Dallo scavo al Museo
Dallo scavo al Museo
Dallo scavo al Museo
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COLLANA DIDATTICA<br />
3° volume<br />
<strong>D<strong>al</strong>lo</strong> <strong>scavo</strong><br />
<strong>al</strong> <strong>Museo</strong>
<strong>D<strong>al</strong>lo</strong> <strong>scavo</strong> <strong>al</strong> <strong>Museo</strong><br />
Ministero per i Beni e le Attività Cultur<strong>al</strong>i<br />
Soprintendenza Speci<strong>al</strong>e per i Beni Archeologici di Roma<br />
Servizio Educativo
Servizio Educativo<br />
della Soprintendenza Speci<strong>al</strong>e<br />
per i Beni Archeologici di Roma<br />
Tiziana Ceccarini<br />
Comitato redazion<strong>al</strong>e<br />
Tiziana Ceccarini<br />
Mara Pontisso<br />
Vittoria Lecce<br />
Soprintendenza Speci<strong>al</strong>e<br />
per i Beni Archeologici di Roma<br />
Si ringrazia per la collaborazione<br />
Elena Ferrari<br />
Chiara De Marchis<br />
Progetto grafico<br />
e videoimpaginazione<br />
Stefano Novelli<br />
Stampa<br />
Rilegatoria Varzi<br />
Collana Didattica<br />
3° Volume<br />
© 2009 Soprintendenza Speci<strong>al</strong>e per i Beni Archeologici di Roma<br />
Contributi di<br />
M. Angelini<br />
I. Arletti<br />
G. Bandini<br />
M. Bartoli<br />
S. Borghini<br />
A. Casagrande<br />
A. Catanese<br />
A. Cirillo<br />
O. Colacicchi<br />
A. D’Elia<br />
A. Lugari<br />
M. Pagliaro<br />
D. Papetti<br />
A. Passi<br />
J. Polakova<br />
I. A. Rapinesi<br />
C. Robotti<br />
R. Tomaino<br />
E. Zarlenga<br />
S O M M A R I O<br />
G. Bandini 6-11 Quel che si deve Sapere sul Restauro<br />
A. Catanese - A. Passi - R. Tomaino - E. Zarlenga 12-17 Primi Interventi di Emergenza<br />
A. Lugari 18-23<br />
La Conservazione dei Mosaici nelle<br />
aree Archeologiche<br />
M. Bartoli 24-31 Il Restauro dei Mosaici<br />
M. Angelini - O. Colacicchi 32-37<br />
I. A. Rapinesi - J. Polakova 38-49<br />
C. Robotti - M. Pagliaro 50-59<br />
Met<strong>al</strong>li: <strong>al</strong>la ricerca del<br />
“Perduto Splendore”<br />
Conservazione e Segreti<br />
dei Preziosi più Piccoli<br />
Il Ritorno del Passato<br />
Restaurare il vetro e le ceramiche<br />
D. Papetti - A. Casagrande - A. D’Elia 60-67 Ridare vita <strong>al</strong>le Sculture<br />
S. Borghini 68-75<br />
Dove Inizia e Finisce<br />
l’Intervento del Restauratore<br />
A. Cirillo 76-79 Il “Restauro” Virtu<strong>al</strong>e<br />
I. Arletti 80-85 Il <strong>Museo</strong> Nascosto: i Depositi
La Collana a cura del Servizio Educativo si arricchisce di un <strong>al</strong>tro<br />
volume di grande interesse, d<strong>al</strong> titolo “RESTAURARE. <strong>D<strong>al</strong>lo</strong> Scavo<br />
<strong>al</strong> <strong>Museo</strong>”, a cura dei restauratori della Soprintendenza Speci<strong>al</strong>e<br />
per i Beni Archeologici di Roma.<br />
Una gestione funzion<strong>al</strong>e di un museo implica, infatti, una attività di<br />
tutela e di documentazione delle opere, che vi<br />
sono conservate, non sempre immediatamente<br />
visibile da parte dell’utente-visitatore.<br />
Il museo non è solo un centro di promozione<br />
cultur<strong>al</strong>e e un luogo formativo, ma anche<br />
un punto di riferimento per gli studiosi e per<br />
un’utenza più estesa, come il settore della<br />
ricerca, attraverso una serie di servizi interni<br />
<strong>al</strong>la Soprintendenza, concepiti in stretto collegamento<br />
con gli oggetti conservati nel museo, con le fin<strong>al</strong>ità della istituzione<br />
e con le iniziative che vi si svolgono. Rientrano in questa cate-<br />
goria il Cat<strong>al</strong>ogo, il Laboratorio Fotografico, il Servizio<br />
Mostre, il Servizio Educativo ed i Laboratori di Restauro.<br />
Fra questi servizi, si è voluto privilegiare con il volume<br />
“<strong>D<strong>al</strong>lo</strong> Scavo <strong>al</strong> <strong>Museo</strong>” il restauro, per l’ampia<br />
varietà dei temi e per far capire, anche ai non<br />
addetti ai lavori, il termine “Restauro” e la parola<br />
“Restauratore”.<br />
Avvicinarsi <strong>al</strong>lo straordinario patrimonio cultur<strong>al</strong>e in<br />
nostro possesso significa, dunque, imparare ad apprezzare<br />
non solo gli oggetti - i beni -, ma anche le numerose e qu<strong>al</strong>ificate<br />
profession<strong>al</strong>ità che ci permettono quotidianamente di godere delle<br />
opere d’arte e/o dei materi<strong>al</strong>i documentari conservati nei musei.<br />
Tiziana Ceccarini<br />
Responsabile Servizio Educativo<br />
Soprintendenza Speci<strong>al</strong>e<br />
per i Beni Archeologici di Roma
Quel che si deve Sapere sul Restauro Quel che si deve Sapere sul Restauro<br />
Quel che si<br />
deve Sapere<br />
sulRestauro<br />
Giovanna Bandini “Che cos’è il restauro e perché viene effettuato?” Queste sono le<br />
prime, spontanee domande che si pone chi si avvicina per la<br />
prima volta a t<strong>al</strong>e argomento, domande <strong>al</strong>le qu<strong>al</strong>i si cercherà, in<br />
questa sede, di fornire una qu<strong>al</strong>che risposta.<br />
Per quanto riguarda “Che cos’è il restauro”<br />
c’è da dire che per quanto si riferisce <strong>al</strong>le<br />
opere d’arte, gener<strong>al</strong>mente si intende con<br />
t<strong>al</strong>e definizione un insieme di operazioni<br />
volte a “sanare” una situazione oramai compromessa<br />
e ad assicurare la conservazione di<br />
t<strong>al</strong>i manufatti anche per il futuro. Per esempio,<br />
ci si può trovare di fronte ad un antico<br />
vaso frantumato (poiché accident<strong>al</strong>mente è<br />
caduto e si è rotto), ad un reperto antico in<br />
bronzo oramai deturpato da pustole e da<br />
microcrateri che hanno intaccato la materia (in quanto le condizioni<br />
ambient<strong>al</strong>i hanno portato a corroderne ed ossidarne la superficie),<br />
ad un affresco con diverse zone mancanti (perché, nel tempo,<br />
<strong>al</strong>cune parti si sono distaccate e successivamente sono cadute<br />
andando, poi, perdute). Quindi, le operazioni di restauro tendono a<br />
porre rimedio a danni già avvenuti e causati sia d<strong>al</strong>l’ambiente circostante,<br />
sia d<strong>al</strong>l’azione dell’uomo.<br />
Circa la risposta <strong>al</strong>la domanda del “perché viene effettuato il restau-<br />
ro”, questa risulta <strong>al</strong>quanto complessa; si cercherà di renderla chiara<br />
anche attraverso <strong>al</strong>cuni esempi.<br />
Innanzi tutto c’è da tener presente che il restauro non si occupa solo<br />
ed esclusivamente di opere d’arte ma - oltre ai manufatti che<br />
mostrano un indubbio v<strong>al</strong>ore artistico - gli interventi conservativi<br />
vengono effettuati pure su oggetti che rivestono un v<strong>al</strong>ore storico e/o<br />
etnografico, oppure documentario poiché, anche per essi, risulta<br />
importante intervenire per tramandare <strong>al</strong> futuro ciò per cui, ora,<br />
essi rappresentano una significativa testimonianza. Per esempio, il<br />
testo di un trattato di pace del XIII secolo, oppure la c<strong>al</strong>zatura di<br />
un militare dell’epoca romana, o anche la prima edizione di un libro<br />
di Giacomo Leopardi, non rappresentano di certo ‘oggetti’ dotati di<br />
rilevante bellezza,<br />
ma possono costituire<br />
documenti<br />
ricchi di significato<br />
storico ed insieme<br />
documentario e,<br />
quindi, degni di<br />
essere conservati<br />
nonché - quando<br />
necessario - restaurati<br />
con lo scopo di<br />
tramandarli. La stessa cosa è da dirsi per le testimonianze di tipo<br />
etnografico. Difatti, maschere africane lignee, oppure collane di<br />
conchiglie polinesiane, o anche copricapi di penne degli indiani<br />
d’America, rappresentano particolari manifestazioni proprie di culture<br />
diverse e provenienti da differenti parti del mondo; tutte queste<br />
sono comunque “attestazioni” che dovranno essere conservate e<br />
trasmesse ai posteri soprattutto per il loro specifico v<strong>al</strong>ore di documento.<br />
Ecco perché è importante s<strong>al</strong>vaguardare e conservare queste<br />
opere, questi manufatti, queste testimonianze: per tramandarne<br />
il loro “messaggio” anche a coloro che verranno dopo di noi.<br />
6 7
8<br />
Quel che si deve Sapere sul Restauro Quel che si deve Sapere sul Restauro<br />
Una volta risposto ai primi due princip<strong>al</strong>i<br />
quesiti, ne sorgono però <strong>al</strong>tri, ovverosia:<br />
“Perché questi oggetti si degradano? Qu<strong>al</strong>i sono le<br />
cause? In che modo si può intervenire per restaurare e<br />
chi è in grado di farlo?”<br />
Alla prima di t<strong>al</strong>i domande si può ben rispondere<br />
segn<strong>al</strong>ando, però, come nulla a questo mondo è eterno e, quindi,<br />
tutto è soggetto ad una “nascita” (il momento della creazione del<br />
manufatto artistico o del documento storico, oppure della testimonianza<br />
etnografica), ad una “vita” (gli oggetti vengono costruiti per<br />
essere “utilizzati”, per esempio, un quadro ad olio, o una porcellana<br />
cinese, come pure un’anfora in bronzo, prima di essere esposti<br />
in museo - magari <strong>al</strong>l’interno di vetrine dotate di sofisticati sistemi<br />
di <strong>al</strong>larme - costituiscono manufatti che sono stati utilizzati per l’arredo<br />
di una casa signorile, per adornare la tavola di un dignitario<br />
cinese, oppure per contenere vino per le libagioni<br />
ritu<strong>al</strong>i nell’antica Roma), ma sono destinati,<br />
inesorabilmente, ad una “morte” (per progressivo<br />
de-cadimento della materia; per<br />
un traumatico evento, come un terremoto<br />
o un incidente; per inadeguato<br />
ambiente di conservazione;<br />
per usura, ecc…). Difatti, l’incendio<br />
di un archivio contenente<br />
documenti cartacei, o la<br />
caduta, con inevitabile frantumazione,<br />
di una vetrata, o anche l’azione aggressiva<br />
degli agenti atmosferici su di una statua<br />
lapidea esposta per secoli <strong>al</strong>l’aperto,<br />
come pure il continuo c<strong>al</strong>pestio compiuto da<br />
frotte di turisti su di un antico tappeto, costituiscono<br />
fattori di degrado che possono determinare il danneggiamento sino<br />
<strong>al</strong>la scomparsa - più o meno repentina - di queste testimonianze.<br />
All’interrogativo “In che modo si può intervenire per restaurare e chi<br />
è in grado di farlo?” si può rispondere che, per attuare ciò, è opportuno<br />
interpellare speci<strong>al</strong>isti capaci di v<strong>al</strong>utare sia l’entità dei danni<br />
avvenuti, sia gli interventi necessari per riportare <strong>al</strong> meglio delle<br />
possibilità conservative il manufatto danneggiato.<br />
In questo caso, gli speci<strong>al</strong>isti sono i restauratori i qu<strong>al</strong>i sono da<br />
intendersi come una specie di “medici” delle opere d’arte e/o dei<br />
documenti. Ma, come in medicina, anche nel restauro sono necessarie<br />
le competenze anche di <strong>al</strong>tri professionisti (qu<strong>al</strong>i: archeologi,<br />
biologi, fotografi, fisici, radiologi, chimici, ecc…); tutti insieme collaborano,<br />
assieme <strong>al</strong> restauratore, per stabilire una diagnosi circa lo<br />
“stato di s<strong>al</strong>ute” dei manufatti da sottoporre ad operazioni conservative.<br />
Queste ultime, comunque, sono svolte, in via prioritaria, dai<br />
restauratori-medici (i qu<strong>al</strong>i, oltre tutto, conoscono anche l’“anatomia”<br />
delle opere su cui sono chiamati ad intervenire, ovverosia essi<br />
sono in grado di comprendere le tecniche di re<strong>al</strong>izzazione e l’esatta<br />
natura dei materi<strong>al</strong>i costituenti i manufatti).<br />
Ma… “come si effettua un restauro?”. Al momento di avviare qu<strong>al</strong>sivoglia<br />
intervento conservativo da compiersi su di un oggetto/documento,<br />
è bene programmare tutte le varie fasi operative.<br />
Si inizia con la raccolta dei dati relativi <strong>al</strong> manufatto e con la rea-<br />
9
10<br />
Quel che si deve Sapere sul Restauro Quel che si deve Sapere sul Restauro<br />
lizzazione della documentazione grafica e<br />
fotografica. Si prosegue, poi, con l’elaborazione<br />
di una “diagnosi” (spesso con l’aiuto, come si è<br />
detto, anche di <strong>al</strong>tri speci<strong>al</strong>isti), per dare corso, successivamente,<br />
<strong>al</strong>l’intervento di restauro vero e proprio.<br />
Questo, in genere, si articola nelle seguenti fasi:<br />
• Pulitura (per rimuovere lo sporco ed <strong>al</strong>tri generi di depositi i<br />
qu<strong>al</strong>i possono sia nascondere le superfici, sia risultare dannosi<br />
<strong>al</strong>l’opera). Può essere compiuta con mezzi meccanici (come bisturi,<br />
trapani, ablatori ad ultrasuoni, pennelli e spugne, ecc…, strumenti<br />
che debbono essere usati d<strong>al</strong> restauratore con grande abilità), e/o<br />
con sostanze chimiche (come: soluzioni limitatamente acide e/o<br />
basiche, solventi organici, ecc… impiegati con la dovuta cautela).<br />
• Consolidamento (t<strong>al</strong>volta necessario per ridare solidità <strong>al</strong>l’insieme<br />
o a quelle parti che si sono<br />
indeboliti per causa del degrado).<br />
Può essere re<strong>al</strong>izzato con l’uso di<br />
particolari sostanze chimiche,<br />
compatibili con la materia di cui<br />
è costituita l’opera, disciolte in<br />
solventi.<br />
• Ricomposizione di parti<br />
distaccate (facendo ben collimare<br />
i frammenti disgiunti unendoli<br />
mediante l’uso di adeguati adesivi<br />
ed anche, quando necessario,<br />
intervenendo con la costruzione di<br />
supporti, oppure, in casi limite,<br />
inserendo staffe e/o perni).<br />
• Risarcimento form<strong>al</strong>e e pittorico di eventu<strong>al</strong>i lacune (tramite<br />
ricostruzione - ove necessario - delle parti mancanti con successiva<br />
stesura di colore).<br />
• Protezione fin<strong>al</strong>e delle superfici (con applicazione di specifi-<br />
ci prodotti chimici <strong>al</strong>lo scopo di proteggere le superfici d<strong>al</strong>le<br />
aggressioni di agenti di degrado).<br />
In ogni modo, è bene ricordare che per una buona conduzione di un<br />
restauro debbono essere rispettate <strong>al</strong>cune regole e cioè:<br />
• i metodi ed i prodotti impiegati non devono creare danni aggiuntivi<br />
<strong>al</strong>le opere;<br />
• le aree ricostruite devono risultare facilmente riconoscibili<br />
<strong>al</strong>l’osservatore (in modo da distinguere le parti origin<strong>al</strong>i da quelle<br />
rifatte);<br />
• si devono sempre rispettare la materia e l’immagine del manufatto/documento<br />
e quanto di questo è giunto sino a noi (in modo da non<br />
creare dei f<strong>al</strong>si per sbagliata ricomposizione, oppure eccessiva ricostruzione);<br />
• è buona norma lasciare traccia dell’intervento che si è compiuto<br />
(mediante documentazione fotografica e redazione di apposita “scheda<br />
di restauro”), in modo da informare, circa le tecniche ed i prodotti<br />
impiegati, coloro che dovranno, in futuro, intervenire sull’opera.<br />
Infine, <strong>al</strong>la domanda “Come si diventa restauratore?” si può fornire<br />
la seguente risposta: frequentando apposite, speci<strong>al</strong>istiche<br />
scuole di formazione qu<strong>al</strong>i, ad esempio, l’Istituto Superiore per la<br />
Conservazione ed il Restauro a Roma, oppure l’Opificio delle Pietre<br />
Dure a Firenze (Istituti di “Alta Formazione” nei qu<strong>al</strong>i sono previste<br />
lezioni sia teoriche, sia pratiche), od anche seguendo i Corsi<br />
di Laurea in Conservazione dei Beni Cultur<strong>al</strong>i attivati in varie università<br />
it<strong>al</strong>iane.<br />
Ma proprio come avviene per la professione del medico, per intraprendere<br />
l’attività di restauratore è necessaria una speci<strong>al</strong>e predisposizione,<br />
una sorta di “vocazione” per studiare e per operare sulla<br />
materia (la “carne”) delle opere d’arte e/o dei materi<strong>al</strong>i documentari<br />
<strong>al</strong>lo scopo, come si è detto, di conservarli nel miglior modo possibile<br />
e poterli così tramandare <strong>al</strong> futuro.<br />
11
Antonio Catanese<br />
Alessandro Passi<br />
Roberto Tomaino<br />
Ennio Zarlenga<br />
Fig.1 - Cantiere in via<br />
Conteverde, angolo<br />
piazza Vittorio<br />
Frammento di affresco<br />
rinvenuto durante le<br />
fasi di sterro nella zona<br />
sottostante dell’<strong>al</strong>a interamente<br />
ricostruita del<br />
fabbricato in oggetto<br />
RESTAURARE: d<strong>al</strong>lo Scavo <strong>al</strong> <strong>Museo</strong> RESTAURARE: d<strong>al</strong>lo Scavo <strong>al</strong> <strong>Museo</strong><br />
Primi<br />
Interventi<br />
di<br />
Emergenza<br />
“Pronti interventi d’emergenza” a seguito di scavi e/o di sterri nel<br />
territorio di competenza della SSBAR.<br />
Scavo<br />
Lo <strong>scavo</strong> ha inizio nel luogo dove si trovano reperti archeologici. La<br />
corretta esecuzione dello <strong>scavo</strong> è di importanza fondament<strong>al</strong>e, perchè<br />
da esso ci giungeranno materi<strong>al</strong>i più o meno integri, in grado di<br />
fornirci i dati di carattere storico potenzi<strong>al</strong>mente conservati in essi.<br />
Frammento dopo il<br />
primo intervento<br />
di pulitura<br />
Fissaggio a parete con relativa bordatura del frammento<br />
Particolare di tracce<br />
policrome del<br />
Frammento<br />
Tecnica di <strong>scavo</strong><br />
L’esecuzione dello <strong>scavo</strong> avviene secondo il metodo stratigrafico.<br />
Questa tecnica di base, consiste nell’asportare un solo strato di terreno<br />
<strong>al</strong>la volta, iniziando d<strong>al</strong>la superficie attu<strong>al</strong>e.<br />
Ogni strato che si sussegue corrisponde ad un’epoca differente; <strong>al</strong><br />
livello più basso si trovano le stratificazioni più antiche.<br />
Ai fini della datazione dei singoli strati, è fondament<strong>al</strong>e la raccolta<br />
degli oggetti e dei materi<strong>al</strong>i in esso contenuti.<br />
PRONTO INTERVENTO<br />
Prima della rimozione si documenta fotograficamente il reperto,<br />
t<strong>al</strong>e documentazione renderà più facile la ricomposizione durante il<br />
restauro. In <strong>al</strong>cuni casi è necessario eseguire dei consolidamenti<br />
direttamente in sede di <strong>scavo</strong>, specie quando un reperto si presenta<br />
molto frammentato e di materia deperibile.<br />
Il pronto intervento consiste anche in un accurato imb<strong>al</strong>laggio<br />
effettuato con abbondante materi<strong>al</strong>e contemporaneamente soffice e<br />
resistente. I ritrovamenti vanno imb<strong>al</strong>lati per il trasporto nella<br />
stessa posizione in cui sono stati rinvenuti. T<strong>al</strong>e principio, insieme<br />
<strong>al</strong>la numerazione dei singoli pezzi e <strong>al</strong>la documentazione fotografica<br />
ne faciliterà la ricomposizione. I reperti vengono poi raccolti<br />
in cassette.<br />
Il pronto intervento sul territorio è gener<strong>al</strong>mente svolto su scavi di<br />
tipo urbano, in quanto spesso generati da lavori edili (riparazioni,<br />
modifiche struttur<strong>al</strong>i, inst<strong>al</strong>lazioni di servizi, ampliamento delle<br />
linee metropolitane per trasporto pubblico ecc.). Durante t<strong>al</strong>i lavori<br />
sono spesso rinvenuti reperti di interesse archeologico e l’archeologo,<br />
con i suoi collaboratori, v<strong>al</strong>uta la necessità di fare intervenire<br />
i restauratori preposti <strong>al</strong> pronto intervento. Questo va considerato<br />
come primo approccio nei confronti del reperto ancora in sede di<br />
<strong>scavo</strong>. E’ quindi necessario che il restauratore si rapporti ad esso<br />
con la dovuta sensibilità di v<strong>al</strong>utazione, non solo teorica, ma anche<br />
Primi<br />
di<br />
Interventi<br />
Emergenza<br />
12 13
14<br />
Primi<br />
di<br />
Interventi<br />
Emergenza<br />
Fig.2 - Particolari del<br />
saggio di prima pulitura<br />
Fig.3 - Rimozione a<br />
bisturi di scorie resistenti<br />
<strong>al</strong>la pulitura (incrostazioni<br />
sulla superficie<br />
concentrate nei punti di<br />
giunzione delle tessere<br />
RESTAURARE: d<strong>al</strong>lo Scavo <strong>al</strong> <strong>Museo</strong> RESTAURARE: d<strong>al</strong>lo Scavo <strong>al</strong> <strong>Museo</strong><br />
tecnico-pratica maturata operando nel settore specifico e arricchita<br />
da esperienze plurime che riservano gli scavi stessi.<br />
I ritrovamenti sui qu<strong>al</strong>i si interviene abbracciano diverse tipologie<br />
di materi<strong>al</strong>i. In genere si tratta di affreschi, più o meno leggibili,<br />
struttur<strong>al</strong>mente integri o frammentati, perfettamente aderenti o con<br />
serie problematiche di adesione <strong>al</strong>le pareti murarie di strutture<br />
antiche che vengono <strong>al</strong>la luce durante le fasi di <strong>scavo</strong> o di sterro<br />
(cfr. fig.1). Inoltre possono essere presenti le pavimentazioni degli<br />
ambienti gener<strong>al</strong>mente re<strong>al</strong>izzate secondo la tecnica del mosaico.<br />
Di seguito possiamo vedere la documentazione fotografica di <strong>al</strong>cuni<br />
interventi, che riguardano questa tipologia di <strong>scavo</strong>.<br />
Cantiere in via Zucchelli.<br />
<strong>D<strong>al</strong>lo</strong> <strong>scavo</strong> di un fabbricato in disuso è emersa una pavimentazione<br />
a mosaico decorata con motivo a tessere policrome, le qu<strong>al</strong>i,<br />
posizionate a seguito delle tessere<br />
bianche, creano per effetto<br />
chiaro-scuro uno straordinario<br />
andamento tridimension<strong>al</strong>e<br />
(Figg.2-5).<br />
Fig.4 - Particolari della bordatura perimetr<strong>al</strong>e eseguita<br />
con la m<strong>al</strong>ta<br />
Fig.5 - Vista dell’insieme a pronto<br />
intervento ultimato<br />
Cantiere del Pincio.<br />
Sterro del piazz<strong>al</strong>e per la re<strong>al</strong>izzazione di parcheggi sotterranei.<br />
Sequenza fotografica del ritrovamento di un pavimento a mosaico con<br />
tessere bianche disposte a spina su fondo scuro, interv<strong>al</strong>lato da tessere<br />
con puntinatura decorativa. La documentazione fotografica<br />
(Figg.6-7) mette in evidenza l’estrema delicatezza del ritrovamento,<br />
che a causa di un massetto (preparazione di base) di supporto<br />
quasi inesistente<br />
lascia le tessere<br />
a contatto<br />
del terreno il<br />
qu<strong>al</strong>e in diversi<br />
punti si presen-<br />
Fig.6<br />
Primi<br />
di<br />
Interventi<br />
Emergenza<br />
15
16<br />
Primi<br />
di<br />
Interventi<br />
Emergenza<br />
Fig.7 - La documentazione<br />
fotografica mette<br />
in evidenza l’estrema<br />
delicatezza del ritrovamento,<br />
che a causa di<br />
un massetto di supporto<br />
quasi inesistente lascia<br />
le tessere a contatto del<br />
