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Sandro Pili<br />

Evoluzione urbanistica e tecnologica<br />

nel territorio <strong>di</strong> <strong>Villasor</strong><br />

Marchesato <strong>di</strong> <strong>Villasor</strong><br />

Sandro Pili<br />

EVOLUZIONE URBANISTICA E TECNOLOGICA NEL<br />

TERRITORIO<br />

DI VILLASOR<br />

SANTI - FESTE - TRADIZIONI<br />

12<br />

<strong>Comune</strong> <strong>di</strong> <strong>Villasor</strong><br />

Assessorato alla Cultura<br />

Biblioteca Comunale<br />

2


Sandro Pili<br />

Evoluzione urbanistica e tecnologica nel territorio <strong>di</strong> <strong>Villasor</strong><br />

© 2007 Sandro Pili<br />

© 2007 <strong>Comune</strong> <strong>di</strong> <strong>Villasor</strong>, Assessorato alla Cultura, Biblioteca Comunale<br />

Prima e<strong>di</strong>zione SANTI – FESTE – TRADIZIONI febbraio 2007<br />

biblioteca.villasor@tiscali.it<br />

comunevillasor@legalmail.it<br />

aziendacultura@tiscali.it<br />

www.comune.villasor.ca.it<br />

Progetto e<strong>di</strong>toriale realizzato da Aziendacultura<br />

<strong>Comune</strong> <strong>di</strong> <strong>Villasor</strong><br />

Efisio Pisano Sindaco<br />

Notizie storiche<br />

In relazione a modesti ma nel contempo significativi in<strong>di</strong>zi, è<br />

ipotizzabile ritenere che già nel neolitico recente siano esistiti<br />

almeno due embrioni <strong>di</strong> villaggio all’interno dell’attuale<br />

centro urbano <strong>di</strong> <strong>Villasor</strong>.<br />

Un villaggio era probabilmente ubicato nell’attuale rione<br />

Convento, attorno alla quota 29,00 sul livello me<strong>di</strong>o mare,<br />

attestata nell’intersezione tra le attuali Via Cappuccini e<br />

Sant’Antioco, costituente ancora la massima elevazione del<br />

centro abitato.<br />

L’altro villaggio era probabilmente ubicato, nell’area<br />

attualmente compresa tra le vie Sivilleri, Carpentieri,<br />

Arborea, Ver<strong>di</strong> e Baronale, costituente ancora la 2 a<br />

elevazione del centro abitato.<br />

Attorno a queste due zone maggiormente elevate,<br />

esistevano dei corsi d’acqua torrentizi che l’uomo attraverso i<br />

secoli ha adattato inutilmente a se<strong>di</strong> stradali, ma che ancora<br />

oggi assolvono alle funzioni <strong>di</strong> collettori idraulici.<br />

La presenza dei due nuclei abitati, sin dal neolitico recente,<br />

è suffragata dall’avvenuta constatazione, durante l’esecuzione<br />

<strong>di</strong> lavori <strong>di</strong> scavo <strong>di</strong> frammenti d’ossi<strong>di</strong>ana, <strong>di</strong> frammenti<br />

d’utensili lapidei quali asce e mazze.<br />

4


La frequentazione umana dei due siti ha probabilmente<br />

avuto un proseguo nel periodo nuragico shardanico e nel<br />

periodo <strong>di</strong> influenza economica e culturale punica.<br />

Nel periodo così detto punico, i due siti in relazione alla<br />

loro ubicazione strategica nel contesto della vasta pianura del<br />

Me<strong>di</strong>o Campidano e in relazione all’impulso dato alle colture<br />

cerealicole, dal sistema politico economico prettamente<br />

commerciale della città <strong>di</strong> Cartagine, potrebbero aver<br />

conosciuto un momento <strong>di</strong> crescita e <strong>di</strong> rigoglio economico.<br />

I cereali coltivati nelle feraci pianure, in massima parte<br />

destinati all’esportazione, dovevano essere recapitati al posto<br />

più vicino che era rappresentato nella circostanza specifica<br />

dal porto <strong>di</strong> Karel o Karalis.<br />

È intuibile, anche se non documentato, che per garantire i<br />

trasporti verso Karel nel periodo <strong>di</strong> influenza economica e<br />

culturale dei punici, si sia provveduto a realizzare o quanto<br />

meno a migliorare la rete stradale che sicuramente<br />

preesisteva dal periodo nuragico shardanico.<br />

È impensabile che una civiltà quale quella nuragica<br />

shardanica, che per oltre un millennio esercitò il predominio<br />

marittimo e commerciale nel Me<strong>di</strong>terraneo centro<br />

occidentale, non abbia proceduto a realizzare un reticolo<br />

viario dall’interno verso le città costiere dell’isola da cui<br />

partivano le navi da carico e da corsa, navi <strong>di</strong> cui possiamo<br />

ancor’oggi ammirare le loro caratteristiche nei pregevoli<br />

bronzi votivi.<br />

In quest’ottica è presumibile che nei 250 anni <strong>di</strong><br />

collaborazione economica e culturale tra le città stato della<br />

Sardegna e Cartagine, in relazione anche al fortissimo<br />

interscambio commerciale, la rete viaria preesistente sia stata<br />

5<br />

oggetto <strong>di</strong> interventi idonei a garantirne una agevole<br />

percorribilità.<br />

È assolutamente sciocco ritenere che una potenza<br />

commerciale come quella cartaginese che per sopravvivere e<br />

crescere necessitava <strong>di</strong> un flusso costante <strong>di</strong> merci e materie<br />

prime, dopo essersi garantita le vie marittime non abbia<br />

provveduto nei territori occupati a garantirsi le vie terresti.<br />

E queste dovevano pur esistere nella Sardegna del 238 a.C.,<br />

quando le legioni romane guidate da Tiberio Sempronio<br />

Gracco occuparono militarmente tutti i principali centri<br />

dell’isola. In tale frangente, in assenza <strong>di</strong> un tessuto viario<br />

efficiente l’occupazione militare non avrebbe avuto la celerità<br />

che, <strong>di</strong> fatto, ebbe.<br />

I due inse<strong>di</strong>amenti abitativi che hanno dato origine<br />

all’attuale <strong>Villasor</strong>, erano sin dal periodo preistorico, ubicati<br />

nelle imme<strong>di</strong>ate a<strong>di</strong>acenze del corso del fiume Mannu, che<br />

per il naviglio del periodo era sicuramente navigabile sino<br />

all’altezza dell’attuale centro <strong>di</strong> Decimomannu, ed erano<br />

<strong>di</strong>sposti in prossimità delle principali arterie stradali <strong>di</strong>rette<br />

verso il Nord e verso il Sulcis.<br />

Con l’occupazione romana dell’intera isola e il<br />

consolidamento successivo, i due centri seguirono le sorti <strong>di</strong><br />

tutti i piccoli centri rurali del territorio.<br />

L’esistenza dei centri in argomento in periodo romano e<br />

attestato da innumerevoli riscontri oggettivi e soggettivi, che<br />

vengono brevemente riassunti in appresso:<br />

1. Nell’attuale rione Convento è stata accertata nell’anno<br />

1982 la presenza <strong>di</strong> sepolture del tipo alla Cappuccina nell’area<br />

cortilizia del fabbricato Conventuale. E stata inoltre accertata<br />

la presenza <strong>di</strong> ceramica del periodo punico e romano nelle<br />

6


aree cortilizie d’abitazioni limitrofe, durante l’esecuzione <strong>di</strong><br />

scavi per opere e<strong>di</strong>lizie.<br />

2. Nell’area attualmente compresa tra le vie Sivilleri,<br />

Carpentieri, Arborea, Ver<strong>di</strong> e Baronale è stata accertata la<br />

presenza <strong>di</strong> ceramiche del periodo romano ed è stata<br />

accertata la presenza nell’area cortilizia del Castello Siviller,<br />

<strong>di</strong> un manufatto in getto <strong>di</strong> calcestruzzo a base <strong>di</strong> malta<br />

pozzolanica, costituente una canalizzazione idrica.<br />

A sostegno dell’ipotesi dell’esistenza già consolidata dei<br />

due centri sopradescritti in epoca romana, concorre anche<br />

l’interpretazione logica sull’origine del nome <strong>Villasor</strong>.<br />

Nella parlata Sardo Campidanese all’espressione Italiana<br />

<strong>Villasor</strong> corrisponde Bidda e’Sorris dove Bidda significa villa,<br />

villaggio, paese e Sorris è l’antico nome del villaggio<br />

sicuramente già esistente in epoca romana e ubicato<br />

probabilmente nell’area descritta al sopraccitato punto 2.<br />

Nella lingua latina il termine Horreum, significa granaio,<br />

magazzino, deposito.<br />

Nella parlata Sardo Campidanese esistono le seguenti<br />

espressioni:<br />

- Pran’i Horrj che identifica la parte del territorio <strong>di</strong> una<br />

comunità, a<strong>di</strong>bita prevalentemente all’esercizio delle<br />

colture cerealicole;<br />

- S’Horrj che identifica il contenitore <strong>di</strong> forma cilindrica<br />

costituito da canne spaccate e intessute, ove venivano<br />

<strong>di</strong>sposti i cereali dopo ultimato il raccolto (s’arregotta).<br />

Innanzi a quanto sovraesposto è opportuno effettuare il<br />

confronto fonetico tra il nome me<strong>di</strong>evale del villaggio <strong>di</strong><br />

<strong>Villasor</strong> e il nome del contenitore <strong>di</strong> forma cilindrica, e si<br />

constaterà che i due termini sono pronunciati in modo<br />

identico tra loro.<br />

7<br />

È alquanto verosimile pertanto ritenere che il nucleo<br />

abitato <strong>di</strong> Sorris, che ha poi fornito il nome all’attuale paese<br />

<strong>di</strong> <strong>Villasor</strong>, debba l’origine medesima del proprio nome al<br />

periodo romano, all’intensa attività cerealicola praticata nelle<br />

campagne circostanti e alla presenza <strong>di</strong> depositi Horrea per lo<br />

stoccaggio dei cereali in attesa dell’imbarco per il porto <strong>di</strong><br />

Ostia.<br />

La vita dei due centri in argomento, prosegue quasi<br />

sicuramente anche dopo il tracollo politico economico <strong>di</strong><br />

Roma, si consolida nel periodo bizantino, (periodo al quale<br />

molti storici <strong>di</strong> chiara fama, ma scarsamente conoscitori del<br />

territorio fanno risalire le origini <strong>di</strong> Sorris), e nel successivo<br />

periodo giu<strong>di</strong>cale (Giu<strong>di</strong>cato <strong>di</strong> Cagliari o Plumini) all’interno<br />

della curatoria <strong>di</strong> Parte Jppis o Parte Gippi.<br />

Dai documenti risalenti al periodo giu<strong>di</strong>cale e al successivo<br />

periodo pisano, si ha conoscenza ufficiale dell’esistenza della<br />

villa <strong>di</strong> Nispi<strong>di</strong> o Hispi<strong>di</strong> e della villa <strong>di</strong> Sorris o Sorres.<br />

La villa <strong>di</strong> Nispi<strong>di</strong> era ubicata nell’attuale rione Convento<br />

mentre la villa <strong>di</strong> Sorris occupava l’area gravitante nelle<br />

a<strong>di</strong>acenze dell’attuale Parrocchiale e Castello Siviller.<br />

In detto periodo, nel territorio dell’attuale <strong>Comune</strong> <strong>di</strong><br />

<strong>Villasor</strong> esistevano altri nuclei abitati, (Sogus – Scarponis –<br />

Gippi – Susu – Aquesa – Palma) abbandonati dalle<br />

popolazioni, in conseguenza <strong>di</strong> molteplici fattori quali il<br />

nuovo sistema economico sociale instaurato dagli Aragonesi,<br />

il lungo stato <strong>di</strong> guerra tra gli Aragonesi e il Giu<strong>di</strong>cato<br />

d’Arborea che trasformò sovente il territorio in campo <strong>di</strong><br />

battaglia e le endemiche epidemie <strong>di</strong> peste della seconda<br />

metà del XIV secolo e dei primi decenni del XV secolo.<br />

L’infeudazione del territorio dell’antica curatoria giu<strong>di</strong>cale<br />

<strong>di</strong> parte Gippi in favore del nobile aragonese Giovanni<br />

8


Siviller nel 1414, segna la ripresa economica del territorio, e<br />

la rifondazione <strong>di</strong> Sorris, e a tale periodo deve essere,<br />

probabilmente, fatta risalire la nascita del nome attuale, dato<br />

dall’unione del termine “Villa” con il nome vero e proprio<br />

del paese “Sorris”.<br />

La successiva e<strong>di</strong>ficazione della struttura fortificata meglio<br />

conosciuta come “Castello Siviller”, i probabili incentivi<br />

garantiti a chi intendeva stabilirsi nell’abitato <strong>di</strong> Sorres, il<br />

senso <strong>di</strong> relativa sicurezza che ispirava la presenza del<br />

Castello, la cessazione del lungo stato <strong>di</strong> guerra, favorirono<br />

l’inse<strong>di</strong>amento <strong>di</strong> nuovi abitanti e la ripresa economica e<br />

demografica del centro.<br />

Queste nuove con<strong>di</strong>zioni fecero sì che il villaggio <strong>di</strong><br />

Nispi<strong>di</strong>, <strong>di</strong>stante poche centinaia <strong>di</strong> metri da quello <strong>di</strong> Sorres,<br />

fosse inglobato dall’espansione <strong>di</strong> quest’ultimo dando così<br />

luogo all’attuale centro <strong>di</strong> <strong>Villasor</strong>.<br />

Evoluzione del territorio e dei centri urbani<br />

I due modesti centri, identificati nel Me<strong>di</strong>o Evo con i nomi<br />

<strong>di</strong> “Nispi<strong>di</strong>” e “Sorris”, (dalla cui fusione è nata l’attuale<br />

<strong>Villasor</strong>), la cui remota origine, in relazione agli in<strong>di</strong>zi e ai<br />

riscontri sul campo, è ipotizzabile nel neolitico recente,<br />

dovevano avere le caratteristiche d’altri centri, <strong>di</strong> cui si sono<br />

evidenziati i contorni e l’ampiezza, ubicati in <strong>di</strong>verse regioni<br />

del territorio del <strong>Comune</strong> <strong>di</strong> <strong>Villasor</strong>.<br />

In relazione a quanto intravisto in queste regioni,<br />

(Kampura, Gora Poddesu, Serra Murighinas, Pauli Majori)<br />

erano sicuramente modesti agglomerati ospitanti al massimo<br />

20 ÷ 30 nuclei familiari.<br />

9<br />

Non è dato conoscere la conformazione del centro, ma per<br />

similitu<strong>di</strong>ne con quanto accertato in altri paesi della Sardegna<br />

a seguito <strong>di</strong> campagne <strong>di</strong> scavi archeologici, è verosimile<br />

ritenere che le strutture e<strong>di</strong>lizie a<strong>di</strong>bite alla residenza fossero<br />

costituite da capanne a pianta circolare. Queste non<br />

dovevano essere <strong>di</strong>ssimili dalla capanna che ancora perdura<br />

negli ovili della Sardegna centro – settentrionale “Su<br />

Pinnettu”.<br />

“Su Pinnettu” è una capanna a pianta circolare, avente<br />

<strong>di</strong>ametro me<strong>di</strong>o compreso fra i ml. 3,00÷4,00, avente<br />

muratura in pietrame a secco, e copertura conica in or<strong>di</strong>tura<br />

lignea con sovrastante manto <strong>di</strong> fascine d’erbe palustri.<br />

Normalmente è dotata <strong>di</strong> una sola apertura, architravata, e al<br />

suo interno sono ricavate, nelle murature, delle scansie con<br />

ripiani per deposito d’oggetti e utensili. Al centro de “Su<br />

Pinnettu” è ubicato il focolare, “Sa Forredda” o “Su<br />

Foghile”, a pianta circolare cintato da pietre seminfisse nel<br />

suolo. Il fumo del focolare fuoriesce dall’apertura e dalla<br />

copertura a tetto me<strong>di</strong>ante filtrazione tra le frasche e le erbe<br />

palustri che ne costituiscono il manto.<br />

È probabile che attorno alla capanna, vi fosse uno spazio<br />

recintato, probabilmente con una siepe (è da scartare l’ipotesi<br />

del muro a secco stante la penuria <strong>di</strong> materiale lapideo) ove<br />

custo<strong>di</strong>re gli armenti durante le ore notturne.<br />

La siepe recintante lo spazio attiguo alla capanna era<br />

probabilmente costituita da essenze <strong>di</strong> “alimo”, “licio o spina<br />

cristi” o “pruno selvatico”. Non è però da scartare l’ipotesi<br />

che tale recinzione fosse costituita da frasche rinsecchite<br />

d’essenze quali l’olivastro, il Licio o spina cristi il pruno<br />

selvatico e il perastro, largamente <strong>di</strong>sponibili tra la<br />

consistente vegetazione allora esistente.<br />

10


Questo tipo <strong>di</strong> recinzione denominato “Zeriba”, ancora<br />

largamente usata tra i popoli dell’Africa per proteggere campi<br />

coltivati e corti ove custo<strong>di</strong>re il bestiame, era utilizzato anche<br />

in Sardegna sino a pochi decenni ad<strong>di</strong>etro, negli ovili. I<br />

pastori, infatti, recintavano l’area circostante “Su Meriagu”<br />

(tettoia aperta su tutti i lati, con struttura lignea verticale<br />

infissa al suolo, struttura lignea orizzontale ricoperta con<br />

fascine <strong>di</strong> vegetazione palustre quali “festoja” e “sessiri”),<br />

con frasche rinsecchite <strong>di</strong> olivastro, perastro, pruno<br />

selvatico, Licio o “spina cristi”, in relazione alle essenze<br />

vegetali <strong>di</strong>sponibili nella zona. Identica recinzione era<br />

effettuata attorno all’area destinata alla mungitura degli<br />

animali, “Sa corti de mullj”.<br />

Difficilmente le pecore riuscivano a superare tale<br />

sbarramento che me<strong>di</strong>amente aveva un’altezza compresa tra i<br />

cm 80 e i cm 100.<br />

A primavera inoltrata, quando il manto lanoso delle pecore<br />

aveva raggiunto il massimo dello sviluppo, le frasche<br />

rinsecchite della recinzione de “Su Meriagu” e de “Sa Corti<br />

de mullj” erano decorate da numerosi battufoli <strong>di</strong> can<strong>di</strong>da<br />

lana, segnale dell’effetto <strong>di</strong>ssuasivo delle frasche spinose.<br />

