SAPORI E COLORI DI ALTRI TEMPI - Corriere del Mezzogiorno ...
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Speciale Gastronomia<br />
<strong>SAPORI</strong> E <strong>COLORI</strong> <strong>DI</strong> <strong>ALTRI</strong> <strong>TEMPI</strong><br />
di ANTONIO SCOLAMIERO<br />
Esistono solo pochi altri posti al<br />
mondo dove quando si parla <strong>del</strong>la<br />
cucina e <strong>del</strong>la gastronomia si<br />
può, senza ombra di smentita,<br />
parlare di un viaggio nel viaggio. La Sicilia<br />
è uno di questi luoghi. Una cultura gastronomica<br />
iscritta nella tradizione mediterranea,<br />
e che affonda la sue radici nella<br />
notte dei tempi e sfruttando a pieno la<br />
contaminazione etnica tra le varie culture<br />
e popolazioni che nel corso dei secoli<br />
hanno invaso e governato l’Isola. Le tante<br />
dominazioni hanno, dunque, non solo<br />
lasciato monumenti e ruderi a testimonianza,<br />
ma hanno anche profondamente<br />
segnato il paesaggio con le colture introdotte<br />
e seminato tracce in abitudini e modi<br />
di vita facilmente riscontrabili ancora<br />
ai giorni nostri soprattutto in cucina.<br />
Non è possibile parlare di cucina siciliana<br />
come di un’unica entità: le diversità<br />
originate dalle differenti influenze culturali<br />
si sono incrociate con quelle determinate<br />
dalla diversità tra cucina <strong>del</strong>la costa<br />
e <strong>del</strong>l’interno; due mondi ancora lontani,<br />
ma tra i quali, a causa <strong>del</strong>le difficoltà<br />
di spostamento, esisteva un tempo un<br />
solco profondo. Pensare alla tradizione<br />
gastronomica siciliana è allora come immaginare<br />
una tavolozza di colori, tonalità<br />
forti, accanto a tinte sfumate, un gioco<br />
di richiami e di rimandi suggestivi più<br />
che decifrabili.<br />
Come in tutte le cucine povere è ad<br />
esempio ricorrente l’abitudine <strong>del</strong> piatto<br />
unico; le paste di vario tipo e cucinate in<br />
modi diversi, arricchite dai prodotti <strong>del</strong><br />
posto finiscono col diventare l’intero pasto.<br />
È il caso <strong>del</strong>la pasta con le sarde, piatto<br />
che da Palermo si è diffuso ovunque<br />
sull'isola; <strong>del</strong>le paste con ortaggi e legumi<br />
<strong>del</strong>l’interno; <strong>del</strong>le varie paste al forno<br />
quali la pasta ’ncaciata messinese, per<br />
giungere alle varianti ricche di echi culturali<br />
come la catanese pasta alla Norma<br />
(con pomodoro, melanzane e ricotta salata).<br />
Prima ancora <strong>del</strong>la pasta è però il pane<br />
ad assolvere questa funzione nutritiva. I<br />
tanti tipi di pane di cui la Sicilia è ricca si<br />
sono sempre accompagnati a quanto la<br />
zona offriva, olio, origano e pomodoro<br />
per il più diffuso pane cunsato (condito),<br />
da consumarsi caldo, appena sfornato al<br />
più insolito pane ca’ meusa crostino con<br />
la milza venduto sulle bancarelle per le<br />
strade di Palermo.<br />
La familiarità con i prodotti naturali<br />
ed una semplicità di fondo è ciò che ancor<br />
oggi più caratterizza la cucina <strong>del</strong>la<br />
parte orientale <strong>del</strong>l’isola. È facile riscon-<br />
Venerdì 30 giugno 2013<br />
trare analogie con la cucina <strong>del</strong>l’interno<br />
segnata da abitudini contadine e caratterizzata<br />
dall’utilizzo di verdure ed ortaggi.<br />
La melanzana ne è un esempio significativo,<br />
da essa traggono origine piatti appetitosi<br />
fino a giungere alla sua glorificazione<br />
nella parmigiana.<br />
I prodotti <strong>del</strong>la pastorizia hanno un posto<br />
di rilievo, mentre il consumo <strong>del</strong>la<br />
carne è un’eccezione spesso riservata alla<br />
festa. Senza dimenticare la parte a mare<br />
con il pescato che riveste un ruolo principe<br />
in alcuni piatti <strong>del</strong>la tradizione che potrebbero<br />
essere annoverati nella tradizione<br />
mondiale <strong>del</strong>la cucina. E come non<br />
sottolineare l’abbondanza di frutta, arance<br />
e agrumi su tutti e per chiudere l’apoteosi<br />
di dolcezza con i dolci tipici. Insomma<br />
un mondo nel modo che vale una visita<br />
sull’Isola più bella <strong>del</strong> mondo.<br />
© RIPRODUZIONE RISERVATA
2 Palermo Domenica 30 Giugno 2013 <strong>Corriere</strong> <strong>del</strong> <strong>Mezzogiorno</strong><br />
PA<br />
L’impiego degli aromi nella preparazione dei piatti<br />
La fortuna <strong>del</strong>la cucina siciliana<br />
deve molto all'impiego degli<br />
aromi locali. I più diffusi sono<br />
il basilico e l’origano, seguiti da alloro,<br />
rosmarino, salvia, timo, zafferano<br />
e ruchetta. Inutile dire <strong>del</strong>l’aglio e<br />
<strong>del</strong>la cipolla, padroni assoluti <strong>del</strong>la<br />
cucina siciliana, e <strong>del</strong>l'immancabile<br />
prezzemolo, presente in tutti i piatti.<br />
L’uso <strong>del</strong>l’olio d’oliva è generalizzato,<br />
preferito ad ogni altro grasso,<br />
mentre la sugna è destinata alla preparazione<br />
di speciali impasti per focacce<br />
o dolciumi. Si preferisce l’uso<br />
<strong>del</strong> sale marino al salgemma; e se<br />
proviene dalle saline di Trapani o di<br />
Vindicari, ancora meglio. Gli antipasti<br />
non fanno parte <strong>del</strong>la tradizione,<br />
e quelli esposti nei ristoranti altro<br />
non sono che il companatico o il secondo<br />
piatto — se non l’unico — <strong>del</strong>la<br />
cucina povera: frittatine, pomodori<br />
secchi, olive condite, melanzane,<br />
verdure domestiche e selvatiche.<br />
Senza pane in Sicilia non si va a tavola,<br />
sarebbe inconcepibile. Ogni paese,<br />
ogni città vanta decine di qualità<br />
di pane, diverse per l'impasto, la<br />
forma, il tempo di lievitazione o di<br />
cottura: ed infiniti sono i nomi che si<br />
danno ai pani per distinguerli gli uni<br />
dagli altri. Altrettanto numerosi sono<br />
i pani «votivi» o festivi, preparati<br />
appositamente per certe feste patronali,<br />
con preciso intento di simbologia<br />
protettiva. Il siciliano nutre per il<br />
pane un profondo rispetto: se ne cade<br />
un pezzettino a terra, lo raccoglie<br />
e reverentemente lo bacia.<br />
Gli spaghetti furono creati per la<br />
prima volta in Sicilia; persino il termine<br />
«macarones», che originerà<br />
quella di «maccheroni» è stato coniato<br />
nell’isola.<br />
Unica regione italiana lambita da<br />
tre mari, la Sicilia è ricchissima di pe-<br />
I dati in crescita<br />
Enoturismo, è boom<br />
Idati sono eloquenti: il segmento di<br />
mercato <strong>del</strong>l’enoturismo, a differenza<br />
<strong>del</strong> trend negativo che ormai da<br />
anni caratterizza l’industria <strong>del</strong>le vacanze<br />
italiana, va a gonfie vele. Gli appassionati<br />
<strong>del</strong> buon bere si moltiplicano<br />
lungo tutto lo stivale, così come gli<br />
eventi e le manifestazioni dedicate al tema.<br />
La conferma di tali dati in controtendenza<br />
è emersa in occasione <strong>del</strong> convegno<br />
«Vino, cultura e turismo», organizzato<br />
dalla Federazione strade <strong>del</strong> vino<br />
e andato in scena a Palermo.<br />
A fornire le interessanti analisi e statistiche<br />
è stato direttamente Paolo Benvenuti,<br />
direttore di Città <strong>del</strong> vino: secondo<br />
le elaborazioni effettuate dall’osservatorio<br />
sul Turismo <strong>del</strong> vino il mercato <strong>del</strong><br />
turismo enogastronomico risulta in crescita<br />
tra il 2011 e il 2012 con un ritmo<br />
che si attesta intorno al 12%.<br />
Ed è proprio in tale direzione che,<br />
sempre in Sicilia, nasce un nuovo progetto<br />
in grado di sfruttare al meglio le<br />
sinergie tra mondo <strong>del</strong> turismo ed universo<br />
enogastronomico. Si chiama «Sicily<br />
Tasting Network» l’innovativa rete di<br />
promozione e diffusione <strong>del</strong> turismo<br />
enogastronomico <strong>del</strong>l’isola, allestita da<br />
Confindustria Sicilia Alberghi e Turismo,<br />
Federazione Strade <strong>del</strong> Vino e dei<br />
Sapori di Sicilia, Movimento Turismo<br />
<strong>del</strong> Vino e Enterprise Europe Network.<br />
Partners importanti per un’iniziativa<br />
che si pone l’obiettivo di promuovere le<br />
eccellenze <strong>del</strong>l’agroalimentare siciliano<br />
tramite la creazione di pacchetti turisti-<br />
Dettagli<br />
Basilico, origano, aglio e cipolla<br />
Ecco i «protagonisti» in cucina<br />
Le proprietà<br />
Tradizionale alleato<br />
<strong>del</strong> pomodoro nella<br />
caprese e nei sughi<br />
estivi,<br />
il basilico fa subito<br />
profumo di cucina,<br />
ci rimanda a<br />
un’alimentazione<br />
di tipo mediterraneo,<br />
parla italiano ed è in<br />
genere legato a doppio<br />
filo alla pizza. Ma in<br />
realtà il basilico ha<br />
anche una valenza<br />
erboristica: in<br />
particolare, utilizzandolo<br />
fresco, si trasforma in un<br />
rimedio naturale assai<br />
efficace per tanti<br />
disturbi, in particolare<br />
<strong>del</strong>l’apparato digerente.<br />
«Sicily Tasting Network»,<br />
ecco l’innovativa rete promozionale<br />
per la diffusione <strong>del</strong> settore<br />
sce, amato da tutti gli isolani: ne vengono<br />
consumate non solo le specie<br />
più pregiate, ma tutte e ed in ogni<br />
stagione, con una spiccata preferenza<br />
per sarde e tonni, polipi e triglie.<br />
Carne preferita in assoluto è invece<br />
quella suina; seguono i bovini<br />
(ma poiché la carne locale è sempre<br />
stata dura si è inventato il tritacarne<br />
per farne polpette e polpettoni), gli<br />
ovini, il pollame e la cacciagione.<br />
Quasi <strong>del</strong> tutto ignorata la carne<br />
equina. Tra le preparazioni risultano<br />
più numerose quelle che utilizzano<br />
le parti meno costose, come le interiora:<br />
sono nate così alcune specialità<br />
estremamente gustose, come il fegato<br />
nella rete, il cuore ripieno, la gelatina<br />
di maiale, la gamma di piatti a<br />
base di trippa, e le animelle. Le verdure<br />
e i legumi hanno in percentuale<br />
surclassato tutti gli altri alimenti nella<br />
dieta isolana, vuoi per gusto ma<br />
più spesso per necessità: due soli ma<br />
straordinari esempi di piatti, la caponata<br />
e il maccu di favi.<br />
Esistono in Sicilia <strong>del</strong>le tecniche<br />
di cottura molto originali. Una è la<br />
cottura nella cenere: in genere uova<br />
che si mettono tra la cenere calda, o<br />
rocchi di salsiccia avvolti nella carta<br />
paglia da macellaio preventivamente<br />
bagnata con vino. C'è poi la cottura<br />
nel sale, oggi di moda ma da sempre<br />
praticata in Sicilia dal momento che<br />
l’isola è stata grande produttrice di<br />
sale fin dall'antichità: fino agli anni<br />
cinquanta era sconosciuta al di là <strong>del</strong>lo<br />
Stretto. Altra specialità è la cottura<br />
<strong>del</strong>le anguille con la sabbia: le anguille<br />
vengono ricoperte con sabbia di<br />
fiume o di mare e poi arrostite sulla<br />
brace. Il grasso che cola, insieme alla<br />
sabbia via via aggiunta, creano una<br />
crosta esterna che a fine cottura viene<br />
rimossa e che lascia la carne bian-<br />
ci ad hoc in grado di regalare ai visitatori<br />
esperienze polisensoriali indimenticabili.<br />
Come ha ben spiegato Ornella Laneri,<br />
presidente di Confindustria Sicilia Alberghi<br />
e Turismo, l’intento <strong>del</strong> progetto «è<br />
quello di fare da collettore tra le varie<br />
realtà <strong>del</strong> mondo <strong>del</strong> turismo e di quello<br />
enogastronomico».<br />
I contorni <strong>del</strong> progetto sono stati già<br />
<strong>del</strong>ineati grazie alla stipula di un protocollo<br />
tra tutti gli alberghi aderenti che<br />
saranno chiamati a promuovere e commercializzare<br />
i prodotti, diventando<br />
snodi di partenza per gli itinerari verso<br />
le Strade <strong>del</strong> Vino. Il Movimento Turismo<br />
<strong>del</strong> Vino Sicilia si occuperà, invece,<br />
di integrare l’offerta con le visite nelle<br />
cantine e fornirà i contenuti per la costruzione<br />
di package turistici. Enterpri-<br />
Il Movimento<br />
Turismo <strong>del</strong><br />
Vino Sicilia si<br />
occuperà di<br />
integrare<br />
l’offerta con<br />
le visite nelle<br />
cantine e<br />
fornirà i<br />
contenuti per<br />
la costruzione<br />
di package<br />
turistici<br />
se Europe Network, infine, chiuderà il<br />
cerchio creando le basi per l’internazionalizzazione<br />
<strong>del</strong>le offerte. Anche Poste<br />
Italiane darà il suo contributo, realizzando<br />
un sito per l’e-commerce di prodotti<br />
e servizi alberghieri oltre a permettere<br />
una veloce ed economica distribuzione<br />
dei prodotti agroalimentari. Prodotti<br />
che <strong>del</strong> resto sono inseriti nella lista <strong>del</strong><br />
presidi Slow Food. Per ottenere questo<br />
contrassegno identificativo si deve essere<br />
in linea con i criteri stabiliti dalla Fondazione<br />
Slow Food per la Biodiversità<br />
Onlus. Più in generale, il Presìdio Slow<br />
Food è applicato a prodotti rari ed eccellenti<br />
a rischio di estinzione, ai gruppi di<br />
contadini, allevatori, pescatori che li<br />
producono, ai disciplinari ed alle regole<br />
di produzione che li contraddistinguono.<br />
Diverse sono le tipologie prese in<br />
esame: cereali, conserve ittiche, derivati<br />
carnei, dolci, erbe e aromi, formaggi,<br />
frutta, legumi, mieli, ortaggi, pane, pesci,<br />
razze e salumi.<br />
Ad oggi la Sicilia ne conta ben 27, ecco<br />
quali. Ortaggi: aglio rosso di Nùbia,<br />
cappero di Salina, cipolla di Giarratana.<br />
Frutta: limone interdonato, mandarino<br />
tardivo di Ciaculli, mandorle di Noto,<br />
