88 - Sciroeu de Milan

ACCADEMIA di DIALETTO e CULTURA MILANESE
SCIROEU de MILAN
Anno XIII – Numero 88 – Novembre/Dicembre 2011 – Registrazione del Tribunale di Milano N°789 del 24-12-1999
Assemblea 2011
L’assemblea rappresenta il momento di incontro, per la
valutazione del consuntivo di esercizio, sia in termini
economici, sia per ciò che attiene la vita propria del
sodalizio. È inoltre il momento in cui si da vita alle
iniziative future, ascoltando anche i desiderata dei
soci.
Da qui si evidenzia che l’assemblea è l’occasione di
aggregazione fra gli organi direttivi e tutti i soci che
abbiano buona volontà e voglia di proporre.
L’assemblea celebrata il primo di ottobre oltre a
evidenziare le peculiarità della nostra Accademia ha
contenuto il momento importante del rinnovo del
Consiglio Direttivo, scaduto appunto in questo mese.
Dopo la relazione morale del Presidente e la lettura del
bilancio, entrambi approvati all’unanimità, si è passati
a discutere delle varie proposte o osservazioni che i
soci presenti hanno voluto esprimere. La discussione
si è incentrata sulla carenza di nuove leve che possano
dare continuità alla Accademia, rilevando però, nel
contempo, la difficoltà congenita che tante associazioni
di questa natura devono affrontare: crisi di identità?
Crisi di interesse in certi valori o per queste particolari
forme di associativismo? Difficile da definire, così
come difficile sembra la soluzione alla mancanza di
nuovi associati.
Ecco che i soci sono stati chiamati a dare un concreto
aiuto al Consiglio Direttivo, nella ricerca di nuovi
associati da inserire nell’Accademia.
Si è inoltre dato cenno al progetto del 9° quaderno
dell’Accademia che, purtroppo, sta segnando il passo.
Ancora, si è deciso di dare ascolto a una variazione
relativa alle quote di abbonamento al Sciroeu,
unificandole alla tessera associativa: di fatto, dal 2012,
i soci dovranno effettuare un unico e solo pagamento,
quello relativo alla tessera sociale che darà diritto anche
a ricevere il “Sciroeu”. Nelle pagine interne troverete
una migliore spiegazione.
Da ultimo, ma non come importanza, si sono svolte le
votazioni per il rinnovo delle cariche sociali, votazioni
che hanno visto eletti quali cosiglieri Gianfranco
Gandini, Ella Torretta, Edoardo Bossi, Mario Scurati e
Lucio Calenzani.
La Redazione

EDITORIALE
Assemblea 2011
2 Sciroeu de Milan - Novembre/Dicembre 2011
SOMMARIO
PROGRAMMI E SEGNALAZIONI 3
IN PRIMO PIANO 4
El sonètt nel nòster linguagg
di Edoardo Bossi
El scior Carera
di Ambrogio Maria Antonini
Giovanni Barella
da “Letteratura dialettale milanese” di Claudio Beretta
La splendida corte di Lodovico il Moro
“La festa del Paradiso” di Leonardo da Vinci
di Osmano Cifaldi
MILAN... LA COGNOSSI? di Giorgio Moro Visconti
Via Solferino
SCIROEU DE LA PRÒSA
Augusto Mazzoleni, Gianfranco Gandini
IN CARTA 16
LEGGIUU E SCOLTAA 17
I condimenti nella cucina naturale
di Marialuisa Villa Vanetti
VEDRINA DE LA BOTANICA a cura di Fior-ella
Banana, maschera di bellezza
La vos de la coscenza 22
CUNTA SÙ di Ella Torretta
El Castell de la Contessa
SALUTE A MILANO di Filippo Bianchi
Questioni di cuore
FIRIFISS 27
1
5
6
7
8
11
12
20
21
23
25
Accademia
del Dialetto Milanese
Quote annue di adesione del 2011
Soci Aderenti da € 35,00
Soci Effettivi da € 52,00
Soci Sostenitori da € 180,00
SCIROEU de MILAN
Sciroeu de Milan è la rivista bimestrale
dell’Accademia del Dialetto Milanese.
La quota può essere versata su
Banca Popolare del Commercio e
dell’Industria
Iban IT24H0504801613000000003602
Agenzia 33 – via Secchi 2 – Milano
oppure: C/C Postale N°24579203
“Accademia del Dialetto Milanese”
SCIROEU de MILAN
Edito dall’Accademia del Dialetto Milanese
Bimestrale fondato nel 1999
Reg. Trib. di Milano N°789 del 24-12-99
Direttore: Gianfranco Gandini
Fax 02 8266463
ACCADEMIA DEL DIALETTO MILANESE
Sede c/o Centro Culturale di Milano
Via Zebedia 2 - 20123 Milano
Tel. 3336995933 Fax 028266463
C.F. 97206790152 NAT. GIUR. 12
Presidente onorario: Gino Toller Melzi
Presidente: Gianfranco Gandini
Vicepresidente: Mario Scurati
Consiglieri: Ella Torretta - Segretaria
Edoardo Bossi
Mario Scurati
Lucio Calenzani
Redazione: Gianfranco Gandini,
Gino Toller Melzi, Ella Torretta,
Marialuisa Villa Vanetti
E-mail: redazione-sciroeu@libero.it
Hanno collaborato a questo numero:
Filippo Bianchi, Edoardo Bossi,
Osmano Cifaldi, Fior-ella, Augusto
Mazzoleni, Giorgio Moro Visconti
Realizzazione e disegni di:
Marialuisa Villa Vanetti

PROGRAMMI
APPONTAMENT E MANIFESTAZION:
Sabato 5 novembre h. 15.30 El Sciroeu di Poetta
c/o Centro Culturale di
Milano - Via Zebedia 2
Sabato 17 dicembre h. 12.30 Pranzo sociale
c/o La bassa marea
via Anfiteatro, 6
per informazioni e
prenotazioni: Ivo Siboni
02 70125784
Manifestazion di amis
ADA LAUZI
“I AMIS DE LA POESIA”
ogni terzo lunedì del mese alle 15.30
presso la Sala Bleu della Parrocchia di San Protaso,
via Osoppo 2 - Milano
El Pontesell
Biblioteca Fra’ Cristoforo
via Fra’ Cristoforo 6 - Milano
da ottobre 2011 è iniziato il
XIV Corso di Lingua e Cultura Milanese
il Lunedì dalle 17.00 alle 19.15
Docenti: Paola Cavanna, Gianmaria Ferrari,
Gianfranco Gandini,
Bianca Mancuso, Pietro Passera
con la partecipazione di altri esperti e
“Giornate riservate al poeta amico”
e
“Giornate per canzoni di tradizione e cori”
dal 20 ottobre 2011
Ella Torretta
ha ripreso le conversazioni
“Freguj de milanes”
quindicinalmente
il giovedì alle 15.30
ed alle 16.30
“Scrivemm in milanes”
Humaniter - via S. Barnaba, 48 - Milano
sabato 19 novembre alle ore 15.00
presso il Consiglio di Zona 7
via Anselmo da Baggio, 55
a cura dell’Associazione
“Amici Cascina Linterno”
conferenza di Tullio Barbato
“I bombardamenti su Milano nella
2° guerra mondiale”
Gino Toller Melzi
conversazioni
“Storia di Milano”
il giovedì dalle 16.30 alle 17.30
UNITRE - via Ariberto 11 - Milano
Sabato 12 e Domenica 13 Novembre
apertura degli studi degli artisti
della Fornace Curti
Sabato mattina possibilità di visite guidate
per informazioni: 02 8135049
RADIO MENEGHINA
Radio Meneghina, è diretta da Tullio Barbato, trasmette 24 ore su 24 in FM sulla frequenza 91.950 megahertz.
Produce settimanalmente 112 programmi presentati da 136 conduttori. Trasmette diverse ore al giorno notiziari, i
principali alle 12.00, 13.20, 19.00 ai quali collaborano Luca Barbato, Giovanna Ferrante, Michaela Barbato e Lorenzo
Barbato. Approfondisce ogni materia nella fascia della “università” (15.00). Radio Meneghina è l’emittente che
riserva il maggiore spazio alla produzione dialettale di canzoni, poesie, prose, specialmente negli orari del “Milanese”
(12.30).
Radio Meneghina: Via Biancardi 6 Milano - Tel-Fax 02 48518913 - e-mail: segreteria@radiomeneghina.it
Si ascolta anche via Internet: è sufficiente sintonizzarsi con il sito dell’emittente www.radiomeneghina.it
Sciroeu de Milan - Novembre/Dicembre 2011 3

4 Sciroeu de Milan - Novembre/Dicembre 2011
IN PRIMO PIANO
COMPOSIZIONE DEL NUOVO CONSIGLIO DIRETTIVO 2011 – 2014
Al termine dell’Assemblea i consiglieri neo eletti si sono riuniti in seduta consigliare per dare
esecuzione al disposto dell’articolo 12 dello Statuto.
Gli stessi, con votazione palese, si sono così espressi:
Presidente GIANFRANCO GANDINI
Vice Presidente MARIO SCURATI
Consigliere e Segretaria ELLA TORRETTA
Consigliere EDOARDO BOSSI
Consigliere LUCIO CALENZANI
ATTENZIONE
L’assemblea del 1 Ottobre 2011 ha deliberato di eliminare la Quota di Abbonamento al Sciroeu
mantenendo il solo onere di Tesseramento.
che darà diritto dal 2012 a ricevere il Sciroeu de Milan, senza altri oneri
con i seguenti importi:
SOCIO ORDINARIO - € 35,00
SOCIO EFFETTIVO - € 52,00
ANTICA CREDENZA DI SANT’AMBROGIO
XIV concorso di poesia e prosa
destinato ad opere nelle lingue lombarde
“...PRIMA CHE VÈGNA NÒTT”
edizione 2011
Termine ultimo inderogabile per la consegna delle opere 15 novembre 2011
Le opere andranno inviate al seguente indirizzo:
Antica Credenza di Sant’Ambrogio - via Rivoli 4 - 20121 Milano
Per ulteriori informazioni: 02 45487985
e-mail: antigacredenza@hotmail.com