Questa tipologia costruttiva, è sicuramente perdurata anche<br />

durante il cosidetto periodo punico e il periodo romano, pur<br />

con la frammista presenza <strong>di</strong> strutture abitative a pianta<br />

ortogonale costituite da uno o più vani.<br />

La storia ufficiale, quella scritta dai vincitori, racconta che<br />

Cartagine negli anni interno al 540 a.C., inizialmente con un<br />

esercito al comando <strong>di</strong> Malco e successivamente con un altro<br />

esercito al comando dei figli <strong>di</strong> tale Magone, tentò<br />

l’occupazione militare della Sardegna subendo due clamorose<br />

sconfitte. Successivamente a queste sconfitte Cartagine<br />

11<br />

avrebbe occupato buona parte dell’isola imponendo il suo<br />

dominio per oltre 250 anni. È un vero peccato che la storia<br />

ufficiale non racconti con quali condottieri e in quali<br />

circostanze Cartagine abbia sottomesso le Città Stato della<br />

Sardegna.<br />

È probabile che Cartagine, in conseguenza delle due<br />

clamorose sconfitte, impegnata nel contempo in una<br />

defatigante guerra contro le città greche della Sicilia, abbia<br />

ricercato l’alleanza con i Sar<strong>di</strong>, alleanza che nello stesso<br />

periodo ricercò e attuò con gli Etruschi legati ai Sar<strong>di</strong> da<br />

numerosi vincoli <strong>di</strong> fratellanza e alleanza.<br />

In questo contesto è possibile che l’alleanza tra le Città<br />

Stato della Sardegna e Cartagine abbia creato un forte legame<br />

<strong>di</strong> interscambio commerciale, con fenomeni <strong>di</strong> immigrazione<br />

<strong>di</strong> componenti umane dall’Africa verso la Sardegna. È<br />

pertanto verosimile che i nuovi arrivati abbiano creato, nei<br />

villaggi preesistenti o nei nuovi villaggi fondati, tipologie<br />

e<strong>di</strong>lizie similari a quelle della loro madrepatria.<br />

È questo un fenomeno ancora presente nei paesi che sono<br />

stati sottoposti a regime coloniale, ove la tipologia e<strong>di</strong>lizia del<br />

popolo dominatore è la copia fedele <strong>di</strong> quella della propria<br />

madrepatria, con qualche piccola variante dettata da esigenze<br />

d’adattabilità ai fattori climatici del luogo.<br />

Quante volte notiamo nei nostri centri agricoli la presenza<br />

<strong>di</strong> un nuovo fabbricato la cui architettura ci conduce<br />

improvvisamente nelle vallate alpine o nelle gelide brume<br />

delle campagne olandesi o inglesi. Niente paura, si è ancora<br />

in Sardegna; il proprietario <strong>di</strong> queste case, ha come cognome<br />

Angioni o Pireddu ed è stato per molti decenni in Svizzera, o<br />

in Inghilterra o in Olanda, e nel ritornare al proprio paese ha<br />

12


voluto ricreare il modello abitativo con il quale ha trascorso<br />

una parte significativa e importante della propria vita.<br />

Ritenere che l’arrivo dei coloni Punici e successivamente<br />

Romani abbia all’improvviso sra<strong>di</strong>cato totalmente usanze e<br />

consuetu<strong>di</strong>ni dei nativi è indubbiamente non proponibile.<br />

Quasi certamente, i nativi avranno ancora per secoli<br />

conservato la loro tipologia e<strong>di</strong>lizia cui lentamente e<br />

progressivamente si è affiancata quella dei dominatori sino a<br />

<strong>di</strong>venire la tipologia più largamente <strong>di</strong>ffusa, soppiantando<br />

totalmente, con il trascorrere del tempo, quella dei nativi.<br />

Potremo <strong>di</strong>re “niente <strong>di</strong> nuovo sotto il sole”, in quanto la<br />

nostra generazione è attualmente, spesso inconsapevole,<br />

quasi sempre muta testimone <strong>di</strong> un avvenimento similare<br />

ormai inarrestabile e irreversibile.<br />

La profonda penetrazione degli usi e costumi della civiltà<br />

romana all’interno delle comunità del mondo rurale, ha fatto<br />

sì che queste, quasi impercettibilmente, nell’arco <strong>di</strong> sei secoli<br />

hanno assorbito le innovazioni portate dal mondo romano.<br />

Con la fine del potere romano, la tipologia e<strong>di</strong>lizia<br />

largamente consolidata è ormai quella romana, che salvo<br />

pochissime mutazioni e sovrapposizioni è rimasta quasi<br />

immutata sino alla fine del 2° conflitto mon<strong>di</strong>ale. La<br />

tipologia e<strong>di</strong>lizia della casa conta<strong>di</strong>na <strong>di</strong>ffusa in tutti i centri<br />

agricoli del Campidano e quella della “casa a corte”, con i<br />

corpi <strong>di</strong> fabbricato addossati normalmente ai due confini<br />

longitu<strong>di</strong>nali ed al confine trasversale posteriore, costituenti<br />

una pianta a “U”. Questa era nel contempo residenza e<br />

centro aziendale e pertanto dotata <strong>di</strong> tutti gli ambienti aventi<br />

specifica destinazione agricola, pagliaio, magazzeno vinario<br />

ecc.<br />

13<br />

È presumibile che tali abitazioni fossero strutturate su un<br />

solo piano terra, essendo le costruzioni a due piani fuori<br />

terra un’innovazione del XVIII ÷ XIX secolo.<br />

Nel territorio <strong>di</strong> <strong>Villasor</strong> non sono state ancora in<strong>di</strong>viduate<br />

strutture in grado <strong>di</strong> poter esplicare compiutamente la<br />

tecnologia costruttiva delle abitazioni conta<strong>di</strong>ne durante il<br />

periodo romano. Nei siti in cui la presenza umana è cessata<br />

con la fine del potere romano, i pochi resti che sono stati<br />

rinvenuti sono limitati a parziali e <strong>di</strong>scontinue opere <strong>di</strong><br />

fondazione.<br />

Il recupero nel territorio <strong>di</strong> <strong>di</strong>versi capitelli e rocchi <strong>di</strong><br />

colonne <strong>di</strong> marmo bianco, <strong>di</strong> calcare e ad<strong>di</strong>rittura in un<br />

pregiato marmo proveniente dall’Africa Settentrionale (rocco<br />

<strong>di</strong> colonna esistente nella Via N. Brundu) induce a ritenere<br />

che nel territorio siano esistite e<strong>di</strong>fici <strong>di</strong> una certa importanza<br />

realizzati con i migliori materiali e la migliore tecnologia che<br />

“l’Ars Ae<strong>di</strong>fican<strong>di</strong>” romana aveva a <strong>di</strong>sposizione. Nella<br />

regione del territorio del <strong>Comune</strong> <strong>di</strong> <strong>Villasor</strong>, denominata<br />

“Sant’Andria”, sono stati evidenziati nella superficie dei<br />

campi arati brecciami d’intonaco in malta pozzolanica dello<br />

spessore me<strong>di</strong>o <strong>di</strong> 8 ÷ 10 cm. La contestuale presenza <strong>di</strong><br />

consistente materiale lapideo induce a ritenere che nella zona<br />

sia esistita una importante struttura e<strong>di</strong>lizia dotata <strong>di</strong> un<br />

impianto termale. La presenza dell’impianto termale è<br />

verosimile con la presenza del brecciame d’intonaco<br />

anzidetto.<br />

La presenza dei resti delle suddette strutture, può<br />

giustificare maggiormente l’ipotesi che nella piana <strong>di</strong> <strong>Villasor</strong><br />

e nei centri limitrofi siano esistiti dei vasti latifon<strong>di</strong><br />

appartenenti a facoltose famiglie del patriziato romano.<br />

14


Una testimonianza tangibile <strong>di</strong> quanto sopraddetto è<br />

fornita in Vallermosa; a poche centinaia <strong>di</strong> metri dal confine<br />

con il territorio <strong>di</strong> <strong>Villasor</strong> esiste la chiesa <strong>di</strong> “Santa Maria de<br />

Vineas” realizzata su un impianto termale facente parte <strong>di</strong><br />

una villa <strong>di</strong> epoca romana. I ruderi <strong>di</strong> un impianto termale al<br />

servizio sicuramente <strong>di</strong> una villa esistono in Serramanna in<br />

regione “Su Fraigu”. Per chi è conoscitore delle sfumature<br />

della lingua Sarda, è notorio che con tale termine veniva<br />

in<strong>di</strong>cato nel passato un complesso e<strong>di</strong>lizio <strong>di</strong> rilevante<br />

consistenza e importanza.<br />

La constatazione che in <strong>Villasor</strong>, non siano stati sinora<br />

rinvenuti resti <strong>di</strong> strutture termali a servizio <strong>di</strong> ville patrizie,<br />

non può a priori escludere l’esistenza <strong>di</strong> queste e magari la<br />

presenza <strong>di</strong> importanti ruderi non ancora in<strong>di</strong>viduati<br />

dall’uomo. È parere dello scrivente che in più <strong>di</strong> un sito del<br />

territorio ove esistono modesti rilievi non giustificati<br />

dall’assetto morfologico generale, sotto la coltre <strong>di</strong> uno<br />

spesso strato <strong>di</strong> terra vegetale, accumulata lentamente<br />

attraverso i secoli, possono celarsi importanti resti <strong>di</strong> tali<br />

strutture, <strong>di</strong> cui il tempo ha fatto perdere la memoria storica.<br />

Nei suoli del territorio comunale che hanno ospitato<br />

inse<strong>di</strong>amenti umani in epoca punica e romana, sono stati<br />

evidenziati con una certa precisione le modeste necropoli,<br />

scarsissimi invece i resti <strong>di</strong> opere murarie <strong>di</strong> fondazioni nel<br />

suolo.<br />

L’azione dell’aratro e dell’uomo ha spogliato attraverso i<br />

secoli questi miseri resti dal proprio contesto, impiegando i<br />

materiali recuperati in nuove opere e<strong>di</strong>lizie. Tale pratica deve<br />

aver avuto larga applicazione, soprattutto, nel periodo<br />

compreso tra il XV secolo e la prima metà del XX secolo.<br />

15<br />

Nessuna traccia è rimasta visibile nei campi della<br />

consistenza dell’abitazione delle fasce umili della società,<br />

coloni e schiavi. In relazione alla tipologia delle più antiche<br />

costruzioni esistenti nell’abitato e appartenente alle fasce più<br />

modeste è ipotizzabile ricostruire la loro consistenza come<br />

segue:<br />

a) Aspetto planimetrico con pianta rettangolare o ad “L”;<br />

b) Consistenza dell’abitazione con piano terra costituito da<br />

un vano cucina dotato <strong>di</strong> focolare centrale, uno o al<br />

massimo altri due vani pluriuso;<br />

c) Tecnologia costruttiva con muratura in mattoni <strong>di</strong> fango<br />

e paglia essiccati al sole avente larghezza <strong>di</strong> cm 60 circa,<br />

poggiante su un velo <strong>di</strong> fondazione in pietrame e fango.<br />

Copertura a tetto su una o due falde, con or<strong>di</strong>tura lignea,<br />

cannicciato o tessuto <strong>di</strong> canne spaccate e intrecciate con<br />

manto <strong>di</strong> embrici laterizi o coppi.<br />

Le eventuali opere <strong>di</strong>visorie interne non aventi funzioni<br />

statiche, erano sicuramente realizzate con un graticcio <strong>di</strong><br />

canne rivestito da una coltre <strong>di</strong> intonaco costituito da una<br />

miscela <strong>di</strong> fango e paglia.<br />

Nei due modesti centri conosciuti nel me<strong>di</strong>oevo con il<br />

nome <strong>di</strong> Nispi<strong>di</strong> e Sorris, è possibile ipotizzare la presenza <strong>di</strong><br />

luoghi deputati al culto delle <strong>di</strong>vinità in epoca precristiana. Il<br />

principio della continuità sacrale <strong>di</strong> tali luoghi è stato sempre<br />

largamente rispettato, ed una prova tangibile <strong>di</strong> ciò è fornita<br />

dal grande Pontefice Gregorio Magno, il pontefice che creò<br />

le con<strong>di</strong>zioni per la conversione al Cristianesimo <strong>di</strong><br />

“Ospitone”, duce delle popolazioni arroccate nell’interno<br />

della Sardegna ancora pagane e ribelli nell’anno 590 d.C., al<br />

potere politico costituito.<br />

16


Il Pontefice Gregorio Magno consigliava <strong>di</strong> evitare la<br />

<strong>di</strong>struzione sistematica dei luoghi <strong>di</strong> culto pagani, e suggeriva<br />

<strong>di</strong> adattare le strutture esistenti al culto cristiano o <strong>di</strong> erigere<br />

nello stesso sito una chiesa. Inoltre consigliava <strong>di</strong> perpetuare,<br />

assorbendoli nei riti cristiani e de<strong>di</strong>candoli a un santo, le<br />

tra<strong>di</strong>zioni culturali della religione pagana che non erano in<br />

palese contrasto con la religione Cristiana.<br />

In virtù <strong>di</strong> quanto anzidetto nel villaggio conosciuto nel<br />

me<strong>di</strong>oevo con il nome <strong>di</strong> Nispi<strong>di</strong>, è pertanto verosimile<br />

ritenere che nell’area del Convento e dell’a<strong>di</strong>acente Chiesa <strong>di</strong><br />

Sant’Antioco, sia esistita in epoca precristiana la struttura<br />

e<strong>di</strong>lizia de<strong>di</strong>cata al culto delle <strong>di</strong>vinità pagane.<br />

In ragione <strong>di</strong> quanto sopraesposto nel villaggio conosciuto<br />

nel Me<strong>di</strong>oevo con il nome <strong>di</strong> Sorris l’area attualmente<br />

ospitante la Chiesa <strong>di</strong> San Biagio e nel me<strong>di</strong>oevo la Chiesa <strong>di</strong><br />