terreno<br />
Fig.8<br />
RESTAURARE: d<strong>al</strong>lo Scavo <strong>al</strong> <strong>Museo</strong> RESTAURARE: d<strong>al</strong>lo Scavo <strong>al</strong> <strong>Museo</strong><br />
ta fangoso e costantemente umido, compromettendo seriamente la<br />
stabilità e l’adesione dell’intera tessitura soprattutto nella zona<br />
perimetr<strong>al</strong>e. Nella fase lavorativa si elimina il terriccio nella zona<br />
perimetr<strong>al</strong>e facendo molta attenzione <strong>al</strong>le tessere che determinano<br />
il bordo, con l’intento di ricavare il gradino di appoggio per la bor-<br />
datura. Alla fine dell’intervento si ottiene una bordatura ben delineata<br />
e integrata con ton<strong>al</strong>ità neutra, la qu<strong>al</strong>e assicura il pavimento<br />
d<strong>al</strong> repentino distaccamento delle tessere.<br />
Cantiere Via Casilina Vecchia<br />
Angolo piazza Lodi - Scavo della metropolitana Linea C.<br />
Nelle figure 8 e 9 si può vedere il basamento del vi<strong>al</strong>e ricavato da<br />
macine in pietra di forma circolare sezionate in porzioni e adagiate<br />
sul terreno.<br />
Dopo un accurato lavoro di pulitura, tutti gli elementi vengono<br />
numerati. Da notare i segni di riferimento per mezzo dei qu<strong>al</strong>i sarà<br />
possibile riposizionare con esattezza<br />
l’intero vi<strong>al</strong>e. Tutto ciò che è<br />
materi<strong>al</strong>e di interesse viene posizionato<br />
in cassette di <strong>scavo</strong> dopo<br />
avere ricevuto come abbiamo visto<br />
la giusta documentazione e classi-<br />
ficazione di riferimento.<br />
Questa prassi segna il percorso di<br />
recupero e di restauro per la gran<br />
parte di oggetti di <strong>scavo</strong> che giungono<br />
nei laboratori.<br />
L’entusiasmo e il coinvolgimento<br />
dello <strong>scavo</strong> sono spesso ricompensati<br />
da ritrovamenti di grande interesse.<br />
Un esempio è il recente ritrovamento<br />
verificatosi durante lo<br />
<strong>scavo</strong>, nei pressi della zona di<br />
Testaccio adiacente <strong>al</strong> “monte dei<br />
cocci”, di un consistente blocco in pasta vitrea, contornato di materi<strong>al</strong>e<br />
carbonizzato miscelato di perline per collane ornament<strong>al</strong>i. In<br />
questo caso il pronto intervento ha permesso di portare a termine<br />
con successo<br />
un’operazione<br />
molto delicata<br />
qu<strong>al</strong>e quella del<br />
recupero di cucchiaini<br />
da trucco<br />
in osso mediante la<br />
successiva estrazione<br />
del blocco di<br />
terra in cui erano<br />
contenuti, fin<strong>al</strong>izzata<br />
<strong>al</strong> successivo<br />
trasporto nei laboratori<br />
di restauro<br />
(Fig.10).<br />
Primi<br />
di<br />
Interventi<br />
Emergenza<br />
Fig.9 - Il ritrovamento<br />
del vi<strong>al</strong>e sottostante la<br />
Via Casilina Vecchia,<br />
composto da grandi<br />
ciottoli in pietra<br />
Il particolare di una<br />
porzione di macina<br />
frammentata e la sua<br />
collocazione in cassetta<br />
dopo la numerazione<br />
Fig.10 - L’interesse<br />
maggiore del ritrovamento<br />
si è concentrato<br />
su gruppi di cucchiaini<br />
da trucco in osso<br />
17
Alessandro Lugari<br />
Fig.1 - Sezione di un<br />
mosaico<br />
RESTAURARE: d<strong>al</strong>lo Scavo <strong>al</strong> <strong>Museo</strong> RESTAURARE: d<strong>al</strong>lo Scavo <strong>al</strong> <strong>Museo</strong><br />
La Conservazione<br />
dei Mosaici nelle<br />
aree<br />
Archeologiche<br />
Il problema della conservazione dei mosaici in uno <strong>scavo</strong> archeologico<br />
è un argomento molto complesso che va affrontato sotto<br />
diversi aspetti.<br />
Come prima cosa diciamo che il mosaico è una tipologia di decorazione<br />
re<strong>al</strong>izzata a strati, gener<strong>al</strong>mente ne troviamo tre (Fig.1):<br />
• uno strato di drenaggio costruito con grosse pietre e poca c<strong>al</strong>ce,<br />
denominato in antico ‘statumen’;<br />
• uno strato superiore di livellamento re<strong>al</strong>izzato con c<strong>al</strong>ce e piccoli<br />
frammenti di pietra o di ceramica, che svolge la funzione di massetto,<br />
chiamato in antico ‘rudus’;<br />
• sopra a questo troviamo il letto di posa ottenuto con c<strong>al</strong>ce e pozzolana<br />
fine, chiamato in antico ‘nucleus’, sul qu<strong>al</strong>e veniva re<strong>al</strong>izzato<br />
il mosaico a giornate, stendendo la c<strong>al</strong>ce necessaria dove venivano<br />
inserite le tessere di marmo.<br />
Negli ultimi anni è ormai una prassi consolidata quella di affiancare<br />
<strong>al</strong>l’archeologo mentre scava, un esperto in conservazione; i<br />
reperti mobili (ceramiche, vetri, met<strong>al</strong>li, marmi, ecc.) vengono via<br />
via cat<strong>al</strong>ogati e quindi portati in magazzino, le strutture (murature,<br />
mosaici, affreschi, ecc) rimangono nel sito. La funzione del restauratore<br />
è, in accordo con chi scava, quella di prendere provvedimenti<br />
affinché gli oggetti e i resti scoperti siano s<strong>al</strong>vaguardati.<br />
Il pronto intervento è un passaggio fondament<strong>al</strong>e della conservazione,<br />
è il primo e il più importante. Non possiamo scindere il lavoro<br />
dell’archeologo sul campo da quello del restauratore, nel momento<br />
del ritrovamento di un manufatto è indispensabile la presenza del<br />
restauratore; archeologia e conservazione devono viaggiare par<strong>al</strong>lele,<br />
convivere, deve esistere una sinergia tra le varie profession<strong>al</strong>ità.<br />
E’ quindi ormai acquisita la presenza del tecnico restauratore in<br />
una campagna di <strong>scavo</strong>, in quanto con lo <strong>scavo</strong> archeologico<br />
andiamo ad interrompere un equilibrio che dura da secoli, il<br />
mosaico, interrato, vive in una condizione di quiete, nella qu<strong>al</strong>e<br />
noi andiamo ad interferire.<br />
La situazione in cui si trova il reperto è stabile, esiste cioè un equi-<br />
La Conservazione<br />
dei Mosaici nelle<br />
aree<br />
Archeologiche<br />
Fig.2 - Sezione di un<br />
mosaico su <strong>scavo</strong><br />
archeologico<br />
18 19
La Conservazione<br />
dei Mosaici nelle<br />
aree<br />
Archeologiche<br />
Fig.3 - Copertura provvisoria<br />
con tessuti traspiranti<br />
in fase di <strong>scavo</strong><br />
RESTAURARE: d<strong>al</strong>lo Scavo <strong>al</strong> <strong>Museo</strong> RESTAURARE: d<strong>al</strong>lo Scavo <strong>al</strong> <strong>Museo</strong><br />
librio termodinamico con umidità e temperatura costanti ed in<br />
assenza di luce. Subito dopo la scoperta la situazione diventa instabile,<br />
improvvisamente abbiamo la presenza di luce durante il giorno<br />
ed una forte variazione dei v<strong>al</strong>ori di umidità e temperatura, che<br />
continueranno a crescere e a diminuire a seconda delle stagioni e<br />
con l’<strong>al</strong>ternarsi del dì e della notte (Fig.2). Questi fattori se non<br />
controllati provocherebbero un processo velocissimo di degrado.<br />
A questo punto interviene il restauratore che, cercherà di bloccare<br />
il processo di degrado o, quantomeno di r<strong>al</strong>lentarlo; la prima cosa<br />
che deve fare è quella di agire sui fattori ambient<strong>al</strong>i:<br />
evitare un’evaporazione rapida, controllare l’escursione termica,<br />
evitare un’esposizione diretta <strong>al</strong>la luce e quindi attraverso questi<br />
accorgimenti evitare la crescita di micro-organismi.<br />
Gli accorgimenti che deve prendere il restauratore sono quindi<br />
quelli di proteggere immediatamente il reperto una volta che è stato<br />
lavato, misurato e fotografato; gener<strong>al</strong>mente si usano dei tessuti traspiranti<br />
provvisori (Fig.3), mentre continuano le operazioni di<br />
<strong>scavo</strong>, per poi, successivamente creare delle coperture stabili adeguatamente<br />
progettate.<br />
Le prime operazioni da effettuare sul mosaico sono quelle di pulitura<br />
e di consolidamento.<br />
Il pavimento viene lavato con acqua distillata mediante spugne e<br />
spazzolini e quindi trattato con prodotti biocidi per evitare la crescita<br />
di vegetazione, <strong>al</strong>ghe, funghi ecc.<br />
Il consolidamento viene eseguito bloccando le tessere mobili con<br />
m<strong>al</strong>ta idraulica (Fig.4) o mediante iniezioni di m<strong>al</strong>ta liquida cercando<br />
di colmare i vuoti negli strati preparatori. È inoltre necessario<br />
stuccare tutti i bordi delle lacune per evitare che le tessere continuino<br />
a staccarsi.<br />
Nelle zone dove sussistono crolli o situazioni problematiche a livello<br />
statico si pratica una velatura provvisoria e quindi lo ‘strappo’ del<br />
frammento per ricollocarlo in seguito nella sua posizione originaria.<br />
La Conservazione<br />
dei Mosaici nelle<br />
aree<br />
Archeologiche<br />
Fig.4 - Contenimento<br />
dei bordi del mosaico<br />
con m<strong>al</strong>ta idraulica<br />
20 21
La Conservazione<br />
dei Mosaici nelle<br />
aree<br />
Archeologiche<br />
22<br />
Mosaico Crollato<br />
Frammenti recuperati<br />
Velatura dei frammenti<br />
recuperati<br />
Ricostruzione dei<br />
frammenti del mosaico<br />
RESTAURARE: d<strong>al</strong>lo Scavo <strong>al</strong> <strong>Museo</strong> RESTAURARE: d<strong>al</strong>lo Scavo <strong>al</strong> <strong>Museo</strong><br />
Quindi riassumendo i problemi da affrontare si dividono in due parti:<br />
• primari, per continuare il lavoro<br />
di <strong>scavo</strong>;<br />
• secondari, per la fruizione dello<br />
<strong>scavo</strong> o il suo reinterro.<br />
PRIMARI<br />
- protezione provvisoria<br />
- verifica dello stato di conservazione<br />
- bloccaggio tessere mobili<br />
- bordi di contenimento<br />
- velature di sostegno<br />
- riadesione degli strati<br />
SECONDARI<br />
- fruizione dello <strong>scavo</strong> e quindi<br />
manutenzione programmata<br />
- reinterro<br />
- rimozione depositi incoerenti<br />
- preconsolidamento<br />
- pulitura<br />
- consolidamento<br />
- protezione definitiva<br />
La Conservazione<br />
dei Mosaici nelle<br />
aree<br />
Archeologiche<br />
23
Maria Bartoli<br />
Fig.1 - Stratigrafia del<br />
mosaico paviment<strong>al</strong>e<br />
RESTAURARE: d<strong>al</strong>lo Scavo <strong>al</strong> <strong>Museo</strong> RESTAURARE: d<strong>al</strong>lo Scavo <strong>al</strong> <strong>Museo</strong><br />
Il<br />
Restauro<br />
dei Mosaici<br />
Fin d<strong>al</strong>l’antichità la tecnica del mosaico è stata utilizzata per abbellire<br />
edifici privati e pubblici. Questo particolare tipo di decorazione<br />
si ottiene accostando piccoli pezzi, chiamati tessere, di vari colori<br />
e di diversi materi<strong>al</strong>i, come marmo, pietre c<strong>al</strong>caree, vetro, ecc.,<br />
per formare con essi disegni geometrici o figurazioni.<br />
Gli antichi mosaici che oggi possiamo ammirare mostrano, inevitabilmente,<br />
i segni più o meno marcati, dell’invecchiamento determinato<br />
d<strong>al</strong> trascorrere del tempo. Per comprendere in che modo possa<br />
cambiare lo stato di conservazione di queste opere, dobbiamo prima<br />
di tutto pensare a com’è costituito un mosaico.<br />
Breve nota sulla tecnica di esecuzione<br />
Anche se, nel corso del tempo, la pratica si è evoluta ed i materi<strong>al</strong>i<br />
sono cambiati, si può dire che la tecnica di esecuzione<br />
sia rimasta sostanzi<strong>al</strong>mente invariata. Nel caso di<br />
un mosaico paviment<strong>al</strong>e, il procedimento è comunemente<br />
il seguente:<br />
• Sul terreno spianato vengono, per prima cosa, inseriti dei<br />
frammenti di pietra o di mattoni (non necessariamente<br />
accostati, come vediamo nella Fig.1, ma anche distanziati<br />
l’uno d<strong>al</strong>l’<strong>al</strong>tro), per costituire un piano livellato uniformemente;<br />
su questa superficie vengono poi stesi più strati, di<br />
solito tre, di “m<strong>al</strong>ta”, cioè di un impasto composto, in genere, da<br />
due parti di “inerti” (sabbia o polvere di marmo, pozzolana, polvere<br />
di mattone, tufo, anche miscelati tra loro) ed una parte di c<strong>al</strong>ce,<br />
quest’ultima detta “legante”, per la sua capacità di unire tra loro i<br />
granelli delle polveri usate. La “granulometria” degli strati di m<strong>al</strong>ta<br />
va assottigliandosi d<strong>al</strong> primo livello, quello a contatto con il suolo,<br />
<strong>al</strong>l’ultimo strato, il più superfici<strong>al</strong>e<br />
(Fig.2). Su quest’ultimo<br />
viene riportato il<br />
disegno d’insieme<br />
dell’opera da<br />
comporre, chiamato<br />
“sinopia” d<strong>al</strong><br />
nome del pigmento<br />
natur<strong>al</strong>e<br />
norm<strong>al</strong>mente<br />
impiegato a questo<br />
scopo. Nel caso di decorazioni<br />
complesse o di grandi dimensioni, la composizione viene trasferita<br />
sulla superficie destinata a riceverla tracciando le linee princip<strong>al</strong>i<br />
ed i contorni delle figurazioni. La trasposizione del disegno può<br />
essere re<strong>al</strong>izzata con diverse tecniche: linee incise nella m<strong>al</strong>ta<br />
ancora fresca con uno strumento appuntito, o colorate ad acquerello,<br />
oppure ottenute battendo un filo, a volte intriso di colore, teso da<br />
un’estremità <strong>al</strong>l’<strong>al</strong>tra della composizione, o con la ripartizione degli<br />
spazi e delle zone di colore, dette “campiture”.<br />
• Preparato così il disegno d’insieme, si procede con la stesura<br />
dello “strato di <strong>al</strong>lettamento”, un sottile strato di m<strong>al</strong>ta a grana<br />
finissima, che viene applicato in piccole porzioni, in modo da potervi<br />
inserire le tessere che compongono la decorazione mentre la<br />
m<strong>al</strong>ta è ancora fresca e plasmabile. Una volta asciugata, la m<strong>al</strong>ta<br />
dello strato di <strong>al</strong>lettamento “lega” insieme tutte le tessere del<br />
mosaico, che diventa così molto solido e resistente. Per questo<br />
motivo il mosaico è una tecnica da sempre utilizzata per conferire<br />
maggiore resistenza ai pavimenti e per renderli impermeabili: gli<br />
impianti term<strong>al</strong>i, i ninfei e le fontane sono, infatti, strutture ove frequentemente<br />
trovano applicazione queste opere.<br />
Il<br />
Restauro<br />
dei Mosaici<br />
24 25<br />
Fig.2
Il<br />
Restauro<br />
dei Mosaici<br />
Fig.3 - Stratigrafia del<br />
mosaico pariet<strong>al</strong>e<br />
Fig.4 - Deterioramento:<br />
<strong>al</strong>veolizzazione,<br />
fessurazione e<br />
fratturazione di tessere<br />
in pasta vitrea<br />
RESTAURARE: d<strong>al</strong>lo Scavo <strong>al</strong> <strong>Museo</strong> RESTAURARE: d<strong>al</strong>lo Scavo <strong>al</strong> <strong>Museo</strong><br />
• La tecnica del mosaico era <strong>al</strong>tresì impiegata per l’ornamento di<br />
pareti e volte: anche in questo caso la superficie destinata a ricevere<br />
la decorazione veniva preparata con due o più strati di m<strong>al</strong>ta, in<br />
genere di spessore inferiore a quello dei mosaici<br />
paviment<strong>al</strong>i (Fig.3). A volte il primo strato veniva<br />
arricchito con l’aggiunta di fibre veget<strong>al</strong>i, che conferivano<br />
una sorta di elasticità <strong>al</strong>l’impasto.<br />
L’adesione di questo primo strato <strong>al</strong>la cortina<br />
muraria era t<strong>al</strong>ora assicurata anche da grappe o<br />
chiodi a testa larga (come è stato documentato, ad<br />
esempio, nella volta della basilica di S.Marco a<br />
Venezia, dove si sono contati fino a 37 chiodi <strong>al</strong><br />
m 2 ). Come per i mosaici paviment<strong>al</strong>i, sull’ultimo<br />
strato preparatorio veniva riportato il disegno<br />
della composizione e su questo veniva applicato lo<br />
strato di <strong>al</strong>lettamento e le tessere del mosaico.<br />
Conservazione e restauro<br />
Abbiamo visto, quindi, come il mosaico sia costituito da materi<strong>al</strong>i<br />
differenti, ciascuno dei qu<strong>al</strong>i dotato<br />
di proprie particolari caratteristiche<br />
che ne determinano la resistenza:<br />
sebbene queste opere possano essere<br />
considerate piuttosto durevoli, tuttavia<br />
non possono sottrarsi ai processi<br />
natur<strong>al</strong>i di invecchiamento e deterioramento<br />
(Fig.4). In un antico mosaico<br />
paviment<strong>al</strong>e gener<strong>al</strong>mente si<br />
riscontrano i danni provocati d<strong>al</strong> c<strong>al</strong>pestio:<br />
tessere consumate ed assottigliate,<br />
staccate o decoese, cioè indebolite struttur<strong>al</strong>mente per<br />
l’esposizione <strong>al</strong>le intemperie ed agli agenti inquinanti dell’atmosfera.<br />
Il deterioramento può interessare tutti gli elementi che com-<br />
pongono l’opera: la m<strong>al</strong>ta degli strati preparatori può perdere coesione<br />
fino a disgregarsi o addirittura polverizzarsi; il terreno può<br />
cedere, causando così avv<strong>al</strong>lamenti o spaccature<br />
nella “trama” della decorazione, o<br />
può trasmettere <strong>al</strong>l’opera<br />
microrganismi e sostanze<br />
dannose per la sua conservazione…<br />
per non<br />
citare gli innumerevoli<br />
tipi di danni che<br />
possono essere<br />
provocati d<strong>al</strong>l’uomo,accident<strong>al</strong>mente<br />
o volontariamente.<br />
I mosaici pariet<strong>al</strong>i sono ancor più esposti<br />
<strong>al</strong>le ingiurie del tempo, perché più facilmente<br />
soggetti a crolli e demolizioni ed è, difatti, molto raro<br />
il ritrovamento di mosaici archeologici di<br />
questo tipo ancora “in piedi”.<br />
Vediamo dunque qu<strong>al</strong>i sono gli strumenti<br />
dei qu<strong>al</strong>i il restauratore può disporre per<br />
favorire la migliore conservazione delle<br />
opere musive, nel rispetto delle più gener<strong>al</strong>i<br />
norme di etica del restauro: il principio<br />
del “minor intervento” e l’uso di materi<strong>al</strong>i<br />
compatibili, reversibili e riconoscibili.<br />
Allo scopo di limitare gli interventi <strong>al</strong> minimo<br />
necessario, è indispensabile poter dedicare grande cura <strong>al</strong>la<br />
manutenzione ordinaria delle opere ed <strong>al</strong> loro monitoraggio. In t<strong>al</strong><br />
modo, infatti, si potrà intervenire tempestivamente sui fenomeni di<br />
degrado, per bloccarli <strong>al</strong> loro insorgere. Sia nel caso di un restauro<br />
“in situ”, sia riguardo un intervento in laboratorio, il primo passo<br />
da compiere è quello di raccogliere tutta la documentazione esi-<br />
Il<br />
Restauro<br />
dei Mosaici<br />
Fig.5 - Mosaici con settori<br />
in cui sono state<br />
eseguite operazioni di<br />
consolidamento, eliminzione<br />
degli eventu<strong>al</strong>i<br />
“attacchi” di microrganismi,<br />
pulitura per la<br />
rimozione delle sostanze<br />
estranee o dannose<br />
26 27
Il<br />
Restauro<br />
dei Mosaici<br />
Fig.6 - l'intervento sarà<br />
completato con la “stuccatura”<br />
delle fessure, la<br />
reintegrazione delle<br />
parti mancanti ed,<br />
eventu<strong>al</strong>mente, con la<br />
applicazione di un protettivo<br />
superfici<strong>al</strong>e.<br />
RESTAURARE: d<strong>al</strong>lo Scavo <strong>al</strong> <strong>Museo</strong> RESTAURARE: d<strong>al</strong>lo Scavo <strong>al</strong> <strong>Museo</strong><br />
stente sulla storia dell’opera, sulla sua tecnica di esecuzione, sugli<br />
interventi eventu<strong>al</strong>mente subiti in passato e sull’attu<strong>al</strong>e stato di<br />
conservazione. Acquisite tutte le necessarie<br />
informazioni, sulla base dei dati raccolti si<br />
potrà redigere un piano per intervenire nel<br />
modo più efficace.<br />
Innanzitutto è molto importante cercare di<br />
individuare e, possibilmente, eliminare le<br />
cause che hanno compromesso la “s<strong>al</strong>ute”<br />
dell’opera, se necessario intervenendo<br />
anche sulle condizioni ambient<strong>al</strong>i, perché,<br />
anche nella conservazione delle opere d’arte,<br />
è sempre “meglio prevenire che curare”!<br />
Modificare il microclima che danneggia<br />
un’opera di solito comporta grande impegno<br />
e spese ingenti, ma, in <strong>al</strong>tri casi, il problema<br />
può essere risolto con interventi molto semplici,<br />
ma risolutivi: può essere sufficiente,<br />
ad esempio, riparare una tettoia, o una tubatura<br />
danneggiata, o eliminare infiltrazioni di<br />
umidità d<strong>al</strong> terreno, ecc.<br />
Una volta eliminati tutti i fattori di deterioramento<br />
sui qu<strong>al</strong>i è possibile agire, si potrà<br />
dare corso <strong>al</strong>l’intervento di restauro, con le<br />
operazioni richieste d<strong>al</strong> caso: consolidamento e risarcimento dei<br />
difetti di adesione delle tessere e degli strati preparatori, eliminazione<br />
degli eventu<strong>al</strong>i “attacchi” di microrganismi (“muffe”, licheni,<br />
<strong>al</strong>ghe, ecc.), pulitura dell’opera, per la rimozione di tutte le sostanze<br />
estranee che la offuscano o che possono essere dannose (Fig.5).<br />
L'intervento sarà completato con la “stuccatura” delle fessure, la<br />
reintegrazione delle parti mancanti ed, eventu<strong>al</strong>mente, con la applicazione<br />
di un protettivo superfici<strong>al</strong>e (Fig.6).<br />
E’ anche piuttosto frequente il caso di opere danneggiate da vec-<br />
chi interventi di restauro, compiuti utilizzando materi<strong>al</strong>i non adatti<br />
e diventa, pertanto, necessario intervenire per rimuoverli o per<br />
revisionarli. Un esempio appropriato è quello dell’uso<br />
del cemento. Negli anni passati<br />
tantissimi mosaici, che<br />
erano stati<br />
staccati d<strong>al</strong><br />
luogo del<br />
ritrovamento,<br />
poiché non<br />
era possibile<br />
conservarli<br />
“in situ”,<br />
sono stati trasferiti<br />
su supporti<br />
costruiti con cemento,<br />
a volte addirittura “armato”, cioè rinforzato <strong>al</strong>l’interno con<br />
“tondini” di ferro; fino quasi agli anni ’70 questa era una pratica<br />
largamente diffusa, ma con il trascorrere del tempo si è osservato<br />
che, in presenza di umidità, i s<strong>al</strong>i presenti nel cemento possono<br />
“migrare” nelle porosità della materia del mosaico e provocare<br />
danni anche molto gravi… per non parlare del ferro dell’armatura,<br />
che in queste condizioni non solo si “ossida” e macchia di ruggine<br />
le parti che sono a contatto, ma, aumentando di volume, riesce<br />
addirittura a causare spaccature nella “tessitura” del mosaico<br />
(Fig.7). A partire d<strong>al</strong>la fine degli anni ’70, <strong>al</strong> posto del cemento<br />
si utilizza un particolare tipo di supporto, costituito da due fogli<br />
di vetroresina che inglobano una struttura in <strong>al</strong>luminio a trama<br />
esagon<strong>al</strong>e, a nido d’ape: materi<strong>al</strong>i del tutto inerti, che non interferiscono<br />