EL SONÈTT NEL NÒSTER LINGUAGG
di Edoardo Bossi
[Continua dal numero precedente]
Paolo Sambo
Nasce a Milano nel 1922 da padre veneziano e da
madre bolognese. Durante e dopo gli studi per
il conseguimento del diploma in Ragioneria, si
dedica allo studio delle lingue che apprende con
estrema facilità. Tali conoscenze e specializzazione
lo porteranno ad avere un ruolo di primo piano,
presso aziende diverse, nel settore del commercio
estero. Nell’ottobre del 1948 sposa Maria Colombo,
dalla quale avrà l’unica figlia: Leda. Ci lascerà,
purtroppo, il 1° febbraio del 2002. Durante il tempo
libero, rispolverò la passione per l’acquarello,
ma, soprattutto, la schietta parlata milanese della
suocera cominciò ad incuriosirlo ed ad “inzigarlo”.
Fu tale l’attrazione del vernacolo milanese che in
breve s’impadronì sempre meglio del lessico e della
grammatica, dedicandosi allo studio dei classici
(Il Carlo Maria Maggi, il Porta, il Tessa) e dei
contemporanei ( in special modo il Barrella e Luigi
Medici). Iniziò quindi a scrivere poesie in dialetto,
partecipando poi a numerosi concorsi. Il Sambo fu,
tra l’altro, uno dei co-fondatori dell’Accademia del
Dialetto Milanese, collaboratore alla rivista “Corriere
della Sedia” (dove Se-dia sta per Sezione Dialettale
del Circolo Filologico Milanese) e poi al “Sciroeu de
Milan”, periodico dell’Accademia. Il Sambo è stato
scelto e portato ad esempio in quanto in lui spicca
l’utilizzo del sonetto come mezzo di comunicazione
epistolare. Intensa e prolifica la corrispondenza
fra il Sambo ed il Prof. Pier Gildo Bianchi, di cui
riportiamo alcuni esempi:
ACCADEMIA
N° 29 (supplement)
Sonettino delicato e dedicato
Pensa tì cossa el fa, Piergildo, el sprone
d’on pee con la ... pesciada, che’l t’inziga
e senza dall a intend, ciolla, el t’impone
de rispondegh in vèrs, riga su riga.
Ecco, quest l’è ‘l segrett de la fadiga
(semper driss in di ciapp, che va benone)
de trà in pee sto cartegg che’l se destriga
e senza on seccaball che t’indispone.
Tanto pù che, scrivend in milanes,
che l’è lengua d’artista d’eccelenza
a cavall tra l’indian e ‘l giappones,
se fa cress, come in l’ort ona primizia
con l’ingrass del terren e la somenza,
ona rogora granda: l’AMICIZIA.
N° 65
Ah, te inzighet? E allora giò cont el 65
Questa sì che l’è bella, el mè Biancon!
N’emm vist e digerii de tutt i sort:
donn in braghetta, omen lendenon,
batton che te resusciten i mort,
loeugg, travestii, rocchetta, culatton,
tant d’impienì ona bonza per trii ort,
ma questa d’ona monega ... in pension
che la da via, questa l’è ‘l panfort!
Te se figuret, Bianchi, el primm “approccio”
con vun che’l sa nagott di precedent?
“Cont i candel che mì hoo smorzaa in convent,
car el mè ciolla, dammel, ven ... Ma occio
che in quella d’infilammel no ‘l diventa
on moccol de candela lasagnenta.”
Sciroeu de Milan - Novembre/Dicembre 2011 5

El scior Carrera
POEMETTO STORICO IN DIALETTO MILANESE
di Ambrogio Maria Antonini
[Continua dal numero precedente]
SANT AMBROEUS
Denanz a mì cresseva el monument,
e on dì, sòtta a on bèll ciel de primavera,
on vèscov senza mitra
ma col baston in man e bèlla cera,
l’è vegnuu a predicà in sul sagraa.
L’era Ambroeus de Treviri,
e intorna a lù ona meda de bèi dònn,
ver mercaa de Sarònn;
l’era el discors de la verginitaa,
“de istitutione virginis”, però
l’è andada ben dai trèdes ann in giò!
Inscì, ’sto vèscov sant, pròppi l’è staa
primm femminista de l’umanità.
No te disi i battali a son de bòtt,
de discors, furugad e mazzament! (parapiglia)
Da ona part j Arian spazzabaslòtt (fattorini che
fanno la cresta)
e da l’altra i Cristian intransigent.
Se gh’era minga quèll ex pretorian (Ambrogio)
mèzz giudes roman
mèzz vèscov de Milan,
la religion l’andava a fenì mal,
con giòia di Pagan, senza pivial.
Intant l’è passaa quasi on secol bon
tra i prodèzz de Alarico e Stilicon.
ATTILA E I ROGAZION
Se sent in l’aria on’aria de spavent,
e lì in sul pasquee ona gran gent (sagrato)
la se mètt tutt in fila col croson
dent in del vèll. De nòtt coi lanternon,
vestii de sacch in sègn de penitenza
strusaven i sciavatt e con cadenza
6 Sciroeu de Milan - Novembre/Dicembre 2011
ACCADEMIA
cantaven j alleluja e i litanii
slisand de chì e de là come di strii. (allontanarsi di
soppiatto come streghe)
Andaven vèrs i pòrt, vèrs i bastion,
per implorà la grazia de salvass
dal pericol de mòrt e de sconquass,
e Lazzer je ciamava “I rogazion”. (riti propiziatori
per un buon raccolto introdotti dal vescovo di Vienne
Memerto nel 474 d.c.)
“Aquilèja distrutta!” tucc vosaven disperaa
“Mò adèss me tocca a nun!”
Attila el riva. El piomba in San Lorenz (re degli
Unni distrugge Milano 452 d,c,)
pròppi davanti a mì!
Sora el cavall, col sò crappon pelaa,
l’alza la mazza, in mèzz al fumm d’incens
e on gran ròsc de pòpol disperaa
(un grande crocchio di persone)
Hoo vist Lazzer pondagh sul nas la cros (Lazzaro
Broccardi Vescovo di Milano 432)
e Attila voltass, ross e rabbios,
e come spiritaa
sparì dent in la nòtt coi sò soldaa!
[Continua nel prossimo numero]

Giovanni Barella
ACCADEMIA
da “LETTERATURA DIALETTALE MILANESE” di Claudio Beretta
Nella sua “Letteratura” il prof. Claudio Beretta ci ricorda che la poesia, composta in dodici sestine classiche,
ottenne il primo premio assoluto al concorso Carlo Porta indetto dall’Ordine Nazionale Autori e Scrittori.
Sembra che la lirica sia stata l’ultima scritta dal Barrella, un anno soltanto prima della sua scomparsa.
EL POGGIOEU
Da ’l mè poggioeu, al primm pian, mì vedi el mar
che l’è distant cent meter de cà mia.
Del dì stoo lì a guardall fin che me par,
de nott el me ten semper compagnia
e me indormenti sul va-e-ven de l’onda
che moeur in sù la sabbia de la sponda.
Purtropp, ’sto mar, che l’è la mia passion,
el m’è proibij per la mia tarda etaa
e devi contentamm, soll, del balcon
perchè ormai son vecc e malandaa:
pensalla che, de giovin, stavi al mar
’me fussi on pescador o on marinar!
Mì s’eri in acqua tutta la giornada,
fasevi el bagn de nott al ciar de lunna,
mì a la mattinna , prest, s’eri già in strada,
e, se pescavi senza avegh fortunna,
allora andavi ai scoeuj col mè cortell
in cerca de peoci e de patell.
Remavi per di or sul mè moscon,
guidava i barch a vella di vesin
e, dopo on visorin sott l’ombrellon,
mì s’giugattavi in mar come on delfin
per poeu saltà e ballà sù per i rîv
me se gh’avessi adoss l’argento vîv.
Adess, quand vedi i ciar di cent lampar
che vann sù e giò coi ond in moviment,
o guardi i stell che brillen sora al mar
in del silenzi bleu del firmament
me ciappa, mì soo nò, ’me on strangolon
che quasi piangiarissi del magon.
Del dì l’è on altra robba... Vedi gent
me setti giò al poggioeu, guardi la strada
IL BALCONE
Dal mio balcone al primo piano vedo il
mare che è distante cento metri da casa mia.
Di giorno sto lì a guardarlo fin che mi pare,
di notte mi tiene sempre compagnia e mi
addormento sul va e vieni dell’onda che
muore sulla sabbia della sponda.
Purtroppo questo mare che è la mia passione,
mi è proibito per la mia tarda età
e devo accontentarmi, solo, del balcone
perché oramai sono vecchio e malandato:
pensare che, da giovane stavo al mare
come fossi un pescatore o un marinaio!
Io ero in acqua tutta la giornata,
facevo il bagno di notte al chiaro di luna,
io la mattina, presto, ero già in istrada,
e, se pescavo senza aver fortuna,
allora andavo agli scogli col mio coltello
in cerca di peoci e di patelle.
Remavo per ore sul mio moscone,
guidavo le barche a vela dei vicini,
e, dopo un pisolino sotto l’ombrellone,
mi sfogavo a giocare in mare come un delfino
per poi saltare e ballare su per le rive
come se avessi addosso l’argento vivo.
Adesso, quando vedo le luci di cento lampare
che vanno su e giù colle onde in movimento,
o guardo le stelle che brillano sul mare
nel silenzio blu del firmamento
mi prende, non so, come un nodo alla strozza
che quasi quasi piangerei dal magone.
Di giorno è un’altra roba. Vedo gente mi
siedo al balcone, guardo la strada e quello è
Continua a pag. 10
Sciroeu de Milan - Novembre/Dicembre 2011 7

8 Sciroeu de Milan - Novembre/Dicembre 2011
ACCADEMIA
La splendida corte di Lodovico il Moro
“La festa del Paradiso” di Leonardo da Vinci
di Osmano Cifaldi
La mattina del 26 dicembre 1476, davanti alla Chiesa
di S. Stefano, il Duca di Milano Galeazzo Maria,
venne ucciso da alcuni congiurati. Lasciava un figlio,
il giovane Gian Galeazzo, sotto la tutela della madre
Bona di Savoia ed il governo affidato al cancelliere
ducale, il valente Cicco Simonetta.
Ma Ludovico Sforza detto il Moro, terzo figlio
di Francesco Sforza, d’accordo con alcuni nobili
di Corte Ducale riuscì a porre in stato d’accusa il
Simonetta che venne subito mandato al patibolo con
false prove d’accusa e farsi eleggere Reggente del
Ducato. Relegò al castello di Abbiategrasso Bona di
Savoia ove il figlio erede legittimo del Ducato, già
cagionevole di salute morì misteriosamente.
Così Lodovico il Moro ebbe sgombra la strada per
il pieno potere, e lo legittimò col riconoscimento
ufficiale dell’imperatore di Germania Massimiliano,
convalidandolo poi con la intelligente vigoria della
sua azione di governo.
Fu magnifico principe, colto, giusto, lungimirante,
accorto diplomatico. Fece del Ducato un potente
Stato tanto da rivaleggiare con Firenze e Venezia
ammirate e temute in tutta Europa.
Si circondò di abili amministratori come Bartolomeo
Calchi e Giacomo Antiquari; diede forte impulso
alle Arti, alle lettere, alle scienze. Fece costruire
magnifici edifici, creò una Corte elegante e raffinata
rivaleggiando con quella prestigiosa di Firenze voluta
dal grande Lorenzo il Magnifico.
Con il Pericle milanese Milano raggiunse la sua
massima potenza. Per opera sua vennero da ogni
parte in città uomini insigni. Le scuole superiori del
Broletto ospitarono docenti illustri e d’alta cultura
come Candido Decembrio, Francesco Filelfo,
Bernardino Corio.
Fiorirono le scuole elementari aperte anche ai bambini
poveri. Gli studi storici, la poesia latina e quella
italiana, la stampa, l’ingentilimento dell’idioma
lombardo, ebbero nel Duca le cure più assidue.
La stampa che a Milano ebbe un’impronta folgorante
attraverso un’efficiente editoria, pubblicò tra il 1480
ed il 1500 ben 400 opere di assoluto prestigio e
fondamentali classici latini, opere giuridiche, trattati
musicali, testi ascetici, vocabolari, studi storici,
raccolte di poesie, narrazioni, pubblicazioni di
medicina - architettura - ingegneria militare e civile.
Una “Summa” che facilitò non poco l’approccio
agli studi, agli approfondimenti, allo sviluppo delle
conoscenze.
Il Moro risollevò dalla crisi l’Università di Pavia,
rilanciandola con una campagna acquisti di docenti
d’alto livello; novanta furono i professori tra i migliori
disponibili in tutte le discipline della conoscenza,
prime fra tutte la medicina, la giuridica, la teologia.
L’architettura lombarda ebbe un forte impulso
innovativo con la chiamata di Donato Bramante a
Milano che su commissione del Moro realizzò la
Canonica ed il chiostro di S. Ambrogio, S. Satiro,
la cupola di S.Maria delle Grazie, il chiostro di S.
Pietro in Gessate, il cortile dell’Arcivescovado e del
Broletto.
Attorno al grande urbinate si andò formando una
valente scuola di costruttori come il Battagio, il
Dolcebuono, l’Omodeo, Cristoforo Solari, Lazzaro
Palazzi. Questa scuola intervenne in S. Maria delle
Grazie, nel castello Sforzesco, nel monastero di S.
Maurizio, in S. Maria presso S. Celso, nella Certosa
di Pavia, nel Duomo, nella cappella Colleoni di
Bergamo. Originalità, eleganza, effetto scenico,
concezione artistica innovativa, le prestigiose orme
lasciateci da questi straordinari artisti.
Il campo della pittura, che già si avvaleva dell’opera
del Foppa, del Bergognone, di Zenale e Butinone,
ebbe un potente slancio con la ventennale presenza
a Milano di Leonardo da Vinci.
Il Duca Ludovico ha il merito d’aver convocato e
trattenuto a Milano per cosi’ lungo tempo colui che
Giorgio Vasari chiamava “non uomo ma incarnazione
della divinità sulla Terra”.
Intorno a Leonardo s’imperniò una “Summa” di idee
nuove sia nell’arte che nella scienza che caratterizzò
il Rinascimento lombardo.
Leonardo ricercatore acuto e tenace delle leggi
naturali compì a Milano la maggior parte dei