Santa Maria, ha sicuramente ospitato la struttura e<strong>di</strong>lizia<br />

de<strong>di</strong>cata al culto delle <strong>di</strong>vinità pagane.<br />

Come già affermato nella parte del lavoro de<strong>di</strong>cata alle<br />

“notizie storiche”, il territorio in argomento è stato<br />

interessato sin dalla remota antichità da una intersezione <strong>di</strong><br />

percorsi stradali aventi <strong>di</strong>rezioni Est-Ovest e Nord-Sud.<br />

I suddetti percorsi, probabilmente adattati a strade<br />

carrarecce in periodo preromano, sono stati quasi<br />

certamente, in alcune <strong>di</strong>rettrici, ripresi e riattati in epoca<br />

romana e dotati in almeno un caso <strong>di</strong> opere d’arte <strong>di</strong> una<br />

consistente rilevanza.<br />

Della viabilità esistente in epoca romana nell’attuale territorio<br />

<strong>di</strong> <strong>Villasor</strong> è possibile, in relazione ai riscontri oggettivi<br />

esistenti nel territorio medesimo e all’interpretazione dei<br />

toponimi, localizzare la presenza delle seguenti arterie:<br />

17<br />

1) Il toponimo “Bia Arbaree”, ovvero “strada per<br />

l’Arborea” identifica un tratto dell’attuale viabilità rurale,<br />

avente origine dalla strada vicinale San Salvatore,<br />

intersecante l’attuale strada provinciale <strong>Villasor</strong> Monastir<br />

e avente termine nel tavolato della regione Sogus –<br />

Crabai – Cresia is’ Cuccurus. La relativa vicinanza con<br />

l’attuale sede della S.S.131 (Carlo Felice) e il nome “Bia<br />

Arbaree” induce a ritenere, attraverso un’interpretazione<br />

logica, che questa nel me<strong>di</strong>oevo conducesse nel<br />

Giu<strong>di</strong>cato d’Arborea, e nel contempo appare verosimile<br />

l’ipotesi che questa possa essere identificata con la sede<br />

della strada romana “Karalis – Turris Lybissonis”<br />

2) Il toponimo “stradoni Luxia Arrabiosa” identifica una<br />

microzona del territorio compresa tra la strada vicinale<br />

“Cuccuru Antiogu Pisu” e la strada vicinale “Sa<br />

Mandara”. Sul campo è visibile, con andamento<br />

rettilineo, per una larghezza <strong>di</strong> 7÷8 ml, e una lunghezza<br />

<strong>di</strong> 600÷700 ml, una consistente presenza <strong>di</strong> materiale<br />

lapideo fuori contesto; ciottolame con granulometria<br />

150÷250 mm e pietrame sbozzato. Da accertamenti<br />

effettuati nei luoghi si e riscontrata la presenza <strong>di</strong><br />

identico materiale in regioni del territorio più a Nord,<br />

Bruncu Arrubiu e Terraprenu. Essendosi constatato che i<br />

resti sopradescritti sono ubicati sul medesimo<br />

allineamento planimetrico, è verosimile ipotizzare che i<br />

resti del materiale lapideo possa essere lo “Statumen” <strong>di</strong><br />

una strada realizzata o riattata in epoca romana<br />

collegante il territorio dell’antico centro <strong>di</strong> San Sperate<br />

con quello dell’antico centro <strong>di</strong> Serramanna.<br />

3) Il toponimo “Bia Ponti Becciu” identifica la sede <strong>di</strong> una<br />

strada oggidì urbana (già denominata bia Decimoputzu e<br />

18


ora Via Togliatti) la quale ha origine nella Piazza<br />

Baronale, e termina dopo aver intersecato la linea<br />

ferroviaria Cagliari Olbia, nel corso del fiume Mannu.<br />

Nella cartografia ottocentesca, l’origine sopradescritta<br />

della strada “Ponti Becciu” coincideva con la fine<br />

dell’abitato in <strong>di</strong>rezione Ovest, e tale situazione era<br />

ancora immutata alla fine del 2° conflitto mon<strong>di</strong>ale.<br />

Detta strada superava il corso del fiume Mannu, in<br />

corrispondenza dell’attuale triplice incrocio con le strade<br />

rurali Pixinas Acrobadas – Sa Seda – Is’ Cungiadeddus.<br />

In corrispondenza del fiume Mannu esisteva un ponte a<br />

più arcate e<strong>di</strong>ficato in epoca romana, <strong>di</strong> cui sono ancora<br />

visibili nel suolo, a quota piano campagna, resti <strong>di</strong><br />

fondazione delle pile.<br />

La realizzazione negli anni 1857÷60 della strada Decimo –<br />

Marrubiu (oggidì S.S.196) con la costruzione <strong>di</strong> un ponte in<br />

corrispondenza del corso del Fiume Mannu, e la mo<strong>di</strong>fica<br />

del corso <strong>di</strong> quest’ultimo, originata probabilmente da eventi<br />

naturali, decretarono l’interruzione della strada (causata dal<br />

nuovo alveo del fiume, ubicato in posizione più vicina al<br />

paese) e l’inutilità del ponte.<br />

Il probabile stato <strong>di</strong> degrado del ponte, l’azione predatoria<br />

degli abitanti, fece in pochi decenni scomparire una così<br />

importante struttura, mentre del vecchio alveo del fiume<br />

Mannu incorporato nelle proprietà viciniori è ancora visibile<br />

una leggera depressione nei suoli.<br />

La strada Ponti Becciu, una volta superato il corso del<br />

fiume Mannu, poneva in comunicazione tramite la strada Sa<br />

Seda e Santu Basiliu, il centro <strong>di</strong> Sorris con il villaggio <strong>di</strong><br />

Decimoputzu, proseguendo poi nel territorio <strong>di</strong> Siliqua sino<br />

a raggiungere il corso del Rio Cixerri in corrispondenza <strong>di</strong> un<br />

19<br />

ponte, anch’esso <strong>di</strong> epoca romana ubicato a Ovest della<br />

polveriera della Marina Militare in località “Pedru Pisu”.<br />

La presenza del ponte sul fiume Mannu, nelle imme<strong>di</strong>ate<br />

vicinanze dell’abitato <strong>di</strong> Sorris, contribuisce a comprendere<br />

la rilevanza a cui era assurto questo lembo <strong>di</strong> territorio,<br />

sicuramente per le consistenti produzioni agricole, e<br />

l’importanza del sistema viario.<br />

Dopo la fine dell’impero romano d’occidente, e la breve<br />

occupazione vandala e gota, ebbe inizio nei primi decenni<br />

del VI° secolo il dominio <strong>di</strong> Bisanzio. Il territorio <strong>di</strong> Sorris e<br />

degli altri minuscoli centri viciniori fu fortemente permeato<br />

dalla cultura <strong>di</strong> Bisanzio. A testimonianza <strong>di</strong> ciò e sufficiente<br />

rammentare i toponimi <strong>di</strong> carattere religioso tutti ascrivibili al<br />

martirologio delle chiese d’Oriente, quali Santa Severa (Bia<br />

Sa Seda), San Salvatore (bia Santu Srabadoi) San Michele (bia<br />

Santu Miali) Santa Vitalia (Santa Vida) Sant’Andrea<br />

(Sant’Andria) San Saturnino (Santu Sadurru).<br />

Sicuramente è ascrivibile alla crisi economica e sociale<br />

conseguente al trapasso da Roma a Bisanzio la scomparsa <strong>di</strong><br />

numerosi piccoli inse<strong>di</strong>amenti e il raggruppamento delle<br />

popolazioni nei centri che sono pervenuti sino alla fine del<br />

XIV secolo.<br />

Durante il periodo bizantino, in relazione ai toponimi<br />

sopraccitati, nel territorio in argomento deve aver avuto un<br />

notevole sviluppo l’architettura religiosa.<br />

Purtroppo nessuna <strong>di</strong> queste strutture e pervenuta ai nostri<br />

tempi, il territorio ha restituito solamente frammenti<br />

marmorei con scritte in greco (Santa Sofia) e altri frammenti<br />

<strong>di</strong> particolari architettonici, quali cornici, lastre capitelli ecc.<br />

È probabile che due strutture religiose ubicate all’interno <strong>di</strong><br />

<strong>Villasor</strong>, siano riconducibili, almeno per le strutture murarie<br />

20


dell’aula al periodo bizantino o alta giu<strong>di</strong>cale. Esse sono, la<br />

attuale chiesa <strong>di</strong> Sant’Antioco, e “Sa Cappella de is<br />

Cunfra<strong>di</strong>s” a<strong>di</strong>acente alla Chiesa <strong>di</strong> San Biagio.<br />

In tale periodo a parere dello scrivente il tessuto urbano dei<br />

villaggi <strong>di</strong> Sorris e Nispi<strong>di</strong> può aver assunto l’assetto viario<br />

che ancor’oggi, malgrado siano trascorsi 5 secoli dalla loro<br />

fusione, evidenzia con sufficiente approssimazione l’antica<br />

collocazione.<br />

Il tessuto viario del villaggio <strong>di</strong> Nispi<strong>di</strong> in epoca bizantina<br />

e giu<strong>di</strong>cale in relazione alla sua conformazione, era<br />

probabilmente costituito dalle attuali strade urbane:<br />

Via Roma (tratto compreso dall’intersezione con la Via<br />

Cimitero sino all’intersezione con la Via Don Floris), Via<br />

Azuni, Via San Michele, Via Marconi, Via Crispi<br />

(anticamente vico), Via Garotti.<br />

Il tessuto viario del villaggio <strong>di</strong> Sorris in epoca bizantina e<br />

giu<strong>di</strong>cale in relazione alla sua conformazione, era<br />

probabilmente costituito dalle attuali strade urbane:<br />

Via Mazzini (tratto compreso tra piazza Matteotti e via<br />

Orefice),Via Sant’Efisio, Via Nuova (tratto compreso tra Via<br />

Roma e Via Orefice) Via Monte Granatico, Via Arborea<br />

(tratto compreso tra Via Sivilleri e Piazza Prinetti), Via Roma<br />

(tratto compreso tra piazza Matteotti e Via Nuova), Via<br />

Renzo Cocco.<br />

Per quanto concerne la Via Renzo Cocco, questa era<br />

probabilmente una sortita del villaggio <strong>di</strong> Sorris verso la<br />

campagna in <strong>di</strong>rezione Sud. A tal proposito è opportuno<br />

rammentare che nella vecchia cartografia catastale, questa è<br />

denominata “Via Decimo”.<br />

Un’altra arteria che costituiva una sortita dell’abitato <strong>di</strong><br />

Sorris in <strong>di</strong>rezione Sud era l’attuale Via Baronale, da cui ha<br />

21<br />

origine l’antica strada Ponti Becciu (attualmente Via<br />

Togliatti). Questa sicuramente, superato il corso del Rio<br />

Malu, convergeva assieme alla Via Decimo nell’antica strada<br />

per Cagliari (Bia Beccia De Kasteddu). L’attuale Via<br />

Baronale proseguiva dopo l’intersezione con la strada Ponti<br />

Becciu, sino a raggiungere l’attuale sede della Via Repubblica<br />

in prossimità dell’intersezione con l’antica strada “Bia<br />

Scarponis” oggidì Corso 25 Aprile.<br />

Non si hanno notizie della presenza <strong>di</strong> un ponte nell’attuale<br />

sede del Rio Malu, che allora doveva essere una “gora” a<br />

regime torrentizio con andamento frastagliato e sinuoso, così<br />

come si evidenzia nella cartografia ottocentesca del territorio.<br />

Pur non possedendo notizie storiche sull’esistenza <strong>di</strong> un<br />

ponte sulla “gora” del Rio Malu e non avendo sinora il<br />

territorio restituito alcun reperto atto a suffragarne<br />

l’esistenza, è ipotizzabile ritenere che almeno nel periodo<br />

romano sia stata realizzata una struttura idonea al<br />

superamento del corso idrico. In assenza <strong>di</strong> ciò, il traffico dei<br />

cereali e degli altri prodotti agricoli <strong>di</strong>retti verso Kalaris per<br />

l’imbarco verso la penisola, doveva essere alquanto<br />

<strong>di</strong>fficoltoso anche nel periodo estivo durante il regime <strong>di</strong><br />

magra o <strong>di</strong> secca della gora. I pesanti carri agricoli carichi <strong>di</strong><br />

granaglie avrebbero corso il rischio <strong>di</strong> impantanarsi nel<br />

fondo cedevole della “gora” o altrimenti avrebbero dovuto<br />

affrontare un percorso molto più lungo in<strong>di</strong>rizzandosi verso<br />

il ponte sul fiume Mannu (Ponti Becciu) e raggiungere<br />

Cagliari attraverso il villaggio <strong>di</strong> Decimoputzu.<br />

Come detto in premessa, il territorio <strong>di</strong> <strong>Villasor</strong> è stato da<br />

sempre interessato da un incrocio dei percorsi da Nord a Sud<br />

e viceversa e da Est a Ovest e viceversa. In tale contesto, in<br />

relazione alla importanza che il territorio rivestiva per le<br />

22


produzioni agricole, alla presenza <strong>di</strong> importanti strutture<br />

religiose che probabilmente erano dotate <strong>di</strong> vasti latifon<strong>di</strong><br />

(concessi dopo lo scisma del 1054 agli or<strong>di</strong>ni monastici<br />

occidentali) non è improbabile che esso sia stato scelto quale<br />

luogo <strong>di</strong> residenza da parte <strong>di</strong> autorità bizantine e alto<br />

giu<strong>di</strong>cale. La eventuale residenza <strong>di</strong> autorità del potere<br />

bizantino e alto giu<strong>di</strong>cale può essere stata dettata dalle<br />

<strong>di</strong>fficoltà sorte, con l’inizio delle scorrerie arabe, per la<br />

protezione delle zone rivierasche del Sud dell’isola, e dalla<br />

necessità <strong>di</strong> meglio vigilare sulle produzioni agricole e dei<br />

relativi approvvigionamenti.<br />

Il ritrovamento nel cortile esterno al castello del sec. XV;<br />

nelle imme<strong>di</strong>ate a<strong>di</strong>acenze della cinta muraria prospettante a<br />

Est, <strong>di</strong> un tratto <strong>di</strong> canalizzazione in calcestruzzo (malta<br />

pozzolanica e inerti) avente al suo interno 3 piani <strong>di</strong><br />

scorrimento, con pendenza in<strong>di</strong>rizzata verso l’attuale<br />

struttura del castello, induce alle seguenti considerazioni:<br />

- La funzione della canalizzazione in argomento era<br />

probabilmente quella <strong>di</strong> consentire un processo <strong>di</strong><br />

decantazione <strong>di</strong> acqua meteorica proveniente dalle<br />

coperture <strong>di</strong> un e<strong>di</strong>ficio<br />

- La presenza della canalizzazione presuppone l’esistenza<br />

<strong>di</strong> una cisterna <strong>di</strong> accumulo<br />

- La cisterna <strong>di</strong> accumulo presuppone la necessità <strong>di</strong><br />

<strong>di</strong>sporre <strong>di</strong> una consistente riserva idrica per gli eventuali<br />

momenti <strong>di</strong> crisi, e presuppone nel contempo la presenza<br />

<strong>di</strong> una struttura e<strong>di</strong>lizia <strong>di</strong> rilevante importanza per il<br />

territorio; residenza <strong>di</strong> autorità del governo e presenza <strong>di</strong><br />

un eventuale presi<strong>di</strong>o armato.<br />

A giustificazione delle ipotesi sopradescritte concorre<br />

indubbiamente l’ubicazione del sito, giacente nella posizione<br />

23<br />

più elevata del villaggio <strong>di</strong> Sorris, a<strong>di</strong>acente al villaggio<br />

medesimo e alla strada Ponti Becciu conducente al ponte in<br />

muratura esistente nel fiume Mannu, e dominante l’intera<br />

vallata del fiume Mannu medesimo.<br />

Il territorio <strong>di</strong> Sorris e degli altri villaggi attigui superata la<br />

grave crisi del 2° decennio dell’anno 1000, conseguente al<br />

grande e ultimo tentativo del mondo mussulmano <strong>di</strong><br />

occupare stabilmente la Sardegna, segue le sorti del<br />

Giu<strong>di</strong>cato <strong>di</strong> Cagliari cui appartiene.<br />

Dopo il 1054, in conseguenza dello scisma tra la chiesa <strong>di</strong><br />

Roma e quella <strong>di</strong> Costantinopoli con l’abbandono del rito<br />

cristiano greco, e l’allontanamento dei monaci <strong>di</strong> tale rito, il<br />

Papato e i Giu<strong>di</strong>ci favorirono la penetrazione in Sardegna<br />

degli or<strong>di</strong>ni monastici <strong>di</strong> rito cattolico.<br />

Nell’attuale territorio <strong>di</strong> <strong>Villasor</strong> sul finire del secolo XI° si<br />

ha la penetrazione dell’Or<strong>di</strong>ne monastico dei “Vittorini <strong>di</strong><br />

