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256 Paolo Cherchi<br />
tesi preconcette. Si ricordi <strong>il</strong> caso della Div<strong>in</strong>a commedia che secondo <strong>il</strong><br />
grande arabista Miguel Asín Palacios avrebbe seguito Il libro della scala<br />
di Maometto. Le tesi di Asín, lanciate nel 1919 <strong>in</strong> un discorso accademico<br />
e poi ristampate varie volte, sono state largamente ignorate dai dantisti<br />
f<strong>in</strong>o a quando l’atmosfera di apertura culturale le ha portate alla ribalta,<br />
e non solo sono state applaudite, ma ripetutamente elogiate quasi per<br />
far dimenticare <strong>il</strong> gran torto fatto al mondo arabo per non aver riconosciuto<br />
<strong>il</strong> debito dantesco verso la cultura islamica; va aggiunto che gli<br />
elogi maggiori sono venuti da chi meno sapeva di cultura musulmana.<br />
Solo Theodore S<strong>il</strong>verste<strong>in</strong>, ottimo conoscitore della cultura medievale<br />
smontò sistematicamente <strong>il</strong> libro di Asín dimostrando che tutti i luoghi<br />
nei quali l’arabista trovava fonti arabe erano riconducib<strong>il</strong>i ad altrettante<br />
fonti mediolat<strong>in</strong>e. S<strong>il</strong>verste<strong>in</strong> non usava l’argomento per ragioni ideologiche,<br />
e da grande f<strong>il</strong>ologo quale era sapeva anche dire <strong>il</strong> perché di tali<br />
co<strong>in</strong>cidenze <strong>in</strong> concorrenza: capiva che <strong>il</strong> Nord Africa era stato lat<strong>in</strong>izzato<br />
per secoli, e da quel fondo comune mediterraneo si potevano far<br />
risalire gli elementi <strong>in</strong> comune fra le successive culture mediolat<strong>in</strong>a e<br />
islamica. L’episodio mi sembra esemplare per mostrare che la f<strong>il</strong>ologia<br />
non è la scienza <strong>in</strong>fallib<strong>il</strong>e come di solito si pensa, o non lo è sempre <strong>in</strong><br />
modo assoluto, anche se i suoi errori non dipendano da mala fede ma da<br />
uno zelo di fede che <strong>in</strong>staura <strong>il</strong> circolo vizioso del credo ut <strong>in</strong>telligam, e si<br />
crede sempre di capire quando ci sono le ‘prove f<strong>il</strong>ologiche’ per farlo.<br />
E per questo bisogna diffidare un po’ del modo corrivo con cui si<br />
cede a <strong>in</strong>terferenze ideologiche pur di apparire politically correct. Un<br />
esempio: <strong>il</strong> caso recente di Sylva<strong>in</strong> Guogenheim che ha scritto un libro<br />
(Aristote au Mont Sa<strong>in</strong>t Michel) per rivendicare all’Europa la trasmissione<br />
del pensiero f<strong>il</strong>osofico tradizionalmente assegnata agli Arabi – i<br />
quali <strong>in</strong>vece sarebbero stati dei semplici e parziali riscrittori di testi – ha<br />
suscitato ire e manifesti tanto che la tribù è corsa al l<strong>in</strong>ciaggio con l’autorevolezza<br />
della scienza e con <strong>il</strong> metodo ormai tipico della tribù dei<br />
professori universitari, cioè pubblicando una lettera di scomunica di chi<br />
non pensa lungo le l<strong>in</strong>ee prescritte dagli stregoni del momento. L’impegno<br />
civico, certo, è una cosa sacro-santa e i f<strong>il</strong>ologi corrono ad abbracciarlo<br />
quando la tribù lo richiede, ma errano se lo fanno prima ancora<br />
di accertare cosa dice la loro discipl<strong>in</strong>a sull’argomento, prima di valutare<br />
le prove che riesce a produrre, quali argomenti riesce a confutare o<br />
quali dispute riesce a comporre. Sarebbe <strong>in</strong>teressante vedere quanti fra i<br />
firmatari della lettera contro Gougenheim sanno una parola di arabo, e<br />
se tutti hanno realmente letto <strong>il</strong> libro che condannano.