suoi studi in tutti i campi dello scibile: pittura,
architettura,ingegneria civile e militare, studi unici
sul volo umano, sulle acque, nuovi strumenti di vita
e di lavoro.
Leonardo affermava che “…la sapienza è figliola
della sperienza e la sperienza non falla mai, sol
fallano i nostri giudizi”. Creò in pittura capolavori
immortali quali il “Cenacolo, la Vergine delle rocce,
La Gioconda “.
Quest’arte suprema attrasse un gruppo di pittori
chiamati leonardeschi: Bernardino Luini, Marco
d’Oggiono, Cesare da Sesto, Giampietrino, Sodoma,
che pennellarono all’ombra del “genio” quadri
superbi.
Per le sue sperimentazioni e realizzazioni Leonardo
ebbe sempre carta bianca da parte del Duca che non
fu soltanto mecenate intelligente e liberale ma sposò
le idee del “genio di Vinci” comunicandogli sicurezza
e sostegno finanziario.
Il Moro aveva previsto un ampliamento di Milano
con la costruzione di nuovi quartieri ed incaricò
Leonardo di formulare un piano regolatore completo.
Quel castello Sforzesco che oggi ammiriamo,
ospitava al tempo una delle più splendide Corti
europee. Scriveva l’ambasciatore di Venezia presso
il Ducato “Questo Castello è di summa bellecia e
grandecia. Quivi il Duca tiene la sua Corte una delle
belle che sii in Italia e altrove…”.
A rendere più splendente la Corte sforzesca fu la
presenza di Baldassarre Castiglioni che v’imparò
l’arte della “cortigianeria” a due raffinate donne
quali Isabella d’Aragona moglie di Gian Galeazzo e
Beatrice d’Este moglie di Ludovico il Moro. Attratta
dallo splendore milanese venne spesso a Milano
l’arbitra della moda dell’Italia dell’epoca: Isabella
d’Este, sorella di Beatrice.
I festeggiamenti per il matrimonio del Duca diedero
all’Europa una sfolgorante prova della inarrivabile
pompa sforzesca. Ci basti ricordare la “Festa del
Paradiso”.
Valendoci di una cronaca contemporanea rileviamo
che l’intera rappresentazione fu affidata a Leonardo
che organizzò l’allestimento dei saloni, si occupò
degli abiti dei Duchi e dei nobili, delle dame, delle
maschere, dei sontuosi addobbi, dei comportamenti
dei cortigiani.
La grandiosa festa ebbe luogo al castello Sforzesco
nella sala “verde” superiore, oggi museo della
ceramica e vetri, dotata di una scala percorribile
ACCADEMIA
a cavallo. Le pareti erano coperte interamente da
preziosi arazzi e di armi delle famose manifatture
milanesi. Furono pure allestite tribunette per i vari
ordini di spettatori: sullo sfondo “Il Paradiso” celato
da un ricco sipario.
Così gli invitati: il castellano, ambasciatori, nobili,
magistrati, uomini di cultura e d’armi, cortigiani e
duecento dame della migliore società milanese.
Quando tutti gli invitati ebbero preso posto, Isabella
aprì la Festa con una danza da lei stessa eseguita,
seguì la sfilata degli invitati tutti in maschera e vestiti
con tutti i costumi più alla moda dell’epoca.
Ultimata questa prima parte, venne rimosso il sipario
e apparve il “Paradiso” allestito da Leonardo.
Aveva la forma di un gigantesco mezzo uovo, tutto
splendente d’oro e seminato di stelle luminose. Si
potevano ammirare sette Pianeti ed i dodici segni
dello zodiaco similmente a palle di vetro contenenti
all’interno un lume. Nel mezzo era Giove; visibili
pure Apollo, Mercurio, le Tre Grazie, sette fanciulle
rappresentanti la virtù. Ad un tratto le Grazie e le
Virtù sciolgono un soave canto di lode alla novella
Duchessa che viene da loro accompagnata, tra lo
stupore ed il compiacimento degli invitati.
Insomma uno spettacolo mitologico sfavillante,
con prospettive sceniche rutilanti ed in movimento
azionate da un geniale ed inedito apparato
meccanico.
Questa fu la “Festa del Paradiso”, una cerimonia
complessa e brillante che lasciò senza fiato il Duca,
la Duchessa, tutti i qualificati invitati.
Leonardo ancora una volta strabiliò e stordì col suo
genio donando alla Corte del Moro spettacoli, cose
d’arte, invenzioni, intuizioni, che stupirono il mondo
di allora. E tutto questo alla Corte di Ludovico Sforza
detto il Moro.
Sciroeu de Milan - Novembre/Dicembre 2011 9

Continua da pag. 7 - Giovanni Barella
e quell l’è l’unich mè divertiment,
perchè inscì godi in pien la furugada
de quij che ven chì al mar per stà sù alegher,
o rostì al sô per diventà bej negher.
Vedi passà i donnett vestij de biott
e mì me ciappi el gust de contemplaj
perchè oramai me disen pù nagott
e cert foo nò del mal se stoo a guardaj.
Peccaa che i donn, ai mè bej temp indree,
gh’avessen biott apenna el coll del pee!
’Na donna del paes la porta in testa
on cest cont ona pigna de lenzoeu
’me la portass nagotta in quella cesta,
passand, maestosa, sotta al mè poggioeu
ninand i brasc per segondà l’andada
tutta vestida in mezz a gent sbiottada.
Quajvolta me indormenti in sul poggioeu
e allora, in sogn, me torna in de la ment
tutt la mia vitta, de quand s’eri on fioeu:
la mamma, el mè papà, i mè parent,
tutti i tosann che ghe son cors adree
finna a quell dì che hoo cognossuu mia miee,
l’unich tesor che m’è restaa a ’sto mond,
perchè el passaa l’è mort e sotterraa
e tutt me se sbiaviss e se confond
’me regordassi pù quell che son staa.
Sol la me resta lee, viva, viventa,
anca se l’è quajvolta prepotenta.
Prepotenta! Perchè la voeur curamm,
la dîs che a la mia etaa se scherza nò
e mì, per forza, devi contentamm
e fà quell che la voeur, e mandà giò
se no la vosa, e se rispondi a ton,
la va a finì che mettom giò el muson.
Ma quand sont sul poggioeu, soll come on can,
allora la ven lì a settass arent,
la me carezza i man cont i sò man
e a mì me passa el brûs in d’on moment
perchè, quand semm visin, coi oeucc domà,
se disom tanti robb senza parlà.
10 Sciroeu de Milan - Novembre/Dicembre 2011
ACCADEMIA
l’unico mio divertimento,perché così godo
in pieno la calca frettolosa di quelli che
vengono qui al mare per stare allegri, od
arrostire al sole per diventare bei neri.
Vedo passare le donnette vestite di nudo e
mi prendo il gusto di contemplarle perché
oramai non mi dicono più niente e certo
non faccio del male se sto a guardarle.
Peccato che le donne, ai miei bei tempi
addietro, non avessero di nudo che il collo del piede!
Una donna del paese porta in testa
un cesto con una pigna di lenzuola come se
in quella cesta non portasse nulla, passando,
maestosa, sotto al poggiolo, ninnando le
braccia per assecondare l’andatura, tutta
vestita in mezzo a gente denudata.
Qualche volta mi addormento sul balcon
e allora, in sogno, mi torna alla mente tutta
la mia vita, di quando ero un ragazzo: la
mamma, mio papà, i miei parenti, tutte le
ragazze alle quali sono corso dietro, fino a
quel giorno che ho conosciuto mia moglie,
l’unico tesoro che mi è restato a
questo mondo, perchè il passato è morto
e sotterrato e tutto mi si sbiadisce e si
confonde come se non ricordassi più quello
che sono stato. Sola mi resta lei, viva,
vivente anche se è talvolta prepotente.
Prepotente! Perché vuole curarmi, dice
che alla mia età non si scherza ed io, per
forza devo accontentarmi e fare quello che
vuole e mandar giù sennò grida, e se
rispondo a tono, va a finire che
mettiamo giù il muso.
Ma quando sono sul balcone, solo come
un cane, allora viene lì a sedersi vicina, mi
accarezza le mani con le sue mani e a me
passa il dispetto in un momento perché,
quando siamo vicini, solo cogli occhi
ci diciamo tante cose senza parlare.

