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Dallo scavo al Museo

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COLLANA DIDATTICA<br />

3° volume<br />

<strong>D<strong>al</strong>lo</strong> <strong>scavo</strong><br />

<strong>al</strong> <strong>Museo</strong>


<strong>D<strong>al</strong>lo</strong> <strong>scavo</strong> <strong>al</strong> <strong>Museo</strong><br />

Ministero per i Beni e le Attività Cultur<strong>al</strong>i<br />

Soprintendenza Speci<strong>al</strong>e per i Beni Archeologici di Roma<br />

Servizio Educativo


Servizio Educativo<br />

della Soprintendenza Speci<strong>al</strong>e<br />

per i Beni Archeologici di Roma<br />

Tiziana Ceccarini<br />

Comitato redazion<strong>al</strong>e<br />

Tiziana Ceccarini<br />

Mara Pontisso<br />

Vittoria Lecce<br />

Soprintendenza Speci<strong>al</strong>e<br />

per i Beni Archeologici di Roma<br />

Si ringrazia per la collaborazione<br />

Elena Ferrari<br />

Chiara De Marchis<br />

Progetto grafico<br />

e videoimpaginazione<br />

Stefano Novelli<br />

Stampa<br />

Rilegatoria Varzi<br />

Collana Didattica<br />

3° Volume<br />

© 2009 Soprintendenza Speci<strong>al</strong>e per i Beni Archeologici di Roma<br />

Contributi di<br />

M. Angelini<br />

I. Arletti<br />

G. Bandini<br />

M. Bartoli<br />

S. Borghini<br />

A. Casagrande<br />

A. Catanese<br />

A. Cirillo<br />

O. Colacicchi<br />

A. D’Elia<br />

A. Lugari<br />

M. Pagliaro<br />

D. Papetti<br />

A. Passi<br />

J. Polakova<br />

I. A. Rapinesi<br />

C. Robotti<br />

R. Tomaino<br />

E. Zarlenga<br />

S O M M A R I O<br />

G. Bandini 6-11 Quel che si deve Sapere sul Restauro<br />

A. Catanese - A. Passi - R. Tomaino - E. Zarlenga 12-17 Primi Interventi di Emergenza<br />

A. Lugari 18-23<br />

La Conservazione dei Mosaici nelle<br />

aree Archeologiche<br />

M. Bartoli 24-31 Il Restauro dei Mosaici<br />

M. Angelini - O. Colacicchi 32-37<br />

I. A. Rapinesi - J. Polakova 38-49<br />

C. Robotti - M. Pagliaro 50-59<br />

Met<strong>al</strong>li: <strong>al</strong>la ricerca del<br />

“Perduto Splendore”<br />

Conservazione e Segreti<br />

dei Preziosi più Piccoli<br />

Il Ritorno del Passato<br />

Restaurare il vetro e le ceramiche<br />

D. Papetti - A. Casagrande - A. D’Elia 60-67 Ridare vita <strong>al</strong>le Sculture<br />

S. Borghini 68-75<br />

Dove Inizia e Finisce<br />

l’Intervento del Restauratore<br />

A. Cirillo 76-79 Il “Restauro” Virtu<strong>al</strong>e<br />

I. Arletti 80-85 Il <strong>Museo</strong> Nascosto: i Depositi


La Collana a cura del Servizio Educativo si arricchisce di un <strong>al</strong>tro<br />

volume di grande interesse, d<strong>al</strong> titolo “RESTAURARE. <strong>D<strong>al</strong>lo</strong> Scavo<br />

<strong>al</strong> <strong>Museo</strong>”, a cura dei restauratori della Soprintendenza Speci<strong>al</strong>e<br />

per i Beni Archeologici di Roma.<br />

Una gestione funzion<strong>al</strong>e di un museo implica, infatti, una attività di<br />

tutela e di documentazione delle opere, che vi<br />

sono conservate, non sempre immediatamente<br />

visibile da parte dell’utente-visitatore.<br />

Il museo non è solo un centro di promozione<br />

cultur<strong>al</strong>e e un luogo formativo, ma anche<br />

un punto di riferimento per gli studiosi e per<br />

un’utenza più estesa, come il settore della<br />

ricerca, attraverso una serie di servizi interni<br />

<strong>al</strong>la Soprintendenza, concepiti in stretto collegamento<br />

con gli oggetti conservati nel museo, con le fin<strong>al</strong>ità della istituzione<br />

e con le iniziative che vi si svolgono. Rientrano in questa cate-<br />

goria il Cat<strong>al</strong>ogo, il Laboratorio Fotografico, il Servizio<br />

Mostre, il Servizio Educativo ed i Laboratori di Restauro.<br />

Fra questi servizi, si è voluto privilegiare con il volume<br />

“<strong>D<strong>al</strong>lo</strong> Scavo <strong>al</strong> <strong>Museo</strong>” il restauro, per l’ampia<br />

varietà dei temi e per far capire, anche ai non<br />

addetti ai lavori, il termine “Restauro” e la parola<br />

“Restauratore”.<br />

Avvicinarsi <strong>al</strong>lo straordinario patrimonio cultur<strong>al</strong>e in<br />

nostro possesso significa, dunque, imparare ad apprezzare<br />

non solo gli oggetti - i beni -, ma anche le numerose e qu<strong>al</strong>ificate<br />

profession<strong>al</strong>ità che ci permettono quotidianamente di godere delle<br />

opere d’arte e/o dei materi<strong>al</strong>i documentari conservati nei musei.<br />

Tiziana Ceccarini<br />

Responsabile Servizio Educativo<br />

Soprintendenza Speci<strong>al</strong>e<br />

per i Beni Archeologici di Roma


Quel che si deve Sapere sul Restauro Quel che si deve Sapere sul Restauro<br />

Quel che si<br />

deve Sapere<br />

sulRestauro<br />

Giovanna Bandini “Che cos’è il restauro e perché viene effettuato?” Queste sono le<br />

prime, spontanee domande che si pone chi si avvicina per la<br />

prima volta a t<strong>al</strong>e argomento, domande <strong>al</strong>le qu<strong>al</strong>i si cercherà, in<br />

questa sede, di fornire una qu<strong>al</strong>che risposta.<br />

Per quanto riguarda “Che cos’è il restauro”<br />

c’è da dire che per quanto si riferisce <strong>al</strong>le<br />

opere d’arte, gener<strong>al</strong>mente si intende con<br />

t<strong>al</strong>e definizione un insieme di operazioni<br />

volte a “sanare” una situazione oramai compromessa<br />

e ad assicurare la conservazione di<br />

t<strong>al</strong>i manufatti anche per il futuro. Per esempio,<br />

ci si può trovare di fronte ad un antico<br />

vaso frantumato (poiché accident<strong>al</strong>mente è<br />

caduto e si è rotto), ad un reperto antico in<br />

bronzo oramai deturpato da pustole e da<br />

microcrateri che hanno intaccato la materia (in quanto le condizioni<br />

ambient<strong>al</strong>i hanno portato a corroderne ed ossidarne la superficie),<br />

ad un affresco con diverse zone mancanti (perché, nel tempo,<br />

<strong>al</strong>cune parti si sono distaccate e successivamente sono cadute<br />

andando, poi, perdute). Quindi, le operazioni di restauro tendono a<br />

porre rimedio a danni già avvenuti e causati sia d<strong>al</strong>l’ambiente circostante,<br />

sia d<strong>al</strong>l’azione dell’uomo.<br />

Circa la risposta <strong>al</strong>la domanda del “perché viene effettuato il restau-<br />

ro”, questa risulta <strong>al</strong>quanto complessa; si cercherà di renderla chiara<br />

anche attraverso <strong>al</strong>cuni esempi.<br />

Innanzi tutto c’è da tener presente che il restauro non si occupa solo<br />

ed esclusivamente di opere d’arte ma - oltre ai manufatti che<br />

mostrano un indubbio v<strong>al</strong>ore artistico - gli interventi conservativi<br />

vengono effettuati pure su oggetti che rivestono un v<strong>al</strong>ore storico e/o<br />

etnografico, oppure documentario poiché, anche per essi, risulta<br />

importante intervenire per tramandare <strong>al</strong> futuro ciò per cui, ora,<br />

essi rappresentano una significativa testimonianza. Per esempio, il<br />

testo di un trattato di pace del XIII secolo, oppure la c<strong>al</strong>zatura di<br />

un militare dell’epoca romana, o anche la prima edizione di un libro<br />

di Giacomo Leopardi, non rappresentano di certo ‘oggetti’ dotati di<br />

rilevante bellezza,<br />

ma possono costituire<br />

documenti<br />

ricchi di significato<br />

storico ed insieme<br />

documentario e,<br />

quindi, degni di<br />

essere conservati<br />

nonché - quando<br />

necessario - restaurati<br />

con lo scopo di<br />

tramandarli. La stessa cosa è da dirsi per le testimonianze di tipo<br />

etnografico. Difatti, maschere africane lignee, oppure collane di<br />

conchiglie polinesiane, o anche copricapi di penne degli indiani<br />

d’America, rappresentano particolari manifestazioni proprie di culture<br />

diverse e provenienti da differenti parti del mondo; tutte queste<br />

sono comunque “attestazioni” che dovranno essere conservate e<br />

trasmesse ai posteri soprattutto per il loro specifico v<strong>al</strong>ore di documento.<br />

Ecco perché è importante s<strong>al</strong>vaguardare e conservare queste<br />

opere, questi manufatti, queste testimonianze: per tramandarne<br />

il loro “messaggio” anche a coloro che verranno dopo di noi.<br />

6 7


8<br />

Quel che si deve Sapere sul Restauro Quel che si deve Sapere sul Restauro<br />

Una volta risposto ai primi due princip<strong>al</strong>i<br />

quesiti, ne sorgono però <strong>al</strong>tri, ovverosia:<br />

“Perché questi oggetti si degradano? Qu<strong>al</strong>i sono le<br />

cause? In che modo si può intervenire per restaurare e<br />

chi è in grado di farlo?”<br />

Alla prima di t<strong>al</strong>i domande si può ben rispondere<br />

segn<strong>al</strong>ando, però, come nulla a questo mondo è eterno e, quindi,<br />

tutto è soggetto ad una “nascita” (il momento della creazione del<br />

manufatto artistico o del documento storico, oppure della testimonianza<br />

etnografica), ad una “vita” (gli oggetti vengono costruiti per<br />

essere “utilizzati”, per esempio, un quadro ad olio, o una porcellana<br />

cinese, come pure un’anfora in bronzo, prima di essere esposti<br />

in museo - magari <strong>al</strong>l’interno di vetrine dotate di sofisticati sistemi<br />

di <strong>al</strong>larme - costituiscono manufatti che sono stati utilizzati per l’arredo<br />

di una casa signorile, per adornare la tavola di un dignitario<br />

cinese, oppure per contenere vino per le libagioni<br />

ritu<strong>al</strong>i nell’antica Roma), ma sono destinati,<br />

inesorabilmente, ad una “morte” (per progressivo<br />

de-cadimento della materia; per<br />

un traumatico evento, come un terremoto<br />

o un incidente; per inadeguato<br />

ambiente di conservazione;<br />

per usura, ecc…). Difatti, l’incendio<br />

di un archivio contenente<br />

documenti cartacei, o la<br />

caduta, con inevitabile frantumazione,<br />

di una vetrata, o anche l’azione aggressiva<br />

degli agenti atmosferici su di una statua<br />

lapidea esposta per secoli <strong>al</strong>l’aperto,<br />

come pure il continuo c<strong>al</strong>pestio compiuto da<br />

frotte di turisti su di un antico tappeto, costituiscono<br />

fattori di degrado che possono determinare il danneggiamento sino<br />

<strong>al</strong>la scomparsa - più o meno repentina - di queste testimonianze.<br />

All’interrogativo “In che modo si può intervenire per restaurare e chi<br />

è in grado di farlo?” si può rispondere che, per attuare ciò, è opportuno<br />

interpellare speci<strong>al</strong>isti capaci di v<strong>al</strong>utare sia l’entità dei danni<br />

avvenuti, sia gli interventi necessari per riportare <strong>al</strong> meglio delle<br />

possibilità conservative il manufatto danneggiato.<br />

In questo caso, gli speci<strong>al</strong>isti sono i restauratori i qu<strong>al</strong>i sono da<br />

intendersi come una specie di “medici” delle opere d’arte e/o dei<br />

documenti. Ma, come in medicina, anche nel restauro sono necessarie<br />

le competenze anche di <strong>al</strong>tri professionisti (qu<strong>al</strong>i: archeologi,<br />

biologi, fotografi, fisici, radiologi, chimici, ecc…); tutti insieme collaborano,<br />

assieme <strong>al</strong> restauratore, per stabilire una diagnosi circa lo<br />

“stato di s<strong>al</strong>ute” dei manufatti da sottoporre ad operazioni conservative.<br />

Queste ultime, comunque, sono svolte, in via prioritaria, dai<br />

restauratori-medici (i qu<strong>al</strong>i, oltre tutto, conoscono anche l’“anatomia”<br />

delle opere su cui sono chiamati ad intervenire, ovverosia essi<br />

sono in grado di comprendere le tecniche di re<strong>al</strong>izzazione e l’esatta<br />

natura dei materi<strong>al</strong>i costituenti i manufatti).<br />

Ma… “come si effettua un restauro?”. Al momento di avviare qu<strong>al</strong>sivoglia<br />

intervento conservativo da compiersi su di un oggetto/documento,<br />

è bene programmare tutte le varie fasi operative.<br />

Si inizia con la raccolta dei dati relativi <strong>al</strong> manufatto e con la rea-<br />

9


10<br />

Quel che si deve Sapere sul Restauro Quel che si deve Sapere sul Restauro<br />

lizzazione della documentazione grafica e<br />

fotografica. Si prosegue, poi, con l’elaborazione<br />

di una “diagnosi” (spesso con l’aiuto, come si è<br />

detto, anche di <strong>al</strong>tri speci<strong>al</strong>isti), per dare corso, successivamente,<br />

<strong>al</strong>l’intervento di restauro vero e proprio.<br />

Questo, in genere, si articola nelle seguenti fasi:<br />

• Pulitura (per rimuovere lo sporco ed <strong>al</strong>tri generi di depositi i<br />

qu<strong>al</strong>i possono sia nascondere le superfici, sia risultare dannosi<br />

<strong>al</strong>l’opera). Può essere compiuta con mezzi meccanici (come bisturi,<br />

trapani, ablatori ad ultrasuoni, pennelli e spugne, ecc…, strumenti<br />

che debbono essere usati d<strong>al</strong> restauratore con grande abilità), e/o<br />

con sostanze chimiche (come: soluzioni limitatamente acide e/o<br />

basiche, solventi organici, ecc… impiegati con la dovuta cautela).<br />

• Consolidamento (t<strong>al</strong>volta necessario per ridare solidità <strong>al</strong>l’insieme<br />

o a quelle parti che si sono<br />

indeboliti per causa del degrado).<br />

Può essere re<strong>al</strong>izzato con l’uso di<br />

particolari sostanze chimiche,<br />

compatibili con la materia di cui<br />

è costituita l’opera, disciolte in<br />

solventi.<br />

• Ricomposizione di parti<br />

distaccate (facendo ben collimare<br />

i frammenti disgiunti unendoli<br />

mediante l’uso di adeguati adesivi<br />

ed anche, quando necessario,<br />

intervenendo con la costruzione di<br />

supporti, oppure, in casi limite,<br />

inserendo staffe e/o perni).<br />

• Risarcimento form<strong>al</strong>e e pittorico di eventu<strong>al</strong>i lacune (tramite<br />

ricostruzione - ove necessario - delle parti mancanti con successiva<br />

stesura di colore).<br />

• Protezione fin<strong>al</strong>e delle superfici (con applicazione di specifi-<br />

ci prodotti chimici <strong>al</strong>lo scopo di proteggere le superfici d<strong>al</strong>le<br />

aggressioni di agenti di degrado).<br />

In ogni modo, è bene ricordare che per una buona conduzione di un<br />

restauro debbono essere rispettate <strong>al</strong>cune regole e cioè:<br />

• i metodi ed i prodotti impiegati non devono creare danni aggiuntivi<br />

<strong>al</strong>le opere;<br />

• le aree ricostruite devono risultare facilmente riconoscibili<br />

<strong>al</strong>l’osservatore (in modo da distinguere le parti origin<strong>al</strong>i da quelle<br />

rifatte);<br />

• si devono sempre rispettare la materia e l’immagine del manufatto/documento<br />

e quanto di questo è giunto sino a noi (in modo da non<br />

creare dei f<strong>al</strong>si per sbagliata ricomposizione, oppure eccessiva ricostruzione);<br />

• è buona norma lasciare traccia dell’intervento che si è compiuto<br />

(mediante documentazione fotografica e redazione di apposita “scheda<br />

di restauro”), in modo da informare, circa le tecniche ed i prodotti<br />

impiegati, coloro che dovranno, in futuro, intervenire sull’opera.<br />

Infine, <strong>al</strong>la domanda “Come si diventa restauratore?” si può fornire<br />

la seguente risposta: frequentando apposite, speci<strong>al</strong>istiche<br />

scuole di formazione qu<strong>al</strong>i, ad esempio, l’Istituto Superiore per la<br />

Conservazione ed il Restauro a Roma, oppure l’Opificio delle Pietre<br />

Dure a Firenze (Istituti di “Alta Formazione” nei qu<strong>al</strong>i sono previste<br />

lezioni sia teoriche, sia pratiche), od anche seguendo i Corsi<br />

di Laurea in Conservazione dei Beni Cultur<strong>al</strong>i attivati in varie università<br />

it<strong>al</strong>iane.<br />

Ma proprio come avviene per la professione del medico, per intraprendere<br />

l’attività di restauratore è necessaria una speci<strong>al</strong>e predisposizione,<br />

una sorta di “vocazione” per studiare e per operare sulla<br />

materia (la “carne”) delle opere d’arte e/o dei materi<strong>al</strong>i documentari<br />

<strong>al</strong>lo scopo, come si è detto, di conservarli nel miglior modo possibile<br />

e poterli così tramandare <strong>al</strong> futuro.<br />

11


Antonio Catanese<br />

Alessandro Passi<br />

Roberto Tomaino<br />

Ennio Zarlenga<br />

Fig.1 - Cantiere in via<br />

Conteverde, angolo<br />

piazza Vittorio<br />

Frammento di affresco<br />

rinvenuto durante le<br />

fasi di sterro nella zona<br />

sottostante dell’<strong>al</strong>a interamente<br />

ricostruita del<br />

fabbricato in oggetto<br />

RESTAURARE: d<strong>al</strong>lo Scavo <strong>al</strong> <strong>Museo</strong> RESTAURARE: d<strong>al</strong>lo Scavo <strong>al</strong> <strong>Museo</strong><br />

Primi<br />

Interventi<br />

di<br />

Emergenza<br />

“Pronti interventi d’emergenza” a seguito di scavi e/o di sterri nel<br />

territorio di competenza della SSBAR.<br />

Scavo<br />

Lo <strong>scavo</strong> ha inizio nel luogo dove si trovano reperti archeologici. La<br />

corretta esecuzione dello <strong>scavo</strong> è di importanza fondament<strong>al</strong>e, perchè<br />

da esso ci giungeranno materi<strong>al</strong>i più o meno integri, in grado di<br />

fornirci i dati di carattere storico potenzi<strong>al</strong>mente conservati in essi.<br />

Frammento dopo il<br />

primo intervento<br />

di pulitura<br />

Fissaggio a parete con relativa bordatura del frammento<br />

Particolare di tracce<br />

policrome del<br />

Frammento<br />

Tecnica di <strong>scavo</strong><br />

L’esecuzione dello <strong>scavo</strong> avviene secondo il metodo stratigrafico.<br />

Questa tecnica di base, consiste nell’asportare un solo strato di terreno<br />

<strong>al</strong>la volta, iniziando d<strong>al</strong>la superficie attu<strong>al</strong>e.<br />

Ogni strato che si sussegue corrisponde ad un’epoca differente; <strong>al</strong><br />

livello più basso si trovano le stratificazioni più antiche.<br />

Ai fini della datazione dei singoli strati, è fondament<strong>al</strong>e la raccolta<br />

degli oggetti e dei materi<strong>al</strong>i in esso contenuti.<br />

PRONTO INTERVENTO<br />

Prima della rimozione si documenta fotograficamente il reperto,<br />

t<strong>al</strong>e documentazione renderà più facile la ricomposizione durante il<br />

restauro. In <strong>al</strong>cuni casi è necessario eseguire dei consolidamenti<br />

direttamente in sede di <strong>scavo</strong>, specie quando un reperto si presenta<br />

molto frammentato e di materia deperibile.<br />

Il pronto intervento consiste anche in un accurato imb<strong>al</strong>laggio<br />

effettuato con abbondante materi<strong>al</strong>e contemporaneamente soffice e<br />

resistente. I ritrovamenti vanno imb<strong>al</strong>lati per il trasporto nella<br />

stessa posizione in cui sono stati rinvenuti. T<strong>al</strong>e principio, insieme<br />

<strong>al</strong>la numerazione dei singoli pezzi e <strong>al</strong>la documentazione fotografica<br />

ne faciliterà la ricomposizione. I reperti vengono poi raccolti<br />

in cassette.<br />

Il pronto intervento sul territorio è gener<strong>al</strong>mente svolto su scavi di<br />

tipo urbano, in quanto spesso generati da lavori edili (riparazioni,<br />

modifiche struttur<strong>al</strong>i, inst<strong>al</strong>lazioni di servizi, ampliamento delle<br />

linee metropolitane per trasporto pubblico ecc.). Durante t<strong>al</strong>i lavori<br />

sono spesso rinvenuti reperti di interesse archeologico e l’archeologo,<br />

con i suoi collaboratori, v<strong>al</strong>uta la necessità di fare intervenire<br />

i restauratori preposti <strong>al</strong> pronto intervento. Questo va considerato<br />

come primo approccio nei confronti del reperto ancora in sede di<br />

<strong>scavo</strong>. E’ quindi necessario che il restauratore si rapporti ad esso<br />

con la dovuta sensibilità di v<strong>al</strong>utazione, non solo teorica, ma anche<br />

Primi<br />

di<br />

Interventi<br />

Emergenza<br />

12 13


14<br />

Primi<br />

di<br />

Interventi<br />

Emergenza<br />

Fig.2 - Particolari del<br />

saggio di prima pulitura<br />

Fig.3 - Rimozione a<br />

bisturi di scorie resistenti<br />

<strong>al</strong>la pulitura (incrostazioni<br />

sulla superficie<br />

concentrate nei punti di<br />

giunzione delle tessere<br />

RESTAURARE: d<strong>al</strong>lo Scavo <strong>al</strong> <strong>Museo</strong> RESTAURARE: d<strong>al</strong>lo Scavo <strong>al</strong> <strong>Museo</strong><br />

tecnico-pratica maturata operando nel settore specifico e arricchita<br />

da esperienze plurime che riservano gli scavi stessi.<br />

I ritrovamenti sui qu<strong>al</strong>i si interviene abbracciano diverse tipologie<br />

di materi<strong>al</strong>i. In genere si tratta di affreschi, più o meno leggibili,<br />

struttur<strong>al</strong>mente integri o frammentati, perfettamente aderenti o con<br />

serie problematiche di adesione <strong>al</strong>le pareti murarie di strutture<br />

antiche che vengono <strong>al</strong>la luce durante le fasi di <strong>scavo</strong> o di sterro<br />

(cfr. fig.1). Inoltre possono essere presenti le pavimentazioni degli<br />

ambienti gener<strong>al</strong>mente re<strong>al</strong>izzate secondo la tecnica del mosaico.<br />

Di seguito possiamo vedere la documentazione fotografica di <strong>al</strong>cuni<br />

interventi, che riguardano questa tipologia di <strong>scavo</strong>.<br />

Cantiere in via Zucchelli.<br />

<strong>D<strong>al</strong>lo</strong> <strong>scavo</strong> di un fabbricato in disuso è emersa una pavimentazione<br />

a mosaico decorata con motivo a tessere policrome, le qu<strong>al</strong>i,<br />

posizionate a seguito delle tessere<br />

bianche, creano per effetto<br />

chiaro-scuro uno straordinario<br />

andamento tridimension<strong>al</strong>e<br />

(Figg.2-5).<br />

Fig.4 - Particolari della bordatura perimetr<strong>al</strong>e eseguita<br />

con la m<strong>al</strong>ta<br />

Fig.5 - Vista dell’insieme a pronto<br />

intervento ultimato<br />

Cantiere del Pincio.<br />

Sterro del piazz<strong>al</strong>e per la re<strong>al</strong>izzazione di parcheggi sotterranei.<br />