Marsiglia” che ebbero in concessione dai Giu<strong>di</strong>ci Cagliaritani<br />

vaste estensioni del territorio in regione Sant’Andria.<br />

Della loro presenza nel territorio è probabilmente rimasto<br />

il ricordo nel canale denominato “Gora de is’ paragallus”.<br />

Nel lungo periodo giu<strong>di</strong>cale e nel breve periodo <strong>di</strong><br />

appartenenza alla Repubblica <strong>di</strong> Pisa, i centri abitati <strong>di</strong> Sorris<br />

e <strong>di</strong> Nispi<strong>di</strong>, facenti parte della Curatoria <strong>di</strong> parte Jppis o<br />

Gippi, seguono le sorti degli altri villaggi del territorio legati<br />

esclusivamente a una economia agropastorale.<br />

Sicuramente nel lungo periodo <strong>di</strong> relativa tranquillità<br />

intercorso tra il 1015 e il 1323 i due centri abitati si<br />

consolidarono nelle loro strutture, assumendo le<br />

caratteristiche <strong>di</strong> tessuto urbano ancora identificabile nelle<br />

loro caratteristiche generali.<br />

24


In relazione ai tributi che i villaggi versavano alla<br />

Repubblica <strong>di</strong> Pisa, negli anni imme<strong>di</strong>atamente precedenti<br />

l’occupazione Aragonese, il villaggio <strong>di</strong> Nispi<strong>di</strong> era abitato da<br />

una trentina <strong>di</strong> famiglie con una popolazione stimabile in 200<br />

persone, e <strong>di</strong> pari consistenza era quello <strong>di</strong> Sorris.<br />

L’occupazione aragonese, il lungo stato <strong>di</strong> guerra con il<br />

Giu<strong>di</strong>cato d’Arborea, le ricorrenti epidemie <strong>di</strong> peste nella<br />

seconda metà del XIV secolo e l’introduzione dell’Istituto<br />

Feudale, furono le cause che singolarmente e unitariamente<br />

determinarono una grave crisi economica e sociale per<br />

l’intero territorio della ex Curatoria Giu<strong>di</strong>cale <strong>di</strong> Parte Jppis.<br />

Con il cessare del lungo stato <strong>di</strong> guerra tra l’Arborea e la<br />

Corona d’Aragona il territorio in argomento venne concesso<br />

in feudo nell’anno 1414 al Signore Aragonese Giovanni<br />

Siviller.<br />

Costui nell’anno successivo ottenne dall’Arcivescovo <strong>di</strong><br />

Cagliari l’autorizzazione a e<strong>di</strong>ficare, nelle vicinanze della<br />

chiesa <strong>di</strong> Santa Maria, degli e<strong>di</strong>fici fortificati, ovvero l’attuale<br />

Castello.<br />

La realizzazione <strong>di</strong> questo e<strong>di</strong>ficio, lo stato <strong>di</strong> pace, appena<br />

interrotto dal breve bagliore degli avvenimenti del 1470-78,<br />

crearono i presupposti per la ripresa economica, demografica<br />

e sociale dei due centri <strong>di</strong> Sorris e Nispi<strong>di</strong> ove probabilmente<br />

confluirono anche gli abitanti dei semispopolati villaggi del<br />

territorio (Aquesa – Scarponis – Gippi – Susu – Palma –<br />

Sogus – ecc.).<br />

Nel periodo intercorrente tra il XV° e la fine del XVI°<br />

secolo, viene realizzata l’attuale Chiesa Parrocchiale avente<br />

allora architettura Gotico Aragonese, ancora in<strong>di</strong>viduabile<br />

nella torre campanaria e in alcune cappelle interne (transetto<br />

sinistro e fonte battesimale). Nello stesso periodo si verifica,<br />

25<br />

quasi sicuramente a seguito d’incremento demografico,<br />

l’unione tra i vecchi centri <strong>di</strong> Sorris e Nispi<strong>di</strong>. Questo<br />

fenomeno avviene, quasi sicuramente, attraverso una marcia<br />

<strong>di</strong> lento ma costante avvicinamento del paese <strong>di</strong> Sorris verso<br />

il centro <strong>di</strong> Nispi<strong>di</strong>. L’esame della cartografia catastale del<br />

XIX secolo consente <strong>di</strong> in<strong>di</strong>viduare le <strong>di</strong>rettrici viarie <strong>di</strong><br />

avvicinamento, dal centro <strong>di</strong> Sorris a quello <strong>di</strong> Nispi<strong>di</strong>. Esse<br />

sono fondamentalmente costituite dall’attuale Via<br />

Cappuccini, Via Roma, Via Sivilleri e Via Ver<strong>di</strong>, le quali<br />

hanno tra <strong>di</strong> loro un certo parallelismo e un tracciato <strong>di</strong> gran<br />

lunga più regolare rispetto al resto della viabilità.<br />

La Via Cappuccini ha origine nel crocevia denominato<br />

attualmente piazza Unità (dove probabilmente, in relazione<br />

al tessuto viario esistente aveva termine l’abitato <strong>di</strong> Sorris) e<br />

termine nell’attuale Via Sant’Antioco “sa ruga de Arega<br />

Matta” costituente una sortita del villaggio <strong>di</strong> Nispi<strong>di</strong> verso<br />

l’agro.<br />

La via Roma, avente origine nello spiazzo antistante la<br />

Chiesa Parrocchiale <strong>di</strong> San Biagio, denominato attualmente<br />

Piazza Matteotti, poneva in comunicazione Sorris con<br />

Nispi<strong>di</strong>, attraversando entrambi i nuclei abitati e l’interposta<br />

campagna allora esistente.<br />

La caratteristica altimetrica della sede della via Roma, è tale<br />

che questa è stata da sempre un compluvio delle acque<br />

meteoriche provenienti dal territorio compreso tra questa e<br />

l’attuale via La Guar<strong>di</strong>a da un lato e l’attuale via Ver<strong>di</strong><br />

dall’altro lato.<br />

La via Sivilleri, avente origine nell’attuale sede della via<br />

Cagliari, poneva in comunicazione l’estrema periferia sud <strong>di</strong><br />

Sorris (zona Parrocchia e Castello) con la periferia <strong>di</strong> Nispi<strong>di</strong><br />

all’intersezione tra l’attuale via Sivilleri con la via San Sperate.<br />

26


La via Ver<strong>di</strong>, avente origine nell’attuale via Cagliari<br />

(antecedentemente alla realizzazione <strong>di</strong> quest'ultima), aveva<br />

origine nella attuale via Baronale, ovvero nella strada da e per<br />

Cagliari) e costituiva arteria periferica nelle a<strong>di</strong>acenze del<br />

corso del Rio Malu. La suddetta strada era un tutt’uno con le<br />

attuali via Monastir e via Porrino sino al triplice incrocio<br />

verso l’agro da cui <strong>di</strong>partono le strade “Cuccuru Antiogu<br />

Pisu – Bia Beccia de Nuraminis o Bia Funduda – Bia Santu<br />

Miali”.<br />

L’unione tra i centri <strong>di</strong> Sorris e <strong>di</strong> Nispi<strong>di</strong>, completatasi per<br />

gran<strong>di</strong> linee nel finire del XVI° secolo, avviene all’interno<br />

della perimetrazione così configurata:<br />

- lato ovest: via Baronale<br />

- lato est-sud est: via Ver<strong>di</strong> – Monastir – Porrino<br />

- lato est: via Paoli – via Azuni – intersezione via Roma<br />

con via Porrino<br />

- lato nord: via La Guar<strong>di</strong>a.<br />

E’ opportuno rammentare che la perimetrazione<br />

sicuramente assunta dall’abitato tra la fine del secolo XVI° e<br />

l’inizio del secolo XVII° con una popolazione probabilmente<br />

non superiore ai 1.000÷1.200 abitanti è la medesima<br />

perimetrazione degli anni 1940÷50 con una popolazione <strong>di</strong><br />

circa 4.500 abitanti.<br />

All’interno <strong>di</strong> questa vasta perimetrazione persistevano<br />

sicuramente vaste superfici cortilizia e vaste superfici<br />

ine<strong>di</strong>ficate, così come appare ancora documentato nella<br />

cartografia del XIX secolo.<br />

L’area ine<strong>di</strong>ficata <strong>di</strong> maggior consistenza era compresa<br />

all’interno del quadrilatero perimetrato dalle attuali strade via<br />

Cappuccini, via Dritta, via Roma, via Sant’Antioco (sa ruga<br />

de Arega Matta).<br />

27<br />

All’interno <strong>di</strong> questo vasto quadrilatero, sicuramente<br />

e<strong>di</strong>ficato solamente nella fronte della via Dritta, nell’anno<br />

1629 ebbero inizio i lavori per l’e<strong>di</strong>ficazione del Convento<br />

dei padri Cappuccini.<br />

Detto Convento venne ubicato in a<strong>di</strong>acenza alla<br />

preesistente Chiesa <strong>di</strong> Sant’Antioco, che al momento versava<br />

in con<strong>di</strong>zioni <strong>di</strong> abbandono, con la copertura a tetto in stato<br />

<strong>di</strong> rovina.<br />

La preesistenza della Chiesa <strong>di</strong> Sant’Antioco, al momento<br />

della rie<strong>di</strong>ficazione del Convento e la <strong>di</strong>sponibilità attorno<br />

alla Chiesa <strong>di</strong> una così vasta area ine<strong>di</strong>ficata, induce a ritenere<br />

che quest’ultima fosse una pertinenza della Chiesa medesima.<br />

Indubbiamente la Chiesa <strong>di</strong> Sant’Antioco, preesistente<br />

all’arrivo dei Padri Cappuccini, deve essere appartenuta al<br />

villaggio <strong>di</strong> Nispi<strong>di</strong>. E’ risaputo che la Chiesa in argomento<br />

era de<strong>di</strong>cata al culto <strong>di</strong> Sant’Antioco, e i padri Cappuccini<br />

mantennero tale culto anche dopo il loro inse<strong>di</strong>amento. Le<br />

notizie storiche fornite sul villaggio <strong>di</strong> Nispi<strong>di</strong> dalla prof.ssa<br />

Angela Terrosu Asole nell’opera “Le se<strong>di</strong> umane me<strong>di</strong>oevali<br />

nella Curatoria <strong>di</strong> Gippi” riferiscono che “Nispi<strong>di</strong> si<br />

<strong>di</strong>stendeva attorno a una Chiesa intitolata a San Michele della<br />

quale non esiste più nulla e cui non accennano nemmeno i<br />

pochissimi documenti conservati nella Parrocchiale <strong>di</strong><br />

<strong>Villasor</strong>. Eppure tale Chiesa era ancora in pie<strong>di</strong> alla fine del<br />

secolo XVIII e stava nella parte più settentrionale <strong>di</strong> <strong>Villasor</strong>,<br />

quella ancor oggi caratterizzata da un tessuto <strong>di</strong><br />

impostazione evidentemente me<strong>di</strong>oevale”.<br />

In relazione a quanto sovraesposto, al villaggio <strong>di</strong> Nispi<strong>di</strong><br />

appartenevano due Chiese, entrambe de<strong>di</strong>cate al culto <strong>di</strong> due<br />

Santi del Martirologio della Chiesa d’Oriente.<br />

28


Non essendo rimasta alcuna traccia sul campo e nella<br />

memoria storica locale dell’esistenza della Chiesa <strong>di</strong> San<br />

Michele nel tessuto urbano <strong>di</strong> Nispi<strong>di</strong>, circa la sua ubicazione<br />

possono solamente avanzarsi delle ipotesi che al momento<br />

non vengono proposte esulando dall’argomento principale.<br />

Con l’e<strong>di</strong>ficazione del Convento, si conclude <strong>di</strong> fatto il<br />

processo <strong>di</strong> saldatura tra io due centri <strong>di</strong> Nispi<strong>di</strong> e Sorris.<br />

All’interno della vasta area anzicitata, i padri Cappuccini nel<br />

corso <strong>di</strong> alcuni decenni, oltre all’e<strong>di</strong>ficazione del Convento,<br />

restaurarono la preesistente Chiesa <strong>di</strong> Sant’Antioco,<br />

procedendo inoltre all’ampliamento della medesima e<br />

dell’ambiente posteriore al Presbiterio.<br />

Nell’area a<strong>di</strong>acente alla Chiesa e al Convento, a<strong>di</strong>bita a<br />

Orto per le necessità dei Padri, furono realizzati dei locali<br />

accessori, aventi sicuramente funzioni e scopi sussi<strong>di</strong>ari alla<br />

conduzione dell’orto. (Dell’esistenza <strong>di</strong> detti accessori si ha<br />

notizia dagli atti relativi alla loro demolizione effettuata dal<br />

<strong>Comune</strong> <strong>di</strong> <strong>Villasor</strong> dopo l’acquisizione dell’intero<br />

complesso).<br />

In questo contesto in cui l’abitato oramai citato con il sole<br />

nome <strong>di</strong> Sorris o Sorres, <strong>di</strong>venuto nella seconda metà del<br />

secolo XVII <strong>Villasor</strong>ris o <strong>Villasor</strong>res, si consolida la tipologia<br />

e<strong>di</strong>lizia residenziale e accessoria tramandataci quasi immutata<br />

per circa tre secoli.<br />

Tecnologia urbanistica e<strong>di</strong>lizia<br />

In un ambiente e in una società improntata da una esclusiva<br />

economia agropastorale, ogni abitazione era nel contempo<br />

abitazione e centro aziendale e come centro aziendale era<br />

29<br />

dotata <strong>di</strong> tutte le pertinenze occorrenti per l’esercizio<br />

dell’attività agricola.<br />

In relazione alle tipologie e<strong>di</strong>lizie pervenute, la cui origine è<br />

databile, pur con gli immancabili e fisiologici<br />

rimaneggiamenti esterni, agli inizi del XIX secolo, è possibile<br />

con un ridotto margine <strong>di</strong> aleatorietà tracciare un quadro<br />

sulla tipologia e<strong>di</strong>lizia <strong>di</strong> tale periodo.<br />

Questa era fondamentalmente articolata in 4 fondamentali<br />

tipi:<br />

1) Immobile con una fronte stradale compresa tra i 20÷25<br />

ml e profon<strong>di</strong>tà compresa tra i ml. 30÷40.<br />

In questo tipo <strong>di</strong> immobile l’e<strong>di</strong>ficio residenziale,<br />

costituito da solo piano terra e da un limitato sottotetto<br />

(scarsamente <strong>di</strong>ffuso) era <strong>di</strong>sposto nella parte terminale<br />

dell’immobile. Gli e<strong>di</strong>fici accessori, pagliaio, stalla,<br />

magazzeno vinario, ecct., erano <strong>di</strong>sposti lungo i confini<br />

longitu<strong>di</strong>nali.<br />

Nei casi in cui l’immobile <strong>di</strong> vasta <strong>di</strong>mensione, era<br />

ubicato in corrispondenza della perimetrazione esterna<br />

dell’abitato, l’abitazione era realizzata in modo da<br />

riservare una corte posteriore a questa, corte che veniva<br />

utilizzata quale orto per le necessità familiari. Ad esempio<br />

<strong>di</strong> quanto affermato, si citano i seguenti casi ancora<br />

presenti nella <strong>Villasor</strong> agli inizi degli anni 1950:<br />

a) Abitazioni <strong>di</strong>sposte lungo il lato sinistro della via<br />

La Guar<strong>di</strong>a con corti posteriori sulla via<br />

Repubblica<br />

b) Abitazioni <strong>di</strong>sposte lungo il lato destro della via<br />

Roma (dopo l’intersezione con la via San Michele)<br />

con corti posteriori sulla via Porrino<br />

30


c) Abitazioni <strong>di</strong>sposte lungo la fronte della via Ver<strong>di</strong><br />

(dopo l’intersezione con la via Toscanini) con<br />

corti posteriori sulla fronte del Rio Malu.<br />

2) Immobile con ampio fronte stradale e ridotta profon<strong>di</strong>tà.<br />

In questo tipo <strong>di</strong> immobile l’e<strong>di</strong>ficio residenziale era<br />

<strong>di</strong>sposto in a<strong>di</strong>acenza a un confine longitu<strong>di</strong>nale ed al<br />

ciglio stradale, mentre gli e<strong>di</strong>fici accessori erano <strong>di</strong>sposti<br />

in a<strong>di</strong>acenza agli altri confini.<br />

3) Immobile con limitato fronte stradale.<br />

In questo tipo <strong>di</strong> immobile l’e<strong>di</strong>ficio residenziale era<br />

