G. García Márquez, Pesci e pescicani - Fabbri Editori
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GENERI<br />
1<br />
1. zattera: imbarcazione<br />
di salvataggio.<br />
L’AVVENTURA<br />
Gabriel <strong>García</strong> <strong>Márquez</strong><br />
<strong>Pesci</strong> e <strong>pescicani</strong><br />
Un marinaio, dopo l’affondamento del cacciatorpediniere su cui si era<br />
imbarcato, si ritrova solo in mezzo all’oceano, privo di cibo e di acqua…<br />
Alle quattro del pomeriggio il vento si calmò. Poiché non vedevo altro<br />
che acqua e cielo e non avevo punti di riferimento, trascorsero<br />
più di due ore prima che mi rendessi conto che la zattera 1 stava<br />
avanzando. Ma in realtà, dal momento in cui ero salito, essa aveva<br />
incominciato a muoversi in linea retta, spinta dal vento, a una velocità<br />
maggiore di quella che avrei potuto imprimerle coi remi. Non<br />
avevo però la minima idea né della direzione né della posizione in<br />
cui mi trovavo. Non sapevo se la zattera avanzava verso la costa o andava<br />
al largo. Quest’ultima ipotesi mi sembrava la più probabile.<br />
Credevo impossibile che il mare rigettasse a terra una cosa lontana<br />
duecento miglia dalla costa, tanto meno se quella cosa era pesante<br />
come un uomo in una zattera.<br />
Passa il tempo, cala l’oscurità. Nessun aeroplano di salvataggio solca il<br />
cielo.<br />
Cominciai a sentir freddo. È impossibile rimanere asciutto un minuto<br />
su una zattera. Anche quando ci si siede sul bordo, metà del<br />
corpo resta dentro l’acqua, perché il fondo della zattera pende come<br />
un canestro, più di mezzo metro sotto la superficie. Alle otto di sera<br />
l’acqua era meno fredda dell’aria. Sapevo che sul fondo della zattera<br />
sarei stato al sicuro dagli animali, perché la rete che la protegge<br />
impedisce loro di avvicinarsi. Ma è una cosa che si impara a scuola<br />
e che si crede a scuola, quando l’istruttore esegue la dimostrazione<br />
con un modello ridotto di zattera, e si sta seduti nel banco, fra quaranta<br />
compagni e alle due del pomeriggio. Ma quando si è soli nel<br />
mare, alle otto di sera e senza speranza, si pensa che nelle parole dell’istruttore<br />
non vi è alcuna logica. Io sapevo di avere la metà del corpo<br />
in un mondo che non apparteneva agli uomini ma agli animali del<br />
mare e nonostante il vento gelido che mi frustava la camicia non osavo<br />
muovermi dal bordo. Secondo l’istruttore, quello è il posto meno<br />
sicuro della zattera. Con tutto ciò, soltanto lì io mi sentivo più lontano<br />
dagli animali: quegli animali enormi e sconosciuti che sentivo<br />
passare misteriosamente accanto alla zattera.<br />
La notte trascorre lentissima; il naufrago è angosciato ma spera, ora,<br />
che qualche nave lo trovi.<br />
Non fece giorno lentamente, come sulla terraferma. Il cielo divenne<br />
Rosetta Zordan, Il Narratore, <strong>Fabbri</strong> <strong>Editori</strong> © 2008 RCS Libri S.p.A. - Divisione Education
GENERI<br />
2<br />
L’AVVENTURA<br />
2. voracità: insaziabilità,<br />
fame avida e ingorda.<br />
pallido, scomparvero le prime stelle, mentre continuavo a guardare<br />
l’orologio e, dopo, l’orizzonte. Apparvero i contorni del mare. Erano<br />
trascorse dodici ore, ma mi sembrava impossibile. È impossibile<br />
che la notte sia tanto lunga quanto il giorno. Bisogna aver trascorso<br />
una notte in mare, seduto su una zattera contemplando un orologio,<br />
per sapere che la notte è smisuratamente più lunga del giorno. Ma<br />
all’improvviso incomincia a far giorno, e allora uno si sente troppo<br />
stanco per sapere che sta facendo giorno.<br />
Fu quello che mi accadde in quella prima notte della zattera. Quando<br />
incominciò a far giorno, nulla aveva più importanza per me. Non<br />
pensai né all’acqua né al cibo. Non pensai a niente fino a quando il<br />
vento incominciò a diventare tiepido e la superficie del mare divenne<br />
liscia e dorata. Non avevo chiuso occhio un secondo in tutta la<br />
notte, ma in quell’istante sentii come se mi fossi svegliato. Quando<br />
