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Nucleare iraniano: energia o bomba atomica? - Lorenzo Paolini

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DAL VILLAGGIO GLOBALE<br />

In un mondo<br />

che corre velocemente<br />

verso<br />

nuovi equilibri,<br />

con l’asse<br />

del potere che<br />

si sposta ad<br />

Oriente, l’Iran<br />

intende recitare<br />

una parte da<br />

comprimario<br />

nello scenario<br />

che vedrà confrontarsigiganti<br />

come la<br />

Cina, l’India e<br />

gli Stati Uniti.<br />

Come non<br />

preoccuparsi<br />

di una sua corsa<br />

alla costruzione<br />

di ordigni<br />

nucleari?<br />

18<br />

Tutti gli indizi mostrano ormai che l’Iran<br />

sta correndo verso la costruzione di ordigni<br />

atomici. La sua recente parte nel conflitto<br />

fra Libano ed Israele dovrebbe indurci<br />

in serie preoccupazioni.<br />

<strong>Nucleare</strong> <strong>iraniano</strong>:<br />

<strong>energia</strong> o <strong>bomba</strong> <strong>atomica</strong>?<br />

Giorgio Prinzi<br />

intervistato da Marina Bartella<br />

Lo sforzo industriale ed economico in cui l’Iran è<br />

impegnato, in relazione al suo programma nucleare,<br />

sembra non possa che avere finalità militari e non<br />

meramente commerciali, altrimenti sarebbe disastrosamente<br />

oneroso sotto il profilo economico. È<br />

stato calcolato che le riserve di uranio domestiche<br />

dell’Iran si esaurirebbero, nella restrittiva ipotesi di<br />

solo due reattori in esercizio, nel volgere di cinque<br />

anni. Al contrario se venissero sfruttate in prospettiva<br />

militare, esse sarebbero sufficienti allo sviluppo<br />

di un credibile deterrente nucleare. L’attuale piano<br />

nucleare <strong>iraniano</strong> prevede la messa in esercizio di 7<br />

unità da mille megawatt.<br />

Ma forse l’Iran vuole molto di più di quanto consentito<br />

dalle sue potenzialità domestiche. L’impianto di<br />

arricchimento di Natanz, che si trova ad oltre 300<br />

chilometri a Sud di Teheran, definito come impianto<br />

pilota di un futuro impianto commerciale<br />

comprende, su un’area di<br />

centomila mq, sei edifici sotterranei<br />

in grado di ospitare 1200 centrifughe,<br />

160 delle quali erano operative già nel<br />

febbraio del 2003. La sua capacità di<br />

produzione di uranio bellico viene<br />

valutata tra i 10_12 chili per anno,<br />

sufficienti a confezionare un ordigno<br />

ogni più di due anni. La parte destinata<br />

alla produzione commerciale su larga<br />

scala comprende tre grandiose strutture<br />

sotterranee, dove potrebbero trovare<br />

cinquantamila centrifughe configurate a cascata. A pieno<br />

regime potrebbe produrre dai 400 ai 500 chilogrammi<br />

di plutonio l’anno sufficienti alla confezione di una ventina<br />

di ordigni l’anno.<br />

Le foto da satellite mostrano che su la rampa d’accesso<br />

alle strutture sotterranee è stato realizzato un<br />

edificio di camuffamento nel tentativo di dare l’impressione,<br />

da una vista dall’alto, che la rampa sia ad<br />

esso funzionale e non prosegua oltre, come invece<br />

essa fa compiendo un’ampia curva a 180 gradi. Si<br />

tratta di soluzione insolita per siti meramente commerciali.<br />

Questo sotto il profilo tecnico e dell’analisi dei dati<br />

oggettivi. La situazione interna iraniana è tuttavia fluida<br />

e complessa e dà adito a scenari estremamente<br />

diversificati sui quali la politica ha spazi di manovra e<br />

