Sfoglia l'intervista (.pdf 17672 KB) - FSNews
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Piangi Roma ha segnato anche l’esordio cinematografico<br />
con la colonna sonora di Giulia<br />
non esce la sera di Giuseppe Piccioni. Quanto è<br />
diverso comporre per il grande schermo?<br />
«Moltissimo, soprattutto se si tratta di scrivere<br />
una colonna sonora: è una composizione strumentale,<br />
in cui la musica si pone a servizio delle<br />
immagini. Ad esempio, nel caso di Giulia non<br />
esce la sera, dopo aver letto la sceneggiatura avevo<br />
scritto dei temi che mi piacevano tantissimo.<br />
Per poi accorgermi, una volta visto il primo<br />
girato, che non funzionavano. E ho dovuto ricominciare<br />
da capo».<br />
Lei è sempre stato l’anima del gruppo e i suoi<br />
duetti con Rachele Bastreghi continuano a far<br />
innamorare pubblico e critica. Anche ora che<br />
i Baustelle non sono più un fenomeno underground.<br />
Cosa resta del Francesco Bianconi<br />
degli esordi con la passione dei compositori<br />
pop anni ’60?<br />
«La passione non si è mai spenta, altrimenti<br />
avrei già smesso di fare questo mestiere. Certo,<br />
dopo anni e anni di lavoro, ho maturato<br />
una competenza più ampia e so destreggiarmi<br />
con disinvoltura. Ma le mie fonti di ispirazione<br />
sono quelle di allora: Ennio Morricone, per<br />
esempio, e tanti autori anni ‘60, italiani e non,<br />
arrangiatori e compositori di musica per il cinema».<br />
Tecnologie moderne di mixaggio e filtraggio<br />
dei suoni. Elettropop, arrangiamenti sofisticati<br />
e produzione elaborata. Da un lato un alto<br />
livello compositivo, dall’altro, forse, il rischio<br />
di appesantire?<br />
«Non è facile riuscire ad emozionare quando entrano<br />
in gioco arrangiamenti complessi. C’è il rischio<br />
di sovraccaricare, di soffocare. Ma la musica<br />
“complicata”, dai Beatles del secondo periodo<br />
ai Beach Boys di Pet sounds, mi piace. Anche<br />
quando prevede soluzioni sperimentali e un po’<br />
barocche. Ora come ora non mi dispiacerebbe<br />
fare un disco in presa diretta e con pochi elementi».<br />
Nel vivo di un forsennato tour estivo, i Baustelle<br />
salgono sul palco di Rock in Roma 2010 con<br />
l’artista rivelazione dell’anno, la nuova regina<br />
del soul Nina Zilli. È forse il segnale di una<br />
nuova fase?<br />
«Nina è una delle voci più interessanti del panorama<br />
italiano e il fatto che esca sul palco insieme<br />
ai Baustelle significa che la nostra musica ha<br />
veramente tanto da dire».<br />
Il rock italiano oggi è?<br />
«Vitale e molto produttivo, anche se a volte non<br />
sembra. Ci sono delle band indipendenti che lavorano<br />
nell’ombra e non riescono ad emergere<br />
perché l’industria discografica sta vivendo un<br />
momento difficile. La rete e la musica gratis sono<br />
una grande utopia democratica, trattata, però,<br />
anche dalle major, con un pizzico di superficialità.<br />
E questo toglie, soprattutto ai gruppi<br />
emergenti, la possibilità di sopravvivere. Dietro<br />
ogni disco ci sono ore di lavoro, fatica e sudore.<br />
E di musica si dovrebbe poter vivere».<br />
la freccia