Sequenza fotografica del ritrovamento di un pavimento a mosaico con<br />

tessere bianche disposte a spina su fondo scuro, interv<strong>al</strong>lato da tessere<br />

con puntinatura decorativa. La documentazione fotografica<br />

(Figg.6-7) mette in evidenza l’estrema delicatezza del ritrovamento,<br />

che a causa di un massetto (preparazione di base) di supporto<br />

quasi inesistente<br />

lascia le tessere<br />

a contatto<br />

del terreno il<br />

qu<strong>al</strong>e in diversi<br />

punti si presen-<br />

Fig.6<br />

Primi<br />

di<br />

Interventi<br />

Emergenza<br />

15


16<br />

Primi<br />

di<br />

Interventi<br />

Emergenza<br />

Fig.7 - La documentazione<br />

fotografica mette<br />

in evidenza l’estrema<br />

delicatezza del ritrovamento,<br />

che a causa di<br />

un massetto di supporto<br />

quasi inesistente lascia<br />

le tessere a contatto del<br />

terreno<br />

Fig.8<br />

RESTAURARE: d<strong>al</strong>lo Scavo <strong>al</strong> <strong>Museo</strong> RESTAURARE: d<strong>al</strong>lo Scavo <strong>al</strong> <strong>Museo</strong><br />

ta fangoso e costantemente umido, compromettendo seriamente la<br />

stabilità e l’adesione dell’intera tessitura soprattutto nella zona<br />

perimetr<strong>al</strong>e. Nella fase lavorativa si elimina il terriccio nella zona<br />

perimetr<strong>al</strong>e facendo molta attenzione <strong>al</strong>le tessere che determinano<br />

il bordo, con l’intento di ricavare il gradino di appoggio per la bor-<br />

datura. Alla fine dell’intervento si ottiene una bordatura ben delineata<br />

e integrata con ton<strong>al</strong>ità neutra, la qu<strong>al</strong>e assicura il pavimento<br />

d<strong>al</strong> repentino distaccamento delle tessere.<br />

Cantiere Via Casilina Vecchia<br />

Angolo piazza Lodi - Scavo della metropolitana Linea C.<br />

Nelle figure 8 e 9 si può vedere il basamento del vi<strong>al</strong>e ricavato da<br />

macine in pietra di forma circolare sezionate in porzioni e adagiate<br />

sul terreno.<br />

Dopo un accurato lavoro di pulitura, tutti gli elementi vengono<br />

numerati. Da notare i segni di riferimento per mezzo dei qu<strong>al</strong>i sarà<br />

possibile riposizionare con esattezza<br />

l’intero vi<strong>al</strong>e. Tutto ciò che è<br />

materi<strong>al</strong>e di interesse viene posizionato<br />

in cassette di <strong>scavo</strong> dopo<br />

avere ricevuto come abbiamo visto<br />

la giusta documentazione e classi-<br />

ficazione di riferimento.<br />

Questa prassi segna il percorso di<br />

recupero e di restauro per la gran<br />

parte di oggetti di <strong>scavo</strong> che giungono<br />

nei laboratori.<br />

L’entusiasmo e il coinvolgimento<br />

dello <strong>scavo</strong> sono spesso ricompensati<br />

da ritrovamenti di grande interesse.<br />

Un esempio è il recente ritrovamento<br />

verificatosi durante lo<br />

<strong>scavo</strong>, nei pressi della zona di<br />

Testaccio adiacente <strong>al</strong> “monte dei<br />

cocci”, di un consistente blocco in pasta vitrea, contornato di materi<strong>al</strong>e<br />

carbonizzato miscelato di perline per collane ornament<strong>al</strong>i. In<br />

questo caso il pronto intervento ha permesso di portare a termine<br />

con successo<br />

un’operazione<br />

molto delicata<br />

qu<strong>al</strong>e quella del<br />

recupero di cucchiaini<br />

da trucco<br />

in osso mediante la<br />

successiva estrazione<br />

del blocco di<br />

terra in cui erano<br />

contenuti, fin<strong>al</strong>izzata<br />

<strong>al</strong> successivo<br />

trasporto nei laboratori<br />

di restauro<br />

(Fig.10).<br />

Primi<br />

di<br />

Interventi<br />

Emergenza<br />

Fig.9 - Il ritrovamento<br />

del vi<strong>al</strong>e sottostante la<br />

Via Casilina Vecchia,<br />

composto da grandi<br />

ciottoli in pietra<br />

Il particolare di una<br />

porzione di macina<br />

frammentata e la sua<br />

collocazione in cassetta<br />

dopo la numerazione<br />

Fig.10 - L’interesse<br />

maggiore del ritrovamento<br />

si è concentrato<br />

su gruppi di cucchiaini<br />

da trucco in osso<br />

17


Alessandro Lugari<br />

Fig.1 - Sezione di un<br />

mosaico<br />

RESTAURARE: d<strong>al</strong>lo Scavo <strong>al</strong> <strong>Museo</strong> RESTAURARE: d<strong>al</strong>lo Scavo <strong>al</strong> <strong>Museo</strong><br />

La Conservazione<br />

dei Mosaici nelle<br />

aree<br />

Archeologiche<br />

Il problema della conservazione dei mosaici in uno <strong>scavo</strong> archeologico<br />

è un argomento molto complesso che va affrontato sotto<br />

diversi aspetti.<br />

Come prima cosa diciamo che il mosaico è una tipologia di decorazione<br />

re<strong>al</strong>izzata a strati, gener<strong>al</strong>mente ne troviamo tre (Fig.1):<br />

• uno strato di drenaggio costruito con grosse pietre e poca c<strong>al</strong>ce,<br />

denominato in antico ‘statumen’;<br />

• uno strato superiore di livellamento re<strong>al</strong>izzato con c<strong>al</strong>ce e piccoli<br />

frammenti di pietra o di ceramica, che svolge la funzione di massetto,<br />

chiamato in antico ‘rudus’;<br />

• sopra a questo troviamo il letto di posa ottenuto con c<strong>al</strong>ce e pozzolana<br />

fine, chiamato in antico ‘nucleus’, sul qu<strong>al</strong>e veniva re<strong>al</strong>izzato<br />

il mosaico a giornate, stendendo la c<strong>al</strong>ce necessaria dove venivano<br />

inserite le tessere di marmo.<br />

Negli ultimi anni è ormai una prassi consolidata quella di affiancare<br />

<strong>al</strong>l’archeologo mentre scava, un esperto in conservazione; i<br />

reperti mobili (ceramiche, vetri, met<strong>al</strong>li, marmi, ecc.) vengono via<br />

via cat<strong>al</strong>ogati e quindi portati in magazzino, le strutture (murature,<br />

mosaici, affreschi, ecc) rimangono nel sito. La funzione del restauratore<br />

è, in accordo con chi scava, quella di prendere provvedimenti<br />

affinché gli oggetti e i resti scoperti siano s<strong>al</strong>vaguardati.<br />

Il pronto intervento è un passaggio fondament<strong>al</strong>e della conservazione,<br />

è il primo e il più importante. Non possiamo scindere il lavoro<br />

dell’archeologo sul campo da quello del restauratore, nel momento<br />

del ritrovamento di un manufatto è indispensabile la presenza del<br />

restauratore; archeologia e conservazione devono viaggiare par<strong>al</strong>lele,<br />

convivere, deve esistere una sinergia tra le varie profession<strong>al</strong>ità.<br />

E’ quindi ormai acquisita la presenza del tecnico restauratore in<br />

una campagna di <strong>scavo</strong>, in quanto con lo <strong>scavo</strong> archeologico<br />

andiamo ad interrompere un equilibrio che dura da secoli, il<br />

mosaico, interrato, vive in una condizione di quiete, nella qu<strong>al</strong>e<br />

noi andiamo ad interferire.<br />

La situazione in cui si trova il reperto è stabile, esiste cioè un equi-<br />

La Conservazione<br />

dei Mosaici nelle<br />

aree<br />

Archeologiche<br />

Fig.2 - Sezione di un<br />

mosaico su <strong>scavo</strong><br />

archeologico<br />

18 19


La Conservazione<br />

dei Mosaici nelle<br />

aree<br />

Archeologiche<br />

Fig.3 - Copertura provvisoria<br />

con tessuti traspiranti<br />

in fase di <strong>scavo</strong><br />

RESTAURARE: d<strong>al</strong>lo Scavo <strong>al</strong> <strong>Museo</strong> RESTAURARE: d<strong>al</strong>lo Scavo <strong>al</strong> <strong>Museo</strong><br />

librio termodinamico con umidità e temperatura costanti ed in<br />

assenza di luce. Subito dopo la scoperta la situazione diventa instabile,<br />

improvvisamente abbiamo la presenza di luce durante il giorno<br />

ed una forte variazione dei v<strong>al</strong>ori di umidità e temperatura, che<br />

continueranno a crescere e a diminuire a seconda delle stagioni e<br />

con l’<strong>al</strong>ternarsi del dì e della notte (Fig.2). Questi fattori se non<br />

controllati provocherebbero un processo velocissimo di degrado.<br />

A questo punto interviene il restauratore che, cercherà di bloccare<br />

il processo di degrado o, quantomeno di r<strong>al</strong>lentarlo; la prima cosa<br />

che deve fare è quella di agire sui fattori ambient<strong>al</strong>i:<br />

evitare un’evaporazione rapida, controllare l’escursione termica,<br />

evitare un’esposizione diretta <strong>al</strong>la luce e quindi attraverso questi<br />

accorgimenti evitare la crescita di micro-organismi.<br />

Gli accorgimenti che deve prendere il restauratore sono quindi<br />

quelli di proteggere immediatamente il reperto una volta che è stato<br />

lavato, misurato e fotografato; gener<strong>al</strong>mente si usano dei tessuti traspiranti<br />

provvisori (Fig.3), mentre continuano le operazioni di<br />

<strong>scavo</strong>, per poi, successivamente creare delle coperture stabili adeguatamente<br />

progettate.<br />

Le prime operazioni da effettuare sul mosaico sono quelle di pulitura<br />

e di consolidamento.<br />

Il pavimento viene lavato con acqua distillata mediante spugne e<br />

spazzolini e quindi trattato con prodotti biocidi per evitare la crescita<br />

di vegetazione, <strong>al</strong>ghe, funghi ecc.<br />

Il consolidamento viene eseguito bloccando le tessere mobili con<br />

m<strong>al</strong>ta idraulica (Fig.4) o mediante iniezioni di m<strong>al</strong>ta liquida cercando<br />

di colmare i vuoti negli strati preparatori. È inoltre necessario<br />

stuccare tutti i bordi delle lacune per evitare che le tessere continuino<br />

a staccarsi.<br />

Nelle zone dove sussistono crolli o situazioni problematiche a livello<br />

statico si pratica una velatura provvisoria e quindi lo ‘strappo’ del<br />

frammento per ricollocarlo in seguito nella sua posizione originaria.<br />

La Conservazione<br />

dei Mosaici nelle<br />

aree<br />

Archeologiche<br />

Fig.4 - Contenimento<br />

dei bordi del mosaico<br />

con m<strong>al</strong>ta idraulica<br />

20 21


La Conservazione<br />

dei Mosaici nelle<br />

aree<br />

Archeologiche<br />

22<br />

Mosaico Crollato<br />

Frammenti recuperati<br />

Velatura dei frammenti<br />

recuperati<br />

Ricostruzione dei<br />

frammenti del mosaico<br />

RESTAURARE: d<strong>al</strong>lo Scavo <strong>al</strong> <strong>Museo</strong> RESTAURARE: d<strong>al</strong>lo Scavo <strong>al</strong> <strong>Museo</strong><br />

Quindi riassumendo i problemi da affrontare si dividono in due parti:<br />

• primari, per continuare il lavoro<br />

di <strong>scavo</strong>;<br />

• secondari, per la fruizione dello<br />

<strong>scavo</strong> o il suo reinterro.<br />

PRIMARI<br />

- protezione provvisoria<br />

- verifica dello stato di conservazione<br />

- bloccaggio tessere mobili<br />

- bordi di contenimento<br />

- velature di sostegno<br />

- riadesione degli strati<br />

SECONDARI<br />

- fruizione dello <strong>scavo</strong> e quindi<br />

manutenzione programmata<br />

- reinterro<br />

- rimozione depositi incoerenti<br />

- preconsolidamento<br />

- pulitura<br />

- consolidamento<br />

- protezione definitiva<br />

La Conservazione<br />

dei Mosaici nelle<br />

aree<br />

Archeologiche<br />

23


Maria Bartoli<br />

Fig.1 - Stratigrafia del<br />

mosaico paviment<strong>al</strong>e<br />

RESTAURARE: d<strong>al</strong>lo Scavo <strong>al</strong> <strong>Museo</strong> RESTAURARE: d<strong>al</strong>lo Scavo <strong>al</strong> <strong>Museo</strong><br />

Il<br />

Restauro<br />

dei Mosaici<br />

Fin d<strong>al</strong>l’antichità la tecnica del mosaico è stata utilizzata per abbellire<br />

edifici privati e pubblici. Questo particolare tipo di decorazione<br />

si ottiene accostando piccoli pezzi, chiamati tessere, di vari colori<br />

e di diversi materi<strong>al</strong>i, come marmo, pietre c<strong>al</strong>caree, vetro, ecc.,<br />

per formare con essi disegni geometrici o figurazioni.<br />

Gli antichi mosaici che oggi possiamo ammirare mostrano, inevitabilmente,<br />

i segni più o meno marcati, dell’invecchiamento determinato<br />

d<strong>al</strong> trascorrere del tempo. Per comprendere in che modo possa<br />

cambiare lo stato di conservazione di queste opere, dobbiamo prima<br />

di tutto pensare a com’è costituito un mosaico.<br />

Breve nota sulla tecnica di esecuzione<br />

Anche se, nel corso del tempo, la pratica si è evoluta ed i materi<strong>al</strong>i<br />

sono cambiati, si può dire che la tecnica di esecuzione<br />

sia rimasta sostanzi<strong>al</strong>mente invariata. Nel caso di<br />

un mosaico paviment<strong>al</strong>e, il procedimento è comunemente<br />

il seguente:<br />

• Sul terreno spianato vengono, per prima cosa, inseriti dei<br />

frammenti di pietra o di mattoni (non necessariamente<br />

accostati, come vediamo nella Fig.1, ma anche distanziati<br />

l’uno d<strong>al</strong>l’<strong>al</strong>tro), per costituire un piano livellato uniformemente;<br />

su questa superficie vengono poi stesi più strati, di<br />

solito tre, di “m<strong>al</strong>ta”, cioè di un impasto composto, in genere, da<br />

due parti di “inerti” (sabbia o polvere di marmo, pozzolana, polvere<br />

di mattone, tufo, anche miscelati tra loro) ed una parte di c<strong>al</strong>ce,<br />

quest’ultima detta “legante”, per la sua capacità di unire tra loro i<br />

granelli delle polveri usate. La “granulometria” degli strati di m<strong>al</strong>ta<br />

va assottigliandosi d<strong>al</strong> primo livello, quello a contatto con il suolo,<br />

<strong>al</strong>l’ultimo strato, il più superfici<strong>al</strong>e<br />

(Fig.2). Su quest’ultimo<br />

viene riportato il<br />

disegno d’insieme<br />

dell’opera da<br />

comporre, chiamato<br />

“sinopia” d<strong>al</strong><br />

nome del pigmento<br />

natur<strong>al</strong>e<br />

norm<strong>al</strong>mente<br />

impiegato a questo<br />

scopo. Nel caso di decorazioni<br />

complesse o di grandi dimensioni, la composizione viene trasferita<br />

sulla superficie destinata a riceverla tracciando le linee princip<strong>al</strong>i<br />

ed i contorni delle figurazioni. La trasposizione del disegno può<br />

essere re<strong>al</strong>izzata con diverse tecniche: linee incise nella m<strong>al</strong>ta<br />

ancora fresca con uno strumento appuntito, o colorate ad acquerello,<br />

oppure ottenute battendo un filo, a volte intriso di colore, teso da<br />

un’estremità <strong>al</strong>l’<strong>al</strong>tra della composizione, o con la ripartizione degli<br />

spazi e delle zone di colore, dette “campiture”.<br />

• Preparato così il disegno d’insieme, si procede con la stesura<br />

dello “strato di <strong>al</strong>lettamento”, un sottile strato di m<strong>al</strong>ta a grana<br />

finissima, che viene applicato in piccole porzioni, in modo da potervi<br />

inserire le tessere che compongono la decorazione mentre la<br />

m<strong>al</strong>ta è ancora fresca e plasmabile. Una volta asciugata, la m<strong>al</strong>ta<br />

dello strato di <strong>al</strong>lettamento “lega” insieme tutte le tessere del<br />

mosaico, che diventa così molto solido e resistente. Per questo<br />

motivo il mosaico è una tecnica da sempre utilizzata per conferire<br />

maggiore resistenza ai pavimenti e per renderli impermeabili: gli<br />

impianti term<strong>al</strong>i, i ninfei e le fontane sono, infatti, strutture ove frequentemente<br />

trovano applicazione queste opere.<br />

Il<br />

Restauro<br />

dei Mosaici<br />

24 25<br />

Fig.2


Il<br />

Restauro<br />

dei Mosaici<br />

Fig.3 - Stratigrafia del<br />

mosaico pariet<strong>al</strong>e<br />

Fig.4 - Deterioramento:<br />

<strong>al</strong>veolizzazione,<br />

fessurazione e<br />

fratturazione di tessere<br />

in pasta vitrea<br />

RESTAURARE: d<strong>al</strong>lo Scavo <strong>al</strong> <strong>Museo</strong> RESTAURARE: d<strong>al</strong>lo Scavo <strong>al</strong> <strong>Museo</strong><br />

• La tecnica del mosaico era <strong>al</strong>tresì impiegata per l’ornamento di<br />

pareti e volte: anche in questo caso la superficie destinata a ricevere<br />

la decorazione veniva preparata con due o più strati di m<strong>al</strong>ta, in<br />

genere di spessore inferiore a quello dei mosaici<br />

paviment<strong>al</strong>i (Fig.3). A volte il primo strato veniva<br />

arricchito con l’aggiunta di fibre veget<strong>al</strong>i, che conferivano<br />

una sorta di elasticità <strong>al</strong>l’impasto.<br />

L’adesione di questo primo strato <strong>al</strong>la cortina<br />

muraria era t<strong>al</strong>ora assicurata anche da grappe o<br />

chiodi a testa larga (come è stato documentato, ad<br />

esempio, nella volta della basilica di S.Marco a<br />

Venezia, dove si sono contati fino a 37 chiodi <strong>al</strong><br />

m 2 ). Come per i mosaici paviment<strong>al</strong>i, sull’ultimo<br />

strato preparatorio veniva riportato il disegno<br />

della composizione e su questo veniva applicato lo<br />

strato di <strong>al</strong>lettamento e le tessere del mosaico.<br />

Conservazione e restauro<br />

Abbiamo visto, quindi, come il mosaico sia costituito da materi<strong>al</strong>i<br />

differenti, ciascuno dei qu<strong>al</strong>i dotato<br />

di proprie particolari caratteristiche<br />

che ne determinano la resistenza:<br />

sebbene queste opere possano essere<br />

considerate piuttosto durevoli, tuttavia<br />

non possono sottrarsi ai processi<br />

natur<strong>al</strong>i di invecchiamento e deterioramento<br />

(Fig.4). In un antico mosaico<br />

paviment<strong>al</strong>e gener<strong>al</strong>mente si<br />

riscontrano i danni provocati d<strong>al</strong> c<strong>al</strong>pestio:<br />

tessere consumate ed assottigliate,<br />

staccate o decoese, cioè indebolite struttur<strong>al</strong>mente per<br />

l’esposizione <strong>al</strong>le intemperie ed agli agenti inquinanti dell’atmosfera.<br />

Il deterioramento può interessare tutti gli elementi che com-<br />

pongono l’opera: la m<strong>al</strong>ta degli strati preparatori può perdere coesione<br />

fino a disgregarsi o addirittura polverizzarsi; il terreno può<br />

cedere, causando così avv<strong>al</strong>lamenti o spaccature<br />

nella “trama” della decorazione, o<br />

può trasmettere <strong>al</strong>l’opera<br />

microrganismi e sostanze<br />

dannose per la sua conservazione…<br />

per non<br />

citare gli innumerevoli<br />

tipi di danni che<br />

possono essere<br />

provocati d<strong>al</strong>l’uomo,accident<strong>al</strong>mente<br />

o volontariamente.<br />

I mosaici pariet<strong>al</strong>i sono ancor più esposti<br />

<strong>al</strong>le ingiurie del tempo, perché più facilmente<br />

soggetti a crolli e demolizioni ed è, difatti, molto raro<br />

il ritrovamento di mosaici archeologici di<br />

questo tipo ancora “in piedi”.<br />

Vediamo dunque qu<strong>al</strong>i sono gli strumenti<br />

dei qu<strong>al</strong>i il restauratore può disporre per<br />

favorire la migliore conservazione delle<br />

opere musive, nel rispetto delle più gener<strong>al</strong>i<br />

norme di etica del restauro: il principio<br />

del “minor intervento” e l’uso di materi<strong>al</strong>i<br />

compatibili, reversibili e riconoscibili.<br />

Allo scopo di limitare gli interventi <strong>al</strong> minimo<br />

necessario, è indispensabile poter dedicare grande cura <strong>al</strong>la<br />

manutenzione ordinaria delle opere ed <strong>al</strong> loro monitoraggio. In t<strong>al</strong><br />

modo, infatti, si potrà intervenire tempestivamente sui fenomeni di<br />

degrado, per bloccarli <strong>al</strong> loro insorgere. Sia nel caso di un restauro<br />

“in situ”, sia riguardo un intervento in laboratorio, il primo passo<br />

da compiere è quello di raccogliere tutta la documentazione esi-<br />

Il<br />

Restauro<br />

dei Mosaici<br />

Fig.5 - Mosaici con settori<br />

in cui sono state<br />

eseguite operazioni di<br />

consolidamento, eliminzione<br />

degli eventu<strong>al</strong>i<br />

“attacchi” di microrganismi,<br />

pulitura per la<br />

rimozione delle sostanze<br />

estranee o dannose<br />

26 27


Il<br />

Restauro<br />

dei Mosaici<br />

Fig.6 - l'intervento sarà<br />

completato con la “stuccatura”<br />

delle fessure, la<br />

reintegrazione delle<br />

parti mancanti ed,<br />

eventu<strong>al</strong>mente, con la<br />

applicazione di un protettivo<br />

superfici<strong>al</strong>e.<br />

RESTAURARE: d<strong>al</strong>lo Scavo <strong>al</strong> <strong>Museo</strong> RESTAURARE: d<strong>al</strong>lo Scavo <strong>al</strong> <strong>Museo</strong><br />

stente sulla storia dell’opera, sulla sua tecnica di esecuzione, sugli<br />

interventi eventu<strong>al</strong>mente subiti in passato e sull’attu<strong>al</strong>e stato di<br />

conservazione. Acquisite tutte le necessarie<br />

informazioni, sulla base dei dati raccolti si<br />

potrà redigere un piano per intervenire nel<br />

modo più efficace.<br />

Innanzitutto è molto importante cercare di<br />

individuare e, possibilmente, eliminare le<br />

cause che hanno compromesso la “s<strong>al</strong>ute”<br />

dell’opera, se necessario intervenendo<br />

anche sulle condizioni ambient<strong>al</strong>i, perché,<br />

anche nella conservazione delle opere d’arte,<br />

è sempre “meglio prevenire che curare”!<br />

Modificare il microclima che danneggia<br />

un’opera di solito comporta grande impegno<br />

e spese ingenti, ma, in <strong>al</strong>tri casi, il problema<br />

può essere risolto con interventi molto semplici,<br />

ma risolutivi: può essere sufficiente,<br />

ad esempio, riparare una tettoia, o una tubatura<br />

danneggiata, o eliminare infiltrazioni di<br />

umidità d<strong>al</strong> terreno, ecc.<br />

Una volta eliminati tutti i fattori di deterioramento<br />

sui qu<strong>al</strong>i è possibile agire, si potrà<br />

dare corso <strong>al</strong>l’intervento di restauro, con le<br />

operazioni richieste d<strong>al</strong> caso: consolidamento e risarcimento dei<br />

difetti di adesione delle tessere e degli strati preparatori, eliminazione<br />

degli eventu<strong>al</strong>i “attacchi” di microrganismi (“muffe”, licheni,<br />

