong> <strong>d'inverno</strong>, riguardanti apporti differenziati<br />
di acqua e contenimento dell'evaporazione<br />
attraverso la pacciamatura (Curatolo e Incalcaterra,<br />
1996a e 1996b). In altri tipi in condizioni di stress idrico,<br />
a fronte di una riduzione del peso unitario, è stato<br />
registrato un significativo aumento del contenuto<br />
zuccherino (Bhella, 1985; Tei e Onofri, 1994; Wells
52<br />
Tab. 4 - Variazioni delle caratteristiche dei peponidi (cv. Dalton) in successive raccolte.<br />
Parametri (g) Raccolta<br />
I (2/7/97) IV (16/7/97)<br />
Peso(g) 1238 1638<br />
Diametro trasversale (cm) 13,6 15,2<br />
Diametro longitudinale (cm) 12,7 13,4<br />
Spessore polpa (mm) 36 40<br />
Spessore epicarpo (mm) 3,5 4,0<br />
Grado rifrattometrico (°Brix) 15,3 12,2<br />
e Nugent, 1980).<br />
La salinità rivestirebbe un ruolo significativo sulla<br />
qualità; l'irrigazione con acqua salina determinerebbe,<br />
infatti, un aumento del contenuto in solidi solubili<br />
(Mendlinger, 1994). Tali risultati tuttavia in alcuni<br />
casi non risultano confermati (Pardossi et al.,<br />
1996; Nukaya et al., 1980); ciò presumibilmente è da<br />
ricondurre ad una diversificata risposta della pianta<br />
allo stress salino nelle diverse fasi del ciclo.<br />
La pacciamatura del terreno, nella misura in cui<br />
migliora le condizioni termiche determinerebbe un<br />
incremento del peso unitario dei peponidi e della percentuale<br />
di solidi solubili ma una riduzione della consistenza<br />
(Izquierdo e Menéndez, 1980).<br />
Condizioni subottimali quanto a disponibilità nutritive<br />
del terreno sembrano comportare una riduzione<br />
del contenuto di solidi solubili totali ed una<br />
attenuazione della retatura sui frutti (Nerson, 1992).<br />
In coltura idroponica, con un puntuale soddisfacimento<br />
delle esigenze nutritive della pianta, si riferi-<br />
sce costantemente di una produzione di elevata qualità<br />
(Kano e Kageyama 1978; Pardossi et al., 1996).<br />
L'uso di prodotti a base di etilene per accelerare il<br />
processo di maturazione ed anticipare la data di raccolta<br />
risulta pregiudizievole ai fini della qualità per<br />
un minore accumulo di solidi solubili nei frutti (Yamaguchi<br />
et al. 1977).<br />
Irrilevanti sembrano i riflessi qualitativi sui peponidi<br />
in funzione di diversi portinnesti utilizzati per<br />
controllare gli agenti biotici avversi presenti nel terreno<br />
(tab. 5).<br />
3.4. Epoca di raccolta<br />
Lo stadio di maturazione, come già detto, comporta<br />
rilevanti variazioni nella composizione dei peponidi<br />
(Eversen, 1983). In linea teorica lo stadio di<br />
raccolta ottimale dovrebbe coincidere con il tenore<br />
massimo di zuccheri e con una soddisfacente consistenza.<br />
Dumas de Vaulx e Aubert (1976) studiando<br />
l'evoluzione di alcuni parametri della qualità del me-<br />
Tab. 5 - Caratteristiche qualitative dei peponidi (cv. 'Supermarket') in rapporto al portinnesto.<br />
Portinnesti Peso unitario Spessore Consistenza Grado<br />
(g) pericarpo polpa rifrattometrico<br />
(mm) (g)* (°B)<br />
Testimone 1397 41 70,1 10,0<br />
Jador 1405 39 92,4 10,5<br />
Accent 1360 38 72,9 8,5<br />
RS 841 1385 40 92,5 9,0<br />
S241 1709 42 86,3 11,9<br />
Belimo 1403 42 103,6 10,5<br />
Medie 1445 40 86,3 10,1<br />
DMS(P=0,05) 129 n.s. n.s. n.s.<br />
* misurata con un penetrometro di forma conica, con angolo di 30°
lone in rapporto alla maturazione, hanno osservato<br />
che l'indice rifrattometrico si innalza fortemente nei<br />
giorni immediatamente precedenti la raccolta (fig. 1);<br />
tali variazioni sono associate nei meloni tipo 'Galia'<br />
ad una rilevante riduzione della consistenza della<br />
polpa (Mizrach et al, 1994).<br />
Le rapide variazioni delle caratteristiche dei frutti<br />
in prossimità della raccolta limitano notevolmente,<br />
almeno in molti tipi, le scelte di ordine temporale per<br />
Evoluzione del contenuto zuccherino nei giorni precedenti lo stadio di maturazione commerciale del frutto (Fonte: Dumas de Vaulx e Aubert, 1976).<br />
quanto riguarda la raccolta stessa. Tali vincoli sono<br />
naturalmente più attenuati nel <strong>melone</strong> <strong>d'inverno</strong> e nelle<br />
più recenti costituzioni di meloni retati.<br />
3.5, Modalità di conservazione<br />
La conservazione dei frutti, entro determinati limiti<br />
temporali e con idonee modalità, appare possibile<br />
senza sostanziali pregiudizi per la qualità del prodotto.<br />
In ogni caso i tempi di conservazione sono largamente<br />
condizionati dal tipo varietale: più serbevole,<br />
fra tutti, è il <strong>melone</strong> <strong>d'inverno</strong>.<br />
Altri fattori che possono interagire con le caratteristiche<br />
qualitative in fase di conservazione sono lo<br />
stadio di maturazione alla raccolta, la temperatura (fig.<br />
2), l'impiego di atmosfera controllata, l'uso di fungicidi,<br />
l'adozione di pellicole protettive; la moda-<br />
53<br />
lità d'imballaggio (Gilbart e Dedolph, 1964; Miyazaki<br />
e Ookubo, 1989; Martinez-Javega et al. 1983).<br />
<strong>Il</strong> ricorso alla conservazione in atmosfera controllata,<br />
pur fornendo i migliori risultati sotto il profilo<br />
temporale, si riflette negativamente sul profilo<br />
aromatico dei peponidi (Steward 1979). Anche<br />
l'uso di pellicole protettive determinerebbe un peggioramento<br />
del sapore dei frutti (Collins et al.,<br />
1990).<br />
4. Conclusioni<br />
La qualità dei frutti del <strong>melone</strong> non può essere<br />
ricondotta ad uno standard ben definito a motivo delle<br />
numerose varianti che intervengono nel relativo determinismo.<br />
Per i riflessi diretti o indiretti sulla qualità<br />
rilevanti appaiono non solo fattori di natura genetica,<br />