<strong>di</strong>sposto in a<strong>di</strong>acenza al confine longitu<strong>di</strong>nale e al<br />

confine stradale, mentre gli e<strong>di</strong>fici accessori erano<br />

<strong>di</strong>sposti lungo il confine longitu<strong>di</strong>nale opposto e lungo il<br />

confine posteriore.<br />

4) Immobile avente fronte su due strade.<br />

Erano questi immobili generalmente posseduti dai<br />

“prinzipales” ovvero dai più consistenti proprietari<br />

terrieri, e in essi il fabbricato residenziale era quasi<br />

sempre ubicato in <strong>di</strong>stacco dal ciglio stradale con una<br />

corte anteriore arredata da piante e fiori e un ampia corte<br />

posteriore dove erano ubicati i fabbricati accessori.<br />

In questi casi, quasi sempre l’e<strong>di</strong>ficio era ubicato in<br />

aderenza a entrambi i confini longitu<strong>di</strong>nali, e la<br />

comunicazione tra le due corti era assicurata da uno<br />

stretto corridoio (su passaritzu), nel quale spesso era<br />

ubicata anche la rampa della ripida scala lignea per<br />

l’accesso al sottotetto (su sobariu).<br />

Gli accessi carrabile alle abitazioni erano prevalentemente<br />

dotati <strong>di</strong> portale ad arco.<br />

Il portale ad arco era, nella maggioranza dei casi, costituito<br />

da muratura in mattoni <strong>di</strong> fango e paglia con arco<br />

31<br />

solitamente a tutto sesto. La luce netta dei portali era<br />

contenuta tra un minimo <strong>di</strong> ml. 2,30 ed un massimo <strong>di</strong> ml.<br />

2,85 ÷ 2,90.<br />

A protezione degli spigoli laterali prospettanti verso la<br />

pubblica strada, erano normalmente infissi nel suolo, in<br />

a<strong>di</strong>acenza agli spigoli medesimi, delle pietre sbozzate o talora<br />

lavorate a forma tronco conica, aventi la funzione <strong>di</strong><br />

proteggere gli spigoli della muratura del portale dal contatto<br />

del mozzo (su buttu) delle ruote del carro agricolo, ovvero la<br />

funzione del paracarro.<br />

Il portale era sovrastato all’interno del cortile da una<br />

copertura a tetto ad una falda con <strong>di</strong>spluvio verso il cortile<br />

medesimo.<br />

Il portone ligneo che sbarrava l’accesso era costituito da<br />

essenze lignee reperibili in loco, quali frassino e olmo,<br />

essenze particolarmente resistenti agli agenti atmosferici.<br />

Il portone era a due ante, con apertura verso la corte<br />

interna, con l’anta destra dotata al suo interno <strong>di</strong> una porta<br />

pedonale (su potalittu) che per similitu<strong>di</strong>ne era riprodotto<br />

fintamente anche nell’anta sinistra.<br />

Il montante verticale esterno <strong>di</strong> ogni anta del portone<br />

aveva l’estremità inferiore, sagomata a tronco <strong>di</strong> piramide,<br />

alloggiata all’interno della concavità <strong>di</strong> una pietra ben infissa<br />

al suolo (su baddadori de su pottabi).<br />

32


La struttura e<strong>di</strong>lizia delle abitazioni era costituita da<br />

mattoni <strong>di</strong> fango e paglia, allettati con il fango poggiante su<br />

fondazioni in pietrame e fango.<br />

Le fondazioni avevano normalmente le seguenti<br />

<strong>di</strong>mensioni:<br />

- larghezza cm. 50 ÷ 55 circa<br />

- profon<strong>di</strong>tà cm. 50 ÷ 60 circa<br />

Lo scavo <strong>di</strong> fondazione veniva colmato con pietrame <strong>di</strong><br />

varia natura e granulometria alternato a fango (pedra e ludu).<br />

Il pietrame proveniva generalmente dalle aree che nel<br />

passato avevano ospitato inse<strong>di</strong>amenti abitativi e dalla piana<br />

<strong>di</strong> Masainas abbondante in superficie <strong>di</strong> pietrame alluvionale<br />

<strong>di</strong> consistente granulometria.<br />

Raggiunto il piano <strong>di</strong> campagna, la muratura proseguiva al<br />

<strong>di</strong> sopra <strong>di</strong> questo per circa cm. 50. Per il tratto <strong>di</strong> muratura<br />

fuori terra si aveva una maggiore attenzione nella scelta e<br />

messa in opera del pietrame.<br />

Raggiunta con le murature in pietrame l’altezza prefissata,<br />

si procedeva alla realizzazione della muratura in mattoni <strong>di</strong><br />

fango e paglia, allettati con impasto <strong>di</strong> fango sino a<br />

raggiungere l’altezza del piano <strong>di</strong> posa della copertura a tetto.<br />

Il mattone <strong>di</strong> fango e paglia che veniva utilizzato era<br />

sempre <strong>di</strong> produzione locale e le sue <strong>di</strong>mensioni possono<br />

essere fondamentalmente identificate come segue:<br />

- lunghezza: cm. 40 ÷ 42 circa<br />

- larghezza: cm. 20 ÷ 22 circa<br />

- spessore: cm. 10 ÷ 12 circa<br />

Nel sec. XIX era utilizzato anche un mattone <strong>di</strong> fango e<br />

paglia con le seguenti caratteristiche:<br />

- lunghezza: cm. 55 ÷ 60 circa<br />

- larghezza: cm. 25 circa<br />

33<br />

- spessore: cm. 8 ÷ 10 circa<br />

Quest’ultimo tipo <strong>di</strong> mattone è stato in<strong>di</strong>viduato dallo<br />

scrivente in <strong>di</strong>verse abitazioni (via Nuova – via Dritta – via<br />

San Michele).<br />

La muratura perimetrale e portante dell’e<strong>di</strong>ficio veniva<br />

realizzata <strong>di</strong>sponendo il mattone <strong>di</strong> fango con il lato più<br />

lungo ortogonale allo sviluppo longitu<strong>di</strong>nale della muratura<br />

(la<strong>di</strong>ri a dus’peisi).<br />

La muratura <strong>di</strong>visoria interna veniva realizzata <strong>di</strong>sponendo<br />

il mattone <strong>di</strong> fango con il lato più corto ortogonale allo<br />

sviluppo longitu<strong>di</strong>nale della muratura (la<strong>di</strong>ri a unu pei).<br />

Il ricorso a “su pei” – piede ci riconduce al periodo<br />

antecedente al sistema metrico decimale, quando le unità <strong>di</strong><br />

misura delle lunghezze erano “su prammu”, “su pei”, “sa<br />

canna”, “sa funi”. Essendo il piede pari a circa cm 30 è<br />

chiaro che il mattone <strong>di</strong> fango nelle murature perimetrali e<br />

portanti doveva avere una lunghezza <strong>di</strong> circa cm 60<br />

equivalente a due pie<strong>di</strong>.<br />

Nei primi decenni del XIX secolo, e in ogni caso entro il<br />

primo quinquennio, sono state realizzate in <strong>Villasor</strong> alcune<br />

abitazioni con struttura mista in mattoni <strong>di</strong> fango e paglia e<br />

pietrame, così articolate:<br />

- spigoli costituiti da blocchi squadrati <strong>di</strong> calcare tenero<br />

avente caratteristiche tufacee;<br />

- lesene (pilastri) interposte nella muratura a equi<strong>di</strong>stanza<br />

<strong>di</strong> 3,00 ÷ 4,00 ml., costituite da blocchi squadrati <strong>di</strong><br />

calcare tenero avente caratteristiche tufacee;<br />

- muratura in mattoni <strong>di</strong> fango e paglia nelle cortine<br />

comprese tra spigolo e lesena e lesena con lesena.<br />

Questa tecnologia costruttiva è ancora riscontrabile nei<br />

fabbricati sottoelencati:<br />

34


- casa Tocco Antonio ere<strong>di</strong> nella via Cavour;<br />

- casa Pistis (attualmente <strong>di</strong> proprietà Contu Luigino –<br />

Zedda Ariosto – Caria Giovanni) ubicata in area<br />

prospettante nella via Roma e nella via Mazzini;<br />

- casa Medda Giulio ere<strong>di</strong> (già e<strong>di</strong>ficata dalla famiglia<br />

nobiliare dei “Lostia <strong>di</strong> Santa Sofia”) nell’isolato<br />

compreso tra via Sivilleri, via San Sperate, via Garotti e<br />

via Marconi<br />

- casa Abis Cesare ere<strong>di</strong> sulla fronte della via Cagliari.<br />

I blocchi <strong>di</strong> calcare tenero, utilizzati per le abitazioni<br />

sopraelencate, furono reperiti probabilmente in <strong>Villasor</strong> a<br />

seguito della demolizione conseguente a crollo dell’ala est del<br />

castello verificatasi tra il primo e secondo decennio del<br />

secolo XIX.<br />

La suesposta tecnologia costruttiva ricompare in <strong>Villasor</strong><br />

nel periodo 1940 ÷ 1955 circa, con blocchetti pieni <strong>di</strong> CLS in<br />

luogo dei blocchi <strong>di</strong> calcare tenero.<br />

La copertura era del tipo a tetto su due falde avente:<br />

- travatura principale (su madrieri) <strong>di</strong>sposta in<br />

corrispondenza del colmo (pinna acutza) e nella mezzeria<br />

dello spazio tra il colmo e la muratura portante;<br />

- travatura secondaria ortogonale a quella principale,<br />

arcarecci, (crabiobasa);<br />

- cannicciato costituito da un telaio <strong>di</strong> canne ripulite,<br />

<strong>di</strong>sposte l’una a fianco all’altra e collegate tra loro<br />

me<strong>di</strong>ante legatura effettuata con fibre <strong>di</strong> giunco (junku<br />

molliu);<br />

- cretonato <strong>di</strong> fango e paglia dello spessore <strong>di</strong> cm 5 ÷ 6;<br />

- manto <strong>di</strong> tegole curve <strong>di</strong> produzione artigiana allettate<br />

con malta <strong>di</strong> calce.<br />

35<br />

L’essenza vegetale del giunco (junku) è presente sui<br />

territori acquitrinosi e lungo le sponde dei corsi d’acqua.<br />

Detta essenza vegetale aveva alla strappo una resistenza<br />

uguale o superiore allo spago <strong>di</strong> canapa. Si procedeva alla<br />

raccolta del giunco avente l’infiorescenza al suo apice (junku<br />

femmia) il quale veniva sottoposto al trattamento<br />

denominato (“mullidura”) consistente come segue: il giunco<br />

più robusto, mantenuto ad una estremità con la mano<br />

sinistra, veniva attorcigliato attorno al proprio asse con la<br />

mano destra. Con tale processo si otteneva una slabbratura<br />

dei tessuti in senso longitu<strong>di</strong>nale, favorendo la fuoriuscita<br />

delle sostanze liquide. Le due estremità del giunco venivano<br />

poi annodate fra loro formando così un’ anello.<br />

Successivamente l’operatore addetto, seduto per terra,<br />

<strong>di</strong>sponeva l’anello <strong>di</strong> giunco così preparato attorno all’alluce<br />

del piede sinistro e infilava un giunco all’interno dell’anello,<br />

mantenuto alle due estremità con le mani facendolo scorrere<br />

con azione vigorosa <strong>di</strong> sfregamento contro il tessuto<br />

dell’anello medesimo. Detta operazione, ripetuta 4:5 volte<br />

per ogni giunco, favoriva la fuoriuscita delle sostanze liquide<br />

senza lacerare il tessuto fibroso. Completato il lavoro, i<br />

giunchi così trattati (giuncu molliu) venivano <strong>di</strong>sposti per<br />

alcuni giorni in posizione soleggiata per il processo <strong>di</strong><br />

essiccamento naturale.<br />

Per la realizzazione dell’or<strong>di</strong>tura lignea era prevalente il<br />

ricorso al ginepro (tzinnibiri) dal cui fusto si ricavavano i<br />

travi per l’or<strong>di</strong>tura principale e dai rami gli arcarecci<br />

(crabiobasa).<br />

Gli arcarecci venivano ancorati alla travatura principale con<br />

robusti e lunghi chio<strong>di</strong> a sezione quadrata (obibis) <strong>di</strong><br />

fabbricazione artigiana.<br />

36


Alla travatura lignea della copertura a tetto, nei punti <strong>di</strong><br />

appoggio alla muratura, veniva praticato un foro alle<br />

estremità ove veniva infilato un cavicchio ligneo per<br />

impe<strong>di</strong>re fenomeni <strong>di</strong> scorrimento della muratura medesima.<br />

Il loggiato (sa lolla) ambiente sempre presente anche nelle<br />

abitazioni più modeste, aveva normalmente un solo lato<br />

aperto el astruttura portante era così costituita:<br />

- pilastri <strong>di</strong>sposti a equi<strong>di</strong>stanza me<strong>di</strong>a <strong>di</strong> circa ml. 3,00<br />

(misura che veniva espressa con il termine <strong>di</strong> “una<br />

canna”)<br />

- copertura a tetto su una falda, solitamente <strong>di</strong>sposta con il<br />

colmo a quota inferiore rispetto alla linea <strong>di</strong> gronda della<br />

copertura a tetto del resto del fabbricato, e con la gronda<br />

a una quota <strong>di</strong> circa ml. 2,50 dal piano del pavimento.<br />

I pilastri erano solitamente così costituiti:<br />

a) elementi lapidei monolitici, sbozzati, in trachite grigia,<br />

denominati “bastaxius de lolla”, aventi solitamente una<br />

sella incavata nella parte superiore<br />

b) elementi lapidei scomposti (dado, pilastro, capitello)<br />

sagomati in forme regolari dalla mano dello scalpellino<br />

(su picapedreri).<br />

Sulla sommità dei capitelli poggiavano gli archi, solitamente<br />

a sesto ribassato con tre centri per contenere l’atezza<br />

dell’ambiente. Gli archi erano realizzati in laterizio pieno<br />

delle <strong>di</strong>mensioni <strong>di</strong> cm 4 ÷ 5 x 12 x 24 circa. Questo tipo <strong>di</strong><br />

struttura era presente <strong>di</strong> norma nelle abitazioni delle famiglie<br />

più agiate.<br />

La copertura a tetto non <strong>di</strong>fferiva dal resto dell’abitazione.<br />

In posizione a<strong>di</strong>acente al loggiato era quasi sempre ubicato il<br />

pozzo idrico, avente profon<strong>di</strong>tà me<strong>di</strong>a compresa tra i ml.<br />

5,00 ÷ 9,00 privo <strong>di</strong> rivestimento nelle pareti, sormontato da<br />

37<br />

una vera (costera de funtana) monolitica in trachite grigia <strong>di</strong><br />

Serrenti poggiante su or<strong>di</strong>tura lignea incrociata <strong>di</strong> ginepro<br />

(bastazius de funtana). Dal pozzo si attingeva con l’ausilio<br />

del secchio, <strong>di</strong> metallo zincato o ligneo, l’acqua per gli usi<br />

domestici e per l’abbeveraggio del bestiame in dotazione alla<br />

casa.<br />

Nelle imme<strong>di</strong>ate a<strong>di</strong>acenze del loggiato era quasi sempre<br />

presente un albero <strong>di</strong> limone e essenze floreali e officinali<br />

(marialuisa, menta, ecc.).<br />

Le rifiniture degli ambienti interni erano, come sempre, in<br />

relazione alle <strong>di</strong>sponibilità economiche del proprietario della<br />

casa e al suo buon gusto.<br />

Presso le famiglie abbienti la situazione era la seguente:<br />

- intonaci tinteggiati con latte calce;<br />

- pavimenti con piastrelle <strong>di</strong> cotto <strong>di</strong> produzione artigiana;<br />