<strong>al</strong>ghe, ecc.), pulitura dell’opera, per la rimozione di tutte le sostanze<br />

estranee che la offuscano o che possono essere dannose (Fig.5).<br />

L'intervento sarà completato con la “stuccatura” delle fessure, la<br />

reintegrazione delle parti mancanti ed, eventu<strong>al</strong>mente, con la applicazione<br />

di un protettivo superfici<strong>al</strong>e (Fig.6).<br />

E’ anche piuttosto frequente il caso di opere danneggiate da vec-<br />

chi interventi di restauro, compiuti utilizzando materi<strong>al</strong>i non adatti<br />

e diventa, pertanto, necessario intervenire per rimuoverli o per<br />

revisionarli. Un esempio appropriato è quello dell’uso<br />

del cemento. Negli anni passati<br />

tantissimi mosaici, che<br />

erano stati<br />

staccati d<strong>al</strong><br />

luogo del<br />

ritrovamento,<br />

poiché non<br />

era possibile<br />

conservarli<br />

“in situ”,<br />

sono stati trasferiti<br />

su supporti<br />

costruiti con cemento,<br />

a volte addirittura “armato”, cioè rinforzato <strong>al</strong>l’interno con<br />

“tondini” di ferro; fino quasi agli anni ’70 questa era una pratica<br />

largamente diffusa, ma con il trascorrere del tempo si è osservato<br />

che, in presenza di umidità, i s<strong>al</strong>i presenti nel cemento possono<br />

“migrare” nelle porosità della materia del mosaico e provocare<br />

danni anche molto gravi… per non parlare del ferro dell’armatura,<br />

che in queste condizioni non solo si “ossida” e macchia di ruggine<br />

le parti che sono a contatto, ma, aumentando di volume, riesce<br />

addirittura a causare spaccature nella “tessitura” del mosaico<br />

(Fig.7). A partire d<strong>al</strong>la fine degli anni ’70, <strong>al</strong> posto del cemento<br />

si utilizza un particolare tipo di supporto, costituito da due fogli<br />

di vetroresina che inglobano una struttura in <strong>al</strong>luminio a trama<br />

esagon<strong>al</strong>e, a nido d’ape: materi<strong>al</strong>i del tutto inerti, che non interferiscono<br />

con la conservazione delle opere. Questo sostegno a “sandwich”,<br />

inoltre, presenta caratteristiche di ottima resistenza meccanica<br />

ed un peso specifico molto contenuto, che agevola enormemente<br />

le operazioni di movimentazione.<br />

Il<br />

Restauro<br />

dei Mosaici<br />

Fig.7 - Frattura longitudin<strong>al</strong>e<br />

causata d<strong>al</strong>l’armatura<br />

in ferro<br />

28 29


Il<br />

Restauro<br />

dei Mosaici<br />

RESTAURARE: d<strong>al</strong>lo Scavo <strong>al</strong> <strong>Museo</strong> RESTAURARE: d<strong>al</strong>lo Scavo <strong>al</strong> <strong>Museo</strong><br />

A conclusione degli interventi conservativi, il restauratore è<br />

chiamato anche a collaborare <strong>al</strong>la predisposizione dell’<strong>al</strong>lestimento<br />

espositivo<br />

delle opere (le<br />

immagini in queste<br />

pagine ne illustrano<br />

qu<strong>al</strong>che esempio),<br />

curandone gli<br />

aspetti prettamente<br />

inerenti la conservazione,<br />

come il<br />

tipo di struttura<br />

portante, l’adeguamento<br />

del microclima,<br />

la scelta di<br />

un tipo di illuminazione<br />

che agevoli la corretta lettura, senza<br />

causare danni <strong>al</strong>l’opera.<br />

Il<br />

Restauro<br />

dei Mosaici<br />

30 31


Marina Angelini<br />

Olimpia Colacicchi<br />

RESTAURARE: d<strong>al</strong>lo Scavo <strong>al</strong> <strong>Museo</strong> RESTAURARE: d<strong>al</strong>lo Scavo <strong>al</strong> <strong>Museo</strong><br />

Met<strong>al</strong>li:<br />

<strong>al</strong>la ricerca del<br />

“Perduto splendore”<br />

Il rame, il bronzo e il ferro sono i met<strong>al</strong>li (o le leghe met<strong>al</strong>liche) con<br />

cui gli uomini nell’antichità, via, via in modo sempre più perfezionato,<br />

fabbricarono attrezzi per lavorare, vasellame per la cucina e<br />

la tavola, armi per cacciare e combattere, ma anche monili e opere<br />

di scultura per decorare luoghi pubblici o abitazioni. Natur<strong>al</strong>mente<br />

usarono anche l’oro e l’argento per gioielli e vasellame di pregio.<br />

Gli oggetti in met<strong>al</strong>lo giunti fino a noi sono rari rispetto a quelli in<br />

marmo o in ceramica, poiché i met<strong>al</strong>li sono stati riutilizzati sin d<strong>al</strong>l’antichità.<br />

In condizioni di vita norm<strong>al</strong>e, quando gli oggetti erano<br />

rotti o rovinati o non piacevano più, venivano rifusi per fabbricarne<br />

di nuovi. In ogni epoca questo modo di procurarsi la materia<br />

prima fu ritenuto molto comodo, poiché <strong>al</strong>trimenti il met<strong>al</strong>lo doveva<br />

essere estratto dai miner<strong>al</strong>i con procedimenti molto complicati.<br />

(cfr. scheda Met<strong>al</strong>li)<br />

Sono pochissime le statue di bronzo che sono riuscite ad arrivare<br />

fino ai nostri giorni, dato che, come avviene ancora oggi, la statua<br />

di un sovrano poteva essere abbattuta in seguito <strong>al</strong> crollo del regime<br />

o un’immagine di culto poteva risultare non più attu<strong>al</strong>e o m<strong>al</strong>vista<br />

in un <strong>al</strong>tro clima religioso. Le statue che oggi ammiriamo nei<br />

musei si sono s<strong>al</strong>vate d<strong>al</strong>la distruzione perché abbandonate e poi<br />

dimenticate o sepolte a seguito di crolli e distruzioni dovuti a c<strong>al</strong>amità<br />

natur<strong>al</strong>i, cataclismi o guerre.<br />

Ad esempio l’Auriga di Delfi rimase sepolto in seguito <strong>al</strong> terremoto<br />

del 373 a.C.; i bronzi di Riace e il satiro di Mazara del V<strong>al</strong>lo sono<br />

stati rinvenuti in mare ed è grazie <strong>al</strong> naufragio delle navi che li tra-<br />

sportavano se sono giunti fino a noi. Il Marco Aurelio del<br />

Campidoglio si è s<strong>al</strong>vato perché ritenuto, in età cristiana,<br />

l’effige di San Pietro. Nel <strong>Museo</strong> Nazion<strong>al</strong>e Romano<br />

di P<strong>al</strong>azzo Massimo sono esposti due capolavori<br />

della statuaria in bronzo ritrovati a Roma<br />

negli scavi di fine ‘800, occultati già in<br />

antico: il Pugilatore ed il Principe<br />

Ellenistico (Figg.1-2).<br />

Ma i reperti, così come li vediamo noi<br />

oggi nei musei, sono molto diversi d<strong>al</strong><br />

loro aspetto origin<strong>al</strong>e: quando vengono<br />

ritrovati dagli archeologi ed estratti<br />

d<strong>al</strong>la terra sono quasi irriconoscibili.<br />

Di fatto tutti i met<strong>al</strong>li usati in antico ad<br />

eccezione dell’oro puro si corrodono e<br />

si degradano: tendono cioè a ritornare<br />

<strong>al</strong> loro stato miner<strong>al</strong>e che è chimicamente<br />

più stabile. Quindi, col passare<br />

del tempo, il bronzo perderà la sua<br />

lucentezza e diverrà verde come la m<strong>al</strong>achite<br />

(uno dei miner<strong>al</strong>i da cui si estrae il<br />

rame con cui si fabbrica il bronzo), il<br />

ferro diverrà color ruggine e l’argento<br />

annerirà per poi ricoprirsi di uno strato<br />

deformante di color grigio (Fig.3).<br />

Inoltre, cambiando l’aspetto, i met<strong>al</strong>li<br />

cambiano anche nella<br />

loro struttura e t<strong>al</strong>volta<br />

la loro forma non è più<br />

quella che avevano <strong>al</strong><br />

momento in cui furono<br />

fabbricati e la loro resistenza meccanica è molto indebolita, quindi<br />

i manufatti antichi sono molto fragili e spesso si rompono in più<br />

Met<strong>al</strong>li:<br />

<strong>al</strong>la ricerca del<br />

“Perduto splendore”<br />

Fig.1 - Il ritrovamento<br />

del pugilatore<br />

Fig.2 - Il pugilatore in<br />

museo<br />

Fig.3 - Fibbie per c<strong>al</strong>zature<br />

in argento <strong>al</strong><br />

momento dello <strong>scavo</strong><br />

(foto di A. C<strong>al</strong>i)<br />

Fig.4 - Le fibbie in<br />

argento dopo il restauro<br />

32 33


Met<strong>al</strong>li:<br />

<strong>al</strong>la ricerca del<br />

“Perduto splendore”<br />

Fig.5 - Il ritrovamento<br />

di un tesoretto nascosto<br />

in una pentola<br />

Fig.6 - Il lavoro di<br />

micro<strong>scavo</strong> e recupero<br />

delle monete nel laboratorio<br />

di restauro<br />

Fig.7 -<br />

La messa<br />

in luce<br />

della<br />

superficie<br />

origin<strong>al</strong>e di<br />

una moneta:<br />

per confrontare la<br />

differenza dopo il<br />

restauro la metà a sinistra<br />

è stata lasciata con<br />

le incrostazioni della<br />

corrosione.<br />

34<br />

RESTAURARE: d<strong>al</strong>lo Scavo <strong>al</strong> <strong>Museo</strong> RESTAURARE: d<strong>al</strong>lo Scavo <strong>al</strong> <strong>Museo</strong><br />

pezzi anche di piccole e piccolissime dimensioni. In <strong>al</strong>cuni casi la<br />

corrosione e la miner<strong>al</strong>izzazione portano <strong>al</strong>la tot<strong>al</strong>e distruzione dell’oggetto<br />

o <strong>al</strong>la perdita di <strong>al</strong>cune sue parti. Il compito dei restauratori<br />

è quindi molto complicato: devono riuscire a pulire d<strong>al</strong>le incrostazioni<br />

le superfici di reperti fragilissimi senza romperli e, se gli<br />

oggetti sono già rotti, devono ricomporre tutti i frammenti proprio<br />

come in un puzzle a cui t<strong>al</strong>volta mancano dei pezzi, devono inoltre<br />

preservarli da ulteriori fattori di degrado. Con il restauro gli oggetti<br />

spesso recuperano la loro forma ma il met<strong>al</strong>lo rimane comunque<br />

modificato con un aspetto superfici<strong>al</strong>e che non conserva più l’originaria<br />

lucentezza met<strong>al</strong>lica, ma che è costituito da strati miner<strong>al</strong>izzati<br />

di colori diversi, chiamati patina (Fig.4).<br />

Come già accennato si ritrovano solo gli oggetti che sono rimasti<br />

nascosti per vari motivi e tra questi vi sono i tesori e i corredi che<br />

gli antichi usavano seppellire con i loro defunti.<br />

Quando si ritrovano dei tesori è perché il loro proprietario non è<br />

mai potuto tornare a recuperarli: è questo il caso di un<br />

piccolo tesoretto di età romana imperi<strong>al</strong>e raccolto<br />

in una pentola e sepolto in una necropoli<br />

(Fig.5). Il restauro ha svelato che nella<br />

pentola erano state messe 144 monete,<br />

per la maggior parte sesterzi (Fig.6).<br />

Solo dopo che i restauratori le hanno<br />

pulite ritrovando le superfici origin<strong>al</strong>i<br />

con i ritratti degli imperatori, gli archeologi<br />

ed i numismatici hanno potuto riconoscerle<br />

e quindi studiarle (Figg.7-8). Ora sappiamo<br />

la datazione delle monete - da Vespasiano<br />

a Commodo (I e II sec d.C.) -, l’epoca in cui è stato<br />

nascosto quel piccolo tesoro e il suo v<strong>al</strong>ore che corrispondeva a circa<br />

un quarto della paga annua di un legionario romano.<br />

Molti reperti vengono ritrovati nelle tombe dove, insieme <strong>al</strong> defunto,<br />

venivano lasciati spesso molti beni: i suoi oggetti preferiti o<br />

quelli che utilizzava in vita e, tra questi, quelli legati<br />

<strong>al</strong> suo ruolo o <strong>al</strong> suo mestiere.<br />

Nel Lazio, in età protostorica (bronzo fin<strong>al</strong>e - prima età<br />

del ferro XI-X sec a.C.), quando si usava bruciare il<br />

defunto prima di seppellirlo, ai capi politici e religiosi<br />

veniva riservato un ritu<strong>al</strong>e particolare. Era consuetudine<br />

che, con le loro ceneri, venissero seppellite le riproduzioni<br />

in miniatura di oggetti in bronzo rappresentativi<br />

delle loro funzioni: la spada che indica il ruolo di<br />

capo politico militare, il coltello (strumento del sacrificio)<br />

e i doppi scudi distintivi di quello sacerdot<strong>al</strong>e (Fig.9).<br />

Questi piccoli oggetti, antichissimi e fragili, furono spesso deposti<br />

uno sopra <strong>al</strong>l’<strong>al</strong>tro ed<br />

ora li ritroviamo completamente<br />

inglobati<br />

nella terra. Per riuscire<br />

a recuperarli senza<br />

romperli è necessario<br />

staccare tutto il blocco<br />

di terra che li contiene<br />

per poi effettuarne il<br />

Met<strong>al</strong>li:<br />

<strong>al</strong>la ricerca del<br />

“Perduto splendore”<br />

Fig.8 - Il tesoretto dopo<br />

il restauro<br />

Fig.9 - Il corredo<br />

miniaturistico di un<br />

capo politico e religioso<br />

di età protostorica<br />

Fig.10 - Nei disegni sono illustrate le fasi di distacco d<strong>al</strong> terreno di un blocco di terra per il recupero di tanti<br />

reperti senza danneggiarli<br />

35


Met<strong>al</strong>li:<br />

<strong>al</strong>la ricerca del<br />

“Perduto splendore”<br />

Fig.11 - Un blocco di<br />

terra nel laboratorio di<br />

restauro pronto per il<br />

micro<strong>scavo</strong><br />

Fig. 12 - Messa in luce<br />

degli oggetti contenuti<br />

nel pane di terra<br />

Fig.13 - Recupero dei<br />

vari oggetti opportunamente<br />

rinforzati<br />

36<br />

RESTAURARE: d<strong>al</strong>lo Scavo <strong>al</strong> <strong>Museo</strong> RESTAURARE: d<strong>al</strong>lo Scavo <strong>al</strong> <strong>Museo</strong><br />

micro<strong>scavo</strong> in laboratorio, dove si può lavorare con tempi<br />

e attrezzature più appropriati (Figg.10-11).<br />

Spesso, dopo aver tolto la terra che li ricopre, si deve<br />

incollare temporaneamente sulla loro superficie un materi<strong>al</strong>e<br />

che li rinforzi, un tipo speci<strong>al</strong>e di carta o tessuto,<br />

per poterli distaccare senza romperli (Figg.12-13).<br />

Questo strato di rinforzo sarà utile anche per riuscire a<br />

pulire in sicurezza il reperto, rimuovendo la terra e le<br />

incrostazioni, e verrà eliminato <strong>al</strong>la fine del restauro, dopo aver consolidato<br />

l’oggetto con delle resine appropriate.<br />

In laboratorio i restauratori possono utilizzare vari strumenti per svolgere<br />

<strong>al</strong> meglio il loro compito. Tra questi vi sono il<br />

microscopio (Fig.14) e le lampade con le lenti di<br />

ingrandimento che permettono di pulire le superfici<br />

con una buona visibilità utilizzando piccoli strumenti<br />

tra cui il bisturi, gli specilli, dei bastoncini in legno,<br />

delle piccole punte montate sul trapano da dentista e<br />

dei piccoli spazzolini e pennelli (Fig.15). T<strong>al</strong>volta se<br />

l’oggetto lo può sopportare si usano dei solventi o<br />

soluzioni chimiche che aiutano a rimuovere gli strati<br />

di incrostazioni ammorbidendoli. I prodotti chimici, <strong>al</strong>la fine dei trattamenti,<br />

devono sempre essere eliminati d<strong>al</strong>l’oggetto con molta accuratezza<br />

perché nel tempo<br />

potrebbero arrecare danni <strong>al</strong><br />

reperto che si vuole conservare.<br />

Quando ci sono dei pezzi rotti,<br />

si incollano adoperando delle<br />

resine adesive che vengono<br />

colorate per renderle simili <strong>al</strong>le<br />

patine del met<strong>al</strong>lo. Poiché i<br />

met<strong>al</strong>li possono sempre continuare<br />

a corrodersi a contatto delle sostanze inquinanti presenti nell’atmosfera<br />

e con l’umidità dell’aria, si devono proteggere le loro<br />

superfici con delle resine trasparenti e<br />

rimuovibili, in modo che possano essere<br />

sostituite periodicamente per mantenere<br />

l’oggetto nelle migliori condizioni.<br />

Compito del restauratore è, infine, re<strong>al</strong>izzare<br />

il supporto espositivo degli oggetti<br />

restaurati di cui conosce le caratteristiche<br />

e i punti di fragilità. Spesso infatti i<br />

reperti necessitano di sostegni perché<br />

mancanti di <strong>al</strong>cune parti, ad esempio il<br />

piede su cui il vaso poggiava, o perché<br />

troppo fragili. A volte il supporto è necessario<br />

per esporre il reperto nel modo<br />

migliore per essere osservato.<br />

Ne è un esempio il sostegno<br />

della corazza e dell’elmo<br />

del guerriero di Lanuvio,<br />

sepolto anche con il suo corredo da atleta, in esposizione<br />

<strong>al</strong> <strong>Museo</strong> Epigrafico del <strong>Museo</strong> Nazion<strong>al</strong>e Romano. Per poterlo<br />

re<strong>al</strong>izzare <strong>al</strong> meglio ed adattarlo perfettamente ai<br />

due reperti si sono fatte tutte le prove necessarie su<br />

un prototipo che e stato via via modificato fino ad<br />

ottenere il risultato voluto (Figg.16-17).<br />

Fig.16 - Corazza ed<br />

elmo della Panoplia di<br />

Lanuvio posizionati sul<br />

supporto espositivo.<br />

Roma, <strong>Museo</strong> Nazion<strong>al</strong>e<br />

Romano-<strong>Museo</strong><br />

Epigrafico.<br />

(progetto Angelini e<br />

Colacicchi in collaborazione<br />

con Arch. Leonori<br />

della Ditta Fedele di<br />

Roma che ne ha curato<br />

la re<strong>al</strong>izzazione)<br />

Met<strong>al</strong>li:<br />

<strong>al</strong>la ricerca del<br />

“Perduto splendore”<br />

Fig.14 - Pulitura <strong>al</strong><br />

microscopio<br />

Fig.15 - Il tavolo di<br />

lavoro con gli strumenti<br />

per il restauro<br />

Fig.17 - Preparazione<br />

del prototipo per la re<strong>al</strong>izzazione<br />

del supporto<br />

per la corazza della<br />

Panoplia di Lanuvio<br />

37


Ida Anna Rapinesi<br />

Jarmila Polakova<br />

RESTAURARE: d<strong>al</strong>lo Scavo <strong>al</strong> <strong>Museo</strong> RESTAURARE: d<strong>al</strong>lo Scavo <strong>al</strong> <strong>Museo</strong><br />

Conservazione e<br />

Segreti<br />

Preziosi<br />

dei<br />

più<br />

Piccoli<br />

“Per quanto riguarda i prodotti veri e propri, comunque, il v<strong>al</strong>ore più<br />

<strong>al</strong>to, tra quelli del mare, è attribuito <strong>al</strong>le perle; tra quelli della superficie<br />

terrestre, ai crist<strong>al</strong>li (di rocca); tra quelli del sottosuolo, <strong>al</strong> diamante,<br />

agli smer<strong>al</strong>di, <strong>al</strong>le gemme, agli oggetti di murra….Tra i prodotti<br />

derivanti da anim<strong>al</strong>i dotati di apparato respiratorio, per quelli<br />

terrestri il v<strong>al</strong>ore più <strong>al</strong>to lo hanno le zanne degli elefanti, per quelli<br />

marini il guscio delle tartarughe… tra i prodotti insieme terrestri e<br />

marini, le conchiglie e la porpora… Non bisogna omettere di dire<br />

che l’oro, per cui tutti i mort<strong>al</strong>i fanno follie, occupa appena il decimo<br />

posto nella sc<strong>al</strong>a dei v<strong>al</strong>ori, e l’argento, con cui l’oro si compra,<br />

si e no il ventesimo…”<br />

Plinio il Vecchio, Natur<strong>al</strong>is Historia, XXXVII, 204 (78)<br />

Gli uomini fino d<strong>al</strong>le epoche più remote hanno fabbricato ornamenti<br />

per abbellire il loro aspetto. Nell’età preistorica erano le conchiglie e<br />

le ossa degli anim<strong>al</strong>i le materie prime a disposizione per re<strong>al</strong>izzare i<br />

monili e occorre giungere <strong>al</strong>meno <strong>al</strong> V millennio a.C., quando si sviluppano<br />

le tecniche degli artigiani orafi, perché vengano re<strong>al</strong>izzati<br />

gioielli in met<strong>al</strong>li preziosi. Da <strong>al</strong>lora in ogni civiltà le oreficerie - i<br />

gioielli, ma anche vasellame, accessori person<strong>al</strong>i, decorazioni per le<br />

vesti - testimoniano la ricchezza e il potere di coloro che le possiedono.<br />

Plinio il Vecchio, vissuto a Roma nel I secolo d.C., annota nel suo<br />

trattato enciclopedico, la Natur<strong>al</strong>is Historia, l’elenco dei beni più<br />

apprezzati dai suoi contemporanei. Nella lista compaiono i materi<strong>al</strong>i<br />

dell’arte orafa - oro e argento - e dell’arte della glittica. Con questo<br />

termine, che deriva d<strong>al</strong> greco gl›fw (glypho = incido), si intende<br />

sia l’arte in se stessa di intaglio, sia i materi<strong>al</strong>i adatti a essere lavorati:<br />

pietre preziose, vetro, ambra, osso, avorio, cor<strong>al</strong>lo, perle, conchiglie.<br />

Le opere di glittica spesso impreziosiscono quelle di oreficeria,<br />

con contrasti di colore di grande effetto.<br />

Presso le popolazioni it<strong>al</strong>iche si usavano per gli ornamenti soprattutto<br />

il rame, il vetro e l’ambra, la resina fossile che giungeva d<strong>al</strong> Mar<br />

B<strong>al</strong>tico, mentre più rare sono le testimonianze di gioielli in oro; a partire<br />

