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Arsenico - Ispesl

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Quaderno informativo ISPESL<br />

ARSENICO:<br />

contaminazione<br />

ed esposizione<br />

ambientale


ARSENICO:<br />

contaminazione<br />

ed esposizione ambientale


DIPARTIMENTO INSTALLAZIONI DI<br />

PRODUZIONE E INSEDIAMENTI ANTROPICI<br />

Realizzazione a cura di:<br />

Elena Sturchio - INAIL - Ricercatore ex ISPESL - DIPIA<br />

Laura Casorri - INAIL - ex ISPESL - DIPIA<br />

Eva Masciarelli - INAIL - ex ISPESL - DIPIA<br />

Elisabetta Bemporad - INAIL - Tecnologo ex ISPESL - DIPIA<br />

Giuseppe Mercurio - Croce Rossa Italiana - Corpo Militare - Laboratorio Centrale, Roma<br />

Andrea Masotti - Laboratorio di Espressione Genica-Microarrays Ospedale Pediatrico Bambino Gesù, Roma<br />

Claudio Minoia - Laboratorio di Misure Ambientali e Tossicologiche “Fondazione Salvatore Maugeri”, Pavia<br />

Fabrizio Bianchi - CNR–Istituto di Fisiologia Clinica, Dipartimento Epidemiologia, Pisa<br />

Paolo Napolitano - INAIL - ex ISPESL - DIPIA<br />

Claudio Beni - CRA-RPS Consiglio per la Ricerca e la Sperimentazione in Agricoltura – Centro di Ricerca per lo Studio<br />

delle Relazioni tra Pianta e Suolo, Roma<br />

Simona Marconi - CRA-RPS Consiglio per la Ricerca e la Sperimentazione in Agricoltura – Centro di Ricerca per lo<br />

Studio delle Relazioni tra Pianta e Suolo, Roma<br />

Paolo Ferrazza - Direttore Scientifico Agenzia di Ricerca Scientifica L.N.AGE Link Neuroscience&Healthcare - Roma<br />

Si ringrazia Giuditta Simoncelli - INAIL - ex ISPESL - DIPIA per la preziosa collaborazione nell’elaborazione grafica.


INDICE<br />

1 Introduzione 5<br />

2 Dati chimici e fisici 7<br />

3 Presenza nell’ambiente 13<br />

4 Diffusione dell’arsenico nel mondo 21<br />

5 Diffusione dell’arsenico in Italia 22<br />

6 Sorgenti espositive per la popolazione generale 26<br />

7 L’arsenico nel suolo e nelle piante 42<br />

8 Contenuto di arsenico in cibi e mangimi 47<br />

9 Metabolismo dell’As e suoi effetti sugli animali e sull’uomo 52<br />

10 Meccanismo di azione dell’As come interferente endocrino 56<br />

11 Espressione genica, polimorfismi, biomarcatori e microRNA 61<br />

12 Biotecnologie 67<br />

13 Bibliografia 72


1. INTRODUZIONE<br />

L’<strong>Arsenico</strong> (As) è un metalloide la cui presenza è ampiamente rilevabile in tutte le matrici ambientali.<br />

In natura si trova solitamente in piccole quantità, nelle rocce, nei suoli, nelle polveri e nell'aria (Onishi,<br />

1955). E’ inoltre utilizzato in molti prodotti e processi industriali e quindi viene immesso nell’ambiente<br />

(aria acqua e suolo) tramite rifiuti ed emissioni, spesso divenendo un contaminante significativo<br />

nei siti di bonifica.<br />

Il problema della presenza di As nell’acqua è noto fin dagli anni 80, quando numerosi studi hanno riscontrato<br />

elevati livelli di As nelle risorse di acqua freatica, inducendo l’Organizzazione Mondiale della<br />

Sanità (WHO) a fissarne il livello nell’acqua potabile a 10 μg/l (o di 0.01 mg/l). Attualmente i paesi nei<br />

quali sono stati segnalati elevati livelli di As nelle acque freatiche sono Afghanistan, Bangladesh, Cambogia,<br />

Cina, India, Lao, Mongolia, Myanmar, Nepal, Pakistan, Tailandia e Vietnam Messico, Argentina,<br />

Cile, Ungheria, Romania e alcune zone degli Stati Uniti (Smedley and Kinniburgh, 2002).<br />

Gli alti livelli di As nelle acque freatiche sono principalmente di origine geologica, mentre le fonti antropogeniche<br />

di As derivano da attività industriali, dall’utilizzo di antiparassitari, diserbanti e fertilizzanti.<br />

Nel nostro paese elevati valori di arsenico sono stati rilevati nelle acque sotterranee di molti comuni<br />

dell’Emilia Romagna e della Lombardia (Zavatti et all., 1995, Prandi, 1998), in alcuni comuni del Veneto<br />

(Baldantoni e Ferronato, 1996) ed in quelli dei Campi Flegrei (Napoli) (Dall’Aglio, 1995), nonché nelle<br />

acque di sorgente e nei laghi del Lazio settentrionale. La maggior parte di queste indagini hanno evidenziato<br />

come la presenza dell’arsenico sia legata a processi naturali di cessione dei minerali presenti<br />

negli acquiferi.<br />

Le acque, i suoli ed i rifiuti contaminati da arsenico devono essere trattati per eliminare od immobilizzare<br />

(a livelli accettabili) l’arsenico. La natura chimica dei composti dell’arsenico ed in particolare la<br />

loro tendenza a mutare rapidamente stato di valenza e forma chimica in un ampio spettro di valori di<br />

pH e di condizioni redox rende difficile valutarne destino e mobilità nell’ambiente (U.S. EPA, 2003).<br />

Inoltre il fatto che le diverse specie chimiche siano caratterizzate da tossicità e mobilità variabili, rende<br />

difficoltoso anche il trattamento a lungo termine dell’arsenico (U.S. EPA, 2002).<br />

Tutte le fonti di arsenico, rischiano di contaminare vaste aree e suoli destinati all’agricoltura (Chilvers<br />

and Peterson, 1987; Schraufnagel, 1983). La presenza di arsenico nei suoli e nei corsi d’acqua fa si che<br />

tale elemento si rinvenga nei tessuti di diverse specie vegetali. In seguito al trasferimento di As dal<br />

suolo alla pianta, la dieta è una delle principali vie di esposizione dell’uomo (Nriagu, 1988; WHO, 1981)<br />

al metalloide.<br />

Ingerire alte quantità di arsenico può causare la cosiddetta arsenicosi, una malattia che genera disturbi<br />

della pelle e cancro ai reni ed alla vescica. La tossicità dell’arsenico dipende dalla sua forma chimica:<br />

quella organica è potenzialmente meno dannosa di quella inorganica che può causare lo<br />

sviluppo di patologie cancerogene. L’arsenico nell’uomo può causare una serie di patologie che includono<br />

lesioni cutanee (iperpigmentazione, melanosi, cheratosi), problemi all’apparato respiratorio<br />

(tosse cronica, respiro corto, bronchite), effetti sul sistema nervoso (neuropatie, disordini neurocomportamentali,<br />

perdita di memoria, basso quoziente intellettivo, disturbo dell’attenzione, cancro in nu-<br />

5


6<br />

merosi organi (pelle, polmone, vescica) ed effetti sul sistema riproduttivo (complicazioni durante la gravidanza,<br />

anomalie fetali, parto prematuro, basso peso alla nascita), oltre a patologie cardiovascolari<br />

e diabete.<br />

La comprensione a livello molecolare dei meccanismi attraverso i quali l’esposizione all’arsenico determini<br />

le patologie sopra citate è ancora frammentaria. In questo contesto è interessante esaminare<br />

il possibile ruolo di una classe di RNA recentemente scoperta e coinvolta in molteplici processi cellulari,<br />

i microRNA (miRNA). I miRNA, piccole molecole di RNA che non codificano per alcuna proteina<br />

(ncRNA) regolano l’espressione genica di RNA messaggeri (mRNA). Sono importanti per la regolazione<br />

di una serie di processi biologici fondamentali per la cellula, tra cui la proliferazione, il differenziamento<br />

e l’apoptosi. Dato il loro coinvolgimento in molti dei processi chiave che regolano l’omeostasi<br />

cellulare, alterazioni dell’espressione di miRNA possono determinare condizioni patologiche anche<br />

gravi. I profili di espressione dei miRNA sono alterati nella maggior parte dei tumori umani ed è stato<br />

evidenziato come tali profili possano avere un valore sia diagnostico che prognostico. In un progetto<br />

di ricerca ISPESL finanziato dal Ministero della Salute (Progetto Strategico 2008-2011 dal titolo: “Sviluppo<br />

e applicazione di metodologie e tecniche innovative per la valutazione del rischio e degli effetti<br />

sulla salute in esposizioni ambientali e occupazionali”,Progetto 6 “Studio del rapporto causa-effetto<br />

tra geni e stress ambientali nell’induzione dell’effetto tossico”, Responsabile Scientifico del Progetto<br />

6 Dott.ssa Elena Sturchio) sono stati studiati gli effetti dell’esposizione all’arsenico su linee cellulari attraverso<br />

l’analisi dei profili di espressione di mRNA e di miRNA. L’espressione dei mRNA e dei miRNA<br />

è stata misurata tramite la tecnologia microarray e l’analisi ha evidenziato un effetto dell’arsenico sia<br />

sui profili di espressione dei mRNA che dei miRNA. Obiettivi del progetto sono quelli di contribuire a<br />

chiarire i meccanismi molecolari coinvolti nell’insorgenza delle patologie correlate all’esposizione all’arsenico<br />

e di verificare se le conseguenze di tale esposizione possano essere mediate da una alterazione<br />

dei livelli di espressione dei miRNA. L’identificazione di miRNA, attraverso tale studio potrebbe<br />

permettere di definire futuri biomarkers.<br />

Inoltre, studi recenti hanno confermato che l’origine etnica di una popolazione costituisce una variabile<br />

importante nel determinare gli effetti avversi alla salute riferibili all’As e le tecniche strumentali<br />

oggi disponibili permettono di definire i valori di riferimento di As e delle sue forme metaboliche nei<br />

diversi gruppi di popolazione generale.<br />

La realizzazione di strategie d’intervento, che vedono la valutazione comparativa di biomarcatori di<br />

effetto e di suscettibilità nella stessa popolazione per la valutazione complessiva degli effetti tossici<br />

che possono essere indotti da un’esposizione ambientale ed occupazionale a xenobiotici, costituisce<br />

attualmente uno dei più efficaci ed innovativi strumenti di prevenzione.


2. DATI CHIMICO-FISICI E CLASSIFICAZIONE<br />

L’arsenico elementare (numero atomico 33; massa atomica 74,9216) è un metalloide allo stato solido<br />

(V gruppo della tavola periodica degli elementi), il numero di massa atomica dei suoi isotopi varia tra<br />

68 e 80 ma solo l’isotopo 75 è stabile. Si presenta nelle tre forme allotropiche gialla (alfa), nera (beta)<br />

e grigia (gamma), più stabile a temperatura ambiente, sublima a 630°C e ha una tensione di vapore<br />

di 1 mm Hg a 372°C. Si combina rapidamente con cloro e fluoro a caldo e con molti metalli e non metalli.<br />

È un elemento molto reattivo non è solubile in acqua, mentre i suoi sali sono più o meno solubili<br />

in funzione del pH e dell’ambiente ionico. L’<strong>Arsenico</strong> può esistere in quattro stati di ossidazione (- 3,<br />

0, +3 e +5). In condizioni riducenti, lo stato di valenza +3 (AsIII), come arsenito, è la forma dominante,<br />

mentre la valenza +5 (AsV), come arseniato, è la forma più stabile in condizioni ossidanti (WHO, 2001).<br />

Tabella 1. Proprietà chimico-fisiche di As<br />

Nome<br />

<strong>Arsenico</strong><br />

Simbolo<br />

As<br />

Numero atomico 33<br />

Gruppo<br />

15, (Va)<br />

Periodo 4<br />

Serie chimica<br />

metalloidi (non metalli)<br />

CAS 7740-38-2<br />

RTECS<br />

CG0525000<br />

ICSC 0013<br />

Aspetto<br />

Cristalli fragili, grigi con aspetto metallico, inodore<br />

Massa atomica 74,9<br />

Configurazione elettronica 1s 2 2s 2 p 6 3s 2 p 6 d 10 4s 2 p 3<br />

Energia di prima ionizzazione 947,0<br />

Energia di seconda ionizzazione 1798<br />

Energia di terza ionizzazione 2735<br />

Energia di quarta ionizzazione 4837<br />

Stati di ossidazione -3, 0, +3, +5<br />

Densità 5,7 g/cm 3<br />

Punto di fusione<br />

814° C<br />

Punto di ebollizione<br />

615° C<br />

Solubilità in acqua<br />

insolubile<br />

Classe di cancerogenicità 1<br />

Gruppo mutageno per le<br />

cellule germinali (DFG 2004)<br />

3A<br />

7


La normativa europea classifica l’arsenico, i composti dell’arsenico in generale ed alcuni composti dell’arsenico<br />

specifici, con il Regolamento CE n.1272 del 16 dicembre 2008 (cosiddetto Regolamento CLP)<br />

relativo alla classificazione, all’etichettatura e all’imballaggio delle sostanze e delle miscele, così come<br />

riportato in Tabella 2. La classificazione e l’etichettatura riportate nella tabella sono quelle attualmente<br />

vigenti, per le sostanze fino al 1 dicembre 2010 (per le miscele fino al 1 giugno 2015) parallelamente<br />

a quelle in tabella 3.1 per la classificazione armonizzata, come adeguata al progresso tecnico<br />

dal Regolamento CE n.790 del 10 agosto 2009 (1°ATP), anch’esso in vigore dal 1 dicembre 2010.<br />

Tabella 2 – Classificazione dell’arsenico e dei suoi composti ai sensi del Regolamento CE n.1272/2008<br />

o CLP - estrapolata dalle tabelle 3.2 e 3.1 del regolamento, nella versione adeguata al 1° ATP (Regolamento<br />