Via Solferino
di Giorgio Moro Visconti
ACCADEMIA
MILAN... LA COGNOSSI? a cura di Giorgio Moro Visconti
La via Solferino è famosa per la
grande battaglia del 24 giugno
1859 tra l’esercito francese e quello
austriaco, nonché perché vi ha sede il
Corriere della Sera, definito talvolta
il quotidiano di via Solferino. Quello
stesso giorno, che è anche ricordato
sulle targhe stradali all’inizio di via
Solferino una accanita battaglia fu
combattuta tra le truppe piemontesi e
quello austriaco sulle vicine alture di
San Martino. Il toponimo fu assegnato
alla nuova via, che da via Pontaccio
arriva a via Castelfidardo e via Marsala
con delibera comunale 14 ottobre 1862
e con successiva 12 settembre 1865
prolungata a via Moscova ed il 17
ottobre 1876 ancora fino ai bastioni
di Porta Nuova. Si trova nel centro storico ed è la
prosecuzione di via Brera. Solferino è un comune della
Lombardia in provincia di Mantova ed il suo nome
deriva dal latino sulphurinus per la presenza di acque
sulfuree. Le battaglie del 24 giugno 1859 si svolsero
contemporaneamente e provocarono molte perdite.
A Solferino combatterono 80.000 francesi con 240
pezzi di artiglieria e 90.000 austriaci con 309 pezzi. I
morti francesi furono 11.500 e quelli austriaci 21.500.
La storia dice che l’origine della Croce Rossa, poi
sanzionata dalla convenzione di Ginevra del 1864,
nacque proprio dal numero tanto elevato di morti e
feriti in questa duplice e contemporanea battaglia:
l’iniziativa partì dallo svizzero Henri Dunant e dal
medico italiano Ferdinando Palasciano. La via San
Martino va da Corso Italia a via Bianca di Savoia in
zona Vigentina. Nella battaglia sopra citata l’esercito
piemontese era guidato da Vittorio Emanuele II.
E’ una via silenziosa ed aristocratica cresciuta alla
fine del 1900, di cui alcuni edifici mantengono le
caratteristiche architettoniche. Altri costruiti dopo i
bombardamenti della seconda guerra mondiale sono
molto massicci. Nell’interno della casa ai numeri 5
– 7 è stata ricostruita la cappella quattrocentesca, che
vi era nel giardino del soppresso Monastero della
Vettabbia. Il primo tratto della via Solferino, che parte
da via Pontaccio, fino al Largo Claudio Treves è piena
di negozi e grandi uffici. Era nata dopo la fine della
Questa cartolina che reca il timbro postale del 7 settembre1908 dà un
immagine caratteristica della via. La circolazione delle carrozze era a sinistra.
Da notare l’abbigliamento femminile con le gonne fino alle caviglie.
dominazione austriaca con facciate monumentali
in forme neoclassiche con cortili a cui si accedeva
da solenni porticati. Nella casa, che fa angolo con
Largo Treves a fine 800 abitò il pittore Tranquillo
Cremona e fu per molti anni sede della casa editrice
Fratelli Treves, frequentata da Verga, D’Annunzio,
De Amicis e da altri famosi scrittori. Al numero 12
il palazzo Crivelli ultimato nel 1705. Claudio Treves
(Torino 1869- Parigi 1933) fu deputato socialista e tra
il 1910 e 1912 direttore dell’Avanti!. Nel 1926 andò
esule in Francia. Il Largo doveva chiamarsi Piazza
Solferino. Negli anni 20 diventò Largo Massimo
Notari, giovane fascista milanese ucciso nel 1921.
L’università Luigi Bocconi, fondata il 10 novembre
1902 ebbe qui la sua prima sede. Nel libro sulle vie di
Milano di Anselmi (1932) si dice “innalzata nel 1902
, su disegno dell’ingegnere Dugnani, comprende una
biblioteca ricca di più di settantacinquemila volumi
in maggior parte tratti su scienze economiche e
commerciali. Al n. 17 una chiesuola anglicana cingesi
con cancellata” Il tratto successivo da Largo Treves
ai Bastioni di Porta Nuova sono molto diversi. A
sinistra prima della via della Moscova c’è una chiesa
anglicana e poi il grande edificio del Corriere della
Sera. La targa dell’ Azienda di promozione turistica
fuori dall’ingresso “Palazzo del Corriere della Sera
(1903-04) , Arch. L. Beltrami e L. Repossi”.
Continua a pag. 26
Sciroeu de Milan - Novembre/Dicembre 2011 11

L’ANTICAMERA DEL DOTTOR
Augusto Mazzoleni
El Luisin el derva la pòrta d’ingress, el fa on pass in
corridor, el se stremiss e ’l dis:
“Oh Signor! Quanta gént che spètta de vedè el Dottor,
chì se fa nòtt. Me conven de tornà on’altra vòlta.”
In del girass el ved la scira Ginetta, ona visina de cà.
L - Bòna sera Ginetta, la gh’ha bisògn anca lee del
Dottor? La pensa de podè vedell prima che vègna
nòtt?
G - Sì, el gh’ha de damm ona ricetta. Ma lù perchè el
va via? S’el gh’ha bisògn del Dottor, el trovarà semper
tant’altra gent che spètta! El gh’abbia pazienza; ch’el
se setta chì visin a mì el vedarà che ghe sarà minga
pussee d’ona oretta de spettà e poeu tornaremm a cà
insèma. Intanta se la contaremm sòttvos.
L - Va ben, però parlemm nò de malattii perchè mì
me stremizzi e poeu me dessedi de nòtt.
G - Ch’el staga quiett; mì son nò ona taccola compagn
de quella che la cammina nervosa davanti a la pòrta
del studi del Dottor.
L - La cognoss? Se la gh’ha, la stà inscì mal?
G - L’è voeuna che stà in de la cà in faccia e me par
nò che la sia ’dree a morì, anca perchè l’è semper a
provved in del cervellee; l’altrer l’era in del perucchee
a fass pettenà. Ma se ne inventa semper de noeuv per
fass vedè dal Dottor.
L - E lù el ghe da a trà?
G - El Dottor l’è on sant’òmm, cont ona pazienza de
Giòbb e semper gentil con tucc.
L - Sperèmm ch’el sia anca bravo de guarimm el mal
de s’cena.
G - Oh! Per quell l’è mej d’on Professor de quei
nominaa, l’è on diagnòstich come pòcch; l’induvina
subit quell che te gh’eet e s’el pò el riess anca a
guaritt. El ved quell giovinòtt taccaa a la finestra?
Quell là, on para d’ann fa, l’era on tisicuzzi ch’el
fadigava anca a stà in pee, ma poeu el nòst Dottor
l’ha drizzaa ben e adess el lavora, el giuga al footbal
e l’ha trovaa la morosa.
L - Magari capitass anca a mì!
G - Ch’el disa nò stupidad! Che bisògn el gh’ha d’ona
morosa s’el gh’ha la soa miee?
L - Parlavi de drizzam la s’cena.
G - Eh! Sì, mettemela inscì, ma el Dottor el pò nò fà
semper i miracol, come la voraria quella che la va
denter adess.
12 Sciroeu de Milan - Novembre/Dicembre 2011
SCIROEU DE LA PRÒSA
L - Anca lee cont el mal de s’cena?
G - E dai! Quella invece l’è matta de ligà!
L - Ma el Dottor l’è bon de curà anca i matt?
G - Oh! Per quell l’è mej d’on psicòlegh; quella
la gh’ha de fass operà per on disturb che capita ai
dònn, ma la voeur nò perchè la gh’ha paura ch’el sò
òmm ne troeuva ona quai altra intanta che lee l’è in
ospedal.
L - Ma se la spetta a sposass! La me par nò ona
giovinetta anca se l’è anmò ona bella dònna.
G - Perchè la se pittura e la se ten sù anca in del
vestiss.
L - Ma el Dottor s’el dis?
G - Che certi ròbb se pò nò curai domà con la pomada
e che la ris’cia brutt! Quand la vegnarà foeura sarà el
mè turno de vedè el Dottor, poeu, dopo quell’indian
on poo negher ch’el lavora in del prestinee, toccarà a
lù scior Luisin.
L - Va ben, speremm de fà prest!
G - Buòndì Dottor, son chì ancamò in de lù per quei
dolorett che me tormenten specialment de nòtt.
D - Che dolori, si spieghi meglio Signora, dove li
sente?
G - Chì Dottor, tra el stomegh e el venter e riessi pù
a dormì.
D - Vediamo... adesso le fa male?
G - Adess?... me par de nò!
D - Ha fatto la cura che le avevo prescritto?
G - Sì dò scatolett de pinnol che m’hann faa ben
pòcch!
D - Signora le avevo anche suggerito una dieta meno
ricca ed abbondante ma lei continua a mangiare
troppo ed aumenta di peso. Salga per favore sulla
bilancia e vediamo: ecco vede, lei raggiunge
sessantasei chilogrammi che per la sua statura e per
la sua età sono troppi!
G - Ma se ier seri duu chili de men! L’è sicur che la
soa bilancia la sia giusta?
D - Signora non mi faccia queste domande, riduca
il peso e vedrà che anche la sua schiena ne trarrà
beneficio.
G - Ma còssa gh’entra la s’cenna se digerissi nò?
D - Lei digerisce abbastanza bene signora ma è il suo
peso che affatica la colonna e può darle dei dolori.
G - Inscì el me da nissuna cura?
D - Non è necessaria signora, faccia come le ho
suggerito.
G - Va ben Dottor cercaoo de lassà stà biscott e
canimell.

D - Farà il suo bene. Buon giorno signora.
G - Scior Luisin el saludi perchè m’è giraa la luna e
voo a cà.
L - Se l’è success? Serom minga d’accòrd de tornà a
cà insèma?
G. El Dottor el m’ha faa inrabì e per quest scappi
via.
L - Come pò fà on sant òmm a fà inrabì voeuna che
le stima tanto?
G - Se ved che ona quai vòlta anca i sant gh’hann
l’aureola stòrta e incoeu son capitada mì! Ch’el se
figura che second lù mì dovaria mangià pù per curà
el mal de s’cenna!
L - Anca lee el mal de s’cenna?... Ma l’è ona
epidemia!!
RIFLESSION VERS ON PONTELL
Gianfranco Gandini
Sont in tram, voo vers el Monumentall, se gh’hoo de
fann de fermad, sett, vòtt? Me regòrdi pù, me conven
fà attenzion, ah, ecco, vardi la cartina quella che gh’è
in sui pòrt.
Son mòrt de tant son stracch.
Adess se gh’è... si, Pòrta Venezia, ma gh’hoo de rivà
fin... guarda,... gh’era el cinema Giardini, chì in sul
canton e mì, a la domenega, con lee, se ghe pensi...
me ven on s’cioppon, de bon, perchè...
“Se gh’è? Ah, la gh’ha de andà giò? Nò, non scendo,
si, che la me scusa, des me spòsti, on moment...”
Vardi foeura del finestrin, gent che se moeuv, che
corr, segura, semm a Milan, ecco, varda, anca incoeu
gh’è on corteo, hinn operari, me fà rabbia vedè che
in del dòmila anmò ghe sia de bisògn... per l’òmm de
combatt in ’sta manera... se dovaria... se podaria... l’è
vera, seeee, bòna nòtt, l’è utopia, l’è on sògn.
Ross, el semaforo l’è ross, chì son borlaa giò de
la mòto cont el Luis, me son faa nagòtt. E de là, i
giardinn publich, ghe ’ndavi, che divertiment, fa
nient se per andà, bigiavi, in quarta elementar, me
par fina impossibil... gh’era i otomobilitt cont i pedai
e dai, mì rusavi, fòrt, per andà, per vess semper el
primm, semper el pussee veloce.
“Nò, ghe l’hoo dii, voo minga giò, che la passa
sciora...” (...Signor, che seccaball!!)
Guarda quij duu, che stupid, giovin come hinn leven
SCIROEU DE LA PRÒSA
minga sù per fà settà-giò quella mamma col fiolin.
“Che la se comoda sciora, la vegna chì,” levi sù
mì e me metti chì, chichinscì... chichinscì, indove
se metteva semper el Walter quand se contavom
sù i nòster ròbb, di... conquist, di tosann... dersett,
desdòtt’ann, mah?
Ne pareva che ’l mond si e nò el fudess redond... che
se podess... segond i nòst penser, par ier...
Dove son..? ah, nò ghe manca anmò...
I fior, gh’hoo de fagh attenzion, ò sedenò, nò ghe
riven fin là.
L’è quasi de rid, gh’hoo i fior, voo fin al Monumentall,
minga mal, ma gh’hoo on pontell, che bell, cont ona
tosa, nò col cimiteri!
L’ho cognossuda on sabet, chissà... anca la Teresa
l’avevi cognossuda de sabet ma, l’è andada mal... el
Natal el m’ha tradii, fioccava... el regal...
Dess me piasaria toccà el ciel cont on did, se dis
inscì?
L’è tencia, la par la Lucia di Promessi Sposi... e mì...
saroo el sò Renzo??? Mah??
La gh’ha on fà... soo nò me dì... lee la me da sicurezza,
con lee son tranquill, son seren.
T’el chì, ghe mancava anca el contròll, si, si ecco,
l’è chì el bigliett, strett, tegn strett el mazz de fior,
fòrsi saria mej che voo a toeun de noeuv... gh’è on
traffich, nient se moeuv, nanca el mè coeur... soo
nò ma i emozion, inceu giughen a scondes, i unich
emozion hinn quij d’ona vòlta... vedè i mè sit visin
a dove stavi de cà, dove de fioeu giugavi cont i amis
e poeu, pussee grand ...Pòrta Vòlta, son rivaa, dai,
trà là i stupidad, trà via tusscòss, l’è là, dai bagai,
fatt coragg... del rest la vita l’è on passagg semm
provvisòri, tucc.
E, e... allora? Se semm provvisòri a còssa varen,
allora, i fior, l’amor, el foeugh che te gh’hee denter...
l’è tutt domà on moment, on boff, on boff d’eternitaa,
e poeu, poeu el nient...? Oh, gent! Ma nò, dai, adess
gh’è lee che la impieniss i tò giornad, lusnad de vita
la te da lee, l’è assee per viv, per el doman:
“Ciao tosa, sta chì visin, damm la toa man...”
Sciroeu de Milan - Novembre/Dicembre 2011 13