melone purceddu d'Alcamo, oliva minuta,<br />
pistacchio di Bronte, susine bianche<br />
di Monreale. Legumi: fagiolo badda di<br />
Polizzi, lenticchia di Ustica. Razze: ape<br />
nera sicula, asino ragusano, capra girgentana,<br />
razza modicana, suino Nero<br />
dei Nebrodi. Pesci: masculina da magghia.<br />
Formaggi: maiorchino, provola<br />
dei Nebrodi, provola <strong>del</strong>le Madonie, vastedda<br />
<strong>del</strong> Belìce. Erbe e aromi: sale marino<br />
integrale artigianale di Trapani. Pane:<br />
pane nero di Castelvetrano, pane tradizionale<br />
di Lentini. Dolci: cuddrireddra<br />
di Delia Manna <strong>del</strong>le Madonie.<br />
Red. Spe.<br />
Il condimento<br />
© RIPRODUZIONE RISERVATA<br />
L’uso <strong>del</strong>l’olio d’oliva è<br />
generalizzato, preferito ad ogni<br />
altro grasso, mentre la sugna è<br />
destinata alla preparazione di<br />
speciali impasti per focacce o<br />
dolciumi<br />
ca e ben cotta. Altra tecnica infine,<br />
oggi <strong>del</strong> tutto scomparsa, era quella<br />
<strong>del</strong>la balata di zolfo. Gli zolfatai <strong>del</strong><br />
Nisseno facevano liquefare il minerale<br />
per separarlo dalle scorie; ancora<br />
liquido e caldissimo lo zolfo veniva<br />
colato in apposite vasche, dette balate,<br />
dalle quali poi venivano ricavati i<br />
pani di zolfo. Un pollo veniva messo<br />
dentro la balata, cuoceva all'intenso<br />
calore e veniva estratto cotto a puntino,<br />
spaccando il pane di zolfo ormai<br />
indurito.<br />
Red. Spe.<br />
© RIPRODUZIONE RISERVATA
<strong>Corriere</strong> <strong>del</strong> <strong>Mezzogiorno</strong> Domenica 30 Giugno 2013<br />
Il piano formativo<br />
Il Baro.Qu.e<br />
come risorsa<br />
Lo chiamano il giardino di pietra. È il<br />
sud-est siciliano, un territorio di settemila<br />
chilometri quadrati tra Catania,<br />
Siracusa e Ragusa che racchiude<br />
millenni di storia e leggenda, di arte e<br />
cultura, e centinaia di chiese e palazzi, le<br />
cui facciate portano il segno di quello stile<br />
tardo Barocco, patrimonio <strong>del</strong>l’Umanità,<br />
che tutto il mondo ci invidia. Una lingua di<br />
terra scolpita da sapienti mani artigiane<br />
che hanno dato un’anima a semplici pietre<br />
diventate tratto distintivo di un territorio:<br />
la nera lavica <strong>del</strong>l’Etna, la giallo-oro degli<br />
iblei, la bianca calcarea di Modica e Ragusa.<br />
Le stesse pietre su cui ancora oggi crescono<br />
le viti, gli aranceti, i mandorleti, gli<br />
alberi di pistacchio che colorano un paesaggio<br />
e mescolandosi armoniosamente<br />
tra loro danno vita alla migliore cultura<br />
enogastronomica siciliana portata in tavola.<br />
Una terra che esprime anche ottime materie<br />
prime nel campo <strong>del</strong>la zootecnia, a cominciare<br />
dal maialino ibleo <strong>del</strong>la storica<br />
Chiaramonte Gulfi, il canestrato siciliano o<br />
il cosacavaddu degli altipiani Ragusani.<br />
Una preziosa e opulenta eredità che deve<br />
ancora trasformarsi nella principale risorsa<br />
di sviluppo economico <strong>del</strong>l’intero<br />
comprensorio puntando oggi alla valorizzazione<br />
di migliaia di realtà imprenditoriali<br />
<strong>del</strong> settore turistico e <strong>del</strong>l’enogastronomia.<br />
Ed ecco che partendo da quella risorsa<br />
che è il barocco, la società catanese Civita<br />
ha messo a punto il piano formativo Baro.Qu.E,<br />
dove le desinenze qualità ed eccellenza<br />
diventano le parole d’ordine di ogni<br />
processo di innovazione cui dovrebbero<br />
guardare aziende e imprenditori, utilizzando<br />
i nuovi strumenti <strong>del</strong>la comunicazione,<br />
<strong>del</strong>la tecnologia, <strong>del</strong> web marketing e <strong>del</strong>la<br />
formazione dei propri dipendenti. Formazione<br />
che guarda avanti con docenti d’eccezione<br />
come l’esperta di mo<strong>del</strong>ling, la peruviana<br />
Karla Chumpitaz, lo chef Carmelo<br />
Chiaramonte, che hanno diretto i corsi di<br />
cake design e di cucina creativa. Ma ci sono<br />
anche le nuove tecniche di presentazione<br />
di una ricercata carta dei migliori vini<br />
Al progetto<br />
hanno aderito<br />
102 aziende<br />
<strong>del</strong> settore<br />
turistico<br />
enogastronomico<br />
Territorio<br />
di 7mila<br />
chilometri<br />
quadrati<br />
che racchiude<br />
millenni<br />
di storia, arte<br />
e cultura<br />
Palermo<br />
3<br />
PA<br />
siciliani o di un raffinatissimo carrello di<br />
salumi e formaggi, con una particolare attenzione<br />
alla degustazione grazie alla quale<br />
si può risalire ai luoghi di produzione<br />
dei prodotti selezionati.<br />
«Baroque è un progetto in carne e ossa<br />
che racconta storie d'impresa che fanno la<br />
differenza in un territorio a vocazione turistica<br />
come il nostro che possiede anche<br />
una grande tradizione gastronomica — ricorda<br />
Nanda D'Amore, presidente <strong>del</strong>la società<br />
Civita — con aziende ormai entrate<br />
nella memoria collettiva, come il Caffè Sicilia<br />
o la trattoria Carmine a Noto e la cioccolateria<br />
Bonajuto a Modica, avamposti di un<br />
percorso <strong>del</strong> gusto che ci porta ad Avola<br />
con le specialità alla mandorla, o a Bronte<br />
e al suo pistacchio».<br />
Al piano BaroQuE (BARO.cco QU.alità<br />
ed E.ccellenza), finanziato da Fondimpresa,<br />
il fondo interprofessionale di Confindustria,<br />
Cgil, Cisl e Uil, hanno aderito 102<br />
aziende <strong>del</strong> settore turistico-enogastronomico,<br />
diretto a 554 dipendenti per 2.980<br />
ore di lezioni programmate, a cui ha partecipato<br />
anche il comune di Noto, la prima<br />
amministrazione pubblica coinvolta in un<br />
piano formativo. Delle 102 realtà imprenditoriali<br />
43 sono di Catania, 35 di Siracusa,<br />
24 di Ragusa. «La formazione continua è<br />
importantissima soprattutto in Sicilia perché,<br />
in questo momento particolare, — ha<br />
aggiunto Nanda d’Amore — può aiutare<br />
ed incentivare le tantissime piccole aziende<br />
che rappresentano la stragrande maggioranza<br />
<strong>del</strong> tessuto produttivo locale In<br />
quest’ottica la formazione professionale diventa<br />
uno degli strumenti più importanti<br />
per sviluppare le eccellenze <strong>del</strong>l'area e creare<br />
i presupposti per l'integrazione degli altri<br />
comparti strategici <strong>del</strong>l'economia».<br />
Letizia Carrara<br />
© RIPRODUZIONE RISERVATA
4<br />
PA<br />
SUPERMERCATO<br />
Maddalena srl<br />
VIA DANTE, 92 - PALERMO<br />
Tel.: 091.332330<br />
La qualità<br />
oltre il market<br />
Domenica 30 Giugno 2013 <strong>Corriere</strong> <strong>del</strong> <strong>Mezzogiorno</strong>
<strong>Corriere</strong> <strong>del</strong> <strong>Mezzogiorno</strong> Domenica 30 Giugno 2013<br />
In cucina<br />
Interpreti <strong>del</strong>la tradizione<br />
Rigide regole miste all’innovazione,<br />
ecco gli chef che portano nel mondo<br />
i sapori e la cultura gastronomica siciliana<br />
Se non sei siciliano non puoi capire effettivamente<br />
quale sia il motivo di tanto pathos<br />
instillato in frasi come «appena aperto il<br />
frigorifero, la vide. La caponatina! Sciavuròsa,<br />
colorita, abbondante, riempiva un piatto<br />
funnùto, una porzione per almeno quattro pirsone.<br />
Erano mesi che la cammarera A<strong>del</strong>ina non gliela<br />
faceva trovare. Il pane, nel sacco di plastica, era<br />
fresco, accattato nella matinata. Naturali, spontanee,<br />
gli acchianarono in bocca le note <strong>del</strong>la marcia<br />
trionfale <strong>del</strong>l’Aida». Spesso, il noto scrittore siciliano<br />
Andrea Camilleri utilizza la metafora <strong>del</strong><br />
cibo quando ha da porre l’accento su un momento<br />
o un’atmosfera di assoluta passione. Il cibo inteso<br />
come «mémoire», materno e sincero, è alla base<br />
<strong>del</strong>la nuova tradizione siciliana, vista e rivista<br />
da giovani interpreti <strong>del</strong>la «nouvelle vague».<br />
Pietro D’Agostino interpreta a suo modo l’essere<br />
— al contempo — un noto chef stellato e il<br />
figlio naturale <strong>del</strong>la grande tradizione culinaria siciliana.<br />
Durante l’infanzia rimane ammaliato dagli<br />
odori <strong>del</strong>la cucina di casa, profumata di basilico,<br />
pomodori e melanzane, associati a regola d'arte<br />
per dar luogo ai magnifici accostamenti (regalo<br />
degli arabi che non smetteremo mai di ringraziare).<br />
«Credo nella magia, quella <strong>del</strong> piatto, nel suo<br />
percorso dalla cucina al tavolo, e sino alla bocca.<br />
Dove gli ingredienti esprimono la loro storia e<br />
s'esaltano per la combinazione con cui la mia fantasia<br />
ha voluto proporli». Così Pietro descrive il<br />
suo modo di intendere la cucina <strong>del</strong> territorio; nel<br />
suo peregrinare in giro per il mondo non si è mai<br />
scrollato di dosso i sapori <strong>del</strong>la sua terra, sempre<br />
ricercati e rintracciati in ogni ristorante, dove ha<br />
lavorato, da Londra, a Roma, passando per la Costa<br />
Rica, la Florida e Torino.<br />
Il focus<br />
Oggi Pietro ha il suo spazio a Taormina, la<br />
«Capinera», e soprattutto il suo menu, all'interno<br />
<strong>del</strong> quale è facile rintracciare spesso la voce «alla<br />
mia maniera», quasi a voler sottolineare (e ci tiene)<br />
una paternità e un orgoglio assolutamente siciliano.<br />
Assaggiare la sua parmigiana dolce è<br />
un’esperienza indimenticabile. Anche se l'aspetto<br />
non ricorda affatto le «poco estetiche» stratificazioni<br />
super fritte <strong>del</strong>la nonna, il sapore e l'odore<br />
hanno tutto il gusto dei bei ricordi, addirittura di<br />
quelli sopiti e atavici di una cucina <strong>del</strong>la lontananza,<br />
di un mondo perduto e vivo solo nella nostra<br />
memoria. La parmigiana di Pietro sembra figlia di<br />
prodigiosi alchimisti, piuttosto che di rubicondi<br />
pasticceri, perché non ci si aspetterebbe mai di<br />
Al Sale Art cafè di Catania, l’alta qualità dei prodotti è una filosofia di vita<br />
Seèvero che la cucina è un’arte allora<br />
non c’è abbinamento più azzeccato<br />
di quello ideato da Andrea<br />
Graziano, imprenditore poliedrico e<br />
mecenate <strong>del</strong> gusto che all’età di 25 anni<br />
ha lanciato a Catania un nuovo modo<br />
di intendere la passione per la forchetta,<br />
arrivando dodici anni più tardi<br />
a realizzare l’ambizioso progetto di proporre<br />
prodotti di altissima qualità accessibili<br />
a tutti.<br />
Il Sale Art Cafè, promotore <strong>del</strong>la rinascita<br />
di quel polo <strong>del</strong>la gastronomia catanese<br />
che è diventata a tutti gli effetti<br />
la zona intorno vico Santa Filomena, a<br />
due passi da via Etnea, è un perfetto<br />
connubio tra due passioni: quella per i<br />
fornelli scatenatasi sin dall’adolescenza<br />
a dispetto dei<br />
sogni di mamma e papà che<br />
immaginavano per lui una<br />
carriera diversa, forse più<br />
tradizionale, e quella, trasmessa<br />
come un gene ereditario,<br />
per l’arte. Non è un caso<br />
se il luogo dove sorge il<br />
Sale Art Cafè è lo stesso dove<br />
era prosperata per ben<br />
25 anni la galleria d’arte gestita<br />
dai genitori. E l’aria di<br />
famiglia si respira pure nel<br />
nome <strong>del</strong> ristorante, un<br />
omaggio alle saline in quel<br />
di Siracusa di cui si occupavano<br />
i nonni.<br />
Dall’inaugurazione nel<br />
2002, il Sale Art Cafè è riuscito ad imporsi<br />
nel panorama gastronomico catanese,<br />
divenendo un sicuro punto di riferimento<br />
per gli amanti <strong>del</strong>la gastronomia<br />
raffinata e di qualità in Sicilia e<br />
non solo tanto che gli appassionati di<br />
turismo enogastronomico annotano il<br />
suo indirizzo come una tappa immancabile<br />
nei loro tour sull'Isola. Il suo segreto?<br />
Va ricercato nella ricerca di prodotti<br />
di altissima qualità e di tradizioni<br />
rivisitate in chiave moderna che hanno<br />
decretato il successo <strong>del</strong>la formula.<br />
«I primi tempi al Sale sono stati duri<br />
Sopra, lo chef stellato Pietro D’Agostino all’opera. A<br />
destra, la caponata, piatto tipico <strong>del</strong>la tradizione e<br />
infine, sotto, la parmigiana dolce<br />
Quando il successo è una questione di gusto<br />
— spiega l’imprenditore catanese —<br />
L'innovazione nella cucina non era ancora<br />
molto apprezzata. Ma col tempo il<br />
Sale è diventato un mo<strong>del</strong>lo da seguire,<br />
una finestra sull’alta gastronomia siciliana.<br />
Abbiamo ospitato grandissimi<br />
chef che hanno partecipato agli eventi<br />
organizzati all'interno <strong>del</strong> locale e fuori,<br />
culminati nel 2012 in una grande<br />
manifestazione a Parigi che ha coinvolto<br />
i nostri produttori d’eccellenza: è stato<br />
un successo».<br />
Andrea Graziano, oggi 37enne con<br />
un bagaglio di esperienze culinarie in<br />
giro per l’Europa, ha fatto <strong>del</strong>la ricerca<br />
il suo marchio di fabbrica che nel 2012<br />
ha trovato la sua massima espressione<br />
in Fud, «una bottega sicula<br />
dei sapori» ma soprattutto<br />
un brand che riunisce le «creazioni»<br />
dei migliori produttori<br />
attivi in Sicilia e in Italia<br />
con i quali il lungimirante<br />
imprenditore ha stretto rapporti<br />
di collaborazione sin<br />
da tempi non sospetti.<br />
Fud è un centro di raccolta<br />
<strong>del</strong>le competenze acquisite<br />
in dodici anni di lavoro.<br />
Uno spazio informale, contemporaneo<br />
che si propone<br />
di offrire l’altissima qualità a<br />
prezzi accessibili. «Abbiamo<br />
lanciato l’idea di tornare ai<br />
cibi semplici, da strada, con<br />
poca cucina ma grande attenzione<br />