con la conservazione delle opere. Questo sostegno a “sandwich”,<br />
inoltre, presenta caratteristiche di ottima resistenza meccanica<br />
ed un peso specifico molto contenuto, che agevola enormemente<br />
le operazioni di movimentazione.<br />
Il<br />
Restauro<br />
dei Mosaici<br />
Fig.7 - Frattura longitudin<strong>al</strong>e<br />
causata d<strong>al</strong>l’armatura<br />
in ferro<br />
28 29
Il<br />
Restauro<br />
dei Mosaici<br />
RESTAURARE: d<strong>al</strong>lo Scavo <strong>al</strong> <strong>Museo</strong> RESTAURARE: d<strong>al</strong>lo Scavo <strong>al</strong> <strong>Museo</strong><br />
A conclusione degli interventi conservativi, il restauratore è<br />
chiamato anche a collaborare <strong>al</strong>la predisposizione dell’<strong>al</strong>lestimento<br />
espositivo<br />
delle opere (le<br />
immagini in queste<br />
pagine ne illustrano<br />
qu<strong>al</strong>che esempio),<br />
curandone gli<br />
aspetti prettamente<br />
inerenti la conservazione,<br />
come il<br />
tipo di struttura<br />
portante, l’adeguamento<br />
del microclima,<br />
la scelta di<br />
un tipo di illuminazione<br />
che agevoli la corretta lettura, senza<br />
causare danni <strong>al</strong>l’opera.<br />
Il<br />
Restauro<br />
dei Mosaici<br />
30 31
Marina Angelini<br />
Olimpia Colacicchi<br />
RESTAURARE: d<strong>al</strong>lo Scavo <strong>al</strong> <strong>Museo</strong> RESTAURARE: d<strong>al</strong>lo Scavo <strong>al</strong> <strong>Museo</strong><br />
Met<strong>al</strong>li:<br />
<strong>al</strong>la ricerca del<br />
“Perduto splendore”<br />
Il rame, il bronzo e il ferro sono i met<strong>al</strong>li (o le leghe met<strong>al</strong>liche) con<br />
cui gli uomini nell’antichità, via, via in modo sempre più perfezionato,<br />
fabbricarono attrezzi per lavorare, vasellame per la cucina e<br />
la tavola, armi per cacciare e combattere, ma anche monili e opere<br />
di scultura per decorare luoghi pubblici o abitazioni. Natur<strong>al</strong>mente<br />
usarono anche l’oro e l’argento per gioielli e vasellame di pregio.<br />
Gli oggetti in met<strong>al</strong>lo giunti fino a noi sono rari rispetto a quelli in<br />
marmo o in ceramica, poiché i met<strong>al</strong>li sono stati riutilizzati sin d<strong>al</strong>l’antichità.<br />
In condizioni di vita norm<strong>al</strong>e, quando gli oggetti erano<br />
rotti o rovinati o non piacevano più, venivano rifusi per fabbricarne<br />
di nuovi. In ogni epoca questo modo di procurarsi la materia<br />
prima fu ritenuto molto comodo, poiché <strong>al</strong>trimenti il met<strong>al</strong>lo doveva<br />
essere estratto dai miner<strong>al</strong>i con procedimenti molto complicati.<br />
(cfr. scheda Met<strong>al</strong>li)<br />
Sono pochissime le statue di bronzo che sono riuscite ad arrivare<br />
fino ai nostri giorni, dato che, come avviene ancora oggi, la statua<br />
di un sovrano poteva essere abbattuta in seguito <strong>al</strong> crollo del regime<br />
o un’immagine di culto poteva risultare non più attu<strong>al</strong>e o m<strong>al</strong>vista<br />
in un <strong>al</strong>tro clima religioso. Le statue che oggi ammiriamo nei<br />
musei si sono s<strong>al</strong>vate d<strong>al</strong>la distruzione perché abbandonate e poi<br />
dimenticate o sepolte a seguito di crolli e distruzioni dovuti a c<strong>al</strong>amità<br />
natur<strong>al</strong>i, cataclismi o guerre.<br />
Ad esempio l’Auriga di Delfi rimase sepolto in seguito <strong>al</strong> terremoto<br />
del 373 a.C.; i bronzi di Riace e il satiro di Mazara del V<strong>al</strong>lo sono<br />
stati rinvenuti in mare ed è grazie <strong>al</strong> naufragio delle navi che li tra-<br />
sportavano se sono giunti fino a noi. Il Marco Aurelio del<br />
Campidoglio si è s<strong>al</strong>vato perché ritenuto, in età cristiana,<br />
l’effige di San Pietro. Nel <strong>Museo</strong> Nazion<strong>al</strong>e Romano<br />
di P<strong>al</strong>azzo Massimo sono esposti due capolavori<br />
della statuaria in bronzo ritrovati a Roma<br />
negli scavi di fine ‘800, occultati già in<br />
antico: il Pugilatore ed il Principe<br />
Ellenistico (Figg.1-2).<br />
Ma i reperti, così come li vediamo noi<br />
oggi nei musei, sono molto diversi d<strong>al</strong><br />
loro aspetto origin<strong>al</strong>e: quando vengono<br />
ritrovati dagli archeologi ed estratti<br />
d<strong>al</strong>la terra sono quasi irriconoscibili.<br />
Di fatto tutti i met<strong>al</strong>li usati in antico ad<br />
eccezione dell’oro puro si corrodono e<br />
si degradano: tendono cioè a ritornare<br />
<strong>al</strong> loro stato miner<strong>al</strong>e che è chimicamente<br />
più stabile. Quindi, col passare<br />
del tempo, il bronzo perderà la sua<br />
lucentezza e diverrà verde come la m<strong>al</strong>achite<br />
(uno dei miner<strong>al</strong>i da cui si estrae il<br />
rame con cui si fabbrica il bronzo), il<br />
ferro diverrà color ruggine e l’argento<br />
annerirà per poi ricoprirsi di uno strato<br />
deformante di color grigio (Fig.3).<br />
Inoltre, cambiando l’aspetto, i met<strong>al</strong>li<br />
cambiano anche nella<br />
loro struttura e t<strong>al</strong>volta<br />
la loro forma non è più<br />
quella che avevano <strong>al</strong><br />
momento in cui furono<br />
fabbricati e la loro resistenza meccanica è molto indebolita, quindi<br />
i manufatti antichi sono molto fragili e spesso si rompono in più<br />
Met<strong>al</strong>li:<br />
<strong>al</strong>la ricerca del<br />
“Perduto splendore”<br />
Fig.1 - Il ritrovamento<br />
del pugilatore<br />
Fig.2 - Il pugilatore in<br />
museo<br />
Fig.3 - Fibbie per c<strong>al</strong>zature<br />
in argento <strong>al</strong><br />
momento dello <strong>scavo</strong><br />
(foto di A. C<strong>al</strong>i)<br />
Fig.4 - Le fibbie in<br />
argento dopo il restauro<br />
32 33
Met<strong>al</strong>li:<br />
<strong>al</strong>la ricerca del<br />
“Perduto splendore”<br />
Fig.5 - Il ritrovamento<br />
di un tesoretto nascosto<br />
in una pentola<br />
Fig.6 - Il lavoro di<br />
micro<strong>scavo</strong> e recupero<br />
delle monete nel laboratorio<br />
di restauro<br />
Fig.7 -<br />
La messa<br />
in luce<br />
della<br />
superficie<br />
origin<strong>al</strong>e di<br />
una moneta:<br />
per confrontare la<br />
differenza dopo il<br />
restauro la metà a sinistra<br />
è stata lasciata con<br />
le incrostazioni della<br />
corrosione.<br />
34<br />
RESTAURARE: d<strong>al</strong>lo Scavo <strong>al</strong> <strong>Museo</strong> RESTAURARE: d<strong>al</strong>lo Scavo <strong>al</strong> <strong>Museo</strong><br />
pezzi anche di piccole e piccolissime dimensioni. In <strong>al</strong>cuni casi la<br />
corrosione e la miner<strong>al</strong>izzazione portano <strong>al</strong>la tot<strong>al</strong>e distruzione dell’oggetto<br />
o <strong>al</strong>la perdita di <strong>al</strong>cune sue parti. Il compito dei restauratori<br />
è quindi molto complicato: devono riuscire a pulire d<strong>al</strong>le incrostazioni<br />
le superfici di reperti fragilissimi senza romperli e, se gli<br />
oggetti sono già rotti, devono ricomporre tutti i frammenti proprio<br />
come in un puzzle a cui t<strong>al</strong>volta mancano dei pezzi, devono inoltre<br />
preservarli da ulteriori fattori di degrado. Con il restauro gli oggetti<br />
spesso recuperano la loro forma ma il met<strong>al</strong>lo rimane comunque<br />
modificato con un aspetto superfici<strong>al</strong>e che non conserva più l’originaria<br />
lucentezza met<strong>al</strong>lica, ma che è costituito da strati miner<strong>al</strong>izzati<br />
di colori diversi, chiamati patina (Fig.4).<br />
Come già accennato si ritrovano solo gli oggetti che sono rimasti<br />
nascosti per vari motivi e tra questi vi sono i tesori e i corredi che<br />
gli antichi usavano seppellire con i loro defunti.<br />
Quando si ritrovano dei tesori è perché il loro proprietario non è<br />
mai potuto tornare a recuperarli: è questo il caso di un<br />
piccolo tesoretto di età romana imperi<strong>al</strong>e raccolto<br />
in una pentola e sepolto in una necropoli<br />
(Fig.5). Il restauro ha svelato che nella<br />
pentola erano state messe 144 monete,<br />
per la maggior parte sesterzi (Fig.6).<br />
Solo dopo che i restauratori le hanno<br />
pulite ritrovando le superfici origin<strong>al</strong>i<br />
con i ritratti degli imperatori, gli archeologi<br />
ed i numismatici hanno potuto riconoscerle<br />
e quindi studiarle (Figg.7-8). Ora sappiamo<br />
la datazione delle monete - da Vespasiano<br />
a Commodo (I e II sec d.C.) -, l’epoca in cui è stato<br />
nascosto quel piccolo tesoro e il suo v<strong>al</strong>ore che corrispondeva a circa<br />
un quarto della paga annua di un legionario romano.<br />
Molti reperti vengono ritrovati nelle tombe dove, insieme <strong>al</strong> defunto,<br />
venivano lasciati spesso molti beni: i suoi oggetti preferiti o<br />
quelli che utilizzava in vita e, tra questi, quelli legati<br />
<strong>al</strong> suo ruolo o <strong>al</strong> suo mestiere.<br />
Nel Lazio, in età protostorica (bronzo fin<strong>al</strong>e - prima età<br />
del ferro XI-X sec a.C.), quando si usava bruciare il<br />
defunto prima di seppellirlo, ai capi politici e religiosi<br />
veniva riservato un ritu<strong>al</strong>e particolare. Era consuetudine<br />
che, con le loro ceneri, venissero seppellite le riproduzioni<br />
in miniatura di oggetti in bronzo rappresentativi<br />
delle loro funzioni: la spada che indica il ruolo di<br />
capo politico militare, il coltello (strumento del sacrificio)<br />
e i doppi scudi distintivi di quello sacerdot<strong>al</strong>e (Fig.9).<br />
Questi piccoli oggetti, antichissimi e fragili, furono spesso deposti<br />
uno sopra <strong>al</strong>l’<strong>al</strong>tro ed<br />
ora li ritroviamo completamente<br />
inglobati<br />
nella terra. Per riuscire<br />
a recuperarli senza<br />
romperli è necessario<br />
staccare tutto il blocco<br />
di terra che li contiene<br />
per poi effettuarne il<br />
Met<strong>al</strong>li:<br />
<strong>al</strong>la ricerca del<br />
“Perduto splendore”<br />
Fig.8 - Il tesoretto dopo<br />
il restauro<br />
Fig.9 - Il corredo<br />
miniaturistico di un<br />
capo politico e religioso<br />
di età protostorica<br />
Fig.10 - Nei disegni sono illustrate le fasi di distacco d<strong>al</strong> terreno di un blocco di terra per il recupero di tanti<br />
reperti senza danneggiarli<br />
35
Met<strong>al</strong>li:<br />
<strong>al</strong>la ricerca del<br />
“Perduto splendore”<br />
Fig.11 - Un blocco di<br />
terra nel laboratorio di<br />
restauro pronto per il<br />
micro<strong>scavo</strong><br />
Fig. 12 - Messa in luce<br />
degli oggetti contenuti<br />
nel pane di terra<br />
Fig.13 - Recupero dei<br />
vari oggetti opportunamente<br />
rinforzati<br />
36<br />
RESTAURARE: d<strong>al</strong>lo Scavo <strong>al</strong> <strong>Museo</strong> RESTAURARE: d<strong>al</strong>lo Scavo <strong>al</strong> <strong>Museo</strong><br />
micro<strong>scavo</strong> in laboratorio, dove si può lavorare con tempi<br />
e attrezzature più appropriati (Figg.10-11).<br />
Spesso, dopo aver tolto la terra che li ricopre, si deve<br />
incollare temporaneamente sulla loro superficie un materi<strong>al</strong>e<br />
che li rinforzi, un tipo speci<strong>al</strong>e di carta o tessuto,<br />
per poterli distaccare senza romperli (Figg.12-13).<br />
Questo strato di rinforzo sarà utile anche per riuscire a<br />
pulire in sicurezza il reperto, rimuovendo la terra e le<br />
incrostazioni, e verrà eliminato <strong>al</strong>la fine del restauro, dopo aver consolidato<br />
l’oggetto con delle resine appropriate.<br />
In laboratorio i restauratori possono utilizzare vari strumenti per svolgere<br />
<strong>al</strong> meglio il loro compito. Tra questi vi sono il<br />
microscopio (Fig.14) e le lampade con le lenti di<br />
ingrandimento che permettono di pulire le superfici<br />
con una buona visibilità utilizzando piccoli strumenti<br />
tra cui il bisturi, gli specilli, dei bastoncini in legno,<br />
delle piccole punte montate sul trapano da dentista e<br />
dei piccoli spazzolini e pennelli (Fig.15). T<strong>al</strong>volta se<br />
l’oggetto lo può sopportare si usano dei solventi o<br />
soluzioni chimiche che aiutano a rimuovere gli strati<br />
di incrostazioni ammorbidendoli. I prodotti chimici, <strong>al</strong>la fine dei trattamenti,<br />
devono sempre essere eliminati d<strong>al</strong>l’oggetto con molta accuratezza<br />
perché nel tempo<br />
potrebbero arrecare danni <strong>al</strong><br />
reperto che si vuole conservare.<br />
Quando ci sono dei pezzi rotti,<br />
si incollano adoperando delle<br />
resine adesive che vengono<br />
colorate per renderle simili <strong>al</strong>le<br />
patine del met<strong>al</strong>lo. Poiché i<br />
met<strong>al</strong>li possono sempre continuare<br />
a corrodersi a contatto delle sostanze inquinanti presenti nell’atmosfera<br />
e con l’umidità dell’aria, si devono proteggere le loro<br />
superfici con delle resine trasparenti e<br />
rimuovibili, in modo che possano essere<br />
sostituite periodicamente per mantenere<br />
l’oggetto nelle migliori condizioni.<br />
Compito del restauratore è, infine, re<strong>al</strong>izzare<br />
il supporto espositivo degli oggetti<br />
restaurati di cui conosce le caratteristiche<br />
e i punti di fragilità. Spesso infatti i<br />
reperti necessitano di sostegni perché<br />
mancanti di <strong>al</strong>cune parti, ad esempio il<br />
piede su cui il vaso poggiava, o perché<br />
troppo fragili. A volte il supporto è necessario<br />
per esporre il reperto nel modo<br />
migliore per essere osservato.<br />
Ne è un esempio il sostegno<br />
della corazza e dell’elmo<br />
del guerriero di Lanuvio,<br />
sepolto anche con il suo corredo da atleta, in esposizione<br />
<strong>al</strong> <strong>Museo</strong> Epigrafico del <strong>Museo</strong> Nazion<strong>al</strong>e Romano. Per poterlo<br />
re<strong>al</strong>izzare <strong>al</strong> meglio ed adattarlo perfettamente ai<br />
due reperti si sono fatte tutte le prove necessarie su<br />
un prototipo che e stato via via modificato fino ad<br />
ottenere il risultato voluto (Figg.16-17).<br />
Fig.16 - Corazza ed<br />
elmo della Panoplia di<br />
Lanuvio posizionati sul<br />
supporto espositivo.<br />
Roma, <strong>Museo</strong> Nazion<strong>al</strong>e<br />
Romano-<strong>Museo</strong><br />
Epigrafico.<br />
(progetto Angelini e<br />
Colacicchi in collaborazione<br />
con Arch. Leonori<br />
della Ditta Fedele di<br />
Roma che ne ha curato<br />
la re<strong>al</strong>izzazione)<br />
Met<strong>al</strong>li:<br />
<strong>al</strong>la ricerca del<br />
“Perduto splendore”<br />
Fig.14 - Pulitura <strong>al</strong><br />
microscopio<br />
Fig.15 - Il tavolo di<br />
lavoro con gli strumenti<br />
per il restauro<br />
Fig.17 - Preparazione<br />
del prototipo per la re<strong>al</strong>izzazione<br />
del supporto<br />
per la corazza della<br />
Panoplia di Lanuvio<br />
37
Ida Anna Rapinesi<br />
Jarmila Polakova<br />
RESTAURARE: d<strong>al</strong>lo Scavo <strong>al</strong> <strong>Museo</strong> RESTAURARE: d<strong>al</strong>lo Scavo <strong>al</strong> <strong>Museo</strong><br />
Conservazione e<br />
Segreti<br />
Preziosi<br />
dei<br />
più<br />
Piccoli<br />
“Per quanto riguarda i prodotti veri e propri, comunque, il v<strong>al</strong>ore più<br />
<strong>al</strong>to, tra quelli del mare, è attribuito <strong>al</strong>le perle; tra quelli della superficie<br />
terrestre, ai crist<strong>al</strong>li (di rocca); tra quelli del sottosuolo, <strong>al</strong> diamante,<br />
agli smer<strong>al</strong>di, <strong>al</strong>le gemme, agli oggetti di murra….Tra i prodotti<br />
derivanti da anim<strong>al</strong>i dotati di apparato respiratorio, per quelli<br />
terrestri il v<strong>al</strong>ore più <strong>al</strong>to lo hanno le zanne degli elefanti, per quelli<br />
marini il guscio delle tartarughe… tra i prodotti insieme terrestri e<br />
marini, le conchiglie e la porpora… Non bisogna omettere di dire<br />
che l’oro, per cui tutti i mort<strong>al</strong>i fanno follie, occupa appena il decimo<br />
posto nella sc<strong>al</strong>a dei v<strong>al</strong>ori, e l’argento, con cui l’oro si compra,<br />
si e no il ventesimo…”<br />
Plinio il Vecchio, Natur<strong>al</strong>is Historia, XXXVII, 204 (78)<br />
Gli uomini fino d<strong>al</strong>le epoche più remote hanno fabbricato ornamenti<br />
per abbellire il loro aspetto. Nell’età preistorica erano le conchiglie e<br />
le ossa degli anim<strong>al</strong>i le materie prime a disposizione per re<strong>al</strong>izzare i<br />
monili e occorre giungere <strong>al</strong>meno <strong>al</strong> V millennio a.C., quando si sviluppano<br />
le tecniche degli artigiani orafi, perché vengano re<strong>al</strong>izzati<br />
gioielli in met<strong>al</strong>li preziosi. Da <strong>al</strong>lora in ogni civiltà le oreficerie - i<br />
gioielli, ma anche vasellame, accessori person<strong>al</strong>i, decorazioni per le<br />
vesti - testimoniano la ricchezza e il potere di coloro che le possiedono.<br />
Plinio il Vecchio, vissuto a Roma nel I secolo d.C., annota nel suo<br />
trattato enciclopedico, la Natur<strong>al</strong>is Historia, l’elenco dei beni più<br />
apprezzati dai suoi contemporanei. Nella lista compaiono i materi<strong>al</strong>i<br />
dell’arte orafa - oro e argento - e dell’arte della glittica. Con questo<br />
termine, che deriva d<strong>al</strong> greco gl›fw (glypho = incido), si intende<br />
sia l’arte in se stessa di intaglio, sia i materi<strong>al</strong>i adatti a essere lavorati:<br />
pietre preziose, vetro, ambra, osso, avorio, cor<strong>al</strong>lo, perle, conchiglie.<br />
Le opere di glittica spesso impreziosiscono quelle di oreficeria,<br />
con contrasti di colore di grande effetto.<br />
Presso le popolazioni it<strong>al</strong>iche si usavano per gli ornamenti soprattutto<br />
il rame, il vetro e l’ambra, la resina fossile che giungeva d<strong>al</strong> Mar<br />
B<strong>al</strong>tico, mentre più rare sono le testimonianze di gioielli in oro; a partire<br />
<strong>al</strong>l’VIII secolo a.C. però la concentrazione di grandi ricchezze nelle<br />
mani delle aristocrazie loc<strong>al</strong>i favorisce l’accumulo di notevoli quantità<br />
di met<strong>al</strong>li preziosi: la produzione di gioielli avrà un grande sviluppo,<br />
diffondendosi nell’ area etrusca e tirrenica. In seguito, con le conquiste<br />
territori<strong>al</strong>i e l’estensione della potenza<br />
di Roma in età imperi<strong>al</strong>e, iniziano ad<br />
affluire lungo le vie carovaniere che collegano<br />
Roma con l’Asia e l’Africa nuove<br />
materie prime e merci di lusso.<br />
Oro e Argento: met<strong>al</strong>li “di rango”<br />
I met<strong>al</strong>li s<strong>al</strong>vo poche eccezioni si trovano<br />
in natura sotto forma di miner<strong>al</strong>e e per<br />
poterli utilizzare occorre estrarli attraverso<br />
i processi di met<strong>al</strong>lurgia. Essi però<br />
costituiscono uno stato instabile della<br />
materia, perché a contatto con gli agenti chimici dell’ambiente - acqua,<br />
ossigeno e <strong>al</strong>tri gas, s<strong>al</strong>i disciolti nel terreno, ecc. - reagiscono e tendono<br />
a tornare <strong>al</strong>lo stato miner<strong>al</strong>e originario, attraverso il processo della<br />
corrosione, la causa princip<strong>al</strong>e di degrado di questi materi<strong>al</strong>i (Fig.1).<br />
I met<strong>al</strong>li sono soggetti a questo fenomeno in modo diverso, secondo<br />
la configurazione dei loro atomi. Durante i processi di corrosione si<br />
formano nuovi composti chimici che t<strong>al</strong>volta producono sulla superficie<br />
dell’oggetto una patina protettiva, mentre in <strong>al</strong>tri casi si generano<br />
effetti molto aggressivi, fino <strong>al</strong>la distruzione.<br />
Conservazione e<br />
Segreti dei<br />
piùPreziosi<br />
38 39<br />
Piccoli<br />
Fig.1 - Quando oggetti<br />
met<strong>al</strong>lici vengono<br />
“abbandonati” nell’ambiente,<br />
essi reagiscono<br />
con gli elementi presenti<br />
(acqua, ossigeno e <strong>al</strong>tri<br />
gas, s<strong>al</strong>i disciolti nel<br />
terreno) e il met<strong>al</strong>lo<br />
tende a tornare <strong>al</strong>l’originario<br />
stato miner<strong>al</strong>e
Conservazione e<br />
Segreti dei<br />
piùPreziosi<br />
Piccoli<br />
Fig.2 - Fibbia in argento:<br />
prima del restauro si<br />
osservano i depositi terrosi<br />
e i solfuri neri di<br />
argento (sopra); la<br />
superficie, che presenta<br />
zone corrose, <strong>al</strong> termine<br />
della pulitura (sotto).<br />
Necropoli di Osteria del<br />
Curato, II sec. d.C.<br />
RESTAURARE: d<strong>al</strong>lo Scavo <strong>al</strong> <strong>Museo</strong> RESTAURARE: d<strong>al</strong>lo Scavo <strong>al</strong> <strong>Museo</strong><br />
I met<strong>al</strong>li si possono classificare secondo questa differenza di comportamento,<br />
che potremmo semplificare con il concetto di “nobiltà”,<br />
ossia di resistenza <strong>al</strong>la corrosione: l’oro si trova <strong>al</strong> vertice di questa<br />
classifica, seguito d<strong>al</strong>l’argento (i met<strong>al</strong>li più pregiati), mentre il ferro<br />
è il met<strong>al</strong>lo che si ossida e si corrode più facilmente e velocemente.<br />
L’oro quindi è il met<strong>al</strong>lo nobile per eccellenza,<br />
incorruttibile, solare, perennemente rilucente e per<br />
questo simbolo della reg<strong>al</strong>ità e del divino. Gli oggetti<br />
d’oro che ritroviamo negli scavi archeologici dopo<br />
essere stati sepolti per migliaia di anni ci meravigliano,<br />
infatti, per il loro aspetto “nuovo”.<br />
L’oro era estratto inizi<strong>al</strong>mente in pepite setacciando la<br />
ghiaia dei fiumi, ma le particelle potevano essere trattenute<br />
anche da una pelle di pecora immersa nella<br />
corrente, da cui le preziose pagliuzze erano recuperate<br />
scuotendo la pelle essiccata: da qui forse deriva il<br />
mito del Vello d’oro. Poi fu ricavato polverizzando<br />
massi di quarzo aurifero, fino <strong>al</strong>lo sviluppo di miniere<br />
in età romana, metodo che fece aumentare considerevolmente<br />
la sua disponibilità. L’argento è molto raro<br />
<strong>al</strong>lo stato nativo ed era estratto soprattutto da miner<strong>al</strong>i<br />
costituiti da solfuri e cloruri d’argento. Hanno la stessa composizione<br />
chimica i depositi di corrosione che si formano reagendo con il met<strong>al</strong>lo<br />
durante la permanenza nel terreno e che sono la causa del deterioramento<br />
degli oggetti e dell’annerimento della loro superficie. (Fig.2).<br />
Anche met<strong>al</strong>li più economici, il bronzo e il ferro, erano usati per la<br />
produzione di gioielli più modesti; si poteva aumentare il loro v<strong>al</strong>ore<br />
applicando un rivestimento di oro o di elettro, una lega di argento<br />