ma anche numerosi altri riconducibili agli ambienti<br />
ed ai cicli di coltivazione, ai mezzi ed alle tecniche<br />
colturali, allo stadio di raccolta, alla stessa manipolazione<br />
e conservazione dei frutti.<br />
Con riferimento ai fattori di natura genetica non è<br />
trascurabile il fatto che le cultivar utilizzate facciano<br />
riferimento a diversi raggruppamenti interspecifici<br />
distinguibili in larga misura sulla base di parametri<br />
che esprimono e sostengono la qualità dei frutti. <strong>Il</strong><br />
miglioramento genetico, inoltre, ha condotto di re
54<br />
Evoluzione della consistenza dei frutti, misurata con un penetrometro del diametro di 8 mm ed espressa in grammi, in rapporto alla temperatura di conservazione<br />
(Fonte: Dumas de Vaulx e Aubert, 1976).<br />
cente alla costituzione di tipi con caratteri intermedi<br />
per i quali la definizione degli standard di qualità<br />
è più complessa ed aleatoria.<br />
Anche sul versante dell'accertamento e della misura<br />
dei parametri che sostengono la qualità la questione<br />
non è semplice dato che alcuni di questi, quali<br />
il sapore, l'aroma, spesso apprezzati solo a livello<br />
sensoriale ed imprescindibili per esprimere un giudizio<br />
di qualità dei peponidi, sono di difficile determinazione.<br />
In conclusione la via da percorrere appare quella<br />
di definire tanti standard di qualità quanti sono i "tipi<br />
varietali" in cui si articola l'offerta del <strong>melone</strong> ed<br />
in rapporto ai contesti agroclimatici più significativi.<br />
La "tipicizzazione" del prodotto appare necessaria<br />
premessa per rispondere in maniera sempre più adeguata<br />
alle esigenze del mercato. In questa direzione<br />
si muovono, specificatamente per il <strong>melone</strong> <strong>d'inverno</strong>,<br />
alcune recenti iniziative (es. costituzione del Consorzio<br />
Nuara) assunte nella Sicilia occidentale e rivolte<br />
alla caratterizzazione e valorizzazione del prodotto.
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Relazioni ed interventi della sessione pomeridiana 57<br />
Aspetti qualitativi del <strong>melone</strong>, varietà "Inodorus"<br />
Canzoneri M., (E.S.A. Laboratorio di analisi chimiche - Palermo)<br />
Nel corso del 1995 si è sviluppato, su proposta<br />
dell' AA.FF., il "Progetto Melone", volto alla valorizzazione<br />
delle cv. afferenti alla varietà' "Inodorus"<br />
che, in Sicilia, viene coltivato in aree particolarmente<br />
vocate.<br />
L'obiettivo è stato quello di "conoscere" questo<br />
frutto mettendone in luce le caratteristiche qualitative,<br />
presupposto indispensabile per l'identificazione<br />
di un prodotto e, di conseguenza, per una sicura commercializzazione<br />
.<br />
Chi produce, ormai, per essere competitivo, deve<br />
operare scelte varietali indirizzate verso cv. che,<br />
oltre ad avere caratteri di elevata precocità e produttività,<br />
abbiano uniformità di caratteristiche morfologiche<br />
(pezzatura media dei frutti, cavità ovarica<br />
ridotta, polpa consistente) e uniformità di caratteristiche<br />
organolettiche (buon titolo zuccherino, sapore,<br />
Tabella 1 - parametri qualitativi in considerazione<br />
metodologia usata per l'analisi).<br />
Nel considerare i risultati dell'indagine abbiamo<br />
tenuto in considerazione soprattutto le caratteristiche<br />
fondamentali per la valutazione commerciale,<br />
che sono:<br />
- la resa in prodotto utile, l'indice tenderometrico, il<br />
residuo secco rifrattometrico.<br />
- la resa in prodotto utile è espressa dalla misura dello<br />
spessore della buccia e della polpa e dall' ampiezza<br />
della cavità ovarica;<br />
- l'indice tenderometrico esprime il grado di consistenza<br />
della polpa permettendo di stimare, con buona<br />
approssimazione, se il frutto è adatto alla commercializzazione;<br />
- il residuo secco rifrattometrico indica il contenuto<br />
in zuccheri solubili, determinanti per il gusto e per<br />
l'aroma.<br />
Fisici Spessore polpa Peso buccia Misura della forza: altezza,<br />
Spessore buccia Peso polpa diametro<br />
Cavità placentare Peso medio del frutto Rapporto alt./diam.<br />
RSR: indice del contenuto in solidi solubili, in particolare degli zuccheri (rifrattometro ottico)<br />
Fisico - Chimici Indice tenderometrico (Penetrometro, Kg/0,5 cm 2 )<br />
Contenuto in acqua<br />
Acidità (Titolazione con NaOH N/10 fino a pH 8,1)<br />
Rapporto zuccheri / acidi<br />
ph (pHmetro)<br />
Sensoriali<br />
Colore Sapore<br />
Odore Consistenza<br />
profumo, serbevolezza e resistenza ai trasporti).<br />
Tenendo, quindi, presente questi aspetti, sulla base<br />
di lavori svolti da altri Istituti di ricerca, sia in Italia<br />
che in Francia abbiamo messo a punto una metodologia<br />
analitica per la valutazione organolettica del<br />
<strong>melone</strong> <strong>d'inverno</strong>, svolgendo un lavoro d'indagine negli<br />
anni '95, '96 e '97, in modo da avere dei dati indicativi<br />
sugli aspetti qualitativi del <strong>melone</strong> <strong>d'inverno</strong>.<br />
Nella tabella 1 sono schematizzate le caratteristiche<br />
qualitative afferenti ai parametri fisici e ai parametri<br />
analitici ricercati nei tre anni (tra parentesi la<br />
Secondo le indicazioni del CEMAGREF (Ente che<br />
in Francia si occupa della qualità della frutta e dei suoi<br />
metodi di misura) l'indice tenderometrico del <strong>melone</strong><br />
deve essere compreso fra 0,5 e 1,5 Kg/0,5 cm2 (vedi<br />
Tab. SOGLIE QUALITATIVE RACCOMAN-<br />
DATE PER I MELONI - Fonte Cemagref).<br />
<strong>Il</strong> valore degli zuccheri, espressi in °Brix, deve<br />
essere compreso fra 10 e 12% per garantire un valore<br />
gustativo accettabile; deve, invece, essere maggiore<br />
del 12% per assicurare un elevato valore gustativo.