mi stirai le ossa mi dolevano. Mi faceva male la pelle. Il giorno però<br />
era splendente e tiepido, e in mezzo al chiarore, al rumore del vento<br />
che incominciava a levarsi, sentivo di avere nuove energie per<br />
aspettare.<br />
Anche la sensazione di solitudine era sparita. In quel momento,<br />
per la prima volta nei miei venti anni di vita, mi sentii perfettamente<br />
felice.<br />
La zattera continua ad avanzare, un aereo del servizio guardiacoste in<br />
ricognizione passa sopra la zattera. Il naufrago sa di essere stato visto<br />
ma aspetta inutilmente di essere salvato. All’improvviso, appare una<br />
pinna di pescecane.<br />
Fu il primo animale che vidi, quasi trenta ore dopo che mi trovavo<br />
nella zattera. La pinna di un pescecane infonde terrore perché è nota<br />
la voracità 2 di questo pesce. Ma realmente niente sembra più inoffensivo<br />
della pinna di un pescecane. Non somiglia a qualcosa che appartiene<br />
a un animale e meno ancora a un animale feroce. È verde e<br />
ispida come la corteccia di un albero. Quando la vidi passare, sfiorando<br />
la fiancata, ebbi la sensazione che avesse un sapore fresco e un<br />
po’ amaro, come quello di una corteccia vegetale. Erano le cinque<br />
passate. Il mare era tranquillo al calare della sera. Altri <strong>pescicani</strong> si<br />
avvicinarono alla zattera, pazientemente, e continuarono a girarle attorno<br />
fin quando fu completamente notte. Non c’era più luce, ma io<br />
li sentivo roteare nell’oscurità, fendendo la superficie tranquilla col<br />
filo delle loro pinne. Da quel momento non tornai più a sedermi sul<br />
bordo dopo le cinque della sera. Domani, dopodomani e per quattro<br />
giorni ancora, avrei avuto sufficiente esperienza per sapere che i<br />
<strong>pescicani</strong> sono degli animali puntuali: sarebbero arrivati poco dopo<br />
le cinque per scomparire con l’oscurità.<br />
All’imbrunire, l’acqua trasparente offre un bellissimo spettacolo.<br />
<strong>Pesci</strong> di tutti i colori si avvicinavano alla zattera. Enormi pesci gialli<br />
Rosetta Zordan, Il Narratore, <strong>Fabbri</strong> <strong>Editori</strong> © 2008 RCS Libri S.p.A. - Divisione Education
GENERI<br />
3<br />
L’AVVENTURA<br />
3. avrei venduto l’anima:<br />
avrei fatto qualunque<br />
cosa.<br />
4. alla deriva: trasportato<br />
dal moto ondoso,<br />
senza possibilità di controllare<br />
la direzione.<br />
5. aguzzare l’ingegno:<br />
stimolare, rendere più<br />
acuta l’intelligenza.<br />
e verdi, pesci a strisce azzurre e rosse, rotondi, piccolissimi, accompagnavano<br />
la zattera fino al calar della notte. A volte si vedeva un<br />
lampo metallico, un fiotto di acqua sanguinolenta cadeva dentro la<br />
zattera e i pezzi di un pesce squarciato dal pescecane galleggiavano<br />
per un secondo vicino alla zattera. Allora un’incalcolabile quantità<br />
di pesci minori si precipitavano sui resti. In quel momento io avrei<br />
venduto l’anima 3 per il pezzo più minuscolo degli avanzi del pescecane.<br />
Era la mia seconda notte in mare. Notte di fame e di sete e di disperazione.<br />
Mi sentii abbandonato. Soltanto quella notte capii che<br />
l’unica cosa sulla quale potevo contare per salvarmi era la mia volontà<br />
e ciò che restava delle mie forze.<br />
Una cosa mi stupiva: mi sentivo un po’ debole, ma non sfinito. Da<br />
circa quaranta ore ero privo d’acqua e di cibo e inoltre da due giorni<br />
e due notti non dormivo, perché avevo vegliato tutta la notte prima<br />
dell’incidente. Eppure mi sentivo in grado di remare.<br />
Passano sette giorni, ormai si allontanano le speranze di salvezza. Il<br />
naufrago è tormentato dalla fame.<br />
Non so se dopo sette giorni senza mangiare, alla deriva 4 nel mare,<br />
uno finisce per abituarsi a quella vita. Mi pare di sì. La disperazione<br />
del giorno precedente fu sostituita da una rassegnazione piacevole e<br />
senza senso. Ero sicuro che tutto era diverso, che il mare e il cielo<br />
avevano cessato di essermi ostili e che i pesci che mi accompagnavano<br />