<strong>al</strong>l’VIII secolo a.C. però la concentrazione di grandi ricchezze nelle<br />

mani delle aristocrazie loc<strong>al</strong>i favorisce l’accumulo di notevoli quantità<br />

di met<strong>al</strong>li preziosi: la produzione di gioielli avrà un grande sviluppo,<br />

diffondendosi nell’ area etrusca e tirrenica. In seguito, con le conquiste<br />

territori<strong>al</strong>i e l’estensione della potenza<br />

di Roma in età imperi<strong>al</strong>e, iniziano ad<br />

affluire lungo le vie carovaniere che collegano<br />

Roma con l’Asia e l’Africa nuove<br />

materie prime e merci di lusso.<br />

Oro e Argento: met<strong>al</strong>li “di rango”<br />

I met<strong>al</strong>li s<strong>al</strong>vo poche eccezioni si trovano<br />

in natura sotto forma di miner<strong>al</strong>e e per<br />

poterli utilizzare occorre estrarli attraverso<br />

i processi di met<strong>al</strong>lurgia. Essi però<br />

costituiscono uno stato instabile della<br />

materia, perché a contatto con gli agenti chimici dell’ambiente - acqua,<br />

ossigeno e <strong>al</strong>tri gas, s<strong>al</strong>i disciolti nel terreno, ecc. - reagiscono e tendono<br />

a tornare <strong>al</strong>lo stato miner<strong>al</strong>e originario, attraverso il processo della<br />

corrosione, la causa princip<strong>al</strong>e di degrado di questi materi<strong>al</strong>i (Fig.1).<br />

I met<strong>al</strong>li sono soggetti a questo fenomeno in modo diverso, secondo<br />

la configurazione dei loro atomi. Durante i processi di corrosione si<br />

formano nuovi composti chimici che t<strong>al</strong>volta producono sulla superficie<br />

dell’oggetto una patina protettiva, mentre in <strong>al</strong>tri casi si generano<br />

effetti molto aggressivi, fino <strong>al</strong>la distruzione.<br />

Conservazione e<br />

Segreti dei<br />

piùPreziosi<br />

38 39<br />

Piccoli<br />

Fig.1 - Quando oggetti<br />

met<strong>al</strong>lici vengono<br />

“abbandonati” nell’ambiente,<br />

essi reagiscono<br />

con gli elementi presenti<br />

(acqua, ossigeno e <strong>al</strong>tri<br />

gas, s<strong>al</strong>i disciolti nel<br />

terreno) e il met<strong>al</strong>lo<br />

tende a tornare <strong>al</strong>l’originario<br />

stato miner<strong>al</strong>e


Conservazione e<br />

Segreti dei<br />

piùPreziosi<br />

Piccoli<br />

Fig.2 - Fibbia in argento:<br />

prima del restauro si<br />

osservano i depositi terrosi<br />

e i solfuri neri di<br />

argento (sopra); la<br />

superficie, che presenta<br />

zone corrose, <strong>al</strong> termine<br />

della pulitura (sotto).<br />

Necropoli di Osteria del<br />

Curato, II sec. d.C.<br />

RESTAURARE: d<strong>al</strong>lo Scavo <strong>al</strong> <strong>Museo</strong> RESTAURARE: d<strong>al</strong>lo Scavo <strong>al</strong> <strong>Museo</strong><br />

I met<strong>al</strong>li si possono classificare secondo questa differenza di comportamento,<br />

che potremmo semplificare con il concetto di “nobiltà”,<br />

ossia di resistenza <strong>al</strong>la corrosione: l’oro si trova <strong>al</strong> vertice di questa<br />

classifica, seguito d<strong>al</strong>l’argento (i met<strong>al</strong>li più pregiati), mentre il ferro<br />

è il met<strong>al</strong>lo che si ossida e si corrode più facilmente e velocemente.<br />

L’oro quindi è il met<strong>al</strong>lo nobile per eccellenza,<br />

incorruttibile, solare, perennemente rilucente e per<br />

questo simbolo della reg<strong>al</strong>ità e del divino. Gli oggetti<br />

d’oro che ritroviamo negli scavi archeologici dopo<br />

essere stati sepolti per migliaia di anni ci meravigliano,<br />

infatti, per il loro aspetto “nuovo”.<br />

L’oro era estratto inizi<strong>al</strong>mente in pepite setacciando la<br />

ghiaia dei fiumi, ma le particelle potevano essere trattenute<br />

anche da una pelle di pecora immersa nella<br />

corrente, da cui le preziose pagliuzze erano recuperate<br />

scuotendo la pelle essiccata: da qui forse deriva il<br />

mito del Vello d’oro. Poi fu ricavato polverizzando<br />

massi di quarzo aurifero, fino <strong>al</strong>lo sviluppo di miniere<br />

in età romana, metodo che fece aumentare considerevolmente<br />

la sua disponibilità. L’argento è molto raro<br />

<strong>al</strong>lo stato nativo ed era estratto soprattutto da miner<strong>al</strong>i<br />

costituiti da solfuri e cloruri d’argento. Hanno la stessa composizione<br />

chimica i depositi di corrosione che si formano reagendo con il met<strong>al</strong>lo<br />

durante la permanenza nel terreno e che sono la causa del deterioramento<br />

degli oggetti e dell’annerimento della loro superficie. (Fig.2).<br />

Anche met<strong>al</strong>li più economici, il bronzo e il ferro, erano usati per la<br />

produzione di gioielli più modesti; si poteva aumentare il loro v<strong>al</strong>ore<br />

applicando un rivestimento di oro o di elettro, una lega di argento<br />

e oro. La doratura si poteva applicare anche <strong>al</strong>l’argento.<br />

Si restaurano anche i gioielli?<br />

Se gli oggetti in oro che si trovano nei siti antichi non si corrodono,<br />

non si deve dimenticare che l’oro a contatto con il terreno diventa<br />

più fragile perché “ricrist<strong>al</strong>lizza”, tende cioè a modificare la sua<br />

struttura formando crist<strong>al</strong>li cubici; inoltre le lamine d’oro possono<br />

subire danni meccanici, essere deformate, lacerate, schiacciate da<br />

crolli o <strong>al</strong>tre vicissitudini che hanno interessato il sito archeologico.<br />

Durante l’intervento di restauro delle oreficerie occorre una<br />

grande attenzione nella<br />

pulitura delle superfici. Il<br />

restauratore lavora sempre<br />

con oggetti di dimensioni<br />

ridotte, curando<br />

costantemente il particolare,<br />

per liberare da depositi<br />

di terra oggetti minuti,<br />

lamine lavorate in spessori<br />

sottilissimi, fili d’oro<br />

fini come capelli, dettagli<br />

aggiunti con micros<strong>al</strong>dature<br />

(Fig.3). Strumento<br />

indispensabile è lo stereomicroscopio,<br />

che consente<br />

di avere il pieno controllo<br />

delle operazioni effettuate<br />

(Fig.4). La pulitura mec-<br />

Fig.3 - Spir<strong>al</strong>i fermatrecce d<strong>al</strong>la Necropoli di<br />

Via Laurentina (VIII sec. a.C.) prima e dopo il<br />

restauro. In <strong>al</strong>to: una coppia di fermatrecce in<br />

oro con i termin<strong>al</strong>i decorati a filigrana (nel particolare,<br />

un ingrandimento <strong>al</strong> microscopio elettronico<br />

a scansione). In basso: una spir<strong>al</strong>e in<br />

argento rivestita con lamina di elettro. Mentre<br />

l’oro si presenta in<strong>al</strong>terato, l’argento è annerito e<br />

corroso e il rivestimento di elettro lacerato. I fermatrecce<br />

hanno l’<strong>al</strong>tezza di 1 centimetro.<br />

canica è condotta con strumenti di precisione, specilli, bisturi, tamponcini,<br />

pinzette, impiegati con prudenza e con la manu<strong>al</strong>ità necessaria<br />

a conservare l’integrità delle superfici. Si usano anche trattamenti<br />

chimici, come i lavaggi in acqua distillata leggermente risc<strong>al</strong>data; per<br />

la pulitura dell’argento dai depositi di corrosione, oltre <strong>al</strong>l’uso di abrasivi<br />

finissimi, si applicano impacchi di sostanze che li solubilizzano<br />

facilitandone l’asportazione. Non sempre è possibile riportare <strong>al</strong>la<br />

luce la superficie riflettente dell’argento: se un oggetto in lamina sottile<br />

è molto corroso non è prudente ridurre il suo spessore; si preferisce<br />

<strong>al</strong>lora mantenere la patina superfici<strong>al</strong>e, anche se di colore scuro.<br />

Conservazione e<br />

Segreti dei<br />

piùPreziosi<br />

40 41<br />

Piccoli<br />

Fig.4 - L’intervento<br />

della pulitura meccanica<br />

dei fermatrecce,<br />

<strong>al</strong>ternato ai lavaggi con<br />

acqua distillata, è stato<br />

eseguito <strong>al</strong> microscopio,<br />

strumento indispensabile<br />

per il controllo di<br />

tutte le operazioni


Conservazione e<br />

Segreti dei<br />

piùPreziosi<br />

42<br />

Piccoli<br />

Fig.5 - Grumi di ambra<br />

<strong>al</strong>lo stato grezzo<br />

RESTAURARE: d<strong>al</strong>lo Scavo <strong>al</strong> <strong>Museo</strong> RESTAURARE: d<strong>al</strong>lo Scavo <strong>al</strong> <strong>Museo</strong><br />

La glittica: intagliare e incidere, forare, levigare e lucidare…<br />

“Il v<strong>al</strong>ore più <strong>al</strong>to tra i beni degli uomini, e non soltanto fra le<br />

gemme, è quello del diamante, per lungo tempo conosciuto soltanto<br />

dai re, e anche fra di loro da pochissimi… La durezza del diamante<br />

è infatti indicibile, e la sua natura è <strong>al</strong> tempo stesso t<strong>al</strong>e da sconfiggere<br />

il fuoco senza mai risc<strong>al</strong>darsi: di qui ha tratto anche il suo nome<br />

(in greco significa “forza indomabile”)… Quando si ha successo e si<br />

riesce a rompere il diamante, esso si disintegra in frammenti tanto<br />

piccoli che sono appena visibili. Questi sono ricercati dagli incisori,<br />

che li incastonano nel ferro, riescono a perforare facilmente i materi<strong>al</strong>i<br />

più duri…”<br />

Natur<strong>al</strong>is Historia, XXXVII, 55 (15).<br />

Intagliare e incidere, forare, levigare e lucidare…Tra le prime<br />

materie glittiche che l’uomo ha lavorato si trovano le ossa, le corna<br />

e i denti di bovini, ovini, cervidi e molti <strong>al</strong>tri anim<strong>al</strong>i, con cui fabbricare<br />

perline, aghi, spilloni, pettini, ecc. Molto più pregiato e raro<br />

era l’avorio, costituito d<strong>al</strong>la dentina, una sostanza compatta d<strong>al</strong><br />

colore caratteristico, ricavato soprattutto d<strong>al</strong>le zanne di elefante e<br />

di mammut. Oltre che per fabbricare piccoli oggetti, l’avorio è stato<br />

usato per statue di grandi dimensioni raffiguranti divinità, chiamate<br />

statue crisoelefantine (da chryselephantinos, "fatto d'oro e d'avorio”)<br />

perché, oltre <strong>al</strong>l’avorio utilizzato per intagliare il volto, le mani<br />

ed i piedi, si ricopriva il corpo sagomato in legno con lamine d’oro.<br />

Diffusa era anche l’ambra, di colore d<strong>al</strong> gi<strong>al</strong>lo <strong>al</strong> rosso, resina fossile<br />

di <strong>al</strong>cune conifere sedimentata in grumi <strong>al</strong>l’interno di rocce<br />

nell’area costiera del nord Europa. Le popolazioni che abitavano le<br />

aree affacciate <strong>al</strong> Mar B<strong>al</strong>tico raccoglievano le masserelle di ambra<br />

sulle spiagge, dove il riflusso del mare le depositava.<br />

Essa è stata usata fin da epoche remote per fabbricare le perle delle<br />

collane e piccoli portafortuna, anche per la sua proprietà, ritenuta<br />

magica, di attirare elementi leggeri se strofinata (Fig.5).<br />

Materi<strong>al</strong>i glittici per eccellenza, su cui incidere con particolari<br />

incredibilmente precisi i soggetti più diversi,<br />

dagli anim<strong>al</strong>i <strong>al</strong>le figure mitologiche, d<strong>al</strong>le divinità<br />

ai ritratti, sono le pietre preziose (diamanti,<br />

smer<strong>al</strong>di, zaffiri, rubini, granati) e quelle dure<br />

(lapislazzuli, giada agata, onice, corniola, diaspro,<br />

turchese e molte <strong>al</strong>tre varietà). Le gemme<br />

per bellezza e caratteristiche - colore, trasparenza,<br />

rifrazione <strong>al</strong>la luce - hanno sempre esercitato<br />

un grande fascino, tanto da essere usate anche<br />

<strong>al</strong>lo stato natur<strong>al</strong>e, oppure modificate da processi<br />

rudiment<strong>al</strong>i; solo in seguito si diffondono le conoscenze necessarie<br />

per lavorare le pietre con il taglio e la foratura. Nei gioielli le gemme<br />

erano incastonate in montature d’oro (Fig.6) o forate e legate da<br />

maglie di catene. Le gemme incise erano usate anche per i sigilli.<br />

<strong>D<strong>al</strong>lo</strong> <strong>scavo</strong> <strong>al</strong> restauro<br />

Che cosa avviene quando questi oggetti sono lasciati per migliaia di<br />

anni nel terreno e recuperati in una fortunata indagine archeologica?<br />

Anche la fase del recupero d<strong>al</strong>lo <strong>scavo</strong>, con il cambiamento<br />

delle condizioni ambient<strong>al</strong>i, può rappresentare un momento critico.<br />

I tipi di degrado sono vari e dipendono anche<br />

d<strong>al</strong>la tecnica di lavorazione. Le pietre di solito<br />

non si danneggiano, però se sono incastonate in<br />

anelli o spille possono essere asportate accident<strong>al</strong>mente<br />

d<strong>al</strong> loro <strong>al</strong>loggiamento, oppure i grani di<br />

collana possono rompersi nel punto più debole,<br />

in prossimità del foro. Le perle si sfogliano.<br />

I materi<strong>al</strong>i meno duri possono rompersi anche in<br />

parti minute, da ricomporre con adesivi adatti.<br />

L’ambra può ossidarsi anche profondamente, il<br />

suo colore si <strong>al</strong>tera e si opacizza; può sgranarsi in<br />

piccolissimi crist<strong>al</strong>li e frammentarsi (Fig.7).<br />

L’osso e l’avorio sono soggetti a fessurazioni,<br />

Conservazione e<br />

Segreti dei<br />

piùPreziosi<br />

Piccoli<br />

Fig.6 - Spilla con ametista<br />

raffigurante un<br />

ritratto femminile, incastonata<br />

in una cornice<br />

con decorazione di piccole<br />

foglie in oro. Il gioiello<br />

è stato riutilizzato:<br />

sul retro della spilla i<br />

segni (limati) di un precedente<br />

aggancio.<br />

Necropoli di V<strong>al</strong>lerano,<br />

II sec. d.C.<br />

Fig.7 - Applique in<br />

ambra raffigurante un<br />

amorino <strong>al</strong> momento<br />

del recupero e dopo la<br />

ricomposizione. L’ambra<br />

può sgranarsi in piccolissimi<br />

crist<strong>al</strong>li e frammentarsi,<br />

il suo colore si<br />

può <strong>al</strong>terare e opacizzare.<br />

Necropoli di Tor<br />

Vergata, II sec. d.C.<br />

43


Conservazione e<br />

Segreti dei<br />

piùPreziosi<br />

Piccoli<br />

Fig.8 - Pisside (contenitore)<br />

in avorio, frammentata<br />

e incompleta,<br />

dopo la ricomposizione<br />

su un supporto. Nel disegno<br />

è ricostruito graficamente<br />

il tema della figura,<br />

la tragedia di Oreste<br />

che uccide la madre<br />

Clitemnestra. Il colore<br />

scuro dell’avorio è dovuto<br />

<strong>al</strong>l’incendio della<br />

domus, la dimora signorile<br />

sul Celio, dove la<br />

pisside è stata ritrovata.<br />

Fig.9 - Il “Volto d’avorio”<br />

trafugato a Cesano<br />

e recuperato d<strong>al</strong> Nucleo<br />

per la Tutela del<br />

Patrimonio Cultur<strong>al</strong>e<br />

dei Carabinieri. L’opera,<br />

frammentata in varie<br />

parti, è stata ricomposta<br />

e le lacune risarcite con<br />

una miscela di cere per<br />

restituire integr<strong>al</strong>mente<br />

la sua forma.<br />

RESTAURARE: d<strong>al</strong>lo Scavo <strong>al</strong> <strong>Museo</strong> RESTAURARE: d<strong>al</strong>lo Scavo <strong>al</strong> <strong>Museo</strong><br />

abrasioni e tensioni<br />

che provocano<br />

rotture<br />

lungo piani<br />

par<strong>al</strong>leli; inoltre<br />

se subiscono un<br />

forte risc<strong>al</strong>damento,<br />

ad<br />

esempio a<br />

causa di un<br />

incendio, possono scurirsi e divengono fragilissimi (Fig.8).<br />

Gli ornamenti o le perline un tempo collegati o cuciti con fili<br />

tessili o con intrecci veget<strong>al</strong>i si disperdono quando questi si<br />

decompongono nel terreno.<br />

Nelle opere incomplete si ricostruiscono se necessario le parti mancanti:<br />

è il caso della scultura raffigurante il bellissimo volto intagliato<br />

in un’unica zanna di elefante, rinvenuto a<br />

Cesano, vicino a Roma, e trafugato da scavatori<br />

clandestini. Il “Volto d’avorio” è stato recuperato<br />

d<strong>al</strong> Nucleo per la Tutela del Patrimonio Cultur<strong>al</strong>e<br />

dei Carabinieri dopo lunghe indagini e ora fa parte<br />

delle collezioni del <strong>Museo</strong> Nazion<strong>al</strong>e Romano.<br />

L’opera, frammentata, è stata ricomposta e le parti<br />

mancanti ricostruite con una miscela di cere per<br />

ripristinare la continuità form<strong>al</strong>e della scultura (Fig.9).<br />

Natur<strong>al</strong>mente anche le operazioni di restauro delle superfici sulle<br />

qu<strong>al</strong>i sono incisi i dettagli decorativi della glittica sono condotte<br />

sempre con il controllo <strong>al</strong> microscopio.<br />

Le indagini scientifiche<br />

Il restauro è un’occasione per studiare gli oggetti e fare nuove scoperte<br />

sulla loro fabbricazione. Fra le tecniche più frequenti la<br />

radiografia X per esaminare la loro struttura interna e l’osservazio-<br />

ne <strong>al</strong> microscopio elettronico a scansione (Scanning Electron<br />

Microscopy - SEM) per effettuare misure e studiare l’oggetto ad <strong>al</strong>ti<br />

ingrandimenti. Al SEM è accoppiata la microan<strong>al</strong>isi (Energy<br />

Dispersive X-ray Spectroscopy - EDS) e la Fluorescenza a raggi<br />

XRF, che servono a stabilire qu<strong>al</strong>i sono gli elementi chimici presenti<br />

nell’oggetto e in qu<strong>al</strong>e percentu<strong>al</strong>e.<br />

<strong>D<strong>al</strong>lo</strong> <strong>scavo</strong> <strong>al</strong> museo - I gioielli di una fanciulla “speci<strong>al</strong>e”<br />

Alle opere di oreficeria e glittica è dedicata nel <strong>Museo</strong> di P<strong>al</strong>azzo<br />

Massimo <strong>al</strong>le Terme la s<strong>al</strong>a “Il lusso a Roma”. Da dove provengono<br />

questi piccoli e preziosi capolavori? Proviamo a seguire la storia di<br />

<strong>al</strong>cuni di essi, d<strong>al</strong> momento in cui sono stati recuperati sullo <strong>scavo</strong><br />

fino <strong>al</strong>la loro esposizione.<br />

Gli oggetti di v<strong>al</strong>ore nell’ambito archeologico provengono da bottini<br />

di guerra o da tesori nascosti che il proprietario non è più riuscito<br />

a recuperare, ma nella maggior parte dei casi si trovano nei corredi<br />

funerari che accompagnavano i defunti nelle loro tombe. Tra i<br />

rinvenimenti esposti vi è il corredo appartenente a una fanciulla, il<br />

corpo della qu<strong>al</strong>e era stato deposto in un sarcofago di marmo <strong>al</strong>l’interno<br />

di una fossa profonda, ritrovato della necropoli romana di<br />

V<strong>al</strong>lerano, un sobborgo a sud di Roma. Il corredo, ris<strong>al</strong>ente <strong>al</strong> II<br />

secolo d.C., si presenta di eccezion<strong>al</strong>e ricchezza; esso è costituito<br />

da gioielli person<strong>al</strong>i - collane, bracci<strong>al</strong>i, anelli e spille in oro con<br />

smer<strong>al</strong>di, zaffiri, granati, ametista, agata ed un rarissimo diamante<br />

- a cui si aggiungono un porta trucco in argento, spatoline in ambra<br />

e uno specchio sempre in argento riccamente decorato a sb<strong>al</strong>zo con<br />

una rappresentazione mitologica. Fuori d<strong>al</strong> sarcofago sono stati<br />

recuperati una bambolina in avorio in frammenti, le serrature d’argento<br />

e le cerniere di bronzo di due cofanetti.<br />

Il sarcofago è stato trasportato d<strong>al</strong> cantiere archeologico <strong>al</strong>l’interno<br />

del museo, in modo che i restauratori potessero estrarre i<br />

reperti in condizioni di sicurezza. La terra, infiltratasi nel sarcofago<br />

attraverso <strong>al</strong>cune crepe, è stata asportata utilizzando picco-<br />

Conservazione e<br />

Segreti dei<br />

piùPreziosi<br />

44 45<br />

Piccoli


Conservazione e<br />

Segreti dei<br />

piùPreziosi<br />

Piccoli<br />

Fig.10 - Ricostruzione<br />

della sepoltura n. 2<br />

della Necropoli di<br />

V<strong>al</strong>lerano <strong>al</strong> momento<br />

del ritrovamento: i resti<br />

ossei e gli oggetti di<br />

corredo non si trovavano<br />

più nella posizione<br />

origin<strong>al</strong>e, forse per spostamenti<br />

causati d<strong>al</strong>l’acqua<br />

o da qu<strong>al</strong>che<br />

anim<strong>al</strong>e prima che la<br />

terra sigillasse la deposizione<br />

Fig.11 - Ricostruzione<br />

ipotetica dell’acconciatura<br />

a reticella decorata<br />

con migliaia di elementi<br />

in oro trovati sparsi presso<br />

la testa e il petto, in base<br />

<strong>al</strong>la loro posizione rilevata<br />

con indagini ai raggi<br />

X delle zolle di terra<br />

RESTAURARE: d<strong>al</strong>lo Scavo <strong>al</strong> <strong>Museo</strong> RESTAURARE: d<strong>al</strong>lo Scavo <strong>al</strong> <strong>Museo</strong><br />

li utensili, impiegati<br />

con particolare<br />

cautela in<br />

prossimità degli<br />

oggetti interrati,<br />

per liberarne i<br />

contorni e documentare<br />

la loro<br />

posizione (tecnica<br />

del micro<strong>scavo</strong>).<br />

I resti ossei e<br />

gli oggetti di corredo<br />

non si trovavano<br />

più nella<br />

posizione origin<strong>al</strong>e,<br />

forse per<br />

spostamenti causati<br />

d<strong>al</strong>l’acqua o<br />

da qu<strong>al</strong>che anim<strong>al</strong>e<br />

prima che la terra sigillasse la deposizione (Fig.10).<br />

Il restauro del corredo<br />

Dopo il recupero, ha avuto inizio il restauro di tutti i reperti, per<br />

restituire loro leggibilità e interpretarne la funzione. Molto interessante<br />

è stato il ritrovamento di migliaia di minutissime laminette<br />

d’oro di varia lunghezza, sparse nella zona della testa e del petto,<br />

insieme ad <strong>al</strong>tri ornamenti: spir<strong>al</strong>ine, sferette e nastri in oro. L’esame<br />

delle radiografie delle zolle di terra che li contenevano raccolte<br />

durante il micro<strong>scavo</strong> e le osservazioni <strong>al</strong> microscopio elettronico<br />

hanno fatto ipotizzare che i diversi elementi in origine appartenessero<br />

ad una acconciatura a rete, il cui filo è andato distrutto; reticelle<br />

in oro simili sono raffigurate in <strong>al</strong>cune pitture di Pompei (Fig.11).<br />

