Pippo Rizzo, il ritorno a casa del nomade - Provincia di Palermo

Cultura & Società
La parabola del
viaggiatore per
raccontare il
percorso del
grande artista
corleonese
scomparso 42
anni fa.
La sua città
natale gli ha
dedicato una
mostra
antologica al
Complesso di
San Ludovico
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Pippo Rizzo, il ritorno
a casa del nomade
di Vincenzo Ferraro
Un uomo in trench e
borsalino, i vagoni
diagonali di un treno
alle sue spalle, assapora
volitivo la sensazione di libertà
datagli dal luogo in
cui si trova. Uno spazio mobile,
in cui infiniti itinerari
individuali probabilmente
si incrociano e confondono;
entro cui la propria tensione
psicologica interiore cerca
vie di attestazione e di interpretazione
stabile, sondando
ogni cosa e infine accampandosi
nell’intersezione
delle direttrici dei movimenti
contrapposti delle
tante partenze e dei ritorni.
Un crocevia sovraccarico di
energie, dunque, dove i passi
si perdono fra arrotanti fasci
di luce elettrica e lo stridore
delle rotaie.
È questo il contenuto de Il
nomade, il dipinto da cui
prende titolo la mostra antologica,
curata da Anna Maria
Ruta, con cui Corleone
ha di recente celebrato il
proprio figlio illustre Pippo
Rizzo: artista dall’intelligenza
prensile affascinato dalle
promesse dei manifesti futuristi,
che con piglio manageriale
si impose quale
agente di collegamento tra
l’Isola e la cultura nazionale
più avanzata, ben più a lun-
Pippo Rizzo alla galleria Tindari nel 1960
go che per la sola stagione
segnata dagli slanci progressisti
marinettiani.
Per lui, infatti, il senso di libertà
intellettuale e lo spirito
d’avventura assunsero
precisamente la dimensione
del viaggiare: sin dalla fine
del primo decennio del Novecento
quando, giovane
ambiziosissimo, dalla propria
cittadina dell’entroterra
siciliano suscitò interesse ed
entusiasmo in Filippo Tommaso
Marinetti e raggiunse
per la prima volta il Continente,
per confrontarsi direttamente
con gli artisti futuristi
e con il panorama
dell’avanguardia artistica
romana.
Da quel primo viaggio a Ro-
ma, che tra l’altro gli diede
modo di esordire con
un’esposizione nei locali del
Teatro Quirino, e dalla frequentazione
assidua di Depero,
Severini, Bragaglia,
ma innanzitutto di Balla –da
subito preso a modello anche
nella scelta di alcuni
soggetti, come gli scorci di
Villa Borghese ripresi con
taglio fotografico (Il parco
dei daini, 1919)–, Rizzo sarebbe
tornato in Sicilia con
una tavolozza brillante e ricca
di fermenti, aggiornata
alla scomposizione della luce
divisionista. E avrebbe altresì
indirizzato il proprio
lavoro tanto allo studio delle
ricerche boccioniane –la
trasposizione di tensioni

psicologiche nello spazio, in
particolare, come dimostra
il Ritratto psicodinamico del
1920–, quanto alla ferma intenzione
di rispondere concretamente
all’invito dello
stesso Boccioni, espresso nel
Manifesto ai pittori meridionali,
ad “innalzare a sintesi
universale della vita il colore
locale” del Sud: intenzione
tradotta prestissimo in
esplicita dichiarazione di
poetica.
Le visite allo studio di Balla,
del resto, avevano rappresentato
per lui il principale
tramite sia per l’acquisizione
dell’analitica divisionista,
nei suoi esiti più tardivi
ormai prossimi al complementarismo
dinamico dei
colori e alla sintassi simultanea
futurista –entrambi assimilati
in modi personalissimi
già nel Pescatore del
1920 – sia per l’introduzione
alla poetica propriamente
futurista degli stati d’animo,
la quale, in quei primissimi
anni ’20, restava al centro
della riflessione dello
stesso Balla e trovava sensibili
interpreti anche nei siciliani
Corona e Varvaro, pro-
babilmente messi a parte
degli esiti del maestro torinese
trapiantatosi a Roma e
forse anche delle teorie del
marchigiano Giuseppe Steiner
per il tramite di Rizzo:
di nuovo presente a Palermo
nel novembre 1921, con
una personale alla Galleria
Interguglielmi.
Su quella mostra fa oggi luce
Davide Lacagnina, presentando
nella cornice dell’antologica
corleonese il testo
inedito redatto da Rizzo
a commento della sua prima
esposizione palermitana.
Uno scritto dai toni, se non
apertamente programmatici
–è infatti ancora assente un
esplicito riferimento al Futurismo
o ai pittori frequentati
a Roma– già chiarificatori
dei suoi intendimenti
futuri. Un’incondizionata
apologia del latifondo e del
popolo siciliano, della straordinaria
forza primitiva
della terra e di quella naturalmente
elettrica del cielo (I
lampi, 1920), su cui l’artista
non avrebbe più smesso di
tornare, per dare luogo a
un’iconografia mediterranea
fatta di paesaggi assola-
ti e bionde distese di grano,
e puntellata da mietitori
stracchi e contemplativi
dentro al biancore abbacinante
del mezzogiorno
(Mietitore, 1926) o da pescatori
alla mattanza impavidi
e derelitti (Mattanza, 1927).
Figure popolari, mute di
fronte alla Storia, certo, ma
non meno consapevoli ed
ansiose degli audaci personaggi
metropolitani sorpresi
a fare cerchi con la mente
(Donna che fuma, 1920) o a
misurarsi con le proprie dinamiche
mentali, al bivio tra
una fuga ed un ritorno.
Il 1929 si segnala come l’anno
dell’ultimo contributo reso
da Rizzo al Futurismo
–l’edizione del numero unico
«Arte Futurista Italiana
1909-1929» in occasione del
ventennale del movimento–
e del conferimento dell’incarico
di organizzatore delle
mostre sindacali siciliane;
ruolo che prevarrà su quello
di pittore. Azzerati del tutto
gli ardori futuristi e diradate
le partecipazioni alle biennali
e alle mostre internazionali,
i soggetti che Rizzo dipinge
a partire dagli anni
’30 sono frutto più di lucido
scrutinio geometrico che
non di libere emozioni: marine
e paesaggi mediterranei
scanditi da alberi cilindrici
o da solitari pini dalle
chiome arrotondate che
guardano al Carrà metafisico
(Primavera, 1930). Oppure
antidiluviani corpi stereometrici
di sapore neoprimitivo
(Adamo ed Eva, 1932).
O ancora scene di epica
quotidianità atemporale, in
parte dettate dalle politiche
sociali del regime (La dipartita,
1930 o Il grano, 1949).
Cultura & Società
‘‘ Il 1929 si segnala
come l’anno
dell’ultimo
contributo reso
da Rizzo al
Futurismo
–l’edizione del
numero unico
«Arte Futurista
Italiana
1909-1929»
in occasione del
ventennale del
movimento– e
del conferimento
dell’incarico di
organizzatore
delle mostre
sindacali
siciliane
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