nel viaggio erano pesci amici. Mie vecchie conoscenze da sette<br />
giorni.<br />
Quella mattina non pensai che sarei arrivato da qualche parte. Ero<br />
sicuro che la zattera si trovava in una zona priva di navi, nella quale<br />
si smarrivano anche i gabbiani.<br />
Pensavo, però, che dopo essere stato sette giorni alla deriva avrei finito<br />
per abituarmi al mare, al mio angoscioso modo di vita, senza bisogno<br />
di aguzzare l’ingegno 5 per sopravvivere. Dopotutto ero sopravvissuto<br />
una settimana contro vento e marea. Perché non avrei<br />
potuto continuare a vivere indefinitamente in una zattera? I pesci<br />
nuotavano in superficie, il mare era limpido e sereno. C’erano tanti<br />
animali belli e curiosi intorno all’imbarcazione che mi sembrava di<br />
poter prendere con la mano. Non c’era nessun pescecane in vista.<br />
Fiducioso, misi la mano nell’acqua e cercai di afferrare un pesce rotondo,<br />
di un azzurro brillante, di non più di venti centimetri. Fu come<br />
se avessi tirato una pietra. Tutti i pesci si immersero precipitosamente.<br />
Scomparvero nell’acqua momentaneamente sconvolta. Poi, a<br />
poco a poco, tornarono alla superficie.<br />
Pensai che avevo bisogno di un po’ d’astuzia per pescare con le mani.<br />
Sotto l’acqua la mano non aveva né la stessa forza né la stessa abilità.<br />
Sceglievo un pesce nel mucchio. Cercavo di afferrarlo. E lo af-<br />
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GENERI<br />
4<br />
6. lacerò: ferì.<br />
7. maretta: agitazione<br />
delle onde.<br />
L’AVVENTURA<br />
8. tra le fauci: in bocca.<br />
9. libbre: unità di misura<br />
di peso anglosassone;<br />
una libbra corrisponde<br />
a 0,453 kg.<br />
ferravo, in effetti. Ma me lo sentivo sfuggire fra le dita, con una rapidità<br />
e un’agilità che mi sconcertavano. Rimasi così, paziente, senza<br />
fretta, cercando di catturare un pesce. Non pensavo al pescecane,<br />
che forse era lì, nel fondo, aspettando che io affondassi il braccio sino<br />
al gomito per portarselo via con un morso ben dato. Fino a poco<br />
dopo le dieci mi dedicai all’impresa di catturare un pesce. Fu tutto<br />
inutile. Mi mordicchiavano le dita, prima dolcemente, come quando<br />
giocano con un’esca. Poi con più forza. Un pesce di mezzo metro, liscio<br />
e argentato, dai piccoli denti affilati, mi lacerò 6 la pelle del pollice.<br />
Mi resi conto allora che i morsi degli altri pesci non erano stati<br />
inoffensivi. In tutte le dita avevo delle piccole lacerazioni sanguinanti.<br />
Un pescecane nella zattera!<br />
Non so se sia stato il mio sangue, ma un momento dopo ci fu tutto<br />
un accorrere di <strong>pescicani</strong> intorno alla zattera. Non ne avevo mai visti<br />
tanti. Né mai li avevo visti dar segno di tanta voracità. Saltavano<br />
come delfini, inseguendo e divorando pesci vicino al bordo.<br />
Spaventato, mi sedetti nell’interno della zattera e mi misi a contemplare<br />
il massacro. Tutto si verificò con tanta violenza che non mi resi<br />
conto del momento in cui il pescecane saltò fuori dall’acqua dando<br />
un forte colpo di coda, e la zattera traballando si immerse nella<br />
schiuma luccicante. In mezzo allo splendore della maretta 7 che si accaniva<br />
contro il bordo, riuscii a veder un lampo metallico. Istintivamente,<br />
afferrai un remo e mi misi a vibrare colpi mortali: ero sicuro<br />
che il pescecane era entrato nella zattera. Ma in un attimo vidi l’enorme<br />
pinna che spuntava lungo il bordo e mi resi conto di ciò che<br />
era accaduto. Inseguito dal pescecane, un pesce brillante e verde, di<br />
circa mezzo metro di lunghezza, era saltato dentro la zattera. Con<br />
tutte le mie forze vibrai il primo colpo di remo sulla sua testa.<br />
Non è facile ammazzare un pesce stando in una zattera. A ogni colpo<br />
l’imbarcazione oscillava; minacciava di capovolgersi. Il momento<br />
era tremendamente pericoloso. Avevo bisogno di tutte le mie forze e<br />
di tutta la mia lucidità. Se vibravo i colpi all’impazzata, la zattera poteva<br />