58<br />
Soglie qualitative raccomandate per i meloni (Fonte Cemagref)<br />
Indice Tenderometrico<br />
Consistenza della polpa compresa tra 0,5 e 1,5<br />
Kg/0,5cmq<br />
Indice Rifrattometrico (espresso in °Brix)<br />
< 9% Valore gustativo scadente<br />
fra 10 e 12% Valore gustativo accettabile<br />
> 12% Valore gustativo buono<br />
A Rilevazione manuale del grado Brix<br />
(da; Le Melon -J. Odel - Ed. Clilf)<br />
Tecnica di rilevamene della durezza della polpa<br />
(da: Le Melon -./. Odet - Ed. Clilf)<br />
Rijrallomelro e scala graditala (unità di 0,2) visibile nell'oculare<br />
di un rifrattometro; in questo caso il punto di intersezione fra zona<br />
chiara e scura corrisponde ad un valore di 16,8<br />
DATI MEDI 1995<br />
La determinazione delle caratteristiche qualitative<br />
è stata eseguita sui meloni provenienti dagli stessi<br />
campi di cui è stata svolta, in un primo tempo, l'analisi<br />
fisico-chimica dei suoli. Sono stati esaminati<br />
11 campioni formati da 6 frutti ciascuno, provenienti<br />
dalle S.O.A.T. di Buseto e Paceco e dalle S.O.P.A.T.<br />
di Salemi e Camporeale; per i meloni gialli gli ecotipi<br />
sono stati Helios, Madras e Campero, provenienti<br />
da filari pacciamati e non pacciamati; per i meloni<br />
verdi, l'ecotipo Purceddu.<br />
I frutti sono pervenuti in laboratorio dalla 2" metà<br />
di luglio fino ai primi di settembre e analizzati entro<br />
1 settimana dalla raccolta.<br />
I risultati del 1 ° anno d'indagine ci hanno permesso<br />
innanzitutto di distògliere i meloni gialli, in base al-<br />
la forma, in due gruppi: ovale (corrispondente allo<br />
Helios) e ovale-allungato (corrispondente al Madras<br />
e Campero) (vedi Tabella "indice di forma").<br />
Infatti, il rapporto tra altezza e diametro dell'Helios<br />
è intorno a 1,2, corrispondente alla morfologia<br />
ovale, mentre quello del Madras e del Campero è maggiore<br />
di 1,3, corrispondente alla forma ovale-allungata.
La resa in prodotto utile è a vantaggio della cv. Helios:<br />
i dati medi evidenziano uno spessore della polpa<br />
elevato e una cavità placentare inferiore rispetto a<br />
quella delle altre due cultivars.<br />
<strong>Il</strong> peso medio varia da un minimo di 1500 gr. ad<br />
un massimo di 2600 gr.<br />
Per quanto riguarda le caratteristiche organolettiche<br />
dei frutti, i valori del R.S.R. misurati sul succo<br />
non sono risultati elevati. A tal proposito bisogna<br />
precisare che il grado zuccherino misurato sul<br />
succo, estratto dalla polpa frullata si differenzia solo<br />
di un punto rispetto a quello misurato facendo cadere<br />
alcune gocce di un pezzetto di polpa prelevata<br />
dalla parte mediana della sezione trasversale del <strong>melone</strong>,<br />
come abbiamo potuto constatare dalle indagini<br />
del 2° anno in cui è stato rilevato il grado zuccherino<br />
sia sul succo che, direttamente, dal frutto.<br />
Le cause del basso grado zuccherino potrebbero<br />
essere state due: la raccolta effettuata prima della maturazione<br />
completa e le tracheomicosi che hanno colpito<br />
buona parte della coltura in quell'anno.<br />
11 rapporto zuccheri - acidi (RSR/A) varia da un<br />
Tabella D MEDIE PACCIAMATI Dati medi 1995<br />
59<br />
feriore a 6, fermo restando un valore del RSR, espresso<br />
in °Brix, superiore al 10%.<br />
Guardiamo, ora, i dati medi dell' ecotipo "Purceddu",<br />
il verde. I dati morfologici indicano una resa<br />
in prodotto utile elevata, infatti la polpa è abbastanza<br />
spessa e il cavo placentare non troppo ampio; le caratteristiche<br />
qualitative (che ricordo essere l'indice<br />
tenderometrico o consistenza della polpa, il tenore<br />
zuccherino espresso come RSR e la quantità di acidi)<br />
dimostrano che i frutti non erano ancora adatti per<br />
il consumo immediato, ma certamente, con l'evolversi<br />
della maturazione avrebbero raggiunto i valori<br />
ottimali per il consumo.<br />
Questo conferma la destinazione tipica del <strong>melone</strong><br />
verde, che è quella di poter essere conservati<br />
fino all'inverno.<br />
<strong>Il</strong> secondo anno del lavoro inerente al "progetto<br />
<strong>melone</strong>" ha approfondito l'indagine conoscitiva prevalentemente<br />
per la cultivars Helios dato che, il primo<br />
anno di indagine ha evidenziato le migliori caratteristiche<br />
di questa varietà, rispetto alle altre (Campero<br />
e Madras).<br />
Provenienza cv. peso altezza diam. alt./ spess. spess. peso peso cavità indice acqua estratto ceneri acidità RSR RSR pH colore epidermide<br />
gr. mm. mm. diam. buccia polpa buccia polpa placentare tenderom. secco % meq./ % /A<br />
mm. mm. gr. gr. % Kg.0,5cm 2 tot. % est. 100ml % L* A*, B*<br />
SALEMI Helios 2433 207 163 1,28 6,45 38,70 742 1530 12,17 1,70 88,41 11,71 3,29 1,80 10,40 5,80 5,65 75,63 1,23 76,46<br />
Campero 2008 220 143 1,52 7,12 34,70 622 1216 14,17 1,28< 87,90 12,11 3,68 1,91 10,80 5,87 5,65 77,09 0,46 73,7<br />
BUSETO Helios 2383 201 164 1,22 8,20 35,80 657 1591 13,37 1,40x 87,05 12,95 4,90 2,20 11,30 5,10 5,90 72,79 6,42 77,88<br />
Madras 2608 263 151 1,73 10,00 27,00 1086 1362 19,42 1,46 86,66 13,34 3,12 2,20 11,50 5,20 5,70 71,62 3,26 73,17<br />
PACECO Helios 1542 180 138 1,30 7,09 28,50 569 844 13,80 1,78 88,56 11,44 4,31 1,67 9,82 6,02 6,10 76,38 -2,03 72,16<br />
Campero 1950 233 139 1,65 7,58 30,42 669 1133 15,30 1,31 88,72 11,29 4,84 1,56 9,88 6,37 6,20 77,75 -4,97 64,63<br />
MEDIE NON PACCIAMATI<br />
BUSETO Helios 2617 212 170 1,24 8,33 33,33 791 1685 10,89 1,45 89,11 10,89 4,60 1,42 9,68 7,07 5,87 73,94 1,85 74,53<br />
Campero 1733 223 140 1,57 10,00 25,00 685 929 16,95 1,65 90,54 9,46 5,45 1,37 8,37 6,37 5,98 76,55 -5,72 66,4<br />
SALEMI Helios 2133 196 159 1,23 8,17 33,33 665 1348 12,21 1,77 87,26 12,82 5,36 1,88 11,18 6,00 5,93 60,09 -5,01 62,6<br />
Campero 1617 211 133 1,58 7,25 25,20 570 874 17,48 1,23 88,87 11,13 4,79 1,70 10,03 6,00 5,97 77,26 -5 65,51<br />
CAMPO- Purceddu 2633 200 176 1,14 8,00 34,17 950 1596 14,16 2,45 87,17 12,83 3,91 1,58 10,78 7,57 6,03 26,67 3,27 4,84<br />
REALE<br />
minimo di 5,10 a un massimo di 7,57.<br />
Questi due componenti, in quantità equilibrate fra<br />
loro, influenzano positivamente il gusto del frutto, in<br />
base alle valutazioni soggettive di assaggio, in laboratorio<br />
abbiamo riscontrato che i meloni migliori<br />
sono risultati quelli con un rapporto RSR/ A non in-<br />
Anche in questo caso i parametri determinati sono<br />
stati quelli più rispondenti alle esigenze dei melonicoltori;<br />
contemporaneamente si sono ricercati<br />
il contenuto in acido ascorbico (vit. C) e in potassio,<br />
interessanti dal punto di vista nutrizionale e salutistico.