CE n.790/2009)] – in corsivo le voci nuove introdotte dal 1°ATP<br />

Tabella 3.2 (allegato I Direttiva 67/548/CEE)<br />

Identificazione<br />

chimica<br />

internazionale<br />

arsenic<br />

arsenic<br />

compounds,<br />

with the<br />

exception of<br />

those specified<br />

elsewhere in this<br />

Annex (allegato<br />

VI al<br />

Regolamento<br />

n.1272/2008<br />

(CLP))<br />

diarsenic<br />

trioxide; arsenic<br />

trioxide<br />

Classificazione<br />

T; R23/25<br />

N; R50-53<br />

T; R23/25<br />

N; R50-53<br />

Carc. Cat. 1;<br />

R45<br />

T+; R28<br />

C; R34<br />

N; R50-53<br />

Limiti di<br />

concentrazione<br />

T; R23/25:<br />

C 0,2%<br />

Xn; R20/22:<br />

0,1% C 0,2%<br />

Note<br />

A<br />

1<br />

E<br />

Tabella 3.1 (classificazione armonizzata)<br />

Classificazione<br />

Limiti di<br />

Categoria di Indicazioni concentraz Note<br />

pericolo di pericolo fattori M<br />

Acute Tox. 3*<br />

Acute Tox. 3*<br />

Aquatic Acute 1<br />

Aquatic Chronic<br />

1<br />

Acute Tox. 3*<br />

Acute Tox. 3*<br />

Aquatic Acute 1<br />

Aquatic Chronic<br />

1<br />

Carc. 1A<br />

Acute Tox. 2*<br />

Skin Corr. 1B<br />

Aquatic Acute 1<br />

Aquatic Chronic<br />

1<br />

H331<br />

H301<br />

H400<br />

H410<br />

H331<br />

H301<br />

H400<br />

H410<br />

H350<br />

H300<br />

H314<br />

H400<br />

H410<br />

*<br />

A<br />

1<br />

8


diarsenic<br />

pentaoxide;<br />

arsenic<br />

pentoxide;<br />

arsenic oxide<br />

arsenic acid and<br />

its salts<br />

arsenic acid and<br />

its salts with the<br />

exception of<br />

those specified<br />

elsewhere in this<br />

Annex (allegato<br />

VI al<br />

Regolamento<br />

n.1272/2008<br />

(CLP))<br />

arsine<br />

tert-butylarsine<br />

lead hydrogen<br />

arsenate<br />

triethyl arsenate<br />

Carc. Cat. 1;<br />

R45<br />

T; R23/25<br />

N; R50-53<br />

Carc. Cat. 1;<br />

R45<br />

T; R23/25<br />

N; R50-53<br />

F+; R12<br />

T+; R26<br />

Xn; R48/20<br />

N; R50-53<br />

F; R17<br />

T+; R26<br />

Carc. Cat. 1;<br />

R45<br />

Repr Cat. 1; R61<br />

Repr. Cat. 3;<br />

R62<br />

T; R23/25<br />

R33<br />

N; R50-53<br />

Carc. Cat. 1;<br />

R45<br />

T; R23/25<br />

N; R50-53<br />

E<br />

AE<br />

E<br />

1<br />

E<br />

Carc. 1A<br />

Acute Tox. 3*<br />

Acute Tox. 3*<br />

Aquatic Acute 1<br />

Aquatic Chronic<br />

1<br />

Carc. 1A<br />

Acute Tox. 3*<br />

Acute Tox. 3*<br />

Aquatic Acute 1<br />

Aquatic Chronic<br />

1<br />

Flam. Gas 1<br />

Press. Gas<br />

Acute Tox. 2*<br />

STOT RE 2*<br />

Aquatic Acute 1<br />

Aquatic Chronic<br />

1<br />

Pyr. Liq. 1, Acute<br />

Tox. 2*<br />

Carc. 1A<br />

Repr. 1A<br />

Acute Tox. 3*<br />

Acute Tox. 3*<br />

STOT RE 2*<br />

Aquatic Acute 1<br />

Aquatic Chronic<br />

1<br />

Carc. 1A<br />

Acute Tox. 3*<br />

Acute Tox. 3*<br />

Aquatic Acute 1<br />

Aquatic Chronic<br />

1<br />

H350<br />

H331<br />

H301<br />

H400<br />

H410<br />

H350<br />

H331<br />

H301<br />

H400<br />

H410<br />

H220<br />

H330<br />

H373**<br />

H400<br />

H410<br />

H250<br />

H330<br />

H350<br />

H360Df<br />

H331<br />

H301<br />

H373**<br />

H400<br />

H410<br />

H350<br />

H331<br />

H301<br />

H400<br />

H410<br />

A<br />

U<br />

1<br />

9


10<br />

nickel<br />

diarsenide; [1]<br />

nickel arsenide<br />

[2]<br />

trinickel<br />

bis(arsenate);<br />

nickel(II)<br />

arsenate<br />

trinickel<br />

bis(arsenite)<br />

R12 Estremamente<br />

Carc. Cat. 1;<br />

R49<br />

T; R48/23<br />

R43<br />

N; R50-53<br />

Carc. Cat. 1;<br />

R45<br />

T; R48/23<br />

R43<br />

N; R50-53<br />

Carc. Cat. 1;<br />

R49<br />

T; R48/23<br />

R43<br />

N; R50-53<br />

infiammabile<br />

R17 Spontaneamente infiammabile all'aria<br />

R20/22 Nocivo per inalazione e ingestione<br />

R23/25 Tossico per inalazione ed ingestione<br />

R26 Molto tossico per inalazione<br />

R28 Molto tossico per ingestione<br />

R34 Provoca ustioni<br />

E<br />

H<br />

E<br />

H<br />

E<br />

H<br />

Carc. 1A<br />

STOT RE 1<br />

Skin Sens. 1<br />

Aquatic Acute 1<br />

Aquatic Chronic<br />

1<br />

Carc. 1A<br />

STOT RE 1<br />

Skin Sens. 1<br />

Aquatic Acute 1<br />

Aquatic Chronic<br />

1<br />

Carc. 1A<br />

STOT RE 1<br />

Skin Sens. 1<br />

Aquatic Acute 1<br />

Aquatic Chronic<br />

1<br />

H220 Gas altamente<br />

H350i<br />

H372**<br />

H317<br />

H400<br />

H410<br />

H350<br />

H372**<br />

H317<br />

H400<br />

H410<br />

H350i<br />

H372**<br />

H317<br />

H400<br />

H410<br />

infiammabile<br />

H250 Spontaneamente infiammabile all'aria<br />

H332 Nocivo se inalato<br />

H302 Nocivo se ingerito<br />

H331 Tossico se inalato<br />

H301 Tossico se ingerito<br />

H330 Letale se inalato<br />

H300 Letale se ingerito<br />

H314 Provoca gravi ustioni cutanee e gravi lesioni oculari<br />

R43 Può provocare sensibilizzazione per contatto con la pelle H317 Può provocare una reazione allergica della pelle<br />

R45 Può provocare il cancro<br />

R33 Pericolo di effetti cumulativi<br />

R48/20 nocivo: pericolo di gravi danni per la salute in caso di<br />

esposizione prolungata per inalazione<br />

R48/23 Tossico: pericolo di gravi danni alla salute in caso di<br />

esposizione prolungata per inalazione<br />

H350 Può provocare il cancro


R49 Può provocare il cancro per inalazione<br />

R50-53 Altamente tossico per gli organismi acquatici, può<br />

provocare a lungo termine effetti negativi per l'ambiente<br />

acquatico<br />

p )<br />

H350i Può provocare il cancro se inalato<br />

H400 Altamente tossico per gli organismi acquatici<br />

H410 Molto tossico per gli organismi acquatici con effetti<br />

di lunga durata<br />

R61 Può danneggiare i bambini non ancora nati<br />

H360Df Può nuocere al feto. Sospettato di nuocere alla<br />

R62 Possibile rischio di ridotta fertilità<br />

fertilità<br />

NOTA A: Fatto salvo l'articolo 17, paragrafo 2, il nome della sostanza deve figurare sull’etichetta sotto una delle<br />

designazioni di cui alla parte 3. Nella parte 3 è talvolta utilizzata una descrizione generale del tipo «composti di ...» o<br />

«sali di ...». In tal caso il fornitore è tenuto a precisare sull’etichetta il nome esatto, tenendo conto di quanto indicato alla<br />

sezione 1.1.1.4.<br />

NOTA E: Le sostanze con effetti specifici sulla salute umana (v. capitolo 4 dell’allegato VI della direttiva 67/548/CEE)<br />

classificate come cancerogene, mutagene e/o tossiche per la riproduzione di categoria 1 e 2 sono accompagnate dalla<br />

Nota E se sono classificate come cancerogene, mutagene e/o tossiche per la riproduzione di categoria 1 e 2 sono<br />

accompagnate dalla Nota E se sono classificate anche come molto tossiche (T+), tossiche (T) o nocive (Xn). Per tali<br />

sostanze, le frasi di rischio R20, R21, R22, R23, R24, R25, R26, R27, R28, R39, R68 (nocivo), R48, R65 e tutte le<br />

combinazioni di tali frasi devono essere precedute dalla parola «anche». (tabella 3.2)<br />

NOTA H La classificazione e l'etichetta di questa sostanza concernono soltanto la proprietà o le proprietà pericolose<br />

specificate dalla frase o dalle frasi di rischio, in combinazione con la categoria o le categorie di pericolo indicate. Il<br />

fabbricante, l'importatore e l'utilizzatore a valle della sostanza sono tenuti ad effettuare una ricerca per essere al corrente<br />

dei dati pertinenti e accessibili esistenti su tutte le altre proprietà per classificare ed etichettare la sostanza. L'etichetta<br />

finale dev'essere conforme alle prescrizioni della sezione 7 dell'allegato VI della direttiva 67/ 548/CEE. (tabella 3.2)<br />

NOTA U: Al momento dell'immissione sul mercato i gas vanno classificati «Gas sotto pressione» in uno dei<br />

gruppi pertinenti gas compresso, gas liquefatto, gas liquefatto refrigerato o gas dissolto. Il gruppo dipende<br />

dallo stato fisico in cui il gas è confezionato e pertanto va attribuito caso per caso. (tabella 3.1)<br />

NOTA 1: Le concentrazioni indicate o, in loro assenza, le concentrazioni generiche di cui al regolamento CLP (tabella<br />

3.1) o le concentrazioni generiche di cui alla direttiva 1999/45/CE (tabella 3.2), sono espresse in percentuale in peso<br />

dell’elemento metallico calcolata in rapporto al peso totale della miscela<br />

* Classificazione minima: Per alcune classi di pericolo, compresa la tossicità acuta e STOT — esposizione<br />

ripetuta, la classificazione secondo i criteri enunciati nella direttiva 67/548/CEE non corrisponde direttamente<br />

alla classificazione in una classe e categoria di pericolo secondo il presente regolamento. In questi casi la<br />

classificazione figurante nel presente allegato è da considerarsi una classificazione minima e si applica se<br />

non si dà nessuna delle seguenti condizioni: — il fabbricante o l'importatore ha accesso a dati o altre<br />

informazioni di cui alla parte 1 dell’allegato I che giustificano una classificazione in una categoria di maggiore<br />

gravità rispetto alla classificazione minima. Deve allora essere applicata la classificazione nella categoria di<br />

maggiore gravità; — la classificazione minima può essere precisata in base alla tabella di conversione<br />

dell’allegato VII quando il fabbricante o l'importatore conosce lo stato fisico della sostanza utilizzata nelle<br />

prove di tossicità acuta per inalazione.<br />

La classificazione stabilita in base all’allegato VII sostituisce allora, se ne differisce, la classificazione minima<br />

indicata al presente allegato. La classificazione minima per una categoria è segnalata nella tabella 3.1 da un<br />

asterisco (*) nella colonna «classificazione». Il riferimento * può figurare anche nella colonna «Limiti di<br />

concentrazione specifica e fattori M» in cui indica che la voce ha limiti specifici di concentrazione per la<br />

tossicità acuta a norma della direttiva 67/548/CEE (tabella 3.2). Tali limiti di concentrazione non possono<br />

essere «convertiti» in limiti di concentrazione di cui al presente regolamento, segnatamente quando esiste<br />

una classificazione minima. Tuttavia, quando è indicato il riferimento *, alla classificazione per tossicità acuta<br />

va riservata un'attenzione particolare.<br />

11


p<br />

** Una via di esposizione non può essere esclusa: Per talune classi di pericolo, ad esempio la STOT, la via<br />

di esposizione dovrebbe essere menzionata nell’indicazione di pericolo soltanto se è accertato che<br />

nessun’altra via di esposizione può presentare un pericolo secondo i criteri di cui all’allegato I. In base alla<br />

direttiva 67/548/CEE la via di esposizione è indicata quando esistevano dati che ne giustificavano la<br />

classificazione con R48. La classificazione secondo la direttiva 67/548/ CEE indicante la via di esposizione è<br />

stata convertita nella classe e nella categoria corrispondenti secondo il presente regolamento, ma con<br />

un’indicazione di pericolo generale che, in mancanza delle necessarie informazioni, non specifica la via di<br />

esposizione. Tali indicazioni di pericolo sono segnalate nella tabella 3.1 da un doppio asterisco (**)<br />

L’As è presente nelle acque naturali soprattutto in forma inorganica, come ossianione trivalente AsIII<br />

o pentavalente AsV, e in concentrazione inferiore sotto forma di acido monometilarsonico (MMA),<br />

acido dimetilarsinico (DMA) e di specie arsenicali monometilate (MMAIII) e dimetilate trivalenti<br />

