SE MI LASCI TI CANCELLO di Lorenza Ghinelli ... - NavigareSicuri
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«Tutto bene?», le chiese l’insegnante. Rachele annuì debolmente senza<br />
guardarla. Prese posto e incollò gli occhi al banco. Niente andava bene.<br />
Un paio <strong>di</strong> telefonini iniziarono a trillare.<br />
«Ragazzi, il prossimo telefono che suona giuro che lo ritiro», puntualizzò<br />
l’insegnante. Le mani dei ragazzi, furtive ed esperte, frugarono<br />
gli zaini e misero a tacere i cellulari. Poi lo sguardo <strong>di</strong> Rino si alzò dal<br />
suo smartphone e si posò stupito su Rachele, ma lei non comprese,<br />
le mancavano ancora gli elementi. Quando anche Alice, dopo avere<br />
alzato gli occhi dal suo cellulare, la guardò con <strong>di</strong>sapprovazione e <strong>di</strong>sgusto,<br />
Rachele avvertì un senso <strong>di</strong> vertigine e un bisogno impellente<br />
<strong>di</strong> verificare. Fingendo <strong>di</strong> rovistare nello zaino agguantò il suo I-Phone:<br />
c’erano <strong>di</strong>eci messaggi provenienti da numeri sconosciuti, sicuramente<br />
appartenevano agli amici <strong>di</strong> Stefano: in un mms c’era scritto: “così il<br />
tuo ragazzo impara a fare lo stronzo”, e sotto vide una sua foto, nuda.<br />
Gli altri mms traboccavano <strong>di</strong> proposte oscene, con foto che conosceva<br />
benissimo e che per nulla al mondo dovevano trovarsi lì, alla mercé <strong>di</strong><br />
ragazzi da cui non si sarebbe mai fatta vedere neppure in costume.<br />
Aprì il suo profilo Facebook e le si spezzò il respiro: utenti che non conosceva<br />
avevano postato e commentato le foto che Stefano aveva scattato<br />
in quelle settimane. Erano tante. Troppe. Sarebbe stato persino<br />
troppo trovarcene una. Erano tutte lì, a ridere <strong>di</strong> lei e della sua fiducia.<br />
I commenti sotto le foto aumentavano, la chiamavano puttana, e in<br />
mille altri mo<strong>di</strong> che le fecero venire voglia <strong>di</strong> morire lì, in quel momento,<br />
senza dovere mai più sollevare il suo sguardo sul mondo. Gli occhi <strong>di</strong><br />
Caterina la fissavano allibiti e <strong>di</strong>spiaciuti. Col labiale tentò <strong>di</strong> <strong>di</strong>rle: «Mi<br />
<strong>di</strong>spiace da morire». Ma Rachele non comprese, sentiva le orecchie<br />
ronzare e i pensieri girare male, impazziti. Non sentì l’insegnante chiamarla<br />
né camminarle incontro. Quando le prese il cellulare fu come se<br />
le avesse tolto il pavimento dai pie<strong>di</strong>.<br />
«Ve<strong>di</strong>amo un po’ cos’è che rende Rachele così <strong>di</strong>stratta…», commentò<br />
sardonica. Rachele balzò in pie<strong>di</strong> in un istante, <strong>di</strong>fese il suo segreto<br />
come poté, urlando all’insegnante <strong>di</strong> restituirle il telefono, cercando <strong>di</strong><br />
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