Abbazia di Pontida - Bergamo
L’Abbazia di Pontida, altrimenti nota anche come
Monastero di San Giacomo Maggiore, si trova
nel territorio dell’omonimo comune, in provincia
di Bergamo. Si tratta di un complesso monastico
benedettino fondato da Alberto da Prezzate nell’XI
secolo, divenuto priorato cluniacense.
Alberto da Prezzate, noto così dal toponimo
del presunto luogo di origine, appartenente a
un’importante e potente famiglia comitale bergamasca
di probabili origini longobarde, fondò l’abbazia nel
1076, inserendola, nella vasta rete conventuale che
faceva capo a Cluny.
L’abbazia trae origine da un piccolo edificio ecclesiale
dedicato a san Giacomo donato da Alberto assieme ad
altri beni ai monaci cluniacensi.
Aderente ai principi riformatori cluniacensi ne fu uno
strenuo propugnatore in Lombardia dove fondò anche
l’abbazia di Sant’Egidio, XI secolo.
Il monastero ebbe fin dalle origini un grande sviluppo,
specialmente sotto la gestione di Ubaldo da Vimercate,
inizi del XII secolo, che per la sua vicinanza politica
al comune di Milano ne ebbe numerosi benefici tanto
da potere essere ampliato nel 1118.
Il periodo di decadenza del monastero iniziò con le
lotte tra i guelfi e i ghibellini che coinvolsero tutta la
bergamasca, culminando nel grave danneggiamento
subito per opera di Bernabò Visconti nel 1373.
Alla fine del XV secolo, 26 settembre 1491, il
complesso fu affidato da papa Alessandro VI, in
accordo con Venezia, ai monaci benedettini che si
adoperarono fattivamente per la sua rinascita.
Seguì un nuovo periodo di sviluppo e di ampliamenti
che portò alla costruzione di nuovi locali, di due
chiostri e della sala capitolare.
Con il periodo napoleonico subì la soppressione e
la conseguente dispersione di beni e clero entrando
così in un nuovo stato di decadenza fino ai primi
anni del XX secolo quando fu affidata nuovamente
ai benedettini che ne curarono lo sviluppo materiale
e liturgico.
La struttura abbaziale fu oggetto nel corso dei secoli
di diversi interventi manutentivi, di ristrutturazione
e di ampliamento che ne hanno stravolto l’assetto
originario di cui nulla è rimasto se non lo stile gotico
interno, in netto contrasto filologico con l’aspetto
neoclassico della facciata del 1830. Tutto il complesso
è stato restaurato nel 1995 dall’abate Giustino
Farnedi(1990-2003) in occasione del IX Centenario
della morte del fondatore Sant’Alberto.
La struttura attuale risale essenzialmente al periodo
rinascimentale in cui furono eseguiti importanti opere
di restauro, ivi compresa la costruzione del campanile,
portante sulla cuspide la statua di san Giacomo.
Della originaria struttura romanica sono rimasti alcuni
capitelli siti nel chiostro che ingentilisce l’intera
struttura piuttosto massiccia.
L’interno della sala capitolare è ornato da affreschi
molto belli del XVI secolo.
Nel complesso conventuale è stato creato nel 1976
un piccolo museo che espone alcuni pregevoli reperti
provenienti dalla primitiva abbazia.
Nel museo sono esposti oltre a un polittico molto
bello del XV secolo di anonimo raffigurante una
Madonna col Bambino, il trittico raffigurante la
Madonna della Misericordia e i Santi Giovanni
Battista e Gerolamo, una Madonna in Gloria di Luca
Martinelli, un San Benedetto di Carlo Ceresa oltre
a una pala cinquecentesca, La Pentecoste, di incerta
attribuzione.
Assieme alle opere pittoriche sono esposte alcune
stampe e dei cimeli di arte sacra.
Secondo la tradizione, di cui per altro non vi è completa
certezza storica, si sarebbe tenuto, il 7 aprile 1167,
presso l’abbazia il famoso Giuramento di Pontida
da cui nacque la Lega Lombarda in opposizione
all’imperatore Federico Barbarossa.

Monastero Benedettino
Altare

T’EL DISI IN MILANES
... Signor,
se dent on cassonètt moeur ona tosa
per quatter strasc che quatten sù dal frècc
in ona nòtt gelada de Milan
me ven el dubbi de vèss minga a Natal.
...
Forse qualche dubbio che il Natale non sia sempre
Natale per tutti dovremmo porcelo anche noi, di
tanto in tanto, così come fa Carlo Albertario nel suo
nuovo e ultimo libro di poesie in lingua milanese dal
titolo “ T’EL DISI IN MILANES” .
Carlo, conservando il suo stile e i suoi principi, si
interroga e si pone i dubbi su questa nostra società,
cercando, nelle sue composizioni, di dare una
spiegazione o di suggerire un messaggio di speranza,
spronando nel contempo a una riflessione sul
comportamento di questa nostra società moderna.
E Carlo lo fa esprimendosi nella sua “lingua madre”,
non dimenticandosi di essere stato un ragazzo di
quella Porta Romana resa ancor più famosa dalla
notissima canzone.
Al nostro socio effettivo Carlo Albertario i nostri
complimenti per questa sua opera e lo sprone per
altri nuovi volumi ma... semper in milanes!
La Redazione
16 Sciroeu de Milan - Novembre/Dicembre 2011
IN CARTA

IMPLORAZION
Quand voo de tant in tant in d’ona gesa,
che troeuvi su i mè pass con mia sorpresa,
in la penombra disi on’orazion,
e sbassi el coo e cerchi el Tò perdon.
Quand sont inveci là, su ’na montagna,
e senti el son lontan d’ona campana,
al pòst de sbassà el coo, mì guardi el ciel,
e a Tì Signor rivòlgi el mè penser.
Ten viva quella fed che mì gh’hoo in Tì,
famm rispettà la gent che me sta intorna
e se in de la tempesta saroo on dì,
te preghi, mè Signor, proteggiom Tì.
COME ATTOR
LEGGIUU E SCOLTAA
“Sciroeu di poetta” ospita, così come ci sono pervenute le composizioni, “lette e ascoltate”, noi le pubblichiamo, correggendo qualche palese refuso, convinti di stimolare la volontà
di chi sente spontaneo il desiderio di esprimersi, interloquendo con la musa, in dialetto milanese e con l’augurio che queste pagine possano scoprire nuovi talenti.
Alarico Zeni
Quand on pattan l’impara a camminà
prima se da la man, ò on did domà
e poeu el se lassa andà, domà...
s’el ris’cia on tombolon el podarà imparà.
RIFLESSION – Freguj
Gh’hinn man che te fa nass...
e quei, che cont on lapis, cunten
di stòri ò poesii, per fà viaggià la ment
ò quei con did slanzaa, sparpajen sinfonii.
Alter, cont on pennell riessen,
desoravia ’na tela, a spantegà color
e trasformalla in quader.
I man robust e fòrt, da tanti cai segnaa,
cunten ’na stòria longa, de tanto lavorà.
El corr anca el penser, a quei tutt smòrt e bianch,
de chì gh’è in lett malaa ò quei ch’hinn pù di man.
Come attor...i man di galitt legger
cont ona carezza dolza ò ’na strengiuda fòrta
i man, te scolten senza orecc
e parlen senza vos.
Rispètt e dignità, stima pudor;
freguj de sentiment de già sbiavaa
penombra che nascond on vecc rancor,
in vèrs de quèlla che nò se faa giustà.
Scighera su i paròll de pentiment
quatta giò dal silenzi e dal dolor;
e l’ambizion de l’òmm finida in nient,
sotterrada in on praa, con pòcch onor.
Freguj de vitta denanz al Confessor;
digh in secrèt el balord che te see staa,
e insèmma a Lù pregà el Creator
ch’el lassa vèrt i pòrt de la Soa Cà;
perchè longh el sentee che finiss lì,
a genoggion cammina on òmm pentii.
Mara Chierichetti
Fulvio Vichi
CELEST COME EL CIEL
Hinn cent oeucc
mettùu lì per guardatt;
la montagna l’è lì
stravaccada in del lagh
ch’el pigòtta la luna.
Oeucc celest
che te beven,
poeu me parlen de tì,
de tutt quell
ch’hann veduu.
A bocca succia
mandi giò a brascett
saliva e silenzi,
ma come on fior
schisciaa dent
in d’on liber de scola,
i mè success s’hinn velaa
e vedevi pù nient.
Dess... me par de sentì
sora el coo ona man,
l’è on quajcòss
ch’el me branca
el me stòrg el me schiscia,
forsanca ona carezza
la me liscia.
T’hoo vist...
mì però te sentivi lì dedree,
de scondon te guardavet
in del scur
...coi tò oeucc
celest come el ciel
per sognà.
Giuseppe Busto
Sciroeu de Milan - Novembre/Dicembre 2011 17

