Gds_1 Anno 2011 - Ordine Regionale dei Geologi di Sicilia

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Geologi di Sicilia
Bollettino dell’Ordine Regionale dei Geologi di Sicilia
Anno XIX
1
Gennaio-Aprile 2011

Geologi di Sicilia
Anno XIX - n. 1
Gennaio-Aprile 2011
Direttore editoriale
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Direttore responsabile
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Redazione
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- Bollettino dell’Ordine dei Geologi di Sicilia
SOMMARIO
3 Editoriale / Incarichi pubblici, che cosa sta cambiando
di Emanuele Doria
4-8 La scoperta di una struttura megalitica “dolmen”
a Galenzo Aquilea di Sciacca (AG)
di Francesco Lo Bue
8 Il Premio di laurea “Gaetano Ferruzza”
A Sabrina Polizzi la Prima edizione
9-18 La “crisi di salinità messiniana”
e le evaporiti siciliane
di Roberto Gulli
18 Si rinnovano i Consigli Direttivi delle Associazioni
Geologi di Agrigento, Ragusa e Siracusa
19-25 Bilancio consuntivo al 31-12-2009
26 Premio di laurea “Gaetano Ferruzza”
Seconda edizione
27-30 EPAP / Il patrimonio previdenziale dell’Ente
è sempre in aumento
di Arcangelo Pirrello
30 Le Scienze della Terra nella Scuola
di Emanuele Doria
31 Recensioni / Abbiamo letto per voi
a cura di Pietro Todaro
32-39 Rinvenimento di un’antica cava di pietre
da macina nel litorale di Letojanni (ME)
di Alvise Ucosich
La copertina:
Moderne tecniche di trenching:
il taglio del calcare mesozoico
di Fondo Raffo a Palermo,
per la posa dei sottoservizi
(Foto di P. Todaro)

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L’EDITORIALE
INCARICHI PUBBLICI,
CHE COSA STA CAMBIANDO
Dal nove di Giugno di quest’anno, entrerà definitivamente
in vigore il D. Lgs. n. 163 del 12/4/2006
“Codice dei contratti pubblici relativi a lavori, servizi
e forniture”, con le ultime variazioni introdotte dal
D.P.R. 207/2010. Tra le novità sostanziali che riguardano
i professionisti troviamo l’indirizzo verso la
modalità di affidamento degli incarichi tramite l’offerta
economicamente più vantaggiosa, rispetto a quella
al massimo ribasso. Si intravede pertanto una tenue
luce in fondo a quel tunnel costruito dal D.P.R. 554/99
prima e dal famigerato “Decreto Bersani” convertito
con la Legge 248/2006. Questo cambio di tendenza è
stato da lungo tempo auspicato da tutti i Consigli
nazionali delle Professioni tecniche; studi eseguiti dal
nostro CNG, dal Consiglio Nazionale degli Ingegneri
ed anche dall’OICE (l’organo di rappresentanza
delle società di ingegneria), hanno da tempo evidenziato
come il sistema delle offerte al massimo ribasso,
legato anche alla mancanza di disciplina delle tariffe,
ci ha condotto verso un andamento dei ribassi che
hanno raggiunto un valore medio pari ad oltre il 45%
ed uno massimo superiore all’82% con punte dell’
86% per le società di ingegneria. Questo andamento
del “libero mercato”, oltre ad esasperare il regime concorrenziale,
porta a conseguenti ed evidenti ripercussioni
sulla qualità della progettazione; per noi geologi
il problema diventa ancora più evidente quando
l’importo su cui effettuare il ribasso include anche
l’importo delle indagini o quando ci presentiamo alle
gare in RTP. In pratica si sta verificando con la committenza
pubblica quello che già da anni lamentavamo
con la committenza privata, in cui l’onorario per
la prestazione, se ancora di onorario si può parlare, è
in continua e verticale discesa nonostante l’introduzione
delle NTC che avrebbero dovuto segnare la svolta
qualitativa della nostra professione.
Un tentativo per ridurre questa tendenza era stato
fatto con la Determinazione AVCP n. 5 del 27 luglio
scorso “Linee guida per l’affidamento dei servizi attinenti
all’architettura ed all’ingegneria”, l’Autorità di
vigilanza sui contratti pubblici di lavori, servizi e forniture
che, per quanto concerne la determinazione dell’importo
a base di gara ha precisato che il corrispettivo
va determinato applicando il D.M. 4 aprile 2001,
almeno finché tale decreto non sarà sostituito da uno
nuovo, emanato ai sensi dell’articolo 92, comma 2,
del Codice, “tenendo conto delle tariffe previste per
le categorie professionali interessate”; ma questa
determinazione ha avuto poco seguito soprattutto in
Sicilia, dove la Circolare dell’Assessorato Regionale
per i LL.PP. del 18/9/2006 ha stabilito un doppio regime
normativo: per i lavori pubblici l’applicazione della
normativa regionale mentre per i beni, servizi e forniture
si rimanda al Codice 163/2006 con le successive
modifiche ed integrazioni. Questa evidente con-
di Emanuele Doria
traddizione, tutta isolana, consente attualmente una
grande autonomia alle S.A., per cui si assiste continuamente
a bandi di gara con impostazioni completamente
differenti, svariati criteri di scelta dei requisiti
e forte permanenza del fattore discrezionalità.
Da diversi mesi ormai, l’Ordine Regionale dei Geologi,
insieme alle Consulte Regionali degli Architetti
e degli Ingegneri ed a diverse associazioni di categoria,
sta partecipando al Tavolo di Lavoro per gli appalti
istituito dall’Assessore Regionale alle Infrastrutture
e Mobilità, nelle cui sedute, spesso dibattute, ha fornito
il suo contribuito sia alla preparazione di una serie
di proposte del mondo professionale siciliano rivolte
al governo regionale, sia a puntualizzare le specifiche
richieste della categoria dei geologi per quanto concerne
la stesura delle Linee Guida del Codice; questo
dialogo, che ha visto le professioni tecniche fare fronte
unito, si è concretizzato in un Atto di Indirizzo che
impegna la Regione siciliana, ed i Comuni della Sicilia,
nonché gli enti, le aziende e le società dipendenti
o partecipate, a seguire, nell’effettuazione delle gare
d’appalto di lavori e di affidamento di servizi, una
serie di criteri che anticipino il recepimento dinamico
del Codice dei Contratti secondo il quale l’unico
criterio utilizzabile per la valutazione delle offerte è
quello del “criterio dell’offerta economicamente più
vantaggiosa”.
Ci auguriamo quindi che a breve non si sentirà più
parlare di ribassi incredibili, figli comunque di una
situazione generale molto difficile, di concorrenza esasperata,
legata anche alla scarsità sul territorio di bandi
che consentano la partecipazione dei liberi professionisti
senza vincoli a volte farraginosi. Tuttavia la
norma in ingresso non è esente da pecche, poiché prende
in considerazione come criteri l’adeguatezza dell’offerta;
le caratteristiche metodologiche dell’offerta
stessa; il ribasso percentuale unico indicato nell’offerta
economica, che non può essere superiore ad una
percentuale che deve essere fissata nel bando di gara
in relazione alla tipologia; la riduzione percentuale
indicata nell’offerta economica con riferimento al
tempo, che non può essere superiore ad una percentuale
che deve essere fissata nel bando di gara ed in
ogni caso non superiore al 20%.
Con tale sistema i due criteri di ribasso sull’importo
e sul tempo potrebbero diventare ininfluenti, nel
caso in cui tutte le offerte attestassero il loro ribasso
a quello massimo fissato dal bando di gara, lasciando
ampio margine alle scelte discrezionali e lasciando
l’Ente comunque libero di fissare il ribasso massimo
consentito di volta in volta. Speriamo di non
cascare dalla padella nella brace.
Un cordiale augurio di buon lavoro a tutti Voi
Emanuele Doria
(Presidente dell’Ordine dei Geologi di Sicilia)
3

LA SCOPERTA DI UNA STRUTTURA MEGALITICA
“DOLMEN” A GALENZO AQUILEA DI SCIACCA (AG)
Francesco Lo Bue
Geologo, libero professionista - franco.lobue@libero.it
La presente nota illustra il ritrovamento di una struttura megalitica di tipo dolmenico, ubicata nel territorio
RIASSUNTO
di Sciacca in un’area prossima alla strada di scorrimento veloce per Palermo, a pochi chilometri dell’abitato.
La scoperta effettuata occasionalmente durante lavori di rilevamento geologico potrebbe rivestire, se confermata dalle verifiche archeologiche,
un importante interesse per la storia arcaica dell’isola e aprire nuovi orizzonti sulla conoscenza delle origini dei primi insediamenti
delle popolazioni saccensi. Anche dal lato geoculturale emergono contestualmente elementi di valore geomorfologico per la
presenza di una falesia calcarenitica in un contesto di erosione e modellamento in cui la mano dell’uomo preistorico si è sovrapposta
a quella delle azioni di lenta evoluzione geodinamica, riferibili all’Olocene. Dopo avere collocato il sito nel suo naturale contesto morfologico
e geologico, nell’articolo si accenna al quadro storico-archeologico dell’area, già particolarmente ricca di sopravvivenze archeologiche
e inserita nell’ambito del bacino termale di Sciacca, con le sue numerose e diversificate sorgenti termali.
This note describes the discovery of a megalithic dolmen type structure, located in the territory of Sciacca
ABSTRACT
in an area next to the south-western Sicilian highway Sciacca-Agrigento, a few kilometres from the town.
The discovery was made occasionally during the work of a geological survey and could play, if confirmed by geological testings, a major
interest in the archaic history of the island and open new horizons on the knowledge of the origins of the first settlements of Sciacca
population. Elements of geomorphological value also emerge on the geo-cultural side because of the presence of a calcarenitic cliff in
a context of erosion and modelling in which the hand of prehistoric man superimposed on the slow evolution of the shares of
Geodynamics, referring to the Holocene.After placing the site in its natural, geological and morphological context, the article alludes to
the historical and archaeological area, already very rich in archaeological survivals and placed in the spa basin of Sciacca, with its
many and varied thermal springs.
Lineamenti geomorfologici territoriali
L’area, nella quale abbiamo individuato la presenza
di una struttura megalitica risulta ubicata nella parte
Est del territorio di Sciacca in contrada Galenzo Aquilea-San
Giorgio. L’intera zona, che da decenni viene
indicata dagli studiosi come sito di frequentazione
arcaica è interessata dalla presenza di importanti rinvenimenti
della preistoria siciliana tra cui il Dolmen
di Fimmina Morta (distante circa un chilometro dal
luogo in esame) è ubicata a Sud-Est del Monte San
Calogero, luogo preistorico di notevole valore archeologico.
A Ovest il paesaggio e la morfologia del territorio
sono caratterizzati dalla valle del torrente Carabollace
che si sviluppa in un articolato e vasto bacino
a reticolo fluviale che nel passato arcaico ha favorito
le prime frequentazioni dell’uomo sicano ed elimo soprattutto
alla foce del Carabollace ed è stato recentemente
oggetto di scavi archeologici e studi da parte
della Sovrintendenza di Agrigento e del Laboratorio di
Archeologia della Normale di Pisa. Ricerche che hanno
consentito di ricostruire un antico approdo navale alla
foce del Carabollace (IV-VI sec. d.C., ed oltre), uno
dei più importanti ancoraggi di Agrigento e del Lilibeo
di navi provenienti dall’Africa.
A Sud il territorio è dominato dal rilievo collinare
di Monte Rotondo, mentre ad Est si eleva blandamente
sul fondo-valle, con i sui contorni di quadrilatero
irregolare, una estesa formazione di calcarenite
rossastra del Calabriano, ricca di un notevole conte-
4
Fig. 1. Ubicazione del sito megalitico.
nuto fossile di pectinidi, echinidi e molluschi. Dai
rilievi eseguiti si evidenzia che la formazione si estende
per largo tratto verso oriente con significativi affioramenti
solo in parte mascherati da modesti depositi
di detrito di falda della potenza variabile di 2,00 –
3,00 m. Da un punto di vista strutturale gli affioramenti
mostrano una notevole quiete tettonica attestata
dalla giacitura pressocchè orizzontale degli strati, a
differenza della zona immediatamente a Sud del monte
Cronio dove si hanno frequenti rotture di pendenza
attribuibili a discontinuità strutturali. Il complesso
megalitico oggetto dello studio, di quota 66 m SLM,
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icade su una formazione argillosa azzurrina di consistenza
mediamente plastica che include piccoli cristalli
di gesso secondario (Pliocene medio), sottostante
alle bancate di calcareniti del terrazzo marino che
affiorano poco lontano, contestuali a Monte Rotondo.
La posizione geografica del sito è definita dalle coordinate:
Lat 37°30’05.00”N; Long 13°09’15.35”E.
Cenni storico-archeologici del territorio
Abbiamo poche testimonianze documentate del
Paleolitico di Sciacca, certamente, quando gli effetti
della glaciazione di Wurm si estinsero definitivamente
i territori della Sicilia ed in particolare quelli meridionali,
furono frequentati verosimilmente dall’uomo
Sapiens, che trovò queste aree ben adatte alle necessità
primordiali della vita quotidiana in forza soprattutto
della ricchezza e diffusione della fauna e della flora.
Infatti, nella parte a Nord e Nord-Est di Sciacca sono
stati ritrovati numerosi resti di cinghiali e cervi, databili
in questo periodo (Politi A1 ). Negli anni sessanta
una accurata esplorazione all’interno della grotta “Lisaredda”
ha permesso il ritrovamento di una cospicua
presenza di resti faunistici che indussero a ritenere il
sito uno stanziamento cavernicolo. In una località sita
tra Sciacca e Menfi – Bertolino di mare, contrada
Cavarretto sono stati rinvenuti manufatti, datati nel
Paleolitico inferiore, con le caratteristiche del ciottolo
lavorato, riferibili alla facies della Plebble Culture e
degli hacheraux (accette). Ancora a Capo San Marco,
a Rocca Ficuzza, al Nadorello, a Sud del monte Kronio
e nelle vicinanze della Grotta Gallo, risultano ritrovati
da Giulio Perotti2 alcuni chopper (ciottoli lavorati),
pietre scheggiate a forma di utensili ed amigdale.
Il passaggio al Neolitico viene a manifestarsi, come
testimoniano le sequenze stratigrafiche, con le prime
testimonianze di manipolazione dell’argilla (prime
presenze di ceramiche, seppur molto rudimentali),
nuove strategie di caccia con mezzi più perfezionati,
prime coltivazioni. Secondo una serie di studi con analisi
radiometriche3 eseguite in rinvenimenti nella Sicilia
occidentale presso la Grotta dell’Uzzo (Tp), possiamo
indicare la metà del VI millennio a.c. come la
data dell’inizio della periodo Neolitico. Alcune testimonianze
di stanziamenti neolitici nel territorio di
Sciacca vengono registrati negli anni ’60 in contrada
Tranchina con frammenti di lamine, di selci o di ossidiana.
Interessanti sono i rinvenimenti di ceramica
1 Politi A., La preistoria dell’agro saccense, Seskera, anno I, n° 1, 1964.
2 Perotti G., Nelle profondità del Monte Kronio, AA.VV. Le Terme di
Sciacca, Palermo 1996.
3 D. Cocchi Genick, Manuale di Preistoria, Neolitico, volume II Octavo,
Firenze 1994, pp. 270-275. M. Cipolloni Sampò, Il Neolitico nell’Italia
Meridionale e in Sicilia, in A. Guidi - M. Piperno (a cura di),
Italia preistorica, Laterza, Roma-Bari 1992, pp. 334-365.
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Fig. 2. Schizzo pittorico del sito megalitico.
monocroma rossastra (tardo neolitico) attribuiti per gli
evidenti elementi cromatici e stilistici, con fini anse
a tronchetto, allo stile Diana, diffuso in tutta la Sicilia
(villaggio Pirrone sul Dirillo, Ragusa; Megara
Hyblea, Matrensa, Biancavilla, Catania; piano Vento,
Agrigento). L’archeologo-speleologo S. Tinè 4 , sempre
negli anni sessanta, definisce i ritrovamenti di ceramica
all’interno delle grotte del monte San Calogero:
“Stile o facies del Kronio”, che risulta del tutto simile
e pressoché contemporanea alla facies di Stentinello,
affiorante nel siracusano ed inquadrabile sempre
nel Neolitico, come i rinvenimenti di c.da San Marco.
A partire del III millennio a.c. il quadro evolutivo
archeologico dell’area si presenta più articolato e
diversificato. In questa area Sud della Sicilia occidentale
si impone come manifestazione particolarmente
importante la facies del bicchiere campaniforme alla
quale risulta associato nell’Isola, ma anche in tanti
altri siti europei, il fenomeno della presenza dolmenica,
seppur sparuta. Così scrive S. Tusa 5 sulle strutture
dolmeniche siciliane e sul rapporto con la cultura
del Bicchiere Campaniforme: “... in molti casi tali
sepolcri, analogamente alla Sicilia, sono associati a
ceramiche campaniformi offrendo utili indicazioni a
proposito della diffusione di tale tipologia al livello
mediterraneo ... in questa area dell’isola riesce a
penetrare portando con sé, certamente, anche valori
4 Tinè S., Saggi di scavo nella Galleria del Fico della grotta “Stufe
di San Calogero” sul monte Cronio di Sciacca, in Società Alpina
delle Giulie, 1962; Lo stile del Cronio in Sicilia lo stile di Ghar
Dalam a Malta e la successione del Neolitico nelle due isole, in Atti
XIII Riun. Scient. Ist. Ital. di Preistoria e Protostoria, Siracusa-Malta
22-26 Ottobre 1968, Firenze 1971.
5 Tusa S., Sole, astri e preistoria in Sicilia: rapporti tra morfologia
ed orientamento nelle architetture rituali siciliane dal IV millennio al
II millennio a.c., rel. all’Accademia Naz. Dei Lincei, 15/05/2000, convegno
“L’uomo antico ed il cosmo”.
5