(DMAIII) Figura 1. Ulteriori specie arsenicali rilevate in acqua di mare e in acqua dolce potrebbero rappresentare<br />

fino al 20% di As totale (IARC, 2004).<br />

Le forme organiche, raramente presenti in quantità rilevanti, possono essere prodotte dall’attività<br />

biologica, soprattutto nelle acque superficiali, ma possono essere presenti dove l’acqua è particolarmente<br />

inquinata dall’attività industriale.<br />

Figura 1. Struttura chimica delle principali specie dell’arsenico<br />

12


3. PRESENZA NELL’AMBIENTE<br />

In termini generali, le fonti di contaminazione da metalli possono derivare da attività industriali,<br />

agricole e civili; le prime attraverso scarichi idrici e fall-out atmosferico, le seconde, occasionalmente,<br />

con i trattamenti fitosanitari e l’utilizzo di biomasse di recupero e le ultime, talvolta preponderanti<br />

sulle altre, con le emissioni da riscaldamento domestico, incenerimento, traffico veicolare ed aereo.<br />

(Beretta, 1984; Cerutti, 1999; Casarett and Doull’s, 2000). L’arsenico (As) presente nell’ambiente deriva<br />

da sorgenti naturali e antropogeniche. Le cause naturali sono principalmente i processi pedogenetici,<br />

l’attività biologica e vulcanica. L’arsenico è presente come costituente principale in più di 200<br />

minerali, dei quali approssimativamente il 60% sono arseniati, il 20% solfati e il restante 20% arseniti,<br />

ossidi, silicati ed arsenico elementare (As) (Smedley e Kinninburgh, 2002). L’arsenico è generalmente<br />

legato a carbonio, ferro, ossigeno e zolfo, con i quali forma composti arsenicali inorganici e<br />

organici in diversi stati di ossidazione. Le proprietà chimico-fisiche delle diverse specie sono determinanti<br />

sul potenziale effetto tossico. L’elevata mobilità di As dipende dal fatto che in ambiente ossidante<br />

l’elemento è presente nello stato di ossidazione +5 e non subisce processi rilevanti di<br />

coprecipitazione o di adsorbimento, con l’eccezione della coprecipitazione indotta da idrossidi di<br />

ferro. Gran parte dei problemi ambientali dovuti a questo inquinante sono la conseguenza della sua<br />

naturale mobilizzazione sia nell’idrosfera che nell’atmosfera. L’arsenico inorganico proviene essenzialmente<br />

da sorgenti geochimiche ed è presente in composti derivanti dall’ossidazione di solfuri metallici<br />

(pirite, calcopirite, arsenopirite) ed ha una diffusione ubiquitaria nel suolo, nell’aria e<br />

nell’acqua. Nella crosta terrestre è presente in concentrazioni relativamente basse (2 ppm), ma a<br />

causa di contaminazioni agricole e industriali (impiego di fanghi di depurazione e utilizzo di detergenti<br />

e/o fertilizzanti a base di fosfati che contengono quantità apprezzabili di questo elemento), i<br />

livelli di arsenico nei suoli possono variare da 1 a 40 mg/kg (WHO, 2001). L’arsenico è un componente<br />

naturale dei minerali che contengono Pb, Zn, Cu e Au e, conseguentemente, durante i processi minerari<br />

di estrazione e fusione sono frequenti fenomeni di contaminazione di suoli, sedimenti, corsi<br />

d’acqua (fiumi e laghi), acque di falda e atmosfera. L’attività vulcanica e i microrganismi del suolo rilasciano<br />

As nell’aria dove i suoi livelli variano, con valori inferiori nelle aree rurali (0,007-28 ng/m 3 ) e<br />

concentrazioni più elevate nelle aree urbane (3-200 ng/m 3 ) (WHO, 2001). Studi condotti in Stati dell’Unione<br />

Europea hanno evidenziato valori di As nell’aria compresi tra 1-3 ng/m 3 in zone urbane e tra<br />

20-30 ng/m 3 in quelle industriali (WHO, 2001). L’arsenico presente nell’atmosfera deriva da numerosi<br />

fattori (erosione del suolo esercitata dal vento, emissioni vulcaniche, volatilizzazione dell’elemento<br />

dal suolo, aerosol di acqua di mare, inquinamento antropico) e ritorna sulla superficie terrestre attraverso<br />

deposizioni umide e secche. L’arsenico atmosferico si trova sotto forma di As 2 O 3 in polvere<br />

(Cullen and Reimer, 1989) o adsorbito come arsenito e arseniato su particolato (Mandal e Suzuki,<br />

2002). Durante i processi di fusione dei minerali contenenti Cu, Pb, Zn e Au avviene un ingente rilascio<br />

di arsenico nell’atmosfera (Li and Thornton, 1993). La combustione del carbone (Fig. 2), oltre a<br />

determinare il rilascio di arsenico nell’atmosfera, determina anche la produzione di ingenti quantità<br />

di ceneri leggere e pesanti contenenti arsenico (Beretka and Nelson, 1994).<br />

13


Figura 2. Ciclo dell’arsenico nell’ambiente<br />

L’esposizione dell’uomo all’arsenico attraverso l’aria è generalmente molto bassa, normalmente la sua<br />

concentrazione ha un range variabile tra 0.4 e 30 ng/m 3 (WHO, 1996).<br />

In tabella 3 sono riassunti i valori prescritti dalla normativa per la concentrazione dell’arsenico nelle<br />

diverse matrici ambientali.<br />

14


Tabella 3 – Valori prescritti dalla normativa per la concentrazione dell’arsenico nelle diverse matrici<br />

ambientali<br />

(2) per il suolo le CSC sono da rispettare su campioni privi della frazione > 2 cm (da scartare in campo) e sull'aliquota di granulometria<br />

< 2 mm sulla totalità dei materiali secchi, comprensiva anche dello scheletro<br />

Nel suolo l'arsenico (arsenito e arseniato), si trova sia in forma organica che inorganica (arseniato e arsenito).<br />

Le più abbondanti sono quelle inorganiche presenti soprattutto nei minerali ferrosi e nei solfuri<br />

(Huang, 1994). Nel suolo, nell’acqua e nell’interfase acqua-sedimenti i composti organici dell’arsenico possono<br />

essere trasformati per biometilazione dai batteri (Escherichia coli, Flavobacterium sp., Methanobacterium<br />

sp.) e dai funghi (Aspergillus glaucus, Candida humicola). In condizioni ossidanti si formano<br />

acido monometilarsinico (MMA), acido dimetiliarsinico (DMA) e ossido di trimetilarsina (TMASO).<br />

L’incremento dell’arsenico nell’ambiente è dovuto in modo significativo alle attività antropiche.<br />

Le industrie di ceramiche, le industrie produttrici di componenti elettronici (semiconduttori, circuiti integrati),<br />

le industrie di cosmetici, le industrie tessili, i colorifici e le vetrerie liberano notevoli quantità<br />

di arsenico nell’ambiente soprattutto sotto forma di triossido di arsenico (As 2 O 3 ).<br />

L’arsenico viene impiegato per la preparazione dei pallini da caccia, e per le sue proprietà semiconduttrici<br />

trova applicazione in elettronica.<br />

Inoltre la sua presenza nell’ambiente è legata all’attività mineraria, alla fusione dei metalli, alla combustione<br />

dei rifiuti, alla produzione di energia con combustibili fossili (carbone o petrolio), all’utilizzo<br />

15


16<br />

di insetticidi, erbicidi e fungicidi a base di arsenico, di fertilizzanti, utilizzati in pieno campo, ma soprattutto<br />

in serra per la difesa di specie floricole ad alto reddito.<br />

L’uso prolungato dei fertilizzanti commerciali nei quali l’arsenico è presente come impurezza può portare<br />

un accumulo di As nel suolo, in particolare, i concimi fosfatici possono contenere quantità talvolta<br />

elevate di arsenico sotto forma di impurezza (Charter et al., 1995).<br />

Per limitare la diffusione nell’ambiente e l’esposizione umana ai composti dell’arsenico, sono state<br />

imposte fin dal 1982 restrizioni in materia di fabbricazione, immissione sul mercato ed uso, ad oggi recepite,<br />

come adeguate al progresso tecnico, nell’Allegato XVII del Regolamento CE n.1907 del 18 dicembre<br />

2006 o REACH (recentemente modificato dal Regolamento CE n.552 del 22 giugno 2009), al<br />

punto 19, che permette di identificare gli usi ancora consentiti e dunque le potenziali fonti di esposizione<br />

e le eventuali relative misure di protezione prescritte:<br />

“Le restrizioni non si applicano all’immagazzinamento, alla conservazione, al trattamento, al riempimento<br />

in contenitori o al trasferimento da un contenitore all’altro di tali sostanze (inclusi i composti dell’arsenico)<br />

se destinate all’esportazione, a meno che la fabbricazione delle sostanze non sia proibita”.<br />

1. Non sono consentiti l’immissione sul mercato e l’uso come sostanze o in miscele destinate ad essere<br />

utilizzate per prevenire l’incrostazione di microrganismi, piante o animali su:<br />

- carene di imbarcazioni,<br />

- gabbie, galleggianti, reti e qualsiasi altra apparecchiatura o impianto utilizzato in piscicoltura e<br />

molluschicoltura,<br />

- qualsiasi apparecchiatura o impianto totalmente o parzialmente sommerso.<br />

2. Non sono consentiti l’immissione sul mercato e l’uso come sostanze o in miscele destinate ad essere<br />

utilizzate per il trattamento delle acque per uso industriale, a prescindere dal loro uso.<br />

3. Non sono ammessi nella protezione del legno. Inoltre, il legno che ha subito tale trattamento non<br />

può essere immesso sul mercato.<br />

4. In deroga al paragrafo 3:<br />

a) relativamente alle sostanze e alle miscele per la protezione del legno, queste possono essere<br />

utilizzate negli impianti industriali per il trattamento del legno sotto vuoto o sotto pressione se<br />

si tratta di soluzioni di composti di rame, cromo, arsenico (RCA) di tipo C e se autorizzate a<br />

norma dell’articolo 5, paragrafo 1, della Direttiva 98/8/CE. Il legno cosí trattato non deve essere<br />

immesso sul mercato prima del completo fissaggio del conservante.<br />

b) È consentita l’immissione sul mercato di legno trattato con le soluzioni di tipo RCA, come indicato<br />

alla lettera a), se destinato ad usi professionali e industriali al fine di salvaguardare l’integrità<br />

strutturale del legno per garantire la sicurezza delle persone o del bestiame e se è improbabile che<br />

il pubblico abbia un contatto cutaneo con tale legno durante la sua vita di impiego:<br />

- nelle strutture portanti di edifici pubblici e agricoli, edifici adibiti a uffici e locali industriali,<br />

- nei ponti e nei lavori di costruzione di ponti,<br />

- nelle costruzioni in legno su acque dolci e acque salmastre, per esempio moli e ponti,<br />

- nelle barriere antirumore,<br />

- nei sistemi di protezione dalle valanghe,


- nelle recinzioni e barriere autostradali,<br />

- nei pali di conifere rotondi e scortecciati dei recinti per il bestiame,<br />

- nelle strutture per il contenimento della terra,<br />

- nei pali delle linee elettriche e di telecomunicazioni,<br />

- nelle traversine ferroviarie sotterranee;<br />

c) ferma restando l’applicazione di altre disposizioni comunitarie sulla classificazione, l’imballaggio<br />

e l’etichettatura di sostanze e miscele, i fornitori devono garantire prima dell’immissione sul mercato<br />

che il legno trattato commercializzato rechi la dicitura “Strettamente riservato ad usi e impianti<br />

industriali, contiene arsenico”. Inoltre il legno commercializzato in imballaggi dovrà<br />

riportare la dicitura “Indossare guanti durante la manipolazione di questo legno. Indossare una<br />

protezione per gli occhi e una maschera antipolvere durante le operazioni di taglio e lavorazione.<br />

I rifiuti di questo legno devono essere trattati come rifiuti pericolosi da un’impresa autorizzata”;<br />

d) il legno trattato di cui alla lettera a) non deve essere utilizzato:<br />

- in edifici residenziali o abitativi, a prescindere dalla destinazione,<br />

- in applicazioni in cui vi sia il rischio di contatti ripetuti con la pelle,<br />

- in acque marine,<br />

- per scopi agricoli diversi dai recinti per il bestiame e dagli usi strutturali di cui alla lettera b),<br />

- in applicazioni in cui il legno trattato potrebbe venire a contatto con articoli semilavorati o finiti<br />

destinati al consumo umano e/o animale.<br />

5. Il legno trattato con composti dell’arsenico che era in uso nella Comunità prima del 30 settembre<br />

2007 o che è stato immesso sul mercato conformemente al paragrafo 4 può continuare ad essere<br />

utilizzato sino alla fine della sua vita di impiego.<br />

6. Il legno trattato con soluzione RCA di tipo C che era in uso nella Comunità prima del 30 settembre<br />

2007 o che è stato immesso sul mercato in conformità al paragrafo 4:<br />

- può essere utilizzato o riutilizzato alle condizioni pertinenti il suo uso di cui al paragrafo 4, lettere<br />

b), c) e d),<br />

- può essere immesso sul mercato alle condizioni pertinenti il suo uso di cui al paragrafo 4, lettere<br />

b), c) e d).<br />

7. Gli Stati membri possono consentire che il legno trattato con altri tipi di soluzioni RCA in uso nella<br />

Comunità prima del 30 settembre 2007:<br />

- venga utilizzato o riutilizzato alle condizioni pertinenti il suo uso di cui al paragrafo 4, lettere b),<br />

c) e d),<br />

- sia immesso sul mercato alle condizioni pertinenti il suo uso di cui al paragrafo 4, lettere b), c) e d).<br />

Infine, considerando che tra le fonti di contaminazione ambientale compaiono anche inceneritori e discariche<br />

di rifiuti pericolosi si ritiene opportuno riportare alcune informazioni relativamente alla presenza<br />

dell’arsenico nei rifiuti.<br />

Innanzi tutto, perché un rifiuto sia classificato pericoloso, deve essere identificato con una delle voci<br />

asteriscate dell’Allegato D alla parte IV del D.Lgs. n.152/2006. Per alcune tipologie di rifiuti ciò avviene<br />