può cercare di influire, per evitare che si giunga ad<br />

una prova di forza in armi, poco importa, per le conseguenze<br />

nell’area, da chi intrapresa e da chi subita.<br />

C’è da esserne preoccupati. Ma quanto? E fra quanto<br />

tempo? Lo abbiamo domandato al dott. Giorgio<br />

Prinzi (nella foto), considerato insieme al dott. Fornaciari<br />

uno tra i massimi esperti di nucleare.<br />

Il nucleare <strong>iraniano</strong> è un problema? Ed è risolvibile?<br />

Cosa vi si nasconde dietro? Dobbiamo<br />

nutrire preoccupazioni…?<br />

La piena comprensione di qualsiasi<br />

problematica richiede la conoscenza<br />

storica della sua evoluzione.<br />

Nell’esaminare la questione del nucleare<br />

<strong>iraniano</strong>, com’è nello stile di<br />

Forum, farò pertanto riferimento<br />

alle sue origini ed alla sua evoluzione<br />

nel tempo. L’interesse per l’<strong>energia</strong><br />

nucleare risale ai tempi dello Scià<br />

e, all’epoca, venne incoraggiata e<br />

sostenuta dagli Stati Uniti d’America. Il primo reattore<br />

sperimentale da 5 megawatt (MW), fornito dagli<br />

USA, cominciò a funzionare presso l’Università di<br />

Teheran nel 1967. Grazie alle competenze acquisite<br />

su di esso nel 1974 lo Scià pose l’obiettivo di installare,<br />

nell’arco di tempo di venti anni, una potenza elettrica<br />

da fonte nucleare di 23.000 MWe (megawatt<br />

elettrici) e per questo vennero attivati contratti<br />

con aziende europee e statunitensi. In particolare


venne stipulato un accordo con<br />

la tedesca (allora della Germania<br />

Occidentale) Kraftwerk Union,<br />

la KWU consociata alla Siemens,<br />

per la costruzione, a Bushehr, di<br />

due unità da 1200 MWe e venne<br />

negoziata con la Framaton<br />

francese la fornitura di due unità<br />

aggiuntive da 900 MWe. Inoltre,<br />

sempre nel 1974, venne investito<br />

un miliardo di dollari del tempo<br />

nell’impianto di arricchimento di<br />

Eurodif, un consorzio europeo<br />

che si trova in Francia. Sempre<br />

negli anni Settanta, l’Iran pose le<br />

basi per rendersi completamente<br />

indipendente per quanto riguarda<br />

il ciclo del combustibile nucleare,<br />

che comprendeva la realizzazione<br />

di un centro a Isfahan e la<br />

coltivazione di miniere di uranio<br />

domestiche ed il successivo trattamento<br />

del minerale. Le finalità<br />

di una completa autosufficienza<br />

erano giustificate anche dalle dimensioni<br />

del parco centrali che<br />

si intendeva realizzare. Questo<br />

sviluppo venne fermato dalla<br />

rivoluzione teocratica inspirata<br />

dall’Ayatollah Ruhollah Khomeini,<br />

che riteneva l’uso dell’<strong>energia</strong><br />

nucleare non confacente con i<br />

principi dell’Islam. Le industrie statunitensi<br />

ed europee di Francia,<br />

Regno Unito e Germania (i Paesi<br />

attualmente cosiddetti mediatori,<br />

ma anche interessati alla tutela di<br />

loro pregressi interessi) che ave-<br />

vano investito nel programma si<br />

ritirarono, lasciando incompiuto<br />

il sito di Bushehr in cui si stavano<br />

costruendo le due prime unità.<br />

Ma nel 1980 l’Iran ricominciò a<br />

pensare al nucleare?<br />

Fu il conflitto con l’Iraq, scatenato<br />

dal regime di Saddam Hussein<br />

che nel settembre del 1980 aprì<br />

le ostilità invadendo parte del<br />

territorio <strong>iraniano</strong>, a portare a<br />