La pulitura dei gioielli ha rivelato dettagli interessanti: ad esempio,<br />

per incastonare le gemme degli anelli e delle spille sono stati adoperati<br />

dei mastici adesivi in resina veget<strong>al</strong>e (Fig.12); i gioielli venivano<br />

anche modificati, senza sprecare il paziente lavoro dell’orafo:<br />

una delle spille è stata riutilizzata, sul retro si vedono i segni (limati)<br />

di un sistema di un aggancio precedente (Fig.6).<br />

Il restauro dello specchio ha evidenziato la decorazione sb<strong>al</strong>zata ad<br />

<strong>al</strong>torilievo con la raffigurazione del mito dei fratelli Frisso ed Elle,<br />

figli del re di Beozia, in fuga d<strong>al</strong>la casa paterna con il Vello d’Oro,<br />

collegato <strong>al</strong>la fama dei giacimenti auriferi della regione a sud del<br />

Caucaso e <strong>al</strong>la tecnica della raccolta dell’oro su pelli di montone.<br />

Per rappresentare il dettaglio narrativo l’orafo volle applicare una<br />

doratura sul vello del montone, che è stata messa in luce nel corso<br />

della pulitura (Fig.13).<br />

Un intervento particolarmente<br />

laborioso di ricomposizione, infine,<br />

ha richiesto il restauro della<br />

bambolina d’avorio, frammentata<br />

in parti minute (Fig.15).<br />

Tutti i gioielli e gli <strong>al</strong>tri elementi<br />

di corredo sono presentati<br />

nella ricostruzione grafica della<br />

sepoltura re<strong>al</strong>izzata <strong>al</strong> termine<br />

del restauro. Si tratta natur<strong>al</strong>mente<br />

di un’ipotesi, ma è fondata<br />

sui dati di ritrovamento: la<br />

ragazza indossava collane di diversa lunghezza, numerosi anelli<br />

<strong>al</strong>le dita delle mani, bracci<strong>al</strong>i, spille con gemme incise. Il tipo di<br />

fattura dei gioielli e il modo di indossarli richiamano <strong>al</strong>la mente<br />

<strong>al</strong>tre immagini femminili, come quelle scolpite nella medesima<br />

epoca nei busti di signore aristocratiche ritrovati nella città carovaniera<br />

di P<strong>al</strong>mira, crocevia siriano delle vie commerci<strong>al</strong>i, dove transitavano<br />

anche le merci preziose. Si è ipotizzato che forse la ragazza,<br />

sepolta con un ritu<strong>al</strong>e così speci<strong>al</strong>e, appartenesse a una delle<br />

Conservazione e<br />

Segreti dei<br />

piùPreziosi<br />

46 47<br />

Piccoli<br />

Fig.12 - Anello in oro<br />

con smer<strong>al</strong>do. La<br />

gemma, collocata in<br />

una piccola guaina<br />

d’oro, è fissata dentro<br />

l’anello con una resina<br />

veget<strong>al</strong>e. Necropoli di<br />

V<strong>al</strong>lerano, II sec. d.C.<br />

Fig.13 - Lo specchio di argento con la raffigurazione ad <strong>al</strong>torilievo<br />

del mito di Frisso ed Elle e del Vello d’oro prima e dopo il restauro.<br />

Sulla superficie del corpo dell’anim<strong>al</strong>e l’an<strong>al</strong>isi chimica ha confermato<br />

la presenza della doratura origin<strong>al</strong>e in am<strong>al</strong>gama di mercurio


Conservazione e<br />

Segreti dei<br />

piùPreziosi<br />

Piccoli<br />

Fig.14 - Ricostruzione<br />

ipotetica della tomba<br />

della fanciulla con tutti<br />

gli elementi di corredo<br />

<strong>al</strong> termine del restauro.<br />

In basso a destra una<br />

scultura raffigurante<br />

una dama aristocratica<br />

che indossa i suoi gioielli,<br />

ritrovata nella<br />

città siriana di P<strong>al</strong>mira<br />

RESTAURARE: d<strong>al</strong>lo Scavo <strong>al</strong> <strong>Museo</strong> RESTAURARE: d<strong>al</strong>lo Scavo <strong>al</strong> <strong>Museo</strong><br />

dispositivi di fissaggio,<br />

suggerire<br />

interpretazioni sul<br />

loro aspetto origin<strong>al</strong>e<br />

e permettere<br />

il godimento della<br />

loro millenaria bellezza.<br />

(Fig.15).<br />

Fig.15 - P<strong>al</strong>azzo Massimo <strong>al</strong>le Terme, s<strong>al</strong>a “Il<br />

lusso a Roma”: la vetrina contenente la bambola<br />

(nel riquadro prima del restauro), le spille e i bracci<strong>al</strong>i<br />

del corredo di V<strong>al</strong>lerano<br />

varie comunità di orient<strong>al</strong>i stabilitasi a Roma e occupate<br />

in scambi commerci<strong>al</strong>i verso l’Asia (Fig.14).<br />

L’esposizione<br />

L’attenzione per gli aspetti conservativi non si esaurisce<br />

con il restauro. Il corredo è stato esposto nella<br />

s<strong>al</strong>a, collocando gli oggetti nelle vetrine progettate<br />

per l’isolamento d<strong>al</strong>la polvere, dotate di impianti di<br />

sicurezza contro i furti e di apparati di condizionamento<br />

e di controllo del clima interno adatti a fornire<br />

<strong>al</strong>le opere condizioni di benessere. I gioielli, lo specchio,<br />

la bambola e gli ornamenti della reticella sono<br />

esposti su supporti progettati<br />

su misura per garantire<br />

loro stabilità con adeguati<br />

Conservazione e<br />

Segreti dei<br />

piùPreziosi<br />

48 49<br />

Piccoli<br />

Testi Conservazione e segreti dei preziosi più piccoli, schede tecniche L’Oreficeria e La glittica: Ida Anna Rapinesi - Jarmila Polakova<br />

Referenze:<br />

Restauri: Jarmila Polakova, Ida Anna Rapinesi (SSBAR), Paola Donati, Elisabetta Prunas (ISCR).<br />

Fotografie: Archivio SAR, Mario Letizia, Jarmila Polakova, Ida Anna Rapinesi. Nella scheda tecnica L’Orificeria, le immagini<br />

in Fig.2 e 5 sono tratte da Edilberto Formigli e Gerhard Nestler, Granulazione etrusca, Siena, 1994<br />

Disegni ed elaborazioni grafiche digit<strong>al</strong>i: Bruno Brunetti, Mariella Guarnaccia, Elisabetta Stinco, Alessandro Lisandri<br />

Schemi: Fig.1: elaborazione tratta da R. Bertholon, C. Relier - Les métaux archéologiques in La conservation en archéologie,<br />

M.C. Berducou, Parigi (1990); scheda tecnica L’Orificeria, Fig.3: da J. Ogden, Jewellery of the Ancient World, Londra, 1982.<br />

Indagini scientifiche: Daniela Ferro, Stella Nunziante Cesaro, Mario Piacentini, CNR, Roma.


Cristina Robotti<br />

Marilena Pagliaro<br />

RESTAURARE: d<strong>al</strong>lo Scavo <strong>al</strong> <strong>Museo</strong> RESTAURARE: d<strong>al</strong>lo Scavo <strong>al</strong> <strong>Museo</strong><br />

Il<br />

Ritorno del<br />

Passato<br />

Restaurare il vetro e le ceramiche<br />

Il vetro<br />

Cenni sulle sue caratteristiche e sulle tecniche<br />

di fabbricazione.<br />

Il vetro è una materia meravigliosa che ha occupato e occupa sempre<br />

un posto nel mondo delle arti. E’ una fusione, ad <strong>al</strong>tissime temperature<br />

(dai 1200 ai 1600 gradi) di vari elementi: i costruttori di<br />

reticolo (per lo più costituiti da sabbia silicea); i modificatori di<br />

reticolo (carbonato di soda o di potassio); gli stabilizzatori di reticolo<br />

(carbonato di c<strong>al</strong>cio), ai qu<strong>al</strong>i vengono aggiunti dei componenti<br />

come gli affinati che migliorano la lucentezza e l’omogeneità, nonché<br />

gli ossidi met<strong>al</strong>lici che funzionano da coloranti, od anche da<br />

decolorante nonché da opacizzanti.<br />

I prodotti vitrei sono largamente usati in campi diversi essenzi<strong>al</strong>mente<br />

per la loro modellabilità <strong>al</strong>lo stato fuso, per la trasparenza<br />

(qu<strong>al</strong>ità che in <strong>al</strong>cuni tipi può anche mancare), per la durezza e la<br />

resistenza <strong>al</strong>la corrosione.<br />

Secondo una leggenda, tramandata da Plinio, si narrava che <strong>al</strong>cuni<br />

mercanti Fenici, per preparare delle vivande, accesero un fuoco<br />

sulla spiaggia del fiume Belo, in Siria, utilizzando dei blocchi di<br />

carbonato di soda (s<strong>al</strong>nitro), e notarono che la sabbia si scioglieva<br />

in una nuova materia trasparente: il vetro. La leggenda contiene<br />

delle verità sulla composizione del vetro e sulla diffusione di questo<br />

materi<strong>al</strong>e ad opera dei Fenici. I più antichi manufatti vitrei comparvero<br />

in Mesopotamia, verso la metà del III millennio a.C., sotto<br />

forma di perline per collane, sigilli, placche.<br />

Le più antiche tecniche permettevano soltanto la produzione di<br />

oggetti di piccole dimensioni, ed erano destinati soprattutto ad usi<br />

ritu<strong>al</strong>i od ornament<strong>al</strong>i.<br />

L’arte del vetro si diffonde rapidamente in Egitto e lungo le sponde<br />

del Mediterraneo orient<strong>al</strong>e; i centri di produzione si moltiplicano.<br />

La prima tecnica adottata è<br />

quella detta a colatura; questo<br />

procedimento prevede che il<br />

vetro fuso venga versato in uno<br />

stampo e lasciato raffreddare,<br />

quindi solidificare (Fig.1).<br />

Un avvenimento decisivo, nella<br />

storia del vetro, è costituito<br />

d<strong>al</strong>l’invenzione del metodo<br />

della soffiatura, avvenuto <strong>al</strong>la<br />

fine del I secolo a.C., in Siria.<br />

Il metodo del vetro soffiato prevede<br />

la lavorazione di una quantità<br />

del vetro fuso, raccolto sull’estremità di un tubo met<strong>al</strong>lico cavo, la<br />

canna da soffio e il vetraio, soffiando d<strong>al</strong>l’<strong>al</strong>tra estremità, modella l’oggetto<br />

che verrà poi raffreddato consolidando così la sua forma.<br />

Durante l’Impero Romano la produzione e l’utilizzo del vetro ha un<br />

forte sviluppo: viene ideata la tecnica della soffiatura dentro stampi,<br />

si diffondono oggetti e contenitori decorativi e, per la prima<br />

volta, inizia la produzione dei pannelli di vetro per le finestre.<br />

Sono i Romani che incominciano ad introdurre il vetro nell’architettura;<br />

gli edifici pubblici e le ville più ricche sono abbelliti e<br />

impreziositi d<strong>al</strong>l’utilizzo di questo materi<strong>al</strong>e, ormai prodotto in<br />

forme e colori diversi. I veneziani, grandi commercianti e navigatori,<br />

appresero d<strong>al</strong>la Siria l’arte del vetro e nel X secolo sorsero a<br />

Venezia i primi laboratori vitrei.<br />

Murano resta ancora oggi a testimonianza di quel periodo.<br />

Il<br />

Ritornodel Passato<br />

Fig.1 - Le più antiche<br />

tecniche permettevano<br />

soltanto la produzione<br />

di oggetti di piccole<br />

dimensioni, ed erano<br />

destinati soprattutto<br />

ad usi ritu<strong>al</strong>i od ornament<strong>al</strong>i.<br />

50 51


Il<br />

Ritornodel 52<br />

Passato<br />

Fig.2 - Manufatto<br />

vitreo prima e dopo il<br />

restauro<br />

RESTAURARE: d<strong>al</strong>lo Scavo <strong>al</strong> <strong>Museo</strong> RESTAURARE: d<strong>al</strong>lo Scavo <strong>al</strong> <strong>Museo</strong><br />

Sul restauro dei manufatti vitrei<br />

Una delle caratteristiche s<strong>al</strong>ienti del vetro è anche la sua fragilità.<br />

Ecco perché molte delle testimonianze artistiche re<strong>al</strong>izzate con<br />

questo stupefacente materi<strong>al</strong>e ci è pervenuto in stato frammentario.<br />

In ogni modo, prima di procedere ad un intervento di restauro di un<br />

manufatto vitreo, in genere si eseguono indagini diagnostiche sia<br />

per v<strong>al</strong>utare<br />

le sue condizioniconservative,<br />

sia per individuare<br />

le<br />

cause che<br />

hanno procurato<br />

danni<br />

<strong>al</strong>l’oggetto,<br />

<strong>al</strong> termine di<br />

ciò si sceglie il tipo di restauro, utilizzando strumenti, prodotti ed<br />

apparecchiature adatti (Fig.2).<br />

Molte cause di degradazione del vetro vanno ricercate nel processo<br />

di fabbricazione, per esempio nei difetti di composizione (come<br />

eccessiva presenza di sodio o di potassio, od anche squilibrata presenza<br />

di c<strong>al</strong>cio), oppure ad una temperatura inadeguata raggiunta<br />

durante la fusione.<br />

Il vetro antico è una materia instabile e molto fragile, col tempo<br />

tende a liberare <strong>al</strong>c<strong>al</strong>i presenti nella sua composizione. Essi si presentano<br />

sottoforma di sottili strati superfici<strong>al</strong>i iridescenti, sovrapposti<br />

ed irregolari, che danno luogo a fenomeni di esfoliazione. Infatti,<br />

il vetro è estremamente sensibile <strong>al</strong>l’umidità, quindi se l’ambiente<br />

che lo circonda risulta essere particolarmente aggressivo, esso può<br />

degradarsi con grande facilità. Appunto, una delle più comuni<br />

forme di <strong>al</strong>terazione e di degrado del vetro è quella che, a seguito<br />

di trasformazioni chimiche dovute <strong>al</strong>l’interazione dei componenti<br />

vitrei con l’ambiente, determina la<br />

formazione di iridescenze.<br />

Un’<strong>al</strong>tra causa di degrado è dovuto<br />

<strong>al</strong>la tendenza della struttura amorfa<br />

del vetro <strong>al</strong>la crist<strong>al</strong>lizzazione, questa<br />

<strong>al</strong>terazione è detta anche devetrificazione<br />

la qu<strong>al</strong>e genera forti<br />

tensioni, provocando piccole fessure<br />

e fratture <strong>al</strong>l’oggetto.<br />

Il procedimento del restauro di un<br />

manufatto vitreo richiede molta<br />

attenzione, delicatezza e pazienza, e ciò per non compromettere<br />

irreparabilmente l’oggetto, così fragile ed instabile.<br />

Le fasi operative nel restauro sono essenzi<strong>al</strong>mente le seguenti: la<br />

pulitura, l’incollaggio e l’integrazione.<br />

Pulitura: è un’operazione che va eseguita con molta delicatezza a<br />

causa della quasi costante presenza di strati superfici<strong>al</strong>i iridescenti<br />

e delle microfessure causate d<strong>al</strong>la<br />

devetrificazione (Fig.3). Gli interventi<br />

di pulitura possono essere di<br />

tipo meccanico (mediante uso di<br />

bisturi, pennelli morbidi, strumenti<br />

di legno) e di tipo chimico (tramite<br />

solventi organici, oppure mediante<br />

soluzioni miste contenenti percentu<strong>al</strong>i<br />

di acqua, <strong>al</strong>cool ed acetone).<br />

Incollaggio: quando il manufatto si<br />

trova in stato frammentario, si procede<br />

<strong>al</strong>la ricomposizione dei frammenti<br />

(Figg.4-5) tenendoli prima uniti con qu<strong>al</strong>che goccia d’adesivo di rapida<br />

presa (adesivi di tipo ciano-acrilico) e, successivamente, incollandoli<br />

definitivamente con infiltrazioni, lungo i margini delle fratture, di<br />

una resina ad <strong>al</strong>to potere adesivo (in genere di tipo epossidico) (Fig.6).<br />

Il<br />

Ritornodel Passato<br />

Fig.3 - Vetro dopo la<br />

pulitura dei frammenti<br />

e prima della ricerca<br />

degli attacchi<br />

Fig.4 - Vetro durante la<br />

ricerca degli attacchi<br />

53


Il<br />

Ritornodel Passato<br />

Fig.5 - Vetro durante la<br />

ricerca degli attacchi<br />

Fig.6 - Alcuni momenti<br />

della ricomposizione<br />

RESTAURARE: d<strong>al</strong>lo Scavo <strong>al</strong> <strong>Museo</strong> RESTAURARE: d<strong>al</strong>lo Scavo <strong>al</strong> <strong>Museo</strong><br />

Integrazione: se <strong>al</strong>l’oggetto mancano dei frammenti,<br />

si può procedere <strong>al</strong>l’integrazione. E’ un’operazione<br />

un po’ complessa a seconda delle dimensioni<br />

delle lacune, della posizione di queste e della<br />

forma dell’oggetto da integrare. Nei casi più semplici<br />

basta colare la stessa resina usata per l’incollaggio<br />

su di un supporto (in genere re<strong>al</strong>izzato in cera)<br />

che ha la stessa sagoma della parte mancante,<br />

applicato ad un solo lato della medesima e si attende<br />

l’indurimento della resina a seguito del processo<br />

di cat<strong>al</strong>izzazione. La resina deve essere isolata d<strong>al</strong><br />

supporto e non deve aderire a questo; in genere per<br />

questo scopo viene utilizzata cera per dentisti di<br />

facile lavorabilità e di adeguata impermeabilità.<br />

Nei casi più complessi, si modellano - sempre con cera per dentisti -<br />

due v<strong>al</strong>ve-paratie che seguono le forme della parte mancante, una<br />

di queste si posiziona nell’area interna della lacuna, l’<strong>al</strong>tra<br />

<strong>al</strong>l’esterno. Lo spazio della mancanza presente tra le due v<strong>al</strong>veparatie<br />

viene poi colmato con una colata di resina molto fluida la<br />

qu<strong>al</strong>e, con aggiunta di un’appropriata dose di cat<strong>al</strong>izzatore, indurisce<br />

in circa 24 ore. Viene così ricostruita l’area mancante.<br />

La resina usata per le integrazioni è, in genere, trasparente; se l’oggetto<br />

da completare presenta una colorazione, si aggiungono <strong>al</strong>la<br />

resina dei pigmenti (colori),<br />

per adattarsi meglio <strong>al</strong> tono del<br />

vetro antico. Infine, le superfici<br />

delle parti mancanti così<br />

ricostruite - una volta liberate<br />

d<strong>al</strong>le v<strong>al</strong>ve-paratie in<br />

cera - possono essere ulteriormente<br />

rifinite<br />

mediante l’impiego di trapani<br />

e carte abrasive sino ad<br />

ottenere l’effetto di lucentezza<br />

e di trasparenza desiderati.<br />

La ceramica<br />

L’argilla è la materia prima della ceramica, composta da vari<br />

miner<strong>al</strong>i che si trovano sulla superficie terrestre e che durante la<br />

loro evoluzione hanno subito delle trasformazioni a causa di<br />

aumenti di temperatura, pressioni nelle profondità della crosta<br />

terrestre, e dando luogo a diverse classificazioni a seconda del<br />

materi<strong>al</strong>e che hanno inglobato. Queste sostanze acquisite sono<br />

importanti perché caratterizzano le argille; a questo, vanno<br />

aggiunte le modifiche che il vasaio apporta durante la lavorazione<br />

e le ulteriori trasformazioni che avvengono nell’argilla durante<br />

la cottura.<br />

Ricapitolando per “argilla” possiamo intendere una sostanza dotata<br />

di plasticità che sotto l’azione delle mani può assumere forme<br />

diverse e che si compatta fortemente per azione del c<strong>al</strong>ore. Durante<br />

la cottura avvengono, infatti, trasformazioni di natura chimica e fisica,<br />

tutti i miner<strong>al</strong>i contenuti nell’impasto si am<strong>al</strong>gamano tra loro<br />

dando luogo a colorazioni differenziate (ciò anche per l’azione dell’ambiente<br />

di cottura).<br />

Nell’antichità l’argilla veniva modellata soprattutto a mano; la tec-<br />

Il<br />

Ritornodel Passato<br />

54 55


Il<br />

Ritornodel 56<br />

Passato<br />

Fig.7 - Le popolazioni<br />

antiche usavano la<br />

ceramica per costruire<br />

suppellettili da fuoco,<br />

fornelli, pentole, stoviglie,<br />

tegole e vasi di<br />

vario tipo e forma.<br />

RESTAURARE: d<strong>al</strong>lo Scavo <strong>al</strong> <strong>Museo</strong> RESTAURARE: d<strong>al</strong>lo Scavo <strong>al</strong> <strong>Museo</strong><br />

nica più comune era quella detta a “lucignolo”, chiamata anche a<br />

“colombino”, caratterizzata da più o meno lunghi spaghetti o cordoli<br />

i qu<strong>al</strong>i, sovrapposti uno sull’<strong>al</strong>tro, vengono s<strong>al</strong>dati insieme<br />

fino ad ottenere la forma voluta. Con la scoperta del tornio,<br />

che è formato da un disco piatto e rotondo che ruota liberamente<br />

su un asse vertic<strong>al</strong>e di sostegno ancorato <strong>al</strong> terreno,<br />

il vasaio può re<strong>al</strong>izzare forme più difficili e più precise.<br />

Dopo la modellazione l’oggetto veniva fatto essiccare<br />

<strong>al</strong>l’aria e, successivamente, cuocere in forni molto artigian<strong>al</strong>i,<br />

cioè buche poco profonde coperte da frasche e sterco,<br />

e solo a raffreddamento avvenuto i vasi venivano estratti.<br />

Le popolazioni antiche usavano la ceramica per costruire<br />

suppellettili da fuoco, fornelli, pentole, stoviglie, tegole e<br />

vasi di vario tipo e forma (Fig.7). Comunque, le prime ceramiche<br />

tendevano ad imitare oggetti met<strong>al</strong>lici sia per le forme<br />

che per le decorazioni e, in parte, per i colori. In ogni caso, con<br />

il passare degli anni, le tecniche si sono raffinate fino ad arrivare<br />

<strong>al</strong> conseguimento di risultati ricercati – anche tramite la modellazione<br />

a c<strong>al</strong>co – permettendo così una lavorazione in serie, con il<br />

vantaggio di produzioni sempre più complesse e raffinate oltre che<br />

numericamente cospicue.<br />

Oggi, in tempi moderni, possiamo trovare tracce di ciò t<strong>al</strong>volta emergenti<br />

d<strong>al</strong> terreno.<br />

Infatti, anche camminando<br />

nei campi<br />

appena arati, può<br />

capitare di imbatterci<br />

in resti fittili che affiorano<br />

(in questi casi è<br />

opportuno segn<strong>al</strong>are i<br />

ritrovamenti <strong>al</strong>la<br />

Soprintendenza loc<strong>al</strong>e<br />

<strong>al</strong>lo scopo di promuo-<br />

vere una campagna di <strong>scavo</strong> integrando così dati storici circa la<br />

presenza di una città o di una necropoli con i rinvenimenti fortuiti).<br />

Al momento del ritrovamento<br />

di un corredo<br />

tomb<strong>al</strong>e è importante<br />

prima di tutto un<br />

esame glob<strong>al</strong>e del suo<br />

contenuto (Fig.8). In<br />

queste situazioni risulta <strong>al</strong>quanto probabile ritrovare suppellettili<br />

in ceramica. Per t<strong>al</strong>i reperti è necessaria una solida conoscenza<br />

della tecnologia della ceramica, intendendo con questo termine lo<br />

studio delle trasformazioni cui vengono sottoposte le materie prime<br />

durante la lavorazione.<br />

I reperti fittili che sono rimasti sotto terra per secoli a contatto con<br />

acqua del terreno e che in seguito <strong>al</strong>le escursioni termiche hanno<br />

subito delle trasformazioni, possono con facilità essersi fratturati,<br />

fessurati e ricoperti da incrostazioni di diverso genere a seconda del<br />

tipo di terreno che li ricoprivano. E’ come se avessero delle “ferite”,<br />

che possono guarire dopo cure adeguate e con l’apporto di mani<br />

esperte (Figg.9-10).<br />

A questo punto interviene il restauratore, figura profession<strong>al</strong>e per<br />

molti aspetti simile <strong>al</strong> medico ortopedico, che dopo aver v<strong>al</strong>utato i<br />