17


in base alla provenienza, mentre per altre (cosiddette “voci specchio”) viene effettuato sulla base di<br />

una caratterizzazione analitica mirata alla ricerca delle sostanze che, sempre sulla base del ciclo di<br />

produzione, trasformazione ed uso, ovvero della provenienza, si ritiene possano essere presenti in<br />

esso. In quest’ultimo caso, per valutare la pericolosità del rifiuto sulla base del contenuto di arsenico,<br />

occorre tenere presente la classificazione delle specie in cui esso può essere presente nel rifiuto (vedi<br />

tab.2) ed i criteri riportati nello stesso Allegato D sopra citato.<br />

Con riferimento alle forme di gestione dei rifiuti contenenti arsenico, si ritiene utile riportare in Tabella<br />

4 le limitazioni normative previste sul contenuto nei rifiuti per le procedure semplificate di recupero<br />

ai sensi degli artt. 31 e 33 del D.Lgs. n.22/97 sia per i rifiuti non pericolosi che per i rifiuti pericolosi rispettivamente<br />

dal DM 5 febbraio 1998 e s.m.i. e Dm 12 giugno 2002. Entrambi sono ancora in vigore<br />

ai sensi dell’art.265 del d.lgs. n.152/2006 e prevedono limitazioni sul contenuto iniziale di arsenico per<br />

accedere a tale forma, amministrativamente agevolata, di recupero.<br />

Tabella 4 - Limiti previsti dalla normativa, in particolare sul contenuto di arsenico, per i rifiuti da sottoporre<br />

ad operazioni di recupero in procedura semplificata<br />

DESCRIZIONE<br />

RIFIUTO<br />

CODICE<br />

ELENCO<br />

RIFIUTI<br />

(CER)<br />

black liquor 030199<br />

colaticci o schiume<br />

di Pb<br />

batterie al Pb<br />

esauste e di scarto<br />

e loro parti<br />

schiumatura e<br />

ossidi di Pb e sue<br />

leghe<br />

100401*<br />

100402*<br />

160601*<br />

200133*<br />

100402*<br />

100401*<br />

ferriti di Zn 110202*<br />

scorie<br />

da<br />

metallurgia di Zn<br />

(non pericoloso) e<br />

Pb<br />

fanghi e sali ad<br />

alto contenuto di<br />

Cu<br />

100501 NP<br />

100401*<br />

060313*<br />

060405*<br />

190205*<br />

PROVENIENZA<br />

industria del pannello di fibra<br />

di legno; cartiere<br />

scorificazione dei bagni di<br />

fusione di leghe Sn-Pb<br />

nell’industria metallurgica<br />

raccolta finalizzata o<br />

selezione di qualità da<br />

industria produzione<br />

accumulatori<br />

forni di fusione del Pb<br />

secondario<br />

ciclo idrometallurgico<br />

primario e secondario dello<br />

Zn<br />

industria di produzione di Pb<br />

e Zn da minerali primari e<br />

metallurgia termica dei<br />

metalli non ferrosi<br />

Attività di incisione dei<br />

circuiti stampati;<br />

residui di lavorazione di<br />

soluzioni a base di Cu<br />

LIMITE<br />

As 0,1 mg/kg<br />

t.q. (0,00001%)<br />

As < 0,01%<br />

As < 0,5%<br />

As < 1%<br />

As


fanghi palabili<br />

contenenti Pb e S<br />

melme acide da<br />

impianti di<br />

solfonazione,<br />

soluzioni di H 2 SO 4<br />

esausto<br />

carboni<br />

esausti<br />

attivi<br />

060405*<br />

100407*<br />

190205*<br />

060101*<br />

060702*<br />

061302*<br />

190110*<br />

070109*<br />

070110*<br />

070209*<br />

070210*<br />

070309*<br />

070310*<br />

070409*<br />

070410*<br />

070509*<br />

070510*<br />

070609*<br />

070610*<br />

070709*<br />

070710*<br />

ciclo di produzione del Pb<br />

secondario mediante<br />

recupero degli accumulatori<br />

al Pb esausti; cicli di<br />

trattamento primario degli<br />

ossidi di Zn e Pb; ciclo di<br />

produzione di accumulatori<br />

al Pb<br />

industria chimica e<br />

petrolchimica<br />

processi produttivi industriali<br />

ed artigianali; incenerimento<br />

o pirolisi di rifiuti urbani e<br />

assimilati<br />

As < 0,5% s.s.<br />

As < 0,5 ppm<br />

(0,00005%)<br />

As < 3% (in<br />

riferimento alla<br />

classificazione T)<br />

-<br />

inferiore nel caso<br />

siano presenti<br />

forme chimiche<br />

classificate T+<br />

DM 12/06/2002<br />

Si evidenzia così come i contenuti più elevati siano previsti per i rifiuti dall’industria metallurgica dei<br />

metalli non ferrosi, principalmente zinco e piombo.<br />

Considerando i processi termici, il riferimento è il d.lgs. n.133/2005, attuazione della Direttiva<br />

2000/76/CE in materia di incenerimento dei rifiuti che stabilisce per le emissioni in aria un limite che è<br />

però cumulativo per dieci metalli pesanti, come del resto è cumulativo, riferito ad una ventina di sostanze,<br />

anche il limite per le emissioni in atmosfera da impianti industriali previsto dal d.lgs. n.152/2006<br />

Parte V. Il D.Lgs.n.133/2005, stabilisce anche un limite specifico per l’arsenico nelle acque reflue derivanti<br />

da un’eventuale trattamento ad umido degli effluenti gassosi pari 0,15 mg/l, dunque più restrittivo<br />

del limite previsto in generale per lo scarico in acque superficiali ed in rete fognaria dal D.Lgs.<br />

n.152/2006 Parte III, pari a 0.5 mg/l.<br />

Inoltre occorre citare il DM 3/8/2005 recante criteri di ammissibilità dei rifiuti in discarica (con riferimento<br />

alla Decisione 2003/33/CE) che prevede limiti per l’arsenico, generalmente sull’eluato, per lo<br />

19


20<br />

smaltimento nelle diverse tipologie di discarica. In particolare (riferendo i limiti al rifiuto come As el ,<br />

piuttosto che all’eluato come riportato nelle tabelle del DM):<br />

- in discarica per rifiuti inerti: As ≤ 50 mg/kg s.s. e As el ≤ 0,5 mg/kg*;<br />

- in discarica per rifiuti non pericolosi: As el ≤ 2 mg/kg*;<br />

- in discarica per rifiuti pericolosi: As el ≤ 25 mg/kg*;<br />

* L/S = 10 l/kg – prove di eluizione ed analisi degli eluati mediante i metodi analitici ENV 12457/1-4,<br />

ENV 12506 ed ENV 13370.<br />

Considerando la cancerogenicità di alcune forme chimiche dell’arsenico, è opportuno ricordare che il<br />

DM 3 agosto 2005 prevede anche il divieto di conferimento in discarica per rifiuti non pericolosi di rifiuti<br />

che contengono le sostanze cancerogene previste dalla Tabella 1, Allegato V alla Parte IV del<br />

d.lgs. n.152/2006, in concentrazioni superiori a 1/10 delle rispettive concentrazioni limite riportate all’articolo<br />

2 della decisione della Commissione 2000/532/Ce e successive modificazioni, con una sommatoria<br />

massima per tutti i diversi composti pari allo 0.1%.<br />

Infine, la maggioranza degli impianti di gestione dei rifiuti ed in particolare, impianti per l’eliminazione<br />

od il recupero dei rifiuti pericolosi, impianti di trattamento chimico-fisico e biologico, inceneritori<br />

e discariche di rifiuti anche non pericolosi, oltre certe soglie di potenzialità, sono soggetti al D.Lgs.<br />

n. 152/2006 parte II, come modificata dal D.Lgs. 128/2010, di attuazione della direttiva 2008/1/CE relativa<br />

alla prevenzione e riduzione integrate dell’inquinamento, meglio nota come IPPC (vedi Par. 6 ed<br />

in particolare tab.10). Esso prevede che gli impianti applichino le Migliori Tecniche Disponibili per il settore,<br />

ovvero operino su una logica che va oltre la semplice imposizione di limiti alle emissioni, considerando<br />

le prestazioni ottenibili mediante tali tecniche (non solo tecnologie dunque, ma anche<br />

modalità gestionali), a costi sostenibili e nel rispetto delle esigenze ambientali locali.


4. DIFFUSIONE DELL’ARSENICO NEL MONDO<br />

In alcune aree dell’Argentina, Bangladesh, Cile, Cina, Ungheria, India, Messico, Romania, Taiwan, Vietnam<br />

e in molte zone dell’America (Fig. 3 Smedley e Kinniburgh, 2002) le concentrazioni di arsenico<br />

sono superiori ai 50 μg/l. In diverse zone dell’Argentina, in Giappone, Nuova Zelanda, Cile, Islanda,<br />

Francia, USA l’arsenico è presente nelle acque termali. In Ghana, Grecia, Thailandia e USA i problemi<br />

legati alla presenza dell’arsenico esistono nelle aree interessate da attività mineraria. La presenza di<br />

As nelle acque di falda si riscontra sia in condizioni ossidanti che riducenti e sia in climi umido/temperati<br />

che aridi.<br />

Particolarmente grave è la situazione ambientale in Bangladesh dove molti pozzi rurali contaminati<br />

sono utilizzati per l’irrigazione delle coltivazioni di riso. Sia in Bangladesh che in Bengala si riscontra<br />

la presenza di molte specie tossiche dell’As(III) nelle acque di falda delle aree inquinate (Mandal e Suzuki,<br />

2002).<br />

Figura 3. Aree affette da acque inquinate da arsenico (Smedley e Kinniburgh, 2002)<br />

21


5. DIFFUSIONE DELL’ARSENICO IN ITALIA<br />

La presenza dell’arsenico nei suoli e nelle acque è rilevabile in diverse regioni italiane ed è generalmente<br />

dovuta a fenomeni naturali, anche se sono stati evidenziati casi di contaminazione antropica.<br />

In Italia è stata evidenziata la presenza di concentrazioni anomale di As in diverse regioni tra<br />

cui Lombardia, Toscana, Lazio, Sardegna, Campania e Trentino (Dall’Aglio, 1996). Il D. Lgs. 31/01,<br />

entrato in vigore nel dicembre 2003, ha stabilito che l´arsenico rappresenta uno dei parametri critici<br />

per la qualità dell´acqua potabile (vedi tab. 3), in accordo con le decisioni dell´OMS sulla tossicità<br />

di alcune forme di arsenico nelle acque potabili. Dati relativi ai valori di arsenico in Italia ci<br />

informano che essi sono frequentemente superiori a 50 μg/L. Inoltre l’aggiornamento sullo stato<br />

qualitativo delle acque sotterranee risulta difficoltosa a causa della copertura disomogenea delle reti<br />

di monitoraggio regionali. Ciò nonostante sono disponibili dati sulle acque sotterranee di molti comuni<br />

di Emilia Romagna e Lombardia (Zavatti et all., 1995), del Mediobrenta (Veneto) (Baldantoni<br />

e Ferronato, 1996), e della provincia di Mantova (Prandi, 1998); sulle acque di sorgente e dei laghi<br />

del Lazio settentrionale e sulle acque sotterranee dei Campi Flegrei (Napoli) (Dall’Aglio, 1995). Tra<br />

le aree maggiormente inquinate la Piana di Scarlino, nel Grossetano (Toscana), presenta una combinazione<br />

di fattori, naturali e antropici che ha determinato, in alcune località, un accumulo di arsenico<br />

nei suoli fino a concentrazioni di 1000 mg/kg. Le cause che hanno determinato questo<br />

inquinamento sono state attribuite sia alle alluvioni del Fiume Pecora, particolarmente ricco di sali<br />

di arsenico insolubili depositati ed inglobati nei sedimenti argillosi (Nuova Solmine, 1999), sia alle<br />

attività industriali per la lavorazione della pirite ed alle attività paleo-industriali (Arpat, 2001). La<br />

concentrazione di As nei suoli della zona mediana della Piana è compresa tra i 20 mg/kg e i 50 mg/kg.<br />

Anche in Sardegna, nell’area mineraria del Furtei, è stata accertata la presenza di questo elemento<br />

in una miniera d’oro ricca di arsenico dove la contaminazione riguarda le acque di falda, che affiorano<br />

all’interno degli scavi, con concentrazioni di arsenico intorno a 5 mg/kg. In Piemonte elevate<br />

concentrazioni di As si trovano soprattutto nella Valle Anzasca, dove sono presenti miniere aurifere<br />

già dall’epoca romana. Concentrazioni elevate di questo elemento sono state riscontrate nei suoli,<br />

nei sedimenti della Valle, e nelle acque superficiali e di falda. In Italia manca ancora una raccolta sistematica<br />

delle informazioni relative alla presenza di arsenico nelle acque utilizzate come approvvigionamento<br />

per usi potabili e di quelle distribuite in rete. Fig. 4 (Mantelli F., 2002).<br />

22


Figura 4 - La contaminazione da As nell’acqua destinata al consumo umano è considerata una grave problematica per la salute, poiché è associata<br />

a un aumentato rischio di sviluppare diverse patologie (tumori della pelle, del polmone, della vescica e altri tumori, diabete di tipo 2) malattie<br />

vascolari e cardiovascolari, effetti sullo sviluppo e sulla riproduzione, effetti neurologici e cognitivi. Un aumento del rischio per la salute può<br />

verificarsi a basse dosi, corrispondenti 10-50 µg/l. Va tuttavia rilevato che in animali di laboratorio e in colture cellulari sono stati evidenziati effetti<br />

biologici a livelli sensibilmente inferiori (Gialdini, et al., 2008).<br />

Nelle acque superficiali, la prima ricognizione sulla presenza di sostanze pericolose nei corpi idrici in<br />

Italia, in attuazione della Direttiva 76/464/CEE (APAT, 2003), relativa ai corsi d’acqua di alcune regioni<br />

italiane per il triennio 2000-2002 (Umbria, Emilia Romagna, Liguria, Basilicata e Veneto), pur evidenziando<br />

che l’arsenico è la sostanza rilevata con maggior presenza, mostra valori di concentrazione<br />

sempre inferiori allo SQA-MA per le acque superficiali interne (10 μg/l), con l’unica eccezione del Tor-<br />

