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BPARTE Le forme poetiche<br />
1<br />
L’AUTORE<br />
<strong>Francesco</strong> <strong>Berni</strong><br />
Accanto al petrarchismo, ormai dominante nella poesia<br />
del Cinquecento, si sviluppa una linea antipetrarchista,<br />
che ha come bersaglio parodico proprio la poesia del<br />
Petrarca. L’esponente più significativo di questa tendenza<br />
fu <strong>Francesco</strong> <strong>Berni</strong>, nato a Lamporecchio (Pistoia)<br />
nel 1497; visse dapprima a Roma, al servizio del cardinale<br />
Bernardo Dovizi da Bibbiena, poi a Venezia e a Firenze,<br />
dove fu allontanato per immoral<strong>it</strong>à. Quindi fu di<br />
nuovo a Roma, dopo l’elezione di Clemente VII, al servizio<br />
del cardinale Giberti; infine si stabilì a Firenze alla<br />
corte di Alessandro de’ Medici, e ivi nel 1535 morì, forse<br />
avvelenato, perché rifiutò di partecipare a una congiura<br />
contro un cardinale odiato dal duca.<br />
La sua breve v<strong>it</strong>a, costellata di scandali e di denunce, fu<br />
L’OPERA<br />
Le rime del <strong>Berni</strong>, che hanno i temi or ora descr<strong>it</strong>ti, rappresentano<br />
un continuo “gioco con le parole”, in cui<br />
tutto il lessico petrarchesco viene utilizzato in maniera<br />
distorta e parodica, in un’operazione da grande letterato<br />
che ben conosce il modello contestato e si serve<br />
<strong>Francesco</strong> <strong>Berni</strong><br />
Chiome d’argento fino<br />
In questo sonetto c’è il capovolgimento ironico e divert<strong>it</strong>o di un sonetto del Bembo<br />
(Crin d’oro crespo) che diventa il bersaglio parodico del <strong>Berni</strong>. Le parole sono quelle<br />
usate dal Bembo, ma gli aggettivi sono rifer<strong>it</strong>i alle cose sbagliate: così i capelli d’oro<br />
diventano d’argento, il biancore della pelle si sposta negli occhi e sulle labbra, la<br />
“neve” del volto si sposta sulle ciglia, mentre il “crespo” dei capelli diventa la pelle<br />
increspata dalle rughe. E ancora, l’oro dei capelli è ora il giallo di un viso invecchiato,<br />
gli occhi sono «di perle vaghi», cioè biancastri e strabici. La parodia è comica<br />
e la deformazione del modello diventa un “controcanto” sapientissimo e raffinato.<br />
Per il testo si è segu<strong>it</strong>a l’edizione delle Rime a cura di D. Romei, Mursia.<br />
METRO: Sonetto con schema ABBA ABBA CDE DCE.<br />
Chiome d’argento fino, irte e attorte<br />
senz’arte 1 intorno ad un bel viso d’oro;<br />
ded<strong>it</strong>a a un tipo di poesia che rinnegava in blocco tutta<br />
la produzione cinquecentesca, facendo diventare una<br />
moda la lode per gli oggetti materiali. Così si trovano<br />
nei suoi versi le lodi dell’insalata, dei fichi, delle carote,<br />
del bicchiere, delle fave, degli stuzzicadenti, della carestia.<br />
Loda la peste che toglie dal mondo tanti uomini<br />
sciocchi e fastidiosi; commenta con serietà il gioco di<br />
carte della “Primiera”, allora molto in voga; esalta con<br />
enfasi la barba, mentre il suo protettore amava il viso<br />
rasato; condanna, come inutili e oziosi, i poeti e se<br />
stesso, nel Dialogo contro i poeti. In tutta la produzione<br />
del <strong>Berni</strong> c’è insomma un rifiuto globale della cultura<br />
cinquecentesca, verso la quale egli esprime un fastidio<br />
esistenziale.<br />
delle sue stesse parole per ridicolizzarlo. Ci troviamo<br />
cioè di fronte a un capovolgimento semantico di un repertorio<br />
usato e abusato nel corso del Cinquecento, condotto<br />
nel più scrupoloso rispetto del lessico e dei moduli<br />
stilistici più diffusi.<br />
1 attorte senz’arte: aggrovigliate in modo scomposto.
