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anna boschi-mail Art 50 2012 - Boek 861

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sempre optato con maliziosa soddifazione per l'esatto contrario alla norma. Invece di ricavarsi uno spazio entro i<br />

limiti delle avanguardie del suo tempo, egli ha preferito inventare una propria personale e arguta "Scuola" artistica<br />

(come pure vari Fan Club e Università fittizie). La New York Correspondence School è stata un movimento artistico<br />

ideato da un’unica persona ma al tempo stesso anche un’esperienza realmente collettiva, coinvolgendo in un<br />

debordante processo di collaborazioni postali un mutevole ventaglio di corrispondenti illustri e sconosciuti. Mentre<br />

inoculava nell'arte contemporanea i concetti all’epoca innovativi di processo, partecipazione, scambio, dono,<br />

Johnson è rimasto sempre in una posizione di pieno controllo quale direttore d'orchestra (non del tutto) occulto:<br />

il deus ex machina della grande, ambigua e osmotica Rete planetaria da lui intrecciata (decenni prima di Internet).<br />

Un’eremitica “musa" che ha retto le fila di un intricato interscambio in grado di stupire e coinvolgere un pubblico<br />

di corrispondenti singoli e multipli.<br />

Quella di Ray era una poetica di frammenti, di dettagli sempre dislocati e rielaborati, di quisquilie che si approssimavano<br />

al nulla - l'artista chiamò i suoi anti-eventi "Nothings" (“Nulla”), alludendo scherzosamente agli Happenings all’epoca<br />

in voga - ma c'era sempre qualcosa di speciale e significativo in quegli effimeri rituali quotidiani (aprire la posta,<br />

lavorare ai collage, rispondere alla posta, imbucare le lettere). Rifiutando spesso di esporre e vendere la propria<br />

arte, rigettando l'arte come merce ("richiedi una tua copia gratuita" era una frase ricorrente negli invii), ignorando<br />

le grandi tele a favore di piccole opere su carta, Johnson ha meticolosamente accumulato un esteso corpo di opere<br />

diaristiche (non narrative) che richiama alla mente il fluido flusso di un’improvvisazione jazz dai temi ricorrenti (i<br />

conigli e i serpenti, gli schiacciapatate, i ritratti in silhouette, ecc.). Un collage di Ray Johnson non condivide nulla<br />

della logica rassicurante di un'opera d'arte "finita", anche quando è incorniciato continua a mantenere l’osservatore<br />

sulle spine, come un fotogramma estrapolato da un film che non si può mai sperare di vedere nella sua interezza.<br />

Due “nonsensi” giustapposti diventano un’affermazione in questa cosmologia autosufficiente dove disegno, parola<br />

e ritaglio hanno identico diritto di cittadinanza. E ci rendiamo conto della grandezza di Ray non tanto quando<br />

contempliamo ammirati l'intricata ed enigmatica grazia dei suoi "collages" (suo neologismo che fonde “spirale” e<br />

“collage”), quanto piuttosto quando restiamo folgorati - e questo accade molto spesso, se ci immergiamo nel suo<br />

lavoro - dal significato di un’audace corrispondenza, un dettaglio rivelatore mai notato prima che tutto ad un tratto<br />

acquista senso e si riverbera anche nella nostra esperienza personale. Ray ci parla direttamente attraverso i suoi<br />

rompicapi, aprendo spioncini in una più elevata consapevolezza con la stessa leggerezza e profondità di un maestro<br />

Zen che assegna koan ai suoi discepoli.<br />

Nell’affettuosa canzone Hey Ray dedicata al suo vecchio amico - non certo una delle migliori composizioni del<br />

musicista, ma comunque una melodia che riesce a catturare l'eccentricità del personaggio - John Cale canta con<br />

insistenza "Hey Ray, mi stai facendo uscire di testa!": l'artista era sicuramente in grado di dare sui nervi coi suoi<br />

lunghi silenzi (periodi senza cenni di risposta), con i suoi test di affidabilità (ed eventuali successive "espulsioni"<br />

dalla sua Scuola), i suoi non sequitur e la riluttanza a comunicare in maniera lineare. Un virtuale recluso affascinato<br />

dalle celebrità, un solitario con centinaia di amici di penna, un Gilbert senza il suo George, un misantropico<br />

benefattore, Ray ha orchestrato la sua personale (sotterranea) rivoluzione artistica ma nel 1968 ha stabilito - come<br />

canta Cale - che era già “tutto finito": rapinato per strada lo stesso giorno dell’attentato ad Andy Warhol (con una<br />

pistola proveniente dalla casa dell’amica May Wilson), Johnson decise allora di allontanarsi per sempre da New<br />

York. Cinquant'anni dopo la nascita della New York Correspondence School (1962) e trentanove dopo l’annuncio<br />

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