23


ente Argentina, presso il comune di Sellano (PG), in Umbria, per il 2002 (picco pari a 23,650 μg/l). Dati<br />

più recente, sono reperibili in letteratura (Cidu et al., 2008) per i corsi d’acqua Rio Gruppa e Rio Baccu<br />

Locci, entrambi nella bassa valle del Flumendosa, di cui il primo, con concentrazioni comprese tra 11<br />

e 30 μg/l, drena l’area mineralizzata ad arsenopirite di Monte Ollasteddu, ed il secondo misura concentrazioni<br />

molto più elevate, tra 100 e 360 μg/l, a causa dei materiali contaminati riversati durante<br />

l’attività mineraria.<br />

La Tabella 5 riporta l’elaborazione dei dati grezzi relativi alla presenza di arsenico nell’aria rilevate<br />

nelle stazioni presenti sul territorio italiano, limitate però a Piemonte, Lombardia e Sicilia e per anni<br />

e periodi non omogenei (oltre agli anni di rilevazione, per alcune stazioni differiscono anche i periodi<br />

dell’anno di operatività).<br />

Tabella 5 – Livelli di concentrazione di arsenico nell’aria rilevati in alcune regioni italiane (elaborazione<br />

di dati grezzi da ISPRA, 2010a)<br />

REGIONE n.stazioni n. valori<br />

media (ng/m 3 ) n.val.>obiettivo<br />

2008 2007 2005 (6 ng/m 3 )<br />

Piemonte 20 >6.200 1 1 25*<br />

Lombardia 14 1.733 1 11<br />

Sicilia 4 96 2 3<br />

* tutti rilevati a gennaio 2007 dalla stazione NO_3106_Verdi (6,28 ng/m 3 )<br />

Infine, con riferimento alla presenza di quantità considerevoli di arsenico e suoi composti in insediamenti<br />

industriali, sono stati presi in considerazione gli stabilimenti soggetti al Decreto legislativo n.334<br />

del 17 agosto 1999 e s.m.i. (attuazione della così detta Direttiva “Seveso-bis”). Alcuni composti dell’arsenico<br />

sono infatti inseriti nell’Allegato I, parte 1 al Decreto, riguardante sostanze specifiche, mentre<br />

l’arsenico metallico ed altri suoi composti sono inclusi nell’Allegato I, parte 2 del decreto, al punto<br />

2, sostanze tossiche ed al punto 9.i sostanze pericolose per l’ambiente in combinazione con la frase di<br />

rischio R50 “molto tossico per gli organismi acquatici”, compresa la frase R50/53 (si veda in proposito<br />

la Tabella 2).<br />

In Tabella 6 si riportano i quantitativi detenuti in Italia al 2007 per tali sostanze e categorie di sostanze;<br />

ovviamente per le categorie d’interesse non è stata riportata la distribuzione regionale, in quanto il<br />

dato è riferito a sostanze e/o miscele della categoria nel suo complesso.<br />

24


Tabella 6 – Quantitativi di arsenico e suoi composti detenuti in Italia (APAT e Ministero dell’Ambiente<br />

e della Tutela del Territorio e del Mare, 2007)<br />

<strong>Arsenico</strong> e suoi composti nel<br />

quantità limite ai fini<br />

tonnellate detenute<br />

d.lgs. n.334/99 (c.d. "Seveso bis" e<br />

dell'applicazione (t)<br />

s.m.i.) Piemonte Abruzzo Lombardia Totale artt. 6 (1) e 7 (2 ) art.8 (3 )<br />

Anidride arsenica (acido (V)<br />

arsenico) e/o suoi sali<br />

Anidride arseniosa (acido (III)<br />

arsenico) e/o suoi sali<br />

3 3 1 2<br />

50,05 50 0,1 0,1<br />

Triidruro di arsenico (arsina) 0,003 0,0044 0,018 0,0254 0,2 1<br />

Sostanze pericolose classificate come<br />

tossiche<br />

1463728* 50 200<br />

Sostanze classificate pericolose per<br />

l'ambiente in combinazione con la frase<br />

253067* 200 500<br />

di rischio R50 (compresa frase R50/53)<br />

(1) obbligo di notifica<br />

(2) obbligo di redazione di un documento di politica di prevenzione degli incidenti rilevanti e di attuazione del Sistema di<br />

Gestione della Sicurezza<br />

(3) obbligo di redazione di un Rapporto di Sicurezza<br />

* il totale è riferito al complesso delle sostanze e/o miscele della categoria (non solo all’arsenico e suoi composti)<br />

25


6. SORGENTI ESPOSITIVE PER LA POPOLAZIONE GENERALE<br />

Per l’uomo la principale fonte di esposizione non occupazionale ad As è rappresentata dalla dieta<br />

(Fig.5). In particolare il contributo totale di As inorganico è del 17-24%.<br />

26<br />

Figura 5 L’esposizione ambientale ad arsenico della popolazione generale si può verificare nei pressi di fonderie e di insediamenti<br />

antropici per la produzione di energia (centrali a carbone). L’esposizione può avvenire inoltre per contatto cutaneo, con<br />

suolo contaminato e meno frequentemente con antiparassitari contenenti arsenico. Per l’uomo la principale fonte di esposizione<br />

non occupazionale ad As è rappresentata dalla dieta. L’Agenzia Internazionale per la Ricerca sul Cancro (IARC, 1987) e l’US EPA<br />

(1993), basandosi sulle evidenze nell’uomo, hanno classificato l’As inorganico come un cancerogeno inserendolo rispettivamente<br />

nel gruppo I e nel gruppo A. Il meccanismo di cancerogenesi indotto dall’As inorganico non è noto, ma vi sono evidenze<br />

che l’esposizione può generare radicali liberi e altre specie reattive nei sistemi biologici. I possibili meccanismi di cancerogenicità<br />

comprendono la genotossicità, lo stress ossidativo, l’inibizione della riparazione del DNA, la promozione della tumorigenesi,<br />

la co-cancerogenesi, la proliferazione cellulare ma anche alterazioni della trasduzione del segnale o la metilazione del DNA.<br />

Più meccanismi possono interagire tra loro.


In condizioni idrotermali questo elemento può essere selettivamente mobilizzato raggiungendo tenori<br />

anche dell’ordine del mg/l.<br />

La presenza dell’arsenico nelle acque costituisce un problema, in particolare per i gestori degli impianti<br />

di potabilizzazione, che ha portato a ricercare nuove tecnologie di rimozione di tale inquinante<br />

e a sviluppare nuovi criteri di gestione degli impianti di potabilizzazione al fine di ottimizzare i rendimenti<br />

di abbattimento dell’arsenico e di raggiungere il nuovo limite normativo.<br />

Le acque sotterranee contaminate da As sono spesso utilizzate in agricoltura per irrigare le colture e<br />

per l’alimentazione e il consumo animale. Questo potrebbe potenzialmente far entrare l’arsenico nella<br />

catena alimentare umana (Beni et al., 2007).<br />

E’ stato stimato che in Europa, nei gruppi etnici grandi consumatori di riso, l’esposizione di arsenico<br />

inorganico sia di circa 1 μg/kg di peso corporeo al giorno, mentre in quelli grandi consumatori di prodotti<br />

a base di alghe sia di circa 4 μg/kg di peso corporeo al giorno. Inoltre l’esposizione alimentare<br />

all’arsenico inorganico nei bambini al di sotto dei tre anni di età è circa 2-3 volte maggiore a quella<br />

degli adulti a causa del maggiore consumo di cibo rispetto al loro peso corporeo (EFSA 2009).<br />

Per l’arsenico inorganico nell’acqua potabile è stato stabilito un PTWI (provisional tolerable weekly intake<br />

0.015 mg/kg), che non è stato fissato per le derrate alimentari (WHO 1989).<br />

Un ulteriore fonte di esposizione è rappresentata dal riutilizzo delle acque a scopo irriguo (colture industriali,<br />

vivai), previo adeguato trattamento ed attraverso un sistema di convogliamento e distribuzione,<br />

che generalmente prescinde da diluizione con acque naturali, che rappresenta un’importante<br />

componente del ciclo delle acque ed è una prassi che sempre più si sta diffondendo.<br />

Questa pratica può comportare però degli effetti negativi quali l’accumulo nell’ambiente, in particolare<br />

nelle colture, di alcuni composti (metalli pesanti, pesticidi ed altre classi di composti lentamente<br />

biodegradabili o non biodegradabili) tali da incrementare i rischi di tumore, mutagenicità e<br />

teratogenicità.<br />

Per quanto riguarda le emissioni in aria da attività produttive, in Tabella 7 è riportata la distribuzione<br />

regionale della media delle emissioni in aria stimate per gli anni 1990, 1995, 2000 e 2005 per macrosettore<br />

della classificazione CORINAIR (in totale 11, di cui 6 considerati per l’arsenico) ed in Tabella 8<br />

la distribuzione provinciale relativa alle quattro regioni per cui sono stimati i quantitativi maggiori, ovvero<br />

Veneto, Lombardia, Toscana e Puglia. Le Figure 6, 7 e 8 rappresentano i dati di Tabella 6. I dati<br />

sono stati estratti dal database (ISPRA, 2010b) (per dettagli sulle modalità di stima e disaggregazione<br />

si veda (ISPRA, 2009) ed in particolare pag. 61)<br />

27


Tabella 7 - Media delle emissioni in aria stimate per gli anni 1990, 1995, 2000 e 2005, per regione e per<br />

macrosettore della classificazione CORINAIR (rielaborazione da (ISPRA, 2010b))<br />

MEDIA PER MACROSETTORE ANNI 1990-1995-2000-2005 (kg/anno)<br />

01 02 03 04 08 09 Totale Contributo<br />

REGIONE Produzione Combustione Combustione Processi Altre Trattamento e Regioni<br />

energia e non nell’industra produttivi sorgenti smaltimento<br />

trasform. industriale mobili e rifiuti<br />

combustibili<br />

macchinari<br />

VENETO 599,92 91,41 10231,07 130,47 10,91 3,85 11067,63 29,6%<br />

LOMBARDIA 420,92 259,76 4482,00 468,25 2,75 5,21 5638,89 15,1%<br />

TOSCANA 147,75 46,70 4278,09 39,10 11,14 10,71 4533,49 12,1%<br />

PUGLIA 324,24 19,87 2086,24 191,39 9,59 0,29 2631,62 7,0%<br />

CAMPANIA 33,46 16,67 2355,09 22,81 12,62 0,90 2441,55 6,5%<br />

EMILIA ROMAGNA 148,04 92,89 2087,21 5,95 3,86 7,53 2345,47 6,3%<br />

PIEMONTE 61,67 67,44 1203,69 103,01 1,06 1,21 1438,08 3,8%<br />

LAZIO 492,89 53,06 777,30 0,01 10,03 0,32 1333,62 3,6%<br />

SARDEGNA 270,01 26,91 918,76 5,50 9,23 2,45 1232,85 3,3%<br />

FRIULI VENEZIA GIULIA 115,56 30,12 789,28 41,51 3,47 9,97 989,91 2,6%<br />

LIGURIA 429,59 20,26 477,08 34,96 8,04 969,93 2,6%<br />

SICILIA 399,81 15,35 483,32 15,26 14,07 1,13 928,95 2,5%<br />

ABRUZZO 30,10 8,82 488,78 1,48 1,64 530,81 1,4%<br />

CALABRIA 115,65 6,36 279,78 1,46 0,20 403,43 1,1%<br />

UMBRIA 63,59 5,46 172,17 53,69 0,28 0,00 295,19 0,8%<br />

MARCHE 8,25 14,26 257,36 2,31 3,14 0,00 285,33 0,8%<br />

TRENTINO ALTO ADIGE 48,01 168,96 23,17 0,22 0,14 240,50 0,6%<br />

BASILICATA 2,70 48,08 17,06 0,00 67,84 0,2%<br />

VALLE D’AOSTA 9,99 9,75 8,84 28,58 0,1%<br />

MOLISE 1,21 1,05 23,87 0,19 0,00 26,32 0,1%<br />

Totale 3662,68 837,07 31617,86 1163,29 103,53 45,54 37429,99<br />

Contributo macrosettori 9,8% 2,2% 84,5% 3,1% 0,3% 0,1%<br />

28


Tabella 8 - Media delle emissioni in aria stimate per gli anni 1990, 1995, 2000 e 2005, per le regioni Veneto,<br />

Lombardia, Toscana e Puglia, per provincia e per macrosettore della classificazione CORINAIR<br />