e caratteri simbolici e spirituali che possono avere un
riflesso proprio negli orientamenti...
Il megalitismo dolmenico presenta in Sicilia poche
decine di evidenze, a questo proposito osserviamo che,
nel contesto nazionale, solo in Puglia e in Sardegna,
aree geografiche, per le loro peculiarità sismiche poco
colpite da intensi terremoti, sono ancora numerose le
presenze di dolmen. Crediamo, pertanto, che questo
non sia solo una casualità. Sicuramente la diffusa
antropizzazione del territorio non ha favorito, in genere,
la sopravvivenza di queste antichissime strutture,
che peraltro, a differenza delle tombe ipogeiche presentano
una notevole monumentalità e risultano, pertanto,
più esposte a manomissioni e danneggiamenti
talvolta irreparabili, che determinano la loro scomparsa
dal territorio che li ha ospitato per migliaia di anni.
La scoperta del megalito di contrada Galenzo Aquilea-
San Giorgio è destinata ad incrementare ulteriormente
il patrimonio archeologico della città di Sciacca, ma
soprattutto potrà contribuire alla ricostruzione e datazione
cronologica dei siti dolmenici in Sicilia ancora
non ben definiti. Sono, infatti, limitati ad una decina i
ritrovamenti di dolmen studiati e riconosciuti come tali
finora in tutta l’isola. Nella parte occidentale ne sono
stati individuati solo due, uno a Mura Pregne, alle pendici
del monte Castellaccio (Termini Imerese) ed un
altro a Sciacca in contrada Fimmina Morta ad un chilometro
circa a Sud-Est del megalito in esame di cui
solo oggi viene rivelata l’esistenza.
Caratteri morfometrici del megalito
Si accede al sito in oggetto dalla strada statale Sciacca
– Agrigento, all’altezza dello svincolo che porta in
contrada San Giorgio, da qui percorrendo una stradella
laterale, all’incirca in corrispondenza di un cavalcavia,
ci si immette in un’area che in modo diretto evidenzia
la struttura arcaica megalitica. Il sito, che ospita
il dolmen, si colloca in una ristretta area di circa 300
mq di forma poligonale irregolare. Da Nord è limitato
da una stradella privata che immette a circa 300 mt
a costruzioni ivi presenti. Nel pianoro che delimita il
sito in esame si distinguono cinque corpi lapidei ciclopici
di calcarenite giallina in parte antropizzati la cui
posizione relativa non sembra occasionale come a
mostrare un unico contesto sepolcrale. Verso Est emerge
un corpo con una forma a cupola, scavata in modo
evidente nella sua parte Sud frontale, segue la struttura
megalitica in oggetto, che per dimensioni e monumentalità
emerge su tutti gli altri corpi presenti. Più ad
Ovest affiora un megalito di dimensioni più ridotte, ma
anche questo con evidenti segni e incavi scolpiti da
antica mano. Un aspetto emblematico è tutto da investigare
e la presenza di altri due megaliti di natura calcarenitica:
il primo con una forma a stele, posto a circa
6
Fig. 3. Evoluzione antropica del sito.
Fig. 4. Il “dolmen” sopravvissuto.
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tre metri dal megalito principale con evidenti segni incisi.
Il secondo costituisce, approssimativamente, uno dei
lati perimetrali, quello Ovest, di questa area: ha una
lunghezza frontale di circa 5,00 metri, con chiare tracce
scolpite in negativo di forma rotondeggiante, del
tutto simili a quelli degli altri corpi litologici. Nel piedritto,
lato Ovest, sono rilevabili due incisioni di circa
60 cm paralleli con un’altra incisione trasversale, oltre
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a fossette circolari simili a quelle rilevate negli altri
corpi litologici. Ad un dettagliato rilievo presenta una
altezza di circa 3,40 metri, con una larghezza di circa
4,80 metri ed una profondità di 2,40 metri circa. Sparsi
in tutta l’area si rilevano, come descritto, esotici e
blocchi calcarenitici antropizzati da tagli e piccole
forme da decifrare evidentemente collegabili con il dolmen
e numerosi interventi antropici che potrebbero
essere stati prodotti da coloro che abitarono questi luoghi
nell’antichità. I due piedritti verticali risultano in
buono stato di conservazione, sorreggono il lastrone
orizzontale che evidenzia un cedimento nella parte centrale,
causato dall’azione erosiva millenaria e dalla
durabilità della struttura calcarenitica, ma anche dall’attività
delle piante e dei muschi che si rinvengono
nella parte superiore del lastrone orizzontale. Fortunatamente
non abbiamo rilevato nell’area del ritrovamento
significativi segni di alterazione antropica recente
che possano aver compromesso direttamente il dolmen
sopravvissuto, oltre a quelli precedentemente descritti.
Purtroppo bisogna rilevare che gli insediamenti abitativi,
posti nelle immediate vicinanze costituiscono un
impatto negativo al paesaggio geoarcheologico locale
togliendo non poco del primitivo fascino del sito che
merita di essere adeguatamente recuperato e tutelato.
Valutazioni e considerazioni
comparative con altri siti dolmenici
Ad un primo confronto con il dolmen di Fimmina
Morta, il nuovo ritrovamento si presenta con una maggiore
monumentalità e, forse, più antico. Il primo, infatti,
costituito da un grande masso errante, scavato verso
l’interno nella sua parte centrale per ricavarne un’area
funeraria, lo possiamo classificare come un pseudodolmen.
Non risponde infatti ad una caratterizzazione
classica con due piedritti ed uno lastrone di copertura;
inoltre, l’orientamento è determinato dalla posizione
del corpo in situ e dall’andamento morfologico del
declivio volto verso oriente. Al contrario la struttura
megalitica di recente ritrovamento presenta, invece, una
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Tav. 1 - Morfometria del dolmen
Altezza (m) Larghezza (m) Lunghezza (m)
Dimensioni della struttura megalitica 3,38 2,40 4,48
Piedritto sinistro 2,31 1,29 1,37
Piedritto destro 2,31 2,52 Spessore
Lastrone orizzontale di copertura (architrave) Lunghezza 2,46
2,38
Spessore
2,56 1,15
Litologia Calcarenite pleistocenica
classica architettura dolmenica costituita da due piedritti
ed un lastrone d’architrave, ed, inoltre, un orientamento
Nord-Sud con direzione assiale sul solstizio
d’estate, il punto massimo di altezza del Sole. Ad un
primo esame mostra tutte le caratteristiche di una struttura
megalitica dolmenica, probabilmente con rituale
sepolcrale, il primo rinvenimento in Sicilia occidentale,
fra le pochissime nel contesto dell’area del mare
Mediterraneo. Abbiamo anche notizia, non ancora verificata
sul piano archeologico, di un dolmen presso il
comune di Santa Margherita del quale ci riproponiamo
di acquisire più ampia documentazione. Il dolmen
di Mura Pregne a Termini Imerese o il dolmen di Avola
nel siracusano hanno una struttura architettonica complessiva
leggermente diversa. Una evidente somiglianza
risulta con il dolmen di Roknia in Algeria. Gli studi
archeologici, i rilievi scientifici e le analisi, che saranno
eseguite dagli esperti archeologi della storia arcaica
siciliana, consentiranno di eliminare le ultime indeterminazioni
e incertezze sull’origine e funzione del
megalito in esame. I preliminari rilievi e grafici eseguiti
nell’area di studio ci hanno permesso di determinare
una prima ubicazione planimetrica, spaziale e
dimensionale del dolmen e dei vari corpi megalitici
presenti nelle immediate vicinanze, inoltre di disegnare
alcuni tratti di forme incise nella roccia, ancora da
decifrare e il loro stato di conservazione che tutto sommato
mostra di avere ben reagito alla vetusta del tempo.
Si deve auspicare che le osservazioni e i dati rilevati
possano essere utili alle autorità preposte, alle quali
sottoponiamo la seguente nota, che riteniamo possa
essere presa in considerazione come un iniziale contributo
per successivi studi e aprire la strada verso un’azione
di recupero e tutela del sito.
L’Autore ringrazia sentitamente l’archeologo Primo
Veneroso per il contributo scientifico alla ricerca e,
inoltre, la prof.ssa Antonella Barone per i suoi preziosi
consigli.
I disegni sono a cura di Gabriella Lo Bue, le foto di
Francesco Lo Bue.
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Il Premio di laurea “Gaetano Ferruzza”
A Sabrina Polizzi la Prima edizione
L’Ordine Regionale dei Geologi di Sicilia ha istituito
nel novembre del 2009, il premio di laurea intitolato
ed ispirato alla memoria del Geol. Gaetano Ferruzza.
Alla sua prima edizione, il premio si è
focalizzato sulla geologia marina, materia particolarmente
sentita dal compianto collega. Pregevole l’accoglienza
nei giovani laureati che hanno presentato
numerosi elaborati, per i quali la commissione esaminatrice
ha dovuto compiere un serio sforzo per operare
la scelta del vincitore. La Dott.ssa Sabrina Polizzi
con la tesi dilaurea dal titolo “Rilievo morfo-batimetrico
di un settore dell’off-shore della Sicilia Nord
Occidentale mediante analisi di dati sismo acustici”,
si è aggiudicata l’assegno di € 2.500. La commissione,
presieduta dal Prof. Giovanni Randazzo dell’Università
di Messina e composta dai Consiglieri Pietro
Todaro, Giovanni Noto e Saro Di Raimondo, ha motivato
tale scelta perchè “il lavoro presentato oltre all’originalità
degli argomenti trattati utilizza una metodologia
avanzata, raggiungendo risultati ottimali anche
nelle refluenze pratiche”. Con l’occasione, il Consiglio
dell’Ordine esprime i migliori auguri alla vincitrice,
dando appuntamento ai giovani colleghi laureatisi
nel triennio 2008-2010 alla seconda edizione del
Premio di Laurea con tema “Fenomeni di dissesto
idrogeologico nel territorio siciliano”.
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Alcuni elementi morfobatimetrici riconosciuti nell’offshore
della Sicilia nord-occidentale: a) canyon presenti nel Golfo
di Palermo; b) canyon presenti nel Golfo di Castellammare;
c) lineamenti tettonici presenti lungo la scarpata continentale
dell’offshore dei Monti di Palermo; d) frana riconosciuta
lungo la scarpata continentale.
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LA “CRISI DI SALINITÀ MESSINIANA”
E LE EVAPORITI SICILIANE
Roberto Gulli - Dipartimento di Scienze della Terra e del Mare - Università di Palermo - robertogulli@tin.it
Durante il Messiniano il bacino del Mediterraneo fu caratterizzato da un radicale cambiamento delle condizio-
RIASSUNTO
ni ambientali. Tale cambiamento è testimoniato dalla presenza nell’area mediterranea, ed in particolare in Italia,
di cospicui sedimenti evaporitici (risalenti al Messiniano, Miocene sup.) la cui formazione è riconducibile alla cosiddetta Crisi di Salinità Messiniana.
I più importanti depositi evaporitici messiniani italiani sono stati rinvenuti, in affioramento e nel sottosuolo, in Sicilia (Gruppo della
Gessoso-Solfifera), nella Catena Appenninica (Vena del Gesso) e nell’Italia settentrionale. La ricostruzione degli eventi deposizionali correlati
alla Crisi di Salinità Messiniana ha favorito, nel corso degli ultimi decenni, lo sviluppo di differenti ipotesi e modelli circa l’evoluzione
paleoambientale del Mediterraneo avvenuta nel corso del tardo Miocene ed, in particolare, durante il Messiniano. Gli studi multidisciplinari
effettuati sui depositi evaporitici, rinvenuti in varie parti del bacino mediterraneo, hanno contribuito alla ricostruzione dell’articolata storia
deposizionale del Messiniano che è stata suddivisa in tre fasi principali: una fase preevaporitica (7,25-5,96 Ma), durante la quale i sedimenti
si sono formati in un ambiente caratterizzato da acque profonde (depositi preevaporitici); una fase evaporitica (5,96 – 5,61 Ma), durante
la quale si formarono i depositi evaporitici nei bacini; ed una fase post evaporitica durante la quale si depositarono, all’inizio dello Zancleano
(Pliocene inf.), i sedimenti riconducibili alla facies Lago-Mare (5,61 – 5,33 Ma). La fase Lago-Mare segnò la fine della CSM e l’inizio
del ritorno del Mediterraneo alle condizioni marine normali. In Sicilia, i principali depositi evaporitici si trovano, in affioramento e nel sottosuolo,
nell’area centro meridionale (Bacino di Caltanissetta) ed occidentale dell’isola. Sotto il profilo litostratigrafico, le evaporiti siciliane
afferiscono al Gruppo della Gessoso Solfifera. Questa unità, nell’ambito della successione litostratigrafica del Messiniano della Sicilia, giace
sulla Fm. Tripoli (Messiniano sup., depositi preevaporitici) ed è ricoperta dalla Fm. Trubi (Pliocene inf. – medio, depositi postevaporitici).
During the Messinian, the Mediterranean basin was characterized by a drastic change of environmental con-
ABSTRACT
ditions. Such change is possible to see by the presence in the Mediterranean area, and specially in Italy, of
appreciable evaporite sediments (Messinian evaporites, upper Miocene) the formation of which is referable to Messinian Salinity Crisis.
The most important italian messinian evaporite deposits have been found ? on the surface and subsurface ? in Sicily (Gessoso-Solfiera
Group), in the Appennines (Vena del Gesso) and in the northern Italy. The reconstruction of the depositional events related to the Messinian
Salinity Crisis, in recent decade, has permitted the development of various hypotheses and models about the palaeoenvironmental
evolution of Mediterranean during the late Miocene and, in particular, during the Messinian. Multidisciplinary studies which were done
about the evaporitic deposits, found in various parts of the Mediterranean basin, have contributed to the reconstruction of the Messinian
depositional history which was divided into three main phases: pre-evaporite phase (7,25-5,96 Ma), characterized by the presence
of deposits formed in deep water (pre-evaporitic deposits); evaporite phase (5,96 – 5,61 Ma), during which were formed evaporitic deposits
within the basins; post-evaporite phase during which were deposited, at the start of the Zanclean (lower Pliocene), sediments referable
to the Lago-Mare facies (5,61 – 5,33 Ma). The Lago-Mare phase marked the end of MSC and start of the return of the normal
marine conditions of the Mediterranean. In Sicily, the main evaporitic deposits are located ? on the surface and subsurface ? in the southern
(Caltanisseta basin) and western area of the island. The sicilian evaporites belong to the Gessoso-Solfifera Group. This unit, in the
messinian lithostratigraphic succession of Sicily, is located above the Fm. Tripoli (upper Messinian, pre-evaporitic deposits) and below the
Fm. Trubi (lower - middle Pliocene, post-evaporitic deposits).
1. Evoluzione dei modelli
interpretativi della CSM
La Crisi di Salinità Messiniana, nonostante la sua
breve durata (circa 700 mila anni), rappresenta un’importante
fase della storia del Mediterraneo durante la
quale avvennero profondi e radicali cambiamenti
ambientali.
L’interpretazione di questo evento geologico è stata
caratterizzata, nel tempo, dalla coesistenza di modelli
interpretativi differenti, a volte anche contrastanti,
circa i meccanismi responsabili delle variazioni delle
condizioni ambientali preesistenti del Mediterraneo.
Variazioni chimiche e fisiche che condussero, ben presto,
alla formazione di spessi e diffusi depositi evaporitici
in tutto il bacino mediterraneo.
Le premesse della crisi di salinità del Miocene
superiore vanno ricercate indietro nel tempo, nel Miocene
medio, quando la comunicazione tra la Parateti-
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de ed il Mediterraneo venne interrotta a causa del sollevamento
crostale prodotto dall’orogenesi alpina.
Prima di allora, durante l’Oligocene, il collegamento
tra il Mediterraneo e la Paratetide era ancora stabile.
L’oceano della Paratetide a quel tempo rappresentava
un braccio di mare settentrionale della Tetide
che ricopriva parte dell’Europa centrale e l’Asia occidentale
con acque poco profonde, fig. 1.
Successivamente, la Paratetide venne separata ed
isolata dalla Tetide a causa dell’orogenesi alpina
durante la quale si formarono le catene delle Alpi, dei
Carpazi, delle Dinaridi, ecc.
Questo evento trasformò progressivamente la Paratetide
in un bacino interno isolato.
Occlusa la Paratetide, il Mediterraneo si trasformò
in un grande bacino profondo, tributario dell’Atlantico,
caratterizzato da una scarsa circolazione termoalina
causata dagli scambi piuttosto limitati con le
masse d’acqua atlantiche. Questi scambi si sarebbero
9