alla qualità — sottolinea Graziano<br />
— Da noi si trovano carni selezionate,<br />
prodotti caseari e insaccati che sono<br />
il top <strong>del</strong>l’espressione siciliana di<br />
qualità. In più, ed è questa un’idea a<br />
cui lavoravamo da tempo, c'è il marchio<br />
Fud, una linea di prodotti che è la<br />
sintesi <strong>del</strong>le professionalità con cui collaboro<br />
sin dall'inizio, caratterizzata da<br />
una grafica essenziale, senza etichette<br />
e definizioni, perché il prodotto si presenta<br />
da solo».<br />
Clelia Coppone<br />
© RIPRODUZIONE RISERVATA<br />
trovare insieme dei gusti all'apparenza tanto distanti:<br />
la melanzana appena fritta e il cioccolato<br />
amaro, la ricotta dolce e la zuppetta di pomodoro.<br />
Malgrado i preconcetti, tutto funziona a meraviglia,<br />
il palato rintraccia positivamente ogni singolo<br />
tratto <strong>del</strong>la stratificazione, passando in rassegna<br />
in maniera sincrona la purea di melanzana, la<br />
ricotta, un pizzico di pomodoro e infine lui, il magnifico<br />
cioccolato amaro, posto come custode e<br />
garante di un pezzo di storia, non stuprata ma<br />
piuttosto esaltata e magnificata.<br />
Un altro piatto simbolo <strong>del</strong>la cucina siciliana è<br />
sicuramente la «caponatina», forse è quello più<br />
amato dal commissario Montalbano, quanto dagli<br />
estimatori <strong>del</strong>la grande tradizione isolana. Secondo<br />
gli storici, la definizione di «caponata» deriverebbe<br />
direttamente dal termine capone, epiteto<br />
siciliano con il quale si indica la lampuga, un pesce<br />
pregiato che veniva servito alle tavole più abbienti,<br />
condito con una salsa agrodolce <strong>del</strong> tutto<br />
simile a quella usata nell’attuale caponatina; è probabile<br />
che il popolo, non potendo permettersi di<br />
acquistare il costoso pesce, prese a sostituirlo con<br />
le più economiche melanzane. Sebbene la caponatina<br />
possa sembrare un piatto «facile», in verità<br />
non lo è affatto, sia l’approccio in cucina che quello<br />
a tavola, infatti, seguono regole ben precise tramandate<br />
di generazione in generazione. Un sottile<br />
e labile equilibrio tra dolce e salato regola la<br />
bontà <strong>del</strong> risultato finale ed è inutile dire che, per<br />
realizzarla, è necessario avere a disposizione<br />
un'ottima materia prima: le melanzane.<br />
Da tempo immemore, la zona <strong>del</strong> vittoriese è la<br />
culla <strong>del</strong>le migliori coltivazioni orticole e, di conseguenza,<br />
fornitore ufficiale <strong>del</strong>le tavole mediterranee.<br />
Vero enfant prodige di questa orticoltura è<br />
certamente Giuseppe Libretti (patron <strong>del</strong>l’omonimo<br />
gruppo ortofrutticolo di Vittoria, in provincia<br />
di Ragusa) che, da figlio d’arte, ha ben compreso<br />
che una gestione manageriale ottimizzata e moderna<br />
avrebbe dovuto fare i conti, necessariamente,<br />
con prodotti evoluti, in grado di offrire qualità<br />
e tradizione gastronomica. Da questa intuizione,<br />
nasce la «caponata siciliana» in barattolo, una blasfemìa<br />
nei termini, una vera rivelazione di gusto<br />
in realtà. L’approccio sarebbe da vero agnosta, ma<br />
superata la prima forchettata ci si stupisce; le verdure<br />
hanno un ottimo sapore di fresco, polpose e<br />
croccanti e il famoso «agrodolce» è ben dosato come<br />
nelle migliori tradizioni.<br />
Non c’è dubbio, il cibo <strong>del</strong>la memoria sta dalla<br />
parte <strong>del</strong>la Sicilia e merita odi e inni (come molte<br />
cose che la riguardano), dà sapore e un senso di<br />
vittoria nei confronti <strong>del</strong>la insensatezza insipida e<br />
inerte <strong>del</strong>le cose.<br />
Venera Coco<br />
Il focus La pregiata razza «rinata» negli ultimi anni<br />
Il maiale nero dei Nebrodi<br />
Il maiale nero sicilia è conosciuto anche<br />
come suino nero dei Nebrodi o nero <strong>del</strong>le Madonie.<br />
È una razza autoctona siciliana di origini<br />
antichissime. Suini rustici, di colore nero,<br />
quasi selvatici, allevati nelle zone boscose<br />
<strong>del</strong>l'isola, sono presenti in Sicilia fin dai tempi<br />
più lontani. Resti fossili e antichi documenti<br />
scritti testimoniano la presenza di questi<br />
animali fin dal periodo greco e cartaginese<br />
(VII-VI secolo a.C.). Durante tutto il Medioevo<br />
era diffuso in Sicilia l'allevamento brado,<br />
che subì una contrazione solamente durante<br />
la dominazione araba per le note motivazioni<br />
di ordine religioso. Questa razze è arrivata<br />
fino ai giorni nostr, con una diffusione in tutta<br />
l'isola ma con una maggiore presenza sui<br />
Monti Nebrodi. Già ai primi <strong>del</strong> Novecento<br />
c’era solo il ricordo dei grandi branchi di suini<br />
al pascolo. Nello stesso periodo si era diffuso<br />
l'incrocio con altre razze migliorate che<br />
avevano provocato una forte riduzione <strong>del</strong><br />
suino nero e una diffusione di soggetti con<br />
pezzature bianche o completamente bianchi.<br />
Un altro fattore che ha determinato la riduzione<br />
<strong>del</strong> suino Nero Siciliano è stata la graduale<br />
scomparsa dei boschi che anticamente<br />
Palermo<br />
© RIPRODUZIONE RISERVATA<br />
Un branco di suini neri in un allevamento<br />
coprivano buona parte dei rilievi siciliani. Negli<br />
ultimi anni c'è stata una decisa ripresa <strong>del</strong>l'allevamento<br />
di questa razza, sulla quale sono<br />
stati effettuati studi mirati alla valorizzazione<br />
<strong>del</strong>le sue produzioni. Il Nero Siciliano<br />
è attualmente una razza ufficialmente riconosciuta<br />
e dotata di registro anagrafico.<br />
Red. Spe.<br />
5<br />
PA<br />
© RIPRODUZIONE RISERVATA
6 Palermo Domenica 30 Giugno 2013 <strong>Corriere</strong> <strong>del</strong> <strong>Mezzogiorno</strong><br />
PA<br />
La curiosità<br />
Avveniristico progetto di una ricercatrice catanese<br />
C’è anche un team siciliano tra i<br />
protagonisti di Changemakers, il<br />
programma di accelerazione<br />
d’impresa promosso da Telecom Italia<br />
e Expo Milano 2015 con l’obiettivo di<br />
cambiare la vita di 10 milioni di persone.<br />
Uno dei progetti — Orange Fiber<br />
ideato da quattro giovani catanesi —<br />
fa parte infatti <strong>del</strong>le 10 migliori idee selezionate<br />
a livello nazionale per essere<br />
sviluppate e trasformate in potenziali<br />
startup sostenibili e innovative. Orange<br />
Fiber è un progetto di moda «sociale»<br />
che, attraverso l’utilizzo <strong>del</strong>le nanotecnologie,<br />
punta a trasformare gli<br />
scarti di agrumi in materie prime tessili<br />
e abiti in grado di rilasciare vitamine<br />
a contatto con la pelle, realizzati da<br />
donne in difficoltà e persone svantaggiate.<br />
Ideato da Adriana Santanocito,<br />
designer 35enne, e da Enrica Arena,<br />
27enne professionista <strong>del</strong>la comunicazione,<br />
il progetto si avvale anche <strong>del</strong>le<br />
professionalità di Stefania Cauzo,<br />
27enne laureata in economia aziendale,<br />
e di Manfredi Grimaldi, 32 anni,<br />
esperto di economia agroalimentare.<br />
L’intuizione di un tessuto fatto con le<br />
arance che rilasci vitamine al contatto<br />
con la pelle piace. Prima un premio dalla<br />
provincia di Milano, poi l’arrivo in<br />
finale alla business plan competition<br />
Start cup Lombardia, infine l’assegnazione<br />
<strong>del</strong> premio «dall’idea all’impresa»<br />
di Assolombarda. Nel giro di un anno,<br />
Adriana Santanocito, catanese, 35 anni,<br />
ha visto Orange fiber — la sua idea<br />
professionale di moda ecosostenibile<br />
— ottenere un riconoscimento dopo<br />
l’altro. Si è trasferita da Catania a Milano<br />
poco più di quattro anni fa, per iniziare<br />
a studiare per diventare fashion<br />
designer. Al momento di pensare alla<br />
tesi finale, «avevo una gran voglia di<br />
mettere in piedi qualcosa di nuovo». E<br />
così ha fatto. «Ho sempre trovato molto<br />
interessante lo studio dei materiali e<br />
partivo dal presupposto che il mio<br />
obiettivo fosse creare un nuovo tessuto,<br />
che derivasse dalla parte biodegra-<br />
Il prodotto siciliano più apprezzato<br />
e conosciuto in Italia e nel mondo<br />
Un consorzio ne tutela la qualità<br />
Q<br />
uando si parla di Sicilia è quasi<br />
automatico associare l’isola anche<br />
al suo prodotto principe:<br />
l’arancia. Un frutto conosciuto e<br />
apprezzato in tutto il mondo. Tre le principali<br />
qualità: il Tarocco. Questa qualità<br />
— si legge nel sito <strong>del</strong> consorzio che raccoglie<br />
i produttori di arance rosse siciliane<br />
Igp — si pensa nasca da una mutazione<br />
gemmaria <strong>del</strong> comune Sanguinello<br />
scoperta in un agrumeto di Francofonte<br />
tra otto e novecento. La maturazione nei<br />
terreni in collina e meglio esposti inizia a<br />
metà di dicembre e termina, nelle aree<br />
tardive, verso metà maggio. I frutti sono<br />
di grosso calibro con forma sferica tendente<br />
all’ovoidale. Questa varietà si distingue<br />
inoltre per il cosiddetto collare o<br />
«muso», più o meno prominente. Il colore<br />
<strong>del</strong>la buccia è giallo-arancio, arrossato<br />
su metà <strong>del</strong>la superficie. La polpa, priva<br />
di semi, è giallo arancio, con pigmentazioni<br />
rossastre più o meno intense a seconda<br />
<strong>del</strong> momento di raccolta, mediamente<br />
succosa e di sapore eccellente. Sono<br />
ammessi alla coltivazione i seguenti<br />
cloni: Tarocco cumone, Tarocco Galice,<br />
Tarocco gallo, Tarocco <strong>del</strong> muso, Tarocco<br />
nucellare 57-1E-1 e 61-1E-4, Tarocco<br />
Catania e Tarocco Scirè. Poi c’è la qualità<br />
Moro.<br />
Originaria <strong>del</strong>la zona di Lentini e ora<br />
diffusa nelle aree di Catania e Siracusa,<br />
questa cultivar è la prima a maturare tra<br />
le arance rosse: è possibile gustarla dai<br />
primi di dicembre a metà marzo. È di ca-<br />
Gli agrumi, buoni anche da indossare<br />
La scheda<br />
Il procedimento di<br />
realizzazione <strong>del</strong>le fibre<br />
consiste nel prendere gli<br />
scarti trasformarli in<br />
capi d’abbigliamento. Si<br />
estrae cellulosa buona<br />
per essere filata, e il<br />
processo per farlo è<br />
sostenibile. Non si abusa<br />
<strong>del</strong>le materie prime né si<br />
intaccano prodotti<br />
alimentari. Il valore<br />
aggiunto, poi, è anche<br />
un altro: le<br />
nanotecnologie hanno<br />
permesso di applicare<br />
nei vestiti <strong>del</strong>le<br />
microcapsule che, a<br />
contatto con la pelle,<br />
rilasciano vitamine A, C<br />
ed E, quindi danno un<br />
beneficio reale e visibile<br />
all’utente.<br />
I frutti <strong>del</strong>la terra<br />
Sua maestà l’arancia<br />
dabile di sostanze biologiche vegetali:<br />
sono siciliana, la prima cosa che m’è<br />
venuta in mente è stata un’arancia».<br />
Santanocito ha progettato una collezione,<br />
in vendita a partire dal 2013, composta<br />
da 10 abiti, tutti fatti di una stoffa<br />
creata a partire dagli scarti <strong>del</strong>l’industria<br />
agrumicola siciliana. «Ho cercato<br />
un collegamento tra la mia terra e il lavoro».<br />
Con Enrica Arena, 26 anni, laureata<br />
in Cooperazione internazionale,<br />
Adriana Santanocito ha costruito una<br />
squadra legata dalla fiducia. «È un’amica<br />
di sempre e mi piaceva l’idea che potesse<br />
dare un valore aggiunto al progetto<br />
con la sua professionalità – spiega la<br />
stilista – perché non si può pensare di<br />
lavorare solo in Italia». Insieme a lei, e<br />
con l’aiuto <strong>del</strong> Politecnico di Milano,<br />
Orange fiber è diventato un progetto<br />
di ricerca prima e imprenditoriale poi,<br />
con un brevetto adesso in attesa di approvazione».<br />
«Le arance hanno perlopiù<br />
tre destinazioni: la vendita diretta,<br />
la lavorazione a scopo alimentare e<br />
quella a scopo cosmetico. Tutte queste<br />
finalità producono scarti», afferma<br />
Santanocito. A quelli, si aggiungono i<br />
frutti che non vengono usati perché<br />
non idonei per il mercato alimentare.<br />
A causa, per esempio, di bucce troppo<br />
spesse, colorito non uniforme o imperfezioni<br />
dovute agli agenti climatici. A<br />
vederlo fa impressione, ma ci sono tappeti<br />
di arance che vengono buttate perché<br />
non se ne può fare nulla». Orange<br />
fiber prende gli scarti e li trasforma in<br />
capi d'abbigliamento. «Estraiamo cellulosa<br />
buona per essere filata, e il processo<br />
per farlo è sostenibile — precisa —<br />
Non abusiamo di materie prime né intacchiamo<br />
prodotti alimentari». Il valore<br />
aggiunto, poi, è anche un altro: «Le<br />
nanotecnologie ci hanno permesso di<br />
applicare nei vestiti <strong>del</strong>le microcapsule<br />
che, a contatto con la pelle, rilasciano<br />
vitamine A, C ed E, quindi danno un beneficio<br />
reale e visibile all’utente».<br />
Red. Spe.<br />
© RIPRODUZIONE RISERVATA<br />
libro medio con forma fra la sferica e<br />
l’ovoidale; la buccia è arancione con sfumature<br />
rosso vinose; la polpa, senza semi,<br />
è interamente di colore rosso scuro,<br />
specialmente a maturazione avanzata. Il<br />
colore <strong>del</strong> succo è sanguigno per la presenza<br />
di di antociani (pigmenti naturali)<br />
nella polpa e nella buccia. La resa in succo<br />
è elevata ed il sapore molto gradevole<br />
e leggermente acidulo. Sono ammessi alla<br />
coltivazione i seguenti cloni: Moro comune,<br />
Moro di Lentini, Moro nucellare<br />
58-8D-1. Infine c’è il Sanguinello, che è<br />
presente da lungo tempo nelle aree arancicole<br />
<strong>del</strong>le province di Catania e Siracusa.<br />
Insieme al Sanguinello moscato, è la<br />
