Via del Babuino

cui faccia tanto assomigliava al muso di un cammello, da confonder
l'uomo con la bestia...» (H. DAHLERUP,Mit Livs Begivenheder, Il,
Kbh, 199,p. 188). A proposito dei servitori narra lo scrittore Vilhehn
Berg5Òe una buffa vicenda «( Sotto Palme e Pini») avvenuta dopo
il '60. Un amico gli aveva regalato una bottiglia di « Sherry Cordial »,
il cui contenuto desiderava offrire ai connazionali radunati intorno a
un tavolo nel Caffè Greco, Nessuno però era in possesso d'un caVa-
tappi e nessuno sapeva una parola d'italiano. Allora uno dei presenti
fece con la mano una mossa illustrativa, come se stappasse una bottiglia.
« Vabbene», disse il cameriere con un leggero sorriso, « ho
capito! », e dopo un breve intervallo tornò con un clistere...
In un giorno del 1905 entrarono nel Caffè Greco due « poseurs »
barbuti dai capelli d'argento; erano i poeti Bjomson norvegese e
Drachmann danese, quest'ultimo autore della favola drammatizzata
« C'era una volta», degli « Inni al Mare» e del ciclo« Venezia ».
Erano i « grand old men» del mondo letterario scandinavo, Drachmann
indossava il solito « havelock» e un « Borsalino» nuovo di
zecca color grigio topo a tesa larghissima, acquistato appena allora in
un negozio del Corso. Neanche a farlo apposta, Bjornson portava un
cappellone preciso e identico a quello del suo collega nel regno delle
musei l'uno non voleva esser superato dall'altro, nemmeno nell'effetto
di vestirsi in maniera eccentrica, « Con codeste ombre nebbiose di
feltro romano» entrambi i corifei del Parnaso iperboreo sembravano
« due nuvoloni di alta montagna», Quando poi il narratore dell'episodio
si mise in capo anche lui un enorme Borsalino in tutto uguale
ai già descritti, costui dovette farlo tingere in nero. La gente, infatti,
fermava tutti e tre per la strada, credendo che facessero pubblicità
per una stravagante cappclleria del centro. Drachmann era un forte
bevitore di fenomenale resistenza. A titolo di cronaca si racconta che
una sera, insieme con altri amici dionisiaci, votasse un intero barile
di « Frascati», Il giornalista Niels Hoffmeyer, che è la nostra fonte
(insieme al contemporaneo scrittore BOrge Janssen) ricorda « molte
intime serate tra i tavoli di bigliardo al primo piano del Caffè (Greco»).
Dopo una baldoria nel classico ritrovo artistico, caro agli scandinavi,
il giovane e promettente lirico norvegese Olaf Bull si tuffò nella vicina
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fontana della « Barcaccia» per « rinfrescare» la propria euforia: si
era nel cuore dell'inverno, ed il povero poeta dovette rimanere a letto
per ben due giorni, non a causa della più che naturale conseguenza
di un forte raffreddore, ma più semplicemente perché il suo unico
abito doveva asciugarsi nell'umile locanda priva di riscaldamento.
La variopinta storia del Caffè Greco si riflette sulle pareti con le
immagini dei celebri visitatori, alla testa dei quali sono Thorvaldsen
e Andersen. Ma quanti anonimi amici di ambedue i sessi han contribuito
alla fama del bicentenario locale, l'unico caffè sopravvissuto
della « Roma romantica », autentico centro culturale, promotore di
pensieri immortali. « Un vecchio romano» dalle latitudini settentrionali,
scrive Christian Elling, « rispettava il Caffè Greco, e si guardava
bene dal mettervi piede in compagnia di turisti "in erba"» (Breve om
ltalien, 1945, p. 87)' Per il colto « dilettante» il Caffè Greco era un
angolo d'accogliente atmosfera tra gli strapazzi del « Grand Tour».
E tale esso è rimastO.
« L'appartamento Andersen» in un autentico schizzo (3-v-6r)
nell'epistolario Colliniano.
Copenaghe'l,BibliotecaReale (ed. H. Topsoe-]ensen)
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