ealizzati attraverso diverse vie d’acqua che collegavano
l’Oceano Atlantico ed il Mediterraneo, in particolare
attraverso il “Corridoio Betico” (Spagna) e il
“Corridoio Rifano” (Marocco settentrionale) che erano
due vie d’acqua epicontinentali (in pratica localizzate
su crosta continentale) poco profonde (da alcune
decine a poche centinaia di metri), figura 2.
Durante il Miocene superiore, la comunicazione tra
l’Atlantico ed il Mediterraneo s’interruppe a causa
della chiusura dei corridoi d’acqua preesistenti, tra
7,6Ma e 6,8Ma (secondo Martín et alii, 2000; Garcés
et alii, 2001) o 6,0Ma e 5,65–5,4Ma (secondo Krijgsman
et alii, 1996, 1999b; Warny et alii, 2003). Per
spiegare questo evento sono state ipotizzate diverse
possibili cause quali il sollevamento tettonico dell’area
– come conseguenza degli eventi tettonici compressivi
che innescarono o riattivarono il sollevamento
delle catene circummediterranee (Pedley e Grasso,
1993; Butler et alii, 1995, 1999) – il concomitante
cambiamento delle condizioni climatiche globali che
produssero un aumento del volume dei ghiacci dell’Antartide
(durante il tardo Messiniano) che portò,
per conseguenza, ad un abbassamento generale del
livello del mare (Hsü et alii, 1973, 1978; Hodell et
alii, 1986; Cita & Corselli, 1993; Robertson, 1998);
il raccorciamento crostale orizzontale causato dalla
formazione di falde tettoniche (Weijermars, 1988).
L’entità dell’abbassamento del livello del mare a
livello globale per alcuni autori raggiunse un valore
di alcune decine di metri (Aharon et alii, 1993; Hodell
et alii, 2001) mentre per altri un valore fino a 80 –
100 m (Zhang e Scott, 1996).
Malgrado l’ipotesi del sollevamento tettonico dell’area
rimanga quella più accreditata, è possibile che
10
Fig. 1. La paratetide durante il Miocene medio.
la concomitanza di tutti i predetti fattori abbia avuto
un ruolo chiave nella determinazione del processo di
chiusura del collegamento tra l’Atlantico ed il Mediterraneo
(Rouchy e Saint Martin, 1992).
Questa chiusura provocò la progressiva riduzione
del volume d’acqua nel Mediterraneo.
Tale situazione condusse alla cosiddetta Crisi di Salinità
Messiniana del Miocene superiore durante la quale
le acque del bacino Mediterraneo passando da condizioni
normali a condizioni ipersaline favorirono la formazione
e l’accumulo di potenti depositi evaporitici.
All’inizio degli anni settanta l’interpretazione dell’origine
delle evaporiti mediterranee si fondava,
essenzialmente, su due modelli contrapposti: il modello
della soglia chiusa (Drooger, 1973; Hsü et alii,1973,
1978) – secondo cui la deposizione evaporitica sarebbe
avvenuta in seguito al disseccamento completo del
Mediterraneo – e il modello della soglia aperta
(Schmalz, 1970; Selli, 1973) in base al quale la deposizione
evaporitica sarebbe avvenuta all’interno di un
bacino parzialmente ristretto soggetto a periodica
comunicazione con l’esterno e caratterizzato da un
sistema di circolazione dell’acqua anti-estuario.
Tra i sostenitori del modello della soglia chiusa,
poi, alcuni autori ritennero che, al tempo della deposizione
messiniana, la topografia del Mediterraneo
fosse simile a quella attuale (Hsu et alii, 1973); altri,
tra cui Nesteroff (1973), ritennero invece che i bacini
profondi del Mediterraneo si fossero formati, a partire
dalla fine del Messiniano, per progressiva subsidenza
degli iniziali bacini superficiali in risposta alla
tettonica verticale connessa alla futura fase di oceanizzazione
del Mediterraneo sviluppatasi a partire dal
Pliocene, figura 3.
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Fig. 2. I corridoi Betico e Rifano che collegavano l’Atlantico con il Mediterraneo prima della loro chiusura durante il Miocene
superiore (da Benson et alii, 1991).
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Fig. 3. Il Mediterraneo durante il Miocene secondo i diversi modelli interpretativi (da Ricci Lucchi, 1980).
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Secondo il modello del bacino profondo disseccato
(Hsu et alii, 1973), il Mediterraneo fu caratterizzato
da un contesto paleogeografico molto articolato consistente
in bacini di varie dimensioni e profondità
suddivisi, schematicamente, in bacini ampi e profondi
– la cui localizzazione era quasi corrispondente a quella
delle attuali aree più profonde – ed in bacini più
piccoli e poco profondi principalmente marginali.
Secondo questo modello la crisi di salinità si sarebbe
sviluppata in due fasi: durante la prima fase le
periodiche comunicazioni tra Atlantico e Mediterraneo
avrebbero consentito la formazione delle brine
nelle porzioni più profonde dei bacini e la conseguente
deposizione di alite e di sali potassici; durante la
seconda fase la completa chiusura delle comunicazioni
con l’Atlantico avrebbe causato una rapida diminuzione
del livello marino e la conseguente esposizione
subaerea delle aree periferiche che sarebbero
state erose.
Le successioni evaporitiche più potenti – che raggiunsero
spessori anche superiori ai 1600 m – si sarebbero
formate all’interno dei bacini più profondi, mentre
le successioni evaporitiche meno potenti si
sarebbero formate all’interno dei bacini marginali
(Hsu et alii, 1973, 1975; Cita et alii, 1978; Rouchy,
1982a).
I depositi evaporitici dei bacini profondi furono
suddivisi in evaporiti inferiori ed evaporiti superiori.
In particolare, le evaporiti inferiori comprendevano la
spessa unità di sale – composta, in prevalenza, da alite
ed in subordine anche da sali di potassio e di magnesio
– sovrapposta all’unità pre-salina composta da sol-
12
Fig. 4. Distribuzione ed estensione dei sedimenti evaporitici messiniani nel Mediterraneo (da Rouchy e Caruso, 2006).
fati di calcio ed alite contenenti intercalazioni di sedimenti
non evaporitici e clastici.
Alla deposizione evaporitica sarebbe seguita, alla
fine del Messiniano, la deposizione di sedimenti (post
evaporitici) contenenti faune tipiche d’acque salmastre
poco profonde e ad affinità paratetidea. Tali sedimenti
rappresentano la cosiddetta fase di “lago-mare”,
definizione, quest’ultima, introdotta per la prima volta
da Ruggieri (1967) per indicare l’ambiente oligoalino
che si sarebbe instaurato nel Mediterraneo durante la
fine del Messiniano.
Alla fase di chiusura del Mediterraneo sarebbe
seguita, a partire dal Pliocene inferiore, la riapertura
della comunicazione tra il Mediterraneo e l’Atlantico
che avrebbe consentito l’ingresso di nuova acqua marina
dall’Atlantico ed il ripristino delle condizioni marine
normali nel bacino del Mediterraneo.
A partire dalla seconda metà degli anni novanta,
i nuovi studi e le nuove ricerche, condotte internamente
ed esternamente al bacino Mediterraneo,
hanno focalizzato la loro attenzione sia sulla cronologia
dei principali eventi evaporitici e sul loro contesto
deposizionale, sia sui cambiamenti ambientali
avvenuti in corrispondenza del passaggio tardo Messiniano/Pliocene
rilanciando il dibattito riguardante
l’interpretazione dell’evento evaporitico messiniano,
figura 4.
Secondo Krijgsman et alii (1999) l’inizio della
Crisi di Salinità fu un evento sincrono che coinvolse
tutto il Mediterraneo 5,96 milioni d’anni fa.
Durante tale crisi le acque del Mediterraneo si sarebbero
mantenute allo stesso livello di quelle dell’Atlan-
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tico e, pertanto, la deposizione delle evaporiti del ciclo
inferiore sarebbe avvenuta in acque profonde (circa
5,96 - 5,60Ma) (Krijgsman et alii, 1999, Krijgsman e
Meijer, 2008). Alla fine della deposizione del ciclo evaporitico
inferiore lo spessore della colonna d’acqua
sarebbe divenuto estremamente ridotto. Questo evento
avrebbe coinciso con il breve episodio di prosciugamento/erosione
coevo alla disconformità che in Sicilia
separa le evaporiti del ciclo evaporitico inferiore da
quello superiore. Questa interruzione intra Messiniana
sarebbe durata circa 90.000 anni.
Alla deposizione delle evaporiti inferiori seguì
quella delle evaporiti del ciclo superiore (5,60 -
5,33Ma) in un ambiente tipo lago-mare (biofacies
lago-mare) caratterizzato da faune (molluschi, ostracodi
e dinoflagellati) ad affinità paratetidea, figura 5.
L’ipotesi avanzata da Butler et alii (1996, 1999),
si fonda sullo studio del bacino evaporitico della Sicilia
centrale che viene associato ad un complesso gruppo
di sub-bacini poco profondi (inferiori a 200 m di
profondità) coincidenti con depressioni strutturali (sinclinali)
antistanti alla catena Maghrebide. Secondo
Butler et alii, 1995; Clauzon et alii, 1996 e Riding et
alii, 1998, la deposizione evaporitica nei bacini profondi
del Mediterraneo sarebbe avvenuta in tempi differenti
rispetto a quella avvenuta nel bacino siciliano.
Questa diacronia, secondo l’ipotesi di Butler (1996),
postdaterebbe la deposizione del ciclo evaporitico
inferiore della Sicilia perché durante la deposizione
evaporitica nei bacini profondi del Mediterraneo, il
bacino evaporitico della Sicilia si sarebbe trovato in
condizioni di prosciugamento.
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Tale ipotesi è suffragata, secondo Butler (1996,
1999), dalla presenza in Sicilia della marcata disconformità
che separa il ciclo evaporitico inferiore da
quello superiore. Secondo questa ipotesi, inoltre, il
rapporto geometrico di onlap delle evaporiti superiori
rispetto a quelle inferiori sarebbe la conseguenza
del progressivo ripristino della tavola d’acqua, nel
bacino siciliano, in concomitanza della deposizione del
ciclo evaporitico superiore. Secondo Butler (1996,
1999), inoltre, il ritorno alle condizioni marine normali
del bacino sarebbe stato sancito (in Sicilia) dalla
deposizione dell’Arenazzolo durante il tardo Messiniano.
L’Arenazzolo è un sedimento post-evaporitico
d’acqua profonda contenente delle faune dulcicole-salmastre,
ad affinità paratetidea, che rappresenta la
cosiddetta fase di lago-mare, figura 5.
Secondo Clauzon et alii (1996), la deposizione evaporitica
sarebbe avvenuta in due momenti distinti. Inizialmente
la deposizione avrebbe interessato i bacini
marginali poco profondi (compreso il bacino della
Sicilia centrale) e, successivamente, quelli profondi.
Anche per questo autore, le evaporiti “profonde” postdaterebbero
tutta la successione evaporitica dei bacini
marginali tra cui quella del bacino della Sicilia centrale.
Per Clauzon et alii (1996), durante la deposizione
delle evaporiti nei bacini profondi, il bacino della Sicilia
centrale sarebbe stato sottoposto ad erosione subaerea,
figura 5.
Il modello evaporitico proposto da Riding et alii
(1998) si basa sullo studio effettuato nel bacino di
Sorbas (Spagna sud-orientale). Secondo questo autore,
si sono succedute tre fasi evaporitiche. Durante la
Fig. 5. Correlazione
tra i principali eventi
Messiniani secondo
i vari modelli
interpretativi proposti
da vari autori
(da Rouchy e Caruso,
2006).
13

prima fase sarebbe avvenuta la deposizione del gesso
nei bacini marginali. Durante la seconda fase sarebbe
avvenuto il prosciugamento dei bacini marginali (con
erosione dei margini) e la contemporanea deposizione
delle evaporiti nei bacini profondi del Mediterraneo.
La terza fase sarebbe stata segnata dal ritorno
delle condizioni marine durante il tardo Messiniano e
dalla deposizione del gesso all’interno di piccoli bacini
marginali (come quello di Sorbas). Secondo Riding
(1998), inoltre, le condizioni di lago-mare sarebbero
state raggiunte, nel tardo Messiniano, solo in alcune
aree marginali di limitata estensione, figura 5.
Secondo le ipotesi formulate da Lu e Meyers
(2006), invece, la deposizione delle evaporiti del ciclo
inferiore sarebbe avvenuto in un contesto dominato
dall’esistenza di acque relativamente profonde, mentre
la deposizione delle evaporiti del ciclo superiore
si sarebbe verificata in seguito alla precipitazione dei
sali da salamoie marine miscelate con un significativo
apporto di acque continentali (Lu et alii, 2001,
2002). Per Lu e Meyers (2006), inoltre, l’abbassamento
del livello del mare e gli eventi erosivi che ne conseguirono
avrebbero coinvolto solo le aree marginali
mentre nella parte centrale dei bacini la presenza d’acqua
sarebbe stata costante.
Anche per Rouchy e Caruso (2006) le fasi evaporitiche
a scala mediterranea furono due. Secondo il loro
modello interpretativo, le evaporiti del ciclo inferiore
– contenenti calcari, gessi, spesse e massicce unità di
sale (alite) e di sali di potassio e di magnesio (depositatisi
nei bacini più profondi ed in Sicilia) – si sarebbero
deposte durante il maggiore periodo d’abbassamento
del livello dell’acqua nei bacini e
contemporaneamente con il principale evento erosivo
dei margini. Per Rouchy e Caruso (2006), inoltre, la
deposizione evaporitica nei bacini marginali ed in quelli
profondi sarebbe iniziata con una lieve diacronia.
Essi concordano con Butler (1995) e Krijgsman (1999)
sul fatto che la disconformità intra-messiniana – che
in Sicilia separa il ciclo evaporitico inferiore da quello
superiore – rappresenterebbe un importante evento
erosivo avvenuto in concomitanza con il massimo
abbassamento del livello dell’acqua nel bacino del
Mediterraneo.
Durante la deposizione delle evaporiti del ciclo
superiore il chimismo dell’acqua del Mediterraneo iniziò
a cambiare – a causa dell’incremento dell’apporto
d’acqua dolce nel bacino – fino a quando, alla fine
del Messiniano, tutto il Mediterraneo fu caratterizzato
da un ambiente dominato da acque salmastre (facies
lago-mare) contenenti organismi oligoalini (Rouchy,
Caruso et alii, 2006).
Tale ipotesi verrebbe suggerita anche da Roveri e
Manzi (2006) and Krijgsman et alii (2008) sulla base
dello studio di alcuni bivalvi paratetidei.
14
Secondo Butler et alii (1995), Riding et alii (1998)
e Braga et alii (2006), invece, la facies lago-mare
sarebbe stata determinata da localizzati fenomeni di
diluizione dell’acqua (dovuti ad apporti d’acqua dolce)
contenuta all’interno dei bacini marginali.
Essi ritengono, inoltre, che il ripristino nel Mediterraneo
delle condizioni marine sarebbe avvenuto
durante il Messiniano superiore.
Anche Grossi et alii (2008) ipotizza che durante
l’evento lago-mare il Mediterraneo sarebbe stato suddiviso
in vari bacini indipendenti e che ciascuno di
questi, indipendentemente dagli altri, avrebbe subito
dei cambiamenti ambientali differenziati.
È stato stimato che la fase lago-mare durò da
175.000 anni (Krijgsman et alii, 1999a, b) a 250.000
anni (Vai, 1997).
Il record sedimentario relativo alla biofacies lagomare
è costituito da una notevole varietà di litologie
tra cui marne, carbonati, sabbie, conglomerati, paleosuoli,
brecce (Rouchy et alii, 2001), mentre dal punto
di vista paleontologico, generalmente, tale biofacies è
caratterizzata dalla presenza di una fauna dulcicolasalmastra
ad affinità paratetidea indicativa di acque
poco profonde con fondali prossimi all’esposizione
subaerea.
Sedimenti caratterizzati da biofacies tipiche di lagomare
sono stati ritrovati nel bacino del Mediterraneo
centrale (bacino delle Baleari, bacino tirrenico), del
Mediterraneo orientale e di quello occidentale (bacino
algero-provenzale), in Spagna e in Francia (bacino
del Rhone), nelle isole Egee e nell’isola di Corfù.
In Italia depositi ascrivibili alla facies lago-mare si
ritrovano sia sul versante tirrenico sia sul versante
adriatico della penisola, negli Appennini settentrionali
e centrali, in Toscana (Cava Serredi, bacino di Ribolla
e di Volterra), in Sicilia (Eraclea Minoa, Pasquasia-Capodarso),
in Emilia Romagna e Marche.
All’inizio dello Zancleano (Pliocene inferiore),
l’ambiente lago-mare subì un progressivo cambiamento
del proprio chimismo grazie all’apporto, nel Mediterraneo,
di acqua marina proveniente dall’Atlantico.
Tale evento condusse al ripristino delle normali condizioni
marine nel Mediterraneo (circa 5,2 Ma) – testimoniate
dalla ricomparsa di microfaune marine e dalla
scomparsa degli organismi oligoalini – e sancì la fine
della crisi di salinità.
Il ritorno del Mediterraneo alle condizioni marine
normali, durante il Pliocene inferiore, avvenne grazie
alla riapertura dello Stretto di Gibilterra (5.33Ma, Hilgen
e Langereis, 1993) ed al conseguente ripristino
della comunicazione tra l’Atlantico ed il Mediterraneo
(Cita, 1975a,b; Iaccarino et alii,1999; Blanc, 2002;
Rouchy et alii, 2001 e 2007).
Quest’apertura si sarebbe prodotta come diretta
conseguenza della tettonica (Kastens, 1992; Hodell et
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Fig. 6. Sezione interpretativa del bacino della Sicilia centrale
che illustra la relazione tra le principali unità evaporitiche
messiniane (da Rouchy, 1982a; Garcia-Veigas et alii, 1995).
alii, 1994); di faglie trascorrenti, di faglie normali o
della loro combinazione (Campillo et alii, 1992; Maldonedo,
1999); come risultato della combinazione tra
processi tettonici ed eustatismo.
Il modello proposto da Loget et alii (2005, 2006)
interpreta l’apertura dello stretto di Gibilterra come
conseguenza dell’erosione regressiva, prodotta dai
sistemi fluviali che sfociavano nel bacino del Mediterraneo,
innescatasi in risposta all’abbassamento
generale del livello del mare nel Mediterraneo. A testimonianza
di ciò sono state individuate profonde incisioni
fluviali lungo la regione mediterranea – in particolare
in Spagna e in Marocco (nell’area dello stretto
di Gibilterra) – e la presenza di canyons sottomarini,
con orientamento E-W, nell’area dello stretto di Gibilterra
(Campillo et alii,1992).
La formazione di una profonda incisione in corrispondenza
della soglia di Gibilterra avrebbe agito da
canale di comunicazione preferenziale tra l’Atlantico
ed il Mediterraneo – in concomitanza con l’innalzamento
del livello dell’oceano Atlantico – che si sarebbe
trasformato, nel tempo, in un ingresso permanente
attraverso cui l’acqua avrebbe defluito all’interno
del bacino Mediterraneo.
2. I depositi Messiniani in Sicilia
In Sicilia affiorano tra le più complete successioni
evaporitiche depositatesi nel Mediterraneo. La gran
parte degli affioramenti di rocce evaporitiche sono
concentrati nella porzione occidentale (Santa Ninfa,
Salemi, Castelvetrano, Ciminna, Baucina, Sambuchi,
Petralia, Alimena, Nicosia) e centro meridionale del-
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l’isola (area di Caltanissetta, Agrigento, Gela, Licata,
Siculiana, Cattolica Eraclea). Nella porzione orientale,
invece, le evaporiti costituiscono degli affioramenti
sparsi e di limitata estensione areale.
Dal punto di vista litostratigrafico, i depositi evaporitici
siciliani sono identificati dal Gruppo della Gessoso-Solfifera.
Stratigraficamente, questo Gruppo poggia
sui depositi preevaporitici messiniani della
Formazione Tripoli (Miocene superiore) ed è ricoperta,
in discordanza, dalle calcilutiti e dalle calcisiltiti
pelagiche (Formazione Trubi) del Pliocene inferiore
(fase postevaporitica).
Il Gruppo della Gessoso-Solfifera si divide in due
unità: un’unità evaporitica inferiore ed un’unità evaporitica
superiore.
L’unità evaporitica inferiore è costituita, dal basso
verso l’alto, dalle seguenti litologie: 1) calcari evaporitici
(calcari algali, laminiti dolomitiche, ecc.) generalmente
conosciuti come “Calcare di base”, 2) gessi
selenitici e laminati (in genere primari) con intercalazioni
di marne gessose, 3) sali (principalmente cloruri)
passanti verso l’alto e lateralmente ad argille e gessareniti.
L’unità evaporitica superiore è costituita, dal basso
verso l’alto, dalle seguenti litologie: 1) gessi (selenitici,
balatini e clastici) intercalati da livelli argillo-sabbiosi
e carbonatico-gessosi, 2) calcari bioclastici passanti
verso l’alto e lateralmente a gessi, 3) sabbie
argillose (Arenazzolo), figura 6.
Le due unità evaporitiche sono separate da una
superficie di discordanza intra-messiniana che è stata
interpretata (Butler et alii, 1995; Krijgsman et alii,
1999a,b) come una testimonianza di un importante episodio
di esposizione subaerea creatosi in concomitanza
con la fine della deposizione dell’unità evaporitica
inferiore.
Litostratigrafia del Messiniano - Pliocene inferiore.
- Formazione Tripoli.
L’unità, già descritta da Mottura (1871) e Baldacci
(1886) come una formazione diatomitica e marnoso/calcarea
che si sviluppa nell’ambito della Gessoso-Solfifera
di numerosissime località della Sicilia, è
diffusa anche in Calabria, Grecia e Africa settentrionale
e con equivalenti perfino nell’Appennino settentrionale
(Marche) e centrale (Maiella). Gli affioramenti
più tipici si rinvengono nel bacino di Caltanissetta
(sezione di riferimento: Falconara).
In Sicilia la formazione è costituita da un’alternanza
ritmica di strati diatomitici e marnoso calcarei di
spessore decimetrico fino a metrico. Al suo interno è
riconoscibile un pattern ciclico dato dalla sovrapposizione
ordinata di tre litotipi: marne omogenee di colore
grigio-verdastro, laminiti bruno-rossastre (sapropel),
laminiti biancastre (diatomiti).
15