più importante cultivar italiana di media<br />
stagione: infatti la maturazione inizia in<br />
febbraio ma il grosso <strong>del</strong>la raccolta avviene<br />
tra marzo e aprile. I frutti sono di cali-<br />
Qualità<br />
Tre le<br />
principali<br />
varietà<br />
di arance,<br />
abbiamo<br />
il Tarocco,<br />
il sanguinello<br />
eilmoro<br />
bro medio con forma oblunga o sferica;<br />
la buccia è di colore arancio intenso con<br />
sfumature rosse. La polpa, senza semi o<br />
quasi, è di colore arancio con numerose<br />
screziature sanguigne, molto succosa e<br />
di sapore eccellente. Sono ammessi alla<br />
coltivazione i seguenti cloni: Sanguinello<br />
cumune, Sanguinello moscato, Sanguinello<br />
moscato nucellare 49-5-3 e 49-5-5,<br />
Sanguinello moscato Cuscanà. Come detto,<br />
per la tutela di questo tipo di frutto,<br />
nel 1994 è nato Il Consorzio di Tutela di<br />
Arancia Rossa, nella forma di associazione<br />
di produttori <strong>del</strong>l'arancia rossa, quale<br />
soggetto proponente all'Unione Europea<br />
il riconoscimento <strong>del</strong>l’Igp. L’arancia rossa<br />
rientra quindi fra le prime produzioni<br />
tipiche tutelate a livello nazionale. Sucessivamente<br />
viene avviato l'iter per la costituzione<br />
<strong>del</strong> Consorzio di Tutela vero e<br />
proprio oggi esistente, con il coinvolgimento<br />
di tutte le fasi <strong>del</strong>la filiera (produzione<br />
e condizionamento). Per potersi<br />
fregiare di questo titolo un prodotto deve<br />
avere le seguenti caratteristiche: essere<br />
originario <strong>del</strong>la regione o area indicata;<br />
possedere una determinata qualità, reputazione<br />
o altra caratteristica che possa<br />
essere attribuita all'origine geografica; almeno<br />
una fase <strong>del</strong> processo produttivo<br />
e/o di trasformazione deve avvenire nell'area<br />
geografica determinata. È stato rilevato<br />
che il consumatore italiano percepisce<br />
i prodotti nazionali come garanzia di<br />
bontà e gusto. Tale garanzia è particolarmente<br />
riconosciuta alle arance rosse prodotte<br />
in Sicilia. La garanzia di qualità, origine<br />
e tracciabilità offerta al consumatore<br />
per Arancia Rossa di Sicilia grazie al<br />
marchio Igp (Identificazione Geografica<br />
Protetta), rappresenta perciò un elemento<br />
molto importante di visibilità, trasparenza<br />
e ottenimento di fiducia dai consumatori.<br />
Red. Spe.<br />
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<strong>Corriere</strong> <strong>del</strong> <strong>Mezzogiorno</strong> Domenica 30 Giugno 2013<br />
Le eccellenze<br />
Il «continente» <strong>del</strong> vino<br />
Dalla scorsa vendemmia<br />
tutti i prodotti sono stati<br />
raggruppati nella Doc Sicilia<br />
Vini di montagna, di collina e di pianura.<br />
Vini di sole e di neve. La Sicilia è<br />
l'unica regione d’Italia ad essere così<br />
eterogenea, basti accostare terre come<br />
quella di Pantelleria e <strong>del</strong>l’entroterra palermitano.<br />
O soffermarsi sulla valle <strong>del</strong>l’Etna, un microcosmo<br />
che non ha eguali, un piccolo continente<br />
a sé, che resiste alle pendici <strong>del</strong> suo vulcano, e il<br />
cui gioco di climi e suoli è tale da creare vini<br />
con caratteristiche sempre diverse.<br />
La regione è un vero e proprio continente <strong>del</strong><br />
vino che dalla scorsa vendemmia è stato raggruppato<br />
nella Doc Sicilia (anche se non tutti —<br />
si pensi alla Doc <strong>del</strong>l’Etna — hanno aderito). I<br />
primi prodotti sono stati presentati allo scorso<br />
Vinitaly con un buon successo. La nuova Doc è<br />
stata aiutata anche dall’incremento <strong>del</strong>la produzione.<br />
Nel 2012, nonostante le condizioni climatiche<br />
non favorevoli, è cresciuta <strong>del</strong> 15,6%, tornando<br />
ai livelli <strong>del</strong> 2010 e invertendo il trend<br />
negativo che dal 2009 al 2011 aveva determinato<br />
un calo complessivo <strong>del</strong> 22%. Per la Doc Sicilia<br />
si stimano 520 mila ettolitri potenziali per<br />
circa 70 milioni di bottiglie. Se il dato fosse confermato,<br />
la Doc Sicilia sarebbe la settima nella<br />
classifica nazionale per volumi e la più estesa<br />
d'Italia (diecimila ettari). Anche se il vino siciliano<br />
è ancora prevalentemente Igt (59%).<br />
L'obiettivo <strong>del</strong>la Doc è quello di imprimere<br />
una nuova spinta, dopo il successo degli scorsi<br />
anni, al vino siciliano. Se, infatti, l'obiettivo tecnico<br />
dichiarato <strong>del</strong>la denominazione regionale<br />
è di garantire al consumatore un prodotto controllato,<br />
di origine certa e con standard qualitativi<br />
garantiti, questa doc possiede anche un grande<br />
valore strategico nel rafforzamento <strong>del</strong><br />
brand Sicilia, permettendo ai vini di qualità <strong>del</strong>l'isola<br />
di essere più facilmente riconoscibili e<br />
quindi appetibili soprattutto agli occhi <strong>del</strong> consumatore<br />
straniero.<br />
Il 2013 è quindi un anno importante per la<br />
promozione <strong>del</strong>la produzione regionale spinta<br />
anche dagli appuntamenti (degustazioni, convegni,<br />
serate mondane) che si susseguono a<br />
Marsala, proclamata quest'anno Città europea<br />
<strong>del</strong> vino. A rendere il clima ancora più allegro<br />
arriveranno i campionati mondiali di kitesurf,<br />
che si svolgono questo weekend a Marsala con<br />
la possibilità di sfruttare la Laguna <strong>del</strong>lo Stagnone<br />
come palcoscenico naturale per aperitivi e<br />
degustazioni, mentre si esibiscono kite e wind<br />
surfer.<br />
Una viticultura, quella siciliana, che in alcune<br />
zone — come Pantelleria, per esempio — diventa<br />
eroica a causa <strong>del</strong>la continua riduzione <strong>del</strong>la<br />
produzione e <strong>del</strong>le condizioni di lavoro quasi<br />
proibitive. Ma c'è ancora chi scommette sulla<br />
Le stime di produzione<br />
Per la Doc Sicilia si stimano 520 mila<br />
ettolitri potenziali per circa 70 milioni<br />
di bottiglie. L'obiettivo <strong>del</strong>la Doc è<br />
quello di imprimere una nuova<br />
spinta, dopo il successo degli scorsi<br />
anni, al vino siciliano<br />
Sicilia come il manager bergamasco Massimo<br />
Lentsh che in questi giorni ha inaugurato a Lipari<br />
la più grande cantina <strong>del</strong>le Eolie, nella frazione<br />
di Quattropani.<br />
Da qualche anno Lentsh, titolare <strong>del</strong>la «Tenuta<br />
di Castellaro», produce nella più grande isola<br />
<strong>del</strong>l'arcipelago e dalla prossima vendemmia potrà<br />
anche vinificare a Lipari. L’estensione dei vigneti<br />
è di venti ettari dei quali nove vitati e undici<br />
da vitare nei prossimi 5-8 anni con l'obiettivo<br />
di arrivare a una produzione annua di 120<br />
mila bottiglie. «Tutto il processo di vinificazione<br />
— spiega Massimo Lentsch — avviene per<br />
caduta senza l'ausilio di pompe nei diversi travasi<br />
ed è previsto il solo uso di lieviti indigeni.<br />
L'orientamento è la produzione di vini naturali<br />
di eccellenza valorizzando nei blend prodotti i<br />
vitigni autoctoni <strong>del</strong>le Isole Eolie (la Malvasia<br />
<strong>del</strong>le Lipari nel Bianco Pomice e il Corinto nel<br />
Nero Ossidiana). Oltre a questi due vini, a gennaio<br />
2014 sarà presentata la Malvasia <strong>del</strong>le Lipari<br />
Doc».<br />
Simona Licandro<br />
© RIPRODUZIONE RISERVATA<br />
Palermo<br />
7<br />
PA<br />
I numeri<br />
Nel 2012,<br />
nonostante le<br />
condizioni climatiche<br />
non favorevoli, è<br />
cresciuta <strong>del</strong> 15,6%,<br />
tornando ai livelli <strong>del</strong><br />
2010 e invertendo il<br />
trend negativo che<br />
dal 2009 al 2011<br />
aveva determinato<br />
un calo complessivo<br />
<strong>del</strong> 22%
8<br />
PA<br />
Domenica 30 Giugno 2013 <strong>Corriere</strong> <strong>del</strong> <strong>Mezzogiorno</strong>
<strong>Corriere</strong> <strong>del</strong> <strong>Mezzogiorno</strong> Domenica 30 Giugno 2013<br />
Il focus / 1<br />
Nel cuore di Ragusa<br />
Incastonata nel centro storico di Ibla,<br />
da 60 anni la Locanda Don Serafino<br />
è tappa obbligata per chi arriva in città<br />
Siscrive Locanda Don Serafino, si legge eccellenza<br />
gastronomica, premiata dal<br />
2007 con la prestigiosissima stella Michelin.<br />
Il ristorante, nato nel 2000 per volontà<br />
dei fratelli Antonio e Giuseppe La Rosa, si è<br />
rapidamente affermato come uno dei migliori<br />
in Sicilia. E pensare che tutto cominciò negli anni<br />
Cinquanta sul litorale di Marina di Ragusa,<br />
dove il papà, don Serafino, gestiva un lido che<br />
quest’anno festeggia 60 anni d’attività dove ebbe<br />
inizio la sua avventura gastronomica con<br />
una cucina semplice, basata prevalentemente<br />
su pietanze a base di pesce. «Negli anni Novanta<br />
— spiega Giuseppe La Rosa, 46 anni — io e<br />
mio fratello Antonio rivoluzionammo l’offerta<br />
<strong>del</strong>lo stabilimento sia sotto il profilo gastronomico<br />
che sotto l’aspetto <strong>del</strong> relax per i clienti.<br />
Fu allora che maturammo l’idea di dare vita a<br />
un ristorante d'eccellenza che mantenesse le caratteristiche<br />
e le modalità <strong>del</strong>la cucina siciliana».<br />
Oggi il Don Serafino è una tappa obbligatoria<br />
per i buongustai che visitano l’Isola, che possono<br />
anche pernottare nel vicino boutique hotel<br />
inaugurato nel 2004. «Ci sono sere in cui la<br />
sala è piena e si parla solo inglese», sottolinea<br />
Giuseppe La Rosa che proprio per questa ragione<br />
ha scelto di far frequentare ai suoi dipendenti<br />
i corsi di lingua inglese inseriti nel progetto<br />
Baroque <strong>del</strong>la società catanese Civita e finanziato<br />
da Fondimpresa.<br />
Il fascino <strong>del</strong> ristorante deriva non solo dalla<br />
bellezza <strong>del</strong> locale ricavato nella suggestiva cornice<br />
offerta da una grotta adiacente alla chiesa dei<br />
Miracoli, immersa nei vicoli che caratterizzano il<br />
cuore barocco di Ragusa Ibla, la parte storica <strong>del</strong>-<br />
Q uella<br />
<strong>del</strong> decoro è un'arte antica nella<br />
pasticceria siciliana. Lo sa bene<br />
la famiglia Corsino, che a Palazzolo<br />
Acreide, da cinque generazioni, custodisce<br />
una tradizione che nelle sue linee curve<br />
così armoniose e opulente riporta a<br />
quello stile tardo barocco diventato tratto<br />
distintivo di un intero territorio <strong>del</strong> sud<br />
est siciliano. Sono passati centoventi anni,<br />
era il 1889 quando il primo Corsino,<br />
Giuseppe, aprì bottega in piazza Pretura<br />
facendosi pagare dai clienti solo<br />
la manodopera: la gente portava<br />
nel suo laboratorio uova, farina e<br />
frutta, e lui realizzava per loro i<br />
dolci <strong>del</strong>la domenica. Ancora oggi<br />
il segreto <strong>del</strong>l'antica pasticceria<br />
Corsino sta nella selezione <strong>del</strong>le<br />
materie prime, dalle mandorle<br />
di Avola al pistacchio di Bronte,<br />
dal sesamo al cioccolato di Modica.<br />
Sapori antichi, unici e inconfondibili<br />
che esprimono un territorio<br />
austero e festoso nello stesso<br />
tempo. Un'alchimia di gusti e<br />
fragranze pienamente naturali, alcuni<br />
dei quali, conosciuti sin dall'antichità<br />
e che oggi fanno il giro<br />
<strong>del</strong> mondo. "Far conoscere fuori<br />
dall'isola ed esportare i prodotti<br />
<strong>del</strong>la pasticceria iblea è una<br />
scelta maturata da una precisa convinzione<br />
- spiega Marcella Monaco, la giovane<br />
imprenditrice che ha preso in mano le redini<br />
<strong>del</strong>l'azienda- di proporre un pezzo<br />
<strong>del</strong>la nostra storia".<br />
Ma quando si parla di prodotti gastronomici<br />
siciliani non si può fare a meno di<br />
considerarli <strong>del</strong>le vere opere d'arte. Cosa<br />
sarebbe una cassata, la regina dei dolci siciliani,<br />
senza quelle festose decorazioni di<br />
frutta candita che riconducono alla policromia<br />
degli altrettanto celebri carretti siciliani.<br />
O quelle ricche ceste di frutta Martorana,<br />
a colori vibranti, confezionate con<br />
pasta di mandorle chiamata pasta reale,<br />
così come i pupi di zucchero o le antiche<br />
torte nuziali erette in colonne corinzie,<br />
Negli anni Cinquanta sul litorale di Marina di Ragusa, don<br />
Serafino, gestiva un lido che quest’anno festeggia 60 anni<br />
d’attività dove ebbe inizio la sua avventura gastronomica<br />
la bella cittadina riconosciuta dall’Unesco come<br />
patrimonio <strong>del</strong>l’umanità. Un ambiente che mescola<br />
con sapienza il candore <strong>del</strong>la roccia naturale<br />
agli arredi di design, che ha indotto il direttore<br />
<strong>del</strong>la guida Michelin a classificarlo come uno dei<br />
più bei locali d’Italia. Buona parte <strong>del</strong> suo appeal<br />
è dovuto a una questione di sostanza, perché la<br />
sua cucina creativa e raffinata non dimentica il<br />
legame con il territorio e con le materie prime,<br />
ma al contrario lo reinterpreta e lo valorizza affidandosi<br />
all’estro <strong>del</strong>lo chef Vincenzo Candiano,<br />
ragusano di 34 anni, un vero e proprio artista dei<br />
fornelli. Candiano, formatosi alla scuola <strong>del</strong> gran-<br />
Il focus / 2 L’antica pasticceria Corsino a Palazzolo Acreide<br />
Quando la decorazione dei dolci<br />
diventa una vera e propria arte<br />
La scheda<br />
La cassata, prodotto <strong>del</strong>la<br />
pasticceria siciliana, e<br />
più specificatamente di<br />
Palermo, merita il posto<br />
d'onore tra i dolci tipici<br />
di questa regione; la<br />
cassata nata per<br />
celebrare la Pasqua dopo<br />