e oro. La doratura si poteva applicare anche <strong>al</strong>l’argento.<br />
Si restaurano anche i gioielli?<br />
Se gli oggetti in oro che si trovano nei siti antichi non si corrodono,<br />
non si deve dimenticare che l’oro a contatto con il terreno diventa<br />
più fragile perché “ricrist<strong>al</strong>lizza”, tende cioè a modificare la sua<br />
struttura formando crist<strong>al</strong>li cubici; inoltre le lamine d’oro possono<br />
subire danni meccanici, essere deformate, lacerate, schiacciate da<br />
crolli o <strong>al</strong>tre vicissitudini che hanno interessato il sito archeologico.<br />
Durante l’intervento di restauro delle oreficerie occorre una<br />
grande attenzione nella<br />
pulitura delle superfici. Il<br />
restauratore lavora sempre<br />
con oggetti di dimensioni<br />
ridotte, curando<br />
costantemente il particolare,<br />
per liberare da depositi<br />
di terra oggetti minuti,<br />
lamine lavorate in spessori<br />
sottilissimi, fili d’oro<br />
fini come capelli, dettagli<br />
aggiunti con micros<strong>al</strong>dature<br />
(Fig.3). Strumento<br />
indispensabile è lo stereomicroscopio,<br />
che consente<br />
di avere il pieno controllo<br />
delle operazioni effettuate<br />
(Fig.4). La pulitura mec-<br />
Fig.3 - Spir<strong>al</strong>i fermatrecce d<strong>al</strong>la Necropoli di<br />
Via Laurentina (VIII sec. a.C.) prima e dopo il<br />
restauro. In <strong>al</strong>to: una coppia di fermatrecce in<br />
oro con i termin<strong>al</strong>i decorati a filigrana (nel particolare,<br />
un ingrandimento <strong>al</strong> microscopio elettronico<br />
a scansione). In basso: una spir<strong>al</strong>e in<br />
argento rivestita con lamina di elettro. Mentre<br />
l’oro si presenta in<strong>al</strong>terato, l’argento è annerito e<br />
corroso e il rivestimento di elettro lacerato. I fermatrecce<br />
hanno l’<strong>al</strong>tezza di 1 centimetro.<br />
canica è condotta con strumenti di precisione, specilli, bisturi, tamponcini,<br />
pinzette, impiegati con prudenza e con la manu<strong>al</strong>ità necessaria<br />
a conservare l’integrità delle superfici. Si usano anche trattamenti<br />
chimici, come i lavaggi in acqua distillata leggermente risc<strong>al</strong>data; per<br />
la pulitura dell’argento dai depositi di corrosione, oltre <strong>al</strong>l’uso di abrasivi<br />
finissimi, si applicano impacchi di sostanze che li solubilizzano<br />
facilitandone l’asportazione. Non sempre è possibile riportare <strong>al</strong>la<br />
luce la superficie riflettente dell’argento: se un oggetto in lamina sottile<br />
è molto corroso non è prudente ridurre il suo spessore; si preferisce<br />
<strong>al</strong>lora mantenere la patina superfici<strong>al</strong>e, anche se di colore scuro.<br />
Conservazione e<br />
Segreti dei<br />
piùPreziosi<br />
40 41<br />
Piccoli<br />
Fig.4 - L’intervento<br />
della pulitura meccanica<br />
dei fermatrecce,<br />
<strong>al</strong>ternato ai lavaggi con<br />
acqua distillata, è stato<br />
eseguito <strong>al</strong> microscopio,<br />
strumento indispensabile<br />
per il controllo di<br />
tutte le operazioni
Conservazione e<br />
Segreti dei<br />
piùPreziosi<br />
42<br />
Piccoli<br />
Fig.5 - Grumi di ambra<br />
<strong>al</strong>lo stato grezzo<br />
RESTAURARE: d<strong>al</strong>lo Scavo <strong>al</strong> <strong>Museo</strong> RESTAURARE: d<strong>al</strong>lo Scavo <strong>al</strong> <strong>Museo</strong><br />
La glittica: intagliare e incidere, forare, levigare e lucidare…<br />
“Il v<strong>al</strong>ore più <strong>al</strong>to tra i beni degli uomini, e non soltanto fra le<br />
gemme, è quello del diamante, per lungo tempo conosciuto soltanto<br />
dai re, e anche fra di loro da pochissimi… La durezza del diamante<br />
è infatti indicibile, e la sua natura è <strong>al</strong> tempo stesso t<strong>al</strong>e da sconfiggere<br />
il fuoco senza mai risc<strong>al</strong>darsi: di qui ha tratto anche il suo nome<br />
(in greco significa “forza indomabile”)… Quando si ha successo e si<br />
riesce a rompere il diamante, esso si disintegra in frammenti tanto<br />
piccoli che sono appena visibili. Questi sono ricercati dagli incisori,<br />
che li incastonano nel ferro, riescono a perforare facilmente i materi<strong>al</strong>i<br />
più duri…”<br />
Natur<strong>al</strong>is Historia, XXXVII, 55 (15).<br />
Intagliare e incidere, forare, levigare e lucidare…Tra le prime<br />
materie glittiche che l’uomo ha lavorato si trovano le ossa, le corna<br />
e i denti di bovini, ovini, cervidi e molti <strong>al</strong>tri anim<strong>al</strong>i, con cui fabbricare<br />
perline, aghi, spilloni, pettini, ecc. Molto più pregiato e raro<br />
era l’avorio, costituito d<strong>al</strong>la dentina, una sostanza compatta d<strong>al</strong><br />
colore caratteristico, ricavato soprattutto d<strong>al</strong>le zanne di elefante e<br />
di mammut. Oltre che per fabbricare piccoli oggetti, l’avorio è stato<br />
usato per statue di grandi dimensioni raffiguranti divinità, chiamate<br />
statue crisoelefantine (da chryselephantinos, "fatto d'oro e d'avorio”)<br />
perché, oltre <strong>al</strong>l’avorio utilizzato per intagliare il volto, le mani<br />
ed i piedi, si ricopriva il corpo sagomato in legno con lamine d’oro.<br />
Diffusa era anche l’ambra, di colore d<strong>al</strong> gi<strong>al</strong>lo <strong>al</strong> rosso, resina fossile<br />
di <strong>al</strong>cune conifere sedimentata in grumi <strong>al</strong>l’interno di rocce<br />
nell’area costiera del nord Europa. Le popolazioni che abitavano le<br />
aree affacciate <strong>al</strong> Mar B<strong>al</strong>tico raccoglievano le masserelle di ambra<br />
sulle spiagge, dove il riflusso del mare le depositava.<br />
Essa è stata usata fin da epoche remote per fabbricare le perle delle<br />
collane e piccoli portafortuna, anche per la sua proprietà, ritenuta<br />
magica, di attirare elementi leggeri se strofinata (Fig.5).<br />
Materi<strong>al</strong>i glittici per eccellenza, su cui incidere con particolari<br />
incredibilmente precisi i soggetti più diversi,<br />
dagli anim<strong>al</strong>i <strong>al</strong>le figure mitologiche, d<strong>al</strong>le divinità<br />
ai ritratti, sono le pietre preziose (diamanti,<br />
smer<strong>al</strong>di, zaffiri, rubini, granati) e quelle dure<br />
(lapislazzuli, giada agata, onice, corniola, diaspro,<br />
turchese e molte <strong>al</strong>tre varietà). Le gemme<br />
per bellezza e caratteristiche - colore, trasparenza,<br />
rifrazione <strong>al</strong>la luce - hanno sempre esercitato<br />
un grande fascino, tanto da essere usate anche<br />
<strong>al</strong>lo stato natur<strong>al</strong>e, oppure modificate da processi<br />
rudiment<strong>al</strong>i; solo in seguito si diffondono le conoscenze necessarie<br />
per lavorare le pietre con il taglio e la foratura. Nei gioielli le gemme<br />
erano incastonate in montature d’oro (Fig.6) o forate e legate da<br />
maglie di catene. Le gemme incise erano usate anche per i sigilli.<br />
<strong>D<strong>al</strong>lo</strong> <strong>scavo</strong> <strong>al</strong> restauro<br />
Che cosa avviene quando questi oggetti sono lasciati per migliaia di<br />
anni nel terreno e recuperati in una fortunata indagine archeologica?<br />
Anche la fase del recupero d<strong>al</strong>lo <strong>scavo</strong>, con il cambiamento<br />
delle condizioni ambient<strong>al</strong>i, può rappresentare un momento critico.<br />
I tipi di degrado sono vari e dipendono anche<br />
d<strong>al</strong>la tecnica di lavorazione. Le pietre di solito<br />
non si danneggiano, però se sono incastonate in<br />
anelli o spille possono essere asportate accident<strong>al</strong>mente<br />
d<strong>al</strong> loro <strong>al</strong>loggiamento, oppure i grani di<br />
collana possono rompersi nel punto più debole,<br />
in prossimità del foro. Le perle si sfogliano.<br />
I materi<strong>al</strong>i meno duri possono rompersi anche in<br />
parti minute, da ricomporre con adesivi adatti.<br />
L’ambra può ossidarsi anche profondamente, il<br />
suo colore si <strong>al</strong>tera e si opacizza; può sgranarsi in<br />
piccolissimi crist<strong>al</strong>li e frammentarsi (Fig.7).<br />
L’osso e l’avorio sono soggetti a fessurazioni,<br />
Conservazione e<br />
Segreti dei<br />
piùPreziosi<br />
Piccoli<br />
Fig.6 - Spilla con ametista<br />
raffigurante un<br />
ritratto femminile, incastonata<br />
in una cornice<br />
con decorazione di piccole<br />
foglie in oro. Il gioiello<br />
è stato riutilizzato:<br />
sul retro della spilla i<br />
segni (limati) di un precedente<br />
aggancio.<br />
Necropoli di V<strong>al</strong>lerano,<br />
II sec. d.C.<br />
Fig.7 - Applique in<br />
ambra raffigurante un<br />
amorino <strong>al</strong> momento<br />
del recupero e dopo la<br />
ricomposizione. L’ambra<br />
può sgranarsi in piccolissimi<br />
crist<strong>al</strong>li e frammentarsi,<br />
il suo colore si<br />
può <strong>al</strong>terare e opacizzare.<br />
Necropoli di Tor<br />
Vergata, II sec. d.C.<br />
43
Conservazione e<br />
Segreti dei<br />
piùPreziosi<br />
Piccoli<br />
Fig.8 - Pisside (contenitore)<br />
in avorio, frammentata<br />
e incompleta,<br />
dopo la ricomposizione<br />
su un supporto. Nel disegno<br />
è ricostruito graficamente<br />
il tema della figura,<br />
la tragedia di Oreste<br />
che uccide la madre<br />
Clitemnestra. Il colore<br />
scuro dell’avorio è dovuto<br />
<strong>al</strong>l’incendio della<br />
domus, la dimora signorile<br />
sul Celio, dove la<br />
pisside è stata ritrovata.<br />
Fig.9 - Il “Volto d’avorio”<br />
trafugato a Cesano<br />
e recuperato d<strong>al</strong> Nucleo<br />
per la Tutela del<br />
Patrimonio Cultur<strong>al</strong>e<br />
dei Carabinieri. L’opera,<br />
frammentata in varie<br />
parti, è stata ricomposta<br />
e le lacune risarcite con<br />
una miscela di cere per<br />
restituire integr<strong>al</strong>mente<br />
la sua forma.<br />
RESTAURARE: d<strong>al</strong>lo Scavo <strong>al</strong> <strong>Museo</strong> RESTAURARE: d<strong>al</strong>lo Scavo <strong>al</strong> <strong>Museo</strong><br />
abrasioni e tensioni<br />
che provocano<br />
rotture<br />
lungo piani<br />
par<strong>al</strong>leli; inoltre<br />
se subiscono un<br />
forte risc<strong>al</strong>damento,<br />
ad<br />
esempio a<br />
causa di un<br />
incendio, possono scurirsi e divengono fragilissimi (Fig.8).<br />
Gli ornamenti o le perline un tempo collegati o cuciti con fili<br />
tessili o con intrecci veget<strong>al</strong>i si disperdono quando questi si<br />
decompongono nel terreno.<br />
Nelle opere incomplete si ricostruiscono se necessario le parti mancanti:<br />
è il caso della scultura raffigurante il bellissimo volto intagliato<br />
in un’unica zanna di elefante, rinvenuto a<br />
Cesano, vicino a Roma, e trafugato da scavatori<br />
clandestini. Il “Volto d’avorio” è stato recuperato<br />
d<strong>al</strong> Nucleo per la Tutela del Patrimonio Cultur<strong>al</strong>e<br />
dei Carabinieri dopo lunghe indagini e ora fa parte<br />
delle collezioni del <strong>Museo</strong> Nazion<strong>al</strong>e Romano.<br />
L’opera, frammentata, è stata ricomposta e le parti<br />
mancanti ricostruite con una miscela di cere per<br />
ripristinare la continuità form<strong>al</strong>e della scultura (Fig.9).<br />
Natur<strong>al</strong>mente anche le operazioni di restauro delle superfici sulle<br />
qu<strong>al</strong>i sono incisi i dettagli decorativi della glittica sono condotte<br />
sempre con il controllo <strong>al</strong> microscopio.<br />
Le indagini scientifiche<br />
Il restauro è un’occasione per studiare gli oggetti e fare nuove scoperte<br />
sulla loro fabbricazione. Fra le tecniche più frequenti la<br />
radiografia X per esaminare la loro struttura interna e l’osservazio-<br />
ne <strong>al</strong> microscopio elettronico a scansione (Scanning Electron<br />
Microscopy - SEM) per effettuare misure e studiare l’oggetto ad <strong>al</strong>ti<br />
ingrandimenti. Al SEM è accoppiata la microan<strong>al</strong>isi (Energy<br />
Dispersive X-ray Spectroscopy - EDS) e la Fluorescenza a raggi<br />
XRF, che servono a stabilire qu<strong>al</strong>i sono gli elementi chimici presenti<br />
nell’oggetto e in qu<strong>al</strong>e percentu<strong>al</strong>e.<br />
<strong>D<strong>al</strong>lo</strong> <strong>scavo</strong> <strong>al</strong> museo - I gioielli di una fanciulla “speci<strong>al</strong>e”<br />
Alle opere di oreficeria e glittica è dedicata nel <strong>Museo</strong> di P<strong>al</strong>azzo<br />
Massimo <strong>al</strong>le Terme la s<strong>al</strong>a “Il lusso a Roma”. Da dove provengono<br />
questi piccoli e preziosi capolavori? Proviamo a seguire la storia di<br />
<strong>al</strong>cuni di essi, d<strong>al</strong> momento in cui sono stati recuperati sullo <strong>scavo</strong><br />
fino <strong>al</strong>la loro esposizione.<br />
Gli oggetti di v<strong>al</strong>ore nell’ambito archeologico provengono da bottini<br />
di guerra o da tesori nascosti che il proprietario non è più riuscito<br />
a recuperare, ma nella maggior parte dei casi si trovano nei corredi<br />
funerari che accompagnavano i defunti nelle loro tombe. Tra i<br />
rinvenimenti esposti vi è il corredo appartenente a una fanciulla, il<br />
corpo della qu<strong>al</strong>e era stato deposto in un sarcofago di marmo <strong>al</strong>l’interno<br />
di una fossa profonda, ritrovato della necropoli romana di<br />
V<strong>al</strong>lerano, un sobborgo a sud di Roma. Il corredo, ris<strong>al</strong>ente <strong>al</strong> II<br />
secolo d.C., si presenta di eccezion<strong>al</strong>e ricchezza; esso è costituito<br />
da gioielli person<strong>al</strong>i - collane, bracci<strong>al</strong>i, anelli e spille in oro con<br />
smer<strong>al</strong>di, zaffiri, granati, ametista, agata ed un rarissimo diamante<br />
- a cui si aggiungono un porta trucco in argento, spatoline in ambra<br />
e uno specchio sempre in argento riccamente decorato a sb<strong>al</strong>zo con<br />
una rappresentazione mitologica. Fuori d<strong>al</strong> sarcofago sono stati<br />
recuperati una bambolina in avorio in frammenti, le serrature d’argento<br />
e le cerniere di bronzo di due cofanetti.<br />
Il sarcofago è stato trasportato d<strong>al</strong> cantiere archeologico <strong>al</strong>l’interno<br />
del museo, in modo che i restauratori potessero estrarre i<br />
reperti in condizioni di sicurezza. La terra, infiltratasi nel sarcofago<br />
attraverso <strong>al</strong>cune crepe, è stata asportata utilizzando picco-<br />
Conservazione e<br />
Segreti dei<br />
piùPreziosi<br />
44 45<br />
Piccoli
Conservazione e<br />
Segreti dei<br />
piùPreziosi<br />
Piccoli<br />
Fig.10 - Ricostruzione<br />
della sepoltura n. 2<br />
della Necropoli di<br />
V<strong>al</strong>lerano <strong>al</strong> momento<br />
del ritrovamento: i resti<br />
ossei e gli oggetti di<br />
corredo non si trovavano<br />
più nella posizione<br />
origin<strong>al</strong>e, forse per spostamenti<br />
causati d<strong>al</strong>l’acqua<br />
o da qu<strong>al</strong>che<br />
anim<strong>al</strong>e prima che la<br />
terra sigillasse la deposizione<br />
Fig.11 - Ricostruzione<br />
ipotetica dell’acconciatura<br />
a reticella decorata<br />
con migliaia di elementi<br />
in oro trovati sparsi presso<br />
la testa e il petto, in base<br />
<strong>al</strong>la loro posizione rilevata<br />
con indagini ai raggi<br />
X delle zolle di terra<br />
RESTAURARE: d<strong>al</strong>lo Scavo <strong>al</strong> <strong>Museo</strong> RESTAURARE: d<strong>al</strong>lo Scavo <strong>al</strong> <strong>Museo</strong><br />
li utensili, impiegati<br />
con particolare<br />
cautela in<br />
prossimità degli<br />
oggetti interrati,<br />
per liberarne i<br />
contorni e documentare<br />
la loro<br />
posizione (tecnica<br />
del micro<strong>scavo</strong>).<br />
I resti ossei e<br />
gli oggetti di corredo<br />
non si trovavano<br />
più nella<br />
posizione origin<strong>al</strong>e,<br />
forse per<br />
spostamenti causati<br />
d<strong>al</strong>l’acqua o<br />
da qu<strong>al</strong>che anim<strong>al</strong>e<br />
prima che la terra sigillasse la deposizione (Fig.10).<br />
Il restauro del corredo<br />
Dopo il recupero, ha avuto inizio il restauro di tutti i reperti, per<br />
restituire loro leggibilità e interpretarne la funzione. Molto interessante<br />
è stato il ritrovamento di migliaia di minutissime laminette<br />
d’oro di varia lunghezza, sparse nella zona della testa e del petto,<br />
insieme ad <strong>al</strong>tri ornamenti: spir<strong>al</strong>ine, sferette e nastri in oro. L’esame<br />
delle radiografie delle zolle di terra che li contenevano raccolte<br />
durante il micro<strong>scavo</strong> e le osservazioni <strong>al</strong> microscopio elettronico<br />
hanno fatto ipotizzare che i diversi elementi in origine appartenessero<br />
ad una acconciatura a rete, il cui filo è andato distrutto; reticelle<br />
in oro simili sono raffigurate in <strong>al</strong>cune pitture di Pompei (Fig.11).<br />
La pulitura dei gioielli ha rivelato dettagli interessanti: ad esempio,<br />
per incastonare le gemme degli anelli e delle spille sono stati adoperati<br />
dei mastici adesivi in resina veget<strong>al</strong>e (Fig.12); i gioielli venivano<br />
anche modificati, senza sprecare il paziente lavoro dell’orafo:<br />
una delle spille è stata riutilizzata, sul retro si vedono i segni (limati)<br />
di un sistema di un aggancio precedente (Fig.6).<br />
Il restauro dello specchio ha evidenziato la decorazione sb<strong>al</strong>zata ad<br />
<strong>al</strong>torilievo con la raffigurazione del mito dei fratelli Frisso ed Elle,<br />
figli del re di Beozia, in fuga d<strong>al</strong>la casa paterna con il Vello d’Oro,<br />
collegato <strong>al</strong>la fama dei giacimenti auriferi della regione a sud del<br />
Caucaso e <strong>al</strong>la tecnica della raccolta dell’oro su pelli di montone.<br />
Per rappresentare il dettaglio narrativo l’orafo volle applicare una<br />
doratura sul vello del montone, che è stata messa in luce nel corso<br />
della pulitura (Fig.13).<br />
Un intervento particolarmente<br />
laborioso di ricomposizione, infine,<br />
ha richiesto il restauro della<br />
bambolina d’avorio, frammentata<br />
in parti minute (Fig.15).<br />
Tutti i gioielli e gli <strong>al</strong>tri elementi<br />
di corredo sono presentati<br />
nella ricostruzione grafica della<br />
sepoltura re<strong>al</strong>izzata <strong>al</strong> termine<br />
del restauro. Si tratta natur<strong>al</strong>mente<br />
di un’ipotesi, ma è fondata<br />
sui dati di ritrovamento: la<br />
ragazza indossava collane di diversa lunghezza, numerosi anelli<br />
<strong>al</strong>le dita delle mani, bracci<strong>al</strong>i, spille con gemme incise. Il tipo di<br />
fattura dei gioielli e il modo di indossarli richiamano <strong>al</strong>la mente<br />
<strong>al</strong>tre immagini femminili, come quelle scolpite nella medesima<br />
epoca nei busti di signore aristocratiche ritrovati nella città carovaniera<br />
di P<strong>al</strong>mira, crocevia siriano delle vie commerci<strong>al</strong>i, dove transitavano<br />
anche le merci preziose. Si è ipotizzato che forse la ragazza,<br />
sepolta con un ritu<strong>al</strong>e così speci<strong>al</strong>e, appartenesse a una delle<br />
Conservazione e<br />
Segreti dei<br />
piùPreziosi<br />
46 47<br />
Piccoli<br />
Fig.12 - Anello in oro<br />
con smer<strong>al</strong>do. La<br />
gemma, collocata in<br />
una piccola guaina<br />
d’oro, è fissata dentro<br />
l’anello con una resina<br />
veget<strong>al</strong>e. Necropoli di<br />
V<strong>al</strong>lerano, II sec. d.C.<br />
Fig.13 - Lo specchio di argento con la raffigurazione ad <strong>al</strong>torilievo<br />
del mito di Frisso ed Elle e del Vello d’oro prima e dopo il restauro.<br />
Sulla superficie del corpo dell’anim<strong>al</strong>e l’an<strong>al</strong>isi chimica ha confermato<br />
la presenza della doratura origin<strong>al</strong>e in am<strong>al</strong>gama di mercurio
Conservazione e<br />
Segreti dei<br />
piùPreziosi<br />
Piccoli<br />
Fig.14 - Ricostruzione<br />
ipotetica della tomba<br />
della fanciulla con tutti<br />
gli elementi di corredo<br />
<strong>al</strong> termine del restauro.<br />
In basso a destra una<br />
scultura raffigurante<br />
una dama aristocratica<br />
che indossa i suoi gioielli,<br />
ritrovata nella<br />
città siriana di P<strong>al</strong>mira<br />
RESTAURARE: d<strong>al</strong>lo Scavo <strong>al</strong> <strong>Museo</strong> RESTAURARE: d<strong>al</strong>lo Scavo <strong>al</strong> <strong>Museo</strong><br />
dispositivi di fissaggio,<br />
suggerire<br />
interpretazioni sul<br />
loro aspetto origin<strong>al</strong>e<br />
e permettere<br />
il godimento della<br />
loro millenaria bellezza.<br />
(Fig.15).<br />
Fig.15 - P<strong>al</strong>azzo Massimo <strong>al</strong>le Terme, s<strong>al</strong>a “Il<br />
lusso a Roma”: la vetrina contenente la bambola<br />
(nel riquadro prima del restauro), le spille e i bracci<strong>al</strong>i<br />
del corredo di V<strong>al</strong>lerano<br />
varie comunità di orient<strong>al</strong>i stabilitasi a Roma e occupate<br />
in scambi commerci<strong>al</strong>i verso l’Asia (Fig.14).<br />
L’esposizione<br />
L’attenzione per gli aspetti conservativi non si esaurisce<br />
con il restauro. Il corredo è stato esposto nella<br />
s<strong>al</strong>a, collocando gli oggetti nelle vetrine progettate<br />
per l’isolamento d<strong>al</strong>la polvere, dotate di impianti di<br />
sicurezza contro i furti e di apparati di condizionamento<br />
e di controllo del clima interno adatti a fornire<br />
<strong>al</strong>le opere condizioni di benessere. I gioielli, lo specchio,<br />
la bambola e gli ornamenti della reticella sono<br />
esposti su supporti progettati<br />
su misura per garantire<br />
loro stabilità con adeguati<br />
Conservazione e<br />
Segreti dei<br />
piùPreziosi<br />
48 49<br />
Piccoli<br />
Testi Conservazione e segreti dei preziosi più piccoli, schede tecniche L’Oreficeria e La glittica: Ida Anna Rapinesi - Jarmila Polakova<br />
Referenze:<br />
Restauri: Jarmila Polakova, Ida Anna Rapinesi (SSBAR), Paola Donati, Elisabetta Prunas (ISCR).<br />
Fotografie: Archivio SAR, Mario Letizia, Jarmila Polakova, Ida Anna Rapinesi. Nella scheda tecnica L’Orificeria, le immagini<br />
in Fig.2 e 5 sono tratte da Edilberto Formigli e Gerhard Nestler, Granulazione etrusca, Siena, 1994<br />
Disegni ed elaborazioni grafiche digit<strong>al</strong>i: Bruno Brunetti, Mariella Guarnaccia, Elisabetta Stinco, Alessandro Lisandri<br />
Schemi: Fig.1: elaborazione tratta da R. Bertholon, C. Relier - Les métaux archéologiques in La conservation en archéologie,<br />
M.C. Berducou, Parigi (1990); scheda tecnica L’Orificeria, Fig.3: da J. Ogden, Jewellery of the Ancient World, Londra, 1982.<br />
Indagini scientifiche: Daniela Ferro, Stella Nunziante Cesaro, Mario Piacentini, CNR, Roma.