- affreschi nelle pareti del loggiato raffiguranti motivi<br />

floreali (pratica in uso dagli ultimi due decenni del secolo<br />

XIX sino al 2° conflitto mon<strong>di</strong>ale).<br />

Presso le famiglie meno abbiente la situazione era la<br />

seguente:<br />

- intonaci interni con fango e paglia;<br />

- pavimenti interni in battuto <strong>di</strong> fango (pomentu de ludu)<br />

che perio<strong>di</strong>camente venivano ricaricati e livellati per<br />

sopperire al fenomeno <strong>di</strong> naturale erosione dovuto al<br />

normale calpestio.<br />

Le murature esterne erano prevalentemente prive <strong>di</strong><br />

intonaco.<br />

Oltre al corpo residenziale nella “domus” della trascorsa<br />

civiltà conta<strong>di</strong>na appartenente ai piccoli, me<strong>di</strong> e gran<strong>di</strong><br />

proprietari terrieri, erano <strong>di</strong>sposti i fabbricati accessori quali<br />

il pagliaio (sa domu de sa palla), il magazzeno vinario (su<br />

38


magasinu de su binu), la stalla per l’alloggiamento dei buoi da<br />

lavoro (sa lolla de i bojsi), la stalla del cavallo (sa domu de su<br />

quaddu).<br />

La tecnologia costruttiva dei fabbricati accessori era<br />

identica per quanto concernente i materiali adoperati per le<br />

strutture murarie e <strong>di</strong> fondazione e per le coperture a tetto.<br />

L’e<strong>di</strong>ficio pagliaio, per quanto è stato possibile riscontrare<br />

nelle strutture ancora esistenti appartenute a me<strong>di</strong> e gran<strong>di</strong><br />

proprietari terrieri aveva <strong>di</strong>mensioni <strong>di</strong> ml. 6,00 x 12,00 circa,<br />

altezza alla gronda <strong>di</strong> ml. 3,50 circa.<br />

Era dotato <strong>di</strong> un solo accesso costituito da portale ad arco<br />

e <strong>di</strong> finestre tipo feritoie nelle murature longitu<strong>di</strong>nali,<br />

<strong>di</strong>sposte appena al <strong>di</strong> sotto della linea <strong>di</strong> gronda. Il<br />

pavimento era sempre in battuto <strong>di</strong> fango (pomentu de<br />

ludu).<br />

L’e<strong>di</strong>ficio magazzino vinario aveva <strong>di</strong>mensioni<br />

proporzionate alla produzione dell’azienda. Generalmente a<br />

pianta rettangolare con le botti <strong>di</strong>sposte in a<strong>di</strong>acenza alla<br />

parete longitu<strong>di</strong>nale, era dotato <strong>di</strong> finestre tipo feritoia e <strong>di</strong><br />

un accesso che non sempre era costituito da portale ad arco.<br />

Il portone ligneo denominato “s’ecca de su magasinu” era<br />

prevalentemente con la parte superiore ad aria passante.<br />

L’e<strong>di</strong>ficio stalla buoi da lavoro era costituito da un portico<br />

a forma rettangolare con tre lati chiusi e il lato longitu<strong>di</strong>nale<br />

anteriore aperto. Nel lato aperto erano <strong>di</strong>sposti i pilastri a<br />

sostegno della struttura lignea del tetto. I suddetti pilastri<br />

erano sovente costituiti da elementi lapidei monolitici in<br />

trachite grigia <strong>di</strong> Serrenti (bastaxius de lolla).<br />

La corte interna compresa tra i vari corpi <strong>di</strong> fabbrica<br />

(residenziale e accessori) era quasi sempre dotata <strong>di</strong><br />

pavimentazione in acciottolato. Allo scopo veniva utilizzato<br />

39<br />

il pietrame <strong>di</strong> natura alluvionale, rinvenibile in superficie<br />

nella macrozona del territorio denominata in senso lato “Su<br />

Pranu” e in pietrame <strong>di</strong> natura selciosa rinvenibile<br />

prevalentemente nelle zone del territorio denominate “Is<br />

Murdegus - Clarosu - Crabai”.<br />

Il pietrame utilizzato aveva prevalentemente granulometria<br />

compresa tra i 100 ÷ 150 mm.. Nella realizzazione<br />

dell’acciotolato si aveva sempre cura, in relazione alla<br />

conformazione altimetrica e orografica del suolo, <strong>di</strong><br />

realizzare i <strong>di</strong>spluvi e i compluvi me<strong>di</strong>ante acciottolato <strong>di</strong><br />

maggiori <strong>di</strong>mensioni, per meglio facilitare il deflusso delle<br />

acque e nel contempo per dotare la pavimentazione <strong>di</strong> una<br />

robusta perimetrazione <strong>di</strong> contenimento.<br />

L’acciotolato veniva collocato sul suolo naturale, scoticato<br />

dalla presenza <strong>di</strong> eventuali erbacce e reso lievemente soffice<br />

da una sottile zappatura.<br />

Gli interstizi tra ciottolo e ciottolo venivano colmati con<br />

terriccio avente una leggera componente sabbiosa.<br />

Successivamente l’acciottolato veniva costipato con un<br />

battitore ligneo costituito da un elemento ligneo avente<br />

sezione tronco conica, con la base minore rivolta verso l’alto<br />

sulla quale veniva innestata un’impugnatura trasversale.<br />

Un ottimo terriccio, per la colmatura degli interstizi, era<br />

rinvenibile ai bor<strong>di</strong> e al centro delle strade campestri, a<br />

seguito dello scorrimento delle acque meteoriche.<br />

Quando il suolo destinato alla e<strong>di</strong>ficazione aveva una<br />

giacitura molto elevata rispetto al piano viario circostante, si<br />

procedeva allo sbancamento <strong>di</strong> questo, ed alla produzione in<br />

loco dei mattoni.<br />

Generalmente venivano prescelti per la produzione dei<br />

mattoni, suoli la cui composizione era costituita da una<br />

40


uona argilla frammista a lenti gessose e calcarose e a una<br />

<strong>di</strong>screta percentuale <strong>di</strong> pietroline rapportabili all’attuale<br />

pietrischetto <strong>di</strong> frantoio.<br />

Una volta in<strong>di</strong>viduato il suolo da cui estrarre la terra, si<br />

procedeva alla esecuzione <strong>di</strong> uno scavo <strong>di</strong> sbancamento.<br />

La terra estratta veniva sottoposta a un trattamento <strong>di</strong><br />

vagliatura onde eliminare il materiale avente granulometria<br />

me<strong>di</strong>amente superiore a cm. 1,50 ÷ 2,00 circa.<br />

La terra così prodotta, che me<strong>di</strong>amente aveva una presenza<br />

<strong>di</strong> pietroline, lenti gessose e calcare non superiore al 25 ÷<br />

30% dell’intero, veniva depositata all’interno <strong>di</strong> una vasta<br />

buca effettuata nel suolo a<strong>di</strong>acente, <strong>di</strong> forma circolare e/o<br />

rettangolare, profonda cm. 40 ÷ 50 circa. Alla terra veniva<br />

aggiunta la paglia del frumento, sminuzzata in segmenti <strong>di</strong><br />

cm. 3 ÷ 5 e l’acqua occorrente per l’impasto.<br />

L’amalgamento dell’impasto si otteneva con l’azione<br />

dell’uomo che penetrava all’interno della buca e con l’azione<br />

dei pie<strong>di</strong> rimestava le componenti terra, paglia e acqua. Dopo<br />

aver ottenuto una <strong>di</strong>ffusa omogeneità dell’impasto si lasciava<br />

riposare (axedai) questi per circa 12 ore.<br />

Successivamente si procedeva alla pre<strong>di</strong>sposizione della<br />

forma lignea rettangolare (su sestu) ove <strong>di</strong>sporre la miscela <strong>di</strong><br />

fango e paglia per il processo <strong>di</strong> essicamento naturale.<br />

Assetto urbano e infrastrutture<br />

La viabilità urbana all’inizio del secolo XIX era sicuramente<br />

definita nel suo sviluppo longitu<strong>di</strong>nale e in parte anche nel<br />

suo sviluppo trasversale che quasi mai, come attualmente,<br />

presentava omogeneità <strong>di</strong> cigli. Era una viabilità avente<br />

41<br />

fondo naturale rassodato dal calpestio degli uomini, degli<br />

animali e dei carri agricoli.<br />

Dall’esame dei documenti d’archivio della seconda metà<br />

del secolo XIX, si viene a conoscenza che in questo periodo<br />

si da corso alla selciatura (impedradura) delle strade urbane.<br />

Nelle delibere che approvano gli interventi si asserisce<br />

sempre che le strade oggetto dei lavori sono piste fangose e<br />

polverose prive <strong>di</strong> selciato e giammai si <strong>di</strong>ce che intendesi<br />

provvedere al ripristino del selciato preesistente.<br />

Questo particolare induce a ritenere quanto mai verosimile<br />

che l’abitato <strong>di</strong> <strong>Villasor</strong>, dalla sua rifondazione negli anni<br />

1414÷15 alla seconda metà del secolo XIX non ha mai<br />

goduto del privilegio <strong>di</strong> possedere una viabilità selciata.<br />

La nobiltà e i prinzipales che per secoli hanno spremuto la<br />

comunità, avevano purtroppo cose ben più importanti a cui<br />

pensare.<br />

E’ sintomatico il fatto che negli anni della grande carestia<br />

conseguente a un periodo <strong>di</strong> prolungata siccità (1880÷85)<br />

l’amministrazione comunale al fine <strong>di</strong> scongiurare il<br />

verificarsi <strong>di</strong> incidenti similari a quelli avvenuti a Sanluri<br />

(culminati con l’assassino del Sindaco) contrasse in tempi<br />

ultrarapi<strong>di</strong> un mutuo <strong>di</strong> lire 20.000 per avviare un vasto<br />

piano <strong>di</strong> selciatura delle strade urbane che erano in<br />

maggioranza prive <strong>di</strong> pavimentazione (in sardo campidanese<br />

si <strong>di</strong>ce “no c’esti che s’allu po fragai”).<br />

In queste con<strong>di</strong>zioni, con un incremento demografico<br />

modesto, con una perimetrazione del centro urbano<br />

consolidata, con una economia <strong>di</strong> tipo quasi “curtense”<br />

l’abitato <strong>di</strong> <strong>Villasor</strong> visse la sua sonnolenta esistenza durante<br />

tutto il periodo spagnolo, e successivamente Sabaudo per<br />

giungere senza alterazioni o mo<strong>di</strong>fiche al suo stato <strong>di</strong><br />

42


sonnambulismo sociale ed economico agli anni dell’Unità<br />

d’Italia.<br />

Negli anni a cavaliere dell’Unità d’Italia, <strong>Villasor</strong> fu<br />

interessata da alcuni interventi <strong>di</strong> carattere infrastrutturale<br />

che porranno una serie ipoteca sul suo futuro, ipoteca ancor<br />

oggi presente e valida a tutti gli effetti.<br />

Gli interventi infrastrutturali <strong>di</strong> cui si vuole parlare e che<br />

allora sicuramente vennero accolti quale manna dal Cielo per<br />

le imme<strong>di</strong>ate ricadute economiche, furono i seguenti:<br />

a) Realizzazione della strada provinciale Decimomannu-<br />

Marrubiu (oggidì S.S. n. 196)<br />

b) Realizzazione della strada consortile <strong>Villasor</strong>-<br />

Serramanna-Samassi (oggidì S.S. n. 196/d)<br />

c) Realizzazione della strada consortile <strong>Villasor</strong>-San Sperate<br />

(oggidì S.P. n. 7)<br />

d) Realizzazione della rete ferroviaria delle Reali Ferrovie <strong>di</strong><br />

Sardegna Cagliari-Olbia.<br />

Realizzazione della strada provinciale<br />

Decimomannu-Marrubiu<br />

Questa importante arteria progettata dal Servizio del Genio<br />

Civile, ha intersecato l’abitato <strong>di</strong> allora nella sua periferia sudovest<br />

e specificatamente nell’area urbana compresa tra la via<br />

R. Cocco e la via Baronale, sino a raggiungere l’attuale piazza<br />

Matteotti dopo aver intersecato l’isolato esistente compreso<br />

tra la ex via Parrocchia, la via Sivilleri, la via Togliatti, la via<br />

Baronale e la via Val d’Aosta.<br />

Dopo aver superato questo isolato, la strada ha intersecato<br />

la via Baronale con un rettifilo <strong>di</strong> oltre 12 Km. In <strong>di</strong>rezione<br />

<strong>di</strong> Villacidro.<br />

43<br />

La realizzazione <strong>di</strong> questa nuova strada intercomunale,<br />

realizzata esternamente ai tracciati delle strade preesistenti ha<br />

comportato per <strong>Villasor</strong> le seguenti conseguenze:<br />

- l’abitato è stato interessato al suo interno da una corrente<br />

<strong>di</strong> traffico extraurbano;<br />

- è stato irrime<strong>di</strong>abilmente compromesso l’assetto dell’area<br />

esterna al Castello ove erano ubicate le sue pertinenze;<br />

- è stata compromessa la fruibilità dello spiazzo antistante<br />

la Chiesa Parrocchiale.<br />

Realizzazione della strada consortile <strong>Villasor</strong>-Serramanna<br />

- Samassi<br />

Questa importante arteria progettata per volontà delle<br />

amministrazioni comunali dei tre centri, in alternativa agli<br />

incerti percorsi storici, fu la prima conseguenza positiva alla<br />

realizzazione della strada provinciale Decimomannu-<br />

Marrubiu. Le amministrazioni comunali, compreso che<br />

probabilmente i tempi del potere centrale per la soluzione<br />

del problema relativo al collegamento fra i tre centri<br />

potevano essere a lungo termine, si riunirono in Consorzio, e<br />

attingendo alle loro magre risorse, nel giro <strong>di</strong> pochi anni<br />

realizzarono l’arteria in argomento che ancor oggi, a <strong>di</strong>stanza<br />

<strong>di</strong> circa 150 anni, pur con gli attuali suoi limiti, è l’unica<br />

arteria <strong>di</strong> collegamento <strong>di</strong>retto fra i tre più importanti centri<br />

agricoli del Me<strong>di</strong>o Campidano.<br />

Il <strong>Comune</strong> <strong>di</strong> <strong>Villasor</strong>, in questa circostanza, guidato dal<br />

Sindaco “Notaio Puxeddu Efisio Giuseppe” svolse le<br />

funzioni <strong>di</strong> Capo Consorzio.<br />

La nuova arteria ebbe inizio nell’intersezione della nuova<br />

strada provinciale con la strada urbana denominata via<br />

44


Centrale (oggidì via Roma) e si sviluppò parallelamente alla<br />

sede della via Baronale sino all’incrocio con la via<br />

Repubblica, proseguendo successivamente nello stesso<br />

rettifilo sin quasi all’ingresso <strong>di</strong> Serramanna, per curvare<br />

successivamente sul suo lato destro. Curiosamente si può<br />

constatare che lo sviluppo longitu<strong>di</strong>nale del lungo rettifilo<br />

forma un unico segmento con il Campanile della Parrocchia<br />

<strong>di</strong> Serramanna.<br />

La realizzazione <strong>di</strong> questa nuova strada intercomunale ha<br />

comportato per <strong>Villasor</strong> le seguenti conseguenze:<br />

- l’abitato è stato interessato al suo interno da una corrente<br />

<strong>di</strong> traffico extraurbano;<br />

- la sede della via Baronale, compresa tra la strada<br />

provinciale Decimomannu - Marrubiu e la via<br />

Repubblica, con il trascorrere <strong>di</strong> alcuni decenni, fu<br />

abbandonata ed il suo se<strong>di</strong>me venne accorpato (non si<br />

conosce se legittimamente o meno) alle proprietà private<br />

a<strong>di</strong>acenti. A testimonianza della sua antica esistenza è<br />

rimasto, muto testimone del passato, il breve tratto <strong>di</strong><br />

vicoletto nelle a<strong>di</strong>acenze del Municipio, oggidì<br />

denominato vico I° Serra;<br />

- i centri abitati <strong>di</strong> Serramanna e Samassi, trassero un<br />

indubbio vantaggio per i loro collegamenti con <strong>Villasor</strong> e<br />

soprattutto con Cagliari.<br />

Realizzazione della strada consortile <strong>Villasor</strong>-San<br />

Sperate<br />

Questa arteria, così come la precedente, fu realizzata per<br />

volontà delle Amministrazioni Comunali dei due centri per<br />

migliorare la comunicabilità reciproca. Probabilmente al<br />

45<br />

tempo della sua realizzazione nessuno avrebbe potuto<br />

immaginare la fondamentale importanza che da oltre<br />

trent’anni ha assunto, per le comunicazioni da e per Cagliari,<br />

con l’avvento della motorizzazione <strong>di</strong> massa.<br />

La nuova arteria ebbe inizio in corrispondenza<br />

dell’intersezione dell’antica strada <strong>Villasor</strong> Monastir con il<br />

corso del Rio Malu, e si sviluppò seguendo un antico<br />

tracciato <strong>di</strong> strade campestri fra i due centri.<br />

Per circa un secolo questa importante arteria ha pressoché<br />

svolto le funzioni <strong>di</strong> quasi esclusivo collegamento tra i due<br />

centri. La trasformazione della S.S. 131 (Carlo Felice) in<br />

superstrada e la bitumatura della carreggiata <strong>Villasor</strong> San<br />