i sacrifici quaresimali, è<br />
divenuta di consumo<br />
comune durante tutto<br />
l'anno. I suoi decori sono<br />
barocchi, e sontuosi e la<br />
sua derivazione in realtà<br />
è di origine araba: il suo<br />
nome deriva dal<br />
vocabolo arabo<br />
"Quas'at", che significa<br />
sco<strong>del</strong>la grande e tonda,<br />
e la ricchezza dei suoi<br />
ingredienti rispecchia le<br />
caratteristiche <strong>del</strong>la<br />
cucina saracena.<br />
che lasciano a bocca aperta e non solo per<br />
la voglia di mangiarle. Conservare la tradizione<br />
non significa, comunque, non guardare<br />
alle nuove tendenze e a quella passione<br />
che esplode in arte creativa e che oggi<br />
assume le forme più bizzarre. E così, accanto<br />
ai dolci <strong>del</strong>le migliori ricette <strong>del</strong>la<br />
nonna, come la pignoccata, 'u ciascuni, o<br />
le ossa dei motti, facendo ben attenzione<br />
a non lasciarsi corrompere da una gastronomia<br />
da non sottovalutare, nella pasticcieria<br />
Corsino si trovano anche<br />
le modernissime torte ricoperte<br />
di glasse di zucchero e decorate<br />
con petali di fiori, perle bianche<br />
e grandi fiocchi. Tutti pazzi per<br />
quello stile tutto britannico, che<br />
oggi spopola con il nome di cake<br />
design, che fece il suo battesimo<br />
ufficiale addirittura nel 1840 al<br />
matrimonio <strong>del</strong>la regina Vittoria<br />
e che da allora fa il giro su migliaia<br />
di blog, siti dedicati e tra milioni<br />
di appassionate che si cimentano<br />
a inventare e colorare pupazzetti<br />
e cartoons. "Bisogna<br />
sempre guardare alle tradizioni<br />
ma è necessario anche saper proiettarsi<br />
nel futuro - suggerisce<br />
Sebastiano Monaco, responsabile<br />
<strong>del</strong>la produzione <strong>del</strong>la pasticceria<br />
che oltre trent'anni fa ha sposato<br />
una Corsino doc, Itria Gallitto. Con uno<br />
sguardo che trasuda ancora passione e dedizione,<br />
Sebastiano, il vero artista di casa<br />
Corsino trascorre più di dieci ore al giorno<br />
nella sua cucina. Al fianco <strong>del</strong>la docente,<br />
la peruviana Karla Chumpitaz (specializzata<br />
nel mo<strong>del</strong>ling, <strong>del</strong>la Scuola di "Silovoglio<br />
Kitchen" di Milano) durante il corso<br />
sul cake design organizzato dalla società<br />
di formazione Civita nell'ambito <strong>del</strong><br />
progetto Baroque, è il primo ad apprendere<br />
le nuove tecniche, ma poi gira lo sguardo<br />
e assicura, sotto la glassa, c'è tutta la<br />
nostra Sicilia!<br />
Letizia Carrara<br />
© RIPRODUZIONE RISERVATA<br />
de maestro Giovanni Vernuccio, è approdato nello<br />
staff <strong>del</strong> Don Serafino nel 2002. Cinque anni<br />
più tardi il ristorante ha ricevuto la tanto ambita<br />
stella Michelin, da allora sempre confermata, e<br />
nel 2008 Candiano è stato premiato come migliore<br />
chef emergente <strong>del</strong> Sud Italia. E pensare che<br />
avrebbe voluto fare altro «da grande». «Sono arrivato<br />
alla cucina per caso, quasi per sbaglio —<br />
dice di sé — In estate, finita la scuola media, decisi<br />
di lavorare in un ristorante. Iniziai come cameriere<br />
e nel giro di meno di un mese mi ritrovai<br />
promosso ad aiuto in cucina. Mi piacque talmente<br />
tanto quel mondo che alla fine <strong>del</strong>l'estate tradii<br />
la scuola d'arte, mia prima passione, con l’istituto<br />
alberghiero di Modica».<br />
La sua vena artistica l’ha espressa tra i fornelli<br />
proponendo una cucina raffinata ma legata al<br />
territorio e ai prodotti di stagione born in Sicily,<br />
frutto di quella Food Valley che è il fiore all’occhiello<br />
<strong>del</strong>la provincia di Ragusa. Il menu è soggetto<br />
a variazioni che rispettano la creatività <strong>del</strong>lo<br />
chef e il ciclo <strong>del</strong>le stagioni, ma da sei anni un<br />
piatto che non manca mai è una vera <strong>del</strong>izia per<br />
il palato: gli spaghetti di nero in salsa di ricci a<br />
crudo e ricotta vaccina siciliana. A completare<br />
l'offerta una carta dei vini che conta ben mille<br />
etichette da tutto il mondo, una carta degli oli e<br />
una, addirittura, dei sigari.<br />
Clelia Coppone<br />
© RIPRODUZIONE RISERVATA<br />
Il focus / 3 Balestrate a ridosso <strong>del</strong> golfo di Castellammare<br />
Da Clà, esperienza indimenticabile<br />
Ilristorante Da Clà, inaugurato lo scorso<br />
14 Giugno, nasce dalla passione di Claudio<br />
Palazzolo, per la cucina di alta qualità.<br />
Il servizio attento, la cura dei dettagli e<br />
lo stile inconfondibile <strong>del</strong>l'ambiente, sono<br />
gli elementi chiave che contraddistinguono<br />
questo ristorante. La cucina si basa su<br />
un menu pensato ed elaborato per esaltare<br />
tutti i profumi tipici <strong>del</strong>la tradizione culinaria<br />
siciliana. Materie prime di ottima qualità,<br />
sapientemente lavorate dallo chef Guglielmo<br />
Asta secondo le più moderne filosofie<br />
gastronomiche <strong>del</strong>l'alta cucina.<br />
I piatti reinterpretano i sapori <strong>del</strong>la tradizione<br />
<strong>del</strong> territorio, accostando con cura<br />
ed originalità ingredienti volti a dare<br />
un’identità forte e decisa alla cucina <strong>del</strong> ristorante<br />
Da Clà. I fusilli lunghi di Gragnano<br />
con vongole, pesto di tenerumi, mandorle<br />
e Brunoise di pomodoro; gli spaghetti<br />
con tartara di tonno fresco, gambero marinato<br />
al lime e scaglie di bottarga; la zuppetta<br />
al gelo di anguria con frutta macerata<br />
al rosolio, gelato alla cannella e cialda al cacao,<br />
e il cannolo siciliano con riduzione di<br />
passito di Pantelleria e granulone ai fichi<br />
d'india.<br />
Questi sono solo alcuni dei piatti particolari<br />
che si possono gustare Da Clà. «Nell’ideazione<br />
<strong>del</strong> menu — afferma lo chef —<br />
Palermo<br />
non ho dimenticato la mia passione per la<br />
semplicità in cucina, per questo oltre ai<br />
piatti importanti ho voluto mantenere alcuni<br />
dei miei classici preferiti, come gli spaghetti<br />
con i ricci o i paccheri di gragnano<br />
con ciliegino e mozzarella di bufala».<br />
Claudio Palazzolo, ha voluto realizzare<br />
una location che fosse all’altezza <strong>del</strong> menu<br />
proposto. A Balestrate, in provincia di Palermo,<br />
a ridosso <strong>del</strong> golfo di Castellammare<br />
il mare fa da cornice ad una terrazza vista<br />
mozzafiato, uno spazio interamente arredato<br />
in stile shabby chic che rende emozionante<br />
e suggestiva una cena Da Clà.<br />
«Voglio che i miei clienti sentano il calore<br />
e l’ospitalità <strong>del</strong> mio ristorante, come<br />
fossero a casa mia, un luogo dove accoglierli<br />
e coccolarli per un’esperienza culinaria<br />
indimenticabile. Per questo — dice Claudio<br />
— consiglio sempre ai miei clienti di<br />
provare la cena in piena estate all’ora <strong>del</strong><br />
tramonto, quando i piaceri <strong>del</strong> palato possono<br />
fondersi con il piacere di ammirare<br />
uno spettacolo <strong>del</strong>la natura che ogni sera<br />
regala forti emozioni. A volte, nelle ore più<br />
tarde, quando soffia il vento, si rimane fino<br />
a tardi per gustare i desserts ascoltando<br />
il rumore <strong>del</strong>le onde <strong>del</strong> mare».ù<br />
Red. Spe.<br />
9<br />
PA<br />
© RIPRODUZIONE RISERVATA
10 Palermo<br />
PA<br />
Il caso<br />
Contaminazioni world<br />
Nella patria dei dolci sta prendendo piede<br />
la moda di decorare con la pasta di zucchero<br />
Influenzati dalla cultura americana<br />
anche in Sicilia ha preso campo la<br />
moda <strong>del</strong> momento in campo dolciario,<br />
e cioè ricoprire e decorare le<br />
torte con la coloratissima pasta di zucchero.<br />
Insapore, al palato rilascia solo<br />
un gusto dolce. Sebbene sia giusto sperimentare<br />
cose nuove, e a Palermo ci sono<br />
già diversi cake designer, è oltraggioso<br />
voltare le spalle ad una cassata<br />
per strizzare l’occhio a qualche monumento<br />
di zucchero. In Sicilia la pasticceria<br />
è raffinata arte fatta di tradizione,<br />
cultura, suntuosità, ricchezza di colori<br />
e di gusti, ma a far da padrona è senza<br />
dubbio lei: la crema di ricotta. Diversi<br />
sono i laboatori di dolci che esistono a<br />
Palermo da generazioni e che hanno<br />
contribuito a scrivere la storia di questa<br />
terra.<br />
Camminando per i vicoli <strong>del</strong>la città è<br />
facile essere travolti e inebriati da profumi<br />
peccaminosi che provendono da<br />
qualche piccola saracinesca alzata. Chi<br />
arriva a Palermo è preparato, sa che deve<br />
provare almeno il cannolo e la cassata,<br />
ma per chi volesse addentrarsi un<br />
po’ di più e farsi avvolgere da gusti nuovi<br />
e portare le papille gustative a fare la<br />
ola da stadio, non può esimersi dal fare<br />
un tuor più succulento. Golosi avanti<br />
tutta. Innanzitutto bisogna fare tappa<br />
alla Pasticceria Cappello, in via Colonna<br />
Rotta 68, una traversa di Corso Alberto<br />
Amedeo prima di arrivare a Piazza Indipendenza.<br />
Tra le golosità che si possono<br />
assaporare c’è la torta Kenia a base<br />
di cioccolato e caffé, la setteveli al cioccolato<br />
o al pistacchio di bronte, praline<br />
e tavolette di cioccolato di tutti i tipi ed<br />
altre infinità di prodotti.<br />
La famiglia Cappello si tramanda la<br />
passione per la pasticceria dal 1950, recentemente<br />
é stata inserita tra le pasticcerie<br />
italiane storiche pubblicate nella<br />
guida «L’Italia dei dolci» appena pubblicata<br />
dal Touring Club Italiano in collaborazione<br />
con Legambiente, Eurochocolate<br />
e la Confederazione Nazionale<br />
<strong>del</strong>l’Artigiano e, inoltre, è dal 2003 nella<br />
guida «Bar d’Italia» <strong>del</strong> Gambero Rosso.<br />
L'unica a Palermo a realizzare le «dita<br />
d’apostolo» è la Pasticceria Scimone<br />
di via Imera 8 angolo con via Miceli e<br />
anche a Mon<strong>del</strong>lo con un altro punto<br />
vendita in viale Regina Elena 61. Questo<br />
dolcetto consiste in una soffice pasta<br />
all’uovo ripiena di una mouss di<br />
panna e ricotta con firma alla cannella.<br />
Anche la pasticceria Scimone è storica,<br />
direi un’istituzione, aperta dal 1950 già<br />
citata nella guida Michelin.<br />
Altro pilastro <strong>del</strong>la pasticceria a Palermo<br />
è sicuramente la pasticceria dei Fratelli<br />
Magrì di via Isidoro Carini 42, anche<br />
questa aperta il 1950 è capace di offrire<br />
una produzione artigianale ricca<br />
di molte prelibatezze. Famosa per la torta<br />
Castagna, La Patata (dolcetto fatto<br />
con pan di spagna farciti con crema pasticcera<br />
e ricoperti da uno strato di pasta<br />
di martorana), La Diplomatica con<br />
crema gialla, tutt’oggi viene riconosciuta<br />
e visitata per questi dolci e non solo.<br />
Infatti, negli anni i pasticceri si sono<br />
specializzati anche nella produzione di<br />
dolci con conserva, di cui un tempo la<br />
pasticceria siciliana era la principale<br />
rappresentante.<br />
Produzioni esclusive sono i dolcetti<br />
da Riposto (così chiamati perché era<br />
possibile riporli nella dispensa e conservarli),<br />
la Cubaita, La Coto. Una specialità<br />
estiva è il «gelo di mellone», una <strong>del</strong>le<br />
migliori pasticcerie a proporlo è il<br />
Bar Costa di via Vittorio Alfieri 13 (in<br />
fondo a via <strong>del</strong>la Libertà). Il gelo di mellone<br />
(rigorosamente con due L) si gusta<br />
in ciotoline oppure con una base di<br />
frolla, è facile da realizzare, si ottiene<br />
un dolce dalla consistenza di un budino<br />
al succo di anguria arricchito con<br />
I capisaldi in pasticceria<br />
Cannoli siciliani,<br />
la tradizione<br />
che resiste<br />
ad ogni moda<br />
Insapore, al palato rilascia<br />
solo un gusto dolce. A Palermo<br />
ci sono già diversi cake designer<br />
Il Cannolo è un dolce costituito da<br />
un involucro cilindrico di pasta<br />
fritta, farcito con un impasto di<br />
ricotta, zucchero e frutta candita. È<br />
una tipica specialità siciliana che<br />
viene esportata ormai in tutto il<br />
mondo. Sono pochi quelli che non<br />
l’hanno ancora assaggiati, e quindi<br />
non sanno cosa si sono persi. Ogni<br />
luogo ha una ricetta lievemente<br />
diversa <strong>del</strong>la preparazione di questo<br />
tipico dolce, il quale comunque<br />
rimane squisito in ogni caso, quindi<br />
vediamone assieme una <strong>del</strong>le tante<br />
varianti. La storia: La leggenda narra<br />
che il cannolo prenda il suo nome<br />
dalla parola volgare «canna», ossia<br />
«rubinetto» in Siciliano. Ed è proprio<br />
così, come dimostratoci anche da<br />
vari documenti <strong>del</strong>l’epoca che<br />
attestano senza ombra di dubbio che<br />
il collegamento tra il dolce e i<br />
rubinetti, dai quali per scherzo si<br />
faceva uscire crema di ricotta invece<br />
di acqua, effettivamente esiste. E un<br />
dolce con una storia così lunga non<br />
può che entrare nella leggenda, e<br />
arrivare fino a noi così da poter<br />
provare quello che provarono i<br />
nostri antenati centinaia di anni fa,<br />
assaggiando questa prelibatezza.<br />
© RIPRODUZIONE RISERVATA<br />
Domenica 30 Giugno 2013 <strong>Corriere</strong> <strong>del</strong> <strong>Mezzogiorno</strong><br />
cannella e fiori di gelsomino, ottimo<br />
per contrastare la canicola estiva. Per<br />
gli amanti <strong>del</strong> gelato e dei sorbetti non<br />
si può non far tappa alla storica gelateria<br />
Ilardo (Foro Umberto 12) che si trova<br />
al Foro Italico di fronte al mare, davanti<br />
ad un’incantevole paesaggio è<br />
possibile gustare le granite al limone o<br />