60<br />
DATI MEDI '96<br />
Sono stati esaminati 8 campioni formati da 6 frutti<br />
ciascuno provenienti dalle SOAT di Buseto, Paceco<br />
e S.Cipirello e dalle SOPAT di Salemi e Camporeale.<br />
I frutti, provenienti quasi tutti da colture non<br />
pacciamate, sono stati analizzati anche a distanza di<br />
alcuni giorni rispetto a quello di raccolta.<br />
Dalle medie aritmetiche risultanti, si nota come<br />
i valori abbiano subito un incremento rispetto all'anno<br />
precedente, rientrando perfettamente nelle soglie<br />
qualitative raccomandate per i meloni.<br />
<strong>Il</strong> contenuto medio in acido ascorbico e in potassio<br />
è risultato buono. Relativamente a questo elemento,<br />
da studi effettuati, sembra che il suo contenuto<br />
sia correlato alla croccantezza della polpa; non è stato<br />
possibile confermare tale correlazione, ma sarebbe<br />
interessante, in futuro, verificarla partendo dalla<br />
conoscenza della dotazione in potassio assimilabile<br />
nel suolo, fino all'analisi del frutto.<br />
DATI MEDI '97 (Tabella)<br />
1 meloni delle cv. Helios e Campero, analizzati<br />
il 3° anno negli aspetti strettamente commerciali, risultano<br />
ottimi con una precisa corrispondenza tra grado<br />
zuccherino, espresso come sostanza secca solubile,<br />
e grado di consistenza della polpa (indice di maturazione);<br />
soltanto i meloni della zona di Paceco si<br />
discostano dalle medie, in particolare per l'elevato<br />
peso dei frutti (3700 gr., in media)<br />
Dati medi 1997<br />
CONSIDERAZIONI CONCLUSIVE<br />
Nell'ambito del nostro studio, strettamente indicativo,<br />
per le buone caratteristiche biometriche e qualitative<br />
sono emersi i meloni afferenti alla cv. Helios.<br />
Anche la cv. Campero ha dato ottimi risultati, specie<br />
quest'anno, anche se la resa in prodotto utile è bassa<br />
a causa dell'ampia cavità ovarica che riduce lo spessore<br />
della polpa.<br />
<strong>Il</strong> peso dei frutti "Helios" oggetto dell'indagine<br />
è risultato molto difforme nel 1° e 2° anno, mentre nel<br />
3° anno il peso medio è risultato più uniforme, oscil
lando tra i 2100 gr. e i 2600 gr. (con l'eccezione dei<br />
frutti provenienti da Paceco, di maggior calibro).<br />
Le analisi di laboratorio confermano che, all'assaggio,<br />
il gusto migliore corrisponde ad un RSR maggiore<br />
di 12, ed è ottimo quando corrisponde a 14<br />
°Brix.<br />
La consistenza della polpa ha dato, nei tre anni,<br />
valori medi da un minimo di 0,8 Kg/0,5 cmq ad un<br />
massimo di 1,9 Kg/0,5 cmq. Non si è evidenziata una<br />
corrispondenza tra la diminuzione dell'indice denderometrico<br />
e l'aumento del grado zuccherino.<br />
La quantità di potassio e il contenuto in acido<br />
ascorbico sono risultati significativi dando valore al-<br />
61<br />
le cultivars di questo frutto dal punto di vista nutrizionale.<br />
Nell'ambito delle caratteristiche biometriche,<br />
morfologiche e qualitative non si sono evidenziate<br />
particolari differenze tra la coltura pacciamata e quella<br />
non pacciamata, almeno per le analisi del '95.<br />
I valori risultanti dalle analisi dei frutti di <strong>melone</strong><br />
verde Purceddu confermano, per come già precedentemente<br />
riportato, le caratteristiche particolari<br />
di questo ecotipo, quali una elevata resa in prodotto<br />
utile e un R.S.R. potenzialmente ottimo, a completa<br />
maturazione, anche dopo un lungo periodo di conservazione.