(rielaborazione da (ISPRA, 2010b))<br />

PROVINCE<br />

MEDIA PER MACROSETTORE ANNI 1990-1995-2000-2005 (kg/anno)<br />

01 02 03 04 08 09 Totale Contributo<br />

province<br />

VENETO<br />

Venezia 403,54 33,97 5826,30 1,98 10,60 5,13 6281,54 56,7%<br />

Treviso 8,16 1286,58 1294,75 11,7%<br />

Padova 11,64 1051,17 35,33 0,00 1098,14 9,9%<br />

Vicenza 23,03 1005,88 50,37 1079,27 9,7%<br />

Verona 3,95 5,94 992,32 37,39 0,22 1039,82 9,4%<br />

Rovigo 195,39 3,38 49,09 6,40 0,08 254,35 2,3%<br />

Belluno 5,28 19,73 25,01 0,2%<br />

Totale 602,89 91,41 10231,07 131,46 10,91 5,13 11072,87<br />

Contributo macrosettori 5,4% 0,8% 92,4% 1,2% 0,1% 0,0%<br />

LOMBARDIA<br />

Milano 136,59 137,83 2287,15 37,98 0,08 0,88 2600,52 44,3%<br />

Brescia 11,92 40,24 377,08 317,36 0,44 0,00 747,04 12,7%<br />

Bergamo 25,32 530,86 80,27 0,23 3,19 639,86 10,9%<br />

Mantova 208,49 4,96 270,35 0,30 0,63 484,73 8,3%<br />

Como 17,26 358,74 0,88 0,11 377,00 6,4%<br />

Varese 4,77 9,18 222,27 19,17 0,34 0,63 256,35 4,4%<br />

Lecco 5,22 246,44 0,63 252,29 4,3%<br />

Pavia 13,94 12,53 197,73 0,08 0,01 224,29 3,8%<br />

Lodi 91,17 0,07 109,85 0,09 201,18 3,4%<br />

Cremona 3,20 4,71 58,08 13,46 0,08 0,04 79,58 1,4%<br />

Sondrio 5,09 1,59 6,68 0,1%<br />

Totale 470,08 262,41 4660,14 468,25 3,15 5,48 5869,51<br />

Contributo macrosettori 8,0% 4,5% 79,4% 8,0% 0,1% 0,1%<br />

TOSCANA<br />

Firenze 12,06 1858,12 5,85 1876,03 41,2%<br />

Arezzo 22,64 4,33 883,16 0,03 910,16 20,0%<br />

Siena 2,83 640,68 0,43 643,93 14,1%<br />

29


Livorno 122,26 9,89 334,98 37,70 10,50 0,36 515,70 11,3%<br />

Pisa 3,48 431,35 434,83 9,6%<br />

Lucca 11,38 4,86 104,00 0,24 120,48 2,6%<br />

Pistoia 3,97 20,45 24,43 0,5%<br />

Prato 2,18 0,47 7,95 10,61 0,2%<br />

Massa 0,40 2,87 5,59 0,38 9,23 0,2%<br />

Grosseto 3,80 2,24 0,06 0,78 6,87 0,2%<br />

Totale 156,29 47,79 4278,33 43,29 11,17 15,40 4552,27<br />

Contributo macrosettori 3,4% 1,0% 94,0% 1,0% 0,2% 0,3%<br />

PUGLIA<br />

Bari 15,44 5,44 175,37 0,99 3,58 200,82 7,6%<br />

Brindisi 282,16 2,06 44,36 1,99 330,58 12,5%<br />

Foggia 15,27 2,48 101,42 1,36 0,15 120,69 4,6%<br />

Lecce 3,63 77,53 0,54 0,13 81,84 3,1%<br />

Taranto 22,82 6,25 1687,56 190,90 2,12 0,01 1909,65 72,2%<br />

Totale 335,69 19,87 2086,24 191,89 9,59 0,29 2643,57<br />

Contributo macrosettori 12,7% 0,8% 78,9% 7,3% 0,4% 0,0%<br />

30<br />

Figura 6


Figura 7<br />

Figura 8<br />

31


Da tali dati risulta evidente come:<br />

- domina il contributo del macrosettore 03 Combustione industriale<br />

- oltre la metà delle emissioni è localizzata nelle prime tre regioni, Veneto, Lombardia e Toscana;<br />

- in particolare colpisce il fatto che nella sola provincia di Venezia siano state emesse mediamente<br />

oltre 6 t/a di As, ca. il 17% della media totale nazionale.<br />

In Tabella 9 è riportata l’articolazione settoriale, con riferimento esclusivo ai settori che emettono arsenico<br />

in aria, in modo da poterne individuare le maggiori fonti industriali di emissione.<br />

Tabella 9 – Settori del macrosettore CORINAIR 03 caratterizzati da emissioni di arsenico (ISPRA, 2009)<br />

CODICE DESCRIZIONE<br />

030100 Combustione nelle caldaie, turbine e motori e a combustione interna<br />

030101 Caldaie con potenza termica ≥ 300 MW<br />

030102 Caldaie con potenza termica ≥ 50 e < 300 MW<br />

030103 Caldaie con potenza termica < 50 MW<br />

030104 Turbine a gas<br />

030105 Motori a combustione interna<br />

030106 Altri sistemi (condizionatori, ecc.)<br />

030200 Forni di processo senza contatto<br />

030203 Altoforni<br />

030204 Forni per gesso<br />

030300 Processi di combustione con contatto<br />

030301 Impianti di sinterizzazione e pellettizzazione (eccetto 040209)<br />

030302 Forni siderurgici di riscaldamento successivo<br />

030303 Fonderie di ghisa ed acciaio<br />

030304 Produzione di piombo di prima fusione<br />

030305 Produzione di zinco di prima fusione<br />

030308 Produzione di zinco di seconda fusione<br />

030309 Produzione di rame di seconda fusione<br />

030310 Produzione di allumino di seconda fusione<br />

030311 Cemento<br />

030314 Vetro piano<br />

030315 Contenitori di vetro<br />

030316 Lana di vetro (eccetto l’uso di solventi)<br />

030317 Altro vetro<br />

32<br />

E’ interessante confrontare le stime rappresentate in Tabella 7 con quelle del registro INES (Inventario<br />

Nazionale Emissioni e loro Sorgenti, istituito ai sensi dell’art.10. del D.Lgs. n.372/99, prima attuazione<br />

della Direttiva IPPC, poi ripreso nell’art.12 del DLgs n.59/2005, vista la Decisione CE<br />

n.2000/479 che ha istituito il Registro europeo delle emissioni inquinanti o EPER, poi sostituito con<br />

il Registro europeo delle emissioni e dei trasferimenti di sostanze inquinanti o PRTR, istituito dal


Regolamento CE n.166/2006, che ha ampliato l’ambito di dichiarazione). Il registro INES riporta le<br />

emissioni relative alle attività soggette ad IPPC, con emissioni superiori a specifiche soglie per ciascun<br />

inquinante. Le soglie per la dichiarazione delle emissioni di arsenico sono pari a 20 kg/a per<br />

l’aria e 5 kg/a per l’acqua. Il confronto è effettuato esclusivamente in termini qualitativi, vista la diversità<br />

degli anni di riferimento, considerato che l’inventario nazionale prende in considerazione<br />

tutte le fonti comprese quelle non industriali (anche se dalla tabella 7 e dalla figura 8 emerge la<br />

loro scarsissima incidenza) e la diversa metodologia di determinazione (in un caso stima, nell’altro<br />

dichiarazione per mezzo di metodi misti, misurazioni, stime e calcoli). L’estratto della dichiarazione<br />

INES del 2007, relativa all’anno 2006 ed ultima validata dalle autorità competenti, per le emissioni<br />

in aria di arsenico è riportato in Tabella 10 (la descrizione dei codici di attività IPPC coinvolti è riportata<br />

in calce alla tabella).<br />

Tabella 10 – Emissioni di arsenico in aria da impianti soggetti ad IPPC e superiori alla soglia di dichiarazione<br />

(20 kg/a) (INES, 2006)<br />

REGIONE<br />

EMISSI<br />

CODICE<br />

SIGLA<br />

ONE<br />

RAGIONE SOCIALE<br />

NOME COMPLESSO<br />

ATTIVITÁ<br />

PROV.<br />

2006<br />

IPPC<br />

(kg/a)*<br />

PIEMONTE NO SARPOM S.P.A. SARPOM - Raffineria di Trecate 1.2 35<br />

PV ENI S.P.A.<br />

RAFFINERIA DI SANNAZZARO DE'<br />

BURGONDI<br />

1.2 59,2<br />

LOMBARDIA MN ENDESA ITALIA S.P.A.<br />

CENTRALE TERMOELETTRICA DI<br />

OSTIGLIA<br />

1.1 31,1<br />

VENETO<br />

FRIULI<br />

VENEZIA<br />

GIULIA<br />

TOSCANA<br />

MARCHE<br />

MN<br />

VI<br />

VE<br />

UD<br />

LI<br />

LI<br />

MC<br />

ENDESA ITALIA S.P.A.<br />

SAINT GOBAIN VETRI<br />

S.P.A.<br />

ENEL PRODUZIONE SPA<br />

ACCIAIERIE BERTOLI<br />

SAFAU S.P.A.<br />

EDISON<br />

EDISON<br />

SACCI<br />

COMMISSIONARIA<br />

S.P.A.<br />

PUGLIA BR ENEL PRODUZIONE SPA<br />

CENTRALE TERMOELETTRICA DI<br />

OSTIGLIA<br />

1.1 4,3<br />

Stabilimento di Lonigo 3.3 21,6<br />

IMPIANTO TERMOELETTRICO DI<br />

FUSINA<br />

1.1 352,3<br />

Acciaierie Bertoli Safau S.p.A. 2.2 28<br />

CENTRALI TERMOELETTRICHE DI<br />

PIOMBINO<br />

CENTRALI TERMOELETTRICHE DI<br />

PIOMBINO<br />

1.1 1,2<br />

1.1 121,9<br />

cementeria di Castelraimondo 3.1 29,2<br />

CENTRALE TERMOELETTRICA<br />

Federico II (BR SUD)<br />

1.1 24,1<br />

33


SICILIA<br />

SARDEGNA<br />

( )<br />

CL<br />

RAFFINERIA DI GELA<br />

SPA<br />

RAFFINERIA DI GELA SPA 1.2 25,2<br />

CT<br />

ST<br />

MICROELECTRONICS<br />

sito di Catania 6.7 57<br />

SR ISAB ENERGY S.R.L. ISAB ENERGY Impianto IGCC 1.1 196,8<br />

SR<br />

ERG NUOVE CENTRALI<br />

S.P.A.<br />

ERG Nuove Centrali Impianti Nord 1.1 34,9<br />

SS ENDESA ITALIA S.P.A.<br />

CENTRALE TERMOELETTRICA DI<br />

FIUME SANTO<br />

1.1 147,3<br />

SS ENDESA ITALIA S.P.A.<br />

CENTRALE TERMOELETTRICA DI<br />

FIUME SANTO<br />

1.1 0,1<br />

CA<br />

SARAS RAFFINERIE<br />

SARDE S.P.A.<br />

Saras Raffinerie Sarde S.P.A. 1.2 3,7<br />

CA<br />

SARAS RAFFINERIE<br />

SARDE S.P.A.<br />

Saras Raffinerie Sarde S.P.A. 1.1 62,1<br />

CI ENEL PRODUZIONE SPA UB Sulcis - ITE Portoscuso 1.1 240,8<br />

1.1 Impianti di combustione con potenza termica di combustione di oltre 50 MW.<br />

TOTALE 1475,8<br />

1.2. Raffinerie di petrolio e di gas.<br />

2.2. Impianti di produzione di ghisa o acciaio (fusione primaria o secondaria), compresa la relativa colata continua di capacità superiore<br />

a 2,5 tonnellate all'ora<br />

3.1. Impianti destinati alla produzione di clinker (cemento) in forni rotativi la cui capacità di produzione supera 500 tonnellate al giorno<br />

oppure di calce viva in forni rotativi la cui capacità di produzione supera 50 tonnellate al giorno, o in altri tipi di forni aventi una capacità<br />

di produzione di oltre 50 tonnellate al giorno<br />

3.3. Impianti per la fabbricazione del vetro compresi quelli destinati alla produzione di fibre di vetro, con capacità di fusione di oltre 20<br />

tonnellate al giorno<br />

6.7. Impianti per il trattamento di superficie di materie, oggetti o prodotti utilizzando solventi organici, in particolare per apprettare,<br />

stampare, spalmare, sgrassare, impermeabilizzare, incollare, verniciare, pulire o impregnare, con una capacità di consumo di solvente<br />

superiore a 150 kg all'ora o a 200 tonnellate all'anno<br />

Si osserva che:<br />

gli impianti IPPC che emettono maggiormente arsenico in aria sono le centrali termoelettriche di Fusina<br />

(VE) e di Portoscuso (CI), entrambe alimentate in prevalenza a carbone con, rispettivamente, ca.<br />

il 24% ed il 16,3% del totale da tali impianti;<br />

complessivamente sono proprio gli impianti di combustione (attività IPPC 1.1) a produrre l’84,5% delle<br />

emissioni di arsenico in aria censite dal registro INES;<br />

le emissioni complessive in aria estrapolate dal registro INES risultano scarsamente significative rispetto<br />

alle emissioni totali stimate, e ciò indica la dominanza, a livello complessivo nazionale, di molteplici<br />

fonti minori ed in particolare delle “piccole” sorgenti industriali di combustione.<br />

Purtroppo i casi di prossimità con una stazione di monitoraggio della qualità dell’aria che rilevi l’arsenico,<br />

i cui dati siano disponibili, sono troppo rari oltre che riferiti ad anni differenti, per poter trarre considerazioni<br />

in merito alla eventuale significatività locale di sorgenti di emissione puntuale fisse rilevanti.<br />

34


Per le emissioni in acqua, non si ha a disposizione un inventario nazionale, ma comunque sono accessibili<br />

i dati del registro INES, riportati in Tabella 11. Le Figure 9 e 10 riportano la corrispondente distribuzione<br />

rispettivamente per regione e per attività IPPC, il cui dettaglio è riportato in nota alla<br />

stessa Tabella 11.<br />

Tabella 11 – Emissioni di arsenico in acqua da impianti soggetti ad IPPC e superiori alla soglia di dichiarazione<br />