L’ETERNITÀ
Se l’è l’eternità?
Domà ona paròla?
On nòmm de fantasia?
Nissun l’ha conossuda!
Paròll che fann pensà,
che fann vardà lontan
coi oeugg on poo in barloeuggia
la ment on poo in stondera.
Sti dubbi ingeneros
me disen tira innanz:
rimiri la natura
che gh’hoo dennanz al nas!
’Na bella oggiada al mar
intanta ’l sô el cala
e a l’onda che cicciara
rispond on vent bisios!
Poeu l’onda la se slonga
la fa la gibigiana
la corr in fond, in fond
doe finiss el mar,
su l’onda che spariss
va adree la fantasia,
’na strana riflession:
quell che nass el finiss!
Sì, nient el dura semper,
come el gir de la vita
inscì ven de pensà:
se l’è l’eternità!!
Mario Scurati
18 Sciroeu de Milan - Novembre/Dicembre 2011
LEGGIUU E SCOLTAA
MISERIA E ONESTÀ
Vivi per strada e gh’hoo nanca on tècc,
tappasci in ògni part squass tutt el dì
per cercà on quaicòss ch’el sia bon per mì...
Son chì consciaa e gh’hoo in di òss el frècc.
Ravani sul marciapee tra quèll che gh’è
e me par de vedè on portafoeuj...
El catti sù: el sarà bèll pien ò voeui?
Ghe vardi denter e me senti on rè.
On mucc de bigliett de cartamoneda
faa sù a gruppètt second el sò formaa
come de prèia el me fa lì restà.
Me senti pù in di strasc, ma in de la seda.
Con sti danee pòdaria dormì ’n d’on lètt,
sto anca mì tranquill dessòtt a ’n tècc
per riparamm e famm pù sgagnà dal frècc,
magnà e toeu vestii de podè mètt.
Tanti penser me pirlen per la crappa
su quèll che pòdaria fà con sti danee
e vèss pù de la miseria presonee.
Sto su la mia banchètta doe foo tappa.
On dubbi el me branca e ’l me vègn adree:
el tègni o nò per mì quèll che hoo trovaa?
L’è minga mè e soo nò pròppi se fà.
Voo in di ghisa e intatt gh’el doo indree.
Sì, sont on barbon, ma gh’hoo la dignità,
vivi in miseria, ma con l’onestà.
Carlo Albertario
TEMP
Ma quand finiss
el temp.
Ma quand l’è cominciaa...?
On fiaa, on boff.
Oh già,
par sera, par dì,
lusnad de penser,
par ier...
son confus,
soo pù, adess,
dove voo, dove son...
L’è finii, l’è cominciaa,
ò rivaa in del mezz?
Perchè resti chì?
Per morì? o per viv,
perchè?
L’è cominciaa,
quand?
El finiraa?
Forsi,
ma adess resti chì,
fin che pòdi,
resti chì
on poo per tì,
on poo per mì.
Gianfranco Gandini

NÒTT D’AUTUNN IN CASSINA
Cont attenzion, in silenzi,
dervi el porton de la cassina.
El carlon el se presenta su l’era
tutt quattaa e pront per vess sgranaa
e on odor de fen, de stallazz
el sghimbia in di naris.
On vent legger d’autunn
spettena i frasch
el fa sonà i foeuj del rampicant
slargaa su la red de la toppia...
come ’na musica ritmada
la compagna el batt del mè coeur.
Nòtt stellada,
luna che dent per dent
la sbircia intramezz i nivol...
ciel che ’l te ricòrda
el tò vess on freguj.
In part a l’era,
on lampion el fa fadiga
a sciarì el paesagg.
Domà on finestroeu
el gh’ha el ciar pizz..
on coeur ch’el sbanfa...
penser che la sera sgrandiss.
Se tira de part ona tenda,
on segn con la man,
e ’l ciar el se smòrza.
Dormì l’è compagn de perd temp...
el roba on tocchel de vita.
El lett el te invida
a caregà i pil
el laô el merita rispett.
Alberico Contursi
PROVERBI ARABICH
Quand che te gh’hee i mestee longh e malnatt
de portà a termen de l’incoeu al doman,
l’unica roba l’è cercà ona man
volonterosa e bonna de vuttatt.
E, se te voeuret minga fà on besasc,
sta minga lì tropp temp a cinquantalla
perchè te podaret semper trovalla
logada proppi là, in fond al tò brasc!
LEGGIUU E SCOLTAA
ON GRAZIE SPECIAL
“EL VEDER” In del leg i “Sett” tò creatur,
hoo cominciaa, cont el beven on biccer,
e inscì, con la bottiglia lì visin,
me son sentii content come on fiolin.
“EL FERR” Fòrsi l’è staa ’l segond biccer
ch’el m’ha armaa i man, de ciòd e de martell,
e ch’el m’ha faa sentì pussee legger,
tant che de mur e did, hoo faa on macell.
“EL LEGN” Poeu per sentimm con Tì in sintonia
me son settaa, còmod, sora on sgabell,
e hoo rimiraa ’l mobili de cà mia
ch’el m’ha lassaa de sass, tant l’era bèll.
“EL FOEUGH” E per tornà cont i pè piantaa per terra,
hoo pizzaa ’l foeugh e hoo faa on bon cafè
per fà tornà la pas, finì la guerra,
e al bell caldin me son slongaa sul canapè.
“L’ACQUA” Viscor, dòpo el ristòr d’on visorin,
hoo faa duu pass in del boschett, dedree cà mia
e settaa sora la sponda del ronsgin
me sont illus de vess a bagnmaria.
“L’ARIA” In sul poggioeu hoo faa ’na sosterella,
hoo respiraa on’arietta remondina
che l’ha miss in forma a la pù bella,
compagn, ò forsi mej d’ona sposina.
“LA CARTA” Fà la carta, l’è staa per ann el mè mestee,
per quest, su sta pergamena vegetal,
che hoo fabbricaa in di temp indree,
per Tì e i Tò “Sett” scrivi on “GRAZIE SPECIAL”
Pier Gildo Bianchi
Antonio Dossena
On “GRAZIE SPECIAL” a l’Amis, al Resgiô, Gianfranco Gandini
Sciroeu de Milan - Novembre/Dicembre 2011 19

Parlando di cucina si da sempre poca importanza ai
condimenti, in particolare al sale.
Il sale è un elemento essenziale della vita, senza non
potremmo vivere, nel sale marino integrale sono
presenti sostanze indispensabili per l’organismo:
cloro, sodio, magnesio, zolfo, calcio, potassio,
bromo, carbonio, stronzio, boro, silicio, fluoro, litio,
zinco, rame, fosforo, e soprattutto iodio, quello che
si trova in commercio è stato però privato di tutte le
sue naturali sostanze e risulta quindi composto per il
99% da Cloruro di Sodio.
Come il pane bianco, il riso e la pasta, il sale da tavola
raffinato e privato di minerali preziosi per il corpo
può provocare pressione alta e altri gravi disturbi.
Consumare sale iodato aiuta la nostra tiroide ma
significa introdurre nel nostro organismo uno iodio
chimico aggiunto ad un sale precedentemente privato
di tutti i suoi componenti naturali. Sarebbe preferibile
utilizzare il sale integrale, è di facile reperibilità, tutti
i medi e grandi supermercati ne sono provvisti, non
ha un costo eccessivo ed esiste in formato sia grosso
che fino.
Ma cosa sappiamo veramente di condimenti, esistono
alimenti che possiamo usare in alternativa al sale?
La cucina naturale proporne in sostituzione al sale
l’uso di Miso, Salsa di Soia e Prugna Umeboshi.
Miso.
Il Miso, ha un gusto molto deciso e molto salato,
contiene tutte le proteine nobili è un condimento
derivato dai semi della soia gialla, di origine
giapponese, cui spesso vengono aggiunti altri cereali
come orzo (Mugi miso) o riso (Kome miso). Il Miso
di sola soia è detto Hacho miso, è diffuso in tutto
l’estremo oriente, in particolare in Giappone.
È ricco di enzimi simili a quelli dello yogurt, è
ricco di lecitina e di acido linoleico che sciolgono il
colesterolo nel sangue, contiene una buona quantità
di vitamine del gruppo B protettrici del tessuto
epidermico e nervoso
Salsa di Soia.
La Salsa di Soia è facilmente reperibile anche nei
supermercati, ma quella non biologica è di scarsa
qualità perché invecchiata artificialmente e il sale
20 Sciroeu de Milan - Novembre/Dicembre 2011
ACCADEMIA
I condimenti nella cucina naturale
di Marialuisa Villa Vanetti
impiegato nella produzione è in genere quello
raffinato, è quindi preferibile usare salsa di soia di
origine biologica.
Si può usare sia all’inizio della cottura che aggiunta
alla fine, può essere aggiunta all’acqua dove cuociono
gli spaghetti o le verdure.
Nella medicina macrobiotica, la salsa di soia ha
proprietà ed usi sorprendenti: una goccia aggiunta al
the ha potere vitalizzante e nel contempo calmante.
Questo particolare the è molto indicato sia nelle
malattie da raffreddamento che nelle sindromi
dolorose di qualsiasi genere.
Prugna Umeboshi.
Le Prugna Umeboshi è simile all’albicocca cresce
nelle regioni settentrionali e fredde del Giappone.
Viene fatta fermentare con sale marino, enzimi e
batteri particolari per un anno e anche più, ha un
sapore piccante, aspro e salato.
Nei negozi di alimentazione naturale potete trovarla
sia in formato integrale, frutto intero, che in pasta,
più facile da utilizzare in cucina.
Questo alimento è considerato nella medicina
macrobiotica un vero toccasana, una sola prugna
è sufficiente ad allontanare i disturbi di stomaco,
la nausea, il mal d’aria o ad aiutare il corpo a
disintossicarsi dagli effetti del cibo indigesto.