riconsiderare la rispondenza alla<br />

mutata situazione dell’antecedente<br />

interpretazione, compreso<br />

l’utilizzo a fini bellici di strumenti<br />

sino ad allora ritenuti immorali,<br />

quali ad esempio le armi chimiche<br />

che, insieme alle armi nucleari<br />

ed a quelle biologiche, vengono<br />

classificate come atte a produrre<br />

conseguenze letali di massa.<br />

Infatti, nonostante nelle prime<br />

fasi del conflitto l’Iran, a causa del<br />

giudizio dell’Ayatollah Khomeini,<br />

avesse unilateralmente rinunziato<br />

al ricorso all’uso di armi chimiche,<br />

maturò assai presto sul campo un<br />

diverso orientamento e, secondo<br />

la DIA (Defense Intelligence<br />

Agency), un programma in tal<br />

senso cominciò ad essere sviluppato<br />

nel 1983. Una conferma<br />

di ciò si ha da quanto affermato<br />

nell’aprile del 1984 dal Delegato<br />

<strong>iraniano</strong> alle Nazioni Unite Rajai<br />

Khorassani, che in una conferenza<br />

stampa tenuta a Londra ammise<br />

che l’Iran era «in grado di produrre<br />

armi chimiche». Un loro<br />

primo impiego limitato contro gli<br />

iracheni venne effettuato nel 1987<br />

e, nel dicembre dello stesso anno,<br />

il cambio di politica al riguardo<br />

venne ufficializzato dall’allora Primo<br />

Ministro Hussein Musavi. Allo<br />

stesso periodo, quello della prima<br />

fase del conflitto con l’Iraq, risalgono<br />

le ambizioni iraniane, dettate<br />

peraltro da necessità belliche,<br />

di dotarsi di vettori missilistici. Il<br />

primo passo concreto al riguardo<br />

venne compiuto dall’Iran nel 1985,<br />

quando una delegazione ad alto<br />

livello, guidata dall’allora Presidente<br />

dei Parlamentari iraniani Akbar<br />

Hashemi Rafsanjani, ottenne forniture<br />

di missili Scud dalla Libia e<br />

dalla Corea del Nord e, in seguito,<br />

forniture di componenti missilistici<br />

sia dalla Corea del Nord che dalla<br />

Cina continentale. Poi seguì un<br />

programma nazionale organico in<br />

tal senso, il cui sviluppo consentì,<br />

nel luglio del 1998, di collaudare in<br />

volo il missile “Shahab III”, (nella<br />

foto) di derivazione dall’omologo<br />

nordcoreano “No Dong”, che<br />

costituisce attualmente il vettore<br />

dalle migliori prestazioni in dotazione<br />

alle forze armate iraniane. Il<br />

missile, che è stato anche esibito<br />

in pubblico, è in grado, secondo<br />

l’Organizzazione delle Industrie<br />

Aerospaziali dell’Iran, di portare<br />

un carico utile, comprese testate<br />

nucleari, di oltre una tonnellata<br />

(1200 kg) a 1300 km di distanza<br />

e centrare un obiettivo con un<br />

raggio di errore di 250 metri.<br />

È in fase di non meglio valutato<br />

sviluppo una nuova versione di<br />

questo missile, le cui prestazioni<br />

saranno indubbiamente superiori<br />

alla versione attuale, ma non<br />

forse sino ai valori di gittata e di<br />

carico utile (oltre 2000 chilometri<br />

Abdul Qader<br />

Khan, lo<br />

s c i e n z i a t o<br />

considerato il<br />

padre dell’<strong>atomica</strong>pakistana<br />

gestisce il<br />

“mercato nero”<br />

del nucleare<br />

e da anni<br />

è ritenuto il<br />

principale responsabile<br />

del<br />

trasferimento<br />

della tecnologia<strong>atomica</strong><br />

all’Iran,<br />

Libia, Corea<br />

del Nord e più<br />

recentemente<br />

ad Egitto,<br />

Arabia Saudita,<br />

Algeria e<br />

Siria.