Strategie commerciali per una migliore penetrazione nel mercato tradizionale<br />
Piazza R., (AB Mercati s.r.l. di Bologna)<br />
La penetrazione commerciale dei "meloni gialli",<br />
sui mercati del centro e nord Italia, deve avere come<br />
premessa la concentrazione dell'offerta ed una<br />
corretta comunicazione per il consumatore.<br />
Chi scrive, sta ripetendo da anni che i contenuti<br />
della qualità di un prodotto ortofrutticolo, sono passati<br />
da quanto si affermava solo pochi anni fa: "fresco-bello-buono<br />
e sano" a quanto si afferma ora e sarà<br />
sempre più affermato domani, e cioè il contenuto di<br />
servizi che deve trascinarsi dietro il nostro prodotto,<br />
che deve, giocoforza, essere: "ben conservato, ben<br />
selezionato, ben imballato, ben presentato, ben trasferito,<br />
deve essere puntuale all'appuntamento col<br />
mercato fisico o con la piattaforma del ridistributore,<br />
avere una massa critica interessante, un prezzo il più<br />
possibile costante o "lungo", una disponibilità per periodi<br />
medio lunghi, deve essere, infine, ben comunicato<br />
con tutti i mezzi che la moderna informazione<br />
ci mette a disposizione".<br />
<strong>Il</strong> consumo del <strong>melone</strong> giallo (tipo Helios o Amarillo)<br />
a polpa bianca, nelle zone del centro e nord Italia,<br />
avviene generalmente nei mesi di settembre, ottobre<br />
e novembre, quando si allenta la pressione dei<br />
meloni a polpa salmonata (si usa dire del tipo Cantalupo)<br />
che vengono prodotti ormai a tutte le latitudini<br />
del Paese e sono presenti già dal mese di marzo<br />
con i precocissimi coltivati nella zona di Pachino.<br />
<strong>Il</strong> tipo cantalupo, nelle sue diverse forme: liscio,<br />
retato, tondo, rezzato, oblungo etc, ha si trovato una<br />
buona risposta da parte dei consumatori, nel momento<br />
in cui è decollata la qualità organolettica (aiutata da<br />
una fitta rete di controlli), ma ritengo che sia stata fondamentale<br />
la ricchezza di servizi che questi prodotti<br />
si sono trascinati dietro, non ultimi la loro lunga persistenza<br />
sul mercato (aiutata anche da varietà selezionate<br />
per la lunga conservazione), la loro uniformità<br />
ed una presentazione in imballaggi sempre più<br />
gradevoli; la comunicazione, che richiama sempre l'aspetto<br />
naturistico della coltura (quale l'impollinazione<br />
naturale con api) dà alla fine un tocco di classe per<br />
chi predilige consumare prodotti per i quali siano state<br />
seguite normative di produzione a lotta integrata o<br />
comunque a basso impatto ambientale.<br />
63<br />
I meloni gialli dei comprensori produttivi compresi<br />
fra Palermo e Trapani, sono, a mio avviso, condannati<br />
ad essere perfetti, sotto tutti i punti di vista:<br />
dal sapore al colore, dalla forma esterna all'uniformità<br />
e questa condanna deriva principalmente dal fatto<br />
che sono i meloni che chiudono la campagna di<br />
commercializzazione dopo che i consumatori hanno<br />
generalmente avuto la possibilità di avvalersi di<br />
un prodotto bello e buono proveniente da altre zone<br />
tipiche di produzione: dal Lazio (Latina) alla Toscana<br />
(Grosseto), dall'Emilia Romagna (Bologna e Ferrara)<br />
alla Lombardia (Mantova) e al Veneto (Adria),<br />
tanto per citare alcune zone tipiche produttive di meloni<br />
medio tardivi.<br />
L'ipotesi di commercializzare il "giallo", anche<br />
durante il periodo di luglio e agosto, è un'ipotesi allettante,<br />
ma in questo momento mi sembra essere valida<br />
solo per poche partite, e comunque solo per quelle<br />
che potrebbero essere richieste una volta che si è<br />
creata una filiera commerciale che abbia fatto già conoscere<br />
questo tipo di <strong>melone</strong> e che abbia creato un<br />
minimo di cordone ombelicale con quella nuova immagine,<br />
con quel nuovo sapore e con quel nuovo<br />
colore, sia fuori che dentro la buccia.<br />
Uno dei punti di debolezza dell'agricoltura meridionale,<br />
ormai tutti lo sanno, è la frammentazione<br />
dell'offerta e la diffusione di centinaia di marchi e immagini,<br />
che, seppur gradevoli, stanno creando una<br />
grande confusione negli acquirenti e nei consumatori:<br />
se si vuole fare un esempio ed un contro esempio<br />
basti pensare alle centinaia di immagini a cui ci<br />
hanno abituato i confezionatori degli agrumi della provincia<br />
di Catania e alle poche unità di immagini che<br />
ci provengono dalle tipiche zone di produzione delle<br />
mele del Trentino o dell'Alto Adige. I meloni "gialli"<br />
non devono commettere lo stesso errore, anzi, è<br />
più che mai opportuno che il consorzio che si è formato,<br />
il NUARA, oltre a preoccuparsi della corretta<br />
collocazione dei meloni sui mercati, si preoccupi anche<br />
di fissare le regole per un corretto impiego di<br />
sementi selezionate e controllate, in maniera di avere<br />
ben chiaro, nel comprensorio, il tipo di materia prima<br />
che si andrà a raccogliere e a proporre.
I meloni sono stati la cartina di tornasole di quanto<br />
è accaduto in questi anni nel mondo dell'ortofrutta<br />
fresca, consumati prevalentemente nelle tipiche zone<br />
di produzione locali, si sono via via mondializzati,<br />
tanto che oggi troviamo questo "frutto" (se così<br />
si può chiamare per facilità di linguaggio) ben presente<br />
sui mercati da gennaio a dicembre, e, se confrontiamo<br />
ad esempio i dati relativi alla statistica<br />
del mercato ortofrutticolo di Bologna, comparando<br />
quelli del 1980 con quelli del 1997, osserviamo come<br />
i quantitativi globali dei meloni commercializzati<br />
sono aumentati di oltre 65.000 quintali negli ultimi<br />
quindici anni (nessuna specie ha avuto un incremento<br />
del genere: da 78.000 a 140.000 q.li), e come<br />
ben oltre 12.000 quintali provengano dall'estero<br />
per tutto il periodo dell'anno, mentre, nel 1980, le provenienze<br />
estere erano irrilevanti: 0,68% contro le<br />
attuali 8,66%.<br />
Va detto anche che quindici anni fa la commercializzazione<br />
dei meloni era concentrata quasi esclusivamente<br />
nei mesi di giugno, luglio, agosto e settembre,<br />
mentre oggi troviamo quantitativi notevoli<br />
nel mese di maggio, e quantità significative in marzo<br />
e aprile (ecco la risposta all'esigenza di essere sempre<br />
sul mercato!).<br />
Questo prodotto, forse più di altri, ha l'esigenza<br />
inderogabile di dover essere buono, di dover avere un<br />
elevato tenore zuccherino (la consuetudine indica<br />
in 10 gradi rifrattometrici la soglia minima sotto la<br />
quale non viene consentita la commercializzazione<br />
dei meloni) ma è bene che tale indice sia al di sopra<br />
di 12 o 13°Rif.<br />
Da anni, con scarsissimi successi, si è invocato un<br />
regolamento che imponesse la calibratura obbligatoria<br />
dei meloni, per diametro o per peso, poiché,<br />
fino a poco tempo fa, si è fatto sempre riferimento<br />
al numero di pezzi contenuti in un imballaggio standard<br />
di cm. 30x50. Sui mercati, fino ad ora, per telefono<br />
o per fax, si è parlato di meloni "Tamaris" (tanto<br />
per fare un esempio) di calibro 5/6 o 7/9 o 10/12<br />
(le primizie siciliane) o 4/5 per l'imballaggio di cm<br />
30x40. Poi, nel giugno del 1997, a campagna commerciale<br />