capovolgersi. Io sarei caduto in un’acqua sconvolta da <strong>pescicani</strong><br />
affamati. Ma se non colpivo con precisione, la preda mi sfuggiva.<br />
Ero tra la vita e la morte. O cadevo tra le fauci 8 dei <strong>pescicani</strong>, o avevo<br />
quattro libbre 9 di pesce fresco per saziare la mia fame di sette<br />
giorni.<br />
Mi appoggiai saldamente al bordo e vibrai il secondo colpo. Sentii il<br />
legno del remo penetrare nelle ossa della testa del pesce. La zattera<br />
ondeggiò. I <strong>pescicani</strong> si agitarono sotto il fondo. Ma io ero saldamente<br />
aggrappato al bordo. Quando l’imbarcazione recuperò la sua<br />
stabilità il pesce era ancora vivo al centro della zattera. Nell’agonia<br />
un pesce può saltare più alto e più lontano che mai. Sapevo che il<br />
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GENERI<br />
5<br />
10. squartare: dividere<br />
in grossi pezzi.<br />
L’AVVENTURA<br />
11. squame: formazioni<br />
simili a lamelle che<br />
ricoprono la pelle di<br />
molti vertebrati e in particolare<br />
dei rettili e dei<br />
pesci.<br />
terzo colpo doveva essere ben assestato o avrei perso la preda per<br />
sempre.<br />
Con un salto, mi accovacciai sul fondo, così avrei avuto maggiori<br />
possibilità di afferrare il pesce. Lo avrei catturato coi piedi, fra le ginocchia<br />
o coi denti, se fosse stato necessario. Mi assicurai saldamente<br />
al fondo. Cercando di non sbagliare, convinto che la mia vita<br />
dipendeva da quel colpo, lasciai cadere il remo con tutte le mie forze.<br />
Colpito, l’animale rimase immobile e un filo di sangue scuro colorò<br />
l’acqua della zattera.<br />
Io stesso sentii l’odore del sangue. Ma lo sentirono anche i <strong>pescicani</strong>.<br />
Allora per la prima volta, con quattro libbre di pesce a mia disposizione,<br />
provai un terrore incontenibile: resi folli dall’odore del<br />
sangue i <strong>pescicani</strong> si lanciavano con tutte le loro forze contro il fondo.<br />
La zattera oscillava. Io sapevo che da un momento all’altro<br />
avrebbe potuto capovolgersi. Sarebbe stata cosa di un secondo. In<br />
meno di un lampo sarei stato fatto a pezzi dalle tre file di denti d’acciaio<br />
che un pescecane possiede in ogni mandibola.<br />
Ma lo stimolo della fame era in quel momento superiore a ogni cosa.<br />
Strinsi il pesce fra le gambe e mi dedicai, oscillando, alla difficile<br />
impresa di equilibrare la zattera ogni volta che subiva un nuovo assalto<br />
degli squali. La cosa durò alcuni minuti. Ogni volta che l’imbarcazione<br />
si stabilizzava io buttavo fuori bordo l’acqua sanguinolenta.<br />
A poco a poco la superficie risultò pulita e gli squali si placarono.<br />
Ma dovevo stare attento: un’orribile pinna di pescecane – la<br />
più grande pinna di pescecane o di qualsiasi altro pesce che io abbia<br />
mai visto in vita mia – spuntava un metro più su del bordo. Nuotava<br />
placidamente, ma io sapevo che se avesse percepito di nuovo l’odore<br />
del sangue avrebbe dato uno scossone che avrebbe capovolto<br />
la zattera. Con grandi precauzioni mi disposi a squartare 10 il mio<br />
pesce.<br />
Un animale di mezzo metro è protetto da una dura crosta di squame<br />
11 . Quando uno cerca di strapparle, sente che aderiscono alla carne<br />
come lamine d’acciaio. Io non disponevo di nessuno strumento<br />
tagliente. Cercai di togliergli le squame con le chiavi, ma non riuscii<br />
neppure a intaccarle.<br />
Nel frattempo mi resi conto di non aver mai visto un pesce come<br />
quello: era di un verde intenso, coperto da solide squame. Da bambino<br />
ho sempre messo in rapporto il verde coi veleni. È incredibile,<br />
ma nonostante lo stomaco si torcesse dolorosamente alla semplice<br />
prospettiva di un boccone di pesce fresco, ebbi un momento di esitazione<br />
all’idea che quello strano pesce fosse un animale velenoso.<br />
(da Racconto di un naufrago, <strong>Editori</strong> Riuniti, Roma, rid.)<br />
Rosetta Zordan, Il Narratore, <strong>Fabbri</strong> <strong>Editori</strong> © 2008 RCS Libri S.p.A. - Divisione Education