DAL VILLAGGIO GLOBALE<br />

Bushehr ed altrerealizzazioni<br />

asserite come<br />

finalizzate<br />

a scopi pacifici<br />

servirono da<br />

schermo per otteneretecnologie<br />

sensibili,<br />

che presentano<br />

aspetti ambivalenti<br />

con potenziale<br />

uso anche<br />

a fini militari.<br />

20<br />

e 1800 chilogrammi) dei quali si parla in alcuni articoli<br />

di stampa probabilmente interessati ad una troppo<br />

ottimistica o, secondo dei punti di vista, eccessiva<br />

valutazione.<br />

Il riferimento a quanto avvenuto nel campo delle<br />

armi chimiche e dei vettori missilistici è significativo<br />

per comprendere la progressiva deriva di mentalità<br />

dal rifiuto, persino per scopi esclusivamente pacifici,<br />

di alcune tecnologie e di alcuni strumenti ritenuti immorali<br />

in base ai principi dell’Islam, ad una “pragmatica”<br />

cultura della contrapposizione armata e della<br />

logica dei moderni e devastanti conflitti.<br />

Il programma nucleare <strong>iraniano</strong> viene ufficialmente<br />

rilanciato nel 1985 mi pare?<br />

Si, in pieno conflitto con l’Iraq, da un protocollo di<br />

cooperazione nel settore nucleare sottoscritto con<br />

la Cina continentale, che verrà riconfermato nel<br />

1990. Tra la fine degli anni Ottanta e l’inizio degli<br />

anni Novanta, l’Iran riprende, durante la presidenza<br />

di Rafsanajani, a pensare in maniera organica al suo<br />

vecchio programma nucleare, al ripristino del sito<br />

di Bushehr, <strong>bomba</strong>rdato per sette volte nel corso<br />

del conflitto, e del suo avvio in esercizio. Al riguardo<br />

riceve assistenza da Cina, Pakistan e Russia, con la<br />

quale nel 1995 sigla un protocollo per il completamento<br />

del reattore di Bushehr e l’eventuale fornitura<br />

di un impianto di arricchimento dell’uranio, poi<br />

mai concretizzata per le pressioni diplomatiche degli<br />

Stati Uniti. Comunque Bushehr ed altre realizzazioni<br />

asserite come finalizzate a scopi pacifici servirono<br />

da schermo per ottenere tecnologie sensibili, che<br />

presentano aspetti ambivalenti con potenziale uso<br />

anche a fini militari.<br />

Grazie agli strascichi della “guerra fredda” non di<br />

colpo spazzata via dall’abbattimento del Muro di<br />

Berlino e nonostante occasionali e timide prese di<br />

posizione dei governi russo e cinese volte a porre<br />

fine al sostegno al suo piano nucleare, l’Iran continuò<br />

a ricevere concreta assistenza da gruppi russi e cinesi.<br />

Si ritiene che in questo periodo l’Iran si sia approvvigionato<br />

sul mercato nero gestito dallo scienziato<br />

pachistano Abdul Qader Khan, considerato il padre<br />

dell’<strong>atomica</strong> pakistana e da anni ritenuto il principale<br />

responsabile del trasferimento della tecnologia nucleare,<br />

non solo all’Iran, ma anche alla Libia, alla Corea<br />

del Nord e più recentemente all’Egitto, Arabia<br />

Saudita, Algeria e Siria.<br />

In sordina, con acquisizione in parte lecite e in parte<br />

clandestine, l’Iran nel corso degli anni Novanta compì<br />

notevoli progressi in campo nucleare. Le preoccupazioni<br />

per una possibile deriva verso finalità<br />

militari sorsero a livello internazionale nell’estate del<br />

2002 a seguito della denunzia da parte del Consiglio<br />

Nazionale Iraniano della Resistenza dell’esistenza di<br />

siti nucleari sino ad allora sconosciuti: Arak, Nataz,<br />

Ardakan, Saghand, Gachin, Lashkar Ab’ad, Teheran.<br />