(5 kg/a) (INES 2006)<br />

REGIONE<br />

PIEMONTE<br />

LOMBARDIA<br />

TRENTINO<br />

ALTO<br />

ADIGE<br />

SIGLA<br />

PROV.<br />

TO<br />

TO<br />

RAGIONE SOCIALE<br />

AMIAT S.P.A. -<br />

AZIENDA<br />

MULTISERVIZI<br />

IGIENE<br />

AMBIENTALE<br />

TORINO S.P.A.<br />

AMIAT S.P.A. -<br />

AZIENDA<br />

MULTISERVIZI<br />

IGIENE<br />

AMBIENTALE<br />

TORINO S.P.A.<br />

SANOFI AVENTIS<br />

SPA<br />

NOME<br />

COMPLESSO<br />

SITO BASSE DI<br />

STURA<br />

SITO BASSE DI<br />

STURA<br />

CODICE<br />

ATTIVITÁ<br />

IPPC<br />

EMISSIONE<br />

TOTALE<br />

2006 (kg/a)<br />

SCARICHI<br />

DIRETTI<br />

(kg/a)<br />

SCARICHI<br />

INDIRETTI<br />

(kg/a)<br />

5.4 5,3 5,3<br />

5.3 0,1 0,1<br />

STABILIMENTO DI<br />

CN<br />

4.5 15,8 13,5 2,3<br />

GARESSIO<br />

BG EURO D SRL euro d srl 5.1 10,6 10,6<br />

BG EURO D SRL euro d srl 5.3 20,4 20,4<br />

BG FLYDECO SRL FLYDECO SRL 5.1 5,7 5,7<br />

BG FARCHEMIA SRL FARCHEMIA S.R.L. 4.5 5,2 5,2<br />

IVECO S.p.A.<br />

BS IVECO S.P.A. Stabilimento di<br />

brescia<br />

6.7 5,1 5,1<br />

depuratore acque<br />

CR AEM GESTIONI SRL reflue urbane di 5.3 126 126<br />

Cremona<br />

PROVINCIA<br />

Impianto di<br />

TN AUTONOMA DI depurazione di 5.3 380 380<br />

TRENTO<br />

TRENTO NORD<br />

TN<br />

TN<br />

PROVINCIA<br />

AUTONOMA DI<br />

TRENTO<br />

PROVINCIA<br />

AUTONOMA DI<br />

TRENTO<br />

Impianto di<br />

depurazione di<br />

ROVERETO<br />

Impianto di<br />

depurazione di<br />

LAVIS<br />

5.3 240,2 240,2<br />

5.3 45 45<br />

35


VENETO<br />

FRIULI<br />

VENEZIA<br />

GIULIA<br />

LIGURIA<br />

EMILIA<br />

ROMAGNA<br />

VR<br />

VI<br />

VE<br />

VE<br />

UD<br />

UD<br />

UD<br />

SV<br />

GE<br />

RA<br />

RA<br />

RA<br />

RA<br />

RA<br />

AGSM VERONA<br />

S.P.A.<br />

ELIDRA SPA<br />

SERVIZI PORTO<br />

MARGHERA S.C A<br />

R.L.<br />

ALCOA<br />

TRASFORMAZIONI<br />

S.R.L.<br />

AMGA AZIENDA<br />

MULTISERVIZI SPA<br />

ACCIAIERIE<br />

BERTOLI SAFAU<br />

S.P.A.<br />

ACCIAIERIE<br />

BERTOLI SAFAU<br />

S.P.A.<br />

TIRRENO POWER<br />

SPA<br />

AMIU GENOVA SPA<br />

POLIMERI EUROPA<br />

SPA<br />

HERA SPA<br />

HERA SPA<br />

HERA SPA<br />

ECOLOGIA<br />

AMBIENTE SRL<br />

Depuratore Città di<br />

Verona<br />

IMPIANTO DI<br />

DEPURAZIONE<br />

CONSORTILE DI<br />

MONTEBELLO<br />

VICENTINO<br />

Stabilimento di<br />

Porto Marghera<br />

Alcoa<br />

Trasformazioni s.r.l.<br />

stabilimento di<br />

Fusina (VE)<br />

IMPIANTO DI<br />

DEPURAZIONE<br />

LIQUAMI FOGNARI<br />

CITTA' DI UDINE<br />

Acciaierie Bertoli<br />

Safau S.p.A.<br />

Acciaierie Bertoli<br />

Safau S.p.A.<br />

Centrale<br />

termoelettrica di<br />

Vado Ligure<br />

DISCARICA<br />

SCARPINO<br />

POLIMERI<br />

EUROPA SPA -<br />

STABILIMENTO DI<br />

RAVENNA<br />

COMPLESSO<br />

IMPIANTISTICO<br />

SS309 KM 2,6<br />

COMPLESSO<br />

IMPIANTISTICO<br />

SS309 KM 2,6<br />

COMPLESSO<br />

IMPIANTISTICO<br />

SS309 KM 2,6<br />

CENTRO<br />

ECOLOGICO<br />

5.3 45,6 45,6<br />

5.3 13,8 13,8<br />

5.3 26,6 26,6<br />

2.5 36 36<br />

5.3 268 268<br />

2.2 11,4 11,4<br />

2.3 14,2 14,2<br />

1.1 10,2 10,2<br />

5.4 90 90<br />

4.1 11,5 11,5<br />

5.2 0,1 0,1<br />

5.4 0,2 0,2<br />

5.3 5,7 0 5,7<br />

5.1 16,4 16,4<br />

36


RA<br />

RA<br />

RA<br />

LI<br />

ECOLOGIA<br />

AMBIENTE SRL<br />

HERA SPA<br />

HERA SPA<br />

SOLVAY CHIMICA<br />

ITALIA S.P.A.<br />

CENTRO<br />

ECOLOGICO<br />

IMPIANTO<br />

TRATTAMENTO<br />

CHIMICO FISICO<br />

BIOLOGICO DI<br />

RIFIUTI<br />

IMPIANTO<br />

BIOLOGICO<br />

(DEPURATORE)<br />

RAVENNA CITTA'<br />

SOLVAY CHIMICA<br />

ITALIA S.p.A.<br />

5.1 16,4 16,4<br />

5.3 16,2 16,2<br />

5.3 53,3 53,3<br />

4.2 2930 2930<br />

TOSCANA<br />

SYNDIAL S.p.A. - Centrale Elettrica di<br />

GR<br />

Attvità diversificate Scarlino<br />

1.1 29,6 29,6<br />

GR<br />

HUNTSMAN<br />

HUNTSMAN<br />

TIOXIDE<br />

TIOXIDE<br />

4.2 63 63<br />

PG<br />

UMBRA ACQUE DEPURATORE<br />

S.P.A.<br />

GENNA<br />

5.3 269,9 269,9<br />

UMBRA ACQUE DEPURATORE<br />

PG<br />

UMBRIA<br />

S.P.A.<br />

P.S.GIOVANNI<br />

5.3 37,7 37,7<br />

PG<br />

DEPURATORE<br />

UMBRA ACQUE<br />

CITTA' DI<br />

S.P.A.<br />

CASTELLO<br />

5.3 78,6 78,6<br />

MARCHE AN<br />

API RAFFINERIA DI raffineria di<br />

ANCONA<br />

falconara marittima<br />

1.2 8,9 8,9<br />

LAZIO RM RAFFINERIA DI Raffineria di Roma 1.2 7,9 7,9<br />

ROMA S.P.A.<br />

ABRUZZO<br />

MOLISE<br />

PUGLIA<br />

LT<br />

AQ<br />

CB<br />

TA<br />

BR<br />

BRISTOL-MYERS<br />

SQUIBB S.R.L.<br />

MICRON<br />

TECHNOLOGY<br />

ITALIA S.R.L.<br />

CON.I.V. SERVIZI ED<br />

ECOLOGIA SPA<br />

ILVA S.P.A.<br />

ENEL PRODUZIONE<br />

SPA<br />

Bristol-Myers<br />

Squibb s.r.l.<br />

Micron Technology<br />

Italia S.r.l.<br />

Stabilimento di<br />

Avezzano (AQ)<br />

IMPIANTO<br />

DEPURAZIONE<br />

ACQUE REFLUE<br />

ILVA S.P.A.<br />

Stabilimento di<br />

Taranto<br />

CENTRALE<br />

TERMOELETTRICA<br />

Federico II (BR<br />

SUD)<br />

4.5 37,1 37,1<br />

6.7 7,8 7,8<br />

5.3 10,1 10,1<br />

5.4 1116 1116<br />

1.1 108,4 108,4<br />

37


BASILICATA<br />

SICILIA<br />

SARDEGNA<br />

MT<br />

MT<br />

CL<br />

SR<br />

SR<br />

SR<br />

SR<br />

SR<br />

SR<br />

NU<br />

CA<br />

CA<br />

CA<br />

CA<br />

CA<br />

TECNOPARCO<br />

VALBASENTO S.P.A.<br />

TECNOPARCO<br />

VALBASENTO S.P.A.<br />

RAFFINERIA DI<br />

GELA SPA<br />

POLIMERI EUROPA<br />

SPA<br />

SASOL ITALY S.P.A.<br />

ERG Raffinerie<br />

Mediterranee SpA<br />

ERG Raffinerie<br />

Mediterranee SpA<br />

ESSO ITALIANA<br />

S.R.L.<br />

INDUSTRIA ACQUA<br />

SIRACUSANA<br />

Ottana Energia S.r.l.<br />

SYNDIAL S.p.A. -<br />

Attvità diversificate<br />

SYNDIAL S.p.A. -<br />

Attvità diversificate<br />

SYNDIAL S.p.A. -<br />

Attvità diversificate<br />

SYNDIAL S.p.A. -<br />

Attvità diversificate<br />

)<br />

TECNOPARCO<br />

VALBASENTO SPA<br />

TECNOPARCO<br />

VALBASENTO SPA<br />

RAFFINERIA DI<br />

GELA SPA<br />

Stabilimento di<br />

Priolo<br />

SASOL Italy S.p.A<br />

Stabilimento di<br />

Augusta<br />

ERG Raffinerie<br />

Mediterranee SpA -<br />

Raffineria Isab -<br />

Impianti Sud<br />

Erg Raffinerie<br />

Mediterranee<br />

Raffineria Isab<br />

Impianti Nord<br />

5.1 9,1 9,1<br />

5.3 20 20<br />

1.2 239 239<br />

4.1 0 0<br />

4.1 0 0<br />

1.2 21,9 21,9<br />

1.2 1,5 1,5 0<br />

Raffineria d'Augusta 1.2 10,7 10,7 0<br />

Impianto Biologico<br />

Consortile di Priolo<br />

I.A.S. S.p.A.<br />

STABILIMENTO<br />

Ottana Energia S.r.l.<br />

DI OTTANA<br />

SYNDIAL SPA<br />

STABILIMENTO DI<br />

ASSEMINI<br />

SYNDIAL SPA<br />

STABILIMENTO DI<br />

ASSEMINI<br />

SYNDIAL SPA<br />

STABILIMENTO DI<br />

ASSEMINI<br />

SYNDIAL SPA<br />

STABILIMENTO DI<br />

ASSEMINI<br />

Saras Raffinerie<br />

Sarde S.P.A.<br />

1.2 60,7 60,7<br />

1.1 16 16<br />

4.1 38,3 38,3<br />

4.2 97,4 74,7 22,7<br />

1.1 18,9 14,9 4<br />

5.3 10,4 10,4<br />

SARAS RAFFINERIE<br />

1.2 336,9 336,9<br />

SARDE S.P.A.<br />

TOTALE 7064,4 6953,4 111,0<br />

38


1.1 Impianti di combustione con potenza termica di combustione > 50 MW.<br />

1.2. Raffinerie di petrolio e di gas.<br />

2.2. Impianti di produzione di ghisa o acciaio (fusione primaria o secondaria), compresa la relativa colata continua di capacità > 2,5 t/h<br />

2.3. Impianti destinati alla trasformazione di metalli ferrosi mediante:<br />

a) laminazione a caldo con una capacità > 20 t acciaio grezzo/h<br />

b) forgiatura con magli con energia di impatto > 50 kJ/maglio e potenza calorifica > 20 MW<br />

c) applicazione di strati protettivi di metallo fuso con una capacità di trattamento > 2 t acciaio grezzo/h<br />

2.5. Impianti:<br />

a) destinati a ricavare metalli grezzi non ferrosi da minerali, nonché concentrati o materie prime secondarie attraverso procedimenti<br />

metallurgici, chimici o elettrolitici;<br />

b) di fusione e lega di metalli non ferrosi, compresi i prodotti di recupero (affinazione, formatura in fonderia), con capacità di fusione > 4<br />

t/g per piombo e il cadmio o > 20 t/g per tutti gli altri metalli<br />

4.1 Impianti chimici per la fabbricazione di prodotti chimici organici di base come:<br />

a) idrocarburi semplici (lineari o anulari, saturi o insaturi, alifatici o aromatici)<br />

b) idrocarburi ossigenati, segnatamente alcoli, aldeidi, chetoni, acidi carbossilici, esteri, acetati, eteri, perossidi, resine, epossidi<br />

c) idrocarburi solforati<br />

d) idrocarburi azotati, segnatamente ammine, amidi, composti nitrosi, nitrati o nitrici, nitrili, cianati, isocianati<br />

e) idrocarburi fosforosi<br />

f) idrocarburi alogenati<br />

g) composti organometallici<br />

h) materie plastiche di base (polimeri, fibre sintetiche, fibre a base di cellulosa)<br />

i) gomme sintetiche<br />

j) sostanze coloranti e pigmenti<br />

k) tensioattivi e agenti di superficie<br />

4.2. Impianti chimici per la fabbricazione di prodotti chimici inorganici di base, quali:<br />

a) gas, quali ammoniaca; cloro o cloruro di idrogeno, fluoro o fluoruro di idrogeno, ossidi di carbonio, composti di zolfo, ossidi di azoto,<br />

idrogeno, biossido di zolfo, bicloruro di carbonile<br />

b) acidi, quali acido cromico, acido fluoridrico, acido fosforico, acido nitrico, acido cloridrico, acido solforico, oleum e acidi solforati<br />

c) basi, quali idrossido d'ammonio, idrossido di potassio, idrossido di sodio<br />

d) sali, quali cloruro d'ammonio, clorato di potassio, carbonato di potassio, carbonato di sodio, perborato, nitrato d'argento<br />

e) metalloidi, ossidi metallici o altri composti inorganici, quali carburo di calcio, silicio, carburo di silicio<br />

4.5 Impianti che utilizzano un procedimento chimico o biologico per la fabbricazione di prodotti farmaceutici di base<br />

5.1. Impianti per l'eliminazione o il ricupero di rifiuti pericolosi, della lista di cui all'art.1, par. 4, della direttiva 91/689/CEE quali definiti<br />

negli allegati II A e II B (operazioni R 1, R 5, R 6, R 8 e R 9) della direttiva 75/442/CEE (sostituita dalla 2006/12/CE) e nella direttiva<br />

75/439/CEE, concernente l'eliminazione degli oli usati, con capacità > 10 t/g.<br />

5.2. Impianti di incenerimento dei rifiuti urbani quali definiti nella direttiva 89/369/CEE e nella direttiva 89/429/CEE (direttive entrambe<br />

abrogate e sostituite dalla 2000/76/CE), con capacità > 3 t/h.<br />

5.3. Impianti per l'eliminazione dei rifiuti non pericolosi quali definiti nell'allegato 11 A della direttiva 75/442/CEE (sostituita dalla<br />