Sperate e San Sperate S.S. 131, coincidente con l’avvio della<br />

motorizzazione <strong>di</strong> massa (anni 1965÷1968) ha<br />

conseguentemente rivalutato le funzioni della strada in<br />

argomento, affidandogli compiti <strong>di</strong> gran lunga superiori alla<br />

sua potenzialità.<br />

Realizzazione della rete ferroviaria delle Reali Ferrovie<br />

<strong>di</strong> Sardegna Cagliari - Olbia<br />

Negli anni imme<strong>di</strong>atamente successivi all’Unità d’Italia, il<br />

governo del giovane Regno, varò un vasto programma <strong>di</strong><br />

costruzione <strong>di</strong> linee ferroviarie da nord a sud dello stivale. In<br />

questo contesto, anche la Sardegna, regione primigenia del<br />

Regno, beneficiò delle attenzioni del Governo Nazionale.<br />

La neo costituita società delle Reali Ferrovie <strong>di</strong> Sardegna<br />

creata con capitale e <strong>di</strong>rigenza prevalentemente inglese,<br />

guidata dal Baronetto Benjamin Piercy <strong>di</strong>ede inizio ai lavori<br />

<strong>di</strong> costruzione della linea ferroviaria Cagliari Olbia negli anni<br />

1866÷67.<br />

46


Il 1° Maggio dell’anno 1871, venne inaugurato ed aperto al<br />

traffico ferroviario per passeggeri e merci, il 1° tronco della<br />

linea ferroviaria Cagliari <strong>Villasor</strong>. L’Amministrazione<br />

Comunale, conscia della rivoluzionaria portata dell’evento,<br />

patrocinò con dovizia <strong>di</strong> risorse la manifestazione e i<br />

festeggiamenti relativi.<br />

La realizzazione della linea ferroviaria, contribuì in modo<br />

notevole a spezzare l’isolamento del territorio e dei suoi<br />

abitanti dal capoluogo e dagli altri centri intersecati dalla<br />

linea ferroviaria medesima.<br />

Le conseguenze per l’abitato furono subito evidenti e<br />

possono essere così riassunte: Per circa un decennio lo scalo<br />

ferroviario <strong>di</strong> <strong>Villasor</strong>, fu deputato a ricevere i minerali<br />

provenienti me<strong>di</strong>ante trasporto su carri a trazione animale<br />

dalle miniere del Guspinese, per il successivo avvio allo scalo<br />

portuale <strong>di</strong> Cagliari.<br />

Nello stesso periodo confluivano pure i minerali della neo<br />

attivata miniera <strong>di</strong> Monte Zippiri, in territorio <strong>di</strong> <strong>Villasor</strong>, e<br />

questo traffico perdurò sino a tutto il 1° conflitto mon<strong>di</strong>ale.<br />

In conseguenza dell’elevato traffico verso lo scalo ferroviario<br />

<strong>di</strong> <strong>Villasor</strong> e ai problemi che da tale situazione scaturirono,<br />

l’Amministrazione Comunale, soprattutto per la volontà <strong>di</strong><br />

un suo illustre componente, il nobile Rocco Vaquer, chiese e<br />

ottenne dalle superiori Autorità, l’apertura <strong>di</strong> una Stazione<br />

dei “Reali Carabinieri”.<br />

Dopo qualche decennio <strong>di</strong> incertezza, nei primi anni del<br />

XX secolo, la popolazione <strong>di</strong> <strong>Villasor</strong> da inizio a un lento ma<br />

costante processo <strong>di</strong> espansione e<strong>di</strong>lizia ai lati dell’arteria<br />

provinciale compresa tra la piazza ferrovia (oggidì Piazza<br />

Matteotti) e lo scalo ferroviario ubicato a circa 400 ml. dalla<br />

piazza ferrovia medesima.<br />

47<br />

Questa marcia <strong>di</strong> avvicinamento allo scalo ferroviario, avrà<br />

un maggiore e consistente slancio negli anni imme<strong>di</strong>atamente<br />

successivi al 2° Conflitto Mon<strong>di</strong>ale.<br />

La realizzazione delle gran<strong>di</strong> infrastrutture sopracitate<br />

con<strong>di</strong>zioneranno in modo determinante il futuro<br />

dell’espansione urbanistica <strong>di</strong> <strong>Villasor</strong>.<br />

Nello scorcio finale del XIX secolo vennero realizzati altri<br />

due importanti interventi nel settore delle infrastrutture:<br />

- La realizzazione <strong>di</strong> un bellissimo ponte ad archi in<br />

muratura, in sostituzione del preesistente ponte con<br />

impalcato ligneo sulla Strada Provinciale <strong>Villasor</strong><br />

Villacidro in corrispondenza del Fiume Mannu;<br />

- La realizzazione dell’attuale corso del Rio Malu dalla<br />

attuale via Cagliari sino alla confluenza con il Fiume<br />

Mannu.<br />

All’interno del centro urbano, nel periodo intercorrente tra<br />

l’Unità d’Italia e la fine del XIX secolo, senza alcuna<br />

mo<strong>di</strong>fica all’assetto perimetrale del centro e<strong>di</strong>ficato si<br />

verificarono le seguenti innovazioni:<br />

- Acquisizione al patrimonio del <strong>Comune</strong>, dal Demanio<br />

dello Stato, del Complesso del Convento con annessa<br />

Chiesa <strong>di</strong> Sant’Antioco e pertinenze accessorie (orto del<br />

Convento), perfezionata con verbale <strong>di</strong> cessione<br />

registrato a Sanluri in data 20.06.1871;<br />

- Adattamento dei locali del Convento, previo interventi<br />

e<strong>di</strong>lizi <strong>di</strong> mo<strong>di</strong>fica interna, a sede del Municipio e a sede<br />

della Scuola Elementare;<br />

- Demolizione dei fabbricati accessori esistenti all’interno<br />

dell’orto a<strong>di</strong>acente il Convento;<br />

48


- Apertura <strong>di</strong> una nuova arteria, con origine<br />

nell’intersezione tra l’attuale via Dritta e la via Nuova, e<br />

termine nell’Attuale via Sant’Antioco (sa ruga de Arega<br />

Matta);<br />

- Sud<strong>di</strong>visione dell’area dell’ex orto conventuale in lotti <strong>di</strong><br />

varie <strong>di</strong>mensioni, i quali furono concessi in affitto a<br />

citta<strong>di</strong>ni <strong>di</strong> <strong>Villasor</strong>, che dopo alcuni decenni, causa<br />

l’inefficienza della Civica Amministrazione, <strong>di</strong>vennero<br />

proprietari in virtù del principio giuri<strong>di</strong>co<br />

dell’usucapione.<br />

I lotti così ottenuti, già alla fine del 1° conflitto mon<strong>di</strong>ale,<br />

erano pressoché tutti e<strong>di</strong>ficati, e così <strong>di</strong> fatto ebbe<br />

compimento l’ultimo atto del processo <strong>di</strong> fusione tra Sorris e<br />

Nispi<strong>di</strong>.<br />

Realizzazione del 1° nucleo del Cimitero Comunale, la cui<br />

impostazione originaria rimase tale sino agli anni 1955÷56,<br />

quando si procedette ad un primo ampliamento in a<strong>di</strong>acenza<br />

al lato longitu<strong>di</strong>nale sinistro. La realizzazione del Cimitero<br />

Comunale fu conseguente anche se con notevole ritardo, alla<br />

<strong>di</strong>sposizione Reale emanata dal Re <strong>di</strong> Sardegna Carlo Felice<br />

negli ultimi anni del suo regno; <strong>di</strong>sposizione con la quale<br />

venne vietata la inumazione e/o tumulazione delle salme nei<br />

cimiteri ubicati nelle aree a<strong>di</strong>acenti le Chiese Parrocchiali.<br />

E’ opportuno segnalare un altro importante intervento,<br />

esterno all’abitato: la realizzazione della Fontana Pubblica in<br />

località “Funtana Noa”, dotata <strong>di</strong> pompa aspirante ad azione<br />

manuale, ove la popolazione attingeva l’acqua potabile<br />

trasportandola con botti (fascellas) su carri agricoli.<br />

Nel periodo in argomento, le Amministrazioni Comunali<br />

riuscirono anche se lentamente, ad avviare i lavori <strong>di</strong><br />

selciatura <strong>di</strong> buona parte della viabilità urbana, e produssero<br />

49<br />

molti sterili programmi cartacei per dotare l’abitato <strong>di</strong> alcune<br />

essenziali opere pubbliche che purtroppo non videro alcuna<br />

soluzione:<br />

- Caseggiato Scuola Elementare;<br />

- Caserma Carabinieri.<br />

E’ da imputare allo stesso periodo la scomparsa <strong>di</strong> alcuni<br />

tratti stradali, assorbiti dalle proprietà private limitrofe, per<br />

probabile inerzia delle Amministrazioni Comunali:<br />

- strada collegante la via Monte Granatico con la via<br />

Sivilleri, attualmente inclusa all’interno della proprietà<br />

Montis Gervasio e Vargiu Salvatore e Antonio<br />

- strada collegante la piazza Baronale con la piazza<br />

Matteotti, <strong>di</strong>sposta in allineamento con il ciglio della casa<br />

Pitzus e Valdes, sfociante nella piazza Matteotti<br />

nell’attuale confine fra la Caserma Carabinieri e la casa<br />

Caboni Beniamino<br />

- spiazzo stradale ubicato tra la via Toscanini, Arborea e<br />

Ver<strong>di</strong>, attualmente occupato dalla casa Scalas Giorgio<br />

ere<strong>di</strong> e dalla casa Piras Nicolino.<br />

Negli ultimi anni del XIX secolo, il <strong>Comune</strong> <strong>di</strong> <strong>Villasor</strong><br />

realizza alcuni interventi nel sagrato della Chiesa<br />

Parrocchiale, delimitandone l’attuale perimetro con una<br />

muratura avente funzione <strong>di</strong> muro <strong>di</strong> sostegno e <strong>di</strong><br />

parapetto. Riesce inoltre a risolvere in modo definitivo il<br />

problema della Caserma Carabinieri, destinando a sede <strong>di</strong><br />

questa l’abitazione ricevuta in lascito testamentario dal<br />

Sindaco Don Rocco Vaquer, assassinato la notte tra l’1 e 2<br />

Novembre 1892. L’e<strong>di</strong>ficio così ottenuto venne con<br />

contenuta spesa adattato alla nuova destinazione, e venne<br />

abbellito il prospetto alla piazza con rifiniture <strong>di</strong> stile Liberty,<br />

50


perdurate sino all’attuale scempio architettonico e<br />

urbanistico ancora esistente.<br />

I primi anni del XX secolo, vedono nascere all’interno del<br />

tessuto urbano degli isolati tentativi <strong>di</strong> innovazione nella<br />

tipologia degli e<strong>di</strong>fici residenziali. Queste innovazioni che in<br />

appresso vengono elencate, sono apportate sempre da<br />

persone estranee al chiuso mondo conta<strong>di</strong>no locale.<br />

Il primo esempio la cui datazione è imputabile agli anni<br />

1870 circa, è costituita dall’abitazione <strong>di</strong>sposta nell’area tra la<br />

via Sivilleri, via San Sperate e via Marconi, realizzata dalla<br />

famiglia nobiliare Lostia <strong>di</strong> Santa Sofia, meglio conosciuta a<br />

<strong>Villasor</strong> come la Casa <strong>di</strong> Medda Camillo.<br />

Il tipo e<strong>di</strong>lizio in argomento venne realizzato con<br />

l’impostazione <strong>di</strong> una vera e propria casa patrizia, dotata <strong>di</strong><br />

ampio giar<strong>di</strong>no anteriore, con doppia rampa <strong>di</strong> scala esterna<br />

per raggiungere il portale d’ingresso; articolata su due piani<br />

regolari, interamente a<strong>di</strong>biti a uso residenziale.<br />

Gli altri esempi relativi ai primi decenni del XX secolo<br />

sono i seguenti:<br />

- Abitazione Brundo Marcialis, ubicata nella via Roma in<br />

a<strong>di</strong>acenza alla casa padronale Zedda-Brundo. Detta<br />

abitazione è ubicata in a<strong>di</strong>acenza al ciglio stradale, su due<br />

piani fuori terra, entrambi residenziali, con porta finestra<br />

al piano primo in asse all’accesso del piano terra, dotata<br />

<strong>di</strong> mensole aggettanti con lastra marmorea a guisa <strong>di</strong><br />

balconcino e parapetto metallico. Il prospetto alla strada<br />

è improntato chiaramente a linee Liberty. L’abitazione in<br />

argomento venne realizzata da un commerciante <strong>di</strong><br />

tessuti cagliaritano (tale Ban<strong>di</strong>ni) che intraprese<br />

un’’attività commerciale in <strong>Villasor</strong>, che a quanto è<br />

cognito finì miseramente con la ven<strong>di</strong>ta all’asta del<br />

51<br />

fabbricato che fu acquistato dalla <strong>di</strong>tta confinante, ovvero<br />

dal signor Zedda Salvatore, ricco proprietario terriero<br />

(prinzipali) <strong>di</strong> <strong>Villasor</strong>.<br />

- E<strong>di</strong>ficio comunale ubicato nella via Roma in posizione<br />

antistante l’abitazione Brundo-Marcialis, già Scuola<br />

Me<strong>di</strong>a, già Dopolavoro e Casa del Fascio durante il<br />

ventennio fascista, venne e<strong>di</strong>ficato negli ultimi anni del<br />

secolo XIX da un commerciante (tale Matta) come<br />

propria abitazione. E’ ubicata per l’intero sviluppo in<br />

a<strong>di</strong>acenza al ciglio stradale, articolata su due piani fuori<br />

terra entrambi residenziali, con portone carrabile<br />

<strong>di</strong>sposto in a<strong>di</strong>acenza a un confine trasversale. Il<br />

prospetto, abbellito da pregevoli grate, alle finestre, in<br />

ferro battuto proponenti motivi floreali tipici dello stile<br />

Liberty e da porte finestre al piano primo strutturate in<br />

modo similare alla casa Brundo-Marcialis.<br />

- E<strong>di</strong>ficio ubicato nella via Roma (casa Melas Giovanni)<br />

realizzato negli anni imme<strong>di</strong>atamente successivi al 1°<br />

conflitto mon<strong>di</strong>ale, con il piano terra a<strong>di</strong>bito ad attività<br />

commerciale (negozio <strong>di</strong> tessuti e filati) e il piano primo<br />

a<strong>di</strong>bito a residenza. Anche questo e<strong>di</strong>ficio, sino a due<br />

decenni ad<strong>di</strong>etro, aveva caratteristiche similari a quelli<br />

precedentemente illustrati.<br />

- E<strong>di</strong>ficio ubicato nell’isolato <strong>di</strong>sposto tra la via Sivilleri, ex<br />

Parrocchia e piazza Matteotti, e<strong>di</strong>ficati nel primo<br />

decennio del XIX secolo e successivamente acquisiti dal<br />

signor Caboni Luigi. Questo e<strong>di</strong>ficio, che occupava i 4/5<br />

dell’intero isolato, venne demolito dal <strong>Comune</strong> <strong>di</strong><br />

<strong>Villasor</strong> nell’anno 1978 a seguito <strong>di</strong> esproprio e in suo<br />

luogo è stata realizzata l’attuale piazza.<br />

52


- E<strong>di</strong>fici ubicati sulla fronte della via N. Brundu, all’angolo<br />

con la via Nuova, in posizione antistante il Convento e la<br />

Chiesa <strong>di</strong> Sant’Antioco. Questi vennero realizzati negli<br />

anni del 1° conflitto mon<strong>di</strong>ale da un agricoltore <strong>di</strong><br />