Da pochi mesi la Resistenza iraniana ha denunziato<br />

l’esistenza nelle vicinanze di Teheran di un centro<br />

missilistico scavato in galleria, dove il ministero della<br />

Difesa, su disposizione della “Guida suprema” Ali<br />

Khamenei ha occupato una vasta zona di sei chilometri<br />

per venti ad Est di Teheran, compresa tra il<br />

parco Ghazai, Parchine ed Hessar Amir, Hamsin e<br />

il villaggio di Totchal. Ed è proprio in questa vasta<br />

zona supercontrollata (Khojir) che sono state ubicate<br />

le officine belliche, collegate tra loro da una rete<br />

di tunnel sotterranei, che si trovano anche sotto la<br />

montagna.<br />

La costruzione di questi impianti e infrastrutture è<br />

cominciata subito dopo la fine della guerra con l’Iraq<br />

nel 1989 e vi sono state investite ingenti risorse finanziarie<br />

ricavate dalla vendita del petrolio. Hemmat


Industries Group factory, la filiale più importante<br />

di “Aerospace industrie group”<br />

(grande azienda che costruisce missili, di<br />

proprietà statale), ha le sue officine in<br />

questa zona. L’assemblaggio finale avviene<br />

in una galleria di mille metri di lunghezza<br />

per 12 metri di larghezza nell’area<br />

di Khojir e delle montagne di Bar Jamali.<br />

La prima parte del lungo tunnel è stata<br />

costruita tra il 1989 e il 1992, le altre parti<br />

tra il 1993 e il 1997. Si tratta di una piccola<br />

città sotterranea, con apparecchiature e<br />

impianti molto sofisticati e ampi depositi.<br />

Vi sono altri tunnel simili a questo,<br />

superattrezzati, ma la loro lunghezza<br />

varia da 150 a 300 metri. Alcune gallerie<br />

si trovano nella montagna Khak Sefid,<br />

al nord del complesso di Khojir e non<br />

tutti possono essere rilevati con i satelliti.<br />

Attualmente il responsabile di Hemmat<br />

Industries Group è Nasser Maleki, uomo<br />

di strettissima fiducia del regime e dell’attuale<br />

presidente; il precedente direttore,<br />

Danech Ashtiani, era il generale dei<br />

“Guardiani della rivoluzione”.<br />

Ma si tratta di siti finalizzati alla produzione<br />

di centrali nucleari o di “bombe” atomiche?<br />

Il sito di Arak è quello che più si caratterizza<br />

sotto il profilo del nucleare militare,<br />

finalizzato alla produzione di ordigni. Le<br />

foto da satellite mostrano un comples-<br />

La conversione per irraggiamento, che<br />

avrebbe consentito la produzione di Po210<br />

è un’applicazione molto avanzata e selettiva<br />

di tecnologie laser attualmente impiegate<br />

su scala industriale in campo militare forse<br />

dai soli Stati Uniti d’America. Essa si fonda<br />

sul fatto che ogni atomo ed ogni molecola<br />

si caratterizzano per specifiche frequenze di<br />

eccitazione, di assorbimento e di cattura, modulando<br />

le quali in maniera estremamente<br />

precisa, come possibile con appositi apparati<br />

laser, è possibile eccitare e successivamente<br />

separare da una miscela di isotopi solo quello<br />

di specifico interesse potendolo poi facilmente<br />

isolare, ad esempio attraverso opportuna<br />

azione magnetica, oppure trasmutare atomi<br />

di un elemento in un altro, ad esempio atomi<br />

di “Uranio 238” in atomi di “Plutonio 239”,<br />

facendo catturare dai primi un fascio di particelle<br />

opportunamente modulato.<br />

so che viene ritenuto un impianto per<br />

la produzione di acqua pesante (composto<br />

indispensabile per produrre<br />

plutonio con specifiche militari)<br />