ai gelsi rossi, oppure viene servito il tipico<br />
«pezzo di gelato» prodotto con antichi<br />
metodi artigianali, particolari i gusti<br />
«scorzonera e cannella» e «cassata».<br />
Insomma golosi, date fuoco alle polveri<br />
e divertitevi ad assaporare Palermo in<br />
questo viaggio dentro il viaggio che la<br />
pasticceria siciliana offre.<br />
Alessia Rotolo<br />
© RIPRODUZIONE RISERVATA
<strong>Corriere</strong> <strong>del</strong> <strong>Mezzogiorno</strong> Domenica 30 Giugno 2013<br />
L’evento<br />
Cous cous<br />
La pietanza forte sarà servita a settembre,<br />
ma un gustosissimo antipasto è<br />
appena andato in scena, tra mare cristallino<br />
e buon cibo. Lo scorso<br />
weekend, per tre giorni, San Vito Lo Capo, in<br />
provincia di Trapani — tra le più belle mete<br />
turistiche estive <strong>del</strong>l'Isola — è stata ancora<br />
una volta la capitale <strong>del</strong> cous cous, facendo il<br />
pieno di un pubblico di appassionati e curiosi,<br />
in occasione <strong>del</strong> Cous Cous Preview, rassegna<br />
che è il degno prologo tutto italiano <strong>del</strong><br />
Cous Cous Fest: alla fine <strong>del</strong>la tre giorni, in<br />
cui si sono sfidati a suon di gustosissime ricette<br />
alcuni chef <strong>del</strong> Belpaese, è stato individuato<br />
l’italiano che parteciperà alla sfida internazionale<br />
in programma, sempre a San Vito<br />
Lo Capo, dal 24 al 29 settembre; ha vinto<br />
Emanuele Russo, che parteciperà con la <strong>del</strong>egazione<br />
italiana — capitanata dalla chef sanvitese<br />
Antonella Pace — al Cous Cous Fest.<br />
Russo, di Marsala, chef al ristorante «Le Lumie»,<br />
ha vinto la concorrenza grazie a un<br />
cous cous con granchi <strong>del</strong>lo Stagnone, profumato<br />
al limone con polpettine di finocchietto<br />
selvatico e vellutata di patate all’aglio rosso<br />
di Nubia; niente da fare per gli altri due finalisti,<br />
Corrado Parisi, nato a Ispica ma cresciuto<br />
in Germania, che ha presentato la ricetta «Incursio»,<br />
e il tunisino Belhassen Berbat, che lavora<br />
tra Venezia e Messina, e ha presentato il<br />
piatto «Tunisi, Milano, Trapani», tris di cous<br />
cous di verdure, carne e pesce.<br />
Il Preview è stata una festa popolare con<br />
— oltre alla gara — degustazioni pubbliche,<br />
coking show, visite al mercato <strong>del</strong> pesce, aperitivi<br />
in riva al mare, lezioni di danza <strong>del</strong> ventre,<br />
corsi di cucina sulla spiaggia e concerti<br />
gratuiti sotto le stelle in piazza Santuario. A<br />
settembre andrà in scena la sedicesima edizione<br />
<strong>del</strong> Cous Cous Fest, la rassegna gastronomica<br />
più importante di Sicilia, una manifestazione<br />
capace di attrarre ogni anno migliaia<br />
di visitatori, in nome <strong>del</strong> piatto a base di<br />
semola <strong>del</strong>la pace, comune a moltissime popolazioni,<br />
che è il simbolo <strong>del</strong> multiculturalismo<br />
<strong>del</strong> mar Mediterraneo e <strong>del</strong>l'integrazione<br />
tra le nazioni; in quell’occasione la <strong>del</strong>egazione<br />
italiana se la vedrà — come nella passa-<br />
La festa<br />
A settembre San Vito Lo Capo<br />
ne diventa la capitale internazionale<br />
ta edizione — con ben otto squadre straniere,<br />
in rappresentanza di Costa d’Avorio, Egitto,<br />
Francia, Isreale, Marocco, Palestina, Senegal,<br />
Tunisia.<br />
L’evento, che è organizzato dall’agenzia di<br />
comunicazione palermitana Feedback, ha ormai<br />
risonanza internazionale, con una rassegna<br />
stampa dall’estero che cresce costantemente,<br />
la presenza costante di grandi nomi<br />
<strong>del</strong>l’enogastronomia, di una giuria di qualità<br />
con giornalisti gourmet italiani e stranieri,<br />
<strong>del</strong>le voci più importanti <strong>del</strong>la musica leggera.<br />
La macchina organizzativa mastodontica,<br />
Tradizionalmente<br />
il<br />
cuscus veniva<br />
preparato con<br />
semola di<br />
grano duro,<br />
Triticum<br />
durum<br />
ormai è ben oliata e ha meccanismi perfetti.<br />
Dalla scorsa edizione e anche nella successiva,<br />
poi, il coinvolgimento <strong>del</strong> pubblico di appassionati<br />
<strong>del</strong> cous cous è totale, visto che si<br />
svolge anche una gara tra cuochi dilettanti:<br />
sono i vincitori <strong>del</strong> concorso Bia Chef Moi;<br />
per iscriversi c’è tempo fino al 15 luglio (il<br />
regolamento su biacouscous.it) ed è sufficiente<br />
inviare la propria ricetta di cous cous;<br />
gli ideatori di quelle considerate più originali<br />
e interessanti si sfideranno a San Vito Lo<br />
Capo. I giorni <strong>del</strong> Cous Cous Fest hanno il ritmo<br />
dolcemente indolente che caratterizza<br />
San Vito Lo Capo. Dopo il risveglio, vi aspetta<br />
la spiaggia sanvitese, l'abbraccio <strong>del</strong> mare<br />
e la carezza <strong>del</strong> sole. Il pranzo si avvicina, è il<br />
tempo di seguire le fasi <strong>del</strong>la La gara di cous<br />
cous, un confronto colorato e goloso tra chef<br />
e ricette da tutto il mondo.<br />
Il pomeriggio è il tempo <strong>del</strong>le Villaggio Gastronomico<br />
tra le diverse case <strong>del</strong> cous cous,<br />
alla scoperta di sapori e aromi inconsueti,<br />
ma anche di una passeggiata lungo il corso,<br />
dove si sviluppa l’Expo Village, tra prodotti<br />
<strong>del</strong>l'artigianato e tante curiosità.<br />
Al tramonto <strong>del</strong> sole è il tempo <strong>del</strong> Live<br />
show: suoni e canti <strong>del</strong> mondo protagonisti<br />
nella piazza antistante il Santuario.<br />
Inizia così la lunga notte sanvitese, in attesa<br />
di un nuovo cous cous day.<br />
Salvatore Lo Iacono<br />
© RIPRODUZIONE RISERVATA<br />
Questo piatto è l’alimento tradizionale<br />
di tutto il Nordafrica, al punto che lo si<br />
potrebbe definire «piatto nazionale»<br />
dei Berberi In gran parte di Algeria,<br />
Marocco, Tunisia e Libia<br />
Immerso in un magnifico verde, sul mar Jonio, tra il vulcano Etna e la romantica città di Taormina.<br />
Deliziose camere in stile siciliano, tutte con terrazza propria ombreggiata.<br />
Palermo<br />
11<br />
PA
12<br />
PA<br />
Domenica 30 Giugno 2013 <strong>Corriere</strong> <strong>del</strong> <strong>Mezzogiorno</strong>
<strong>Corriere</strong> <strong>del</strong> <strong>Mezzogiorno</strong> Domenica 30 Giugno 2013<br />
La curiosità<br />
Street food palermitano<br />
Dal «pani ca’ meusa» ai «cicireddu»,<br />
dagli «sfinciuni» alle «arancine»<br />
Ecco quel che si mangia per la strade<br />
Q<br />
uante volte capita di passeggiare per<br />
strada e fermarsi a mangiare qualcosa<br />
al volo, in piedi anzi in bilico. È una <strong>del</strong>le<br />
esperienze che accomuna terre tanto<br />
lontane fra loro: è il cibo di strada, quello dei<br />
chioschi e dei mercati <strong>del</strong> cibo all'aperto. Secondo<br />
una recente classifica, redatta da VirtualTourist<br />
e pubblicata da Forbes, al vertice <strong>del</strong>lo street<br />
food mondiale c’è la capitale thailandese, mentre<br />
solo una città italiana si guadagna una posizione<br />
nella top ten.<br />
Si tratta di Palermo, al quinto posto dopo Bangkok,<br />
Singapore, Menang e Marrakesh. A entusiasmare<br />
i turisti di tutto il mondo è la varietà<br />
<strong>del</strong> cibo di strada siciliano, si va da specialità<br />
che i più conoscono come le arancine di riso e i<br />
cannoli, ad altre leccornie. Ma è l’Asia che sbanca<br />
la classifica. VirtualTourist incorona Bangkok<br />
come la migliore al mondo, soprattutto per la<br />
quantità di posti in cui si possono assaggiare<br />
migliaia di varietà di piatti: insalata di papaya<br />
verde, pollo al curry, pad Thai e riso al mango.<br />
Al secondo posto c'è Singapore, famosa per i<br />
suoi mercati <strong>del</strong> cibo all'aperto e per le commistioni<br />
con la cucina cinese, malese e indiana. Al<br />
terzo posto Penang, in Malesia. Quarta posizione<br />
per la parte vecchia <strong>del</strong>la città marocchina di<br />
Marrakech dove c'è un centinaio di chioschi all'aperto<br />
dove degustare agnello arrosto, cous<br />
cous e kebab. Dopo Palermo vengono menzionate<br />
Ho Chi Minh City, Istanbul, Mexico City e<br />
le ultime due posizioni sono per Bruxelles e Ambergris<br />
Caye nel Belize.<br />
Nei mercati di grascia, Ballarò, Vucciria e Borgo<br />
i buffittieri non sono scomparsi. Tra un acquisto<br />
e l’altro potrete stuzzicare (o fare un vero<br />
Prodotti di nicchia<br />
Nel cuore di Palermo c’è il «brew pub» Spillo77<br />
La birra a Palermo non solo si beve, ma<br />
si produce. Una tendenza che sta diventando<br />
business, quindi, e che ha incoraggiato<br />
le scommesse degli imprenditori. A<br />
puntare su bionde e rosse è stato Mauro Ricci<br />
che, assieme ad alcuni soci, ha fondato<br />
«Spillo» il primo brew pub di Palermo. Un<br />
locale, cioè, che non solo vende la birra artigianale<br />
ma ne produce anche con un proprio<br />
marchio. La prima nata è «Spillo 77»,<br />
una birra di media gradazione alcolica, una<br />
bionda dalla schiuma abbondante e con un<br />
buon equilibrio tra aromi e sapori vagamente<br />
fruttati, con un tono di agrumi, che nel<br />
finale lasciano emergere lievi note dolci di<br />
malto e una coda secca e asciutta che invita<br />
ancora a bere.<br />
L'idea è piaciuta e da poco tempo<br />
anche il birrificio Palenque, in<br />
via Principe di Belmonte, ha deciso<br />
di investire sull’autoproduzione artigianale.<br />
Il brew pub, gestito da<br />
Thea Balsamo e Umberto Avanzati,<br />
produce una weiss e una barleywine,<br />
entrambe birre ad alta fermentazione,<br />
dense e corpose. Il<br />
progetto è quello di farle conoscere<br />
attraverso il pub per poi iniziare<br />
la commercializzazione.<br />
Una moda che ha stimolata la nascita<br />
di eventi a tema, come l’Accademia<br />
<strong>del</strong>la birra, tenutasi nei giorni<br />
scorsi nel giardino di Villa Malfitano<br />
in via Dante. Vi hanno partecipato<br />
oltre venti birrifici artigianali<br />
italiani: tra emergenti, noti e meno<br />
noti. Tra questi il giovanissimo Foglie<br />
d’erba, i siciliani Paul Bricius e Rocca<br />
dei Conti, il lombardo Extraomnes, gli abruzzesi<br />
Opperbacco e Majella, il pescarese Al-<br />
Supplemento <strong>del</strong>la testata<br />
Distribuito con il <strong>Corriere</strong> <strong>del</strong>la Sera<br />
non vendibile separatamente<br />
Marco Demarco<br />
direttore responsabile<br />
Maddalena Tulanti<br />
vicedirettore<br />
Carmine Festa<br />
redattore capo centrale<br />
©<br />
Editoriale <strong>del</strong> <strong>Mezzogiorno</strong> s.r.l<br />
Vincenzo Divella<br />
presidente<br />
Giorgio Fiore<br />
vicepresidente<br />
Domenico Errico<br />
amministratore <strong>del</strong>egato<br />
Nelle foto, alcune <strong>del</strong>le pietanze tipiche<br />
<strong>del</strong>lo street food palermitano, «pani ca’meusa»,<br />
«cicireddu», «sfinciuni» e «arancine»<br />
Birra, se fatta in «casa» è meglio<br />
Il brew pub, gestito da Thea Balsamo<br />
e Umberto Avanzati, produce<br />
una weiss e una barleywine<br />
Sede legale:<br />
Vico II S.Nicola alla Dogana, 9<br />
80133 Napoli - Tel: 081.7602001<br />
Fax: 081.58.02.779<br />
Reg. Trib. Napoli n. 4881 <strong>del</strong><br />
17/6/1997<br />
© Copyright Editoriale <strong>del</strong> <strong>Mezzogiorno</strong><br />
s.r.l.<br />
Tutti i diritti sono riservati. Nessu-<br />
mond, il sofisticato Birrificio <strong>del</strong> Ducato, il<br />
palermitano Spillo e poi Baladin, Maltusfaber,<br />
Birra <strong>del</strong> Borgo, Orso verde, Barley,<br />
B94, Birranova, Olmaia, Menaresta, Free Lions,<br />
Birrificio Rurale, Birra Amiata, 32 via<br />
dei birrai. Tutti con le birre più rappresentative<br />
e interessanti <strong>del</strong> panorama italiano.<br />
Obiettivi <strong>del</strong>la manifestazione erano la promozione<br />
e la valorizzazione dei micro birrifici<br />
artigianali italiani e le loro produzioni di<br />
eccellenza.<br />
Ad accogliere il pubblico c’è stato lo<br />
swing dei Ballroom Kings e la bossanova di<br />
Jerusa Barros. La grande festa cominciata venerdì<br />
con il primo dei tre Beer Lab di degustazioni<br />
speciali condotti sotto l'egida di Mobi<br />
e <strong>del</strong> Kuaska Instituut da Lorenzo Dabove.<br />
Nei tre laboratori su prenotazione<br />
al costo di 15 euro, è stato possibile<br />
incontrare le speciali di Baladin,<br />
le bizzarre Del Borgo e molte<br />
altre chicche <strong>del</strong>la produzione birraia<br />
italiana in abbinamento a cioccolato,<br />
salumi e formaggi siciliani.<br />
L'appuntamento di venerdì è intitolato<br />
«Dalla birra fatta in casa al<br />
successo internazionale», degustazione<br />
di cinque grandi birre create<br />
da birrai diventati famosi partendo<br />
da esperimenti fatti in casa. E ancora<br />
dibattiti sul «Made in Italy: birre<br />
a centimetro zero», con degustazione<br />
di cinque grandi birre create da<br />
birrai che utilizzano ingredienti legati<br />
al loro territorio. E infine «Progettare<br />
grandi birre», degustazione<br />
di cinque grandi birre nate da<br />
birrai con idee, filosofie e storie diverse.<br />
Simona Licandro<br />
na parte di questo quotidiano può<br />
essere riprodotta con mezzi grafici,<br />
meccanici, elettronici o digitali.<br />
Ogni violazione sarà perseguita a<br />
norma di legge.<br />
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Strada 5ª n. 35 - 95030 Catania.<br />
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La scheda<br />
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Ecco come si prepara<br />
La birra è la bevanda più diffusa sul nostro<br />
pianeta e pur essendo una bevanda attualissima<br />