<strong>Villasor</strong> (tale Medda Francesco) il quale utilizzò, per la<br />

circostanza, alcuni prigionieri <strong>di</strong> guerra Austriaci che nella<br />

vita civile svolgevano la professione <strong>di</strong> muratori. Anche<br />

questi e<strong>di</strong>fici, nei profili alla strada e nel rapporto dei<br />

volumi costituiscono un esempio culturalmente estraneo<br />

alla tipologia e<strong>di</strong>lizia locale.<br />

Nella piazza Matteotti, in a<strong>di</strong>acenza alla Caserma<br />

Carabinieri, venne realizzato un altro e<strong>di</strong>ficio, dotato <strong>di</strong> un<br />

pregevole prospetto (casa Tundoni) a<strong>di</strong>bito a attività<br />

commerciale e residenza. Era un attività commerciale<br />

multiforme, a livello <strong>di</strong> vero e proprio bazar, che spaziava<br />

dagli alimentari alla ferramenta, al vestiario e al carburante;<br />

nello spazio oggi occupato dal marciapiede, negli anni 1930<br />

era ubicata una pompa <strong>di</strong> benzina.<br />

Nel periodo intercorrente tra i due conflitti mon<strong>di</strong>ali,<br />

venne completato l’attuale assetto della piazza Matteotti con<br />

la realizzazione dell’e<strong>di</strong>ficio “Municipio”, che fu inaugurato il<br />

28 Ottobre 1934.<br />

Sino alla fine del 2° conflitto mon<strong>di</strong>ale, il centro <strong>di</strong> <strong>Villasor</strong><br />

proseguì la sua sonnacchiosa esistenza all’interno della sua<br />

antica perimetrazione storica, che accoglieva oltre 4.000<br />

abitanti in luogo dei circa 2.000 dell’ultimo scorcio del XIX<br />

secolo.<br />

Questo notevole incremento <strong>di</strong> popolazione nell’arco <strong>di</strong><br />

circa 50 anni, verificatosi senza alcun ampliamento<br />

dell’antico perimetro urbano, ha senz’altro contribuito in<br />

53<br />

modo notevole a creare quel fenomeno <strong>di</strong> snaturamento<br />

dell’antico centro che è ben visibile ancor oggi.<br />

Il sopraggiungere del 2° conflitto mon<strong>di</strong>ale, ebbe notevoli<br />

ripercussioni nel territorio <strong>di</strong> <strong>Villasor</strong>, ripercussioni che<br />

ancora perdurano:<br />

- Realizzazione dell’Aeroporto <strong>di</strong> Guerra nel salto “Sa<br />

Sorixina” <strong>di</strong> proprietà del <strong>Comune</strong> <strong>di</strong> <strong>Villasor</strong>, mai<br />

indennizzato, e nell’a<strong>di</strong>acente Salto “Su Danieli”,<br />

aeroporto <strong>di</strong>venuto dopo il 2° conflitto mon<strong>di</strong>ale Base<br />

Nato con la denominazione <strong>di</strong> Aeroporto<br />

Decimomannu;<br />

- Realizzazione nelle a<strong>di</strong>acenze della Chiesa <strong>di</strong> Santa Vitalia<br />

tra la linea ferroviaria e il Fiume Mannu, <strong>di</strong> una serie <strong>di</strong><br />

capannoni a servizio della Sussistenza Militare. I suddetti<br />

capannoni sono stati demoliti nel 1998, in seguito al loro<br />

avanzato stato <strong>di</strong> degrado.<br />

I primi anni del dopoguerra, hanno visto nascere in<br />

<strong>Villasor</strong> una forte volontà <strong>di</strong> rinnovamento, per quanto<br />

possibile, in armonia con i paesi più progre<strong>di</strong>ti. Sono questi<br />

gli anni in cui il paese ha iniziato l’espansione oltre i propri<br />

confini storici immutati da secoli, espansione che negli anni<br />

1950 e 1960 registrerà un ritmo elevatissimo.<br />

In questo contesto <strong>Villasor</strong> registra anche la realizzazione<br />

<strong>di</strong> prime e importanti opere pubbliche quali:<br />

1) L’acquedotto Comunale con il serbatoio piezometrico.<br />

Tra il 1946 e il 1948, anni indubbiamente <strong>di</strong>fficili dal<br />

punto <strong>di</strong> vista economico e sociale, l’amministrazione<br />

comunale riuscì ad ottenere le risorse economiche per la<br />

più importante opera del primo cinquantenni del secolo<br />

XX°. Venne acquisita l’area ubicata in posizione<br />

antistante al vecchio pozzo <strong>di</strong> Funtana Noa, a<strong>di</strong>acente<br />

54


alla S.S. 196 ed alla strada vicinale “Intrada de su Pardu”,<br />

<strong>di</strong> proprietà degli ere<strong>di</strong> Zedda Salvatore (per la cronaca è<br />

doveroso ricordare che alla <strong>di</strong>tta proprietaria non venne<br />

mai corrisposto alcun indennizzo, indennizzo che<br />

nell’anno 1973 la signora Zedda Rosina figlia del defunto<br />

Zedda Salvatore, ancora reclamava. La signora Zedda<br />

Rosina morì nell’anno 1984 senza ottenere giustizia).<br />

Nell’immobile acquisito venne realizzato un nuovo<br />

pozzo captante l’acqua dalla falda freatica e un fabbricato<br />

con annessa cabina elettrica. Il fabbricato originariamente<br />

venne a<strong>di</strong>bito in parte ad abitazione del custode e in<br />

parte a impianto captazione.<br />

Si procedette inoltre alla realizzazione dei lavori<br />

sottoelencati:<br />

- condotta adduttrice all’abitato avente <strong>di</strong>ametro interno <strong>di</strong><br />

80 mm in acciaio bitumato, posata nell’a<strong>di</strong>acenza della<br />

S.S. 196 fino al P.L. della linea ferroviaria Cagliari-Olbia,<br />

nella via F.Serra sino alla piazza Matteotti, nella via Roma<br />

sino all’incrocio con la Via N. Brundu, nella via Via N.<br />

Brundu sino all’incrocio con la via Nuova, nella via<br />

Nuova sino al serbatoio pensile;<br />

- condotta idrica interna all’abitato <strong>di</strong>stribuente l’acqua<br />

me<strong>di</strong>ante fontanelle pubbliche così ubicate:<br />

via Repubblica angolo via Orefice, a<strong>di</strong>acente casa Serra;<br />

piazza Stazione, a<strong>di</strong>acente casa Pinna Pasquale;<br />

piazza Matteotti, antistante casa Noli Efisio, all’angolo<br />

con il ponticello della canalizzazione acque<br />

meteoriche provenienti dalla via Roma;<br />

piazza Unità angolo via Cappuccini, a<strong>di</strong>acente casa<br />

Muscas Letizia;<br />

55<br />

vico Sant’Antioco, angolo via Sant’Antioco, a<strong>di</strong>acente<br />

casa Orrù;<br />

via Monastir, incrocio con via Ver<strong>di</strong>, a<strong>di</strong>acente casa<br />

Celide Secchi;<br />

via Crispi angolo via Garotti, a<strong>di</strong>acente casa Puddu<br />

Efisio;<br />

via Cagliari, a<strong>di</strong>acente casa Cadoni Raffaele;<br />

via Mazzini angolo via Sant’ Efisio, a<strong>di</strong>acente casa<br />

Cadevano Biagino;<br />

via Sivilleri angolo via Carpentieri, a<strong>di</strong>acente casa<br />

Lobina<br />

vico Ver<strong>di</strong> angolo via Ver<strong>di</strong>, a<strong>di</strong>acente casa Corda<br />

Salvatore.<br />

2. Sistemazione della piazza Matteotti e della via N. Brundo.<br />

Nell’imme<strong>di</strong>ato dopoguerra l’amministrazione comunale<br />

guidata dal sindaco Antonio Salis, procedette alla<br />

demolizione della muratura che cingeva a guisa <strong>di</strong><br />

parapetto il sagrato antistante la chiesa <strong>di</strong> San Biagio,<br />

realizzando una gra<strong>di</strong>nata sui tre lati, dotandola <strong>di</strong><br />

pavimentazione in piastrelle cementizie bugnate.<br />

L’intervento <strong>di</strong> pavimentazione venne esteso anche alla<br />

piazza antistante il Civico Palazzo ed alla piazza<br />

compresa tra la via Roma e la via Mazzini (sa pratza de<br />

Elisa).<br />

Alla luce del pensiero urbanistico attuale, e per tanto con<br />

il senno <strong>di</strong> poi la demolizione della cinta muraria del<br />

sagrato della chiesa <strong>di</strong> San Biagio ha rappresentato<br />

indubbiamente la cancellazione <strong>di</strong> un assetto urbano e<br />

architettonico consolidato nel tempo.<br />

3. L’ampliamento del Cimitero.<br />

56


Negli anni 1956:57 il <strong>Comune</strong> <strong>di</strong> <strong>Villasor</strong> procedette<br />

all’ampliamento del cimitero nell’area <strong>di</strong>sposta alla<br />

sinistra della sua fronte, acquisendo una quota parte del<br />

fondo rustico della Sig.na Maria Murgia (su cungiau de<br />

Maria Mruxia).<br />

4. La realizzazione del primo e<strong>di</strong>ficio scolastico nella via V.<br />

Matta.<br />

Nel secondo quinquennio degli anni 1950 il <strong>Comune</strong> <strong>di</strong><br />

<strong>Villasor</strong> procedette alla realizzazione del primo e<strong>di</strong>ficio<br />

scolastico ubicandolo nell’immobile <strong>di</strong>sposto in a<strong>di</strong>acenza<br />

alla via Matta <strong>di</strong> proprietà del giu<strong>di</strong>ce Cocco Luigino,<br />

originario <strong>di</strong> <strong>Villasor</strong> residente a Cagliari.<br />

L’immobile del giu<strong>di</strong>ce Cocco era compreso tra la via<br />

Matta, via Repubblica, via Orefice e via Sant’Efisio al suo<br />

interno insisteva un ampio e<strong>di</strong>ficio residenziale a due piani<br />

fuori terra (demolito dal <strong>Comune</strong> nel febbraio 1973)e un<br />

modesto e<strong>di</strong>ficio residenziale a un piano fuori terra,<br />

probabilmente destinato ad abitazione dell’ortolano, in<br />

quanto la vasta area cortilizia superiore ai 5000 mq, cintata<br />

da una robusta siepe <strong>di</strong> fico d’In<strong>di</strong>a sulla via Matta e sulla via<br />

Repubblica, era a<strong>di</strong>bita ad orto. All’interno dell’orto in<br />

a<strong>di</strong>acenza alla siepe lungo la via Matta era <strong>di</strong>sposto un filare<br />

<strong>di</strong> robusti e frondosi gelsi.<br />

Nell’area occupata dal <strong>Comune</strong>, oltre all’e<strong>di</strong>ficio scolastico,<br />

venne realizzata anche la sede stradale dell’attuale via<br />

Oristano.<br />

Per la cronaca è doveroso rammentare che alla <strong>di</strong>tta<br />

proprietaria non venne mai corrisposto alcun indennizzo. E’<br />

doveroso ricordare che nello stesso periodo, il giu<strong>di</strong>ce Cocco<br />

ormai prossimo ad abbandonare la sua vita terrena espresse<br />

le sue ultime volontà con un testamento in cui nominava<br />

57<br />

beneficiario <strong>di</strong> buona parte delle sue sostanze il <strong>Comune</strong> <strong>di</strong><br />

<strong>Villasor</strong>. Dette sostanze consistevano, nella più ricca<br />

collezione <strong>di</strong> gioielli in oro e argento, arazzi e costumi<br />

esistenti in Sardegna, e in un appartamento in Cagliari nella<br />

piazza Jenne.<br />

L’amministrazione comunale del periodo con proprio atto<br />

deliberativo non accettò il lascito e i beni del giu<strong>di</strong>ce Cocco<br />

dopo un periodo <strong>di</strong> amministrazione curatoriale <strong>di</strong>vennero<br />

patrimonio della Regione Sardegna.<br />

Fù indubbiamente una splen<strong>di</strong>da e irripetibile occasione<br />

che <strong>Villasor</strong> non volle e non seppe cogliere.<br />

Vengono omesse dalla descrizione le tante altre opere<br />

pubbliche in quanto sono ben note ai citta<strong>di</strong>ni <strong>di</strong> <strong>Villasor</strong>.<br />

L’assenza per oltre due decenni <strong>di</strong> una pianificazione<br />

urbanistica e<strong>di</strong>lizia, e la successiva pre<strong>di</strong>sposizione <strong>di</strong> questa<br />

varata in assenza <strong>di</strong> un retroterra <strong>di</strong> esperienza nel settore, ha<br />

indubbiamente con<strong>di</strong>zionato spesso anche con forti accenti<br />

<strong>di</strong> negatività l’espansione urbana e i programmi <strong>di</strong> opere<br />

pubbliche. Questo è comunque, in termini storici,<br />

un’argomentazione che ha riscontri oggettivi ancora recenti,<br />

per cui non si ritiene che possa essere affrontato con lucida<br />

obiettività e serenità <strong>di</strong> coscienza da chiunque in qualsiasi<br />

modo sia stato attore o compartecipe.<br />

In questi anni <strong>di</strong> risveglio economico e sociale, cresce nella<br />

popolazione la voglia prepotente <strong>di</strong> abbandonare i vecchi<br />

schemi abitativi, e pertanto il paese assiste inerte a un<br />

operazione <strong>di</strong> sventramento, quasi ra<strong>di</strong>cale, dell’antico centro<br />

e <strong>di</strong> superfetazioni, che in nome e in ragione del progresso<br />

58


costituiscono spesso e volentieri degli autentici mostri e<strong>di</strong>lizi,<br />

in parte ancora esistenti.<br />

E’ degli anni recenti la nascita <strong>di</strong> una certa attenzione per il<br />

recupero e la conservazione <strong>di</strong> quanto è rimasto dell’antico<br />

tessuto urbano, attenzione che si è tramutata nella<br />

pre<strong>di</strong>sposizione <strong>di</strong> un Piano Particolareggiato per il Centro<br />

Storico e nell’attuazione <strong>di</strong> un programma <strong>di</strong> interventi<br />

finalizzato alla riconduzione della viabilità agli antichi<br />

schemi.<br />

59


In<strong>di</strong>ce


Volumi pubblicati dalla Biblioteca Comunale <strong>di</strong> <strong>Villasor</strong><br />

Collana Santi Feste e Tra<strong>di</strong>zioni<br />

1 Carlo Pillai, Il culto <strong>di</strong> San Biagio a <strong>Villasor</strong> e nella Sardegna<br />

meri<strong>di</strong>onale tra influsso bizantino e tra<strong>di</strong>zione popolare<br />

2 Carlo Pillai, La vita nel feudo. Note sull’economia <strong>di</strong> <strong>Villasor</strong> da metà<br />

Seicento ai primi dell’Ottocento<br />

3 Carlo Pillai, Le vicende della Confraternita del Rosario <strong>di</strong> <strong>Villasor</strong> tra<br />

il XVIII e il XIX secolo<br />

4 Battista Urru, Listas feudales del Partido de Vila Sor. Lista delle<br />

persone del villaggio <strong>di</strong> <strong>Villasor</strong> tenute a versare i propri tributi al<br />

feudatario<br />

5 Franco Secci, La Confraternita del SS Rosario <strong>di</strong> <strong>Villasor</strong>.<br />

Associazione religiosa plurisecolare<br />

6 Franco Secci, Aspetti <strong>di</strong> Vita Sacra e profana a <strong>Villasor</strong> nella<br />

seconda metà del XVIII secolo<br />

7 Battista Urru, La presa <strong>di</strong> possesso del Feudo del 1763. Il villaggio <strong>di</strong><br />

<strong>Villasor</strong><br />

8 Battista Urru, Il consignamento del Feudo del 1765 e del 1780. Il<br />

villaggio <strong>di</strong> <strong>Villasor</strong><br />

9 Carlo Pillai, Il glorioso S. Antioco martire sulcitano e santo sardo<br />

10 Annamaria Ravastini, Sul Castello <strong>di</strong> <strong>Villasor</strong>. Un esempio <strong>di</strong><br />

architettura fortificata aragonese<br />

11 Franco Secci, Abolizione e liquidazione del Feudo<br />

12 Sandro Pili, Evoluzione urbanistica e tecnologica nel territorio<br />

<strong>di</strong> <strong>Villasor</strong><br />

Collana I Racconti della Biblioteca<br />

1 Pier Paolo Sciola, Remissione spontanea.<br />

2 Franco Secci, Contus is Primis.<br />

3 Franco Secci, Contus chi sighint.


Finito <strong>di</strong> stampare nel mese <strong>di</strong> febbraio 2007<br />

presso la Biblioteca Comunale <strong>di</strong> <strong>Villasor</strong><br />

<strong>Comune</strong> <strong>di</strong> <strong>Villasor</strong><br />

Assessorato alla Cultura<br />

Biblioteca Comunale

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