VEDRINA DE LA BOTANICA
Banana, maschera di bellezza
di Fior-ella
Pianta erbacea di grandi dimensioni con rizomi
sotterranei striscianti.
Le foglie sono molto grandi, giungono anche ad
un metro in larghezza e sei metri in lunghezza
con nervatura centrale. Si presentano a guaina
accartocciate per formare un falso tronco da cui si
estraggono fibre tessili e vengono usate dagli indigeni
per scrivere, come foraggio o per rivestimento delle
loro capanne.
Il banano tessile, da identificarsi con la specie “Musa
textiles”, è chiamato anche “Canapa di Manila”.
L’infiorescenza presenta fiori in gruppo sia maschili
che femminili denominati “Mani”.
Il frutto cilindrico allungato è di colore giallo.
L’insieme dei frutti detto “Casco”, ha fusto pendente
con le banane che crescono ripiegate verso l’alto.
I Caschi vengono raccolti in diversi
stadi di maturazione considerando il
viaggio che devono compiere dopo
essere stati stipati su navi dette
“Bananiere” o vagoni ferroviari che posseggono
speciali apparecchiature per la lenta maturazione.
Alimento digeribile consigliato ad ammalati,
convalescenti, bambini ed anziani, poco indicato per
chi ha problemi di glicemia, quindi sconsigliato ai
diabetici. Protegge la mucosa dello stomaco dagli
eccessi di succo gastrico. Proprietà energetiche di
alto valore nutrizionale con 100 calorie per etto.
La polpa commestibile, carnosa, dolce, aromatica,
da consumarsi subito dopo aver tolta la buccia, il
pericarpo, perché si ossida diventando scura.
Con il frutto a fette tagliato e schiacciato si ottiene
un’ ottima crema per maschere di bellezza.
Una bevanda rinvigorante si può ottenere frullando
una banana con l’aggiunta di gocce di cognac o
rhum.
Banana deriva da una voce indigena della Guinea,
mentre il nome scientifico è “Musa paradisiaca” ed
appartiene alla famiglia delle “Musacee” proveniente
da paesi tropicali Canarie, Antille, Somalia e
dall’America meridionale e coltivata in molte regioni
ad alta temperatura.
Una tribù del Madagascar, chiamata Antaivadrika,
gente dell’albero, proviene, secondo una antica
leggenda dall’albero del banano Vandrika. Si racconta
che un giorno alcuni indigeni trovarono un neonato
a cura di Fior-ella
che era stato generato dal tronco di questo albero. Lo
portarono nel loro villaggio, lo nutrirono e cresciuto
alto e forte generò molti figli, considerati gli antenati
di una nuova tribù.
Si conferma quindi la testimonianza che racconta
il legame tra piante ed uomo, secondo cui alcuni
bambini sarebbero il frutto di talune piante e, come
sopra detto, questo infante sarebbe nato dal tronco
del banano Vandrika.
Sciroeu de Milan - Novembre/Dicembre 2011 21

La vos de la coscenza
da Trilussa - traduzione attribuita a A. M. Antonini
La sciora Cecca ormai l’è ona balèna
ògni pass che la fa la ciappa fiaa
però sòtta a quell grass esageraa
ghe se troeuva on’anima che pèna
l’era contenta, ma la brutta sòrt
l’ha fada restà vedova a ripòrt.
La gh’ha avuu duu marii in contrapes
e tucc duu j ha spedii a l’alter mond
Gustav el primm e Benvegnuu el second
hinn staa ògnun per dodes ann sui spes
e adess je pòrta giò a pendolon
incastraa in d’on unich medajon.
Hinn saraa sù in d’on sercett a sgior
da ona part e da l’altra, quant assee
(Gustav davanti e Benvegnuu dedree)
per fà che no se veden tra de lor
inscì ògnidun el cred e ’l se consola
de vess compassionaa da ona part solla.
Fa l’impression che questa vedovanza
la vegna registrada da on contròll
perchè i duu ritratt che la gh’ha al còll
ghe vann a sbatt in mira in sù la panza
e i duu marii, col colp de la voltada
se dann cent vòlt el scambi in la giornada.
Gustav l’è penseros e ’l guarda stòrt
quasi che el prevedess el sò accident
Benvegnuu, per invers, l’è sorrident
come se el fuss content de trovass mòrt
ma tucc e duu gh’hann l’aria che conven
a chi sospetta ròbb che vann nò ben.
Defatt la Cecca la gh’ha el gran rimòrs
che quand el primm l’era ancamò a ’sto mond
la faseva la scèma col second
in d’ona stanza fresca... e senza sfòrz
in manera de furba gh’j ha mettuu
tant che ’l Gustav l’aveva mai savuu.
E Benvegnuu se l’è sposada lù
- Mi te sposi sù l’ongia, mì son bon
ma te me giuret de no fà el doppion
cont on quai tò amis, lì, sù per sù...-
22 Sciroeu de Milan - Novembre/Dicembre 2011
ACCADEMIA
- Oh - la fa lee - Ghe mancaria anca questa! -
e con la man la gh’ha lisciaa la testa...
La gh’è stada fedel? Quest l’è on mister,
perchè adess l’è tutta lì imbogada
per la paura, al de là, de vess fregada
in quanto i duu marii, per vess sincer
parlerann fra de lor, col camison
scambiandès ’me duu amis i sò impression.
Gustav el disarà: - Voeui savè tutt!
Se la diseva sul mè cunt? - - Stà attent:
te seret on porscell, impertinent
te seret on panscion, lifròcch e brutt
senza savè mai fà nient de special...-
- E lee la me ciamava “el sò ideal”! -
- Per dodes ann l’è stada on’impostora -
Gustav el vosa - Chi l’avaria creduu! -
- Abbia pazienza - el dis el Benvegnuu
- l’è stada pròppi lee, òrca malora
a tiramm dent, ma eren on poo in tanti
quii che faseven con lee di pass avanti! -
- Guai se dovessi scriv tutta la lista!
L’avocatin che stava al second pian
el baron, el prevòst e l’ortolan
perfina el Gigio, quell’elettricista
che on dì l’ha riparaa el campanell -
- Anca con quell sguercion? - - Anca con quell! -
’Sti vos che la risent inscì de spess
hinn de cert la coscenza che lavora
sora i bei scarligad di temp de allora
che tornen cont i scrupoi mò de adess
e i scarlligad, che sien staa bei o brutt
se je ved a ballà denanz de tutt.
Per quest lee la se cascia, e ’l sò destin
l’è quell de regordà ’sti sò bei fatt
e allora la se guarda i duu ritratt
la lustra i veder, la ghe da on basin
per denanz e dedree ai duu consòrt
disend: - Oh che peccaa che sien mòrt! -

El Castell de la Contessa
di Ella Torretta
I bròcch de trii piant de fô risalten in d’on ciel inscì
celest de parì on scenari pitturaa de fresch.
Cammini per el sentee ch’el se slonga su la scarpada
de la collina.
I praa hinn quattaa da on lenzoeu de narcis che
spanteghen on delicaa profumm.
El sô el rend viv el color di alter fior; che se guarden
intorna meravigliaa, perchè finalment gh’è rivaa
l’estaa e come ona bella sciora quest’ann la s’è
fada spettaa minga mal in manera de vess pussee
desiderada e apprezzada.
Sont insema a vòtt amis, soci del “Gruppo Botanico
Milanese” in gir per sti montagn a cercà on fior rar,
ciamaa “Campanula Raineri”.
Se entusiasmom a vedè sui bròcch el verd tener di
foeuj di piant de biolla che se moeuven come parpaj
costrett a volà in pòcch spazi, perché tegnuu per el
piccol da ona man invisibil.
Dòpo on para de fermad, rivom sul crinal de la
montagna.
Siccome tant a mì che ai mè amis ne pias tutt quell
che la Natura la regala, ògni occasion l’è bòna per
fermass a rimirà, a fotografà tusscòss dal germoeuj,
al fior sbocciaa, da la pianta pussee granda, a la
proeusa piscinina.
Dent a ona valletta, dove gh’è restaa ancamò on poo
de nev, vedom ona bella fioridura de “Soldanella
alpina”. Per on boff de vent sti fior moeuven con
delicatezza el crappin e la corolla pitturada de rosa
l’è frastajada come zij.
Tutt’a on tratt sentom on son che par el vegna
dai bròcch pòcch lontan… l’è forsi el son de la
“Campanula Raineri” che la voeur famm savè dove
l’è andada a scondes per cress? Cercom in tutti i
canton tra i diruperi, in di bus de la ròccia, ma vedom
domà foeuj piscinitt, ma nanca on fior. Adasi, adasi
el son el se smòrza, forsi portaa lontan dal vent.
Ognidun el fa la soa supposizion. El pussee giovin
de la compagnia, on fiolett de ses ann, forsi stuff di
nòster ciaccer e de sentì tanti paròll difficil (i nòmm
di fior dai botanich hinn quasi semper nominaa in
latin) el se setta sora a on sass in mezz al sentee e el
vosa:
- “Mamma, mi gh’hoo famm!”
El capo gita, ch’el voreva rivà su on ripian prima de
fermass a sgandollà, el cerca de condil via cont ona
CUNTA SÙ
a cura di Ella Torretta
quai scusa…
- “te vedaree là, pussee innanz, trovaremm on bel
praa, ona baita dove fann la polenta cont el formagg
e poeu ...l’è nananmò ora de fermass a mangià”…
El fiolett, senza moeuves, el ribatt
- “Già vialter avii minga sentii sonà i campann de la
gesetta? El mè nònno el m’ha insegnaa che i campann
sònen semper a mezzdì, donca l’è ora! Per vialter
botanich sto son el ve pareva quell de la “Campanula
ragnera” che seguitee a cercà”.
El Giorgio, capo gita, el fa mostra de capì nagòtt per
tirass foeura de sta rispòsta e sui duu pee l’inventa
on’altra panzanega, intanta ch’el fiolett el ghe
tappascia dedree sù per el sentee malsabadaa.
El rest de la giornada el passa in allegria.
Quand el sô, stuff de stà in ciel, el tirà giò la cler e el
sara sù bottega, riven nivol minaccios che se piazzen
dedree del Resegon e ghe fann de coròna.
Sti nivol, portaa dal vent in diversi direzion, fann a
gara per rivà primm a conquistà la scima; prima se
rusen, poeu se scontren. Senza risparmi de frecass,
rimbomben per la vall i tron, i saett sbilzen tra i
diruperi e sberlusissen in ciel come spad sui camp
de battaglia.
Anca sta vòlta el vent el ciappa gust a fagh fà on gir
de giostra al cappell ch’el quatta la piazza del scior
Beretta, quell cont i barbis, poeu el gira tra i lares
per dà l’ultima lezion de danza, infin tornaa in alt
tra i nivol, ie tira apress, ie slarga foeura, ie desfa, ie
maltratta fin che ghe prometten de fà la pas, de sgorà
per el ciel senza pù scontrass e lassass sparpajaa per
l’infinii.
Intanta che in ciel gh’è tutt sto bordeleri, nun semm
costrett a cercà on sit dove riparass, perché sòtta a
l‘acqua che ven che Dio le manda, on vent fastidios
e la guerra tra i nivol, trovà on baitell saria per nun
come trovà on Castell!
On Castell? Par minga vera quand in mezz al bosch,
nebbiaa e fosch per la pioeuva che bagna el gabban,
vedom pròppi on castell… l’è on miragg ò on scherz
de la fantasia?
Se inviom pussee che in pressa.
Cammini su l’erba masarada e quand troeuvi de
noeuv el sentee, ch’el par ona ronsgetta, i mè scarponi
scarlighen come barchett su l’acqua che la sgigòtta
tant de dent che de foeura.
Continua a pag. 24
Sciroeu de Milan - Novembre/Dicembre 2011 23