vanta origini molto antiche. La sua storia<br />
ha oltre cinquemila anni e la sua origine va situata<br />
fra Mesopotamia e Antico Egitto. A seconda<br />
dei tempi e dei Paesi ha modificato la sua<br />
natura, senza però mai tradirla, adeguandosi ai<br />
gusti, alla cultura, alla disponibilità <strong>del</strong>le materie<br />
prime. La preparazione <strong>del</strong>la birra richiede<br />
numerose fasi di lavorazione. La prima riguarda<br />
la preparazione <strong>del</strong> malto, che deve essere<br />
ricavato da orzo o altri cereali di buona qualità<br />
e perfettamente maturi. Una volta selezionato<br />
e ripulito, l’orzo viene immesso nelle vasche di<br />
macerazione, dove per circa tre o quattro giorni<br />
riceve l’acqua e l’ossigeno necessario per la<br />
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Finanziaria € 142; Politica € 80 - €<br />
110 colore; Legale sentenze € 142;<br />
e proprio pasto) e assaggiare il miglior cibo di<br />
strada siculo. Distese di arancine invitanti e panelle<br />
dorate fanno capolino dai banconi dei venditori.<br />
Alla Vucciria andate dal purparo. Vende polipo<br />
fresco appena pescato. Alcuni li cuoce in<br />
una pentola con acqua salata e in pochi minuti<br />
il polpo è in bella mostra sul bancone a disposizione<br />
di chi vuole assaggiare questa prelibatezza.<br />
Da mangiare sul momento con limone e<br />
prezzemolo.<br />
Il purpo insieme ai cicireddu, pesciolini fritti<br />
serviti nelle friggitorie, è l’unico tipo di pesce<br />
che si può mangiare per strada. Di natura economica,<br />
eppure appetitosa e sostanziosa, la cucina<br />
popolare palermitana prevede molta carne, ma<br />
sempre scarti <strong>del</strong>la macellazione e interiora.<br />
I meno schizzinosi potranno apprezzare una<br />
specialità che a detta di tanti è imbattibile. È il<br />
pani ca’meusa, milza, oppure polmoni o scannarozzato<br />
(trachea) di vitello, ripassati nella saimi<br />
(strutto) e mangiati nella vastedda (tipico<br />
panino tondo spolverato con semi di sesamo).<br />
Ordinatelo maritato se lo volete con l’aggiunta<br />
di ricotta e caciocavallo, schietto se lo preferite<br />
semplicemente bagnato da gocce di limone.<br />
E siamo arrivati al grande vanto <strong>del</strong>la cucina<br />
palermitana, le arancine. Sempre calde e fragranti.<br />
Timballi di riso allo zafferano con piselli,<br />
carne macinata e caciocavallo. Nella versione<br />
originale le arancine sono fatte con il salame tritato<br />
piuttosto che con la carne, o con l’aggiunta<br />
di entrambe.<br />
E non si può dimenticare di citare il mitico<br />
sfinciuni, pizza alta e soffice, condita con pomodoro,<br />
cipolla, acciughe e caciocavallo, e la squisita<br />
panella forse la regina <strong>del</strong>la cucina da strada<br />
palermitana. Questi <strong>del</strong>iziosi rettangoli di farina<br />
di ceci fritti a volte si accompagnano con i<br />
cazzilli, conosciuti anche come crocché, crocchette<br />
di patate.<br />
Red. Spe.<br />
Ricerche di personale € 100; Commerciale<br />
€ 104; Occasionale € 129;<br />
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Palermo<br />
Proprietà <strong>del</strong> Marchio:<br />
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germinazione. L’acqua di macero, che di solito<br />
è mantenuta a temperature varianti fra i 12 e i<br />
15 gradi, viene cambiata in continuazione.<br />
Quando l’orzo ha raggiunto l’umidità necessaria,<br />
viene messo a germinare per circa una settimana<br />
su di un’aia oppure nei cassoni di germinazione;<br />
in questo processo è molto importante<br />
l’aerazione dei chicchi. Per quel che riguarda<br />
le tipologie di birra esistenti, sul pianeta sono<br />
qualche decina di migliaia. La più comune è la<br />
Ale: E' il nome che identifica le birre ad alta fermentazione.<br />
Fanno parte <strong>del</strong>la famiglia una varietà<br />
di birre: Bitter Ale, Pale Ale, Scothc Ale,<br />
Strong Ale ecc. in funzione <strong>del</strong> metodo con cui<br />
vengono prodotte.<br />
RCS MediaGroup S.p.A. Divisione<br />
Quotidiani<br />
Distribuito con il<br />
Direttore responsabile:<br />
Ferruccio de Bortoli<br />
13<br />
PA<br />
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©
14 Palermo<br />
PA<br />
Dal latte<br />
Tutto il buono<br />
<strong>del</strong> formaggio<br />
La Sicilia vanta un’antica tradizione casearia<br />
e dispone di varietà molto interessanti<br />
sia nella forma che nella lavorazione. A cominciare<br />
dal caciocavallo Ragusano, che<br />
è uno dei formaggi più antichi <strong>del</strong>la Sicilia. Il nome<br />
Cascavaddu (Cacio a Cavalcioni) si pensa che<br />
derivi dalla tecnica di asciugatura che avviene su<br />
un asse tipico <strong>del</strong>la zona. Formaggio dal sapore<br />
amabile e intenso ma <strong>del</strong>icato e particolare, è<br />
esportato fuori dai confini <strong>del</strong> Regno <strong>del</strong>le <strong>del</strong>le<br />
due Sicilie sin dal XIV secolo. Nel XVI secolo<br />
un’opera intitolata a Ferdinando il Cattolico e<br />
Carlo V faceva cenno <strong>del</strong> caciocavallo ragusano .<br />
In Sicilia esistono due varietà principali di tale<br />
prodotto il caciocavallo palermitano (o di Godrano)<br />
e il ragusano Dop. Il ragusano è un prodotto<br />
a pasta filata. Il disciplinare (che gli attribuisce la<br />
denominazione d’origine protetta con il nome di<br />
«ragusano») limita solo alla provincia di Ragusa<br />
e a tre comuni <strong>del</strong> Siracusano (Noto, Palazzolo<br />
Acreide e Rosolini) l’ambito di produzione.<br />
Il peso va dai sei ai dodici chilogrammi. Per la<br />
salatura si fa ricorso alla salamoia. Con la stagionatura<br />
il formaggio diventa piccante e la crosta<br />
più scura: è consuetudine capparla con morchia<br />
d’olio. La pasta è naturalmente più dura e consistente,<br />
a volte con leggera occhiatura. Apprezzato<br />
come antipasto o dessert, il ragusano stagionato<br />
è anche un eccellente formaggio da grattugia.<br />
Caprino<br />
Le origini di questo formaggio<br />
risalgono al XI secolo a.C. I<br />
formaggi caprini siciliani, sono<br />
unici nel loro genere, perché nascono<br />
da un latte di grandi caratteristiche<br />
organolettiche e<br />
nutrizionali, ottenuto da capre<br />
di razza Maltese e Girgentana<br />
che si nutrono solo ed esclusivamente di essenze<br />
spontanee, presenti in zone impervie e dunque<br />
difficilmente raggiungibili. Oggi però la produzione<br />
è molto limitata per la progressiva scomparsa<br />
degli allevamenti.<br />
Fiore sicano<br />
Nel panorama caseario <strong>del</strong>l’isola il fiore sicano<br />
fa storia a sé. È infatti l’unico formaggio molle a<br />
pasta cruda, fortemente caratterizzato da muffe<br />
autoctone, che non ha niente in comune con il<br />
fiore sardo. La leggenda vuole che questo tipo di<br />
formaggio, conosciuto dai siciliani come tumazzu<br />
ri vacca, sia nato per caso, frutto <strong>del</strong>la dimenticanza<br />
di un produttore distratto. Un Decreto Legge<br />
speciale <strong>del</strong>la Regione Sicilia che lo tutela e ne<br />
riconosce l’appartenenza ai formaggi storici siciliani.<br />
Grazie a questo decreto, il Fiore Sicano può<br />
Rinomato nel mondo<br />
Il pistacchio (dal greco Pistàkion)<br />
è una pianta originaria<br />
<strong>del</strong> bacino Mediterraneo<br />
(Persia, Turchia), coltivata<br />
per i semi, utilizzati per il<br />
consumo diretto, in pasticceria<br />
e per aromatizzare gli insaccati<br />
di carne. Era noto e coltivato<br />
dagli antichi ebrei e già<br />
allora ritenuto un frutto prezioso.<br />
Per curiosità cronologica riscontriamo<br />
per la prima volta<br />
la parola «pistacchio» nell’Antico<br />
Testamento, successivamente<br />
nella Genesi (origine-nascita<br />
<strong>del</strong> mondo) capitoli<br />
42/43 versetto 11. Ancor oggi,<br />
nella parlata dialettale conserviamo<br />
i termini «frastuca e<br />
frastucara» che stanno ad indicare<br />
rispettivamente il frutto<br />
e la pianta.<br />
Nel dialetto brontese dei nostri<br />
nonni il termine «frastucata»<br />
indicava un dolce a base di<br />
pistacchio e «frastuchino» il<br />
colore verde pistacchio.<br />
Furono gli Arabi, dunque,<br />
strappando la Sicilia ai Bizantini,<br />
ad incrementare ed a attrezzarsi<br />
nella coltivazione <strong>del</strong> pistacchio<br />
che nell’Isola, particolarmente<br />
alle pendici <strong>del</strong>l’Etna,<br />
trovò l’habitat naturale<br />
per uno sviluppo rigoglioso e<br />
Il caciocavallo<br />
Il nome Cascavaddu<br />
(Cacio a Cavalcioni) si<br />
pensa che derivi dalla<br />
tecnica di asciugatura<br />
peculiare. Il pistacchio verde<br />
di Bronte potrebbe a buon titolo<br />
ricoprire la carica di emblema<br />
<strong>del</strong>la città: la sua longevità<br />
e resistenza, la sua forza di voler<br />
sopravvivere a tutte le avversità,<br />
addirittura a fruttificare<br />
malgrado sia abbarbicato<br />
su aride rocce laviche, rispecchiano<br />
alla lunga molte caratteristiche<br />
<strong>del</strong> popolo brontese.<br />
Un popolo che non teme il<br />
lavoro e la fatica, che ha sempre<br />
lottato per portare a casa il<br />
necessario. Dominato e sottomesso<br />
per secoli da vassallaggi<br />
fuori tempo ed avversità<br />
storiche incredibili contro i<br />
quali ha sempre lottato tenacemente.<br />
La Sicilia vanta grande tradizione<br />
nella produzione lattiero-casearia<br />
continuare a essere prodotto dal latte crudo, anche<br />
se la Comunità Europea stabilisce l’obbligo<br />
<strong>del</strong> latte pastorizzato per produrre i formaggi. È<br />
esclusivamente un formaggio da tavola.<br />
Maiorchino<br />
Le modalità di produzione sono antiche di secoli<br />
(qualcuno le fa risalire al XVII). . Il latte coagula,<br />
con l’aggiunta di caglio d’agnello o capretto,<br />
a 39 gradi. Dopo la rottura la cagliata è ancora<br />
riscaldata fino a raggiungere i 60 gradi, quindi il<br />
tutto è raccolto in una sola massa sferica che si<br />
pone in una fascera, lagarbua, e quindi su un<br />
piano di lavoro denominato mastrello. Del tutto<br />
particolare la consuetudine dei<br />
casari di bucherellare la pasta<br />
con una sottile asta metallica o<br />
di legno per favorire l’uscita <strong>del</strong><br />
siero. L’attrezzo si chiama minacino.<br />
Dopo quarantotto ore, il<br />
maiorchino viene salato a secco,<br />
con sale marino, per un periodo<br />
di venti, trenta giorni. La<br />
lunga stagionatura avviene in<br />
locali di pietra interrati, a volte in grotte o cantine<br />
che garantiscono temperatura costante.Il sapore<br />
ètendente al piccante il peso varia tra i dieci<br />
e i dodici chilogrammi. È adatto per cominciare<br />
o finire un pasto ed è utilizzato in cucina in molte<br />
ricette come formaggio da grattugia per la pasta<br />
alla carrettiera, la pasta ncasciata, le polpette<br />
di carne trita e altro. In un tipico antipasto viene<br />
servito a scaglie insieme a rapanelli.<br />
Palermitano<br />
Formaggio ricordato fin dal 1412 in un volume<br />
dedicato ad Alcuni calmieri palermitani <strong>del</strong><br />
’400. Si fa con latte vaccino intero nella provincia<br />
di Palermo e in due comuni di quella di Trapani.<br />
Il latte coagula intorno ai 35 gradi per l’aggiunta<br />
di caglio di agnello: il casaro fa spurgare la cagliata<br />
servendosi di un recipiente di legno particola-<br />
Bronte patria <strong>del</strong> pistacchio,<br />
l’oro verde <strong>del</strong>la Trinacria<br />
Un popolo che sul pistacchio<br />
ha costruito ricchezza,<br />
cultura e le proprie tradizioni<br />
ma anche l’abitudine <strong>del</strong> rispetto<br />
e <strong>del</strong>la salvaguardia per<br />
il territorio nel quale vive. Il pistacchio<br />
di Bronte presenta caratteristiche<br />
peculiari che lo<br />
contraddistinguono rispetto<br />
al pistacchio coltivato in altre<br />
aree siciliane (Caltanissetta o<br />
Agrigento) o estere (Medio<br />
Oriente, Grecia o California e<br />
Argentina). Frutto di alto pregio,<br />
è molto apprezzato e richiesto<br />
nei mercati europei e<br />
giapponesi per le dimensioni<br />
e l’intensa colorazione verde.<br />
Red. Spe.<br />
© RIPRODUZIONE RISERVATA<br />
La forma quadrata Nella foto in alto, la particolare forma <strong>del</strong> caciocavallo ragusano Dop.<br />
Sotto, un pezzo di formaggio siciliano abbinato con olive bianche e un cocktail<br />
Domenica 30 Giugno 2013 <strong>Corriere</strong> <strong>del</strong> <strong>Mezzogiorno</strong><br />
re, conosciuto dai siciliani come ciscia. Dopo<br />
una cottura di quattro ore la pasta viene deposta<br />
sulla cannara, un graticcio che ne consente la<br />
pressatura, quindi sospesa a un bastone di legno<br />
detto appizzatuma perché perda quanto rimane<br />
<strong>del</strong> siero. All’indomani la massa così lavorata viene<br />
tagliata e messa nel piddiaturi, un contenitore<br />
in cui è filata con l’aiuto di un bastone di legno<br />
che si chiama vaciliatuma. L’ultima destinazione<br />
è il tavoliere, dove il formaggio assume la<br />
caratteristica forma a parallelepipedo. Segue, il<br />
giorno dopo, l’immersione nella salamoia: dura<br />
dai dieci ai dodici giorni, mentre la successiva<br />
stagionatura si protrae da un mese a quattro<br />
quando si vuole un prodotto semi-stagionato,<br />
ancora di più se si preferisce un sapore più piccante.<br />
Il palermitano ha crosta sottile, liscia e di<br />
colore ambrato, pasta giallo paglierino compatta<br />
con sfogliature più evidenti con l’avanzare <strong>del</strong><br />
tempo. L’odore è fragrante, il sapore piccante.<br />
Le forme pesano tra gli otto e i dodici chilogrammi.<br />
Da consumare a tavola soprattutto quando è<br />
fresco, il palermitano diventa, stagionato, un ottimo<br />