Cristina Robotti<br />
Marilena Pagliaro<br />
RESTAURARE: d<strong>al</strong>lo Scavo <strong>al</strong> <strong>Museo</strong> RESTAURARE: d<strong>al</strong>lo Scavo <strong>al</strong> <strong>Museo</strong><br />
Il<br />
Ritorno del<br />
Passato<br />
Restaurare il vetro e le ceramiche<br />
Il vetro<br />
Cenni sulle sue caratteristiche e sulle tecniche<br />
di fabbricazione.<br />
Il vetro è una materia meravigliosa che ha occupato e occupa sempre<br />
un posto nel mondo delle arti. E’ una fusione, ad <strong>al</strong>tissime temperature<br />
(dai 1200 ai 1600 gradi) di vari elementi: i costruttori di<br />
reticolo (per lo più costituiti da sabbia silicea); i modificatori di<br />
reticolo (carbonato di soda o di potassio); gli stabilizzatori di reticolo<br />
(carbonato di c<strong>al</strong>cio), ai qu<strong>al</strong>i vengono aggiunti dei componenti<br />
come gli affinati che migliorano la lucentezza e l’omogeneità, nonché<br />
gli ossidi met<strong>al</strong>lici che funzionano da coloranti, od anche da<br />
decolorante nonché da opacizzanti.<br />
I prodotti vitrei sono largamente usati in campi diversi essenzi<strong>al</strong>mente<br />
per la loro modellabilità <strong>al</strong>lo stato fuso, per la trasparenza<br />
(qu<strong>al</strong>ità che in <strong>al</strong>cuni tipi può anche mancare), per la durezza e la<br />
resistenza <strong>al</strong>la corrosione.<br />
Secondo una leggenda, tramandata da Plinio, si narrava che <strong>al</strong>cuni<br />
mercanti Fenici, per preparare delle vivande, accesero un fuoco<br />
sulla spiaggia del fiume Belo, in Siria, utilizzando dei blocchi di<br />
carbonato di soda (s<strong>al</strong>nitro), e notarono che la sabbia si scioglieva<br />
in una nuova materia trasparente: il vetro. La leggenda contiene<br />
delle verità sulla composizione del vetro e sulla diffusione di questo<br />
materi<strong>al</strong>e ad opera dei Fenici. I più antichi manufatti vitrei comparvero<br />
in Mesopotamia, verso la metà del III millennio a.C., sotto<br />
forma di perline per collane, sigilli, placche.<br />
Le più antiche tecniche permettevano soltanto la produzione di<br />
oggetti di piccole dimensioni, ed erano destinati soprattutto ad usi<br />
ritu<strong>al</strong>i od ornament<strong>al</strong>i.<br />
L’arte del vetro si diffonde rapidamente in Egitto e lungo le sponde<br />
del Mediterraneo orient<strong>al</strong>e; i centri di produzione si moltiplicano.<br />
La prima tecnica adottata è<br />
quella detta a colatura; questo<br />
procedimento prevede che il<br />
vetro fuso venga versato in uno<br />
stampo e lasciato raffreddare,<br />
quindi solidificare (Fig.1).<br />
Un avvenimento decisivo, nella<br />
storia del vetro, è costituito<br />
d<strong>al</strong>l’invenzione del metodo<br />
della soffiatura, avvenuto <strong>al</strong>la<br />
fine del I secolo a.C., in Siria.<br />
Il metodo del vetro soffiato prevede<br />
la lavorazione di una quantità<br />
del vetro fuso, raccolto sull’estremità di un tubo met<strong>al</strong>lico cavo, la<br />
canna da soffio e il vetraio, soffiando d<strong>al</strong>l’<strong>al</strong>tra estremità, modella l’oggetto<br />
che verrà poi raffreddato consolidando così la sua forma.<br />
Durante l’Impero Romano la produzione e l’utilizzo del vetro ha un<br />
forte sviluppo: viene ideata la tecnica della soffiatura dentro stampi,<br />
si diffondono oggetti e contenitori decorativi e, per la prima<br />
volta, inizia la produzione dei pannelli di vetro per le finestre.<br />
Sono i Romani che incominciano ad introdurre il vetro nell’architettura;<br />
gli edifici pubblici e le ville più ricche sono abbelliti e<br />
impreziositi d<strong>al</strong>l’utilizzo di questo materi<strong>al</strong>e, ormai prodotto in<br />
forme e colori diversi. I veneziani, grandi commercianti e navigatori,<br />
appresero d<strong>al</strong>la Siria l’arte del vetro e nel X secolo sorsero a<br />
Venezia i primi laboratori vitrei.<br />
Murano resta ancora oggi a testimonianza di quel periodo.<br />
Il<br />
Ritornodel Passato<br />
Fig.1 - Le più antiche<br />
tecniche permettevano<br />
soltanto la produzione<br />
di oggetti di piccole<br />
dimensioni, ed erano<br />
destinati soprattutto<br />
ad usi ritu<strong>al</strong>i od ornament<strong>al</strong>i.<br />
50 51
Il<br />
Ritornodel 52<br />
Passato<br />
Fig.2 - Manufatto<br />
vitreo prima e dopo il<br />
restauro<br />
RESTAURARE: d<strong>al</strong>lo Scavo <strong>al</strong> <strong>Museo</strong> RESTAURARE: d<strong>al</strong>lo Scavo <strong>al</strong> <strong>Museo</strong><br />
Sul restauro dei manufatti vitrei<br />
Una delle caratteristiche s<strong>al</strong>ienti del vetro è anche la sua fragilità.<br />
Ecco perché molte delle testimonianze artistiche re<strong>al</strong>izzate con<br />
questo stupefacente materi<strong>al</strong>e ci è pervenuto in stato frammentario.<br />
In ogni modo, prima di procedere ad un intervento di restauro di un<br />
manufatto vitreo, in genere si eseguono indagini diagnostiche sia<br />
per v<strong>al</strong>utare<br />
le sue condizioniconservative,<br />
sia per individuare<br />
le<br />
cause che<br />
hanno procurato<br />
danni<br />
<strong>al</strong>l’oggetto,<br />
<strong>al</strong> termine di<br />
ciò si sceglie il tipo di restauro, utilizzando strumenti, prodotti ed<br />
apparecchiature adatti (Fig.2).<br />
Molte cause di degradazione del vetro vanno ricercate nel processo<br />
di fabbricazione, per esempio nei difetti di composizione (come<br />
eccessiva presenza di sodio o di potassio, od anche squilibrata presenza<br />
di c<strong>al</strong>cio), oppure ad una temperatura inadeguata raggiunta<br />
durante la fusione.<br />
Il vetro antico è una materia instabile e molto fragile, col tempo<br />
tende a liberare <strong>al</strong>c<strong>al</strong>i presenti nella sua composizione. Essi si presentano<br />
sottoforma di sottili strati superfici<strong>al</strong>i iridescenti, sovrapposti<br />
ed irregolari, che danno luogo a fenomeni di esfoliazione. Infatti,<br />
il vetro è estremamente sensibile <strong>al</strong>l’umidità, quindi se l’ambiente<br />
che lo circonda risulta essere particolarmente aggressivo, esso può<br />
degradarsi con grande facilità. Appunto, una delle più comuni<br />
forme di <strong>al</strong>terazione e di degrado del vetro è quella che, a seguito<br />
di trasformazioni chimiche dovute <strong>al</strong>l’interazione dei componenti<br />
vitrei con l’ambiente, determina la<br />
formazione di iridescenze.<br />
Un’<strong>al</strong>tra causa di degrado è dovuto<br />
<strong>al</strong>la tendenza della struttura amorfa<br />
del vetro <strong>al</strong>la crist<strong>al</strong>lizzazione, questa<br />
<strong>al</strong>terazione è detta anche devetrificazione<br />
la qu<strong>al</strong>e genera forti<br />
tensioni, provocando piccole fessure<br />
e fratture <strong>al</strong>l’oggetto.<br />
Il procedimento del restauro di un<br />
manufatto vitreo richiede molta<br />
attenzione, delicatezza e pazienza, e ciò per non compromettere<br />
irreparabilmente l’oggetto, così fragile ed instabile.<br />
Le fasi operative nel restauro sono essenzi<strong>al</strong>mente le seguenti: la<br />
pulitura, l’incollaggio e l’integrazione.<br />
Pulitura: è un’operazione che va eseguita con molta delicatezza a<br />
causa della quasi costante presenza di strati superfici<strong>al</strong>i iridescenti<br />
e delle microfessure causate d<strong>al</strong>la<br />
devetrificazione (Fig.3). Gli interventi<br />
di pulitura possono essere di<br />
tipo meccanico (mediante uso di<br />
bisturi, pennelli morbidi, strumenti<br />
di legno) e di tipo chimico (tramite<br />
solventi organici, oppure mediante<br />
soluzioni miste contenenti percentu<strong>al</strong>i<br />
di acqua, <strong>al</strong>cool ed acetone).<br />
Incollaggio: quando il manufatto si<br />
trova in stato frammentario, si procede<br />
<strong>al</strong>la ricomposizione dei frammenti<br />
(Figg.4-5) tenendoli prima uniti con qu<strong>al</strong>che goccia d’adesivo di rapida<br />
presa (adesivi di tipo ciano-acrilico) e, successivamente, incollandoli<br />
definitivamente con infiltrazioni, lungo i margini delle fratture, di<br />
una resina ad <strong>al</strong>to potere adesivo (in genere di tipo epossidico) (Fig.6).<br />
Il<br />
Ritornodel Passato<br />
Fig.3 - Vetro dopo la<br />
pulitura dei frammenti<br />
e prima della ricerca<br />
degli attacchi<br />
Fig.4 - Vetro durante la<br />
ricerca degli attacchi<br />
53
Il<br />
Ritornodel Passato<br />
Fig.5 - Vetro durante la<br />
ricerca degli attacchi<br />
Fig.6 - Alcuni momenti<br />
della ricomposizione<br />
RESTAURARE: d<strong>al</strong>lo Scavo <strong>al</strong> <strong>Museo</strong> RESTAURARE: d<strong>al</strong>lo Scavo <strong>al</strong> <strong>Museo</strong><br />
Integrazione: se <strong>al</strong>l’oggetto mancano dei frammenti,<br />
si può procedere <strong>al</strong>l’integrazione. E’ un’operazione<br />
un po’ complessa a seconda delle dimensioni<br />
delle lacune, della posizione di queste e della<br />
forma dell’oggetto da integrare. Nei casi più semplici<br />
basta colare la stessa resina usata per l’incollaggio<br />
su di un supporto (in genere re<strong>al</strong>izzato in cera)<br />
che ha la stessa sagoma della parte mancante,<br />
applicato ad un solo lato della medesima e si attende<br />
l’indurimento della resina a seguito del processo<br />
di cat<strong>al</strong>izzazione. La resina deve essere isolata d<strong>al</strong><br />
supporto e non deve aderire a questo; in genere per<br />
questo scopo viene utilizzata cera per dentisti di<br />
facile lavorabilità e di adeguata impermeabilità.<br />
Nei casi più complessi, si modellano - sempre con cera per dentisti -<br />
due v<strong>al</strong>ve-paratie che seguono le forme della parte mancante, una<br />
di queste si posiziona nell’area interna della lacuna, l’<strong>al</strong>tra<br />
<strong>al</strong>l’esterno. Lo spazio della mancanza presente tra le due v<strong>al</strong>veparatie<br />
viene poi colmato con una colata di resina molto fluida la<br />
qu<strong>al</strong>e, con aggiunta di un’appropriata dose di cat<strong>al</strong>izzatore, indurisce<br />
in circa 24 ore. Viene così ricostruita l’area mancante.<br />
La resina usata per le integrazioni è, in genere, trasparente; se l’oggetto<br />
da completare presenta una colorazione, si aggiungono <strong>al</strong>la<br />
resina dei pigmenti (colori),<br />
per adattarsi meglio <strong>al</strong> tono del<br />
vetro antico. Infine, le superfici<br />
delle parti mancanti così<br />
ricostruite - una volta liberate<br />
d<strong>al</strong>le v<strong>al</strong>ve-paratie in<br />
cera - possono essere ulteriormente<br />
rifinite<br />
mediante l’impiego di trapani<br />
e carte abrasive sino ad<br />
ottenere l’effetto di lucentezza<br />
e di trasparenza desiderati.<br />
La ceramica<br />
L’argilla è la materia prima della ceramica, composta da vari<br />
miner<strong>al</strong>i che si trovano sulla superficie terrestre e che durante la<br />
loro evoluzione hanno subito delle trasformazioni a causa di<br />
aumenti di temperatura, pressioni nelle profondità della crosta<br />
terrestre, e dando luogo a diverse classificazioni a seconda del<br />
materi<strong>al</strong>e che hanno inglobato. Queste sostanze acquisite sono<br />
importanti perché caratterizzano le argille; a questo, vanno<br />
aggiunte le modifiche che il vasaio apporta durante la lavorazione<br />
e le ulteriori trasformazioni che avvengono nell’argilla durante<br />
la cottura.<br />
Ricapitolando per “argilla” possiamo intendere una sostanza dotata<br />
di plasticità che sotto l’azione delle mani può assumere forme<br />
diverse e che si compatta fortemente per azione del c<strong>al</strong>ore. Durante<br />
la cottura avvengono, infatti, trasformazioni di natura chimica e fisica,<br />
tutti i miner<strong>al</strong>i contenuti nell’impasto si am<strong>al</strong>gamano tra loro<br />
dando luogo a colorazioni differenziate (ciò anche per l’azione dell’ambiente<br />
di cottura).<br />
Nell’antichità l’argilla veniva modellata soprattutto a mano; la tec-<br />
Il<br />
Ritornodel Passato<br />
54 55
Il<br />
Ritornodel 56<br />
Passato<br />
Fig.7 - Le popolazioni<br />
antiche usavano la<br />
ceramica per costruire<br />
suppellettili da fuoco,<br />
fornelli, pentole, stoviglie,<br />
tegole e vasi di<br />
vario tipo e forma.<br />
RESTAURARE: d<strong>al</strong>lo Scavo <strong>al</strong> <strong>Museo</strong> RESTAURARE: d<strong>al</strong>lo Scavo <strong>al</strong> <strong>Museo</strong><br />
nica più comune era quella detta a “lucignolo”, chiamata anche a<br />
“colombino”, caratterizzata da più o meno lunghi spaghetti o cordoli<br />
i qu<strong>al</strong>i, sovrapposti uno sull’<strong>al</strong>tro, vengono s<strong>al</strong>dati insieme<br />
fino ad ottenere la forma voluta. Con la scoperta del tornio,<br />
che è formato da un disco piatto e rotondo che ruota liberamente<br />
su un asse vertic<strong>al</strong>e di sostegno ancorato <strong>al</strong> terreno,<br />
il vasaio può re<strong>al</strong>izzare forme più difficili e più precise.<br />
Dopo la modellazione l’oggetto veniva fatto essiccare<br />
<strong>al</strong>l’aria e, successivamente, cuocere in forni molto artigian<strong>al</strong>i,<br />
cioè buche poco profonde coperte da frasche e sterco,<br />
e solo a raffreddamento avvenuto i vasi venivano estratti.<br />
Le popolazioni antiche usavano la ceramica per costruire<br />
suppellettili da fuoco, fornelli, pentole, stoviglie, tegole e<br />
vasi di vario tipo e forma (Fig.7). Comunque, le prime ceramiche<br />
tendevano ad imitare oggetti met<strong>al</strong>lici sia per le forme<br />
che per le decorazioni e, in parte, per i colori. In ogni caso, con<br />
il passare degli anni, le tecniche si sono raffinate fino ad arrivare<br />
<strong>al</strong> conseguimento di risultati ricercati – anche tramite la modellazione<br />
a c<strong>al</strong>co – permettendo così una lavorazione in serie, con il<br />
vantaggio di produzioni sempre più complesse e raffinate oltre che<br />
numericamente cospicue.<br />
Oggi, in tempi moderni, possiamo trovare tracce di ciò t<strong>al</strong>volta emergenti<br />
d<strong>al</strong> terreno.<br />
Infatti, anche camminando<br />
nei campi<br />
appena arati, può<br />
capitare di imbatterci<br />
in resti fittili che affiorano<br />
(in questi casi è<br />
opportuno segn<strong>al</strong>are i<br />
ritrovamenti <strong>al</strong>la<br />
Soprintendenza loc<strong>al</strong>e<br />
<strong>al</strong>lo scopo di promuo-<br />
vere una campagna di <strong>scavo</strong> integrando così dati storici circa la<br />
presenza di una città o di una necropoli con i rinvenimenti fortuiti).<br />
Al momento del ritrovamento<br />
di un corredo<br />
tomb<strong>al</strong>e è importante<br />
prima di tutto un<br />
esame glob<strong>al</strong>e del suo<br />
contenuto (Fig.8). In<br />
queste situazioni risulta <strong>al</strong>quanto probabile ritrovare suppellettili<br />
in ceramica. Per t<strong>al</strong>i reperti è necessaria una solida conoscenza<br />
della tecnologia della ceramica, intendendo con questo termine lo<br />
studio delle trasformazioni cui vengono sottoposte le materie prime<br />
durante la lavorazione.<br />
I reperti fittili che sono rimasti sotto terra per secoli a contatto con<br />
acqua del terreno e che in seguito <strong>al</strong>le escursioni termiche hanno<br />
subito delle trasformazioni, possono con facilità essersi fratturati,<br />
fessurati e ricoperti da incrostazioni di diverso genere a seconda del<br />
tipo di terreno che li ricoprivano. E’ come se avessero delle “ferite”,<br />
che possono guarire dopo cure adeguate e con l’apporto di mani<br />
esperte (Figg.9-10).<br />
A questo punto interviene il restauratore, figura profession<strong>al</strong>e per<br />
molti aspetti simile <strong>al</strong> medico ortopedico, che dopo aver v<strong>al</strong>utato i<br />
Il<br />
Ritornodel Passato<br />
Fig.8 - Al momento del<br />
ritrovamento di un corredo<br />
tomb<strong>al</strong>e è importante<br />
prima di tutto un<br />
esame glob<strong>al</strong>e del suo<br />
contenuto<br />
Fig.9 - Reperto fettile <strong>al</strong><br />
momento del ritrovamento<br />
e dopo il restauro<br />
57
Il<br />
Ritornodel 58<br />
Passato<br />
Fig.10 - Frammenti di<br />
lastre decorative<br />
Fig.11 - Nel caso in cui<br />
l’oggetto fosse umido, lo<br />
si lascia asciugare lentamente;<br />
poi si passa<br />
<strong>al</strong>la pulitura che va<br />
effettuata manu<strong>al</strong>mente<br />
usando il bisturi<br />
RESTAURARE: d<strong>al</strong>lo Scavo <strong>al</strong> <strong>Museo</strong> RESTAURARE: d<strong>al</strong>lo Scavo <strong>al</strong> <strong>Museo</strong><br />
danni si mette <strong>al</strong>l’opera per seguire la cura<br />
idonea, cominciando da un esame dell’oggetto<br />
- se vi sono decorazioni, se è integro o in<br />
frammenti, oppure se vi sono <strong>al</strong>tri tipi di<br />
degrado - e cerca di capirne la natura dei<br />
depositi che si notano sulle superfici. Nel<br />
caso in cui l’oggetto fosse umido, quindi<br />
fragile <strong>al</strong>la minima pressione, lo si lascia<br />
asciugare lentamente (Fig.11); si passa,<br />
poi, <strong>al</strong>la pulitura che va effettuata manu<strong>al</strong>mente<br />
usando il bisturi per eliminare tutto<br />
lo sporco ed il terriccio che si sono depositati<br />
sulla superficie. T<strong>al</strong>volta questi depositi<br />
sono molto duri e si deve, in <strong>al</strong>cuni casi,<br />
ricorrere anche a prodotti chimici (sempre<br />
v<strong>al</strong>utando prima se è proprio necessario e<br />
come questi vadano applicati).<br />
Al termine del procedimento di pulitura, il<br />
restauratore v<strong>al</strong>uterà se si rende necessario effettuare un consolidamento<br />
- tramite applicazione di specifici prodotti rinforzanti - <strong>al</strong>lo<br />
scopo di ridare consistenza e solidità <strong>al</strong>la materia ceramica danneggiatasi<br />
per causa degli<br />
agenti di degrado.<br />
In presenza di reperti fittili<br />
fratturati, questi vanno<br />
prima puliti (frammento<br />
per frammento) e poi<br />
incollati con idoneo adesivo<br />
fino a ricomporre l’oggetto.<br />
Questa è una fase<br />
delicata, perché a volte la “chiusura” non è perfetta perché l’oggetto<br />
quando si frattura perde la sua coesione struttur<strong>al</strong>e, inoltre,<br />
le forti pressioni, determinate d<strong>al</strong>la terra soprastante, posso-<br />
no provocare tensioni che portano a deformazioni.<br />
Spesso si nota che vasi provenienti da contesti archeologici manifestino<br />
delle “lacune” (<strong>al</strong>cune parti vengono a mancare; si notano,<br />
quindi, delle<br />
cavità, dei veri e<br />
propri “buchi”<br />
sulla superficie)<br />
(Fig.12). Sta <strong>al</strong><br />
restauratore, in<br />
accordo con l’archeologo,v<strong>al</strong>utare<br />
se è il caso di<br />
colmare queste<br />
mancanze con<br />
idoneo materi<strong>al</strong>e<br />
(qu<strong>al</strong>e può essere, per esempio, il gesso<br />
bianco che potrà essere poi dipinto di un<br />
colore più chiaro rispetto a quello della<br />
ceramica e ciò per far notare, ma senza<br />
troppo contrasto, la differenza fra origin<strong>al</strong>e<br />
e parte ricostruita).<br />
Ovverosia con applicazione, tramite pennelli<br />
e spazzolini, di piccoli punti di vari<br />
colori acrilici si può cercare di armonizzare<br />
meglio la tinta mancante, integrata<br />
con il colore della ceramica origin<strong>al</strong>e.<br />
Il<br />
Ritornodel Passato<br />
Fig.12 - Spesso si nota<br />
che vasi provenienti da<br />
contesti archeologici<br />
manifestino delle “lacune”<br />
(<strong>al</strong>cune parti vengono<br />
a mancare)<br />
59
Debora Papetti<br />
Adriano Casagrande<br />
Annunziata D’Elia<br />
Fig.1 - Spesso<br />
l’archeologo non è tanto<br />
fortunato da trovare<br />
una grande scultura<br />
intera ma la<br />
trova in frammenti<br />
grandi e piccoli<br />
RESTAURARE: d<strong>al</strong>lo Scavo <strong>al</strong> <strong>Museo</strong> RESTAURARE: d<strong>al</strong>lo Scavo <strong>al</strong> <strong>Museo</strong><br />