Questa ciclicità sedimentaria, controllata dalle
variazioni dei parametri orbitali, consente un eccellente
controllo stratigrafico. La correlazione tra le
sezioni di Gibliscemi, Falconara e Capodarso fornisce
un totale di 49 cicli dalla base al tetto della formazione.
Nella Sicilia centrale il Tripoli si trova al tetto della
Formazione Terravecchia ed è separata da questa da
un limite graduale; nella Sicilia meridionale (sezioni
di Gibliscemi e Falconara), invece, il Tripoli poggia
con contatto netto e concordante sulla Formazione
Licata, costituita da alternanze ritmiche di marne e
sapropel. Il limite, posto in corrispondenza della prima
comparsa di strati diatomitici, viene a coincidere con
un cambiamento nella tipologia della ciclicità sedimentaria
che da bipartita passa a tripartita.
Il limite superiore della formazione è dato dal passaggio
netto, o localmente graduale, ai depositi basali
del Gruppo della Gessoso-solfifera (rappresentati nel
bacino di Caltanissetta dal Calcare di Base appartenente
alla Formazione Cattolica) e coincide con l’inizio
della crisi di salinità messiniana.
In affioramento il Tripoli si presenta di colore bianco,
friabile e leggero ed al tatto lascia una patina bianca
pulverulenta.
Nel sottosuolo i livelli marnosi dell’unità sono ricchi
d’idrocarburi, contengono gas e sono bituminosi.
Lungo la formazione possono rinvenirsi sottili strati
di calcareniti tufacee (come intercalazioni), selce grigio-bruna
e noduli ovoidali di zolfo disseminati all’interno
della roccia.
Lo spessore della formazione è soggetto a notevoli
variazioni laterali poiché da valori massimi di diverse
decine di metri (fino a 60 m) si passa, entro brevi
distanze, a valori di spessore pressoché nulli.
Il contenuto fossilifero comprende una ricca ittiofauna,
foraminiferi planctonici e bentonici, radiolari,
diatomee e nannoplancton calcareo.
Dal punto di vista cronostratigrafico il Tripoli è
attribuito al Miocene Superiore (Messiniano preevaporitico).
Gruppo della Gessoso Solfifera.
Complesso evaporitico inferiore
- Calcare di base.
Il Calcare di Base è rappresentato da calcari, di
colore bianco o grigio, stratificati o da banchi massicci
di spessore variabile da 1 a 15 m. La roccia
contiene, localmente, pseudomorfi di alite. Il numero
totale dei banchi calcarei varia da un minimo di
6 ad un massimo di 13. I banchi principali sono
alternati a livelli (spessi da 30 a 150 cm) costituiti
da marne calcaree, calcari laminati, dolomie o, più
raramente, da gessi. A volte questi banchi appaiono
brecciati.
16
Talvolta il passaggio dai banchi calcarei alle intercalazioni
marnose avviene mediante l’interposizione
di ritmiti calcaree laminate.
L’unità è spesso ricoperta da depositi evaporitici
laminati (gesso balatino), di natura clastica (gessareniti,
gessosiltiti) e/o di precipitazione primaria.
Lo spessore del Calcare di Base varia da 20 a circa
60 m in funzione del numero e dello spessore degli
strati che lo compongono.
L’area tipo del Calcare di Base è il bacino di Caltanissetta
e le sezioni di riferimento si trovano in prossimità
di Marianopoli, Riesi (Serra Pirciata), Caltanissetta
(T. Vaccarizzo), Favara. L’unità si trova a tetto
del Tripoli, con passaggio netto o, talora, graduale (per
ispessimento delle intercalazioni carbonatiche e scomparsa
dei livelli diatomitici), oppure ricopre in discordanza
la Formazione Terravecchia.
Lateralmente e verso l’alto, questo calcare passa
ad un’unità clastica – costituita da gessoruditi, gessareniti
e calcareniti – messa in posto da processi
gravitativi e facente parte della Formazione di Cattolica.
Il contenuto fossilifero dell’unità è scarso (rari
Orbulina, Globigerinoides, resti di pesci) sebbene sono
stati riconosciuti anche frammenti di vegetali terrestri
e, in alcuni livelli, stromatoliti algali.
L’origine del Calcare di Base è evaporitica essendosi
formato nelle acque ipersaline delle porzioni periferiche
del Bacino di Caltanissetta in un ambiente
ristretto e periodicamente soggetto a disseccamento.
Le condizioni paleoambientali sono in linea di massima
confermate dalle analisi isotopiche anche se alcuni
valori non escludono processi di riduzione batterica
dei solfati.
Alcuni autori ipotizzano rapporti d’eteropia tra il
Calcare di Base – depostosi in corrispondenza degli
alti strutturali del bacino – ed il Tripoli depostosi nelle
aree più depresse.
L’unità è classificata come membro della Formazione
di Cattolica facente parte del Gruppo della Gessoso-Solfifera.
In questo litotipo è concentrata, in gran parte, la
mineralizzazione solfifera (da ciò Calcare Solfifero).
Questo calcare affiora diffusamente nella zona centro
meridionale della Sicilia compresa tra Agrigento, Caltanissetta,
Enna, Centuripe, Caltagirone, Gela e lungo
la fascia di territorio compresa tra Ribera, Mussomeli,
Nicosia e Petralia.
- Gessi Inferiori (Gessi di Cattolica Eraclea).
La sequenza inizia con un banco massiccio di gessi
(spessore tra i 20 e i 50 m) che si susseguono uno
sopra l’altro (senza intervalli pelitici) e che sono costituiti
da grossi cristalli (fino a 20 - 30 cm di lunghezza)
di gesso selenitico geminato. Segue una zona carat-
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terizzata da sottili strati selenitici alternati a lamine e
strati carbonatici di spessore inferiore al metro. Verso
l’alto, le lamine carbonatiche diventano progressivamente
più irregolari ed ondulate, coprono i cristalli
selenitici degli strati sottostanti che, a volte, le attraversano.
Nel complesso i Gessi Inferiori sono composti da
sedici grossi cicli d’evaporiti che, in alcune zone della
Sicilia, formano dei depositi spessi varie centinaia di
metri.
Questi gessi sono presenti nel territorio compreso
tra Casteltermini, Agrigento e Ribera (Sicilia meridionale).
- Torbiditi gessose.
Al di sopra dei gessi si rinvengono (spesso solo in
profondità) delle torbiditi gessose (spessore di circa
70 m) composte da sabbie gessose gradate formate da
elementi selenitici e, a volte, contenenti intraclasti
marnosi. Queste torbiditi sfumano, verso l’alto, in
marne verdastre contenenti pirite ed un’abbondante
quantità di foraminiferi.
- Salgemma e sali potassico-magnesiaci.
La successione litostratigrafica di questi depositi
vede, dal basso verso l’alto, la presenza di uno strato
basale costituito da una breccia composta d’anidrite,
spesso bituminosa, con frammenti di marna nerastra.
Associati alla breccia basale vi sono strati
d’anidrite a lamine.
Seguono superiormente i depositi salini.
Il corpo salino è così composto dal basso verso
l’alto:
- salgemma con noduli anidritici,
- salgemma con lamine molto fitte d’anidrite che,
verso l’alto, diventano sempre più sottili fino a
dar luogo ad un banco di salgemma puro e compatto,
- intervallo pelitico spesso alcuni decimetri,
- salgemma con lamine anidritico-polialitiche
molto pieghettate,
- intercalazioni di strati di sali potassico-magnesiaci
(con prevalenza di kainite ed in minor misura
da carnallite, silvite e bischovite),
- salgemma molto puro, a grana grossa, con lamine
argilloso-anidritiche di aspetto stilolitico regolarmente
distanziate di 10-30 cm,
- marne anidritiche di colore verde scuro e anidrite
a lamine millimetriche (spessore totale di circa
15 m),
- salgemma con frequenti e spesse intercalazioni
di lamine anidritiche.
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Questa successione rappresenta la sequenza normale
delle facies saline che è stata riscontrata nell’area
d’Agrigento.
I depositi salini sono concentrati, principalmente,
nella porzione centro meridionale della Sicilia in corrispondenza
di una vasta fascia comprendente il territorio
d’Agrigento, Ribera, Racalmuto, Caltanissetta,
Enna, Centuripe, Caltagirone, Gela.
Lo spessore del corpo salino raggiunge i 400/500
m (zona di Porto Empedocle) nelle aree dove la
deformazione tettonica fu meno intensa; più di 1000
m (zona di Racalmuto) dove la deformazione tettonica
del corpo salino avvenne con maggiore intensità.
Complesso evaporitico superiore
Questo complesso è separato da quello inferiore da
una netta discordanza in corrispondenza della quale si
è formato un livello di gessareniti e di calcareniti.
- Gessi Superiori (Gessi di Pasquasia).
I depositi gessosi sono quantitativamente inferiori
rispetto ai sedimenti terrigeni.
Nella zona centro-meridionale della Sicilia (zona
centrale del bacino evaporitico, area compresa tra
Porto Empedocle, Caltanissetta, Enna, Casteltermini,
Ribera, Eraclea Minoa) il complesso evaporitico superiore
è rappresentato da una successione di 7 cicli ciascuno
dei quali composto (dal basso verso l’alto) da
argille marnose e marne, sabbie gradate e laminate a
foraminiferi planctonici, laminiti calcaree bianche,
lamine millimetriche di gesso microcristallino (gesso
balatino), gesso selenitico.
Nella zona marginale meridionale del bacino evaporitico
(area compresa tra Caltanissetta, Piazza
Armerina, Licata, Agrigento) il complesso evaporitico
superiore raggiunge spessori ridotti o è completamente
assente. In tal caso i Trubi poggiano direttamente
sul Calcare di Base o sui terreni sottostanti.
Nella zona marginale settentrionale del bacino evaporitico
(fascia compresa tra Sciacca - Ribera,
Casteltermini, Nicosia) le successioni diventano prevalentemente
terrigene e sostituiscono quasi del tutto
i gessi.
- Arenazzolo.
L’unità è prevalentemente costituita da sabbie
giallo-brune di composizione arcosica e scarsamente
cementate. Localmente può presentarsi come una
calcarenite arenacea grossolana, poco cementata e
di colore bianco-verdastra, con strutture sedimentarie
trattive a piccola scala. Nelle sezioni di riferimento
(Capo Rossello ed Eraclea Minoa) ubicate
nell’area tipo di Agrigento alle arenarie si intercalano
irregolarmente livelli argillosi. L’Arenazzolo
17

giace, con limite netto, sul membro delle Marne a
Congeria e su quello gessoso-marnoso (evaporiti
superiori) della formazione di Pasquasia. Verso l’alto
l’unità passa, ancora con limite netto, alla Formazione
dei Trubi.
In Sicilia, l’Arenazzolo è stato riconosciuto ampiamente
in affioramento e descritto in numerosi sondaggi.
Il suo spessore, fino a qualche decina di metri,
mostra notevoli variazioni laterali.
Il contenuto fossilifero – rappresentato soprattutto
da faune rimaneggiate – comprende foraminiferi
planctonici e bentonici, frammenti di briozoi ed echinidi.
Tra le specie autoctone sono da ricordare ostracodi
ad affinità paratetidea.
- Formazione dei Trubi.
La formazione dei Trubi affiora in numerosissime
località della Sicilia ed in Calabria (fino alla Stretta
di Catanzaro). In Sicilia, questa formazione giace sui
depositi del Gruppo della Gessoso-Solfifera.
La formazione è costituita da un’alternanza ritmica
di marne (di colore grigio chiaro) e di calcari ricchi
in plancton calcareo (di colore bianco). Questi litotipi
sono pressoché privi di frazione terrigena. La
formazione è stratificata. Gli strati posseggono uno
spessore medio di 20-30 cm.
Il contenuto in plancton calcareo è abbondante e
risulta, generalmente, ben conservato e diversificato.
Dal punto di vista cronostratigrafico l’unità è da
riferire allo Zancleano (Pliocene inferiore) ed alla parte
basale del Piacenziano (Pliocene medio).
In particolare, nella sezione di Eraclea Minoa, la
base della formazione è riconosciuta come GSSP del
limite Miocene/Pliocene e dello Zancleano.
Dal basso verso l’alto, sono state distinte nei Trubi
di Capo Rossello (stratotipo del piano Zancleano del
Pliocene inferiore) quattro biozone a foraminiferi
planctonici (acme di Sphaeroidinellopsis; biozona a
Globorotalia margaritae; biozona di distribuzione concomitante
di Globorotalia margaritae e Globorotalia
puncticulata con Globorotalia puncticulata e Sphaeroidinellopsis,
fino all’estinzione di questo genere). La
formazione è stata inquadrata anche in un contesto
biostratigrafico a nannofossili e sono state riconosciute
le biozone ad Amaurolithus tricorniculatus, a Reticulofenestra
pseudoumbilica e a Discoaster tamalis
fino all’estinzione degli sfenoliti.
I Trubi sanciscono la fine della deposizione evaporitica
ed il ritorno nel Mediterraneo, alla fine della
CSM, alle condizioni di mare aperto.
Ringraziamenti
Ringrazio il dott. Antonio Caruso per la lettura critica
del manoscritto.
18
Bibliografia
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and conceptual implications. Palaeo 238, 349-372.
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to Messinian Salinity Crisis events. Tectonophysics 463, 109-
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deposits near the Strait of Gibraltar (Malaga Basin, S Spain).
Palaeo 285, 264-276.
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of the Messinian Salinity Crisis. Sedimentary Geology 188-
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clastic evaporites deposition in the Messinian Adriatic foredeep
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a new paradigm? Palaeo 238, 386-398.
Schreiber B. C., Lugli S. & Babel M., 2007. Evaporites Through Space
and Time. Geological Society, London, Special Publications, 285,
1-13.
Servizio Geologico Nazionale. Carta geologica d’Italia – 1:50.000: catalogo
delle Formazioni. Quaderni del Servizio Geologico d’Italia.
SI RINNOVANO I CONSIGLI DIRETTIVI
DELLE ASSOCIAZIONI GEOLOGI
DI AGRIGENTO, RAGUSA E SIRACUSA
AGeoAG AGRIGENTO
TALMI SALVATORE – Presidente
CALOGERO PECORARO – Vice Presidente
ELISABETTA AGNELLO – Segretario
GIUSEPPE LOMBARDO – Tesoriere
DOMENICO VETRO – Consigliere
ANTONIO ALBA – Consigliere
GIOACCHINO VOLPE – Consigliere
AGeoRG RAGUSA
PIETRO SPADARO – Presidente
ANTONIA CUGNO GARRANO – Vice Presidente
ROSARIO ZACCARIA – Segretario
DAVIDE UCCIARDO – Tesoriere
ANGELO CRISCIONE - Consigliere
GIANMARIO SESSA – Consigliere
MICHELE ZOCCO – Consigliere
AGeoSir SIRACUSA
SANTO GERACITANO – Presidente
ANGELO GILOTTI – Vice Presidente
ANTONIO GALLITTO - Segretario
ANDREA GIUNTA – Tesoriere
ANTONIO SPADARO – Consigliere
MARIA GIOMPAPA – Consigliere
SEBASTIANO MATARAZZO – Consigliere
LUCIANO ARENA – Consigliere
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BILANCIO CONSUNTIVO AL 31 DICEMBRE 2009
Il sottoscritto dr. Alfredo Palmieri, Revisore Unico del suddetto
Ordine Regionale, presenta la propria relazione di accompagnamento,
da allegare al rendiconto generale relativo all’esercizio
2009.
Preliminarmente si dà atto in particolare:
• di avere vigilato sull’osservanza della legge e sul rispetto dei
principi di corretta amministrazione, tenendo conto delle
norme di comportamento del collegio sindacale raccomandate
dall’ordine Nazionale dei Dottori Commercialisti e degli
esperti contabili;
• di essere stato informato sulle delibere assunte ed in generale
sull’andamento della gestione e sulla sua prevedibile evoluzione,
nonché sulle operazioni di maggior rilievo effettuate
dal Collegio;
• di aver acquisito conoscenza e vigilato sull’adeguatezza dell’assetto
organizzativo del Collegio e a tale riguardo non vi
sono osservazioni particolari da riferire;
• di aver valutato l’adeguatezza del sistema amministrativo e
contabile, nonché l’affidabilità di quest’ultimo a rappresentare
correttamente i fatti di gestione, mediante l’ottenimento di
informazioni dai responsabili delle funzioni e un circoscritto
esame documentale.
Si è proceduto all’esame del progetto di bilancio consuntivo al
31/12/2009 e della relazione del Tesoriere. A tal riguardo si è
verificata la rispondenza del bilancio ai fatti ed alle informazioni
di cui si è avuto conoscenza, senza osservazioni al riguardo.
Il bilancio sottoposto all’attenzione del sottoscritto, redatto
seguendo l’impostazione prevista dagli articoli 2424 e 2425 del
Codice Civile, ed alle indicazioni dell’art. 2427, è conforme alle
norme contenute negli articoli 2423 e 2423 bis e tiene altresì
in conto quanto previsto dagli articoli 2424-bis e 2425-bis relativamente
al trattamento delle singole voci dello Stato
Patrimoniale ed all’iscrizione dei ricavi, dei proventi e dei costi
ed oneri nel Conto Economico. Lo schema di bilancio adottato,
però, non riporta le lettere e i numeri obbligatoriamente previsti
dagli articoli sopra richiamati ed è privo di nota integrativa.
Il rendiconto generale dell’esercizio 2009 mostra un disavanzo
di gestione di € 7.862,83 che si riassume nei seguenti valori:
ATTIVO:
Fabbricati
(al netto del f. amm. di € 60.837,76) € 319.215,58
Mobili, macc. d’ufficio ecc.
(al netto del f.a. di € 28.133,32) € 11.308,70
Crediti v/Ordini/CNG/iscritti € 119.182,92
Crediti v/erario e diversi € 5.478,00
Crediti per depositi cauzionali € 29,44
Cassa, Banca e c/c postale € 108.561,50
Ratei attivi € 202,89
TOTALE ATTIVO € 563.979,03
PASSIVO:
Patrimonio netto € 449.621,36
Debiti di finanziamento € 52.134,72
Debiti di funzionamento € 29.332,23
Debiti T.F.R € 39.357,89
Ratei passivi € 1.395,21
TOTALE PASSIVO E PATRIMONIO € 571.841,41
Disavanzo di gestione - € 7.862,38
TOTALE A PAREGGIO € 563.979,03
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Il disavanzo di gestione trova conferma nel conto economico
che indica:
RICAVI E PROVENTI: .................................... € 358.502,98
COSTI DELLA GESTIONE:
Personale ........................................................ € 71.718,79
Materie prime e di consumo .......................... € 3.110,15
Prestazioni di servizi ...................................... € 279.212/95
Oneri finanziari................................................ € 19,16
Imposte e tasse .............................................. € 4.241,00
Ammortamenti ................................................ € 8.063,31
........................................................................ € 366.365,36
Disavanzo di gestione anno 2009 .............. - € 7.862,38
TOTALE A PAREGGIO .................................. € 358.502,98
La suddetta esposizione indica come i tre aspetti qualificanti
siano, pur nella loro complessità e connessione, ben equilibrati,
consolidati ed oggettivi.
Il patrimonio ha subito un decremento di € 7.862,38 per effetto
del disavanzo di gestione. Al fine della determinazione del
valore del patrimonio, seppur correttamente esposto in bilancio,
andrebbe tenuto conto della sua consistenza reale ben maggiore
se si considera che il fabbricato di proprietà dell’Ordine
Regionale è esposto al suo valore storico e non all’attuale valore
di mercato, notevolmente superiore.
Per quanto attiene alle principali voci dell’Attivo, si nota l’elevato
valore dei crediti verso gli iscritti che, se di vecchia data
o di difficile recupero, andrebbero rettificati con conseguente
accantonamento al Fondo Svalutazione Crediti, praticamente
assente in bilancio. Il sottoscritto raccomanda il Consiglio ad
un approfondimento circa la eventuale staticità dei crediti con
un’analisi per singola posizione, attivando eventuali procedure
di recupero credito.
Per ciò che riguarda la liquidità presente in bilancio, si evidenzia
che essa si è notevolmente ridotta nel confronto con il precedente
esercizio, in linea con una speculare diminuzione delle
passività a breve e consolidate; Si invita il Consiglio ha valutare
modalità alternative di utilizzo per una più redditizia gestione
della liquidità.
Il risultato negativo di esercizio può essere ricondotto essenzialmente
alla presenza della voce spese congressuali che incide
per € 43.850,00 ed all’incremento della voce spese generali,
a tali voci però sono corrisposte economie di spesa con
riferimento ad altri costi, in particolare per consulenze e organi
istituzionali; peraltro, va segnalato che la voce spese congressuali
denota un importante vivacità dell’Ordine e del suo
Consiglio in tema di formazione professionale continua e approfondimento
di particolari tematiche professionali.
L’aspetto finanziario, dato dal confronto tra i valori di segno
opposto, si presenta abbastanza soddisfacente ed in grado di
permettere una gestione regolare, puntuale e rispettosa di ogni
adempimento sia nei riguardi degli iscritti che dei terzi.
In conclusione, per quanto precede, lo Scrivente esprime parere
favorevole alla approvazione del bilancio consuntivo chiuso
al 31/12/2009.
Il Revisore Unico
(Dr. Alfredo Palmieri)
19