iniziata, ecco che escono le attese norme comunitarie.<br />
La lettura di queste norme, l'ho già affermato<br />
in altre sedi, mette in evidenza la debolez-<br />
za della nostra rappresentanza, anche a livello tecnico,<br />
nei momenti decisionali di valenza europea,<br />
in quanto non si può accettare che venga considerato<br />
un <strong>melone</strong> di qualità qualche cosa che abbia appena<br />
8 gradi Brix, che abbia un diametro di 75 mm o un<br />
peso unitario di 250 grammi (li hanno evidentemente<br />
confusi per mele!), già in altra sede ho proposto<br />
di condannare gli estensori a nutrirsi di tali meloni per<br />
almeno una stagione. E poi perché la norma non prevede<br />
la categoria extra ma solo la prima e la seconda?<br />
E il Sig. Lorenzini, che è stato il primo agricoltore<br />
a farsi certificare la qualità delle sue produzioni<br />
di meloni, cosa dirà? Cosa diranno gli amici di Pachino,<br />
di Latina, di Ferrara e su fino a Rovigo, ad<br />
Adria, dove hanno battezzato il marchio "ADRIÀNO<br />
IL MELONE POLESANO"?<br />
Per quanto riguarda l'immagine da ricordare e<br />
da proporre in maniera continuativa al cliente, regola<br />
fondamentale, per conquistare e tenere il mercato,<br />
è quella di farsi ben riconoscere attraverso simboli<br />
che nel tempo diano la garanzia della continuità<br />
della qualità; ecco allora che gli imballaggi non sono<br />
più dei semplici contenitori ma diventano degli strumenti<br />
di pubblicità e di comunicazione, ecco allora<br />
che diventa indispensabile accompagnare i meloni<br />
con locandine che illustrino le principali tecniche di<br />
coltivazione (a lotta integrata, rispettose dell'ambiente,<br />
a basso impatto ambientale, con l'ausilio di insetti utili)<br />
che riportino le principali caratteristiche organolettiche<br />
e nutrizionali dei meloni stessi, il loro contenuto<br />
in vitamine, in fibra o sostanze organiche beneficile;<br />
è importante anche suggerire alcuni sistemi<br />
nuovi o antichi per consumare i meloni non solo<br />
col pur ottimo prosciutto ma, almeno, in altri cinque<br />
o sei sistemi. Per vendere meglio e guadagnare<br />
di più. La cucina siciliana è una delle più appetitose<br />
d'Italia, ricca di tradizioni e di innovazioni (per chi<br />
non le conosce!), e allora il "giallo" va proposto come<br />
un <strong>melone</strong> diverso, facendo lo sforzo, ad esempio,<br />
che hanno fatto quelli della "Melinda" con la mela<br />
Renetta, mela che viene proposta in maniera differenziata<br />
dalle altre comuni mele rosse, o gialle, o<br />
verdi.<br />
<strong>Il</strong> <strong>melone</strong> giallo, per i mercati del centro e nord Italia,<br />
ha anche il problema della pezzatura, in queste
zone di consumo, infatti, si prediligono "frutti" che<br />
oscillano fra i 1.200 e 1.800 grammi, il <strong>melone</strong> di peso<br />
superiore ai 2.300 grammi è difficilmente commercializzabile<br />
o comunque generalmente poco gradito.<br />
Sarei un ricercatore di consensi, se affermassi<br />
che il <strong>melone</strong> "giallo" è meglio, è più bello e più buono<br />
di altre varietà o ibridi: è semplicemente un altro<br />
"frutto", che va fatto conoscere ad un consumatore<br />
che si nutre ma non ha più fame e trova sui mercati di<br />
tutto per tutto l'anno, va fatto conoscere con la continuità<br />
della sua presenza per periodi medio lunghi,<br />
per la sua uniformità nel colore, nella forma e nel sapore,<br />
se ci saranno queste premesse anche il melo-<br />
Principali provenienze estere: Spagna, Francia, Brasile<br />
65<br />
ne "giallo" potrà dare le opportune soddisfazioni economiche<br />
a chi lo produce e a chi lo commercializza<br />
e il prezzo? <strong>Il</strong> prezzo lo deciderà il mercato<br />
anche in funzione dei quantitativi che vi verranno<br />
immessi, certo che, a conti fatti, con 200 lire al chilo<br />
di trasporto (oltre a tutti gli altri costi) non è pensabile<br />
vendere a Bologna o a Torino a meno di 1.000<br />
lire al chilo all'ingrosso; e che i prezzi si mantengano<br />
su livelli decorosi, è il mio augurio per chi crede<br />
in questa coltura e per chi ha investito tempo e denaro<br />
in un prodotto buono, che però deve ancora fare<br />
un po' di strada nel mercato dell'ortofrutta e nella<br />
cultura dei consumatori.
Aspetti commerciali salienti della moderna distribuzione<br />
Anceschi M. (Sai Frutta s.a.s. di Parma)<br />
La Ditta "Sal Frutta" di Gattatico (RE) è un'azienda<br />
di servizio che commercializza prodotti ortofrutticolo<br />
destinando circa il 60% del suo fatturato, di circa<br />
30 miliardi per il 1997, alla grande distribuzione e<br />
alla distribuzione organizzata.<br />
Per questo costante rapporto, l'Azienda si ritiene<br />
in grado di trattare le problematiche relative alla<br />
commercializzazione del <strong>melone</strong> <strong>d'inverno</strong> all'interno<br />
delle strutture della grande distribuzione del nord<br />
Italia, dove questa cucurbitacea è ancora scarsamente<br />
conosciuta.<br />
In questi ultimi anni, con la collaborazione e l'aiuto<br />
dell'Assessorato Agricoltura e Foreste della <strong>Regione</strong><br />
<strong>Siciliana</strong>, si sono fatti comunque grandi passi, soprattutto<br />
grazie ad una capillare informazione pubblicitaria,<br />
direttamente all'interno dei punti vendita.<br />
Statisticamente nelle vendite si è registrato un aumento<br />
vertiginoso in pochi anni, passando da un totale<br />
venduto negli anni 1995/96 di cento quintali, ad<br />
un totale venduto nel 1997 di settecento quintali, pari<br />
ad un aumento di circa il 500-600%.<br />
Ma molto si può e si deve fare:<br />
1) Mirare all'uso di un solo seme, per potere così<br />
offrire un'unica varietà di prodotto, ad esempio, si<br />
consiglia di privilegiare l'uso della varietà "Helios"<br />
che ha dato i migliori risultati in termini di<br />
qualità, bontà e resistenza del prodotto;<br />
67<br />
2) Bisogna che sia le cooperative che le aziende di<br />
produzione privata commercializzino il prodotto<br />
in modo uniforme, usando gli stessi imballaggi, la<br />
stessa lavorazione, le stesse etichette, offrendo così<br />
un prodotto dall'aspetto omogeneo;<br />
3) Bisogna anche esigere più controlli di laboratorio,<br />
promuovendo la sensibilizzazione verso un prodotto<br />
con peculiari caratteristiche (lotta integrata),<br />
esigenza ormai pressante da parte dei fruitori della<br />
grande distribuzione.<br />
Dal 1996 a tuttora la grande distribuzione ha incrementato<br />
la commercializzazione dei prodotti a lotta<br />
integrata del 30%, riservando a questi circa il 50%<br />
del totale venduto.<br />
Brevemente sono tre gli obiettivi da raggiungere:<br />
• omogeneità del prodotto;<br />
• omogeneità di lavorazione;<br />
• controlli specifici sulla qualità biologica del prodotto.<br />
Tutto questo deve essere a priori affiancato da una<br />
corretta informazione atta a far conoscere il <strong>melone</strong><br />
<strong>d'inverno</strong> in Italia alle soglie del 2000. La grande distribuzione<br />
è il veicolo di commercializzazione più<br />
immediato ma anche il più esigente ed attento ed è<br />
proprio per questo che c'è assoluto bisogno di una comunità<br />
di intenti.