formaggio da grattugia.<br />
Red. Spe.<br />
© RIPRODUZIONE RISERVATA
<strong>Corriere</strong> <strong>del</strong> <strong>Mezzogiorno</strong> Domenica 30 Giugno 2013<br />
Eccellenza<br />
L’oro rosso ereditato dagli Aztechi<br />
Il pomodoro<br />
di Pachino<br />
è il più ricercato<br />
in tutta Europa<br />
Èstrano pensare come due <strong>del</strong>le più grandi<br />
eredità i siciliani le debbano agli Aztechi. Infatti<br />
oltre al cioccolato di Modica a loro si<br />
deve il successo <strong>del</strong> Pachino, ricercato in tutta<br />
Europa. La domesticazione <strong>del</strong> pomodoro, secondo<br />
le ipotesi più accreditate, fu opera degli Aztechi i<br />
quali, sfruttando l’enorme variabilità genetica <strong>del</strong>la<br />
specie presente nell’area messicana, selezionarono i<br />
genotipi più idonei al loro uso alimentare. A seguito<br />
<strong>del</strong>la sua introduzione in Europa, avvenuta con i<br />
conquistadores, si è diffuso prima in Spagna e poi<br />
nel resto <strong>del</strong> Mediterraneo divenendo un alimento<br />
abituale sia cotto sia crudo. In Italia, il pomodoro fu<br />
introdotto prima negli orti botanici e poi, grazie a<br />
condizioni pedoclimatiche favorevoli, la sua coltivazione<br />
si diffuse in tutto il Paese. Inizialmente, la<br />
pianta di pomodoro era ritenuta pericolosa per la<br />
salute sia a causa <strong>del</strong>le sue affinità con altre piante<br />
contenenti alcaloidi (mandragora, melanzana) sia a<br />
causa <strong>del</strong> naturale rifiuto <strong>del</strong> nuovo. La difficoltà degli<br />
europei a riconoscerne immediatamente l’utilità<br />
fu dovuta all’incapacità <strong>del</strong> pomodoro, a differenza<br />
di patata, fagiolo e mais, di saziare la fame <strong>del</strong>le popolazioni<br />
continuamente in guerra o colpite da carestie.<br />
Soltanto iniziando a utilizzarlo cotto, eliminando<br />
le temute sostanze sospette, si scoprirono le sue<br />
caratteristiche intrinseche apprezzandone i vari usi.<br />
Il pomodoro è una <strong>del</strong>le specie orticole più diffuse<br />
al mondo, molto importante per l’alimentazione<br />
umana. La sua produzione si attesta intorno ai 126<br />
milioni di tonnellate, quantitativo cresciuto nell’ultimo<br />
decennio grazie non solo all’aumento <strong>del</strong>la superficie<br />
investita ma soprattutto al miglioramento<br />
Tutti certamente conoscono<br />
l’Arancia rossa<br />
(Igp), famosa per il suo<br />
sapore intenso e per le sue<br />
proprietà benefiche. Certamente<br />
un primato <strong>del</strong> Sud Italia<br />
nel Mondo, ma la Sicilia è<br />
una terra ricca di prelibatezze<br />
e, anche al di là <strong>del</strong>le sue arance,<br />
i prodotti che può offrire<br />
sono veramente molti. Vale allora<br />
la pena cercare di conoscerli,<br />
almeno alcuni, comprenderne<br />
l’unicità per scoprire<br />
un vero e proprio mondo di<br />
sapori e profumi. Qualche<br />
esempio? Si parte<br />
da uno di<br />
quei prodotti<br />
che sulle tavole<br />
<strong>del</strong> Sud non<br />
può proprio<br />
mancare: i capperi.<br />
Famosi<br />
quelli di Pantelleria.<br />
Ed è proprio<br />
sulla splendida<br />
isola di origine<br />
vulcanica<br />
che crescono queste prelibatezze,<br />
favorite dalla composizione<br />
estremamente acida <strong>del</strong><br />
terreno. La raccolta dei fiori e<br />
<strong>del</strong>le radici avviene nei primi<br />
periodi primaverili, poco più<br />
tardi quella dei frutti. La raccolta,<br />
viene effettuata ancora<br />
a mano, e deve essere ripetuta<br />
ad intervalli 5 giorni, per cogliere<br />
i nuovi boccioli che via<br />
via si formano. Oltre alla loro<br />
capacità di insaporire i piatti,<br />
i capperi di Pantelleria hanno<br />
poi diverse proprietà interessanti.<br />
Pare infatti che la corteccia<br />
<strong>del</strong>le radici abbia importanti<br />
proprietà diuretiche, i<br />
boccioli contengono sostanze<br />
dotate di proprietà toniche e<br />
digestive. Gli olii che si ricavano<br />
dai capperi sono invece ideali<br />
per massaggi e come disinfettanti.<br />
Contengono anche<br />
un principio amaro stimolante<br />
<strong>del</strong>la funzione gastrica. In<br />
cucina, si sposa alla perfezione<br />
con olive nere, pomodori,<br />
acciughe e origano nel rinomato<br />
Pesto pantesco. Cambiando<br />
genere, c’è poi da sottolineare<br />
il gusto e il profumo<br />
<strong>del</strong>l’olio d’oliva <strong>del</strong>l’Etna<br />
(Dop). In questo caso la coltivazione<br />
risale a tepi antichissimi<br />
ad opera dei<br />
Fenici e in seguito<br />
dei Greci. La<br />
presenza <strong>del</strong> vulcano<br />
ha alimentato<br />
il mito di questa<br />
coltura. Nei<br />
Poemi Omerici il<br />
ciclope Polifemo<br />
fu infatti accecato<br />
<strong>del</strong> suo unico<br />
occhio da Ulisse<br />
e i suoi compagni,<br />
proprio con un ramo d’ulivo.<br />
Nel corso dei secoli la produzione<br />
oleicola in questa zona<br />
ha subito un notevole sviluppo<br />
fino a diventare una coltura<br />
di rilevante importanza<br />
per l’economia <strong>del</strong>la zona. Grazie<br />
al sapore fruttato, l’olio<br />
Monte Etna rappresenta il condimento<br />
ideale sia a crudo,<br />
per verdure fresche, insalatine<br />
selvatiche e bruschette, sia<br />
in cottura su verdure bollite,<br />
minestre di legumi e arrosti di<br />
pesce. Insomma, l’ingrediente<br />
perfetto per rendere veramente<br />
unico ogni piatto.<br />
Red. Spe.<br />
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<strong>del</strong>le rese produttive. È l’emblema di piatti tipici e<br />
caratteristici contribuendo notevolmente alla diffusione<br />
<strong>del</strong>la cucina italiana nel mondo. Due sono le<br />
produzioni italiane di qualità tutelate a livello europeo:<br />
il San Marzano <strong>del</strong>l’agro-Sarnese-Nocerino<br />
(Campania) e il Pachino <strong>del</strong>l’area di Vittoria (Sicilia).<br />
Grazie al made in Italy il nostro Paese ha riguadagnato<br />
le posizioni perse nei confronti dei grossi<br />
competitor <strong>del</strong> Mediterraneo, Turchia ed Egitto.<br />
L’introduzione <strong>del</strong>la coltivazione <strong>del</strong> pomodoro ha<br />
favorito lo sviluppo <strong>del</strong> settore agroalimentare italiano<br />
il quale, soprattutto al Sud, ha consentito lo<br />
sviluppo industriale <strong>del</strong> territorio (industria meccanica,<br />
conserviera, logistica, imballaggi e così via). Il<br />
pomodoro potrebbe definirsi un alimento dei ricorsi<br />
storici e culturali: da pianta selvatica poliennale<br />
diventa fondamentale per l’apporto vitaminico; da<br />
coltivazione silente e diffusa, soprattutto tra i poveri,<br />
diventa nel XX secolo sempre più sofisticata (colture<br />
in serra, idroponiche e aeroponiche); da pianta<br />
considerata nociva e pericolosa diventa oggetto di<br />
studi e speranze nel campo medico grazie all’alto<br />
contenuto di sostanze antiossidanti, alla protezione<br />
cardiovascolare e antitumorale. Il pomodoro è oggi<br />
una <strong>del</strong>le specie vegetali più studiate a livello gene-<br />
tico e genomico, non solo a causa <strong>del</strong>la sua<br />
importanza economica, ma anche perché<br />
possiede un genoma piuttosto piccolo. Ciò<br />
ha contribuito a farne un sistema mo<strong>del</strong>lo<br />
per tutta la famiglia <strong>del</strong>le Solanacee e per le<br />
altre specie in generale. Il sequenziamento<br />
<strong>del</strong> suo genoma pubblicato sulla rivista Nature<br />
<strong>del</strong> 31 maggio 2012 ha consentito di stabilire<br />
il numero dei geni (35 mila) e le tappe <strong>del</strong>la<br />
sua evoluzione iniziata circa 60 milioni di<br />
anni fa. Uno dei luoghi comuni più diffusi<br />
identifica il vero pomodoro di Pachino con la<br />
varietà detta comunemente ciliegino. Niente<br />
di più sbagliato. Il disciplinare <strong>del</strong> Pomodoro<br />
di Pachino Igp classifica e tutela ben quattro<br />
tipologie diverse di pomodoro, tutte con peculiarità<br />
diverse, e destinate a diversi segmenti<br />
di mercato. Sono tutte tipologie accomunate<br />
da un elevato grado brix, da una straordinaria<br />
resistenza post raccolta e da un colore<br />
brillante e attraente. Impariamo a conoscerli<br />
meglio, per sfruttarne le molteplici potenzialità<br />
d’impiego nella gastronomia di alta qualità. Pomodoro<br />
di Pachino «tondo liscio»: piccolo e rotondo,<br />
di colore verde scuro, inconfondibile per il gusto<br />
molto marcato. È molto apprezzato dai consumatori<br />
d’oltralpe. I suoi frutti sono di consistenza<br />
ineguagliabile. Pomodoro di Pachino «a grappolo»:<br />
a grappolo o snocciolato, può essere verde o rosso.<br />
Tondo, liscio, dal colore brillante e attraente, con il<br />
colletto verde molto scuro. Il suo peso varia in base<br />
alla salinità <strong>del</strong> terreno di coltivazione. Pomodoro<br />
di Pachino «costoluto»: frutto di grandi dimensioni,<br />
esteticamente molto attraente, dalle coste marcate,<br />
di colore verde molto scuro e brillante. Questa<br />
tipologia ha conquistato il favore <strong>del</strong> consumo nazionale<br />
sostituendo nel periodo invernale (periodo<br />
ottimale per la produzione di questa tipologia) il<br />
tondo insalataro. Il pomodoro costoluto evidenzia<br />
le migliori caratteristiche se coltivato in terreni la<br />
cui salinità è molto alta. Pomodoro di Pachino «ciliegino»:<br />
caratteristico per l’aspetto a ciliegia, su un<br />
grappolo a spina di pesce con frutti tondi, piccoli,<br />
dal colore eccellente e il grado brix elevato.<br />
Red. Spe.<br />
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I prodotti / 1 I prodotti / 2<br />
Capperi e olio d’oliva,<br />
tesoro che arricchisce<br />
i piatti <strong>del</strong>la tradizione<br />
Capperi appena raccolti<br />
Sopra,<br />
un campo<br />
dove si<br />
coltivano<br />
i pomodorini<br />
di Pachino<br />
Una<br />
produzione<br />
che sfrutta<br />
appieno<br />
le qualità<br />
<strong>del</strong> terreno<br />
Nelle immagini, due <strong>del</strong>le preparazioni tipiche<br />
che si possono effettuare con i pomodori Pachino.<br />
In alto, un sughetto che condisce la pasta. Sotto, la<br />
preparazione<br />
Vastedda o pucciddatu:<br />
croccanti e dorati,<br />
sono i pani <strong>del</strong>la Sicilia<br />
Pane, anche quando parliamo<br />
di questo alimento base,<br />
in Sicilia ne troviamo<br />
di tante varietà e con materie<br />
prime differenti, ma tutti sempre<br />
di altissima qualità. Sull’Etna<br />
il pane tradizionale è fatto<br />
con semola di grano duro, acqua,<br />
sale e lievito madre (criscenti).<br />
I formati tipici sono<br />
due (entrambi da 1 o 1,5 chili).<br />
La vastedda è una pagnotta larga,<br />
bassa e tonda, con la crosta<br />
spessa, croccante e color nocciola.<br />
Il pucciddatu (in dialetto<br />
significa «forato») è una ciambella<br />
dallo stesso<br />
impasto, con<br />
un foro al centro<br />
dal diametro di<br />
10, 15 centimetri.<br />
Oltre alla lievitazionenaturale,<br />
si è conservata<br />
la tradizione<br />
<strong>del</strong>la cottura a legna<br />
e sopravvive<br />
ancora qualche<br />
raro forno<br />
di pietra in cui si alimenta il<br />
fuoco con rami di olivo e gusci<br />
di mandorle. In quest’ultimo<br />
caso il pane è particolarmente<br />
aromatico, con un buon profumo<br />
di olivo, che si sente anche<br />
in bocca. Altra tipologia è il pane<br />
forte. L’uso di grano tenero<br />
per la produzione <strong>del</strong> pane, destinato<br />
alle città ed alle classi<br />
meno abbienti, ebbe inizio in<br />
Sicilia intorno al ’500. La varietà<br />
utilizzata era il Maiorca, perché<br />
si coltivava un po’ dappertutto,<br />
ma era di difficile esportazione<br />
perché soggetto al riscaldamento.<br />
Per la panificazione<br />
popolare si usava invece il<br />
«forte» o grano duro, mentre<br />
Un cesto di pane<br />
Palermo<br />
15<br />
PA<br />
la pasta fino al XVIII secolo veniva<br />
fatta con la tumminia, grano<br />
duro di primavera. Si suppone<br />
che il nome «pane forte» derivi<br />
dall’uso <strong>del</strong> grano duro già<br />
adottato nel ’500. Ieri fatto solo<br />
con grano duro perché ritenuto<br />
di meno valore, oggi il pane<br />
duro si avvale invece <strong>del</strong>la farina<br />
di grano tenero considerata<br />
sul piano nutrizionale meno<br />
pregiata <strong>del</strong>la prima. Coi grani<br />
teneri nell'hinterland catanese<br />
veniva fatto un pane detto<br />
«cucchia» a forma ovoidale<br />
con spacco centrale, quasi a<br />
simboleggiare la<br />
fertilità femmminile.<br />
Nel giarrese<br />
si dice ancora<br />
«nasciu na cucchia»<br />
per annunciare<br />
la nascita di<br />
una bambina.<br />
E ancora abbiamo<br />
la papalina. Il<br />
nome ha precisi<br />
riferimenti ecclesiali<br />
per la ricchezza<br />
degli ingredienti. Nella<br />
Valle <strong>del</strong> Belice un pane simile,<br />
ma senza uova, prende il nome<br />
di «vastedda» o «cucciddatu di<br />
S. Giuseppe». Pupi cu l’ova: è<br />
tradizione vivissima quella di<br />
confezionare pani speciali contenenti<br />
<strong>del</strong>le uova intere per le<br />
festività pasquali: dai popoli<br />
primitivi ai giorni nostri l’uovo<br />
ha sempre avuto una valenza<br />
trascendentale. Queste forme<br />
incorporano al loro interno<br />
una o due uova e vengono finemente<br />
intagliate, decorate e incise<br />
fino a diventare dei veri capolavori.<br />
Red. Spe.<br />
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PA<br />
da Sabato 06 Luglio<br />
a Domenica 08 Settembre 2013<br />
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Domenica 30 Giugno 2013 <strong>Corriere</strong> <strong>del</strong> <strong>Mezzogiorno</strong>