Il<br />

Ritornodel Passato<br />

Fig.8 - Al momento del<br />

ritrovamento di un corredo<br />

tomb<strong>al</strong>e è importante<br />

prima di tutto un<br />

esame glob<strong>al</strong>e del suo<br />

contenuto<br />

Fig.9 - Reperto fettile <strong>al</strong><br />

momento del ritrovamento<br />

e dopo il restauro<br />

57


Il<br />

Ritornodel 58<br />

Passato<br />

Fig.10 - Frammenti di<br />

lastre decorative<br />

Fig.11 - Nel caso in cui<br />

l’oggetto fosse umido, lo<br />

si lascia asciugare lentamente;<br />

poi si passa<br />

<strong>al</strong>la pulitura che va<br />

effettuata manu<strong>al</strong>mente<br />

usando il bisturi<br />

RESTAURARE: d<strong>al</strong>lo Scavo <strong>al</strong> <strong>Museo</strong> RESTAURARE: d<strong>al</strong>lo Scavo <strong>al</strong> <strong>Museo</strong><br />

danni si mette <strong>al</strong>l’opera per seguire la cura<br />

idonea, cominciando da un esame dell’oggetto<br />

- se vi sono decorazioni, se è integro o in<br />

frammenti, oppure se vi sono <strong>al</strong>tri tipi di<br />

degrado - e cerca di capirne la natura dei<br />

depositi che si notano sulle superfici. Nel<br />

caso in cui l’oggetto fosse umido, quindi<br />

fragile <strong>al</strong>la minima pressione, lo si lascia<br />

asciugare lentamente (Fig.11); si passa,<br />

poi, <strong>al</strong>la pulitura che va effettuata manu<strong>al</strong>mente<br />

usando il bisturi per eliminare tutto<br />

lo sporco ed il terriccio che si sono depositati<br />

sulla superficie. T<strong>al</strong>volta questi depositi<br />

sono molto duri e si deve, in <strong>al</strong>cuni casi,<br />

ricorrere anche a prodotti chimici (sempre<br />

v<strong>al</strong>utando prima se è proprio necessario e<br />

come questi vadano applicati).<br />

Al termine del procedimento di pulitura, il<br />

restauratore v<strong>al</strong>uterà se si rende necessario effettuare un consolidamento<br />

- tramite applicazione di specifici prodotti rinforzanti - <strong>al</strong>lo<br />

scopo di ridare consistenza e solidità <strong>al</strong>la materia ceramica danneggiatasi<br />

per causa degli<br />

agenti di degrado.<br />

In presenza di reperti fittili<br />

fratturati, questi vanno<br />

prima puliti (frammento<br />

per frammento) e poi<br />

incollati con idoneo adesivo<br />

fino a ricomporre l’oggetto.<br />

Questa è una fase<br />

delicata, perché a volte la “chiusura” non è perfetta perché l’oggetto<br />

quando si frattura perde la sua coesione struttur<strong>al</strong>e, inoltre,<br />

le forti pressioni, determinate d<strong>al</strong>la terra soprastante, posso-<br />

no provocare tensioni che portano a deformazioni.<br />

Spesso si nota che vasi provenienti da contesti archeologici manifestino<br />

delle “lacune” (<strong>al</strong>cune parti vengono a mancare; si notano,<br />

quindi, delle<br />

cavità, dei veri e<br />

propri “buchi”<br />

sulla superficie)<br />

(Fig.12). Sta <strong>al</strong><br />

restauratore, in<br />

accordo con l’archeologo,v<strong>al</strong>utare<br />

se è il caso di<br />

colmare queste<br />

mancanze con<br />

idoneo materi<strong>al</strong>e<br />

(qu<strong>al</strong>e può essere, per esempio, il gesso<br />

bianco che potrà essere poi dipinto di un<br />

colore più chiaro rispetto a quello della<br />

ceramica e ciò per far notare, ma senza<br />

troppo contrasto, la differenza fra origin<strong>al</strong>e<br />

e parte ricostruita).<br />

Ovverosia con applicazione, tramite pennelli<br />

e spazzolini, di piccoli punti di vari<br />

colori acrilici si può cercare di armonizzare<br />

meglio la tinta mancante, integrata<br />

con il colore della ceramica origin<strong>al</strong>e.<br />

Il<br />

Ritornodel Passato<br />

Fig.12 - Spesso si nota<br />

che vasi provenienti da<br />

contesti archeologici<br />

manifestino delle “lacune”<br />

(<strong>al</strong>cune parti vengono<br />

a mancare)<br />

59


Debora Papetti<br />

Adriano Casagrande<br />

Annunziata D’Elia<br />

Fig.1 - Spesso<br />

l’archeologo non è tanto<br />

fortunato da trovare<br />

una grande scultura<br />

intera ma la<br />

trova in frammenti<br />

grandi e piccoli<br />

RESTAURARE: d<strong>al</strong>lo Scavo <strong>al</strong> <strong>Museo</strong> RESTAURARE: d<strong>al</strong>lo Scavo <strong>al</strong> <strong>Museo</strong><br />

Ridare<br />

vita <strong>al</strong>le<br />

Sculture<br />

Dopo aver trovato e recuperato una scultura in pietra, l’archeologo<br />

la consegna <strong>al</strong> restauratore portandola nel suo laboratorio.<br />

Per restaurare opere in pietra è necessario lavorare in un ambiente<br />

spazioso dotato di attrezzature di vario<br />

tipo quasi come in un’officina. Spesso<br />

l’archeologo non è tanto fortunato da<br />

trovare una scultura intera ma la trova<br />

in frammenti grandi e piccoli, spesso<br />

privi di parti<br />

importanti<br />

(Fig.1).<br />

Al restauratore spetta il compito di riassemblare le parti restituendo<br />

integrità <strong>al</strong>l’opera per poi poterla esporre nel museo.<br />

Ovviamente prima dovrà studiarla bene e documentare i frammenti<br />

o l’opera con fotografie e disegni, rimuovere con la pulitura tutto<br />

ciò che occulta la superficie del marmo, adoperarsi, se necessario,<br />

per ridare compattezza <strong>al</strong>la materia che, dopo tanto tempo trascorso<br />

sotto terra, può essere diventata tanto fragile da sbriciolarsi facilmente<br />

ed infine riassemblare le parti e integrare o ricostruire ciò<br />

che manca, se è possibile, con materi<strong>al</strong>i idonei e reversibili.<br />

I frammenti o l’opera integra arrivano in laboratorio coperti della<br />

terra di giacitura e quasi sempre lasciano intravedere solo in <strong>al</strong>cuni<br />

punti la superficie bianca della pietra (Fig.2). Gradu<strong>al</strong>mente con<br />

strumenti come il bisturi, proprio<br />

quello che usa il chirurgo,<br />

e pennelli e spazzolini si<br />

rimuove il grosso della terra<br />

con grande delicatezza<br />

(Fig.3). Ora possiamo osservare<br />

le superfici meglio, è il<br />

momento di fotografare i pezzi<br />

e cercare di scoprire tutti i<br />

segni delle tecniche antiche<br />

come le tracce di colore, sempre<br />

estremamente fragili e<br />

nascoste tra le pieghe dei panneggi;<br />

se siamo troppo aggressivi<br />

potremmo cancellarle e perdere così una<br />

testimonianza molto importante. Si procede con<br />

cautela utilizzando vari metodi e tecniche.<br />

L’acqua è di grande aiuto poichè ammorbidisce<br />

molto bene i depositi terrosi unita a strumenti<br />

meccanici simili a quelli che usa il dentista per<br />

curarci i denti. Così si possono rimuovere con<br />

una certa facilità anche le piccole tracce delle<br />

radici delle piante rimaste sulle superfici. Nel<br />

laboratorio esiste anche una cabina dove i frammenti<br />

o le opere intere possono essere sottoposte a getti d’acqua<br />

continui, con intensità regolabili con cui, in molti casi, si riesce ad<br />

ottenere un buon livello di pulitura. Se il restauratore si rende conto<br />

che la materia è troppo fragile da sopportare una pulitura si ferma<br />

e procede con il consolidamento per non perdere neanche pochi<br />

crist<strong>al</strong>li o piccole parti. Si sottopone la pietra a imbibizioni di resine<br />

sintetiche in soluzione che le ridonano compattezza e solidità<br />

Ridare<br />

vita <strong>al</strong>le<br />

Sculture<br />

Fig.2 - I frammenti o<br />

l’opera integra arrivano<br />

in laboratorio coperti<br />

della terra di giacitura<br />

e quasi sempre lasciano<br />

intravedere solo in <strong>al</strong>cuni<br />

punti la superficie<br />

bianca della pietra<br />

60 61


Ridare<br />

vita <strong>al</strong>le<br />

Sculture<br />

Fig.3 - Gradu<strong>al</strong>mente<br />

con strumenti come il<br />

bisturi, proprio quello che<br />

usa il chirurgo, pennelli<br />

e spazzolini si rimuove il<br />

grosso della terra con<br />

grande delicatezza<br />

Fig.4 - T<strong>al</strong>volta col passare<br />

degli anni sulla<br />

pietra che giace sotto<br />

terra così a lungo si può<br />

formare uno spesso strato<br />

durissimo di c<strong>al</strong>care<br />

simile per consistenza,<br />

materia e aspetto <strong>al</strong><br />

guscio delle conchiglie<br />

RESTAURARE: d<strong>al</strong>lo Scavo <strong>al</strong> <strong>Museo</strong> RESTAURARE: d<strong>al</strong>lo Scavo <strong>al</strong> <strong>Museo</strong><br />

immergendo le parti o passando il consolidante a spruzzo o a pennello.<br />

T<strong>al</strong>volta col passare degli anni sulla pietra che giace sotto terra così<br />

a lungo si può formare uno spesso strato durissimo<br />

di c<strong>al</strong>care simile per consistenza, materia e aspetto<br />

<strong>al</strong> guscio delle conchiglie (Fig.4). Allora è necessario<br />

intervenire con mezzi più energici per rimuovere<br />

questo spesso strato che non lascia vedere la<br />

superficie liscia della pietra. Con grande attenzione<br />

e delicatezza si arriva, assottigliando lo strato di<br />

c<strong>al</strong>care da rimuovere, fino ad intravedere la superficie<br />

della scultura. A questo punto si lavora con<br />

maggior lentezza e accortezza per riuscire ad ottenere una completa<br />

pulitura e <strong>al</strong> contempo la perfetta conservazione della materia<br />

costitutiva dell’opera. Per rimuovere strati di incrostazioni c<strong>al</strong>caree<br />

si utilizzano sc<strong>al</strong>pelli, trapani a percussione, microtrapani abrasivi<br />

e quando lo strato è più sottile ablatori ad ultrasuoni ... lo strumento<br />

del dentista!, ed ancora microsabbiatrici di precisione, ossia piccoli<br />

puntatori che emettono a pressione sabbie finissime colpendo<br />

la superficie e sbriciolandola (Fig.5).<br />

E’ molto importante che il restauratore sappia quando fermarsi con<br />

la pulitura perché se pure è necessario restituire <strong>al</strong>la piena visibilità<br />

le superfici della scultura è pure molto apprezzabile che sappia<br />

conservare la “patina” antica della pietra cioè quel leggerissimo<br />

velo che copre le superfici ed è testimone della sua storia.<br />

Quando le parti sono pulite e perciò ben leggibili si pone il<br />

problema di ricomporre la scultura (Fig.6).<br />

Si deve decidere se è sufficiente rincollare semplicemente<br />

i frammenti oppure inserire dei<br />

perni in acciaio per rinforzare gli incollaggi.<br />

Questo dipende ovviamente d<strong>al</strong>la grandezza dei<br />

pezzi , d<strong>al</strong> loro peso, d<strong>al</strong>la forma. Come adesivo<br />

vengono utilizzate colle molto forti come le<br />

resine epossidiche poiché un frammento di<br />

pietra per quanto piccolo ha sempre un certo peso. Nell’incollare il<br />

restauratore si preoccupa sempre di pensare <strong>al</strong> giorno in cui qu<strong>al</strong>-<br />

cun <strong>al</strong>tro avesse necessità di rimuovere quell’incollaggio perciò,<br />

preventivamente, stende a pennello una sostanza che isola la pietra<br />

d<strong>al</strong>la resina; così facendo, in futuro, con poco sforzo e senza rovinare<br />

la pietra le parti potranno essere nuovamente separate. Gli interventi<br />

del restauratore devono essere sempre<br />

reversibili.<br />

Nel caso in cui si debbano assemblare<br />

parti grandi o braccia sporgenti o teste si<br />

inseriscono <strong>al</strong>l’interno della pietra dei<br />

perni in acciaio. Si sceglie proprio l’acciaio<br />

poiché è un materi<strong>al</strong>e molto “simile” <strong>al</strong>la<br />

pietra. Sappiamo infatti che ogni materi<strong>al</strong>e<br />

per quanto appaia privo di vita in re<strong>al</strong>tà reagisce<br />

a stimoli esterni come il forte c<strong>al</strong>ore in<br />

qu<strong>al</strong>che modo, per esempio espandosi o contraendosi e aumentando<br />

o riducendo il suo volume. In questo caso sappiamo ancora<br />

che l’acciaio sottoposto <strong>al</strong> forte c<strong>al</strong>ore si dilata in modo simile<br />

<strong>al</strong>la pietra, ed inoltre non si corrode come il ferro che forma la ruggine<br />

e si gonfia. La nostra scultura non rischierà così di spaccarsi<br />

nel tempo come succedeva quando si inserivano grossi perni in<br />

ferro o di <strong>al</strong>tri materi<strong>al</strong>i come bronzo od ottone. Questa fase del<br />

restauro è molto delicata, richiede grande precisione ed un progetto<br />

dettagliato. Si scelgono i punti precisi da forare e la grandezza e<br />

Ridare<br />

vita <strong>al</strong>le<br />

Sculture<br />

Fig.5 - Per rimuovere<br />

strati di incrostazioni c<strong>al</strong>caree<br />

si utilizzano sc<strong>al</strong>pelli,<br />

trapani a percussione,<br />

microtrapani abrasivi e<br />

quando lo strato è più<br />

sottile ablatori ad ultrasuoni<br />

Fig.6 - Quando le<br />

parti sono pulite e<br />

perciò ben leggibili si<br />

pone il problema di<br />

ricomporre la scultura<br />

62 63


Ridare<br />

vita <strong>al</strong>le<br />

Sculture<br />

Fig.7 - Per eseguire<br />

correttamente i fori è<br />

molto importante aiutarsi<br />

con strumenti di<br />

precisione come metri,<br />

squadre, compassi, fili a<br />

piombo e livelle laser<br />

Fig.8 - Per praticare i<br />

fori si utilizza il trapano<br />

con grandi punte specifiche<br />

per forare la pietra<br />

RESTAURARE: d<strong>al</strong>lo Scavo <strong>al</strong> <strong>Museo</strong> RESTAURARE: d<strong>al</strong>lo Scavo <strong>al</strong> <strong>Museo</strong><br />

la lunghezza del foro che ospiterà il<br />

perno. Per eseguire correttamente i fori è<br />

molto importante aiutarsi con strumenti<br />

di precisione, che ci permettono di misurare<br />

e creare le linee guida da seguire,<br />

per non sbagliare la posizione e l’orientamento<br />

dei perni interni come metri,<br />

squadre, compassi, fili a piombo e livelle<br />

laser (Fig.7). Per praticare i fori si utilizza<br />

il trapano con grandi punte specifiche<br />

per forare la pietra, si procede d<strong>al</strong>la più<br />

piccola <strong>al</strong>la più grande per re<strong>al</strong>izzare l’operazione agevolmente e<br />

senza rischi per l’opera (Fig.8). I perni vengono inseriti con la colla<br />

forte utilizzata per gli incollaggi e a poco a poco la scultura riprende<br />

forma (Fig.9). Durante la procedura l’opera deve essere sostenuta<br />

e, nel caso di grandi sculture, è necessario adoperarsi per trovare<br />

modi e sistemi<br />

non solo per il<br />

sostegno ma anche<br />

per la movimentazione<br />

dell’intero e<br />

dei singoli pezzi<br />

dato il loro considerevole<br />

peso! Ci<br />

possiamo aiutare<br />

appendendo la<br />

scultura con fasce<br />

e funi assicurate<br />

con veri nodi da<br />

marinaio ad un gancio resistente in modo t<strong>al</strong>e da poterla tenere<br />

in sospensione e muoverla e girarla per le nostre esigenze. Per<br />

trasportarla si possono utilizzare grandi carrelli o farla scivolare su<br />

delle semplici tavolette di legno insaponate che scorrono le une<br />

sulle <strong>al</strong>tre creando dei binari <strong>al</strong> di sotto dell’opera (Fig.10). Così<br />

anche un solo restauratore o due possono compiere tutto il lavoro<br />

senza rischi e grandi sforzi<br />

fisici ma semplicemente<br />

ingegnandosi e utilizzando<br />

gli strumenti adatti.<br />

In ultimo si pensa ad integrare<br />

le parti lacunose. Le<br />

stuccature si eseguono con<br />

“m<strong>al</strong>te” a base di c<strong>al</strong>ce e<br />

polvere di pietre di vari colori<br />

per ricreare un impasto<br />

anche qui “simile” <strong>al</strong>la<br />

materia della pietra come<br />

costituzione e aspetto.<br />

Abbiamo detto “simile” ma<br />

non “ugu<strong>al</strong>e”, poiché se da<br />

una parte abbiamo l’esigenza di restituire interezza <strong>al</strong>la scultura d<strong>al</strong>l’<strong>al</strong>tra<br />

è fondament<strong>al</strong>e che chiunque osservi l’opera<br />

sappia in maniera evidente ed immediata<br />

qu<strong>al</strong>e sia la parte vera, eseguita d<strong>al</strong>lo<br />

scultore in antico, e qu<strong>al</strong>e la parte integrata<br />

d<strong>al</strong> restauratore moderno.<br />

Ridare<br />

vita <strong>al</strong>le<br />

Sculture<br />

Fig.9 - I perni vengono<br />

inseriti con la colla forte<br />

utilizzata per gli incollaggi<br />

e a poco a poco la<br />

scultura riprende forma<br />

64 65


Ridare<br />

vita <strong>al</strong>le<br />

Sculture<br />

Fig.10 - Per trasportarla<br />

si possono utilizzare<br />

grandi carrelli o farla<br />

scivolare su delle semplici<br />

tavolette di legno<br />

insaponate che scorrono<br />

le une sulle <strong>al</strong>tre creando<br />

dei binari <strong>al</strong> di sotto<br />

dell’opera<br />

Fig.11<br />

RESTAURARE: d<strong>al</strong>lo Scavo <strong>al</strong> <strong>Museo</strong> RESTAURARE: d<strong>al</strong>lo Scavo <strong>al</strong> <strong>Museo</strong><br />

Nel caso in cui si renda necessario ricostruire parti importanti ed<br />

estese la cui mancanza risulti deturpante per l’opera, si procede<br />

<strong>al</strong>la re<strong>al</strong>izzazione di un’ integrazione plastica solo quando si è certi<br />

di avere tutte le informazioni necessarie per interpretare con precisione<br />

quello che era in antico. Il restauratore non “inventa” a suo<br />

piacimento nulla e non<br />

aggiunge dettagli o<br />

“modifica” la posizione<br />

di un braccio o di una<br />

gamba ma integra ciò che<br />

manca solo dopo l’osservazione<br />

attenta e gli elementi<br />

di studio forniti<br />

d<strong>al</strong>l’archeologo preoccupandosi sempre di rendere “riconoscibile”<br />

il suo intervento (Fig.11).<br />

L’opera ricostituita è fin<strong>al</strong>mente pronta per essere esposta nel museo.<br />

Ridare<br />

vita <strong>al</strong>le<br />

Sculture<br />

66 67


Silvia Borghini<br />

Fig.1 - Movimentare un<br />

reperto non è un’operazione<br />

affatto scontata<br />

RESTAURARE: d<strong>al</strong>lo Scavo <strong>al</strong> <strong>Museo</strong> RESTAURARE: d<strong>al</strong>lo Scavo <strong>al</strong> <strong>Museo</strong><br />

Dove Inizia e Finisce<br />

l’Intervento<br />

del Restauratore<br />

Nel restauro di Opere Lapidee, si pone spesso il problema delle<br />

dimensioni e del peso delle opere sulle qu<strong>al</strong>i dover intervenire.<br />

Bisogna tener presente che un blocco di marmo di 1 metro cubo<br />

pesa circa 28 quint<strong>al</strong>i (2800 chili), e che quindi una statua con fattezze<br />

umane a grandezza natur<strong>al</strong>e, ha un<br />

peso approssimativo di circa 10<br />

quint<strong>al</strong>i, ne consegue che<br />

movimentare t<strong>al</strong>e reperto<br />

non è un’operazione affatto<br />

scontata (Fig.1).<br />

Quindi, nel programmare<br />

un intervento<br />

conservativo su t<strong>al</strong>i manufatti, uno dei primi problemi da<br />

affrontare (spesso sottov<strong>al</strong>utato o poco considerato) è quello relativo<br />

<strong>al</strong> recupero delle opere d<strong>al</strong> luogo di collocazione o giacenza.<br />

Sia se l’opera proviene da <strong>scavo</strong>, sia se proviene da un deposito o se<br />

è collocata in museo, il restauratore è la figura profession<strong>al</strong>e che è<br />

essenzi<strong>al</strong>e interpellare. Infatti il sollevamento, lo spostamento<br />

e il trasporto di manufatti lapidei (soprattutto se<br />

di notevole peso e dimensioni) va affrontato esaminando<br />

con attenzione <strong>al</strong>cuni aspetti fondament<strong>al</strong>i:<br />

Stato di conservazione dell’opera: si deve v<strong>al</strong>utare se il<br />

materi<strong>al</strong>e lapideo è disgregato, se presenta fratture, se<br />

l’opera è composta da un unico blocco o invece è frammentata<br />

e in qu<strong>al</strong>i e in quante parti, se sono presenti perni<br />

e se essi assolvono ancora la loro funzione.<br />

Punti di forza dove poter esercitare le spinte o poter posizionare<br />

le cinte o <strong>al</strong>tri sistemi di sollevamento, o poter vincolare<br />

il manufatto <strong>al</strong> contenitore re<strong>al</strong>izzato per il trasporto.<br />

Punti di debolezza (ad es. gli arti sporgenti) da proteggere<br />

e su i qu<strong>al</strong>i evitare di esercitare pressioni.<br />

Mod<strong>al</strong>ità di sollevamento e movimentazione da scegliere<br />

e/o progettare in base ai punti di cui sopra.<br />

Mod<strong>al</strong>ità di trasporto: re<strong>al</strong>izzando un contenitore ed imb<strong>al</strong>laggio<br />

specifico secondo quanto riscontrato precedentemente.<br />

L’intervento del restauratore inizia dunque d<strong>al</strong>la movimentazio-<br />

ne e d<strong>al</strong> trasporto dei reperti, quindi spesso ci si reca in cantiere<br />

o su uno <strong>scavo</strong> o nei depositi insieme con archeologi e/o consegnatari,<br />

per capire se e come sia possibile trasportare le opere nel<br />

laboratorio di restauro.<br />

Dove Inizia e Finisce<br />

l’Intervento<br />

del Restauratore<br />

Fig.2 - Movimentazione<br />

della statua maschile<br />

(vedi foto in <strong>al</strong>to a<br />

destra) rinvenuta durante<br />

lo <strong>scavo</strong> del Criptoportico<br />

sul P<strong>al</strong>atino<br />

68 69


Dove Inizia e Finisce<br />

l’Intervento<br />

del Restauratore<br />

Fig.2<br />

RESTAURARE: d<strong>al</strong>lo Scavo <strong>al</strong> <strong>Museo</strong> RESTAURARE: d<strong>al</strong>lo Scavo <strong>al</strong> <strong>Museo</strong><br />