<strong>Il</strong> <strong>melone</strong> <strong>d'inverno</strong>: obiettivi del miglioramento genetico Clause<br />
Canino G. (Clause Italia)<br />
<strong>Il</strong> <strong>melone</strong> Inodorus o <strong>melone</strong> <strong>d'inverno</strong>, come è<br />
più comunemente conosciuto, si estende su di una superficie<br />
di circa 6000 Ha e comprende 4000 Ha di <strong>melone</strong><br />
a buccia gialla e 2000 Ha di <strong>melone</strong> a buccia verde;<br />
rappresenta, senza ombra di dubbio, la più importante<br />
realtà melonicola della Sicilia. Le provincie<br />
interessate sono quelle di Trapani, Palermo ed Agrigento.<br />
Nella prima si concentra sopratutto la coltivazione<br />
del giallo, mentre nella seconda la coltivazione<br />
del verde.<br />
I frutti rientrano nella tradizione del consumo di<br />
frutta estiva dell'isola, ma anche di quello invernale,<br />
infatti, il loro carattere di lunga durata, ne permette<br />
la conservazione per lungo tempo.<br />
Questa realtà registra, oggi, una evoluzione ed una<br />
apertura verso i mercati del nord, che darà sicuramente<br />
una spinta alla valorizzazione di questa coltura.<br />
Ed è proprio nel senso della valorizzazione che<br />
si inserisce il lavoro di miglioramento genetico della<br />
L. Clause Semences, impegnata ad offrire varietà<br />
con migliori caratteristiche agronomiche e qualitative.<br />
Chi è L. Clause Semences?<br />
L. Clause Semences è una società che opera da<br />
quasi 50 anni nel settore delle sementi ortive professionali.<br />
La società oggi fa parte di un importante<br />
gruppo, Limagrain' che insieme a Clause, riunisce altre<br />
importanti società sementiere come Vilmorin' Tezier,<br />
Ferry Morse e Nickerson Zwan.<br />
Clause semences è presente in tutto il mondo con<br />
le sue filiali ed anche in Italia.<br />
Come nasce una varietà.<br />
Una varietà commerciale è sempre il risultato di<br />
uno sforzo collettivo che impegna per diversi anni i ricercatori,<br />
i tecnici e gli organi commerciali. È, infatti,<br />
necessario conoscere a fondo tutta la filiera che parte<br />
dal produttore e giunge al consumatore, passando<br />
attraverso i commercianti, e basta che un solo anello<br />
di questa lunga catena non si chiuda per vanificare gli<br />
sforzi e l'impegno di molti anni. La definizione dei<br />
programmi di miglioramento hanno come obiettivo la<br />
costituzione di nuovi ibridi che diverranno commerciali<br />
solo se risponderanno adeguatamente a quelle che<br />
sono le aspettative di tutte le figure che entrano nel ciclo<br />
produttivo e commerciale.<br />
Si parte dalla conoscenza dell'ambiente nel quale<br />
le varietà verranno impiegate. Ciò permette di delineare<br />
le caratteristiche fisiologiche della pianta. <strong>Il</strong> <strong>melone</strong><br />
inodorus viene tradizionalmente coltivato nell'entroterra<br />
collinare dove entra in rotazione con il<br />
grano duro. Sono ambienti con inverni molto freddi<br />
ed estati molto calde e siccitose dove la coltura viene<br />
condotta in seccagno. In queste condizioni è necessario<br />
che la pianta sia molto rustica con apparato radicale<br />
potente, con ottima copertura fogliare per proteggere<br />
i frutti dalle alte temperature e dall'elevata luminosità.<br />
La precocità, la fertilità e la tolleranza al seccume<br />
fisiologico sono, invece, i caratteri che determinano<br />
un ciclo produttivo lungo ed elevata produttività.<br />
L' applicazione di tecniche agronomiche come l'irrigazione<br />
esigono varietà che si adattano alla forzatura<br />
con un equilibrato vigore della pianta e con la resistenza<br />
alla spaccatura dei frutti. L'utilizzo della pacciamatura,<br />
per anticipare l'epoca del trapianto, così<br />
come colture in serra e tunnel, in periodi fuori da quelli<br />
normali, necessitano di piante con una buona tolleranza<br />
al freddo e buona capacità di fioritura ed allegagione<br />
in condizioni di bassa temperatura e luminosità<br />
ed in condizioni di giorno corto.<br />
Nel lungo cammino della costituzione di una varietà<br />
ibrida, uno dei capitoli più importanti è quello<br />
che riguarda l'introduzione delle resistenze o delle<br />
tolleranze alle principali fitopatie. I programmi di individuazione<br />
ed inserimento dei geni di resistenza o<br />
69
70<br />
tolleranza, sono molto lunghi e la loro introduzione<br />
richiede anche decine di anni.<br />
<strong>Il</strong> miglioramento genetico si muove verso l'introduzione<br />
di tolleranze all'oidio (Sphaeroteca fuliginea<br />
ed Erysife cichoracearum), di resistenza alle<br />
quattro razze di Fusarium oxysporum f sp. melonis<br />
razze 0, 1, 2 ed 1-2; quest'ultima è di recente introduzione<br />
in Italia ed è già stata individuata in Sicilia.<br />
Si lavora, inoltre, su tolleranze alla pseudoperonospera,<br />
cladosporiosi, alla didimella, agli afidi (gene<br />
V.A.T) ed alle virosi (CMV, ZYM,WMV1 e<br />
WMV2). Queste ultime sono sicuramente tra le malattie<br />
più temibili perché in caso di gravi attacchi possono<br />
compromettere l'intero raccolto.<br />
Un altro capitolo importante è rappresentato dal-<br />
l'introduzione di migliori caratteristiche qualitative<br />
dei frutti. Si cura l'aspetto esterno (calibro, forma, colore,<br />
rugosità) così come la qualità interna (spessore<br />
della buccia, spessore della polpa, cavità interna<br />
piccola, colore e tenore zuccherino, aromi, consistenza).<br />
I mercati locali e quelli meridionali in genere<br />