Ridare<br />
vita <strong>al</strong>le<br />
Sculture<br />
Dopo aver trovato e recuperato una scultura in pietra, l’archeologo<br />
la consegna <strong>al</strong> restauratore portandola nel suo laboratorio.<br />
Per restaurare opere in pietra è necessario lavorare in un ambiente<br />
spazioso dotato di attrezzature di vario<br />
tipo quasi come in un’officina. Spesso<br />
l’archeologo non è tanto fortunato da<br />
trovare una scultura intera ma la trova<br />
in frammenti grandi e piccoli, spesso<br />
privi di parti<br />
importanti<br />
(Fig.1).<br />
Al restauratore spetta il compito di riassemblare le parti restituendo<br />
integrità <strong>al</strong>l’opera per poi poterla esporre nel museo.<br />
Ovviamente prima dovrà studiarla bene e documentare i frammenti<br />
o l’opera con fotografie e disegni, rimuovere con la pulitura tutto<br />
ciò che occulta la superficie del marmo, adoperarsi, se necessario,<br />
per ridare compattezza <strong>al</strong>la materia che, dopo tanto tempo trascorso<br />
sotto terra, può essere diventata tanto fragile da sbriciolarsi facilmente<br />
ed infine riassemblare le parti e integrare o ricostruire ciò<br />
che manca, se è possibile, con materi<strong>al</strong>i idonei e reversibili.<br />
I frammenti o l’opera integra arrivano in laboratorio coperti della<br />
terra di giacitura e quasi sempre lasciano intravedere solo in <strong>al</strong>cuni<br />
punti la superficie bianca della pietra (Fig.2). Gradu<strong>al</strong>mente con<br />
strumenti come il bisturi, proprio<br />
quello che usa il chirurgo,<br />
e pennelli e spazzolini si<br />
rimuove il grosso della terra<br />
con grande delicatezza<br />
(Fig.3). Ora possiamo osservare<br />
le superfici meglio, è il<br />
momento di fotografare i pezzi<br />
e cercare di scoprire tutti i<br />
segni delle tecniche antiche<br />
come le tracce di colore, sempre<br />
estremamente fragili e<br />
nascoste tra le pieghe dei panneggi;<br />
se siamo troppo aggressivi<br />
potremmo cancellarle e perdere così una<br />
testimonianza molto importante. Si procede con<br />
cautela utilizzando vari metodi e tecniche.<br />
L’acqua è di grande aiuto poichè ammorbidisce<br />
molto bene i depositi terrosi unita a strumenti<br />
meccanici simili a quelli che usa il dentista per<br />
curarci i denti. Così si possono rimuovere con<br />
una certa facilità anche le piccole tracce delle<br />
radici delle piante rimaste sulle superfici. Nel<br />
laboratorio esiste anche una cabina dove i frammenti<br />
o le opere intere possono essere sottoposte a getti d’acqua<br />
continui, con intensità regolabili con cui, in molti casi, si riesce ad<br />
ottenere un buon livello di pulitura. Se il restauratore si rende conto<br />
che la materia è troppo fragile da sopportare una pulitura si ferma<br />
e procede con il consolidamento per non perdere neanche pochi<br />
crist<strong>al</strong>li o piccole parti. Si sottopone la pietra a imbibizioni di resine<br />
sintetiche in soluzione che le ridonano compattezza e solidità<br />
Ridare<br />
vita <strong>al</strong>le<br />
Sculture<br />
Fig.2 - I frammenti o<br />
l’opera integra arrivano<br />
in laboratorio coperti<br />
della terra di giacitura<br />
e quasi sempre lasciano<br />
intravedere solo in <strong>al</strong>cuni<br />
punti la superficie<br />
bianca della pietra<br />
60 61
Ridare<br />
vita <strong>al</strong>le<br />
Sculture<br />
Fig.3 - Gradu<strong>al</strong>mente<br />
con strumenti come il<br />
bisturi, proprio quello che<br />
usa il chirurgo, pennelli<br />
e spazzolini si rimuove il<br />
grosso della terra con<br />
grande delicatezza<br />
Fig.4 - T<strong>al</strong>volta col passare<br />
degli anni sulla<br />
pietra che giace sotto<br />
terra così a lungo si può<br />
formare uno spesso strato<br />
durissimo di c<strong>al</strong>care<br />
simile per consistenza,<br />
materia e aspetto <strong>al</strong><br />
guscio delle conchiglie<br />
RESTAURARE: d<strong>al</strong>lo Scavo <strong>al</strong> <strong>Museo</strong> RESTAURARE: d<strong>al</strong>lo Scavo <strong>al</strong> <strong>Museo</strong><br />
immergendo le parti o passando il consolidante a spruzzo o a pennello.<br />
T<strong>al</strong>volta col passare degli anni sulla pietra che giace sotto terra così<br />
a lungo si può formare uno spesso strato durissimo<br />
di c<strong>al</strong>care simile per consistenza, materia e aspetto<br />
<strong>al</strong> guscio delle conchiglie (Fig.4). Allora è necessario<br />
intervenire con mezzi più energici per rimuovere<br />
questo spesso strato che non lascia vedere la<br />
superficie liscia della pietra. Con grande attenzione<br />
e delicatezza si arriva, assottigliando lo strato di<br />
c<strong>al</strong>care da rimuovere, fino ad intravedere la superficie<br />
della scultura. A questo punto si lavora con<br />
maggior lentezza e accortezza per riuscire ad ottenere una completa<br />
pulitura e <strong>al</strong> contempo la perfetta conservazione della materia<br />
costitutiva dell’opera. Per rimuovere strati di incrostazioni c<strong>al</strong>caree<br />
si utilizzano sc<strong>al</strong>pelli, trapani a percussione, microtrapani abrasivi<br />
e quando lo strato è più sottile ablatori ad ultrasuoni ... lo strumento<br />
del dentista!, ed ancora microsabbiatrici di precisione, ossia piccoli<br />
puntatori che emettono a pressione sabbie finissime colpendo<br />
la superficie e sbriciolandola (Fig.5).<br />
E’ molto importante che il restauratore sappia quando fermarsi con<br />
la pulitura perché se pure è necessario restituire <strong>al</strong>la piena visibilità<br />
le superfici della scultura è pure molto apprezzabile che sappia<br />
conservare la “patina” antica della pietra cioè quel leggerissimo<br />
velo che copre le superfici ed è testimone della sua storia.<br />
Quando le parti sono pulite e perciò ben leggibili si pone il<br />
problema di ricomporre la scultura (Fig.6).<br />
Si deve decidere se è sufficiente rincollare semplicemente<br />
i frammenti oppure inserire dei<br />
perni in acciaio per rinforzare gli incollaggi.<br />
Questo dipende ovviamente d<strong>al</strong>la grandezza dei<br />
pezzi , d<strong>al</strong> loro peso, d<strong>al</strong>la forma. Come adesivo<br />
vengono utilizzate colle molto forti come le<br />
resine epossidiche poiché un frammento di<br />
pietra per quanto piccolo ha sempre un certo peso. Nell’incollare il<br />
restauratore si preoccupa sempre di pensare <strong>al</strong> giorno in cui qu<strong>al</strong>-<br />
cun <strong>al</strong>tro avesse necessità di rimuovere quell’incollaggio perciò,<br />
preventivamente, stende a pennello una sostanza che isola la pietra<br />
d<strong>al</strong>la resina; così facendo, in futuro, con poco sforzo e senza rovinare<br />
la pietra le parti potranno essere nuovamente separate. Gli interventi<br />
del restauratore devono essere sempre<br />
reversibili.<br />
Nel caso in cui si debbano assemblare<br />
parti grandi o braccia sporgenti o teste si<br />
inseriscono <strong>al</strong>l’interno della pietra dei<br />
perni in acciaio. Si sceglie proprio l’acciaio<br />
poiché è un materi<strong>al</strong>e molto “simile” <strong>al</strong>la<br />
pietra. Sappiamo infatti che ogni materi<strong>al</strong>e<br />
per quanto appaia privo di vita in re<strong>al</strong>tà reagisce<br />
a stimoli esterni come il forte c<strong>al</strong>ore in<br />
qu<strong>al</strong>che modo, per esempio espandosi o contraendosi e aumentando<br />
o riducendo il suo volume. In questo caso sappiamo ancora<br />
che l’acciaio sottoposto <strong>al</strong> forte c<strong>al</strong>ore si dilata in modo simile<br />
<strong>al</strong>la pietra, ed inoltre non si corrode come il ferro che forma la ruggine<br />
e si gonfia. La nostra scultura non rischierà così di spaccarsi<br />
nel tempo come succedeva quando si inserivano grossi perni in<br />
ferro o di <strong>al</strong>tri materi<strong>al</strong>i come bronzo od ottone. Questa fase del<br />
restauro è molto delicata, richiede grande precisione ed un progetto<br />
dettagliato. Si scelgono i punti precisi da forare e la grandezza e<br />
Ridare<br />
vita <strong>al</strong>le<br />
Sculture<br />
Fig.5 - Per rimuovere<br />
strati di incrostazioni c<strong>al</strong>caree<br />
si utilizzano sc<strong>al</strong>pelli,<br />
trapani a percussione,<br />
microtrapani abrasivi e<br />
quando lo strato è più<br />
sottile ablatori ad ultrasuoni<br />
Fig.6 - Quando le<br />
parti sono pulite e<br />
perciò ben leggibili si<br />
pone il problema di<br />
ricomporre la scultura<br />
62 63
Ridare<br />
vita <strong>al</strong>le<br />
Sculture<br />
Fig.7 - Per eseguire<br />
correttamente i fori è<br />
molto importante aiutarsi<br />
con strumenti di<br />
precisione come metri,<br />
squadre, compassi, fili a<br />
piombo e livelle laser<br />
Fig.8 - Per praticare i<br />
fori si utilizza il trapano<br />
con grandi punte specifiche<br />
per forare la pietra<br />
RESTAURARE: d<strong>al</strong>lo Scavo <strong>al</strong> <strong>Museo</strong> RESTAURARE: d<strong>al</strong>lo Scavo <strong>al</strong> <strong>Museo</strong><br />
la lunghezza del foro che ospiterà il<br />
perno. Per eseguire correttamente i fori è<br />
molto importante aiutarsi con strumenti<br />
di precisione, che ci permettono di misurare<br />
e creare le linee guida da seguire,<br />
per non sbagliare la posizione e l’orientamento<br />
dei perni interni come metri,<br />
squadre, compassi, fili a piombo e livelle<br />
laser (Fig.7). Per praticare i fori si utilizza<br />
il trapano con grandi punte specifiche<br />
per forare la pietra, si procede d<strong>al</strong>la più<br />
piccola <strong>al</strong>la più grande per re<strong>al</strong>izzare l’operazione agevolmente e<br />
senza rischi per l’opera (Fig.8). I perni vengono inseriti con la colla<br />
forte utilizzata per gli incollaggi e a poco a poco la scultura riprende<br />
forma (Fig.9). Durante la procedura l’opera deve essere sostenuta<br />
e, nel caso di grandi sculture, è necessario adoperarsi per trovare<br />
modi e sistemi<br />
non solo per il<br />
sostegno ma anche<br />
per la movimentazione<br />
dell’intero e<br />
dei singoli pezzi<br />
dato il loro considerevole<br />
peso! Ci<br />
possiamo aiutare<br />
appendendo la<br />
scultura con fasce<br />
e funi assicurate<br />
con veri nodi da<br />
marinaio ad un gancio resistente in modo t<strong>al</strong>e da poterla tenere<br />
in sospensione e muoverla e girarla per le nostre esigenze. Per<br />
trasportarla si possono utilizzare grandi carrelli o farla scivolare su<br />
delle semplici tavolette di legno insaponate che scorrono le une<br />
sulle <strong>al</strong>tre creando dei binari <strong>al</strong> di sotto dell’opera (Fig.10). Così<br />
anche un solo restauratore o due possono compiere tutto il lavoro<br />
senza rischi e grandi sforzi<br />
fisici ma semplicemente<br />
ingegnandosi e utilizzando<br />
gli strumenti adatti.<br />
In ultimo si pensa ad integrare<br />
le parti lacunose. Le<br />
stuccature si eseguono con<br />
“m<strong>al</strong>te” a base di c<strong>al</strong>ce e<br />
polvere di pietre di vari colori<br />
per ricreare un impasto<br />
anche qui “simile” <strong>al</strong>la<br />
materia della pietra come<br />
costituzione e aspetto.<br />
Abbiamo detto “simile” ma<br />
non “ugu<strong>al</strong>e”, poiché se da<br />
una parte abbiamo l’esigenza di restituire interezza <strong>al</strong>la scultura d<strong>al</strong>l’<strong>al</strong>tra<br />
è fondament<strong>al</strong>e che chiunque osservi l’opera<br />
sappia in maniera evidente ed immediata<br />
qu<strong>al</strong>e sia la parte vera, eseguita d<strong>al</strong>lo<br />
scultore in antico, e qu<strong>al</strong>e la parte integrata<br />
d<strong>al</strong> restauratore moderno.<br />
Ridare<br />
vita <strong>al</strong>le<br />
Sculture<br />
Fig.9 - I perni vengono<br />
inseriti con la colla forte<br />
utilizzata per gli incollaggi<br />
e a poco a poco la<br />
scultura riprende forma<br />
64 65
Ridare<br />
vita <strong>al</strong>le<br />
Sculture<br />
Fig.10 - Per trasportarla<br />
si possono utilizzare<br />
grandi carrelli o farla<br />
scivolare su delle semplici<br />
tavolette di legno<br />
insaponate che scorrono<br />
le une sulle <strong>al</strong>tre creando<br />
dei binari <strong>al</strong> di sotto<br />
dell’opera<br />
Fig.11<br />
RESTAURARE: d<strong>al</strong>lo Scavo <strong>al</strong> <strong>Museo</strong> RESTAURARE: d<strong>al</strong>lo Scavo <strong>al</strong> <strong>Museo</strong><br />
Nel caso in cui si renda necessario ricostruire parti importanti ed<br />
estese la cui mancanza risulti deturpante per l’opera, si procede<br />
<strong>al</strong>la re<strong>al</strong>izzazione di un’ integrazione plastica solo quando si è certi<br />
di avere tutte le informazioni necessarie per interpretare con precisione<br />
quello che era in antico. Il restauratore non “inventa” a suo<br />
piacimento nulla e non<br />
aggiunge dettagli o<br />
“modifica” la posizione<br />
di un braccio o di una<br />
gamba ma integra ciò che<br />
manca solo dopo l’osservazione<br />
attenta e gli elementi<br />
di studio forniti<br />
d<strong>al</strong>l’archeologo preoccupandosi sempre di rendere “riconoscibile”<br />
il suo intervento (Fig.11).<br />
L’opera ricostituita è fin<strong>al</strong>mente pronta per essere esposta nel museo.<br />
Ridare<br />
vita <strong>al</strong>le<br />
Sculture<br />
66 67
Silvia Borghini<br />
Fig.1 - Movimentare un<br />
reperto non è un’operazione<br />
affatto scontata<br />
RESTAURARE: d<strong>al</strong>lo Scavo <strong>al</strong> <strong>Museo</strong> RESTAURARE: d<strong>al</strong>lo Scavo <strong>al</strong> <strong>Museo</strong><br />
Dove Inizia e Finisce<br />
l’Intervento<br />
del Restauratore<br />
Nel restauro di Opere Lapidee, si pone spesso il problema delle<br />
dimensioni e del peso delle opere sulle qu<strong>al</strong>i dover intervenire.<br />
Bisogna tener presente che un blocco di marmo di 1 metro cubo<br />
pesa circa 28 quint<strong>al</strong>i (2800 chili), e che quindi una statua con fattezze<br />
umane a grandezza natur<strong>al</strong>e, ha un<br />
peso approssimativo di circa 10<br />
quint<strong>al</strong>i, ne consegue che<br />
movimentare t<strong>al</strong>e reperto<br />
non è un’operazione affatto<br />
scontata (Fig.1).<br />
Quindi, nel programmare<br />
un intervento<br />
conservativo su t<strong>al</strong>i manufatti, uno dei primi problemi da<br />
affrontare (spesso sottov<strong>al</strong>utato o poco considerato) è quello relativo<br />
<strong>al</strong> recupero delle opere d<strong>al</strong> luogo di collocazione o giacenza.<br />
Sia se l’opera proviene da <strong>scavo</strong>, sia se proviene da un deposito o se<br />
è collocata in museo, il restauratore è la figura profession<strong>al</strong>e che è<br />
essenzi<strong>al</strong>e interpellare. Infatti il sollevamento, lo spostamento<br />
e il trasporto di manufatti lapidei (soprattutto se<br />
di notevole peso e dimensioni) va affrontato esaminando<br />
con attenzione <strong>al</strong>cuni aspetti fondament<strong>al</strong>i:<br />
Stato di conservazione dell’opera: si deve v<strong>al</strong>utare se il<br />
materi<strong>al</strong>e lapideo è disgregato, se presenta fratture, se<br />
l’opera è composta da un unico blocco o invece è frammentata<br />
e in qu<strong>al</strong>i e in quante parti, se sono presenti perni<br />
e se essi assolvono ancora la loro funzione.<br />
Punti di forza dove poter esercitare le spinte o poter posizionare<br />
le cinte o <strong>al</strong>tri sistemi di sollevamento, o poter vincolare<br />
il manufatto <strong>al</strong> contenitore re<strong>al</strong>izzato per il trasporto.<br />
Punti di debolezza (ad es. gli arti sporgenti) da proteggere<br />
e su i qu<strong>al</strong>i evitare di esercitare pressioni.<br />
Mod<strong>al</strong>ità di sollevamento e movimentazione da scegliere<br />
e/o progettare in base ai punti di cui sopra.<br />
Mod<strong>al</strong>ità di trasporto: re<strong>al</strong>izzando un contenitore ed imb<strong>al</strong>laggio<br />
specifico secondo quanto riscontrato precedentemente.<br />
L’intervento del restauratore inizia dunque d<strong>al</strong>la movimentazio-<br />
ne e d<strong>al</strong> trasporto dei reperti, quindi spesso ci si reca in cantiere<br />
o su uno <strong>scavo</strong> o nei depositi insieme con archeologi e/o consegnatari,<br />
per capire se e come sia possibile trasportare le opere nel<br />
laboratorio di restauro.<br />
Dove Inizia e Finisce<br />
l’Intervento<br />
del Restauratore<br />
Fig.2 - Movimentazione<br />
della statua maschile<br />
(vedi foto in <strong>al</strong>to a<br />
destra) rinvenuta durante<br />
lo <strong>scavo</strong> del Criptoportico<br />
sul P<strong>al</strong>atino<br />
68 69
Dove Inizia e Finisce<br />
l’Intervento<br />
del Restauratore<br />
Fig.2<br />
RESTAURARE: d<strong>al</strong>lo Scavo <strong>al</strong> <strong>Museo</strong> RESTAURARE: d<strong>al</strong>lo Scavo <strong>al</strong> <strong>Museo</strong><br />
Per esempio nel corso dello <strong>scavo</strong> del Criptoportico sul P<strong>al</strong>atino è<br />
stata ritrovata, <strong>al</strong>l’interno di ambienti situati a circa 11 metri di profondità,<br />
una statua maschile a torso nudo e con un panneggio intorno<br />
<strong>al</strong>la vita, lunga circa 170 cm., mancante della testa di un brac-<br />
cio dei piedi e della base (Fig.1). L’opera presentava dei gravi problemi<br />
conservativi d<strong>al</strong> momento che è costituita da più pezzi di<br />
marmo assemblati insieme d<strong>al</strong>l’età antica, inoltre su buona parte<br />
del panneggio è conservato molto del colore origin<strong>al</strong>e. Quindi la<br />
restauratrice ha fatto un sopr<strong>al</strong>luogo e dopo aver attentamente<br />
v<strong>al</strong>utato lo stato di conservazione, i punti di forza ed i punti di debo-<br />
lezza; è tornata sullo <strong>scavo</strong> per un sopr<strong>al</strong>luogo con un trasportatore<br />
speci<strong>al</strong>izzato ed insieme hanno progettato le mod<strong>al</strong>ità di movimentazione,<br />
di sollevamento e di trasporto.<br />
Decise le mod<strong>al</strong>ità, si è quindi iniziata la movimentazione bloccando<br />
inizi<strong>al</strong>mente l’opera con delle cinte “a cricchetto” per<br />
evitare movimenti delle due grandi parti costituenti la<br />
statua, successivamente, sollevata la statua su di un<br />
fianco, è stata posizionata <strong>al</strong> disotto una base in<br />
legno che fungesse da “barella” cosicché la<br />
movimentazione ed il sollevamento potevano<br />
avvenire facendo presa sulla base e non sulla statua,<br />
quindi, portando la barella fino <strong>al</strong>l’area dove<br />
era stato inst<strong>al</strong>lato un paranco, l’opera è stata sollevata<br />
in superficie e trasportata <strong>al</strong> laboratorio di<br />
restauro.<br />
Una volta ultimato il restauro dell’opera i compiti del<br />
restauratore non sono finiti, ma devono riguardare<br />
anche gli aspetti inerenti <strong>al</strong>l’esposizione dell’opera,<br />
infatti l’esposizione per esempio di una statua in un<br />
museo o in una<br />
mostra prevedono<br />
molti accorgimenti.<br />
Nel caso dei manufatti<br />
lapidei in<br />
buono stato di<br />
Fig.3<br />
conservazione e<br />
destinati ad essere<br />
<strong>al</strong>lestiti in ambiente<br />
confinato (stanza<br />
chiusa) o semiconfinato<br />
(tettoia, chiostro,<br />
ecc.), possiamo<br />
ritenere parzi<strong>al</strong>men-<br />
Dove Inizia e Finisce<br />
l’Intervento<br />
del Restauratore<br />
70 71
Dove Inizia e Finisce<br />
l’Intervento<br />
del Restauratore<br />
72<br />
RESTAURARE: d<strong>al</strong>lo Scavo <strong>al</strong> <strong>Museo</strong> RESTAURARE: d<strong>al</strong>lo Scavo <strong>al</strong> <strong>Museo</strong><br />
te trascurabili o perlomeno di minore incidenza, <strong>al</strong>cune caratteristiche<br />
dell’ambiente espositivo qu<strong>al</strong>i i parametri ambient<strong>al</strong>i, che<br />
per <strong>al</strong>tri reperti sarebbero fondament<strong>al</strong>i, come temperatura ed umidità<br />