2 u’ mirando: dove guardando, cioè guardandola.<br />
3 io mi scoloro: impallidisco.<br />
4 spunta... Morte: Amore (rappresentato di sol<strong>it</strong>o<br />
armato di arco e frecce) e Morte (qui<br />
evocata in un binomio divenuto ormai inscindibile<br />
con Amore) spuntano le loro armi<br />
su quella fronte dura come una cotenna.<br />
5 vaghi: l’autore gioca qui sulla polisemia del<br />
termine. Vago significa infatti “bello”, “desiderabile”,<br />
ma anche “che vaga” e quindi non<br />
VERIFICHE TESTUALI<br />
fronte crespa, u’ mirando 2 io mi scoloro, 3<br />
dove spunta i suoi strali Amor e Morte; 4<br />
occhi di perle vaghi, 5 luci 6 torte<br />
da ogni obietto diseguale a loro; 7<br />
ciglie di neve e quelle, ond’io m’accoro, 8<br />
d<strong>it</strong>a e man dolcemente grosse e corte;<br />
labra di latte, bocca ampia celeste; 9<br />
denti d’ebeno 10 rari e pellegrini; 11<br />
inaud<strong>it</strong>a ineffabile armonia;<br />
costumi alteri e gravi: 12 a voi, divini<br />
servi d’Amor, palese fo che queste<br />
son le bellezze della donna mia.<br />
Non si può apprezzare il significato parodistico di questo<br />
testo, se non lo si confronta con il sonetto del<br />
Bembo che rappresenta il modello che il <strong>Berni</strong> intende<br />
rovesciare. È dunque a quel sonetto che dovrai riferirti<br />
(Crin d’oro crespo), costruendo una tabella come<br />
quella che segue.<br />
1 Completa la tabella con i particolari del volto e del<br />
comportamento delle due donne.<br />
la donna del Bembo la donna del <strong>Berni</strong><br />
crin d’oro chiome d’argento<br />
crespo irte e attorte<br />
............................................<br />
............................................<br />
Quali sono gli aggettivi o gli attributi comuni alle due<br />
donne, ma spostati nel riferimento?<br />
fisso. Petrarca aveva cantato gli occhi di<br />
Laura “vaghi”, perché belli e desiderabili, ma<br />
qui il <strong>Berni</strong> spiega, sub<strong>it</strong>o dopo, che si tratta<br />
di occhi storti.<br />
6 luci: occhi, che ricevono e riflettono la luce.<br />
7 torte... loro: che si allontanano da qualsiasi<br />
cosa non sia come loro, cioè da ciò che è<br />
brutto.<br />
8 ond’io m’accoro: per cui io mi accoro, nel<br />
doppio senso di “mi intenerisco” e “mi dispiaccio”.<br />
............................................<br />
............................................<br />
Il sonetto<br />
F. <strong>Berni</strong>, Rime<br />
percorso 03<br />
9 bocca ampia celeste: la grande bocca sembra<br />
spalancarsi come la volta del cielo, accentuando<br />
l’aspetto di megera di questa<br />
donna.<br />
10 denti d’ebeno: denti neri. L’ebano è un materiale<br />
prezioso, ma il suo colore non va bene<br />
per i denti, che dovrebbero essere invece<br />
d’avorio.<br />
11 rari e pellegrini: rari e malfermi.<br />
12 costumi alteri e gravi: perché la donna è palesemente<br />
vecchia.<br />
Il <strong>Berni</strong>, come il Bembo, fa largo uso di espedienti retorici<br />
per rendere più significativo il r<strong>it</strong>ratto che sta<br />
componendo. Si possono trovare nel sonetto metafore*,<br />
metonimie*, parallelismi*, ant<strong>it</strong>esi*, ecc.<br />
2 Trova nel testo tutte le figure e gli espedienti retorici<br />
usati dal poeta, e spiega qual è la loro funzione e l’effetto<br />
che producono.<br />
Anche dal punto di vista del tessuto fonico si determinano<br />
echi e rimandi fonetici che aumentano la suggestiv<strong>it</strong>à<br />
del testo e rivelano l’estrema perizia dell’autore.<br />
Osserva, per esempio, l’all<strong>it</strong>terazione* della r nella<br />
prima quartina, il suono u messo in rilievo nel terzo<br />
verso dalla pausa.<br />
3 Trova tutti gli altri fenomeni rifer<strong>it</strong>i al suono delle parole<br />
e spiega (anche di quelli già c<strong>it</strong>ati) gli effetti che<br />
producono.<br />
2