cercano un frutto di grosse dimensioni, mentre i<br />
mercati del nord prediligono una pezzatura medio piccola.<br />
E, invece, indiscutibile che le caratteristiche gustative<br />
sono quelle che conquistano i consumatori più<br />
diversi.<br />
Ma se l'aspetto esterno e la qualità interna dei frutti<br />
hanno importanza per il consumatore, i caratteri co-<br />
me la lunga conservazione, la consistenza della polpa,<br />
la tolleranza alla vitrescenza, hanno interesse<br />
per la lavorazione ed il trasporto (graf. 3). Queste caratteristiche<br />
assumono importanza soprattutto per quel<br />
prodotto che è destinato ai mercati settentrionali o addirittura<br />
stranieri, e per quei frutti che vengono immagazzinati<br />
ed immessi sul mercato a distanza di qualche<br />
mese.<br />
Oggi l'esperienza e gli sforzi della Clause Semences<br />
hanno messo a disposizione la varietà di <strong>melone</strong><br />
a buccia gialla Helios Fl, un ibrido perfettamente<br />
adatto ai tipi di coltivazione ed al clima siciliano. Un<br />
ibrido ampiamente coltivato ed apprezzato per le sue<br />
doti agronomiche, qualitative nonché di lunga conservazione.<br />
Resistente al Fusarium oxysporum melonis<br />
razze 0,1.<br />
Di più recente costituzione è un altro ibrido, Incas<br />
FI (clx 2653), sempre a buccia gialla e lunga conservazione<br />
che vanta la resistenza a tre razze di Fusarium<br />
oxysporum melonis (0,1,2) ed un elevato livello<br />
di tolleranza all'oidio.<br />
È inoltre disponibile un ibrido a buccia verde molto<br />
rugosa, Axio F1 (clx 2655), adatto per le tradizionali<br />
coltivazioni seccagne del Purceddu, che ha le<br />
resistenze a tre razze di Fusarium oxysporum melonis<br />
e che rappresenta una novità in un mercato caratterizzato<br />
dalla coltivazione di ecotipi locali autoriprodotti.
Conclusione 71<br />
Intervento conclusivo<br />
Caruso P. (Università di Palermo)<br />
Numerosi e qualificati apporti tecnico-scientifici,<br />
esternati sotto forma di relazioni, ma anche di interventi<br />
estemporanei, su tematiche generali e/o particolari<br />
della melonicoltura siciliana, hanno mostrato<br />
un quadro completo delle problematiche già risolte in<br />
evoluzione e/o ancora stagnanti e critiche, come pure<br />
i progressi - che non sono pochi - già fatti e le mete<br />
già raggiunte.<br />
Gli interventi, a voce di persone di molteplice estrazione<br />
geografica e formazione tecnico-scientifica, come<br />
variopinte tessere di un mosaico, presentate in questa<br />
giornata di studio hanno consentito di mettere a<br />
fuoco e di coordinare aspetti e problemi di vario genere,<br />
tutti confluenti ed inerenti l'unico tema: progresso<br />
del <strong>melone</strong> <strong>d'inverno</strong> e sua qualificazione.<br />
Alcune riflessioni a voce alta s'impongono su questo<br />
interessante incontro.<br />
Verrebbe di pensare in primis alla squisita accoglienza<br />
e ai prelibati cibi offerti dagli organizzatori<br />
locali che, seppur presentati in modi aulici imposti<br />
dall'occasione sono espressione della tradizionale<br />
ospitalità delle genti e della gustosa gastronomia della<br />
pur semplice e povera cucina di Sicilia.<br />
Non è cosa effimera, e ne serberemo un gradito ricordo.<br />
Anzitutto va rilevato che l'interesse scientifico per<br />
il <strong>melone</strong> <strong>d'inverno</strong> riscuote sempre più vasti consensi<br />
ed è di grande conforto e sono giustificate le attese,<br />
di progresso del settore visto che studi e ricerche<br />
oggi siano coordinati tra loro, certamente nei fat-<br />
ti, quando non lo siano già nei disciplinari sperimentali,<br />
in maniera da affrontare problematiche multidisciplinari<br />
o comunque multisettoriali (es. agronomia-patologia;<br />
genetica-mercato, ecc.)<br />
La tendenza emersa per la coltivazione di un numero<br />
assai limitato di cultivar e l'orientamento verso<br />
quelle a buccia gialla, se condannano all'estinzione<br />
e/o al ruolo di prodotto di nicchia alcune tradizionali<br />
espressioni produttive locali anche pregiate dal<br />
punto di vista qualitativo (es. Purceddu o rugoso verde)<br />
aprono e facilitano la strada della tipicizzazione<br />
di un prodotto con definite qualità organolettiche e di<br />
immagine. <strong>Il</strong> Consorzio per la Valorizzazione e Tutela<br />
del <strong>melone</strong> di Sicilia "NUARA", di recente costituzione<br />
dovrà fare tesoro di tutte le indicazioni emerse<br />
in questo convegno di studi, per qualificare e mantenere<br />
costante la qualità del <strong>melone</strong>, se vorrà perseguire<br />
i fini per cui è stato costituito cioè quello di<br />
fare apprezzare e vendere fuori Sicilia un prodotto tipicizzato,<br />
e non già anonimo, come finora è stato commercializzato<br />
da operatori d'oltre stretto.<br />
Forse sono più i numerosi e gravi i problemi ancora<br />
irrisolti, che quelli a cui è stato possibile dare una<br />
soluzione anche non definitiva.<br />
Ma è di grande auspicio sapere che attorno alla<br />
coltura del <strong>melone</strong> invernale si muovono ed operano<br />
istituzioni scientifiche e tecniche e organizzazioni<br />
commerciali, economiche, sociali, ecc. tutte interessate<br />
al progresso all'affermazione della coltura del<br />
<strong>melone</strong> e delle sue produzioni pregiate.
Finito di stampare nel Dicembre 1998<br />
dalle GRAFICHE CAMPO<br />
Via Licurgo - ALCAMO<br />
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