relativa, irraggiamento, illuminazione, qu<strong>al</strong>ità dell’aria.<br />
Hanno invece maggiore rilevanza (soprattutto nel caso di opere<br />
di notevoli dimensioni e peso) <strong>al</strong>tre caratteristiche<br />
• La presenza di un adeguato supporto o sostegno o base<br />
• La v<strong>al</strong>utazione della trasportabilità dell’opera<br />
Fig.4<br />
• Le mod<strong>al</strong>ità di movimentazione,<br />
imb<strong>al</strong>laggio<br />
e trasporto<br />
• La collocazione nelle sede espositiva con un corretto<br />
sistema di ancoraggio o fissaggio.<br />
Abbiamo già parlato di movimentazione e trasporto, vediamo<br />
cosa si deve fare per garantire stabilità ad esempio ad<br />
un’opera in marmo che si vuole esporre in museo: uno dei problemi<br />
da affrontare, per il restauratore di manufatti lapidei, è progettare<br />
e re<strong>al</strong>izzare o far re<strong>al</strong>izzare una struttura di sostegno, una<br />
base o un supporto che permettano <strong>al</strong> manufatto di essere esposto<br />
e trasportato (cfr. i diversi casi esemplificati nelle Figg. 2-3-4).<br />
Per base: si intende un volume di appoggio che sia in grado di<br />
sostenere il peso dell’opera e che sia dimensionato sulle misure di<br />
massimo ingombro della stessa.<br />
Le caratteristiche di una base e/o struttura di sostegno sono:<br />
• Essere in grado di sostenere il peso dell’opera<br />
• Essere costituite da materi<strong>al</strong>i non dannosi per l’opera<br />
• Agevolare la leggibilità dell’opera<br />
• Rispettare un criterio estetico<br />
In <strong>al</strong>cuni casi base e struttura di sostegno sono coincidenti.<br />
Per struttura di sostegno: si intende una struttura che permetta<br />
<strong>al</strong>l’opera di sostenersi nella posizione originariamente prevista sebbene<br />
mancante di parti struttur<strong>al</strong>i (spesso si tratta di statue prive<br />
degli arti inferiori). La struttura di sostegno spesso è provvista o<br />
inserita in una base (Figg.5-6).<br />
Per struttura di supporto: si intende una struttura da re<strong>al</strong>izzare<br />
nel caso che l’opera presenti dei punti di fragilità che potrebbero<br />
renderne molto rischiosa la movimentazione e l’esposizione.<br />
Dove Inizia e Finisce<br />
l’Intervento<br />
del Restauratore<br />
Fig.5<br />
73
Dove Inizia e Finisce<br />
l’Intervento<br />
del Restauratore<br />
Fig.6<br />
RESTAURARE: d<strong>al</strong>lo Scavo <strong>al</strong> <strong>Museo</strong> RESTAURARE: d<strong>al</strong>lo Scavo <strong>al</strong> <strong>Museo</strong><br />
Questa struttura, che dovrà essere solid<strong>al</strong>e con l’opera, comporta<br />
la ripartizione dei pesi e la ridistribuzione degli sforzi in maniera<br />
che nei punti in cui verrà fatta leva o esercitata una pressione<br />
questa sarà uniformemente distribuita su tutta la superficie su<br />
cui insiste il supporto (come ad esempio nel caso di una lapide<br />
fratturata in più parti).<br />
Le caratteristiche delle strutture di sostegno e supporto<br />
• Essere in grado di sostenere il peso dell’opera<br />
• Essere il meno invasive possibili<br />
• Appoggiarsi e/o fare leva sulle parti solide dell’opera<br />
• Essere facilmente rimovibili<br />
• Essere costituite da materi<strong>al</strong>i non dannosi per l’opera<br />
• Essere il meno visibili possibile<br />
• Rispettare un criterio estetico<br />
Dove Inizia e Finisce<br />
l’Intervento<br />
del Restauratore<br />
74 75
Antonella Cirillo<br />
RESTAURARE: d<strong>al</strong>lo Scavo <strong>al</strong> <strong>Museo</strong> RESTAURARE: d<strong>al</strong>lo Scavo <strong>al</strong> <strong>Museo</strong><br />
Il “Restauro”<br />
Virtu<strong>al</strong>e<br />
Il restauro virtu<strong>al</strong>e è caratterizzato da un insieme di interventi<br />
eseguiti tramite l’uso della grafica bidimension<strong>al</strong>e e tridimension<strong>al</strong>e<br />
attraverso l’impiego del computer. E’ necessario precisare<br />
che t<strong>al</strong>e operazione non può essere considerata una vera e propria<br />
tecnica di restauro, in quanto non interviene sulla materia<br />
che costituisce l’opera d’arte, ma rappresenta per il restauratore<br />
un efficace supporto prima e durante le fasi di restauro, oltre a<br />
costituire un v<strong>al</strong>ido ausilio per interventi integrativi. Uno dei<br />
vantaggi del restauro virtu<strong>al</strong>e è quello di consentire una previsu<strong>al</strong>izzazione<br />
utile per le procedure di intervento re<strong>al</strong>e sulle<br />
opere stesse. Ad esempio, dovendo integrare la lacuna di un<br />
affresco, di un manufatto ceramico, di un mosaico, di una statua<br />
in marmo ecc., l’elaborazione digit<strong>al</strong>e consente di v<strong>al</strong>utare in<br />
anteprima sia il ripristino cromatico, che la ricostruzione della<br />
stessa, andando a verificare la soluzione migliore, tra le infinite<br />
ipotesi di intervento virtu<strong>al</strong>e sul monitor. Rappresenta un metodo<br />
non invasivo t<strong>al</strong>e da consentire <strong>al</strong> restauratore un’ampia libertà<br />
di azione che <strong>al</strong>trimenti egli non avrebbe dovendo lavorare<br />
direttamente sull’opera e, dunque, preservando il manufatto da<br />
eventu<strong>al</strong>i interventi traumatici. Il restauro virtu<strong>al</strong>e permette inoltre<br />
di elaborare un possibile recupero di segni coperti, abrasi o<br />
cancellati ed una es<strong>al</strong>tazione di segni deboli e di informazioni<br />
non perfettamente visibili ad occhio nudo. Ripristina, infine,<br />
quelle informazioni ormai irrecuperabili con le tecniche ordinarie<br />
di restauro permettendo di intervenire laddove il restauro tradizion<strong>al</strong>e<br />
non può procedere se non per interventi direttamente<br />
sulla materia. Seguono <strong>al</strong>cuni esempi di restauro virtu<strong>al</strong>e:<br />
Lastra con iscrizione<br />
In questo caso si è fatto uso<br />
di tecnologie digit<strong>al</strong>i per<br />
elaborare e graficizzare i<br />
caratteri del testo dell’iscrizione.<br />
A partire da<br />
una fotografia dell’immagine<br />
in digit<strong>al</strong>e è stata eseguita<br />
una operazione di “lucidatura” dei segni (Fig.1). Attraverso<br />
l’uso del programma Photoshop sono stati sovrapposti due distinti<br />
layers (livelli o fogli) contenenti, l’uno la foto della lastra, e l’<strong>al</strong>tro,<br />
il rilievo delle parti conservate delle lettere. Il grafico così ottenuto<br />
ha contribuito <strong>al</strong>la definizione di una base di lavoro per le successive<br />
ipotesi di completamento dei caratteri del testo.<br />
Cratere a c<strong>al</strong>ice con ghirlanda in oro<br />
Il secondo esempio illustrato<br />
è quello di un cratere<br />
in marmo che conserva solo<br />
l’impronta della ghirlanda<br />
in oro che in origine lo<br />
decorava. Il restauro virtu<strong>al</strong>e<br />
in questo caso è stato<br />
applicato andando a formulare<br />
una ipotesi ricostruttiva<br />
della ghirlanda<br />
delineando il contorno<br />
grafico, il modellato, la<br />
materia e la cromaticità dell’oro<br />
(Fig.2).<br />
Il “Restauro”<br />
Virtu<strong>al</strong>e<br />
Fig.1 - “Lucidatura”<br />
attraverso la sovrapposizione<br />
di due distinti<br />
layers<br />
Fig.2 - Ipotesi ricostruttiva<br />
della ghirlanda<br />
76 77
Il “Restauro”<br />
Virtu<strong>al</strong>e<br />
78<br />
RESTAURARE: d<strong>al</strong>lo Scavo <strong>al</strong> <strong>Museo</strong> RESTAURARE: d<strong>al</strong>lo Scavo <strong>al</strong> <strong>Museo</strong><br />
Mosaico con fiera ed archi - Roma, loc. “Capo di<br />
bove” presso la via Appia Antica<br />
Mosaico velato costituito da sei frammenti, dopo il distacco d<strong>al</strong><br />
pavimento originario, era necessario assemblarlo per posizionarlo<br />
su un nuovo supporto. In questo caso il restauro virtu<strong>al</strong>e è intervenuto<br />
attraverso l’utilizzo di due distinti programmi di computer grafica<br />
bidimension<strong>al</strong>e. La prima fase ha riguardato la ricomposizione<br />
virtu<strong>al</strong>e dei frammenti (Fig.3) e la seconda la ricostruzione grafica<br />
della composizione ad archi (Fig.4). Lavorare sui corrispettivi vir-<br />
Fig.3 - Copia virtu<strong>al</strong>e<br />
dei frammenti<br />
Fig.4 - Intervento di<br />
assemblaggio virtu<strong>al</strong>e<br />
dei frammenti e ricostruzione<br />
grafica delle parti<br />
mancanti del mosaico<br />
tu<strong>al</strong>i ha permesso <strong>al</strong> restauratore la massima libertà di azione, e<br />
quindi di evitare traumi e perdite di tessere, molto probabili durante<br />
la ricerca degli attacchi degli origin<strong>al</strong>i. La tecnologia digit<strong>al</strong>e ha<br />
permesso una lettura del decoro dell’opera andando a recuperare,<br />
con la grafica digit<strong>al</strong>e, le parti mancanti del mosaico.<br />
Mosaico con busto di Dioniso.<br />
Per questo frammento musivo il processo di sviluppo è stato il<br />
seguente: partendo d<strong>al</strong> frammento, ovvero lacerto origin<strong>al</strong>e (a), sono<br />
stati creati virtu<strong>al</strong>mente ulteriori frammenti (b) che riproducono gli<br />
schemi geometrici dell’immagine. In seguito le parti ricavate sono<br />
state assemblate, sempre virtu<strong>al</strong>mente, per ottenere la raffigurazione<br />
glob<strong>al</strong>e del frammento del mosaico (c).<br />
a - Lacerto origin<strong>al</strong>e b - Creazione virtu<strong>al</strong>e di ulteriori frammenti<br />
Il “Restauro”<br />
Virtu<strong>al</strong>e<br />
c - Le parti ricavate sono state assemblate sempre<br />
virtu<strong>al</strong>mente per ottenere la raffigurazione glob<strong>al</strong>e<br />
del frammento del mosaico<br />
79
Ines Arletti<br />
Fig.1 - Aula delle<br />
Terme di Diocleziano<br />
adibita a deposito<br />
RESTAURARE: d<strong>al</strong>lo Scavo <strong>al</strong> <strong>Museo</strong> RESTAURARE: d<strong>al</strong>lo Scavo <strong>al</strong> <strong>Museo</strong><br />
Il<br />
<strong>Museo</strong> Nascosto:<br />
iDepositi<br />
Un tempestivo e corretto intervento in area di <strong>scavo</strong> è vit<strong>al</strong>e per la<br />
vita di un’opera archeologica. Altrettanta cura deve essere dedicata<br />
<strong>al</strong>le norme di custodia per garantirne<br />
una corretta conservazione nel<br />
corso del tempo. Tutti i luoghi di<br />
ricovero delle opere archeologiche<br />
sono ugu<strong>al</strong>mente importanti sotto il<br />
profilo conservativo, si tratti di aree<br />
espositive piuttosto che di depositi:<br />
purtroppo questi ultimi sono a volte<br />
oggetto di cura minore.<br />
Tra le funzioni princip<strong>al</strong>i di un<br />
museo c’è quella di assicurare, <strong>al</strong><br />
patrimonio cultur<strong>al</strong>e visibile di un<br />
paese, continuità nella conservazione<br />
e nella tutela. Per garantire <strong>al</strong>le<br />
opere d’arte una durata più longeva e<br />
sana è necessario mettere in atto una<br />
serie di operazioni cautelative. La<br />
prevenzione si applica <strong>al</strong>l’interno di<br />
tre settori specifici: la sicurezza,<br />
l’ambiente e la movimentazione,<br />
oltre <strong>al</strong>l’indispensabile manutenzione ordinaria.<br />
I materi<strong>al</strong>i custoditi <strong>al</strong>l’interno dei depositi della Soprintendenza<br />
Speci<strong>al</strong>e per i Beni Archeologici di Roma (SSBAR) provengono<br />
oltre che d<strong>al</strong> territorio romano, anche da acquisizioni, donazioni e<br />
sequestri effettuati sia d<strong>al</strong>l’Arma dei Carabinieri, sia d<strong>al</strong>la<br />
Guardia di Finanza 1 .<br />
Nei depositi si conserva il maggior numero di reperti affidati in<br />
custodia d<strong>al</strong>la comunità <strong>al</strong> museo. Esiste uno sbilanciamento drammatico<br />
tra la quantità di materi<strong>al</strong>e da immagazzinare e gli spazi a<br />
disposizione: ne consegue che spesso luoghi deputati ad <strong>al</strong>tri usi o<br />
semplicemente aree momentaneamente vuote vengono “trasformati”<br />
in depositi temporanei senza averne i requisiti, rimandando a un<br />
tempo successivo una corretta organizzazione del luogo (Figg.1-2).<br />
La SSBAR ha inventariato più di 552.000 opere, numero che comprende<br />
tutte le tipologie di manufatti archeologici, d<strong>al</strong> materi<strong>al</strong>e<br />
lapideo a quello met<strong>al</strong>lico - comprese la numerosissima quantità di<br />
monete, della qu<strong>al</strong>e i pezzi più rappresentativi sono in esposizione<br />
a P<strong>al</strong>azzo Massimo -, e poi ceramiche, vetri, mosaici, affreschi, e<br />
opere di oreficeria e glittica, cioè pietre dure e gemme incise. Le<br />
epigrafi in materi<strong>al</strong>e lapideo presenti<br />
in Soprintendenza sono<br />
circa 10.000 e di queste solo 900<br />
sono esposte. Semplifica le problematiche<br />
relative ai problemi<br />
conservativi la natura inorganica<br />
della grande parte delle opere<br />
conservate nei depositi (Fig.4).<br />
Gli spazi espositivi, come già<br />
detto, consentono la fruizione di<br />
un numero limitato di opere; ne<br />
consegue che il luogo preposto<br />
<strong>al</strong>la conservazione del maggior<br />
numero di beni è il deposito. In<br />
It<strong>al</strong>ia molti musei e g<strong>al</strong>lerie sorgono in luoghi edificati in antico.<br />
Questo comporta tecniche costruttive e spessore murario t<strong>al</strong>i da<br />
garantire variazioni climatiche contenute, ma anche la difficoltà ad<br />
Il<br />
<strong>Museo</strong> Nascosto:<br />
iDepositi<br />
1 Ci si riferisce, in particolare,<br />
sia <strong>al</strong> Comando<br />
Carabinieri per la<br />
Tutela del Patrimonio<br />
Cultur<strong>al</strong>e, sia <strong>al</strong> Gruppo<br />
Tutela del Patrimonio<br />
Archeologico della<br />
Guardia di Finanza<br />
Fig.2 - Aula delle<br />
Terme di Diocleziano<br />
adibita a deposito<br />
80 81
Il<br />
<strong>Museo</strong> Nascosto:<br />
iDepositi<br />
Fig.3 - Cassetta contenente<br />
frammenti di<br />
affresco<br />
82<br />
RESTAURARE: d<strong>al</strong>lo Scavo <strong>al</strong> <strong>Museo</strong> RESTAURARE: d<strong>al</strong>lo Scavo <strong>al</strong> <strong>Museo</strong><br />
apportare modifiche per adattarli <strong>al</strong>le funzioni specifiche di magazzino<br />
d’opere d’arte.<br />
Altro è creare ex novo un deposito, partendo da uno spazio definito<br />
e conoscendo l’esatta natura dei materi<strong>al</strong>i da conservare (Figg.3,5).<br />
Esistono variabili che rendono difficile dare indicazioni univoche e<br />
rigide. Per esempio quelle legate agli spazi e <strong>al</strong>le differenti re<strong>al</strong>tà<br />
loc<strong>al</strong>i: un museo archeologico avrà la necessità di pensare ai luoghi<br />
da adibire a deposito c<strong>al</strong>colando una media d’accrescimento numerico<br />
di materi<strong>al</strong>i che si recuperano dagli scavi archeologici e invece<br />
per una pinacoteca o una biblioteca si dovrà ragionare più in termini<br />
di donazioni e acquisizioni. Nel caso di documenti unici, di<br />
v<strong>al</strong>ore incommensurabile<br />
per la storia umana, sarà<br />
necessario progettare ricoveri<br />
studiati ad hoc, v<strong>al</strong>utando<br />
la necessità di prevedere<br />
aree destinabili a<br />
caveaux.<br />
Da quanto detto si deduce<br />
che più elastico sarà il progetto<br />
dello spazio che si<br />
vuole adibire a deposito,<br />
maggiore l’adattabilità <strong>al</strong>le esigenze a venire e inferiori costi che si<br />
dovranno sostenere in futuro.<br />
Più di venticinque anni fa l’Istituto Centr<strong>al</strong>e del Restauro pubblicava<br />
un volume sui “Fattori di detoriamento” dove si legge: “...qu<strong>al</strong>unque<br />
processo di deperimento potrebbe essere arrestato se si<br />
potesse re<strong>al</strong>izzare una condizione di perfetto equilibrio termodinamico<br />
tra oggetto da conservare e ambiente di conservazione... (si<br />
può) ottenere il r<strong>al</strong>lentamento dei processi di deperimento con procedimenti<br />
capaci di ridurre l’entità degli squilibri tra oggetto e<br />
ambiente”. R<strong>al</strong>lentare, e non eliminare il deperimento. Questo perchè<br />
la materia ha un suo tempo/vita che si può solo tentare di <strong>al</strong>lun-<br />
gare il più possibile utilizzando accorgimenti corretti.<br />
Per sommi capi si possono così suddividere le princip<strong>al</strong>i cause di<br />
detoriamento delle opere d’arte: cause fisiche-meccaniche, che<br />
possono essere di natura<br />
accident<strong>al</strong>e qu<strong>al</strong>i terremoti<br />
e inondazioni,<br />
eventi comunque non<br />
inseribili in schemi<br />
razion<strong>al</strong>i; in questi casi<br />
si può comunque intervenire<br />
anticipatamente<br />
con opere di protezione.<br />
Le caratteristiche climatiche<br />
dell’ambiente<br />
come c<strong>al</strong>ore e umidità e<br />
ancora l'atteggiamento<br />
di luce solare o artifici<strong>al</strong>e,<br />
se non controllate<br />
adeguamenti possono<br />
provocare ai manufatti<br />
danni molto gravi.<br />
Rispetto <strong>al</strong>le cause chimiche,<br />
l’aria e l’acqua sono un veicolo per sostanze che reagiscono<br />
quando entrano a contatto con la materia. Possiamo dividere queste<br />
sostanze in due grandi gruppi: gli inquinanti natur<strong>al</strong>i e quelli artifici<strong>al</strong>i,<br />
dove per questi ultimi s’intendono quelli originati d<strong>al</strong>l’azione<br />
umana, come i prodotti che si formano nei processi di combustione.<br />
Inoltre le polveri sia di origini natur<strong>al</strong>i sia artifici<strong>al</strong>i, possono<br />
essere veicolate da aria e acqua sui manufatti provocando sulla<br />
superficie la formazione di sedimenti.<br />
Il degrado biologico è legato a condizioni fisiche-ambient<strong>al</strong>i: difatti<br />
queste sono la causa princip<strong>al</strong>e dello sviluppo di colonie composte<br />
da microrganismi qu<strong>al</strong>i funghi o batteri, e organismi come liche-<br />
Il<br />
<strong>Museo</strong> Nascosto:<br />
iDepositi<br />
Fig.4 - Conservazione<br />
delle opere di maggior<br />
pregio<br />
83
Il<br />
<strong>Museo</strong> Nascosto:<br />
iDepositi<br />
Fig.5 - Scaff<strong>al</strong>i e contenitori<br />
di reperti in<br />
deposito<br />
84<br />
RESTAURARE: d<strong>al</strong>lo Scavo <strong>al</strong> <strong>Museo</strong> RESTAURARE: d<strong>al</strong>lo Scavo <strong>al</strong> <strong>Museo</strong><br />
ni, muschi e insetti di vario tipo. Il rapporto esistente tra illuminazione,<br />
temperatura e presenza di acqua è decisivo per la formazione<br />
di un habitat favorevole <strong>al</strong> loro incremento.<br />
La presenza di piante infestanti provoca deterioramenti di natura<br />
fisica e chimica. Nel primo caso le radici che si sviluppano aumentano<br />
il volume e una volta penetrate nella materia, possono provocare<br />
danni molto gravi: un esempio è dato d<strong>al</strong> distacco e d<strong>al</strong>la successiva<br />
caduta dello strato superfici<strong>al</strong>e degli intonaci quando le<br />
radici s’insinuano tra<br />
la cortina muraria e<br />
gli strati di m<strong>al</strong>ta, o<br />
quando s’incuneano<br />
<strong>al</strong>l’interno di fessure<br />
presenti nei materi<strong>al</strong>i<br />
lapidei provocandone<br />
la dilatazione. Inoltre<br />
l’acqua si può introdurre<br />
nelle fenditure<br />
della materia e in<br />
specifiche condizioni<br />
ambient<strong>al</strong>i può gelare<br />
aumentando il volume.<br />
Questo processo<br />
determina spinte d<strong>al</strong>l’interno<br />
verso l’esterno ampliando così le fessure inizi<strong>al</strong>i e contribuendo<br />
<strong>al</strong> deperimento dell’opera. Sono situazioni che possono<br />
avverarsi soprattutto nei depositi cosiddetti di fortuna, come quelli<br />
che a volte si <strong>al</strong>lestiscono vicino ai cantieri di <strong>scavo</strong>.<br />
Per una corretta conservazione è utile raggruppare i materi<strong>al</strong>i per<br />
tipologia e livello di degrado: in questo modo è possibile prevedere<br />