Continua da pag. 23 - El Castell de la
Contessa
Semm tucc quattaa ò travestii con mantellinn de
plastica colorada e finalment rivom sòtta al pòrtich
del Castell, semm a tecc!
I mantellinn ò i tirasass de gòmma, taccaa sù per fai
gottà, se sgonfien per el vent, se slarghen, se slonghen
e ciappen di strambi formazion… paren i vestii che
on quai fantasma del Castell l’ha vorsuu mett sù per
sfarfallà tra de nun mortai.
On legger frecass dedree di veder el me fa stremì,
perché seri sicura che in sto Castell gh’era nissun…
inveci, fassada dent a on candid sciallett, vedi
comparì dedree di veder de la baltresca ona sciora,
on poo anziana che la me fa segn de andà dent per
riparass mej.
Sorbida dai omber de la sera, vemm denter tutti e
se trovom prima in d’on salon, poeu la me fa andà
in cusina, dove se settom intorna a on gran camin
che l’inonda de frispol e lugher la cappa del camin
insema ai color de la fiamma che la ris’ciara la soa
e i nòster facc.
Sarà per quell che la sciora la cunta sù cont ona
vosetta dolza e armoniosa, sarà per el silenzi che
regna in sto ambient, ma se sentom circondaa da ona
magica atmosfera e diventaa i protagonista d’ona
storia che la comincia inscì…
- “Gh’era ona vòlta di amis botanich che se daven de
fà per cercà on fior… rivaa on temporal…”
El calor de la fiamma del camin el suga l’è vera i
nòster pagn masaraa, i cavei impastaa da la pioeuva,
ma l’è frecc in confront al calor uman, somenaa dal
bell farin de la sciora, che la cunta sù on poo de
la soa vita, inscì vegnom a savè che l’è vedova e
per giunta Contessa!
Adess che semm sueffaa a la pòca lus, perché la
sciora Contessa la smòrza tutti i lus quand gh’è
el temporal per paura del “corto circuito”, se
guardom in gir cont interess.
La pioeuva la scarliga sui veder come tanti stell
filant d’argent e se sentom isolaa dal rest del
mond.
Passada la boriana, ona sferla de sô la riva a
colorà on mazzett de fior che in d’ona bròcca in
mezz al tavol de la cusina el mett on po’ de legria
a la solitudine di sò giornad.
Lassom la sciora Contessa con tanti ringraziament
per l’ospitalità ricevuda e seguitom a masnà pass
24 Sciroeu de Milan - Novembre/Dicembre 2011
ACCADEMIA
su pass sul sentee che ‘me ona bissa el traversa i praa
ancamò masaraa de pioeuva, sberlusent con tanti
perlitt sui fior che rimanden in terra i color de l’arch
in ciel che adess el gira intorna al Resegon come s’el
voress brascial sù.
De lontan, come per magia, comparen trii “nanetti”
vestii de ross che allegher corren giò per el sentee
fina a scomparì dent in del bosch.
La ricerca d’on fior, el son d’ona campana, el Castell,
la sciora Contessa, i follett del bosch hinn staa vist de
bon da tutta la compagnia, oppur el merit l’è dovuu a
on lapis pucciaa in del mond de la fantasia?
GLOSSARIO
Biolla = betulla
Piccol = picciolo
Zij = ciglia
Panzanega = storiella, bugia
Tappascià = scarpinare - camminare
Malsabadaa = malridotto
Ronsgetta = ruscelletto
Baltresca = veranda
Quatta la piazza = copre la calvizie
Tirasass de gòmma = vecchi impermeabili di gomma della
Pirelli
Frispol e lugher = faville e scintille
Sorbida dai omber = assorbita dalle ombre
Boriana = temporale violento
Arch in ciel = arcobaleno

Questioni di cuore
di Filippo Bianchi
Il nostro cuore, come è noto, è un muscolo cavo
involontario diviso in quattro settori (due atri e
due ventricoli), per cui è in condizione di pulsare
automaticamente: il suo automatismo è garantito
dall’attività ritmica del nodo del seno, piccolo
coacervo di cellule neuro-muscolari situato nella
parete posteriore dell’atro destro, dotato di una ricca
innervazione che con i propri impulsi può intervenire
accelerandone o rallentandone l’attività automatica.
L’attivazione elettrica del nodo del seno si diffonde
attraverso le propaggini neuro-muscolari di questo
ad entrambi gli atri, e poi al nodo atrio-ventricolare
che si trova nella parte inferiore del setto interatriale;
da quest’ultimo nodo si dirama un fascio di fibre
(fascio di His) che successivamente si sdoppia in
due branche distribuite con sottili ramificazioni ai
ventricoli destro e sinistro.
Tenuto conto di ciò, non è difficile capire perché le
aritmie cardiache possono essere suddivise in: a)
disturbi del ritmo sinusale, legati a disfunzione del
nodo del seno; b) ritmi atriali anomali; c) le extrasistoli;
d) le turbe di conduzione atrio-ventricolare.
Le tachicardie sinusali si manifestano con un aumento
della frequenza del nodo del seno e sono dovute, ad
esempio, a stati febbrili, a stati tossici o a varie
cause come l’abuso di caffè, di tabacco, a sforzi
fisici, emozioni e così via. La situazione contraria
è rappresentata dalle bradicardie sinusali che si
manifestano con una diminuzione della frequenza
del ritmo del nodo del seno, e sono causate da
malattie come lesioni cerebrali o stati tossici quali
l’eccessiva assunzione di digitale. Al gruppo delle
aritmie sinusali appartengono anche i blocchi
seno-atriali che si verificano quando, in seguito a
lesioni o stati tossi-infettivi, qualche stimolo che
parte del nodo del seno non raggiunge gli atri o il
nodo atrio-ventricolare.
Altro discorso è quello delle extrasistoli: si tratta di
contrazioni cardiache (sistoli) fuori tempo, dovute
a stimoli prematuri rispetto al ritmo fondamentale;
la loro origine può essere negli atri, nel nodo atrioventricolare
o nei ventricoli. Esse possono essere
sporadiche o susseguirsi a salve o succedersi
periodicamente con un certo ordine, e sono in
genere legate a disturbi nervosi, intossicazioni da
caffè o tabacco o a malattie quali l’ipertiroidismo.
SALUTE A MILANO
a cura di Filippo Bianchi
Mentre negli anziani sono spesso espressione di una
sofferenza cardiaca, nelle persone giovani possono
anche essere compatibili con un normale stato di
salute.
Ecco poi le turbe di conduzione atrio-ventricolari:
le più “famose” sono rappresentate dai blocchi di
branca, che possono essere completi o incompleti,
e corrispondono ad un ritardo della conduzione
dello stimolo nervoso che dal nodo seno-atriale si
diffonde al fascio di fibre che raggiunge i ventricoli
e che, come detto, si sdoppia nelle due branche
che vanno a stimolare i ventricoli destro e sinistro.
Quando la conduzione degli stimoli dal nodo del
seno ai ventricoli risulta del tutto interrotta possono
aver luogo gravi manifestazioni sincopali: se il ritmo
cardiaco scende al di sotto delle 40 pulsazioni al
minuto è necessario ricorrere al posizionamento di
un pace-maker che ridia la cuore un normale ritmo
di pulsazioni.
Il trattamento dell’aritmia cardiaca dipende dal tipo
e dalla sua gravità, molte forme non richiedono
alcun trattamento. Il miglior modo per prevenire lo
sviluppo di una grave aritmia cardiaca è mantenere il
cuore in salute, ed i seguenti consigli possono aiutare
il cuore a mantenersi sano: 1) non fumare, 2) essere
fisicamente attivi, sotto la supervisione del medico,
3) seguire una dieta sana ed equilibrata, che sia ricca
di fibre e carente di grassi, 4) controllare il livello di
colesterolo nel sangue, 5) controllare regolarmente
la pressione del sangue e, se è alta, mantenerla sotto
costante controllo, 6) perdere peso se si è obesi, 7)
fare regolare esercizio fisico, 8) controllare il livello
degli zuccheri nel sangue, 9) dormire abbastanza
durante la notte 10) gestire lo stress nella propria
vita.
Sciroeu de Milan - Novembre/Dicembre 2011 25

Continua da pag. 11 - Via Solferino
Chi vuole consultare le vecchie copie del Corriere
e farsene fare riproduzione entra da questo severo
portone. La sopraelevazione dell’edificio, su
progetto di Alberto Rosselli è del 1960/1965. Luca
Beltrami era stato direttore del Corriere della Sera
nel 1896. La carta per la stampa fino agli anni 1920
arrivava con i barconi del Naviglio, che scorreva
dietro all’edificio. Scrive Giampaolo Rugarli nel suo
libro “La mia Milano” (ed. Alfredo Guida,
Napoli, 2002) “Andai a passeggiare a via
Solferino, di notte: le finestre del giornale
erano tutte illuminate, come quelle di un
posto di guardia a presidio del sonno dei
milanesi, e (con una nitidezza ignota,
prima di allora) compresi che il Corriere
della Sera era molto più di un quotidiano.
Era Milano, assunta a capitale non solo
morale. Era l’Italia, la sua storia, la sua
cultura, le sue tempeste, le sue fortune, le
sue miserie. Era la Borghesia che fagocitava
il Proletariato, e lo rendeva simile a se
stessa. Era la lotta di classe che moriva
per consunzione, e cedeva il posto alla
lotta per la carriera …il Corriere della Sera
non solo affronta i problemi di maggior
Da El Menabon
ONA VÒLTA SE FASEVA INSCÌ
Se te voeuret mett via di per e mangiai foeura stagion,
catta quei pussee bei tajandogh el picoll pussee long
che te pòdet. Stòppa el taj del picoll con de la zila de
Spagna e tra insèma con de la carta bianca on poo
sostegnuda tanti scartòzz quanti hinn i per: mèttighi
denter e stòppa tutti i bus con la zila per fà minga
passà l’aria. Lassa vegnì foeura domà la cordetta
che te avevet ligaa al picoll per tegnì el per in sospes
denter in del scartòzz. Poeu tacca sù tutti i scartòzz in
d’on pòst sutt e temperaa.
26 Sciroeu de Milan - Novembre/Dicembre 2011
ACCADEMIA
momento, ma imprime il crisma della ufficialità
al nostro vivere e al nostro morire quotidiano. Di
nessuno si può affermare che sia realmente morto, se
la sua dipartita non venga certificata dalle necrologie
pubblicate sul Corriere: e il numero delle necrologie
misura il cordoglio e la caratura sociale dell’estinto.”
Chiudiamo, dopo questa osservazione un po’ triste,
rilevando che chi percorre la via vede sullo sfondo
un grande grattacielo: un simbolo della Milano in
grande trasformazione. Evviva l’Expo.

A nessuno la vita è stata data in
proprietà, a tutti in usufrutto.
Lucrezio
Non ci si libera di una cosa evitandola,
ma soltanto attraversandola.
Cesare Pavese
Nessun grande artista vede mai le cose
così come sono, altrimenti non sarebbe
più un artista.
Oscar Wilde
Ci vuole coraggio per lottare contro la
forza, ma ancora di più per ammettere la
propria debolezza.
Napoleone
I tuoi pensieri sono il tuo destino.
Arthur Schopenhauer
L’imbecille cade sulla schiena e si
sbuccia il naso.
(Proverbio Yiddish)
Vos de ringhera
Vess invers come ona pidria.
(essere di umore così nero da risultare quasi
inavvicinabile)
Miee che secca... marì che pecca!
(Quando la moglie è troppo brontolona è probabile che il
marito si... rivolga altrove)
Firifiss
Maria Grazia Tolfo
“Pesci rossi e glicine”
acquerello
Mandà giò cadenn.
(Chi patisce umiliazioni o angherie, per il popolo milanese
sembra che sia condannato a ingoiare catene)
Someneri decembrin el var nanca trii quattrin.
(La semina in dicembre non vale tre soldi)

SCIROEU de MILAN
Il Monastero benedettino di San Giacomo Maggiore,
meglio conosciuto come Abbazia di Pontida, comprende
la Basilica di San Giacomo e il vero e proprio Monastero.
Fondato nel sec. XI da Alberto da Prezzate (di stirpe
longobarda, poi canonizzato), rappresentò per tutto il
Medioevo un importante centro culturale.
In copertina:
Abbazia di Pontida - Bergamo