Qui - Atipico-online
Qui - Atipico-online
Qui - Atipico-online
Create successful ePaper yourself
Turn your PDF publications into a flip-book with our unique Google optimized e-Paper software.
La riscoperta degli<br />
antichi sapori Monica Fierli<br />
Luigi Fierli<br />
Marco Bocchetta<br />
Viaggiando attraverso la nostra bella penisola, quante volte ci<br />
siamo fermati ad un autogrill.<br />
Ci siamo seduti con il vassoio contenente il nostro<br />
pranzo (primo piatto con odori vari e sapori indecifrabili,<br />
secondo piatto con le immancabili patatine<br />
fritte) e mestamente abbiamo ripensato al pranzo<br />
cucinato dalla nostra nonna che solo l’odore ti aumentava<br />
l’appetito, non parliamo poi del sapore!<br />
Quando abbiamo aperto il nostro ristorante (La Locanda<br />
della Mercanzia) arrivando da esperienze diverse,<br />
sia di lavoro che di vita, abbiamo deciso di<br />
introdurre nel nostro menù alcuni piatti della nostra<br />
tradizione lacustre e contadina, perché la voglia di<br />
tornare alle nostre origini la volevamo trasmettere,<br />
possibilmente, ai nostri avventori.<br />
La passione per il buon cibo e per il vino buono ci è<br />
stata tramandata di nostri genitori e dai nostri nonni<br />
che, oltre ad insegnarci a cucinare, ci hanno tramandato<br />
le storie legate alla nostra tavola.<br />
Uno dei primi ricordi che ci ritornò alla memoria fu<br />
il baccalà del venerdì, che la nonna Orlanda cucinava<br />
sulla brace del camino (il cantone) dentro un gran<br />
tegame di coccio e del quale era gelosissima.<br />
Il baccalà, acquistato alla “bottega “, (il negozio di<br />
alimentari che avrebbe fatto la gioia di un moderno<br />
agente dei N.A.S.) veniva dissalato in acqua fredda,<br />
possibilmente con dei ceci, per circa due giorni.<br />
La preparazione del baccalà iniziava la mattina per<br />
essere tutto pronto all’ora di pranzo.<br />
Gli ingredienti erano tutti rigorosamente dell’orto e<br />
dei campi: il prezzemolo, il sedano, la cipolla, l’aglio,<br />
i pomodori.<br />
La bieta veniva raccolta quella selvatica e, in mancanza,<br />
si utilizzava quella coltivata, ma aveva meno<br />
sapore, così dicevano quelle che se ne intendevano.<br />
L’uvetta (uva bianca e dolce, moscatello preferibilmente)<br />
veniva messa a seccare in cantina e veniva<br />
utilizzata anche per i dolci e le schiacciate.<br />
Il concentrato di pomodoro (conserva) era preparato<br />
alla fine dell’estate macinando i pomodori messi a<br />
maturare al sole settembrino sulla legnaia oppure<br />
sul pavimento della cantina. La conserva ottenuta<br />
veniva invasata dentro dei recipienti di vetro e messi<br />
a bollire a bagnomaria per circa 3 ore.<br />
La cottura del baccalà nel coccio era un cerimoniale<br />
di circa 2 ore:<br />
la brace doveva essere ricoperta dalla cenere per evi-<br />
l’atipico - 30<br />
tare che tutto si attaccasse sul fondo, con l’aggiunta<br />
o l’eliminazione di qualche “tizzone” per aumentare<br />
o diminuire la bollitura. Il contenuto non veniva mai<br />
mescolato, ma il coccio era mosso con abilità per<br />
evitare che il baccalà si sgretolasse.<br />
Alla Locanda della Mercanzia il piatto lo abbiamo<br />
chiamato “Il baccalà de’ la mi’ nonna” e lo serviamo<br />
su dei coccini, in onore al coccio della nonna e per<br />
mantenere il baccalà ad una giusta temperatura e<br />
conservarne meglio il suo sapore e il suo aroma.<br />
Un altro ricordo, che lo abbiamo tradotto in riscoperta,<br />
è stata la preparazione del pranzo della trebbiatura<br />
(battitura) e, in particolar modo, i maccheroni<br />
al sugo d’oca.<br />
La battaglia del grano, brutale definizione del ventennio<br />
della trebbiatura, era il momento culminante<br />
di tutto il lavoro annuale dei nostri contadini che<br />
scoprivano di avere perso, come negli anni precedenti.<br />
Giudicandola una festa, i nostri nonni la onoravano<br />
con un pranzo speciale:<br />
•<br />
•<br />
•<br />
•<br />
Maccheroni con il sugo d’oca<br />
Oca, polli, anatre, conigli al forno<br />
Insalata tricolore (pomodori, cetrioli e peperoni<br />
cornetti)<br />
Cocomero<br />
Le oche e le anatre, allevate nell’aia vicino ad un piccolo<br />
stagno (la troscia), si nutrivano, oltre che di cereali<br />
(orzo e avena), anche con le erbacce cresciute<br />
spontaneamente nell’aia ottenendo quindi anche la<br />
pulizia vicino alla casa.<br />
Il giorno prima della trebbiatura la massaia, insieme<br />
alle altre donne di casa (bambine e adolescenti<br />
comprese), si dedicava alla preparazione del pranzo.<br />
Le oche, anatre e polli erano abbattuti tirandogli il<br />
collo, quindi venivano spennate e pulite togliendo<br />
le interiora, gli intestini delle oche venivano puliti<br />
e lavati in acqua e aceto per essere utilizzati come<br />
ingredienti del sugo (i maghetti). Le altre interiora<br />
(le rigaglie), sia delle oche che delle anatre e che dei<br />
polli, erano ripulite per essere utilizzate anche loro<br />
per il ragù.