Per esempio nel corso dello <strong>scavo</strong> del Criptoportico sul P<strong>al</strong>atino è<br />

stata ritrovata, <strong>al</strong>l’interno di ambienti situati a circa 11 metri di profondità,<br />

una statua maschile a torso nudo e con un panneggio intorno<br />

<strong>al</strong>la vita, lunga circa 170 cm., mancante della testa di un brac-<br />

cio dei piedi e della base (Fig.1). L’opera presentava dei gravi problemi<br />

conservativi d<strong>al</strong> momento che è costituita da più pezzi di<br />

marmo assemblati insieme d<strong>al</strong>l’età antica, inoltre su buona parte<br />

del panneggio è conservato molto del colore origin<strong>al</strong>e. Quindi la<br />

restauratrice ha fatto un sopr<strong>al</strong>luogo e dopo aver attentamente<br />

v<strong>al</strong>utato lo stato di conservazione, i punti di forza ed i punti di debo-<br />

lezza; è tornata sullo <strong>scavo</strong> per un sopr<strong>al</strong>luogo con un trasportatore<br />

speci<strong>al</strong>izzato ed insieme hanno progettato le mod<strong>al</strong>ità di movimentazione,<br />

di sollevamento e di trasporto.<br />

Decise le mod<strong>al</strong>ità, si è quindi iniziata la movimentazione bloccando<br />

inizi<strong>al</strong>mente l’opera con delle cinte “a cricchetto” per<br />

evitare movimenti delle due grandi parti costituenti la<br />

statua, successivamente, sollevata la statua su di un<br />

fianco, è stata posizionata <strong>al</strong> disotto una base in<br />

legno che fungesse da “barella” cosicché la<br />

movimentazione ed il sollevamento potevano<br />

avvenire facendo presa sulla base e non sulla statua,<br />

quindi, portando la barella fino <strong>al</strong>l’area dove<br />

era stato inst<strong>al</strong>lato un paranco, l’opera è stata sollevata<br />

in superficie e trasportata <strong>al</strong> laboratorio di<br />

restauro.<br />

Una volta ultimato il restauro dell’opera i compiti del<br />

restauratore non sono finiti, ma devono riguardare<br />

anche gli aspetti inerenti <strong>al</strong>l’esposizione dell’opera,<br />

infatti l’esposizione per esempio di una statua in un<br />

museo o in una<br />

mostra prevedono<br />

molti accorgimenti.<br />

Nel caso dei manufatti<br />

lapidei in<br />

buono stato di<br />

Fig.3<br />

conservazione e<br />

destinati ad essere<br />

<strong>al</strong>lestiti in ambiente<br />

confinato (stanza<br />

chiusa) o semiconfinato<br />

(tettoia, chiostro,<br />

ecc.), possiamo<br />

ritenere parzi<strong>al</strong>men-<br />

Dove Inizia e Finisce<br />

l’Intervento<br />

del Restauratore<br />

70 71


Dove Inizia e Finisce<br />

l’Intervento<br />

del Restauratore<br />

72<br />

RESTAURARE: d<strong>al</strong>lo Scavo <strong>al</strong> <strong>Museo</strong> RESTAURARE: d<strong>al</strong>lo Scavo <strong>al</strong> <strong>Museo</strong><br />

te trascurabili o perlomeno di minore incidenza, <strong>al</strong>cune caratteristiche<br />

dell’ambiente espositivo qu<strong>al</strong>i i parametri ambient<strong>al</strong>i, che<br />

per <strong>al</strong>tri reperti sarebbero fondament<strong>al</strong>i, come temperatura ed umidità<br />

relativa, irraggiamento, illuminazione, qu<strong>al</strong>ità dell’aria.<br />

Hanno invece maggiore rilevanza (soprattutto nel caso di opere<br />

di notevoli dimensioni e peso) <strong>al</strong>tre caratteristiche<br />

• La presenza di un adeguato supporto o sostegno o base<br />

• La v<strong>al</strong>utazione della trasportabilità dell’opera<br />

Fig.4<br />

• Le mod<strong>al</strong>ità di movimentazione,<br />

imb<strong>al</strong>laggio<br />

e trasporto<br />

• La collocazione nelle sede espositiva con un corretto<br />

sistema di ancoraggio o fissaggio.<br />

Abbiamo già parlato di movimentazione e trasporto, vediamo<br />

cosa si deve fare per garantire stabilità ad esempio ad<br />

un’opera in marmo che si vuole esporre in museo: uno dei problemi<br />

da affrontare, per il restauratore di manufatti lapidei, è progettare<br />

e re<strong>al</strong>izzare o far re<strong>al</strong>izzare una struttura di sostegno, una<br />

base o un supporto che permettano <strong>al</strong> manufatto di essere esposto<br />

e trasportato (cfr. i diversi casi esemplificati nelle Figg. 2-3-4).<br />

Per base: si intende un volume di appoggio che sia in grado di<br />

sostenere il peso dell’opera e che sia dimensionato sulle misure di<br />

massimo ingombro della stessa.<br />

Le caratteristiche di una base e/o struttura di sostegno sono:<br />

• Essere in grado di sostenere il peso dell’opera<br />

• Essere costituite da materi<strong>al</strong>i non dannosi per l’opera<br />

• Agevolare la leggibilità dell’opera<br />

• Rispettare un criterio estetico<br />

In <strong>al</strong>cuni casi base e struttura di sostegno sono coincidenti.<br />

Per struttura di sostegno: si intende una struttura che permetta<br />

<strong>al</strong>l’opera di sostenersi nella posizione originariamente prevista sebbene<br />

mancante di parti struttur<strong>al</strong>i (spesso si tratta di statue prive<br />

degli arti inferiori). La struttura di sostegno spesso è provvista o<br />

inserita in una base (Figg.5-6).<br />

Per struttura di supporto: si intende una struttura da re<strong>al</strong>izzare<br />

nel caso che l’opera presenti dei punti di fragilità che potrebbero<br />

renderne molto rischiosa la movimentazione e l’esposizione.<br />

Dove Inizia e Finisce<br />

l’Intervento<br />

del Restauratore<br />

Fig.5<br />

73


Dove Inizia e Finisce<br />

l’Intervento<br />

del Restauratore<br />

Fig.6<br />

RESTAURARE: d<strong>al</strong>lo Scavo <strong>al</strong> <strong>Museo</strong> RESTAURARE: d<strong>al</strong>lo Scavo <strong>al</strong> <strong>Museo</strong><br />

Questa struttura, che dovrà essere solid<strong>al</strong>e con l’opera, comporta<br />

la ripartizione dei pesi e la ridistribuzione degli sforzi in maniera<br />

che nei punti in cui verrà fatta leva o esercitata una pressione<br />

questa sarà uniformemente distribuita su tutta la superficie su<br />

cui insiste il supporto (come ad esempio nel caso di una lapide<br />

fratturata in più parti).<br />

Le caratteristiche delle strutture di sostegno e supporto<br />

• Essere in grado di sostenere il peso dell’opera<br />

• Essere il meno invasive possibili<br />

• Appoggiarsi e/o fare leva sulle parti solide dell’opera<br />

• Essere facilmente rimovibili<br />

• Essere costituite da materi<strong>al</strong>i non dannosi per l’opera<br />

• Essere il meno visibili possibile<br />

• Rispettare un criterio estetico<br />

Dove Inizia e Finisce<br />

l’Intervento<br />

del Restauratore<br />

74 75


Antonella Cirillo<br />

RESTAURARE: d<strong>al</strong>lo Scavo <strong>al</strong> <strong>Museo</strong> RESTAURARE: d<strong>al</strong>lo Scavo <strong>al</strong> <strong>Museo</strong><br />

Il “Restauro”<br />

Virtu<strong>al</strong>e<br />

Il restauro virtu<strong>al</strong>e è caratterizzato da un insieme di interventi<br />

eseguiti tramite l’uso della grafica bidimension<strong>al</strong>e e tridimension<strong>al</strong>e<br />

attraverso l’impiego del computer. E’ necessario precisare<br />

che t<strong>al</strong>e operazione non può essere considerata una vera e propria<br />

tecnica di restauro, in quanto non interviene sulla materia<br />

che costituisce l’opera d’arte, ma rappresenta per il restauratore<br />

un efficace supporto prima e durante le fasi di restauro, oltre a<br />

costituire un v<strong>al</strong>ido ausilio per interventi integrativi. Uno dei<br />

vantaggi del restauro virtu<strong>al</strong>e è quello di consentire una previsu<strong>al</strong>izzazione<br />

utile per le procedure di intervento re<strong>al</strong>e sulle<br />

opere stesse. Ad esempio, dovendo integrare la lacuna di un<br />

affresco, di un manufatto ceramico, di un mosaico, di una statua<br />

in marmo ecc., l’elaborazione digit<strong>al</strong>e consente di v<strong>al</strong>utare in<br />

anteprima sia il ripristino cromatico, che la ricostruzione della<br />

stessa, andando a verificare la soluzione migliore, tra le infinite<br />

ipotesi di intervento virtu<strong>al</strong>e sul monitor. Rappresenta un metodo<br />

non invasivo t<strong>al</strong>e da consentire <strong>al</strong> restauratore un’ampia libertà<br />

di azione che <strong>al</strong>trimenti egli non avrebbe dovendo lavorare<br />

direttamente sull’opera e, dunque, preservando il manufatto da<br />

eventu<strong>al</strong>i interventi traumatici. Il restauro virtu<strong>al</strong>e permette inoltre<br />

di elaborare un possibile recupero di segni coperti, abrasi o<br />

cancellati ed una es<strong>al</strong>tazione di segni deboli e di informazioni<br />

non perfettamente visibili ad occhio nudo. Ripristina, infine,<br />

quelle informazioni ormai irrecuperabili con le tecniche ordinarie<br />

di restauro permettendo di intervenire laddove il restauro tradizion<strong>al</strong>e<br />

non può procedere se non per interventi direttamente<br />

sulla materia. Seguono <strong>al</strong>cuni esempi di restauro virtu<strong>al</strong>e:<br />

Lastra con iscrizione<br />

In questo caso si è fatto uso<br />

di tecnologie digit<strong>al</strong>i per<br />

elaborare e graficizzare i<br />

caratteri del testo dell’iscrizione.<br />

A partire da<br />

una fotografia dell’immagine<br />

in digit<strong>al</strong>e è stata eseguita<br />

una operazione di “lucidatura” dei segni (Fig.1). Attraverso<br />

l’uso del programma Photoshop sono stati sovrapposti due distinti<br />

layers (livelli o fogli) contenenti, l’uno la foto della lastra, e l’<strong>al</strong>tro,<br />

il rilievo delle parti conservate delle lettere. Il grafico così ottenuto<br />

ha contribuito <strong>al</strong>la definizione di una base di lavoro per le successive<br />

ipotesi di completamento dei caratteri del testo.<br />

Cratere a c<strong>al</strong>ice con ghirlanda in oro<br />

Il secondo esempio illustrato<br />

è quello di un cratere<br />

in marmo che conserva solo<br />

l’impronta della ghirlanda<br />

in oro che in origine lo<br />

decorava. Il restauro virtu<strong>al</strong>e<br />

in questo caso è stato<br />

applicato andando a formulare<br />

una ipotesi ricostruttiva<br />

della ghirlanda<br />

delineando il contorno<br />

grafico, il modellato, la<br />

materia e la cromaticità dell’oro<br />

(Fig.2).<br />

Il “Restauro”<br />

Virtu<strong>al</strong>e<br />

Fig.1 - “Lucidatura”<br />

attraverso la sovrapposizione<br />

di due distinti<br />

layers<br />

Fig.2 - Ipotesi ricostruttiva<br />

della ghirlanda<br />

76 77


Il “Restauro”<br />

Virtu<strong>al</strong>e<br />

78<br />

RESTAURARE: d<strong>al</strong>lo Scavo <strong>al</strong> <strong>Museo</strong> RESTAURARE: d<strong>al</strong>lo Scavo <strong>al</strong> <strong>Museo</strong><br />

Mosaico con fiera ed archi - Roma, loc. “Capo di<br />

bove” presso la via Appia Antica<br />

Mosaico velato costituito da sei frammenti, dopo il distacco d<strong>al</strong><br />

pavimento originario, era necessario assemblarlo per posizionarlo<br />

su un nuovo supporto. In questo caso il restauro virtu<strong>al</strong>e è intervenuto<br />

attraverso l’utilizzo di due distinti programmi di computer grafica<br />

bidimension<strong>al</strong>e. La prima fase ha riguardato la ricomposizione<br />

virtu<strong>al</strong>e dei frammenti (Fig.3) e la seconda la ricostruzione grafica<br />

della composizione ad archi (Fig.4). Lavorare sui corrispettivi vir-<br />

Fig.3 - Copia virtu<strong>al</strong>e<br />

dei frammenti<br />

Fig.4 - Intervento di<br />

assemblaggio virtu<strong>al</strong>e<br />

dei frammenti e ricostruzione<br />

grafica delle parti<br />

mancanti del mosaico<br />

tu<strong>al</strong>i ha permesso <strong>al</strong> restauratore la massima libertà di azione, e<br />

quindi di evitare traumi e perdite di tessere, molto probabili durante<br />

la ricerca degli attacchi degli origin<strong>al</strong>i. La tecnologia digit<strong>al</strong>e ha<br />

permesso una lettura del decoro dell’opera andando a recuperare,<br />

con la grafica digit<strong>al</strong>e, le parti mancanti del mosaico.<br />

Mosaico con busto di Dioniso.<br />

Per questo frammento musivo il processo di sviluppo è stato il<br />

seguente: partendo d<strong>al</strong> frammento, ovvero lacerto origin<strong>al</strong>e (a), sono<br />

stati creati virtu<strong>al</strong>mente ulteriori frammenti (b) che riproducono gli<br />

schemi geometrici dell’immagine. In seguito le parti ricavate sono<br />

state assemblate, sempre virtu<strong>al</strong>mente, per ottenere la raffigurazione<br />

glob<strong>al</strong>e del frammento del mosaico (c).<br />

a - Lacerto origin<strong>al</strong>e b - Creazione virtu<strong>al</strong>e di ulteriori frammenti<br />

Il “Restauro”<br />

Virtu<strong>al</strong>e<br />

c - Le parti ricavate sono state assemblate sempre<br />

virtu<strong>al</strong>mente per ottenere la raffigurazione glob<strong>al</strong>e<br />

del frammento del mosaico<br />

79


Ines Arletti<br />

Fig.1 - Aula delle<br />

Terme di Diocleziano<br />

adibita a deposito<br />

RESTAURARE: d<strong>al</strong>lo Scavo <strong>al</strong> <strong>Museo</strong> RESTAURARE: d<strong>al</strong>lo Scavo <strong>al</strong> <strong>Museo</strong><br />

Il<br />

<strong>Museo</strong> Nascosto:<br />

iDepositi<br />

Un tempestivo e corretto intervento in area di <strong>scavo</strong> è vit<strong>al</strong>e per la<br />

vita di un’opera archeologica. Altrettanta cura deve essere dedicata<br />

<strong>al</strong>le norme di custodia per garantirne<br />

una corretta conservazione nel<br />

corso del tempo. Tutti i luoghi di<br />

ricovero delle opere archeologiche<br />

sono ugu<strong>al</strong>mente importanti sotto il<br />

profilo conservativo, si tratti di aree<br />

espositive piuttosto che di depositi:<br />

purtroppo questi ultimi sono a volte<br />

oggetto di cura minore.<br />

Tra le funzioni princip<strong>al</strong>i di un<br />

museo c’è quella di assicurare, <strong>al</strong><br />

patrimonio cultur<strong>al</strong>e visibile di un<br />

paese, continuità nella conservazione<br />

e nella tutela. Per garantire <strong>al</strong>le<br />

opere d’arte una durata più longeva e<br />

sana è necessario mettere in atto una<br />

serie di operazioni cautelative. La<br />

prevenzione si applica <strong>al</strong>l’interno di<br />

tre settori specifici: la sicurezza,<br />

l’ambiente e la movimentazione,<br />

oltre <strong>al</strong>l’indispensabile manutenzione ordinaria.<br />

I materi<strong>al</strong>i custoditi <strong>al</strong>l’interno dei depositi della Soprintendenza<br />

Speci<strong>al</strong>e per i Beni Archeologici di Roma (SSBAR) provengono<br />

oltre che d<strong>al</strong> territorio romano, anche da acquisizioni, donazioni e<br />

sequestri effettuati sia d<strong>al</strong>l’Arma dei Carabinieri, sia d<strong>al</strong>la<br />

Guardia di Finanza 1 .<br />

Nei depositi si conserva il maggior numero di reperti affidati in<br />

custodia d<strong>al</strong>la comunità <strong>al</strong> museo. Esiste uno sbilanciamento drammatico<br />

tra la quantità di materi<strong>al</strong>e da immagazzinare e gli spazi a<br />

disposizione: ne consegue che spesso luoghi deputati ad <strong>al</strong>tri usi o<br />

semplicemente aree momentaneamente vuote vengono “trasformati”<br />

in depositi temporanei senza averne i requisiti, rimandando a un<br />

tempo successivo una corretta organizzazione del luogo (Figg.1-2).<br />

La SSBAR ha inventariato più di 552.000 opere, numero che comprende<br />

tutte le tipologie di manufatti archeologici, d<strong>al</strong> materi<strong>al</strong>e<br />

lapideo a quello met<strong>al</strong>lico - comprese la numerosissima quantità di<br />

monete, della qu<strong>al</strong>e i pezzi più rappresentativi sono in esposizione<br />

a P<strong>al</strong>azzo Massimo -, e poi ceramiche, vetri, mosaici, affreschi, e<br />

opere di oreficeria e glittica, cioè pietre dure e gemme incise. Le<br />

epigrafi in materi<strong>al</strong>e lapideo presenti<br />

in Soprintendenza sono<br />

circa 10.000 e di queste solo 900<br />

sono esposte. Semplifica le problematiche<br />

relative ai problemi<br />

conservativi la natura inorganica<br />

della grande parte delle opere<br />

conservate nei depositi (Fig.4).<br />

Gli spazi espositivi, come già<br />

detto, consentono la fruizione di<br />

un numero limitato di opere; ne<br />

consegue che il luogo preposto<br />

<strong>al</strong>la conservazione del maggior<br />

numero di beni è il deposito. In<br />

It<strong>al</strong>ia molti musei e g<strong>al</strong>lerie sorgono in luoghi edificati in antico.<br />

Questo comporta tecniche costruttive e spessore murario t<strong>al</strong>i da<br />

garantire variazioni climatiche contenute, ma anche la difficoltà ad<br />

Il<br />

<strong>Museo</strong> Nascosto:<br />

iDepositi<br />

1 Ci si riferisce, in particolare,<br />

sia <strong>al</strong> Comando<br />

Carabinieri per la<br />

Tutela del Patrimonio<br />

Cultur<strong>al</strong>e, sia <strong>al</strong> Gruppo<br />

Tutela del Patrimonio<br />

Archeologico della<br />

Guardia di Finanza<br />

Fig.2 - Aula delle<br />

Terme di Diocleziano<br />

adibita a deposito<br />

80 81


Il<br />

<strong>Museo</strong> Nascosto:<br />

iDepositi<br />

Fig.3 - Cassetta contenente<br />

frammenti di<br />

affresco<br />

82<br />

RESTAURARE: d<strong>al</strong>lo Scavo <strong>al</strong> <strong>Museo</strong> RESTAURARE: d<strong>al</strong>lo Scavo <strong>al</strong> <strong>Museo</strong><br />

apportare modifiche per adattarli <strong>al</strong>le funzioni specifiche di magazzino<br />

d’opere d’arte.<br />

Altro è creare ex novo un deposito, partendo da uno spazio definito<br />

e conoscendo l’esatta natura dei materi<strong>al</strong>i da conservare (Figg.3,5).<br />

Esistono variabili che rendono difficile dare indicazioni univoche e<br />

rigide. Per esempio quelle legate agli spazi e <strong>al</strong>le differenti re<strong>al</strong>tà<br />

loc<strong>al</strong>i: un museo archeologico avrà la necessità di pensare ai luoghi<br />

da adibire a deposito c<strong>al</strong>colando una media d’accrescimento numerico<br />

di materi<strong>al</strong>i che si recuperano dagli scavi archeologici e invece<br />

per una pinacoteca o una biblioteca si dovrà ragionare più in termini<br />

di donazioni e acquisizioni. Nel caso di documenti unici, di<br />

v<strong>al</strong>ore incommensurabile<br />

per la storia umana, sarà<br />

necessario progettare ricoveri<br />

studiati ad hoc, v<strong>al</strong>utando<br />

la necessità di prevedere<br />

aree destinabili a<br />

caveaux.<br />

Da quanto detto si deduce<br />

che più elastico sarà il progetto<br />

dello spazio che si<br />

vuole adibire a deposito,<br />

maggiore l’adattabilità <strong>al</strong>le esigenze a venire e inferiori costi che si<br />

dovranno sostenere in futuro.<br />

Più di venticinque anni fa l’Istituto Centr<strong>al</strong>e del Restauro pubblicava<br />

un volume sui “Fattori di detoriamento” dove si legge: “...qu<strong>al</strong>unque<br />

processo di deperimento potrebbe essere arrestato se si<br />

potesse re<strong>al</strong>izzare una condizione di perfetto equilibrio termodinamico<br />

tra oggetto da conservare e ambiente di conservazione... (si<br />

può) ottenere il r<strong>al</strong>lentamento dei processi di deperimento con procedimenti<br />

capaci di ridurre l’entità degli squilibri tra oggetto e<br />

ambiente”. R<strong>al</strong>lentare, e non eliminare il deperimento. Questo perchè<br />

la materia ha un suo tempo/vita che si può solo tentare di <strong>al</strong>lun-<br />

gare il più possibile utilizzando accorgimenti corretti.<br />

Per sommi capi si possono così suddividere le princip<strong>al</strong>i cause di<br />

detoriamento delle opere d’arte: cause fisiche-meccaniche, che<br />

possono essere di natura<br />

accident<strong>al</strong>e qu<strong>al</strong>i terremoti<br />

e inondazioni,<br />

eventi comunque non<br />

inseribili in schemi<br />

razion<strong>al</strong>i; in questi casi<br />

si può comunque intervenire<br />

anticipatamente<br />

con opere di protezione.<br />

Le caratteristiche climatiche<br />

dell’ambiente<br />

come c<strong>al</strong>ore e umidità e<br />

ancora l'atteggiamento<br />

di luce solare o artifici<strong>al</strong>e,<br />

se non controllate<br />

adeguamenti possono<br />

provocare ai manufatti<br />

danni molto gravi.<br />

Rispetto <strong>al</strong>le cause chimiche,<br />

l’aria e l’acqua sono un veicolo per sostanze che reagiscono<br />

quando entrano a contatto con la materia. Possiamo dividere queste<br />

sostanze in due grandi gruppi: gli inquinanti natur<strong>al</strong>i e quelli artifici<strong>al</strong>i,<br />

dove per questi ultimi s’intendono quelli originati d<strong>al</strong>l’azione<br />

umana, come i prodotti che si formano nei processi di combustione.<br />

Inoltre le polveri sia di origini natur<strong>al</strong>i sia artifici<strong>al</strong>i, possono<br />

essere veicolate da aria e acqua sui manufatti provocando sulla<br />

superficie la formazione di sedimenti.<br />

Il degrado biologico è legato a condizioni fisiche-ambient<strong>al</strong>i: difatti<br />

queste sono la causa princip<strong>al</strong>e dello sviluppo di colonie composte<br />

da microrganismi qu<strong>al</strong>i funghi o batteri, e organismi come liche-<br />