della potenzialità annua di 100 tonnellate;<br />

un reattore in costruzione che persino<br />

nelle dimensioni è simile ad altri omologhi<br />

costruiti con queste finalità; recenti<br />

scavi che gli analisti giudicano finalizzati<br />

alla realizzazione di un reparto che<br />

dovrebbe ospitare le cosiddette “celle<br />

calde”, apparati tipici ed indispensabili<br />

alla manipolazione del plutonio militare.<br />

L’impianto, completabile già entro la fine<br />

del 2006, dovrebbe essere caratterizzato<br />

da una capacità di produzione annuale di<br />

8÷10 kg di plutonio con specifiche mili-<br />

Per condurre esperimenti di questo tipo,<br />

indicati con la dizione di “processi isotopici<br />

gas molecolare”, l’Iran ha acquisito nel 1991<br />

da terzi un “Laboratorio a spettroscopia<br />

Laser” e un “Laboratorio Polifunzionale di<br />

Separazione”; lo stesso fornitore ha ceduto<br />

all’Iran nel 1993 cinquanta chilogrammi di<br />

uranio metallico naturale. Originariamente i<br />

due laboratori vennero allocati nel Centro<br />

di ricerca nucleare dell’Università di Teheran,<br />

dove tra il 1999 ed il 2000 sono stati utilizzati 8<br />

kg di uranio metallico per arricchimento con<br />

il metodi di separazione isotopica di vaporizzazione<br />

<strong>atomica</strong> mediante laser. Nell’ottobre<br />

del 2002 questi laboratori sono stati trasferiti<br />

nel sito di Lashkar Ab’ad, sconosciuto prima<br />

del 2002, dove è proseguita la sperimentazione<br />

con l’utilizzo di altri 22 kg di uranio. Il<br />

grado di arricchimento che figura nei rapporti<br />

dell’IAEA è del 15%, molto lontano dai<br />

valori necessari al confezionamento di un<br />

donne iraniane protestano contro le sanzioni<br />

dell’ONU a causa del programma nucleare.<br />

tari con cui l’Iran potrebbe confezionare<br />

ogni anno un paio di ordigni.<br />

Tuttavia l’Iran nega che il convertitore<br />

di Arak faccia parte di un programma<br />

militare...<br />

Si, lo nega e dichiara che è finalizzato alla<br />

produzione di radioisotopi per usi medici.<br />

Un’etichetta presa per buona dagli<br />

ispettori dell’IAEA (acronimo inglese per<br />

“Agenzia Internazionale dell’Energia Atomica),<br />

che tuttavia, con una Risoluzione<br />

del Consiglio dei Governatori del 18 giugno<br />

2004, ha chiesto il congelamento dei<br />

lavori per la realizzazione del sito, che invece<br />

procedono a tappe forzate come<br />

dimostrano le foto riprese da satellite.<br />

ordigno nucleare, ma 5 volte superiori al 3%<br />

dichiarato dall’Iran, che rappresenta il limite<br />

medio massimo richiesto per la combustione<br />

in reattori commerciali ad acqua leggera.<br />

La capacità di produzione stimata di Lashkar<br />

Ab’ad è di un grammo di uranio per ora di<br />

funzionamento.<br />

L’Iran nell’ottobre 2003 ha reso noto di avere<br />

irradiato, tra il 1988 e 1992, 7 kg di ossidi<br />

uranio impoverito e di averne riprocessati 3<br />

kg ricavandone 200 milligrammi di plutonio,<br />

che sono stati mostrati agli ispettori dell’IAEA<br />

presso il Jabr Ibn Hayan Laboratories, una<br />

sezione del Centro universitario di Teheran,<br />

anch’essa sconosciuta prima del 2002. La valutazione<br />

degli ispettori è stata che si trattava<br />

di plutonio prodotto più di recente dei 12-16<br />

anni asseriti, il che fa presumere una produzione<br />

più consistente di quella infinitesimale<br />

dichiarata agli ispettori dell’IAEA. /fdv)