I dati finali del bilancio consuntivo al
31/12/2009 necessitano, come sempre, di
ulteriori considerazioni e precisazioni al
fine di meglio interpretare l’operato dell’Ordine
Regionale dei Geologi anche in
considerazione di quanto stabilito dal
Consiglio Nazionale in merito alla redazione
dei bilanci consuntivi.
Per quanto riguarda la determinazione
degli ammortamenti del 2009 si precisa
quanto segue:
- sul fabbricato è stata calcolata l’ottava
quota costante pari ad Euro 7.604,87;
il fondo ammortamento fabbricati passa
da Euro 53.232,89 ad Euro 60.837,76
- il conto “Attrezzature e sistemi informatici”
passa da € 39.135,02 ad €
39.442,02; è stata calcolata un’altra
quota di ammortamento pari ad €
151,44 ed è stato integralmente
ammortizzato l’importo di € 307,00
quale unico acquisto del 2009, per cui
il relativo fondo ammortamento passa
da € 27.674,88 ad € 28.133,32.
La voce 1.02.001 Crediti verso iscritti pari
ad Euro 119.185,56 è comprensiva sia dei
residui attivi del 2009 che dei crediti degli
anni pregressi non ancora incassati per
Albi, Elenchi speciali; il fondo svalutazione
crediti rimane invariato ad € 2,64.
20
LA RELAZIONE DEL TESORIERE
I crediti verso diversi ammontano ad €
5.478,00 e sono legati ad un credito per
contributi da terzi per € 4.965,00 e di
pareri di congruità che saranno poi
riscossi nel 2010.
I ratei attivi per € 202,89 sono relativi
agli interessi attivi maturati sui c/c bancario
e postale.
La voce Ratei passivi, pari ad € 1.395,21
si riferiscono ad interessi passivi sul
mutuo maturati al 31/12/2009 ma pagati
assieme alla quota capitale nel mese di
gennaio 2010.
I debiti per T.F.R. relativamente alle due
dipendenti si sono ridotti da € 52.510,32
ad € 39.357,89 tenendo conto della quota
di competenza 2009 ma anche per l’anticipazione
del TFR concessa ad una delle
2 dipendenti giustificata dall’acquisto della
sua prima casa; l’importo erogato è stato
di € 18.031,22.
Per i debiti di funzionamento si specifica
quanto segue:
- I contributi previdenziali ed assistenziali
ammontano ad Euro 3.468,68 comprensivi
dei contributi a carico dell’Ordine;
- IRPEF conto erario per € 2.393,89
comprende le ritenute su professionisti
cod. 1040 e ritenute dei dipendenti cod.
SITUAZIONE AMMINISTRATIVA
CONSISTENZA DI CASSA INIZIO ESERCIZIO € 217.650,66
RISCOSSIONI In c/ competenza 318.048,73 € 359.877,20
In c/ residui 41.828,47
PAGAMENTI In c/ competenza 374.927,07 € 468.966,36
In c/ residui 94.039,29
CONSISTENZA DI CASSA FINE ESERCIZIO € 108.561,50
RESIDUI ATTIVI Esercizi precedenti 63.321,09 € 124.990,90
Esercizio in corso 61.669,81
RESIDUI PASSIVI Esercizi precedenti 158.673,84 € 182.381,58
Esercizio in corso 23.707,74
AVANZO DI AMMINISTRAZIONE € 51.170,82
L’utilizzazione dell’avanzo di amministrazione per l’esercizio successivo risulta così prevista
1001, versati regolarmente con F24 a
gennaio del 2010;
- I debiti v/ Organi Istituzionali al 31/12
2009 ammontavano complessivamente
ad € 8.258,17 e sono stati regolarmente
pagati nel gennaio 2010;
- tra i debiti diversi figurano debiti v/ la
Montepaschi SERIT; ed inoltre debiti
per compensi a professionisti, assicurazioni
dipendenti e per imposta IRAP
competenza 2009 che verrà pagata a
saldo nel 2010.
La voce 1.02.003 crediti per depositi cauzionali
per Euro 29,44 rimane invariata.
A fine anno il debito per il mutuo ancora
da pagare per l’acquisto della nostra
sede di via Lazio n. 2, ammonta ad €
52.134,72, precisando che la rata relativa
al secondo semestre 2009 è stata
pagata nel 2010.
Si precisa inoltre, che le nostre disponibilità
liquide a fine 2009 considerando il
saldo del c/c bancario e postale e delle
somme liquide in cassa risultavano pari
ad € 108.561,50.
IL TESORIERE
(Dott. Geol. Saro Di Raimondo)
Palermo, 23/06/2010
Parte Vincolata
Parte Disponibile € 51.170,82
Totale Risultato di Amministrazione € 51.170,82
1 • 2011
gennaio-aprile
gdiS

Dal 01/01/2009 al 31/12/2009 RENDICONTO FINANZIARIO - USCITE
PREVISIONI SOMME IMPEGNATE Differenze GESTIONE DI CASSA
INIZIALI VARIAZIONI DEFINITIVE PAGATE DA PAGARE TOTALE sulle previsioni PREVISIONI DIFFERENZE
CODICE DESCRIZIONE
gdiS
11 001 0001 Spese riunioni Consiglio 4.000,00 4.000,00 3.186,78 813,22 4.000,00 3.186,78
11 001 0002 Rimborso Att. Consiglieri 85.000,00 85.000,00 84.721,57 275,00 84.996,57 -3,43 84.721,57
11 001 0003 Spese Consiglieri (Att. varie) 10.000,00 10.000,00 9.8391,90 9.839,90 -160,10 9.839,90
11 001 0004 Assicurazioni 10.000,00 10.000,00 4.426,50 3.657,87 8.084,37 -1.915,63 4.426,50
11 001 0005 CNG riunioni/rappresentanza 7.000,00 7.000,00 6.773,16 6.773,16 -226,84 6.773,16
11 001 0006 Rimb.Convegni,Riunioni,Conf. 30.000,00 30.000,00 30.000,00 30.000,00 30.000,00
11 001 0007 Rimborsi 200,00 200,00 200,00 200,00 200,00
11 001 0008 Congresso ORG, Part. Congr. 35,000,00 8.850,00 43.850,00 43.850,00 43.850,00 43.850,00
11 001 0009 Promozionali 4.000,00 -2.500,00 1.500,00 1.438,20 1.438,20 -61,80 1.438,20
11 001 0010 Contributi Comitati Organizzat 6.500,00 -3.500,00 3.000,00 2.445,11 2.445,11 -554,89 2.445,11
11 001 AFFARI ISTITUZ. E PROMOZIONALI 191.700,00 2.850,00 194.550,00 186.881,22 4.746,09 191.627,31 -2.922,69 186.881,22
1 • 2011
gennaio-aprile
11 002 0001 Stipendi 54.000,00 54.000,00 54,000,00 54.000,00 54.000,00
11 002 0002 Contributi 12.500,00 12.500,00 10.417,40 2.082,60 12.500,00 10.417,40
11 002 0003 Indennità di fine rapporto 6.000,00 6.000,00 4.878,79 4.878,79 -1.121,21
11 0020004 Assicurazioni 340,00 340,00 340,00 340,00
11 002 SPESE PERSONALE 72.840,00 72.840,00 64.417,40 7.301,39 71.718,79 -1.121,21 64.417,40
11 003 0001 Affitti + condominio 3.500,00 3.500,00 3.491,98 3.491,98 -8,02 3.491,98
11 003 0002 Elettricità, Gas, EAS 1.700,00 250,00 1.950,00 1.940,34 1.940,34 -9,66 1.940,34
11 003 0003 Manutenzione locali e attrez. 3.000,00 3.000,00 2.999,10 2.999,10 -0,90 2.999,10
11 003 0004 Telefoniche 3.000,00 3.000,00 2.996,08 2.996,08 -3,92 2.996,08
11 003 0005 Nettezza Urbana 500,00 -500,00
11 003 0006 Spese adattamento locali 100,00 100,00 -100,00
11 003 0007 Postali 6.000,00 6.000,00 5.999,25 5.999,25 -0,75 5.999,25
11 003 0008 Cancelleria e stampati 2.000,00 2.000,00 1.814,15 96,00 1.910,15 -89,85 1.814,15
11 003 0009 Acquisto libri, riviste, varie 1.200,00 1.200,00 1.200,00 1.200,00 1.200,00
11 003 0010 Spese contratti di servizi 3.500,00 3.500,00 3.178,94 3.178,94 -321,06 3.178,94
11 003 0011 Oneri diversi (timbri) 4.500,00 4.500,00 4.473,11 4.473,11 -36,89 4.473,11
11 003 0012 Consulenze e prest. prof. 13.000,00 13.000,00 12.932,71 12.932,71 -67,29 12.932,71
11 003 0013 Elezioni, creaz. commissioni 9.000,00 2.900,00 11.900,00 11.900,00 11.900,00 11.900,00
11 003 0014 Perdite su crediti 2.000,00 2.000,00 -2.000,00
11 003 0017 Varie 500,00 500,00 493,33 493,33 -6,67
11 003 0018 Aggio Esattoria 8.000,00 8.000,00 6.231,47 6.231,47 -1.768,53 493,33
11 003 0019 Pubblicità
11 003 SPESE ORD. DI FUNZIONAMENTO 61.500,00 2.650,00 64.150,00 53.418,99 6.327,47 59.746,46 -4.403,54 53.418,99
11 005 0002 Pubblicazioni non periodiche 1.000,00 -1.000,00
11 005 0003 Spese spediz.-stampa, Rivista 25.000,00 25.000,00 25.000,00 25.000,00 25.000,00
11 005 SPESE PER PUBBLICAZIONI 26.000,00 -1.000,00 25.000,00 25.000,00 25.000,00 25.000,00
11 006 0001 Oneri bancari 150,00 150,00 19,16 19,16 -130,84 19,16
11 006 0002 Imposte su interessi attivi 190,00 190,00 -190,00
11 006 0003 Altre imposte 4.500,00 4.500,00 4.241,00 4.241,00 -259,00 4.241,00
11 006 0004 Interessi passivi su mutuo 3.800,00 3.800,00 3.549,33 3.549,33 -250,00 3.549,33
11 006 USCITE FINANZIARIE 8.640,00 8.640,00 7.809,49 7.809,49 -830,51 7.809,49
11 007 0001 Nucleo di valutazione 900,00 900,00 900,00 900,00
11 007 0002 Revisore dei conti 1.500,00 1.500,00 11,92 1.488,08 1.500,00 11,92
11 007 ORGANI ISTITUZIONALI 2,400,00 2.400,00 11,92 2.388,08 2.400,00 11,92
11 010 0001 Mutuo bancario passivo 19.250,00 19.250,00 18.810,00 18.810,20 -439,80 18.810,20
11 010 MUTUI PASSIVI 19.250,00 19.250,00 18.810,00 18.810,20 -439,80 18.810,20
11 TOTALE SPESE CORRENTI 382.330,00 4.500,00 386.830,00 356.349,00 20.763,03 377.112,25 -9.717,75 356.349,22
13 001 0001 Acq. Imp. Macc., attezz., mobili 5.000,00 -4.500,00 500,00 307,00 307,00 -193,00 307,00
13 001 ACQUISTO BENI STRUMENTALI 5.000,00 -4.500,00 500,00 307,00 307,00 -193,00 307,00
13 TOTALE SPESE IN CONTO CAPITALE 5.000,00 -4.500,00 500,00 307,00 307,00 -193,00 307,00
14 001 0001 Ritenute Previd. ed assistenziali 4.251,57 686,40 4.937,97 4.937,97 4.251,57
14 001 0002 Ritenute IRPEF Prof.sti 3.309,31 3.209,31 3.209,31 3.209,31
14 001 0003 Trattenute sindacali 281,68 281,68 281,68
14 001 0005 Ritenute IRPEF dipendenti 9.535,97 1.976,63 11.512,60 11.512,60 9.535,97
14 001 0006 Uscite per contrassegni pt 1.274,00 1.274,00 1.274,00 1.274,00
14 001 VERSAMENTI PER CONTO TERZI 18.270,85 2.944,71 21.215,56 21.215,56 18.270,85
14 USCITE PER PARTITE DI GIRO 18.270,85 2.944,71 21.215,56 21.215,56 18.270,85
TOTALE USCITE Euro 387.330,00 387.330,00 374.927,07 78.605,96 398.634,81 11.304,81 374.927,07
TOTALE GENERALE Euro 387.330,00 387.330,00 398.634,81
21