Il<br />

<strong>Museo</strong> Nascosto:<br />

iDepositi<br />

Fig.4 - Conservazione<br />

delle opere di maggior<br />

pregio<br />

83


Il<br />

<strong>Museo</strong> Nascosto:<br />

iDepositi<br />

Fig.5 - Scaff<strong>al</strong>i e contenitori<br />

di reperti in<br />

deposito<br />

84<br />

RESTAURARE: d<strong>al</strong>lo Scavo <strong>al</strong> <strong>Museo</strong> RESTAURARE: d<strong>al</strong>lo Scavo <strong>al</strong> <strong>Museo</strong><br />

ni, muschi e insetti di vario tipo. Il rapporto esistente tra illuminazione,<br />

temperatura e presenza di acqua è decisivo per la formazione<br />

di un habitat favorevole <strong>al</strong> loro incremento.<br />

La presenza di piante infestanti provoca deterioramenti di natura<br />

fisica e chimica. Nel primo caso le radici che si sviluppano aumentano<br />

il volume e una volta penetrate nella materia, possono provocare<br />

danni molto gravi: un esempio è dato d<strong>al</strong> distacco e d<strong>al</strong>la successiva<br />

caduta dello strato superfici<strong>al</strong>e degli intonaci quando le<br />

radici s’insinuano tra<br />

la cortina muraria e<br />

gli strati di m<strong>al</strong>ta, o<br />

quando s’incuneano<br />

<strong>al</strong>l’interno di fessure<br />

presenti nei materi<strong>al</strong>i<br />

lapidei provocandone<br />

la dilatazione. Inoltre<br />

l’acqua si può introdurre<br />

nelle fenditure<br />

della materia e in<br />

specifiche condizioni<br />

ambient<strong>al</strong>i può gelare<br />

aumentando il volume.<br />

Questo processo<br />

determina spinte d<strong>al</strong>l’interno<br />

verso l’esterno ampliando così le fessure inizi<strong>al</strong>i e contribuendo<br />

<strong>al</strong> deperimento dell’opera. Sono situazioni che possono<br />

avverarsi soprattutto nei depositi cosiddetti di fortuna, come quelli<br />

che a volte si <strong>al</strong>lestiscono vicino ai cantieri di <strong>scavo</strong>.<br />

Per una corretta conservazione è utile raggruppare i materi<strong>al</strong>i per<br />

tipologia e livello di degrado: in questo modo è possibile prevedere<br />

luoghi definiti con condizioni ambient<strong>al</strong>i adatte a gruppi di<br />

manufatti.<br />

La re<strong>al</strong>izzazione di un magazzino comporta corrette misure di con-<br />

servazione preventiva, antincendio e antintrusione. Un deposito<br />

deve prevedere l’accesso a agni oggetto in modo autonomo senza<br />

cioè doverne spostare <strong>al</strong>tri, <strong>al</strong>lo scopo di evitare i danni di tipo meccanico<br />

che potrebbero essere procurati da movimentazioni scorrette.<br />

Semplici accorgimenti aiutano in questo senso: collocare gli<br />

oggetti più pesanti in zone facilmente raggiungibili, lasciare lo spazio<br />

necessario per il passaggio di persone, sc<strong>al</strong>e e carrelli tra i corridoi<br />

che si creano fra le infrastrutture <strong>al</strong>l’interno dei depositi, per<br />

le opere fuori misura predisporre spazi adeguati, evitando di appoggiarli<br />

direttamente a contatto del suolo e isolandoli con materi<strong>al</strong>e<br />

inerte. E’ meglio evitare inoltre di sistemare gli oggetti maggiormente<br />

delicati su più file, preferendo scaff<strong>al</strong>i o armadi di ridotta<br />

profondità. Il materi<strong>al</strong>e da collocare <strong>al</strong>l’interno dei depositi dovrà<br />

essere tutto inventariato, e dotato di scheda di cat<strong>al</strong>ogazione e conservativa;<br />

è buona norma prevedere registri fotografici e di movimentazione<br />

dei pezzi. Su ogni contenitore di reperti bisogna apporre<br />

etichette che dovranno dare le informazioni necessarie per l’immediata<br />

individuazione del materi<strong>al</strong>e contenuto. A t<strong>al</strong> proposito<br />

esistono sistemi informativi per la gestione dei depositi, in accordo<br />

con le normative del Ministero per i Beni e le Attività Cultur<strong>al</strong>i.<br />

Infine, vorrei sottolineare un dato fondament<strong>al</strong>e: le princip<strong>al</strong>i cause<br />

di degrado delle opere sono ascrivibili <strong>al</strong>l’intervento umano, attivo<br />

o passivo. Possono essere provocate da una formazione specifica<br />

insufficiente, d<strong>al</strong>la mancanza di coordinamento o d’interventi<br />

amministrativi e legislativi, o ancora d<strong>al</strong>la carenza di una cultura<br />

di cooperazione tra le differenti profession<strong>al</strong>ità. Il museo è un<br />

sistema molto complesso e la sinergia lavorativa degli operatori<br />

interni ed esterni è fondament<strong>al</strong>e per permettere <strong>al</strong>le generazioni<br />

future di leggere la storia raccontata d<strong>al</strong>le opere, e che ha contribuito<br />

a creare il nostro presente.<br />

Il<br />

<strong>Museo</strong> Nascosto:<br />

iDepositi<br />

85


Scultore <strong>al</strong> lavoro (formella<br />

del campanile di<br />

Giotto)<br />

Sistema di sollevamento<br />

SCHEDA TECNICA<br />

Lavorare la pietra<br />

La pietra era un materi<strong>al</strong>e molto utilizzato nell’antichità sia come materi<strong>al</strong>e<br />

da costruzione sia per re<strong>al</strong>izzare oggetti con scopo decorativo.<br />

La pietra grezza era di solito estratta sotto forma di blocchi squadrati<br />

da cave a cielo aperto o da cave in g<strong>al</strong>leria seguendo il<br />

verso della natur<strong>al</strong>e formazione (geologica) del giacimento.<br />

Poiché uno dei problemi princip<strong>al</strong>i era costituito d<strong>al</strong> trasporto,<br />

spesso i blocchi cavati iniziavano ad essere lavorati in<br />

cava, in funzione della forma definitiva, per renderli meno<br />

pesanti e quindi più facilmente trasportabili.<br />

In età romana, presso le princip<strong>al</strong>i cave, si era molto bene<br />

organizzati nei processi di estrazione e lavorazione della pietra<br />

tanto che spesso re<strong>al</strong>izzavano in cava manufatti quasi<br />

ultimati che quindi avevano bisogno di poco lavoro per essere<br />

completati.<br />

La lavorazione della pietra può avvenire solo per sottrazione<br />

ed è quindi molto importante non commettere degli errori<br />

che potrebbero far perdere tutto il lavoro già eseguito. È per<br />

questo motivo che i processi di lavorazione della pietra prevedono<br />

una fase di progettazione del lavoro da re<strong>al</strong>izzare ed il successivo<br />

trasferimento del progetto sulla pietra. Sia l’ideazione che il<br />

riporto del progetto possono avvenire princip<strong>al</strong>mente attraverso<br />

disegni, come nel caso di forme semplici, o attraverso la re<strong>al</strong>izzazione<br />

di un modello tridimension<strong>al</strong>e per le forme più complesse.<br />

Ad esempio, per re<strong>al</strong>izzare una statua lo scultore crea dapprima<br />

un modello con un materi<strong>al</strong>e plasmabile - quindi facile da lavorare<br />

- come la creta, la cera o il gesso. Una volta re<strong>al</strong>izzato questo<br />

modello, si usa una particolare strumentazione per riportare dei<br />

punti di riferimento sul blocco di marmo e sapere quanto materi<strong>al</strong>e<br />

si deve togliere senza correre il rischio di rovinare irrimediabilmente<br />

il blocco di pietra.<br />

Sia in età antica che in età moderna la scelta della pietra da scolpire<br />

è spesso legata <strong>al</strong>la lavorabilità. Le pietre possono essere<br />

Strumenti e traccia<br />

lasciata sulla pietra<br />

Tecnica di riporto dei<br />

punti<br />

SCHEDA TECNICA<br />

tenere e dure, lucidabili o non lucidabili e come t<strong>al</strong>i possono<br />

essere classificate.<br />

Le pietre tenere (come i tufi, i c<strong>al</strong>cari teneri, le arenarie, ecc.)<br />

sono quelle più facilmente lavorabili poi vi sono pietre mediamente<br />

dure come i marmi, e pietre dure come i graniti e i porfidi,<br />

e infine a pietre molto dure definite semi-preziose.<br />

Ovviamente le pietre più tenere sono quelle più facilmente<br />

lavorabili su cui si possono scolpire particolari minuti, ma<br />

sono le meno resistenti.<br />

Un'<strong>al</strong>tra caratteristica importante è che la pietra possa essere<br />

lucidabile. I romani dividevano le pietre secondo questa caratteristica<br />

chiamando lapides le pietre che non sono lucidabili e marmor<br />

le pietre lucidabili.<br />

La possibilità di lavorazione era legata anche ai metodi utilizzati<br />

e agli strumenti disponibili.<br />

Gli strumenti per lavorare la pietra, d<strong>al</strong>l'età romana ad oggi, si possono<br />

dividere in due categorie: a percussione e ad abrasione.<br />

Gli strumenti a percussione possono essere a percussione diretta ed<br />

indiretta e comprendono diversi tipi di martelli, picconi, asce (usati<br />

princip<strong>al</strong>mente in cava) sc<strong>al</strong>pelli di varie forme e dimensioni come<br />

la subbia, la gradina, lo sc<strong>al</strong>pello piatto, il ferrotondo, la sgorbia<br />

(usati princip<strong>al</strong>mente d<strong>al</strong>lo scultore).<br />

Gli strumenti ad abrasione comprendono la sega, il trapano, la<br />

raspa, le lime e pietre e polveri abrasive di varia durezza.<br />

Tra gli strumenti vanno considerati anche gli strumenti di misurazione<br />

come compassi da scultore, diversi tipi di livella, filo a<br />

piombo, e ovviamente righe e squadre.<br />

Importantissime erano anche le attrezzature utilizzate per il sollevamento,<br />

il trasporto e la messa in opera dei manufatti più pesanti.<br />

In età romana esistevano gru in grado di sollevare blocchi molto<br />

pesanti ad <strong>al</strong>tezze superiori ai 30 metri, con l’ausilio di queste<br />

macchine ad esempio è stato possibile edificare il Colosseo!


Fig.1<br />

Fig.2<br />

Fig.3<br />

SCHEDA TECNICA<br />

L’orafo antico fabbricava le sue creazioni con le lamine e con<br />

i fili d’oro e d’argento, utilizzando diverse tecniche anche<br />

associate fra loro. L’oro è un met<strong>al</strong>lo duttile: con un grammo<br />

è possibile ottenere 1 metro quadrato di lamina. Il met<strong>al</strong>lo era<br />

martellato ripetutamente tra strati di cuoio o di papiro in spessori<br />

sempre più sottili, fino a pochi millesimi di millimetro.<br />

Plinio scrive a proposito: “Non esiste un <strong>al</strong>tro materi<strong>al</strong>e che si<br />

possa dilatare di più in estensione o dividere in un numero<br />

maggiore di parti, perché ogni oncia (circa 27 grammi) si divide<br />

in settecentocinquanta fogli o più… E inoltre può essere filato<br />

e tessuto come la lana, anche senza la lana” Natur<strong>al</strong>is<br />

Historia, XXXIII, 61 (19). Nelle sepolture si trovano infatti<br />

anche filati d’oro che erano stati tessuti o ricamati<br />

sugli abiti, re<strong>al</strong>izzati con sottili strisce di lamina avvolte a<br />

spir<strong>al</strong>e (Fig.1). Anche i fili lisci si ottenevano ritagliando<br />

strisce di lamina, poi ritorte e rollate tra due superfici dure<br />

(Fig.2), mentre con forme scan<strong>al</strong>ate si producevano fili<br />

perlinati (Fig.3). Tratti di fili tagliati e s<strong>al</strong>dati formavano<br />

le maglie delle catene con anelli anche piccolissimi.<br />

Le lamine si potevano decorare con la tecnica dello sb<strong>al</strong>zo,<br />

modellando d<strong>al</strong> rovescio la raffigurazione prescelta con apposite<br />

asticciole met<strong>al</strong>liche, dette ceselli,<br />

rifinendola poi d<strong>al</strong> diritto. Durante la battitura<br />

la lamina era appoggiata ad un materi<strong>al</strong>e<br />

che assorbiva i colpi, come la pece o<br />

il piombo. I ceselli avevano estremità di<br />

varia forma, a mezz<strong>al</strong>una, stondate, zigrinate,<br />

a seconda del segno che si voleva imprimere. Per stampare<br />

una decorazione a carattere ripetitivo si poteva anche<br />

usare un punzone sagomato con il motivo in rilievo (Fig.4).<br />

Fig.5a<br />

Fig.5b<br />

Fig.6<br />

SCHEDA TECNICA<br />

Fig.4<br />

Fili di diametro piccolissimo,<br />

uno o due decimi di<br />

millimetro, s<strong>al</strong>dati sulla superficie del met<strong>al</strong>lo o ad unire due<br />

lamine, erano utilizzati con straordinaria abilità nelle decorazioni<br />

a filigrana, con effetti di grande leggerezza. Altrettanto<br />

raffinata era la tecnica della granulazione, diffusasi d<strong>al</strong> vicino<br />

Oriente verso le coste occident<strong>al</strong>i del Mediterraneo e particolarmente<br />

fiorente in Etruria.<br />

La granulazione consisteva nel s<strong>al</strong>dare su una base met<strong>al</strong>lica<br />

sfere di diametro piccolissimo (fino a 70 a coprire un<br />

centimetro quadrato), per delineare motivi ornament<strong>al</strong>i o<br />

riempire figure; le superfici lisce del met<strong>al</strong>lo e quelle<br />

coperte d<strong>al</strong>la granulazione riflettono diversamente la<br />

luce, con un effetto particolarmente ricercato (Fig.5a-b).<br />

Infine, oggetti come pendenti o amuleti si fabbricavano<br />

per fusione, attraverso la colatura dell’oro in stampi,<br />

solitamente di piccole dimensioni per limitare la<br />

quantità necessaria di met<strong>al</strong>lo prezioso.<br />

Oltre a gioielli in oro, l’artigiano fabbricava anche<br />

oggetti di v<strong>al</strong>ore più modesto, in argento o in bronzo,<br />

impreziositi t<strong>al</strong>volta da una doratura superfici<strong>al</strong>e. Il<br />

metodo più diffuso era l’applicazione a c<strong>al</strong>do di una<br />

foglia d’oro, poi rifinita fino a cancellare ogni traccia di<br />

sovrapposizione. Conosciuta soprattutto in Oriente era<br />

invece la doratura con un’am<strong>al</strong>gama di oro e mercurio,<br />

met<strong>al</strong>lo che poi si eliminava con il risc<strong>al</strong>damento.<br />

Le pietre preziose e perfino l’ambra erano imitati con<br />

il vetro colorato. Molto raffinate erano anche le perline<br />

in doppio strato di vetro trasparente, con una sottilissima<br />

sfoglia aurea in mezzo (vetro a sandwich) (Fig.6).


Fig.1<br />

SCHEDA TECNICA<br />

Nell’arte di incidere occorre tenere conto di una proprietà<br />

fondament<strong>al</strong>e dei materi<strong>al</strong>i, la durezza, v<strong>al</strong>utata<br />

secondo la Sc<strong>al</strong>a di Mohs, in cui il più morbido, il t<strong>al</strong>co,<br />

ha indice 1, mentre il v<strong>al</strong>ore 10 è quello del diamante,<br />

l’unica pietra capace di incidere tutte le <strong>al</strong>tre. Le pietre<br />

da tagliare, fissate a un sostegno, erano lavorate con<br />

seghe o mole rotanti secondo due tipi<br />

di taglio: a forma convessa (a cabochon),<br />

oppure a sfaccettatura,<br />

accentuando le forme geometriche<br />

natur<strong>al</strong>i in cui <strong>al</strong>cuni miner<strong>al</strong>i crist<strong>al</strong>lizzano<br />

(Fig.1). La sfaccettatura, moltiplicando<br />

i piani attraverso cui si<br />

rifrange la luce, rende le gemme più<br />

luminose e splendenti: Plinio osserva a proposito: “La<br />

stessa natura sembrano averla i berilli (smer<strong>al</strong>di)… Li<br />

produce l’India, di rado si trovano <strong>al</strong>trove. Sono tutti rifiniti<br />

in forma esagon<strong>al</strong>e da ingegnosi speci<strong>al</strong>isti, poiché il<br />

loro colore che in una muta superficie è offuscato, è ravvivato<br />

d<strong>al</strong> riflesso degli angoli; tagliati in <strong>al</strong>tro modo<br />

non hanno lucentezza” Natur<strong>al</strong>is<br />

Historia, XXXVII, 76 (20).<br />

Le pietre tagliate e levigate potevano<br />

essere incise con punte di<br />

diversa forma e dimensione, facilitando<br />

l’operazione con polveri<br />

abrasive emulsionate da liquidi<br />

oleosi. La forma più antica e più<br />

diffusa di incisione, l’intaglio, era<br />

Fig.2a<br />

Fig.2b<br />

Fig.3<br />

SCHEDA TECNICA<br />

praticata ad incavo in negativo, mentre<br />

l’incisione a rilievo, il cammeo, era una<br />

tecnica molto utilizzata per raffigurare<br />

ritratti (Fig.2a-b). Le pietre destinate a<br />

fabbricare collane o pendenti erano forate<br />

con trapani ad arco e poi infilate su<br />

maglie di catena met<strong>al</strong>liche o su cordoncini<br />

(Fig.3).


SCHEDA TECNICA<br />

Come già accennato, la materia prima per fabbricare un vaso<br />

antico era l’argilla.<br />

Sembra che i primi sperimentatori siano stati gli astuti abitanti<br />

del Vicino Oriente addirittura nel 7000 a.C.!<br />

Certo si trattava di rozzi recipienti nemmeno cotti ma semplicemente<br />

essiccati <strong>al</strong> sole.<br />

Forse, però, l’incendio di una<br />

capanna con tutte le sue stoviglie<br />

fece scattare l’idea: con la cottura<br />

i vasi diventavano impermeabili<br />

e potevano quindi contenere<br />

liquidi. Inoltre potevano essere<br />

usati direttamente sul fuoco per<br />

cuocere i cibi. Erano nati i catini<br />

e le pentole!<br />

La tecnica andava, però, perfezionata:<br />

bisognava scegliere l’argilla<br />

migliore e, affinchè non si rompesse durante la cottura, impastarla<br />

con fili di paglia tritata, sabbia, piccolissimi sassolini o<br />

pezzetti di ceramica già cotta e tritata.<br />

Le tecniche di modellazione si evolsero nel tempo:<br />

1- la più antica e semplice: una p<strong>al</strong>lina<br />

d’argilla in cui si praticava un foro con le<br />

dita per poi <strong>al</strong>zare, tirando, le pareti.<br />

2- la “colombina”:<br />

un disco piatto<br />

d’argilla su cui<br />

veniva arrotolato a spir<strong>al</strong>e un s<strong>al</strong>sicciotto<br />

che s<strong>al</strong>iva fino ad ottenere la forma e<br />

SCHEDA TECNICA<br />

l’<strong>al</strong>tezza volute. Si lisciava poi la superficie esterna con una<br />

stecca di legno.<br />

3- lo stampo: una forma di legno, pietra o ceramica<br />

da rivestire con argilla morbida fino a completa<br />

essiccazione.<br />

La svolta tecnologica decisiva, il tornio, comparve<br />

sempre presso quei furboni del Vicino Oriente, nel<br />

4000 a. C. mentre a noi lo portarono i Greci soltanto<br />

nell’VII secolo.<br />

A) Il tornio lento: il più antico e rudiment<strong>al</strong>e, consisteva in un<br />

disco di legno o pietra, in bilico su di un sasso, fatto ruotare<br />

con una mano mentre con l’<strong>al</strong>tra<br />

si modellava il vaso.<br />

B) Il tornio veloce: un perno,<br />

azionato da un ped<strong>al</strong>e imprimeva<br />

<strong>al</strong> disco una velocità costante<br />

mentre entrambe le mani<br />

erano libere.<br />

Dopo la modellazione, l’oggetto<br />

veniva fatto ben seccare e si<br />

cuoceva in fosse poco profonde scavate nel terreno e coperte<br />

da paglia frasche e sterco. L’operazione era <strong>al</strong>quanto impegnativa<br />

perché la cottura della ceramica richiede una temperatura<br />

di circa 750° mantenuta per 8 ore. Dopo, completato il raffreddamento,<br />

si estraevano i vasi.<br />

Nel corso dei secoli i forni si sono evoluti tecnologicamente<br />

fino <strong>al</strong>le fornaci romane da cui venivano sfornati migliaia di<br />

laterizi per le impegnative costruzioni della capit<strong>al</strong>e.


SCHEDA TECNICA<br />

Gli oggetti met<strong>al</strong>lici più antichi erano in rame e provenivano<br />

d<strong>al</strong>l’Iran.<br />

Il miner<strong>al</strong>e di rame <strong>al</strong>lo stato natur<strong>al</strong>e, detto “nativo” si<br />

trova in varie parti del mondo e, <strong>al</strong>l’inizio, venne probabilmente<br />

notato per il<br />

suo bel colore rosso e la<br />

lucentezza.<br />

In It<strong>al</strong>ia l’età detta “del<br />

rame” o Eneolitica si è sviluppata<br />

nel corso del III e<br />

nei secoli inizi<strong>al</strong>i del II millennio:<br />

si liquefaceva il<br />

miner<strong>al</strong>e entro rudiment<strong>al</strong>i<br />

forni e si colava in stampi<br />

di pietra per ottenere armi,<br />

monili e attrezzi vari.<br />

A volte bastava soltanto<br />

sc<strong>al</strong>darlo un poco e batterlo con strumenti di pietra per<br />

ottenere oggetti un po’ più grossolani.<br />

Il risultato era, comunque, piuttosto morbido e facilmente<br />

deperibile; <strong>al</strong>la fine del II millennio qu<strong>al</strong>cuno<br />

scoprì che aggiungendo lo stagno <strong>al</strong> rame si otteneva<br />

una lega molto più robusta: il bronzo. I metodi di lavorazione<br />

rimanevano grossomodo gli stessi mentre cambiavano<br />

la qu<strong>al</strong>ità degli oggetti prodotti: lo stagno, infatti,<br />

dava <strong>al</strong> bronzo la lucentezza dell’oro e incoraggiava la<br />

re<strong>al</strong>izzazione di monili e vasellame prezioso.<br />

Intanto, sempre nel corso del II millennio e sempre nel<br />

Vicino Oriente, il popolo guerriero degli Ittiti cominciava<br />

Apertura<br />

Fuoriuscita<br />

delle scorie<br />

SCHEDA TECNICA<br />

a lavorare un nuovo met<strong>al</strong>lo, il ferro, e le loro armate<br />

erano divenute invincibili.<br />

L’estrazione e la lavorazione del nuovo met<strong>al</strong>lo, introdotto<br />

in It<strong>al</strong>ia verso l’VIII sec. a.C., erano procedimenti<br />

assai più complessi anche perché occorreva raggiungere<br />

temperature di fusione più elevate.<br />

Il lavoro in miniera, lo <strong>scavo</strong> di<br />

pozzi e g<strong>al</strong>lerie e trasporto<br />

<strong>al</strong>l’esterno attraverso lunghi<br />

Carbone<br />

+<br />

Miner<strong>al</strong>e<br />

di ferro<br />

Met<strong>al</strong>lo<br />

Scorie liquide<br />

Rivestimento<br />

d’argilla<br />

Condotto<br />

per l’aria<br />

percorsi sotterranei, era svolto<br />

tutto manu<strong>al</strong>mente e, in genere,<br />

il miner<strong>al</strong>e veniva lavorato<br />

nei pressi del giacimento per<br />

risparmiare sul trasporto. Si<br />

ritrovano, infatti, ancora oggi<br />

enormi cumuli di scorie di<br />

fusione e scarti laddove esisteva<br />

un antico forno. In epoca<br />

etrusca era a pozzo, di pietra<br />

arenaria, <strong>al</strong>to circa 150 cm e<br />

40 di diametro. I mantici erano<br />

d’argilla coperti da un pezzo di<br />

pelle forato. Il miner<strong>al</strong>e veniva<br />

introdotto assieme ad un pari<br />

quantitativo di carbone di legna, mentre molto <strong>al</strong>tro carbone<br />

serviva per l’<strong>al</strong>imentazione del fuoco, circa dieci<br />

volte la quantità di ferro prodotto. Il met<strong>al</strong>lo grezzo,<br />

estratto a circa 1200°, veniva martellato subito per purificarlo<br />

d<strong>al</strong>le scorie e ridurlo a forme adatte <strong>al</strong> trasporto.

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