DAL VILLAGGIO GLOBALE<br />

22<br />

La posizione dell’IAEA appare comprensibile sotto il profilo<br />

della non pregiudiziale valutazione.<br />

La prima ispezione dell’IAEA, intervenuta a seguita della denunzia<br />

della Resistenza iraniana e che ha espresso giudizi solo<br />

su disegni di progetto, è del febbraio 2003, mentre l’affermazione<br />

di Teheran di volere costruire in quel sito un reattore<br />

ad acqua pesante da 40 MW è del maggio dello stesso anno. I<br />

lavori hanno avuto inizio nel 2004 e solo le più recenti foto da<br />

satellite svelano inequivocabili finalità militari dell’impianto, tra<br />

cui la realizzazione di una sala per l’allocazione delle cosiddette<br />

“celle calde”, apparecchiature indispensabili per la manipolazione<br />

del plutonio.<br />

L’Iran ha acquistato nel maggio del 2003 ventotto apparati di<br />

questo genere, del tipo adatto per l’estrazione del plutonio<br />

dal combustibile irradiato, e relativi scudi ad alta protezione (il<br />

combustibile spento è intensamente radioattivo) dall’industria<br />

francese che lo ha venduto con queste peculiari specifiche.<br />

A completare il potenziale scenario di un progetto con finalità<br />

militari c’è la notizia che, nel settembre 2003, l’IAEA ha scoperto<br />

che l’Iran è in possesso di “Polonio 210”, ottenuto per<br />

conversione a seguito di irraggiamento di bismuto metallico.<br />

Il Po210 ha impiego in associazione con il “Berillio” come detonatore<br />

in alcuni tipi di armi nucleari, quali gli ordigni al plutonio.<br />

Dunque esiste il pericolo che la <strong>bomba</strong> iraniana sia presto realtà...<br />

Per l’arricchimento dell’uranio l’Iran ha scelto il metodo dell’ultracentrifugazione<br />

e, per ora, sembra non disporre degli strumenti<br />

per effettuarlo con il metodo della diffusione gassosa. Le<br />

centrifughe di cui l’Iran attualmente dispone sono in numero<br />

limitato e, peraltro, di non facile reperimento o di realizzazione<br />

autoctona, anche se sono stati comunque identificati 13 laboratori,<br />

dei quali 7 sotto il controllo del ministero della Difesa,<br />

in cui vengono realizzati componenti di centrifughe modello<br />

“P-2”, il progetto delle quali è stato acquisito nel 1994.<br />

Altro aspetto limitante, che attualmente consente di affrontare<br />

il problema con relativa tranquillità e di trattare con la riottosa<br />

dirigenza iraniana con flessibilità e possibilismo, è che l’Iran<br />

deve approvvigionarsi dall’estero (in Asia) degli acciai speciali<br />

necessari alla fabbricazione delle centrifughe.<br />

La tecnologia del plutonio non sembra aver raggiunto la<br />

piena criticità. È cosi?<br />

Si, sia per il fatto che il complesso di Arak è ancora sotto<br />

costruzione, ed in particolare lo sono i settori che dovrebbero<br />

ospitare le già citate “celle calde” necessarie alla manipolazione<br />

degli elementi irradiati contenenti plutonio, sia perchè non<br />

risulta che l’Iran disponga già di un impianto per il trattamento<br />

del plutonio militare, la cui separazione non presenta comunque<br />

difficoltà.<br />

Per completare la panoramica e comprendere appieno tutte le<br />

sfaccettature della questione, prima faceva riferimento al sito di<br />

Bushehr, ce lo vuole illustrare?<br />

Iniziato al tempo dello Scià la cui prima unità, finalmente ultimata<br />

dopo le varie vicissitudini a cui abbiamo fatto cenno, sarebbe<br />

in grado di entrare in produzione qualora la Federazione Russa<br />

fornisse all’Iran il combustibile necessario alla prima carica, che<br />

viene negato in assenza di garanzie certe di restituzione per il<br />

riprocessamento. In realtà il plutonio ricavabile dal combustibile<br />

esausto, costituito in media solo per il 60% dall’isotopo “239” a<br />

bassa attività, non è utilizzabile per fini militari, in quanto il suo<br />

utilizzo, per la presenza di isotopi fissili ad alta attività, darebbe<br />

luogo a detonazione spontanea degli ordigni prodotti.<br />

L’Iran però sa come separare il plutonio dal combustibile irradiato,<br />

irradiare l’uranio riprocessato in modo da convertirlo in<br />

plutonio con specifiche militare, separare infine il plutonio così<br />

ottenuto per realizzare ordigni. In base ai dati esistenti in letteratura<br />

si calcola che l’Iran qualora potesse utilizzare per scopi<br />

militari questa ricarica di combustibile potrebbe ricavarne materiale<br />

sufficiente a confezionare 35 ordigni l’anno.<br />

*marinabartella@libero.it

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