Dal 01/01/2009 al 31/12/2009 RENDICONTO FINANZIARIO - ENTRATE
22
PREVISIONI SOMME ACCERTATE Differenze GESTIONE DI CASSA
INIZIALI VARIAZIONI DEFINITIVE RISCOSSE DA RISCUOTERE TOTALE sulle previsioni Previsioni Differenze
CODICE DESCRIZIONE
01 001 0001 Albo professionale 155.330,00 155.330,00 106,817,28 48.512,72 155,330,00 106.817,28
01 001 0002 Elenco speciale 14.840,00 14.840,00 7.420,20 7.419,80 14.840,00 7.420,20
01 001 0003 Tassa iscrizione Albo 23.000,00 23.000,00 12.800,00 12.800,00 -10.200,00 12.800,00
01 001 0004 Tassa iscrizione Elenco Speciale 800,00 800,00 -800,00
01 001 ENTRATE TRIBUTARIE 193.970,00 193.970,00 127.037,48 55.932,52 182.970,00 -11.000,00 127.037,48
01 002 0001 Contributi da terzi 8.000,00 8.000,00 6.899,87 4.965,00 11.864,87 3.864,87 6.899,87
01 002 0003 Varie 500,00 500,00 4.017,07 4.017,07 3.517,07 4.017.07
01 002 0004 Partecipazioni a conf. e/o corsi 35.000,00 35.000,00 30.400,00 30.400,00 -4.600,00 30.400.00
01 002 ENTRATE STRAORDINARIE 43.500,00 43.500,00 41.316,94 4.965,00 46.281,94 2.781,94 41.316.94
01 003 0001 Pareri di congruità 149.130,00 149.130,00 128.066,94 513,00 128.579,94 -20.550,06 128.066,94
01 003 0002 Certificati, Timbri, Tessere 500,00 500,00 460,00 460,00 -40,00 1460,00
01 003 ENTRATE PER SERVIZI 149.630,00 149.630,00 128.526,94 513,00 129.039,94 -20.590,06 128.526,94
01 004 0001 Interessi bancari c/c 30,00 30,00 8,21 2,89 11,10 -18,90 8,21
01 004 0002 Interessi postali 200,00 200,00 200,00 200,00
01 004 ENTRATE FINANZIARIE 230,00 230,00 8,21 202,89 211,10 -18,90 8,21
01 TOTALE ENTRATE CORRENTI 387.330,00 387.330,00 296.889,57 61.613,41 358.502,98 -28.827,02 296.889,357
03 001 0001 Ritenute Previd. ed Assist. 4.937,97 4.937,97 4.937,97 4.937,97
03 001 0002 Ritenute IRPEF Prof.sti 3.209,31 3.209,31 3.209,31 3.209,31
03 001 0003 Trattenute sindacali 281,68 281,68 281,68 281,68
03 001 0005 Ritenute IRPEF dipendenti 11.512,60 11.512,60 11.512,60 11.512,60
03 001 0006 Entrate per contrassegni di posta 1.217,60 56,40 1.274,00 1.274,00 1.217,60
03 001 SOMME INCASSATE PER C/TERZI 21.159,16 56,40 21.215,56 21.215,56 21.159,16
03 USCITE PER PARTITE DI GIRO 21.159,16 56,40 21.215,56 21.215,56 21.159,16
TOTALE ENTRATE € 387.330,00 387.330,00 318.048,73 61.669,81 379.718,54 -7.611,46 318.048,973
Disavanzo di amministrazione dell’esercizio 18.916,27
TOTALE GENERALE € 387.330,00 387.330,00 398.634,81
Dal 01/01/2009 al 31/12/2009 RENDICONTO FINANZIARIO - RESIDUI ATTIVI
CODICE DESCRIZIONE INIZIALI VARIAZIONI RISCOSSE DA RISCUOTERE DELL’ANNO RESIDUI FINALI
21 001 0001 Albo professionale 83.576,46 37.095,46 46.481,00 48.512,72 94.993,72
21 001 0002 Elenco speciale 21.204,27 4.432,23 16.772,04 7.419,80 24.191,84
21 001 ENTRATE TRIBUTARIE 104.780,73 41.527,69 63.253,04 55.932,52 119.185,56
21 002 0001 Contributi di terzi 4.965,00
21 002 ENTRATE STRAORDINARIE 4.965,00
21 003 0001 Pareri di congruità 513,00 513,00
21 003 0005 Cauzione affrancatrice 29,44 29,44 29,44
21 003 ENTRATE PER SERVIZI 29,44 29,44 513,00 542,44
21 004 0001 Interessi attivi bancari 0,69 0,69 2,89 2,89
21 004 0002 Interessi attivi postali 173,19 173,19 200,00 200,00
21 004 ENTRATE FINANZIARIE 173,88 173,88 202,89 202,89
21 RESIDUO ENTRATE CORRENTI 104.984,05 41.701,57 63.282,48 61.613,41 124.895,89
1 • 2011
gennaio-aprile
23 001 0006 Entrate per contrassegni posta 165,51 126,90 38,61 56,40 95,01
23 001 SOMME INCASSATE PER C/TERZI 165,51 126,90 38,61 56,40 95,01
23 RESIDUO ENTRATE PART. DI GIRO 165,51 126,90 38,61 56,40 95,01
TOTALE RESIDUI ATTIVI Euro 105.149,56 Euro 41.828,47 Euro 63.321,09 Euro 61.669,81 Euro 124.990,90
gdiS

Dal 01/01/2009 al 31/12/2009 RENDICONTO FINANZIARIO - RESIDUI PASSIVI
CODICE DESCRIZIONE INIZIALI VARIAZIONI PAGATE DA PAGARE DELL’ANNO RESIDUI FINALI
gdiS
31 001 0001 Spese riunioni Consiglio 201,90 201,90 813,22 813,22
31 001 0002 Rimborso Att. Consiglieri 28.922,80 28.922,80 275,00 275,00
31 001 0003 Spese Consiglieri (Att. varie) 484,00 484,30
31 001 0004 Assicurazioni 3.657,87 3.657,87
31 001 0005 CNG riunioni/rappresentanza 2.854,00 2.854,00
31 001 0008 Congresso ORG, Part. Congr. 1.424,00 1.200,00 224,00 224,00
31 001 0010 Contributi Comitati Organizzat 3.300,00 3.300,00
31 001 SPESE PER RIMBORSI 37.187,00 36.963,00 224,00 4.746,09 4.970,00
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gennaio-aprile
31 002 0002 Contributi 2.184,47 1.757,36 427,11 2.082,60 2.509,71
31 002 0003 Indennità di fine rapporto 52.510,32 18.031,22 34.479,10 4.878,79 39.357,89
31 001 0004 Assicurazioni 340,00 340,00
31 002 ONERI DEL PERSONALE 54.694,79 19.788,58 34.906,21 7.301,39 42.207,60
31 003 0001 Residui Affitti + condominio 505,00 505,00
31 003 0004 Telefoniche 621,00 621,50
31 003 0008 Cancelleria e stampati 1.235,00 1.235,00 96,00 96,00
31 003 0010 Spese contratti di servizi 1.155,00 1.155,00
31 003 0011 Oneri diversi (timbri) 972,42 972,42
31 003 0012 Consulenze e prest. prof 7.833,47 7.833,477
31 003 0013 Elezioni, creaz. commissioni 250,00 250,00
31 003 0014 Perdite su crediti 2,64 2,64 2,64
31 003 0015 Ammortamenti 60.158,79 60.158,79 60.158,79
31 003 0018 Aggio Esattoria 7.880,00 7.880,00 6.231,47 14.111.47
31 003 SPESE ORD. DI FUNZIONAMENTO 80.613,82 12.572,39 68.041,43 6.327,47 74.368,90
31 006 0004 Interessi passivi mutuo 1.395,21 1.395,21 1.395,21
31 006 USCITE FINANZIARIE 1.395,21 1.395,21 1.395,21
31 007 0001 Nucleo di valutazione 900,00 900,00 900,00 1.800,00
31 007 0002 Revisore dei conti 1.599,44 1.599,44 1.488,08 1.488,08
31 007 ORGANI ISTITUZIONALI 2.499,44 1.599,44 900,00 2.388,08 3.288,08
31 010 0001 Mutuo bancario passivo 71.862,39 19.727,67 52.134,72 52.134,72
31 010 MUTUI PASSIVI 71.862,39 19.727,67 52.134,72 52.134,72
31 RESIDUO SPESE CORRENTI 248.252,65 90.651,08 157.601,57 20.763,03 178.364,60
33 001 0001 Acquisto mobili e macchine uff. 734,40 734,40
33 001 ACQUISTO BENI STRUMENTALI 734,40 734,40
33 RESIDUO SPESE IN C/CAPITALE 734,40 734,40
34 001 0001 Ritenut. Previd. Assistenziali 936,21 663,64 272,57 686,40 958,97
34 001 0002 Ritenute IRPEF Prof.sti 416,40 416,40
34 001 0003 Trattenute sindacali 382,34 382,34 281,68 664,02
34 001 0004 Uscite partecipaz. Corsi 0,10 0,10 0,10
34 001 0005 Ritenute IRPEF Dipendenti 1.991,03 1.573,77 417,26 1.976,63 2.393,89
34 001 VERSAMENTI PER CONTO TERZI 3.726,08 2.653,81 1.072,27 2.944,71 4.016,98
34 RESIDUO PARTITE DI GIRO 3.726,08 2.653,81 1.072,27 2.944,71 4.016,98
TOTALE RESIDUI PASSIVI Euro 252.713,13 Euro 94.039,29 Euro 158.673,84 Euro 23.707,74 Euro 182.381,58
IL PRESIDENTE IL TESORIERE IL SEGRETARIO
(Dott. Geol. Gian Vito Graziano) (Dott. Geol. Saro Di Raimondo) (Dott. Geol. Fabio Tortorici)
23

24
CONTO DEL PATRIMONIO
BILANCIO CONSUNTIVO AL 31.12.2009
(IV DIRETTIVA CEE)
1 ATTIVO 31/12/2009 31/12/2008
01.01 IMMOBILIZZAZIONI € 330.524.28 € 338.280.59
Immobilizzazioni immateriali
Costi capitalizzati ZERO ZERO
Immobilizzazioni materiali
Fabbricati 380.053,34 380.053,34
- F.do Amm.to fabbricati
Mobili e macchine d’ufficio
60.837,76 53.232,89
Attrezzature e sistemi informatici 39.442,02 39.135,02
- F.do ammortamento 28.133,32 27.674,88
330.524,28 338.280,59
01.02 ATTIVO CIRCOLANTE € 233.251,86 € 321.236,86
€ 119.182,92 € 104.778,09
01.02.01 Crediti verso Ordini/CNG/Iscritti 119.185,56 104.780,73
- F.do svalutazione crediti 2,64 2,64
01.02.02 Crediti v/erario e diversi € 5.478,00 € -78,09
01.02.03 Crediti per depositi cauzionali € 29,44 € 29,44
01.02.04 Disponibilità liquide € 108.561,50 € 216.429,33
Cassa 12.375,35 36.177,97
Banche 57.550,90 107.378,45
C/c/Postale 38.635,25 72.872,91
Sub-totale 108.561,50 216.429,33
01.03 Ratei e Risconti attivi
2 PASSIVO
Ratei attivi
Risconti attivi
€ 202,89 € 339,39
TOTALE ATTIVO € 563.979,03 € 659.856,84
2.01 PATRIMONIO NETTO € 441.758,98 € 449.621,36
(di cui avanzo/disavanzo di gestione) - 7.862,38 57.082,93
2.02 CONFERIMENTI
2.03 DEBITI
2.03.01 Debiti di finanziamento € 52.134,72 € 72.964,37
2.03.02 Debiti di funzionamento € 29.332,23 € 83.365,58
Debiti v/iscritti
Fornitori ZERO 19.309,43
Fatture da ricevere ZERO ZERO
Debiti per trattenute sindacali 664,02 382,34
Contributi previdenziali ed assistenza 3.468,68 3.120,68
Irpef c/erario 2.393,89 2.407,43
Organi istituzionali compensi 8.258,17 48.870,49
Debiti diversi 14.547,47 9.275,21
Sub-totale 29.332,23 83.365,58
2.03.03 Debiti TFR € 39.357,89 € 52.510,32
2.04 Ratei e Risconti passivi
Ratei passivi
Risconti passivi
€ 1.395,21 € 1.395,21
TOTALE PASSIVO € 563.979,03 € 659.856,84
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gdiS

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gennaio-aprile
BILANCIO CONSUNTIVO AL 31.12.2009
(IV DIRETTIVA CEE)
CONTO ECONOMICO 31/12/2009 31/12/2008
3 PROVENTI DELLA GESTIONE € 358.502.98 € 384.139.23
03.01 PROVENTI DALLE QUOTE € 182.970.00 € 180.500.00
Albo e Elenco 182.970,00 180.500,00
TOTALI ALTRI PROVENTI € 175.532.98 € 203.639.23
03.02 Entrate Straordinarie (Corsi) 30.400,00 10.156,69
Contributi e varie 15.881,94 350,00
03.02 PROVENTI DIVERSI
(Pareri congruità ecc.)
129.039,94 189.134,31
Sopravvenienze attive 3.819,38
03.03 INTERESSI ATTIVI 211,10 178,85
4 COSTI DELLA GESTIONE
Sub-totale 175.532,98 203.639,23
04.01 PERSONALE € 71.718,79 € 70.443,98
Stipendi 54.000,00 52.585,38
Oneri previdenziali, assistenziali 12.500,90 12.590,29
TFR 4.878,79 4.928,31
Assicurazioni personale dipendenti 340,00 340,00
Sub-totale 71.718,79 70.443,98
04.02 ACQUISTI MAT. PRIME E DI CONSUMO € 3.110,15 € 2.773,92
04.03 PRESTAZIONI DI SERVIZIO € 279.212,95 € 241.604,68
Manutenzione ed assistenza 2.999,10 1.821,360
Utenze 4.936,42 5.382,61
Tipografiche 25.000,00 24.952,50
Assicurazioni 8.084,37 8.084,37
Consulenze 12.932,71 17.752,53
Organi istituzionali 142.092,94 153.020,23
Spese congressuali 43.852,00 ZERO
Interessi passivi mutuo 3.549,33 3.800,00
Spese generali 35.768,08 26.790,84
Sub-totale 279.212,95 241.604,68
04.04 ONERI FINANZIARI € 19,16 € 88,61
04.05 GODIMENTI BENI DI TERZI ZERO ZERO
Fitti passivi ZERO ZERO
04.06 TRASFERIMENTI AGLI ORDINI / CNG
04.07 IMPOSTE E TASSE € 4.241,00 € 4.389,00
04.08 AMMORTAMENTI € 8.063,31 € 7.756,11
SVALUTAZIONE CREDITI ZERO ZERO
04.09 ONERI STRAORDINARI ZERO ZERO
TOTALE € 366.365,36 € 327.056,30
AVANZO DISAVANZO DI GESTIONE € 7.862,38 € 57.082,93
TOTALE A PAREGGIO € 358.502,98 € 384.139,23
IL PRESIDENTE IL TESORIERE IL SEGRETARIO
(Dott. Geol. Gian Vito Graziano) (Dott. Geol. Saro Di Raimondo) (Dott. Geol. Fabio Tortorici)
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gennaio-aprile
gdiS

EPAP
IL PATRIMONIO PREVIDENZIALE
DELL’ENTE È SEMPRE IN AUMENTO
Arcangelo Pirrello
Egregio Presidente, egregi Consiglieri, egregio
Direttore responsabile di “Geologi di Sicilia”, cari
amici e colleghi,
Sono a chiedervi di ospitare su Geologi di Sicilia
un mio intervento, contenuto nell’allegato, che servi-
L’Epap e gli altri enti di previdenza
sono tenuti, almeno ogni tre
anni, a presentare al Ministro del
Lavoro un bilancio tecnico attuariale
elaborato secondo i limiti e i
parametri di base imposti dal Ministero
del Lavoro stesso. Si tratta di
uno strumento indispensabile per la
programmazione di un Ente di previdenza
poiché permette di proiettare
la situazione attuale d’iscritti e
contributi, con le variazioni storiche
registrate, in un arco si tempo
più o meno lungo, in genere dai
trenta ai cinquanta anni. Sulla base
del bilancio tecnico attuariale un
Ente di previdenza opera le proprie
scelte di base in funzione, soprattutto,
delle uscite (che sono sostanzialmente
le rivalutazioni di legge
dei montanti e le pensioni) e delle
entrate (che sono i contributi e le
rendite degli investimenti). Ad
esempio un ente di previdenza
molto maturo che paga molte pensioni
e pensioni elevate perché
riguardano anche lavoratori che
hanno coperto l’intero arco lavorativo
- da giovani, all’età pensionabile
– non può fare la stessa programmazione
e le stesse scelte
negli investimenti di un ente giovane
come il nostro (e il nostro è il
più giovane in assoluto) che ha
poche uscite rispetto alle entrate
perché ha ancora pochi pensionati e
pensioni limitate mentre, in un
gdiS
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gennaio-aprile
Arcangelo Pirrello
modo o nell’altro, contribuiscono
tutti gli iscritti attivi.
Per dare dati concreti, secondo
il bilancio tecnico dell’Epap approvato
dal CdA il 3 dicembre u.s., nei
prossimi cinquanta anni il saldo tra
le entrate e le uscite previdenziali
risulta sempre positivo, il saldo tra
le entrate e le uscite totali annuali
risulta sempre positivo, il patrimonio
della gestione previdenziale
dell’Ente è sempre in aumento.
Dunque dati piuttosto buoni che, in
un arco di tempo di cinquanta anni,
fanno registrare un avanzo tecnico
di gestione, attualizzato ad oggi, di
rà a tranquillizzare i colleghi siciliani dopo l’articolo
del collega Giovanni Ventura Bordenga nell’ultimo
numero della rivista. Come avrete modo di leggere,
l’articolo non scende in polemica ma chiarisce la reale
situazione dell’Ente. Vi ringrazio se vorrete accogliere
questa mia richiesta.
circa ottocento milioni di euro. È il
caso di ribadire che questi dati sono
stati ottenuti con i parametri e le
limitazioni imposti dal Ministero
che, a parere di diversi colleghi
attuari, non sono proprio pessimistici.
Sta di fatto però, che anche
usando il massimo del pessimismo
consentibile ed il massimo della
prudenza, si ottiene un avanzo tecnico
di gestione – per i prossimi
cinquanta anni e attualizzato ad
oggi – non inferiore ai quattrocento
milioni di euro.
Possiamo dunque dire, intanto,
che le pensioni sono assicurate per i
prossimi cinquanta anni e senza
alcun aumento di contribuzione o
diminuzione di servizi ed assistenza.
Tranne, sia chiaro, che dopo
ampio dibattito, non si decida di
ritoccare in aumento i contributi
soggettivi, ma solo per aumentare le
pensioni poiché, come ormai tutti
sanno, per adesso sono inadeguate
al tenore di vita di un professionista
che non ha altro introito o pensione
integrativa o pensione da altro Ente.
Possiamo infine affermare che,
nonostante le limitazioni sull’entità
delle pensioni determinate da una
legge ormai obsoleta (il d.gls
103/96) che da dieci anni si tenta di
far emendare, l’Epap gode di ottima
salute. Questa affermazione che
è solo una piana inferenza sottesa a
dati assolutamente oggettivi, sarà
27