luoghi definiti con condizioni ambient<strong>al</strong>i adatte a gruppi di<br />
manufatti.<br />
La re<strong>al</strong>izzazione di un magazzino comporta corrette misure di con-<br />
servazione preventiva, antincendio e antintrusione. Un deposito<br />
deve prevedere l’accesso a agni oggetto in modo autonomo senza<br />
cioè doverne spostare <strong>al</strong>tri, <strong>al</strong>lo scopo di evitare i danni di tipo meccanico<br />
che potrebbero essere procurati da movimentazioni scorrette.<br />
Semplici accorgimenti aiutano in questo senso: collocare gli<br />
oggetti più pesanti in zone facilmente raggiungibili, lasciare lo spazio<br />
necessario per il passaggio di persone, sc<strong>al</strong>e e carrelli tra i corridoi<br />
che si creano fra le infrastrutture <strong>al</strong>l’interno dei depositi, per<br />
le opere fuori misura predisporre spazi adeguati, evitando di appoggiarli<br />
direttamente a contatto del suolo e isolandoli con materi<strong>al</strong>e<br />
inerte. E’ meglio evitare inoltre di sistemare gli oggetti maggiormente<br />
delicati su più file, preferendo scaff<strong>al</strong>i o armadi di ridotta<br />
profondità. Il materi<strong>al</strong>e da collocare <strong>al</strong>l’interno dei depositi dovrà<br />
essere tutto inventariato, e dotato di scheda di cat<strong>al</strong>ogazione e conservativa;<br />
è buona norma prevedere registri fotografici e di movimentazione<br />
dei pezzi. Su ogni contenitore di reperti bisogna apporre<br />
etichette che dovranno dare le informazioni necessarie per l’immediata<br />
individuazione del materi<strong>al</strong>e contenuto. A t<strong>al</strong> proposito<br />
esistono sistemi informativi per la gestione dei depositi, in accordo<br />
con le normative del Ministero per i Beni e le Attività Cultur<strong>al</strong>i.<br />
Infine, vorrei sottolineare un dato fondament<strong>al</strong>e: le princip<strong>al</strong>i cause<br />
di degrado delle opere sono ascrivibili <strong>al</strong>l’intervento umano, attivo<br />
o passivo. Possono essere provocate da una formazione specifica<br />
insufficiente, d<strong>al</strong>la mancanza di coordinamento o d’interventi<br />
amministrativi e legislativi, o ancora d<strong>al</strong>la carenza di una cultura<br />
di cooperazione tra le differenti profession<strong>al</strong>ità. Il museo è un<br />
sistema molto complesso e la sinergia lavorativa degli operatori<br />
interni ed esterni è fondament<strong>al</strong>e per permettere <strong>al</strong>le generazioni<br />
future di leggere la storia raccontata d<strong>al</strong>le opere, e che ha contribuito<br />
a creare il nostro presente.<br />
Il<br />
<strong>Museo</strong> Nascosto:<br />
iDepositi<br />
85
Scultore <strong>al</strong> lavoro (formella<br />
del campanile di<br />
Giotto)<br />
Sistema di sollevamento<br />
SCHEDA TECNICA<br />
Lavorare la pietra<br />
La pietra era un materi<strong>al</strong>e molto utilizzato nell’antichità sia come materi<strong>al</strong>e<br />
da costruzione sia per re<strong>al</strong>izzare oggetti con scopo decorativo.<br />
La pietra grezza era di solito estratta sotto forma di blocchi squadrati<br />
da cave a cielo aperto o da cave in g<strong>al</strong>leria seguendo il<br />
verso della natur<strong>al</strong>e formazione (geologica) del giacimento.<br />
Poiché uno dei problemi princip<strong>al</strong>i era costituito d<strong>al</strong> trasporto,<br />
spesso i blocchi cavati iniziavano ad essere lavorati in<br />
cava, in funzione della forma definitiva, per renderli meno<br />
pesanti e quindi più facilmente trasportabili.<br />
In età romana, presso le princip<strong>al</strong>i cave, si era molto bene<br />
organizzati nei processi di estrazione e lavorazione della pietra<br />
tanto che spesso re<strong>al</strong>izzavano in cava manufatti quasi<br />
ultimati che quindi avevano bisogno di poco lavoro per essere<br />
completati.<br />
La lavorazione della pietra può avvenire solo per sottrazione<br />
ed è quindi molto importante non commettere degli errori<br />
che potrebbero far perdere tutto il lavoro già eseguito. È per<br />
questo motivo che i processi di lavorazione della pietra prevedono<br />
una fase di progettazione del lavoro da re<strong>al</strong>izzare ed il successivo<br />
trasferimento del progetto sulla pietra. Sia l’ideazione che il<br />
riporto del progetto possono avvenire princip<strong>al</strong>mente attraverso<br />
disegni, come nel caso di forme semplici, o attraverso la re<strong>al</strong>izzazione<br />
di un modello tridimension<strong>al</strong>e per le forme più complesse.<br />
Ad esempio, per re<strong>al</strong>izzare una statua lo scultore crea dapprima<br />
un modello con un materi<strong>al</strong>e plasmabile - quindi facile da lavorare<br />
- come la creta, la cera o il gesso. Una volta re<strong>al</strong>izzato questo<br />
modello, si usa una particolare strumentazione per riportare dei<br />
punti di riferimento sul blocco di marmo e sapere quanto materi<strong>al</strong>e<br />
si deve togliere senza correre il rischio di rovinare irrimediabilmente<br />
il blocco di pietra.<br />
Sia in età antica che in età moderna la scelta della pietra da scolpire<br />
è spesso legata <strong>al</strong>la lavorabilità. Le pietre possono essere<br />
Strumenti e traccia<br />
lasciata sulla pietra<br />
Tecnica di riporto dei<br />
punti<br />
SCHEDA TECNICA<br />
tenere e dure, lucidabili o non lucidabili e come t<strong>al</strong>i possono<br />
essere classificate.<br />
Le pietre tenere (come i tufi, i c<strong>al</strong>cari teneri, le arenarie, ecc.)<br />
sono quelle più facilmente lavorabili poi vi sono pietre mediamente<br />
dure come i marmi, e pietre dure come i graniti e i porfidi,<br />
e infine a pietre molto dure definite semi-preziose.<br />
Ovviamente le pietre più tenere sono quelle più facilmente<br />
lavorabili su cui si possono scolpire particolari minuti, ma<br />
sono le meno resistenti.<br />
Un'<strong>al</strong>tra caratteristica importante è che la pietra possa essere<br />
lucidabile. I romani dividevano le pietre secondo questa caratteristica<br />
chiamando lapides le pietre che non sono lucidabili e marmor<br />
le pietre lucidabili.<br />
La possibilità di lavorazione era legata anche ai metodi utilizzati<br />
e agli strumenti disponibili.<br />
Gli strumenti per lavorare la pietra, d<strong>al</strong>l'età romana ad oggi, si possono<br />
dividere in due categorie: a percussione e ad abrasione.<br />
Gli strumenti a percussione possono essere a percussione diretta ed<br />
indiretta e comprendono diversi tipi di martelli, picconi, asce (usati<br />
princip<strong>al</strong>mente in cava) sc<strong>al</strong>pelli di varie forme e dimensioni come<br />
la subbia, la gradina, lo sc<strong>al</strong>pello piatto, il ferrotondo, la sgorbia<br />
(usati princip<strong>al</strong>mente d<strong>al</strong>lo scultore).<br />
Gli strumenti ad abrasione comprendono la sega, il trapano, la<br />
raspa, le lime e pietre e polveri abrasive di varia durezza.<br />
Tra gli strumenti vanno considerati anche gli strumenti di misurazione<br />
come compassi da scultore, diversi tipi di livella, filo a<br />
piombo, e ovviamente righe e squadre.<br />
Importantissime erano anche le attrezzature utilizzate per il sollevamento,<br />
il trasporto e la messa in opera dei manufatti più pesanti.<br />
In età romana esistevano gru in grado di sollevare blocchi molto<br />
pesanti ad <strong>al</strong>tezze superiori ai 30 metri, con l’ausilio di queste<br />
macchine ad esempio è stato possibile edificare il Colosseo!
Fig.1<br />
Fig.2<br />
Fig.3<br />
SCHEDA TECNICA<br />
L’orafo antico fabbricava le sue creazioni con le lamine e con<br />
i fili d’oro e d’argento, utilizzando diverse tecniche anche<br />
associate fra loro. L’oro è un met<strong>al</strong>lo duttile: con un grammo<br />
è possibile ottenere 1 metro quadrato di lamina. Il met<strong>al</strong>lo era<br />
martellato ripetutamente tra strati di cuoio o di papiro in spessori<br />
sempre più sottili, fino a pochi millesimi di millimetro.<br />
Plinio scrive a proposito: “Non esiste un <strong>al</strong>tro materi<strong>al</strong>e che si<br />
possa dilatare di più in estensione o dividere in un numero<br />
maggiore di parti, perché ogni oncia (circa 27 grammi) si divide<br />
in settecentocinquanta fogli o più… E inoltre può essere filato<br />
e tessuto come la lana, anche senza la lana” Natur<strong>al</strong>is<br />
Historia, XXXIII, 61 (19). Nelle sepolture si trovano infatti<br />
anche filati d’oro che erano stati tessuti o ricamati<br />
sugli abiti, re<strong>al</strong>izzati con sottili strisce di lamina avvolte a<br />
spir<strong>al</strong>e (Fig.1). Anche i fili lisci si ottenevano ritagliando<br />
strisce di lamina, poi ritorte e rollate tra due superfici dure<br />
(Fig.2), mentre con forme scan<strong>al</strong>ate si producevano fili<br />
perlinati (Fig.3). Tratti di fili tagliati e s<strong>al</strong>dati formavano<br />
le maglie delle catene con anelli anche piccolissimi.<br />
Le lamine si potevano decorare con la tecnica dello sb<strong>al</strong>zo,<br />
modellando d<strong>al</strong> rovescio la raffigurazione prescelta con apposite<br />
asticciole met<strong>al</strong>liche, dette ceselli,<br />
rifinendola poi d<strong>al</strong> diritto. Durante la battitura<br />
la lamina era appoggiata ad un materi<strong>al</strong>e<br />
che assorbiva i colpi, come la pece o<br />
il piombo. I ceselli avevano estremità di<br />
varia forma, a mezz<strong>al</strong>una, stondate, zigrinate,<br />
a seconda del segno che si voleva imprimere. Per stampare<br />
una decorazione a carattere ripetitivo si poteva anche<br />
usare un punzone sagomato con il motivo in rilievo (Fig.4).<br />
Fig.5a<br />
Fig.5b<br />
Fig.6<br />
SCHEDA TECNICA<br />
Fig.4<br />
Fili di diametro piccolissimo,<br />
uno o due decimi di<br />
millimetro, s<strong>al</strong>dati sulla superficie del met<strong>al</strong>lo o ad unire due<br />
lamine, erano utilizzati con straordinaria abilità nelle decorazioni<br />
a filigrana, con effetti di grande leggerezza. Altrettanto<br />
raffinata era la tecnica della granulazione, diffusasi d<strong>al</strong> vicino<br />
Oriente verso le coste occident<strong>al</strong>i del Mediterraneo e particolarmente<br />
fiorente in Etruria.<br />
La granulazione consisteva nel s<strong>al</strong>dare su una base met<strong>al</strong>lica<br />
sfere di diametro piccolissimo (fino a 70 a coprire un<br />
centimetro quadrato), per delineare motivi ornament<strong>al</strong>i o<br />
riempire figure; le superfici lisce del met<strong>al</strong>lo e quelle<br />
coperte d<strong>al</strong>la granulazione riflettono diversamente la<br />
luce, con un effetto particolarmente ricercato (Fig.5a-b).<br />
Infine, oggetti come pendenti o amuleti si fabbricavano<br />
per fusione, attraverso la colatura dell’oro in stampi,<br />
solitamente di piccole dimensioni per limitare la<br />
quantità necessaria di met<strong>al</strong>lo prezioso.<br />
Oltre a gioielli in oro, l’artigiano fabbricava anche<br />
oggetti di v<strong>al</strong>ore più modesto, in argento o in bronzo,<br />
impreziositi t<strong>al</strong>volta da una doratura superfici<strong>al</strong>e. Il<br />
metodo più diffuso era l’applicazione a c<strong>al</strong>do di una<br />
foglia d’oro, poi rifinita fino a cancellare ogni traccia di<br />
sovrapposizione. Conosciuta soprattutto in Oriente era<br />
invece la doratura con un’am<strong>al</strong>gama di oro e mercurio,<br />
met<strong>al</strong>lo che poi si eliminava con il risc<strong>al</strong>damento.<br />
Le pietre preziose e perfino l’ambra erano imitati con<br />
il vetro colorato. Molto raffinate erano anche le perline<br />
in doppio strato di vetro trasparente, con una sottilissima<br />
sfoglia aurea in mezzo (vetro a sandwich) (Fig.6).
Fig.1<br />
SCHEDA TECNICA<br />
Nell’arte di incidere occorre tenere conto di una proprietà<br />
fondament<strong>al</strong>e dei materi<strong>al</strong>i, la durezza, v<strong>al</strong>utata<br />
secondo la Sc<strong>al</strong>a di Mohs, in cui il più morbido, il t<strong>al</strong>co,<br />
ha indice 1, mentre il v<strong>al</strong>ore 10 è quello del diamante,<br />
l’unica pietra capace di incidere tutte le <strong>al</strong>tre. Le pietre<br />
da tagliare, fissate a un sostegno, erano lavorate con<br />
seghe o mole rotanti secondo due tipi<br />
di taglio: a forma convessa (a cabochon),<br />
oppure a sfaccettatura,<br />
accentuando le forme geometriche<br />
natur<strong>al</strong>i in cui <strong>al</strong>cuni miner<strong>al</strong>i crist<strong>al</strong>lizzano<br />
(Fig.1). La sfaccettatura, moltiplicando<br />
i piani attraverso cui si<br />
rifrange la luce, rende le gemme più<br />
luminose e splendenti: Plinio osserva a proposito: “La<br />
stessa natura sembrano averla i berilli (smer<strong>al</strong>di)… Li<br />
produce l’India, di rado si trovano <strong>al</strong>trove. Sono tutti rifiniti<br />
in forma esagon<strong>al</strong>e da ingegnosi speci<strong>al</strong>isti, poiché il<br />
loro colore che in una muta superficie è offuscato, è ravvivato<br />
d<strong>al</strong> riflesso degli angoli; tagliati in <strong>al</strong>tro modo<br />
non hanno lucentezza” Natur<strong>al</strong>is<br />
Historia, XXXVII, 76 (20).<br />
Le pietre tagliate e levigate potevano<br />
essere incise con punte di<br />
diversa forma e dimensione, facilitando<br />
l’operazione con polveri<br />
abrasive emulsionate da liquidi<br />
oleosi. La forma più antica e più<br />
diffusa di incisione, l’intaglio, era<br />
Fig.2a<br />
Fig.2b<br />
Fig.3<br />
SCHEDA TECNICA<br />
praticata ad incavo in negativo, mentre<br />
l’incisione a rilievo, il cammeo, era una<br />
tecnica molto utilizzata per raffigurare<br />
ritratti (Fig.2a-b). Le pietre destinate a<br />
fabbricare collane o pendenti erano forate<br />
con trapani ad arco e poi infilate su<br />
maglie di catena met<strong>al</strong>liche o su cordoncini<br />
(Fig.3).
SCHEDA TECNICA<br />
Come già accennato, la materia prima per fabbricare un vaso<br />
antico era l’argilla.<br />
Sembra che i primi sperimentatori siano stati gli astuti abitanti<br />
del Vicino Oriente addirittura nel 7000 a.C.!<br />
Certo si trattava di rozzi recipienti nemmeno cotti ma semplicemente<br />
essiccati <strong>al</strong> sole.<br />
Forse, però, l’incendio di una<br />
capanna con tutte le sue stoviglie<br />
fece scattare l’idea: con la cottura<br />
i vasi diventavano impermeabili<br />
e potevano quindi contenere<br />
liquidi. Inoltre potevano essere<br />
usati direttamente sul fuoco per<br />
cuocere i cibi. Erano nati i catini<br />
e le pentole!<br />
La tecnica andava, però, perfezionata:<br />
bisognava scegliere l’argilla<br />
migliore e, affinchè non si rompesse durante la cottura, impastarla<br />
con fili di paglia tritata, sabbia, piccolissimi sassolini o<br />
pezzetti di ceramica già cotta e tritata.<br />
Le tecniche di modellazione si evolsero nel tempo:<br />
1- la più antica e semplice: una p<strong>al</strong>lina<br />
d’argilla in cui si praticava un foro con le<br />
dita per poi <strong>al</strong>zare, tirando, le pareti.<br />
2- la “colombina”:<br />
un disco piatto<br />
d’argilla su cui<br />
veniva arrotolato a spir<strong>al</strong>e un s<strong>al</strong>sicciotto<br />
che s<strong>al</strong>iva fino ad ottenere la forma e<br />
SCHEDA TECNICA<br />
l’<strong>al</strong>tezza volute. Si lisciava poi la superficie esterna con una<br />
stecca di legno.<br />
3- lo stampo: una forma di legno, pietra o ceramica<br />
da rivestire con argilla morbida fino a completa<br />
essiccazione.<br />
La svolta tecnologica decisiva, il tornio, comparve<br />
sempre presso quei furboni del Vicino Oriente, nel<br />
4000 a. C. mentre a noi lo portarono i Greci soltanto<br />
nell’VII secolo.<br />
A) Il tornio lento: il più antico e rudiment<strong>al</strong>e, consisteva in un<br />
disco di legno o pietra, in bilico su di un sasso, fatto ruotare<br />
con una mano mentre con l’<strong>al</strong>tra<br />
si modellava il vaso.<br />
B) Il tornio veloce: un perno,<br />
azionato da un ped<strong>al</strong>e imprimeva<br />
<strong>al</strong> disco una velocità costante<br />
mentre entrambe le mani<br />
erano libere.<br />
Dopo la modellazione, l’oggetto<br />
veniva fatto ben seccare e si<br />
cuoceva in fosse poco profonde scavate nel terreno e coperte<br />
da paglia frasche e sterco. L’operazione era <strong>al</strong>quanto impegnativa<br />
perché la cottura della ceramica richiede una temperatura<br />
di circa 750° mantenuta per 8 ore. Dopo, completato il raffreddamento,<br />
si estraevano i vasi.<br />
Nel corso dei secoli i forni si sono evoluti tecnologicamente<br />
fino <strong>al</strong>le fornaci romane da cui venivano sfornati migliaia di<br />
laterizi per le impegnative costruzioni della capit<strong>al</strong>e.
SCHEDA TECNICA<br />
Gli oggetti met<strong>al</strong>lici più antichi erano in rame e provenivano<br />
d<strong>al</strong>l’Iran.<br />
Il miner<strong>al</strong>e di rame <strong>al</strong>lo stato natur<strong>al</strong>e, detto “nativo” si<br />
trova in varie parti del mondo e, <strong>al</strong>l’inizio, venne probabilmente<br />
notato per il<br />
suo bel colore rosso e la<br />
lucentezza.<br />
In It<strong>al</strong>ia l’età detta “del<br />
rame” o Eneolitica si è sviluppata<br />
nel corso del III e<br />
nei secoli inizi<strong>al</strong>i del II millennio:<br />
si liquefaceva il<br />
miner<strong>al</strong>e entro rudiment<strong>al</strong>i<br />
forni e si colava in stampi<br />
di pietra per ottenere armi,<br />
monili e attrezzi vari.<br />
A volte bastava soltanto<br />
sc<strong>al</strong>darlo un poco e batterlo con strumenti di pietra per<br />
ottenere oggetti un po’ più grossolani.<br />
Il risultato era, comunque, piuttosto morbido e facilmente<br />
deperibile; <strong>al</strong>la fine del II millennio qu<strong>al</strong>cuno<br />
scoprì che aggiungendo lo stagno <strong>al</strong> rame si otteneva<br />
una lega molto più robusta: il bronzo. I metodi di lavorazione<br />
rimanevano grossomodo gli stessi mentre cambiavano<br />
la qu<strong>al</strong>ità degli oggetti prodotti: lo stagno, infatti,<br />
dava <strong>al</strong> bronzo la lucentezza dell’oro e incoraggiava la<br />
re<strong>al</strong>izzazione di monili e vasellame prezioso.<br />
Intanto, sempre nel corso del II millennio e sempre nel<br />
Vicino Oriente, il popolo guerriero degli Ittiti cominciava<br />
Apertura<br />
Fuoriuscita<br />
delle scorie<br />
SCHEDA TECNICA<br />
a lavorare un nuovo met<strong>al</strong>lo, il ferro, e le loro armate<br />
erano divenute invincibili.<br />
L’estrazione e la lavorazione del nuovo met<strong>al</strong>lo, introdotto<br />
in It<strong>al</strong>ia verso l’VIII sec. a.C., erano procedimenti<br />
assai più complessi anche perché occorreva raggiungere<br />
temperature di fusione più elevate.<br />
Il lavoro in miniera, lo <strong>scavo</strong> di<br />
pozzi e g<strong>al</strong>lerie e trasporto<br />
<strong>al</strong>l’esterno attraverso lunghi<br />
Carbone<br />
+<br />
Miner<strong>al</strong>e<br />
di ferro<br />
Met<strong>al</strong>lo<br />
Scorie liquide<br />
Rivestimento<br />
d’argilla<br />
Condotto<br />
per l’aria<br />
percorsi sotterranei, era svolto<br />
tutto manu<strong>al</strong>mente e, in genere,<br />
il miner<strong>al</strong>e veniva lavorato<br />
nei pressi del giacimento per<br />
risparmiare sul trasporto. Si<br />
ritrovano, infatti, ancora oggi<br />
enormi cumuli di scorie di<br />
fusione e scarti laddove esisteva<br />
un antico forno. In epoca<br />
etrusca era a pozzo, di pietra<br />
arenaria, <strong>al</strong>to circa 150 cm e<br />
40 di diametro. I mantici erano<br />
d’argilla coperti da un pezzo di<br />
pelle forato. Il miner<strong>al</strong>e veniva<br />
introdotto assieme ad un pari<br />
quantitativo di carbone di legna, mentre molto <strong>al</strong>tro carbone<br />
serviva per l’<strong>al</strong>imentazione del fuoco, circa dieci<br />
volte la quantità di ferro prodotto. Il met<strong>al</strong>lo grezzo,<br />
estratto a circa 1200°, veniva martellato subito per purificarlo<br />
d<strong>al</strong>le scorie e ridurlo a forme adatte <strong>al</strong> trasporto.