Fabrizio Bonera - CAI Manerbio
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Flora Italiana” del Saccardo. Quella di Monte Baldo venne accettata come prima<br />
segnalazione. Successivamente la sua segnalazione si fece più frequente tanto è vero<br />
che attualmente è presente nelle regioni artiche, sulle montagne europee che vanno<br />
dai Pirenei al Caucaso e sulle cime più alte della catena appenninica.<br />
Questa distribuzione geografica dice molto sulle sue origini e sulle sue caratteristiche<br />
di pianta artico-alpina. Dovette essere assai diffusa in un lontano passato anche nei<br />
territori compresi fra le regioni montuose, nelle pianure europee tanto per intenderci, a<br />
causa del clima particolarmente freddo delle epoche glaciali: ce lo testimoniano i<br />
ritrovamenti di foglie fossili della dryas e sulla denominazione stessa che i geologi<br />
danno all’ultimo periodo freddo, indicato come “Dryas recente”. La sua presenza<br />
attuale, in regioni tanto lontane geograficamente ma accomunate dal clima alpino, ci<br />
dice che la sua distribuzione avvenne per migrazione all’epoca dell’ultima glaciazione.<br />
Si tratta di una piccola pianta legnosa e perenne che può vivere oltre cento anni e<br />
forma spesso estesi tappeti di colore verde scuro sulle rocce calcaree da 1500 a 2000<br />
metri. Sui fusti legnosi, striscianti, abbondano le foglioline coriacee, allungate, lucide<br />
sopra e biancastre di sotto per la presenza di uno strato tomentoso, con il margine<br />
revoluto e delicatamente inciso a ricordare le foglie dentellate della quercia.<br />
E’ proprio questa somiglianza che le ha meritato il nome di dryas (dal greco antico<br />
δρυς [leggi “drus”] che significa quercia). Il nome rimanda anche alle mitiche ninfe dei<br />
querceti, le Driadi, simbolo dei boschi e della vegetazione rigogliosa in genere.<br />
All’apice degli steli senza foglie, cosiddetti afilli, sbocciano ma maggio a luglio i grandi<br />
fiori solitari con 7-8 petali bianchi disposti attorno ad un disco centrale giallo intenso,<br />
dove si concentrano gli stami ricchi di polline. Il numero dei petali giustifica la seconda<br />
parte del nome (octopetala).<br />
Il nome volgare Camedrio richiama sempre al greco per quercia ma con una nota<br />
descrittiva in più. Ci riconduce al termine χαµαι (leggi “chamai”) che significa “che<br />
striscia a terra”. E questa non è una denominazione dettata dal caso.<br />
La Dryas è infatti, si potrebbe dire, una pianta strisciante ed è sorprendente come una<br />
pianticella tanto minuscola abbia la capacità di estendersi su notevoli superfici. Se la<br />
osserviamo con attenzione ci accorgiamo che quello che sembra attribuibile ad un<br />
elevato numero di piantine in realtà appartiene ad un unico esemplare. Per questo suo<br />
comportamento ha un grande valore ecologico: è una delle cosiddette “piante copritrici<br />
dei ghiaioni”, autentici pionieri dotati di una robusta radice principale che li tiene<br />
ancorati saldamente in profondità e di un sistema radicale più superficiale che assorbe<br />
acqua e sostanze nutritive. Non solo, ma l’intrico dei rami striscianti è in grado di<br />
imprigionare pulviscolo e foglie in decomposizione in modo da creare un terreno che,<br />
una volta più maturo, si offrirà splendidamente ad altre specie. Questo comportamento<br />
potrebbe essere oggetto di una interessantissima discussione su come la presenza di<br />
una specie non debba intendersi come un fatto stabile, ma semplicemente come una<br />
fase in evoluzione verso un susseguirsi di specie che a loro volta, a parità di condizioni<br />
climatiche e ambientali, daranno luogo ad una popolazione più duratura.<br />
La vita sui ghiaioni è difficile: sassi che rotolano dall’alto, scarso terreno su cui trovare<br />
nutrimento e pochi luoghi adatti a germinare. Nel tempo le chiazze scure di camedrio<br />
alpino si ampliano, il ghiaione si stabilizza, cominciano ad affermarsi specie più<br />
esigenti fino a formare una cotica erbosa che ricopre i detriti rocciosi ormai consolidati.<br />
Come altre specie che abitano in terreni difficili, anche questa cerca alleanze. La Dryas<br />
octopetala infatti è una ectomicorriza: le ife fungine formano uno spesso strato attorno<br />
alle radici che ne risultano profondamente trasformate.<br />
Ma l’attenzione dell’osservatore non botanico è concentrata sul candido fiore che<br />
orienta la propria corolla verso il sole. Quasi a tradire le sue origini artiche al fine di<br />
cercare un poco di tepore concentrando i raggi solari sugli stami attorno agli ovari e<br />
stimolare così gli insetti impollinatori a muoversi al loro interno.<br />
Alla fine dell’estate il fiore si trasforma in un achenio, un frutto secco che non si apre<br />
spontaneamente, sormontato da una appendice piumosa che reca i semi.<br />
Al pari di altre piante, la Dryas affida la propria riproduzione al vento, come altre<br />
Rosaceae sue affini, come alcune Ranuncolaceae e come alcune Enoteraceae.<br />
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