certamente gradita agli iscritti e
potrà tranquillizzarli sul presente e
sul futuro del loro Ente di previdenza.
Credo che ce ne fosse bisogno,
atteso che da circa un anno si sono
martellati i siti e la posta elettronica,
diffondendo notizie errate sull’Epap.
Qualcuno ha messo addirittura
in dubbio la correttezza dei
bilanci dell’Epap, come se i nostri
bilanci oltre che approvati dal Cda
e dal Cig non fossero anche certificati
da una società di revisione,
controllati dal collegio sindacale
che per due terzi rappresenta i
ministeri vigilanti, dai Ministri del
Lavoro e dell’Economia, dalla commissione
ministeriale per la spesa
previdenziale, dalla commissione
parlamentare bicamerale di controllo
sugli enti di previdenza e
dalla Corte dei Conti. Certo, abbiamo
avuto tre anni difficili dovuti
alla crisi globale che oltre a mettere
in difficoltà tutti gli enti di previdenza,
ha messo in ginocchio ogni
organizzazione economica e finanziaria
e perfino interi stati. Qualcuno
potrà anche chiedersi perché
solo da meno di un anno si sentono
tali dicerie visto che l’Epap ha sempre
prontamente denunciato le difficoltà
dalla gestione finanziaria
dovute alla crisi: il fallimento di
Lehman brothers che ci ha visti
esposti per due titoli obbligazionari
per un totale di 15,7 milioni è stata
da me annunciata sul sito dell’Ente
il 20 settembre 2008, appena cinque
giorni dopo il fallimento della
banca. La risposta è semplice: le
elezioni del 2010.
La crisi finanziaria globale:
abbiamo agito non solo con trasparenza
ma anche in modo attivo e
con coraggio. Abbiamo capito che
questa non era una semplice crisi
passeggera ma una crisi di “sistema”
e ci siamo dotati di nuove procedure
per investire in modo più
consapevole, attivo dal punto di
vista della gestione del rischio e
soprattutto con diversi ordini di serrati
controlli in tempo reale. Ormai,
infatti, non ci si può fidare che dei
28
controlli severi e tempestivi: non si
può fare affidamento sulle garanzie
fornite dalle banche perchè tutte le
banche, anche le più grosse, falliscono
né si può fare affidamento
sui dati forniti dalle società di
rating, anche le più quotate. Tutto
questo noi e gli altri enti, prima
della crisi non potevamo saperlo,
come nessun altro lo ha saputo.
La nuova strategia d’investimento
è stata sviluppata durante
tutto il 2009, un anno nel quale
abbiamo avuto una gestione finanziaria
positiva e pari al 3,39%,
come si evince nel bilancio consuntivo.
L’Epap, però, così come tutti
gli Enti di Previdenza privati,
risponde alla norma civilistica (art.
2426 del Codice Civile) per la
quale i titoli sono iscritti in bilancio
al minore tra costo di acquisto e
valore di mercato, ed è questo che
ha penalizzato pesantemente il
bilancio consuntivo 2009 che è
uscito con un avanzo d’amministrazione
negativo e pari a -9.202.100.
Di contro, lo stesso art. 2426 del
C.C. prescrive che “tale minor
valore non può essere mantenuto
nei successivi bilanci se ne sono
venuti meno i motivi”; pertanto
l’EPAP ha registrato il recupero di
valore dei titoli al 31.12.2009
rispetto al valore delle svalutazioni
prima accantonate. Nessun artificio,
dunque, l’Epap ha solo ubbidito
a una norma di legge. Simile
ragionamento vale per la svalutazione
crediti per 7.464.092: una
modifica regolamentare ha, infatti,
reso maggiormente restrittivi i trattamenti
previdenziali per coloro
che non sono in regola con la contribuzione
(l’iscritto non in regola
con il pagamento dei contributi non
ha diritto alla corrispondente prestazione).
Ciò ha reso necessario
l’adeguamento della svalutazione
dei crediti per il contributo soggettivo
prima accantonato e non più
esposto a rischio.Va da sé che un
bilancio si può leggere come si
vuole; noi lo leggiamo nello stesso
modo dei Ministeri e degli altri
organi di controllo. Altri arrivano
semplicemente a sommare gli
avanzi d’amministrazione e le perdite
senza conteggiare gli introiti,
che pure ci sono stati nonostante la
crisi, quadruplicando così le perdite
effettive.
A produrre disinformazione
sugli enti di previdenza ci si mettono
anche i giornali economici che,
pure accreditati di grande competenza
(sole 24 ore e italia oggi), non
disdegnano di cercare “l’uomo che
morde il cane” che fa notizia e fa
vendere i giornali e non viceversa:
che non fa notizia.
E allora ecco le pagelle di comparazione
tra enti non comparabili,
i risultati dei bilanci degli enti,
anch’essi non comparabili perché,
ad esempio, alcuni Enti hanno
legittimamente ritenuto di approfittare
della legge 185 di fine 2008
che dava facoltà di contabilizzare
in bilancio i titoli mobiliari al valore
della fine del 2007 (ante crisi),
mentre altri Enti (come l’Epap), per
grande trasparenza, non ne hanno
approfittato ed hanno contabilizzato
i titoli al valore reale. Ultimamente
sono arrivati a scrivere (sole
24 ore del 10/12/2010) che Epap ed
altri Enti avevano acquistato azioni
della Lehman brothers, spacciando
la sottoscrizione di obbligazioni a
basso rischio come azioni del
colosso bancario statunitense fallito.
Anch’io, in qualità di semplice
iscritto, se avessi letto – e sul sole
24 ore – che il mio ente ha investito
in azioni della Lemahnn Brothers,
sarei saltato in aria (e avrei
dato ragione a chi dice che ci comportiamo
come una banca d’affari).
Grave, gravissimo, nonostante la
successiva errata correge dello
stesso quotidiano che pochissimi
avranno letto, relegata com’era in
un angoletto. Epap non ha mai
comprato azioni lehman brothers;
e non solo non si trattava d’azioni
ma d’obbligazioni, ma non erano
nemmeno titoli ad alto rischio,
bensì a basso rischio; si trattava,
infatti, di due strumenti a capitale
1 • 2011
gennaio-aprile
gdiS

garantito da lehman brothers holding
che fino al giorno prima del
fallimento era accreditata di un
rating altissimo (la tripla A). E che
dire, poi, di parlamentari che
riprendono le notizie errate e ne
fanno interrogazioni in parlamento?
Nulla, naturalmente, ai sensi
dell’Art. 67 della costituzione “Ogni
membro del parlamento rappresenta
la Nazione…”, dunque ha il diritto/dovere
di presentare tutte le
interrogazioni parlamentari che
vuole, anche “…senza vincolo di
mandato”, come abbiamo visto di
recente. E allora mi trovo nella
strana situazione di ringraziare il
Senatore Lannutti per le due interrogazioni
presentate e la stampa
(sole e italia) - per averle riprese
con grande enfasi perché così, contrariamente
alla mia natura che è
quella di lavorare per l’Ente piuttosto
di occuparmi delle polemiche,
ho dovuto rispondere ad ogni falsa
affermazione che da meno di un
anno infanga l’immagine dell’Ente.
L’ho fatto sul sito dell’Epap. Prego
i colleghi geologi siciliani di consultarlo.
E voglio pure togliermi un
altro sassolino: durante le elezioni
le password, agli iscritti siciliani,
sono arrivate in ritardo per via di un
grave ritardo postale per il quale è
stato avviato un procedimento di
rivalsa nei confronti delle poste;
ebbene, qualcuno si chiede perché
le password non sono state inviate
(peraltro risparmiando) nello stesso
plico contenente le schede elettorali
che, invece, sono arrivate in
tempo; rispondo rassicurandovi che
non sono improvvisamente rimbecillito:
ho già spiegato in una
comunicazione sul sito che, mentre
le schede le abbiamo inviate a cura
dell’Epap, per intuibili motivi di
sicurezza, le password sono state
costruite e confezionate in segretezza
dalla società che si è occupata
del voto elettronico, in un luogo
assolutamente segreto che nessuno
dell’Epap (men che meno il presidente)
conosce e, naturalmente,
sono state spedite a cura della stes-
gdiS
1 • 2011
gennaio-aprile
sa società, con procedure e tempi
del tutto estranee all’Epap; la stessa
lettera di accompagnamento
dove si spiegavano le modalità, a
firma del presidente dell’Epap era
un formato pdf già firmato e fornito
prima. La prima e unica volta
che il sottoscritto ha visto una di
quelle buste è stata quando è arrivata
(in ritardo) nel proprio studio e
l’ha votata.
Infine, a chi giovano tutte queste
calunnie che sporcano l’immagine
degli Enti di previdenza privati?
È necessario chiederselo per non
avere reazioni sproporzionate. Analizziamo
i fatti.
La crisi mobiliare ha colpito
ogni stato, ente locale e organizzazione
economica; anche gli Enti
privati naturalmente, che sono state
le prime vittime di un sistema bancario
non sufficientemente controllato
dagli stati. Orbene, nel nostro
Paese, lo Stato non solo non difende
gli Enti con alcuna azione di
rivalsa giudiziaria o extra giudiziaria
ma rivolge agli Enti stessi generiche
raccomandazioni alla “prudenza”
guardandosi bene, come del
resto in passato, dal dare precise e
cogenti direttive su come investire
e lasciando così intatta agli Enti la
responsabilità di altre eventuali
ripercussioni negative. Le conclusioni
cui è giunta l’indagine conoscitiva
della commissione bicamerale
e cioè che le “casse di previdenza
private non devono privilegiare
la redditività a qualunque
costo: l’importante è preservare i
patrimoni che sono finalizzati a
pagare le pensioni degli iscritti”
sono certamente condivisibili in
termini di enunciazione di principio,
ma non escludono che gli Enti
previdenziali privati abbiano finora
seguito il principio medesimo.
Negli Enti ex d.lgs. 103/96 a contribuzione
pura come l’Epap, ad
esempio, abbiamo sempre seguito
tale principio; anche perché di
eventuali plus valenze non sappiamo
che farcene poiché, per legge,
non possiamo usarle per impingua-
re i montanti individuali e aumentare
le pensioni. A noi basta, come
prescrive la legge, ricapitalizzare
annualmente i montanti della variazione
media quinquennale del PIL
nominale (che per l’anno in corso è
precipitata all’1,79% contro il
3,32% dello scorso anno). Né, tali
eventuali plus valenze, possono
servire per la sostenibilità, da questo
punto di vista, infatti, tutti gli
Enti ex 103 come l’Epap godono
splendida salute.
Leggendo queste ed altre “raccomandazioni
alla prudenza agli
Enti di previdenza” non si può fare
a meno di pensare ai titoli “derivati”
che per diversi miliardi sono
stati sottoscritti dagli enti locali,
agli interventi a sostegno delle banche
e degli stati in fallimento (Grecia
– Irlanda … altri?) ed allo stesso
PIL negativo prodotto nello
scorso anno nel nostro paese per
cui, per legge, abbiamo ricapitalizzato
i nostri montanti di appena
l’1,79% senza prospettive migliori
per i prossimi anni poiché quel PIL
negativo continuerà a “far media”
ancora per quattro anni. Questo, il
PIL negativo, è l’unico vero danno
della crisi finanziaria sulle nostre
pensioni e non l’hanno prodotto gli
Enti di previdenza.
Perché tutto ciò? Ma perché fa
comodo screditare gli Enti di previdenza
privati da quel virtuosismo
amministrativo di cui finora la stessa
commissione bicamerale per il
controllo degli enti di previdenza
ha dato ampio atto. Fa gioco ad un
preciso ed antico disegno che ogni
tanto fa capolino a prescindere dal
colore dei governi: la statalizzazione
degli Enti di previdenza privati;
a questo punto “privati” della loro
autonomia. La grave affermazione
precedente è sotto gli occhi di tutti,
basta volerla vedere. S’inizia con
l’inserire tra gli enti pubblici dell’elenco
ISTAT della finanziaria. Si
coinvolgono, dunque, gli Enti di
previdenza privati nella legge 122
(la finanziaria di Luglio 2010) in
due articoli (8 e 9) che riguardano il
29

personale e gli investimenti immobiliari;
due articoli che assimilano,
di fatto, gli Enti previdenziali privati
agli Enti pubblici. Dopo una
serie di “duelli al fioretto” tra gli
Enti di previdenza rappresentati
dall’Adepp e i ministeri del Lavoro/Economia
dove la contropartita
al riconoscimento degli enti privati
come “privati” e non come pubblici,
sembrava essere l’intervento
finanziario degli Enti nel progetto
Social Housing - ovvero la costruzione
di case da dare in affitto a
precise categorie sociali, intervento
che bonariamente richiesto dal
Governo ha avuto l’adesione di
massima da parte di molti Enti – i
ministeri emanano una circolare
esplicativa della legge 122, dove
non si danno direttive cogenti (per
il solito gioco delle responsabilità)
ma si danno “indicazioni” che, di
fatto, limitano fortemente l’autonomia
degli Enti.
Tutto questo mentre in parlamento
è un fioccare di disegni di
legge (ce ne sono ben tre) il cui
unico obiettivo (almeno di due di
questi) è quello della costituzione
della cosiddetta “inps dei professionisti”
statalizzata e unificata. Il
tutto, per dirla in termini crudi, per
mettere le mani sui patrimoni degli
Enti di previdenza privati che,
adesso, ammontano a circa trenta
miliardi di euro.
Va da sé che tutte le notizie o
semplici impressioni negative sugli
enti previdenziali in generale, sulla
sostenibilità delle sette casse storiche
in particolare e sui presunti
pericoli di commissariamento,
vanno a sostegno di questo nefando
progetto che, ritengo, sia ormai
chiaro e ben avviato. Non ci resta
d’ora in poi che sventare e denunciare
con tutti i mezzi, la manovra
primaria e le remore ad essa secondarie,
ed in questo deve essere in
prima linea l’Adepp poiché si tratta
di difendere tutti gli Enti previdenziali
privati.
Il Presidente dell’Epap
Arcangelo Pirrello
30
Le Scienze della Terra nella Scuola
di Emanuele Doria
Spesso il mondo professionale ed il mondo della scuola vengono
visti come due entità distinte e separate, anche se sono moltissimi
i colleghi insegnanti e quelli che si dividono tra attività professionale
ed insegnamento, sovente in condizioni di precariato,
motivati innanzitutto dalla grande passione per la geologia. In questo
periodo molto travagliato per la scuola, l’Ordine Regionale ha
ritenuto opportuno far sentire la sua voce in merito alle “Indicazioni
Nazionali per i Licei” emanate dal Ministero dell’Istruzione.
In tale documento veniva di fatto ridotto al lumicino lo spazio dedicato
all’insegnamento delle Scienze della Terra nelle scuole superiori,
potenziale fattore limitante anche nella scelta della facoltà
universitaria. Tale azione, portata avanti con l’ORG della Toscana
e l’ANISN (Associazione Nazionale Insegnanti di Scienze Naturali),
ha trovato riscontro nella versione definitiva delle Indicazioni Nazionali.
Riportiamo di seguito il testo della lettera pervenutaci da parte
di Enrico Campolmi, Presidente dell’Anisn.
Associazione Nazionale Insegnanti Scienze Naturali
In occasione della recente emanazione da parte del MPI delle
Indicazioni Nazionali per i licei (il documento contenente gli obiettivi
specifici di apprendimento della scuola dopo il riordino), importanti
prese di posizione da parte del mondo delle scienze della Terra
sono riuscite a modificare l’impianto del testo, inizialmente molto
penalizzante per questa disciplina.
Nel marzo scorso il ministero aveva infatti presentato una prima
bozza delle Indicazioni in cui le scienze della Terra avevano un ruolo
assolutamente marginale. Erano insegnate soltanto al primo anno
e ricomparivano esclusivamente al quinto anno del solo liceo scientifico,
all’interno di una serie di approfondimenti proposti a conclusione
del programma.
Nelle settimane successive tuttavia la FIST, l’Ordine dei Geologi
della Toscana e della Sicilia, nonché diversi soci ANISN sono
intervenuti in modo autorevole e deciso. A seguito di ciò nella stesura
finale delle Indicazioni, presentata il 26 maggio le scienze della
Terra, oltre che nel primo biennio, compaiono anche nel secondo
biennio dei licei ove le scienze si insegnano per quattro anni e del
quinto anno dei licei scientifico, classico, linguistico e delle scienze
umane.
Al di là del giudizio complessivo sulle Indicazioni, ciò ha consentito
alle scienze della Terra di riacquistare, una posizione più consona
al loro ruolo culturale e scientifico, ma anche civile, sociale ed
economico.
Nel ringraziare tutti coloro che hanno contribuito a questo importante
risultato, auspichiamo che esso posta costituire una positivo
esempio per future iniziative.
Il gruppo di lavoro sulla didattica
delle Scienze della Terra - ANISN
1 • 2011
gennaio-aprile
gdiS

RECENSIONI
Abbiamo letto per voi
gdiS
1 • 2011
gennaio-aprile
a cura di Pietro Todaro
La fine del mondo secondo il Buddismo:
Secondo il Buddhismo, la fine avverrà lentamente, con piccoli ed impercettibili cambiamenti in
ogni momento, in ogni minuto. Perfino nelle nostre relative e brevi vite potremo notarlo e vederne
la verità in questo. Già adesso il clima sta cambiando, gli animali si estinguono e le risorse
del mondo vengono a mancare. In realtà, vedremo il mondo giungere verso la fine. Benchè questo
sia inevitabile, non avverrà necessariamente così presto.Buddha insegnò che questi fenomeni
non sono il risultato del volere di dio, ma sono ampiamente sotto il nostro controllo.
Alberto Castellani
COSTRUZIONI IN ZONA SISMICA (seconda edizione)
pagg. 344 – Euro 32,00 – HOEPLI
L’interesse per questo volume è certamente prioritario per gli ingegneri strutturisti; i geologi possono
trovarvi indirettamente utili concetti sull’interazione delle strutture con l’azione sismica che alla luce delle
nuove norme per le costruzioni NTC08 deve essere valutata nella sua risposta sismica locale (RSL).
Gli autori sono due noti docenti di ingegneria sismica al Politecnico di Milano: Alberto Castellani è professore
ordinario di Costruzioni in zona sismica, Ezio Faccioli è professore ordinario di ingegneria sismica.
Il testo è rivolto agli studenti di ingegneria per l’ambiente e il territorio con indirizzo in “difesa del
suolo” e fa seguito all’emanazione della Carta di pericolosità sismica del territorio nazionale. Un testo
che ci consente una visione più ampia e interdisciplinare degli effetti sismici di sito (cap.8) per l’influenza
dei profili stratigrafici con gli effetti di amplificazione e risonanza. Interessanti sono gli approfondimenti
sull’amplificazione topografica e sugli effetti di liquefazione del terreno (Cap.9) in piano e in pendio
in relazione ai fattori geologici e idrogeologici.
Paola Gattinoni, Enrico Pizzarotti, Elisabetta Scattolini, Laura Scesi
STABILITÀ DEI PENDII E DEI FRONTI DI SCAVO IN ROCCIA
pagg. 275 - Euro 55,00 - Edizioni PEI
Un testo originale per il tema che si propone di raccogliere i principali problemi sulla dinamica dei versanti
in roccia e i complessi fenomeni che la condizionano. Nella sua prima parte il testo illustra le
moderne tecniche per individuare i movimenti franosi nella fase iniziale, quando è più difficile leggerne
sul terreno le tracce, ma è meno costoso porvi rimedio con gli interventi. Viene affrontato successivamente
lo studio sistematico delle aree critiche dal punto di vista strutturale finalizzato all’individuazione
delle cause dei crolli e della loro modellazione. Infine si perviene alla descrizione delle metodologie di
intervento per la messa in sicurezza dei versanti. Alcuni esempi applicativi consentono di collegare gli
aspetti teorici analizzati con la sintesi dei risultati dei rilievi condotti. Un testo ben illustrato e di facile
interpretazione per chiarezza e praticità nell’esposizione dei vari argomenti che guida il lettore in un
approccio tecnico-scientifico di elevata affidabilità.
Angelo Silvio Rabuffetti
FONDAZIONI SUPERFICIALI - Progetto e calcolo geotecnico secondo le nuove NTC
Pagg. 236 – Euro 68,00 – DEI – Tipografia del Genio Civile
L’argomento trattato riguarda esclusivamente il progetto geotecnico delle fondazioni superficiali in applicazione
delle nuove Norme Tecniche per le costruzioni – DM Infrastrutture 14 gennaio 2008 e Circolare
CSLLPP n. 617/2009. Tutti i passaggi del progetto geotecnico sono assistiti con l’aiuto di un programma
di calcolo che consente di determinare la capacità portante allo SLU con il metodo di Vesic
che deriva da un aggiornamento delle classiche formule di Terzaghi-Buismann. Il calcolo dei cedimenti
è affrontato sia per le sabbie (cedimento elastico) sia per le argille (consolidazione primaria) in termini
di SLE. Completa la trattazione il calcolo del modulo di sottofondo (coefficiente di Winkler), definito
in base ai dati raccolti con la campagna geognostica e alle caratteristiche geometriche delle
fondazioni. L’autore dedica il testo alla lettura di ingegneri e geologi ritenuti i primi fruitori per una corretta
progettazione delle fondazioni.
Massimo Grecchi
MANUALE DI MONITORAGGIO PER L’EMERGENZA IDROGEOTECNICA
pagg. 416 – Euro 38,00 – Edizioni Geo-graph – Segrate
In un momento in cui in Sicilia e non solo si vivono momenti di emergenza idrogeologica che mettono
in primo piano le urgenze di una continua e sistematica osservazione dell’evolversi dei fenomeni di dissesto
questo volume è assolutamente attuale e merita di figurare tra i testi specialistici del geologo. La
tecnica del monitoraggio è divenuta ancor più determinante con l’entrata in vigore delle nuove NTC che
introducono la necessità dei Piani di controllo e monitoraggio sia in fase di verifica dei livelli di ammissibilità
dei cedimenti e sforzi che in applicazione del Metodo osservazionale che costituisce una vera
rivoluzione nel campo della progettazione in situazioni d’incertezza e complessità geolgico-geotecnica.
La stessa tecnica di monitoraggio ambientale ha anche superato l’iniziale utilizzo per l’allarme e la prevenzione
per trasformarsi in una scienza a sé in grado di qualificare modelli e procedure per l’interpretazione
modellistica dei fenomeni naturali. Il volume è indirizzato a tutti gli esperti del settore geologi,
ingegneri, tecnici intendendo unire i fondamenti della tecnologia dei dispositivi e degli strumenti di
rilevamento (che sono numerosissimi e ben descritti) all’analisi delle tecniche più recenti d’integrazione
e interpretazione. Metodi e strumenti sono accompagnati da una serie di disegni e figure, oltre a schemi
di monitoraggio dedicati.
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RINVENIMENTO DI UN’ANTICA CAVA DI PIETRE
DA MACINA NEL LITORALE DI LETOJANNI (ME)
Alberto Ucosich - Geologo, libero professionista - Messina
1. Premessa
Il lungo arenile, pressoché integro nella sua naturale
preservazione, che giace tra il limite settentrionale
dell’abitato di Letojanni ed il Fondaco Parrino
(Comune di Forza d’Agrò) nasconde una scogliera che
in epoca remota è stata utilizzata come cava per trarne
mole per frantoio.
Nell’anno 2005 una serie di mareggiate ha rimosso
i sedimenti di spiaggia per un breve periodo, permettendo
allo scrivente di rinvenire codesto sito di interesse
storico ed archeologico lì dove la sabbia lo aveva
nascosto per decenni; due ulteriori e più forti mareggiate
nei mesi di Gennaio 2009 e 2010 hanno messo
a nudo altri tratti di scogliera consentendo una più
approfondita indagine. In seguito è stata inviata la
segnalazione alla Soprintendenza dei Beni CC. AA.
di Messina, che non era ancora a conoscenza del sito.
2. Inquadramento morfologico del sito
La cava in oggetto è ubicata a circa 2 km a Nord
del centro abitato di Letojanni, nel vasto arenile compreso
tra le foci degli impluvi denominati “Pietrabianca”,
“Milianò” ed “Oliveri”; trovasi alle coordinate
WB 290 949 della tavoletta scala 1:25.000 “Forza
D’Agrò”, Foglio 262 I S.E.
Essa è ricavata su una piatta scogliera alta circa
un metro sul livello del mare, che di norma risulta
celata dai depositi di spiaggia; la roccia è sempre visibile,
oltre la battigia, nel suo prolungamento in mare
in forma di serie parallele di scogli sommersi che si
estendono fino alla batimetrica -3 m; il fondale che
si diparte dalla riva oltre la barriera di scogli è essen-
32
zialmente sabbioso, generalmente regolare, e digrada
con una pendenza media di 10°.
La lunga spiaggia, larga in media 50-60 m, inizia
presso la foce del T. San Filippo a SW e termina in
corrispondenza di un piccolo promontorio roccioso
poco oltre il T. Oliveri a NE. Essa è delimitata a monte
da ripidi versanti collinari nei quali si trovano ubicate
la ferrovia ME-CT, la SS.114 e la A20.
Riguardo all’esposizione verso la mutevolezza
degli eventi meteo-marini, l’area si trova esposta direttamente
verso i venti di Grecale e Levante (NE ed E)
e di Scirocco (SE). Riguardo all’esposizione verso
Libeccio, Maestrale e Tramontana l’area risulta sufficientemente
protetta dai rilievi montuosi.
La spiaggia risulta essere in equilibrio rispetto ai
fattori di erosione e di sedimentazione. Ciò nonostante,
in qualche annata la violenza delle mareggiate ha
fatto retrocedere l’arenile temporaneamente di parecchi
metri, come è avvenuto in occasione della serie
di forti sciroccate protrattesi tra l’inverno e la primavera
del 2005, che ha traslato ingenti masse di sedimento
sabbioso verso NE, portandole a ridosso del
promontorio presso il T. Oliveri e causando l’eccezionale
messa a nudo di un tratto di scogliera emersa
esteso diversi mq; tale affioramento è rimasto visibile
per l’intera estate successiva permettendo per la
prima volta allo scrivente di individuarne i segni di
un’attività estrattiva. Le prime mareggiate settembrine
del 2005 causate dai venti provenienti da Grecale
hanno di nuovo celato il sito riportando in posto la
sabbia precedentemente asportata.
Un’altra serie di eccezionali mareggiate provenienti
da E-SE occorse tra il 10 ed il 14 Gennaio 2009,
con una fase parossistica nel giorno 13, ha fatto emergere
un più ampio tratto di scogliera lungo buona parte
dell’arenile; dopo due settimane, la maggior parte di
questa era di nuovo sepolta sotto una coltre di nuovi
sedimenti.
L’ultima riemersione della scogliera si è avuta
durante l’ultima mareggiata di Libeccio del 27 Gennaio
2010.
Tali estremi fenomeni di erosione e successivo ripascimento
del litorale non erano stati mai notati prima
dai residenti e con tutta probabilità non accadevano
da almeno 30-40 anni; trattasi di eventi inconsueti che
però in passato sono sicuramente accaduti più volte,
permettendo agli antichi cavatori di rinvenire e di
sfruttare il sito.
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gennaio-aprile
gdiS

3. Caratteristiche geolitologiche
L’assetto geologico del tratto di litorale ove è ubicata
la cava è costituito da uno spesso deposito sedimentario
di origine marina ed alluvionale, di recente
formazione, giacente su un basamento di scisti filladici
appartenenti alla “Unità di S. Marco D’Alunzio”
del Complesso Calabride, i quali formano anche le
pendici collinari retrostanti il rilevato ferroviario. Una
propaggine rocciosa filladica forma il piccolo promontorio
roccioso che chiude a settentrione il tratto di litorale
in oggetto.
Alla sommità dei versanti si rinvengono una
sequenza di conglomerati ed arenarie oligocenici
appartenenti al Flysch di Capo d’Orlando, sovrapposti
stratigraficamente alle filladi.
La fascia litoranea pianeggiante è costituita da
depositi alluvionali e marini recenti; da un punto di
vista granulometrico, questi sono formati essenzialmente
da livelli sabbioso-ghiaiosi sciolti poco classati,
talvolta con ciottoli e blocchi lapidei, in cui si può
riconoscere una natura prevalentemente metamorfica,
mentre nella frazione più fine si possono distinguere
elementi quarzosi, k-feldspato, miche. Hanno stratificazione
incrociata e giacitura sub-orizzontale, con
soventi contatti eteropici.
I Conglomerati Costieri - La scogliera situata
lungo la linea di costa consiste in livelli e bancate di
conglomerati dotati di un grado di cementazione elevato
e formati da sabbie, ghiaie e ciottoli arrotondati
di natura cristallina con macrofossili, in cui prevale
ora l’una, ora l’altra classe granulometrica.
Lo spessore si aggira intorno a 1-2 metri; l’orientazione
degli strati varia tra i 10° ed i 30°. La parte
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gennaio-aprile
emersa della scogliera è di solito costantemente nascosta
dai sedimenti di spiaggia; ha un andamento pianeggiante
e dolcemente digradante verso mare; la parte
sommersa, che si spinge circa fino alla batimetrica di
–3 m, affiora dal fondo marino poco oltre la battigia
ed è sempre visibile.
Con i dati rilevati è stato possibile ricostruire una
sezione litologica che ben evidenzia l’andamento stra-
33

tigrafico in condizioni normali, con la scogliera ricoperta
dalla spiaggia.
Tale roccia conglomeratica non appartiene Flysch
di Capo d’Orlando, ma si è generata, in epoca olocenica,
all’interno dei sedimenti sciolti di spiaggia
mediante la deposizione di cemento carbonatico ad
opera di fluidi interstiziali in presenza di una falda
acquifera fortemente mineralizzata. Questo tipo di
materiale litoide si rinviene in vari punti lungo tutto
il litorale di Letojanni, ed affiora, con caratteristiche
analoghe, anche nella Zona Falcata di Messina e nella
Penisola di Torre Faro.
4. Descrizione della cava
La cava è costituita da un basso e piatto scoglio
di durissima roccia in cui sono visibili diversi crateri
larghi e circolari; tali avelli, che a prima vista parrebbero
essere un tipo di “marmitte” di erosione, sono
in realtà di origine antropica e rappresentano i punti
da cui sono state estratte pietre da macina.
Gli scavi misurano quasi tutti 2,00 m. di diametro,
con una profondità di 0,45-0,50 m; alcuni perfori
più piccoli misurano f =1,40 m. Le mole ancora
in posto o appena abbozzate misurano f =1,40 e h =
0,45 m. All’interno di alcuni avelli è stato possibile
osservare la parte relitta rimasta dopo il taglio della
base della mola.
In totale, sono stati contati 216 avelli di scavo,
10 scavi abbozzati ed una mola quasi completata pronta
da tagliare alla base. Una serie di scavi si trovano
a cavallo del solco di battigia e tra questi è visibile
una mola abbozzata la cui lavorazione è stata interrotta
probabilmente a causa di una cavità prodottasi
col distacco di un grosso ciottolo. È anche presente
uno scavo di forma rettangolare da cui è stata probabilmente
ricavata una vasca.
Le serie di perfori sono disposte in maniera da
sfruttare il maggiore spazio disponibile; alcune sono
poste in linea dove i segmenti di scogliera sono stretti
e lunghi; invece, dove la superficie della roccia si
allarga, i segni di scavo sono strettamente disposti a
quinconce. In taluni casi la roccia, anziché verticalmente,
è stata tagliata in senso obliquo seguendo l’orientazione
verso mare degli strati.
5. Considerazioni storiche
I segni di attività estrattiva di pietre da macina in
zone litorali non sono infrequenti: in passato sono stati
rinvenuti anche in altri due siti a Giardini Naxos e
Capo d’Orlando. Sulla sponda calabra dello stretto è
segnalata la presenza di una cava analoga nello stesso
materiale conglomeratico, nella spiaggia di Capo
dell’Armi.
34
Notizie su attività estrattive sui conglomerati di
spiaggia presso la città di Messina si hanno dallo
SPALLANZANI, che verso la fine del diciottesimo
secolo annotò come tali “puddinghe” riuscissero a
riformarsi nel giro di una quarantina di anni, fornendo
così sempre nuova materia prima ai cavatori. Egli,
ancora, associava all’origine di tale fenomeno la circolazione
di acqua biancastra, evidentemente fortemente
mineralizzata, di origine termale.
La peculiarietà del conglomerato di scogliera era
tale che i cavatori si sobbarcavano i disagi dovuti alla
lavorazione della roccia sulla battigia a contatto con
l’acqua di mare ed ai tempi dipendenti dalle condizioni
meteomarine; questi erano prezzi da pagare pur
di ottenere manufatti da una roccia di qualità elevata,
compatta e priva di fratture.
Nell’entroterra, infatti, sono rari gli affioramenti
lapidei di siffatte caratteristiche, poiché le arenarie si
presentano in genere troppo friabili ed i calcari dolomitici
fessurati e poco omogenei.
I cavatori per tagliare la roccia approfittavano dei
rari eventi in cui la scogliera veniva portata alla luce
dalle mareggiate o, più probabilmente, una volta conosciuta
l’ubicazione della roccia, asportavano la sabbia
fino a mettere a luce manualmente il fronte di scavo.
Tale attività risale ad epoche sconosciute, sicuramente
antecedenti fine ‘800 ed è probabilmente da
ascrivere ai periodi in cui la coltivazione di olivi e il
sorgere di frantoi nella zona erano in tale espansione
da rendere economicamente vantaggiosa l’apertura di
una cava apposita per le macine.
La parte della scogliera dove si trovano la mola
quasi completata e gli altri vicini abbozzi di scavo, si
presume essere l’ultima ad essere sfruttata prima della
cessazione dell’attività estrattiva.
La lavorazione della roccia avveniva eseguendo
uno scavo circolare massimo 2 metri di diametro, più
largo ed un po’ più profondo della mola da cavare,
onde avere lo spazio per tagliarla alla base. L’orientazione
avveniva preferibilmente in modo da mantenere
i lati paralleli all’immersione degli strati, consentendo
così, mediante la parziale sovrapposizione
delle sagome di scavo, un migliore sfruttamento dell’esiguo
banco conglomeratico (vedi sezione).
Essa avveniva talvolta a pelo dell’acqua, in qualunque
condizioni di marea; d’altra parte, dall’interpretazione
dalle tavole edite dall’Istituto Idrografico
della Marina, si evince che le maree sigiziali nello
Stretto di Messina non mostrano escursioni superiori
a 30 cm.
Per l’aiuto prestato per il riconoscimento del sito
e per le notizie storiche si ringraziano:
- il Dott. Arch. Giovanni Mauro, Sindaco di Letojanni;
- il Dott. Geol. Alfredo Natoli, di Messina;
- l’Avv. Marco Cutuli, di Messina.
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6. Documentazione fotografica
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C
A
B
Figg. 1-1a-1b-1c.
Un tratto dell’area
di interesse
come si presentava
dopo le mareggiate
del gennaio 2009;
sullo sfondo, la rupe
del castello di S. Alessio.
35

Fig. 2a. Stesso tratto
di spiaggia
in condizioni normali.
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Fig. 2. Particolare
di un tratto di spiaggia
con la scogliera
messo a nudo.
Fig. 2b. Stesso tratto
di spiaggia
durante una mareggiata.
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Fig. 3. Serie di escavazioni disposte in linea.
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Figg. 4-5. Serie di escavazioni disposte a quinconce.
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Fig. 7. Abbozzo di scavo.
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Fig. 6. Mola quasi
completata ancora
attaccata alla base.
Fig. 8. La matrice
di una mola dopo che
è stato effettuato
il taglio della base.
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