2006/12/CE) ai punti D 8, D 9 con capacità > 50 t/g.<br />

5.4. Discariche che ricevono più di 10 t/g o con una capacità totale > 25.000 t ad esclusione delle discariche per i rifiuti inerti.<br />

6.7. Impianti per il trattamento di superficie di materie, oggetti o prodotti utilizzando solventi organici, in particolare per apprettare,<br />

stampare, spalmare, sgrassare, impermeabilizzare, incollare, verniciare, pulire o impregnare, con una capacità di consumo di solvente ><br />

150 kg/h o > 200 t/a<br />

39


Figura 9<br />

40<br />

Figura 10


Si rileva che:<br />

i maggiori emettitori di arsenico nelle acque, rispettivamente con il 41,5% ed il 15,8% del totale delle<br />

emissioni denunciate da impianti soggetti ad IPPC “sopra soglia”, sono l’impianto chimico Solvay di Rosignano<br />

(LI) e le discariche dell’acciaieria ILVA S.p.A. di Taranto;<br />

ne consegue che le maggiori emissioni da questo tipo di impianti sono rilevabili in Toscana e Puglia,<br />

con percentuali lievemente superiori rispetto agli impianti citati al punto precedente (rispettivamente<br />

42,8% e 17,3%);<br />

le attività IPPC che emettono maggiori quantità di arsenico in acqua risultano quindi gli impianti chimici<br />

per la fabbricazione di prodotti chimici inorganici di base, seguiti dagli impianti di trattamento<br />

chimico-fisico e/o biologico dei rifiuti, soprattutto impianti di depurazione di acque reflue non condottate,<br />

che nel loro complesso sono responsabili del 23,6% del totale e quindi le discariche di rifiuti<br />

che, grazie al massiccio contributo dell’ILVA di Taranto, superano il 17% del totale emesso.<br />

Può risultare utile conoscere anche l’evoluzione delle emissioni da impianti IPPC nel periodo dal 2002<br />

al 2006 in modo da osservarne il trend (INES 2006). Tale evoluzione è rappresentata in Figura 11.<br />

Figura 11<br />

Si osserva come, mentre le emissioni in aria mostrano un trend decrescente nel tempo, le emissioni in<br />

acqua presentano un andamento decisamente oscillante, ma comunque in crescita dal 2004 al 2006.<br />

Poiché non si dispone di dati sull’andamento produttivo delle attività rappresentate nel Registro INES<br />

non è possibile stabilire quanto tale trend sia legato ad una variazione della produttività e quanto invece<br />

ad interventi tecnici.<br />

41


7. L’ARSENICO NEL SUOLO E NELLE PIANTE<br />

L’As nel suolo è presente sia in forma organica che inorganica. I livelli di As naturalmente presenti nel suolo<br />

possono variare in base alla sua origine dal valore relativamente basso di 5 mg/kg (Matschullat, 2000) a<br />

concentrazioni superiori a 40 mg/Kg che possono generare fenomeni di tossicità (Mandal e Suzuki, 2002).<br />

Le specie inorganiche più importanti sono l’arseniato (AsV) e l’arsenito (AsIII), mentre le specie organiche<br />

più comuni nel terreno sono l’acido monometilarsonico (MMA) e l’acido dimetilarsinico (DMA), la cui presenza<br />

è minore rispetto alle forme inorganiche (Abedin ed altri, 2002c; Fitz e Wenzel, 2002).<br />

Il contenuto di arsenico nei tessuti di diverse specie vegetali è collegato alla presenza di questo elemento<br />

nel suolo e nelle acque.<br />

Un aumento del pH rizosferico potrebbe favorire la mobilizzazione della frazione di As(V) e di conseguenza<br />

aumentare l’assorbimento dell’elemento da parte delle piante. La fertilizzazione di piante con<br />

NO 3 può determinare un aumento del pH rizosferico e quindi l’accumulo di As(V) nei tessuti vegetali<br />

(Marschner e Romheld, 1983).<br />

Valori molto bassi di pH provocano invece la dissoluzione di ossidi e idrossidi di Fe che, liberando l’As<br />

adsorbito (Fitz e Wenzel, 2002), ne aumenta la biodisponibilità.<br />

L’adsorbimento dell’As(V) dei suoli diminuisce con l’incremento del pH, contrariamente a quello di<br />

AsIII. Il massimo adsorbimento dell’As(V) si ha intorno a pH 4, mentre quello di As(III) a pH 7-8.5 (Fitz<br />

e Wenzel, 2002; Mahimairaja ed altri, 2005; Masscheleyn ed altri, 1991)<br />

La speciazione dell’As inorganico nel terreno è controllata in gran parte dai processi di ossidazione e<br />

di riduzione (redox). Negli ambienti aerobici (ossidanti) predomina la forma As(V), mentre quella AsIII<br />

predomina in ambienti anaerobici (riducenti) (Fitz e Wenzel, 2002; Takahashi ed altri, 2004).<br />

Il comportamento dell’As nel suolo è differente in ambiente aerobico ed anaerobico.<br />

L’ambiente aerobico è il più pericoloso in termini di tossicità e di assorbimento da parte delle piante.<br />

Nei suoli coltivati a risaia le particolari condizioni redox, dovute all’alternanza di ambienti ossidanti e<br />

riducenti in seguito alla periodica sommersione, possono influire sull’adsorbimento dell’As.<br />

Per esempio, in un campo di risaia sperimentale non-sommerso (ambiente aerobico) il 30% di As è<br />

rappresentato da As(III), mentre in ambiente sommerso (anaerobico) l’AsIII rappresenta il 70% dell’As<br />

(Takahashi ed altri, 2004).<br />

Terreno di risaia<br />

non sommerso<br />

Terreno di<br />

risaia sommerso<br />

42


Masscheleyn ed altri, (1991) hanno riportato che in condizioni di ossidazione, l’As era principalmente<br />

presente come As(V) (> 95% del’As totale solubile) con una solubilità relativamente bassa.<br />

In condizioni riducenti l’As(III) è invece la specie predominante e la solubilità dell’As aumenta nettamente.<br />

In studi condotti recentemente (Xu, 2008) è stato visto che nella coltivazione effettuata su suolo allagato,<br />

si verifica una rapida mobilizzazione dell’As dal suolo, soprattutto come arsenito. Le concentrazioni di<br />

As riscontrate su suolo allagato sono state 7-16 e 4-13 volte più elevate rispetto al suolo di controllo coltivato<br />

in condizioni aerobiche sia senza l’aggiunta di As, sia con la somministrazione di 10 mg/kg di As<br />

come arsenito o arseniato rispettivamente (l’arseniato è risultata la principale specie nel suolo aerobico).<br />

L’attività microbica può influenzare la speciazione dell’As attraverso vari meccanismi quali le reazioni redox<br />

con il Fe e l’As e attraverso la demetilazione dell’As (Fitz e Wenzel, 2002; Mahimairaja ed altri, 2005).<br />

Poiché infatti il Fe e l’As nel terreno sono strettamente correlati, l’assorbimento del Fe da parte delle<br />

piante può determinare una maggiore biodisponibilità e assorbimento dell’As rendendolo molto più<br />

solubile e disponibile per le piante stesse (Fitz e Wenzel, 2002). Lo stesso accade per il (PO 4 ) 2- .<br />

Quando un campo di risaia è sommerso la rizosfera può rimanere aerobica grazie alle piante di riso<br />

che trasportano l’ossigeno dalle foglie alle radici, con conseguente trasferimento dell’O 2 nella rizosfera,<br />

ed all’azione di alcuni microrganismi che ossidano la rizosfera.<br />

L’As(V) e l’As(III) adsorbono principalmente gli idrossidi di ferro (FeOOH) presenti nel terreno, ma l’AsV<br />

li lega più saldamente. FeOOH è pricipalmente presente nei terreni argillosi che hanno generalmente<br />

un più alto contenuto di As rispetto ai terreni sabbiosi (Fitz e Wenzel, 2002; Mahimairaja ed altri,<br />

2005). I terreni argillosi sono meno tossici di quelli sabbiosi poiché trattengono l’As più fortemente,<br />

ma tutto dipende dalle condizioni redox, poiché il Fe ridotto è il più importante fattore di regolazione<br />

del comportamento dell’As (Fitz e Wenzel, 2002; Takahashi ed altri, 2004).<br />

Le condizioni ossidative possono provocare la precipitazione di FeOOH (placche di Fe) intorno alle radici<br />

di piante che vivono in ambiente umido, come il riso (Meharg, 2004). Le placche di Fe possono influenzare<br />

la speciazione, la biodisponibilità e l’assorbimento dell’As, oltre che la riduzione e l’ossidazione del<br />

Fe da parte dei batteri (Fitz e Wenzel, 2002; Meharg, 2004; Weiss ed altri, 2003; Weiss ed altri, 2004).<br />

E’ ancora da studiare l’incidenza della precipitazione di FeOOH intorno alle radici sull’assorbimento<br />

dell’As nelle piante che vivono in ambiente umido (Liu et al., 2004; Chen et al., 2005).<br />

In condizioni anaerobiche, il FeOOH si dissolve rapidamente e l’As viene rilasciato nella soluzione circolante<br />

del terreno come As(III) (Takahashi ed altri, 2004; Masscheleyn ed altri, 1991); in questo processo<br />

è coinvolta l’attività microbica (Islam ed altri, 2004a; Zobrist ed altri, 2000; Masscheleyn ed altri,<br />

1991). In condizioni aerobiche gli idrossidi di ferro sono relativamente insolubili e cedono As.<br />

Durante il periodo di non-sommersione le concentrazioni di As nell’acqua di irrigazione sono più alte<br />

rispetto a quelle nell’acqua del suolo, a causa dell’assorbimento di FeOOH (Takahashi ed altri 2004).<br />

Durante la sommersione, invece, le concentrazioni di As nell’acqua del terreno aumentano rispetto alle<br />

concentrazioni dell’acqua di irrigazione, ed il riso risulta essere maggiormente esposto a concentrazioni<br />

molto elevate di As.<br />

Il fosfato (PO 4 ) 2- ha un comportamento analogo all’As(V) ed influenza il comportamento dell’As nei terreni<br />

aerobici (Lambkin e Alloway, 2003; Mahimairaja ed altri, 2005; Williams ed altri, 2003). Entrambi gli<br />

43


44<br />

ioni competono per l’adsorbimento sui siti di scambio di FeOOH e per l’assorbimento da parte delle piante.<br />

L’arsenico e il fosforo appartengono infatti allo stesso gruppo chimico ed hanno simili costanti di dissociazione<br />

dei loro acidi e simile solubilità dei loro sali. Hanno quindi un simile comportamento geochimica<br />

nel suolo (Adriano, 2001). La somministrazione di fosforo in soluzione diminuisce<br />

l’assorbimento di As e mitiga i sintomi di fitotossicità (Meharg e Macnair, 1990). La resistenza è generalmente<br />

ottenuta attraverso la soppressione dell’elevata affinità del sistema di assorbimento fosfato/arseniato<br />

(Meharg & MacNair, 1992).<br />

La presenza di (PO 4 ) 2- è meno rilevante in ambiente anaerobico in quanto non compete con l’As(III)<br />

(Takahashi ed altri, 2004). Altri ioni (carbonati ed ossidi di manganese) possono influenzare il comportamento<br />

dell’As, ma l’effetto sembra essere minore rispetto al (PO 4 ) 2- (Cornu ed altri, 2003; Mahimairaja<br />

ed altri, 2005; Williams ed altri, 2003).<br />

Secondo Fitz e Wenzel (2002), le piante influenzano il contenuto di As nell’acqua interstiziale del suolo<br />

attraverso l’assorbimento e l’escrezione, così come i microorganismi presenti nella rizosfera (Harvey ed<br />

altri, 2002; Nicolas ed altri, 2003).<br />

Anche gli acidi organici rilasciati nel suolo attraverso gli essudati radicali sembrano avere un effetto<br />

sulla liberazione di arsenico dal suolo (Tao et al., 2006; Violante et al., 2005a e b).<br />

Studi condotti sul grano hanno dimostrato che l’ossalato e il fosfato di sodio aumentano la mobilità<br />

di As e le quantità di As(III) e As(V) rilasciate aumentano proporzionalmente alla concentrazione di ossalato<br />

e fosfato (Tao et al., 2006).<br />

In molte specie di piante il basso contenuto di As è dovuto allo scarso assorbimento delle radici, alla<br />

sua limitata traslocazione dalle radici ai germogli, alla sua fitotossicità già a basse concentrazioni e<br />

dalla sua limitata biodisponibilità nel suolo (Wang et al., 2002).<br />

La frazione biodisponibile di un contaminante nel suolo rappresenta, rispetto al suo contenuto totale,<br />

la massima quantità alla quale un organismo del suolo può essere esposto (Caussy, 2003).<br />

Le piante cresciute su suoli non contaminati presentano concentrazioni di As che variano da 0.009 a<br />

1.5 ppm, con valori più elevati nelle foglie, e minori nei frutti. Comunque, nella maggior parte dei<br />

casi, i valori più elevati vengono rilevati nelle radici, nei fusti e nelle foglie (Kabata-Pendias e Pendias,<br />

2001). Sembra che la concentrazione dell’inquinante sia piuttosto bassa nelle più comuni specie erbacee<br />

(piante coltivate e selvatiche). L’accumulo di arsenico è comunque più elevato in piante cresciute<br />

su suolo sabbioso che su suolo argillo-limoso.<br />

Fenomeni di tossicità sono stati rilevati in piante coltivate su scarti di miniera, su suoli trattati con pesticidi<br />

a base di arsenico, e su suoli trattati con liquami o con acqua irrigua contaminata.<br />

Queste piante presentano una riduzione dello sviluppo radicale e dei germogli, appassimento e necrosi<br />

delle foglie, riduzione della superficie fogliare e della fotosintesi, riduzione della produzione di frutti<br />

o granella.<br />

Nelle piante la sensibilità verso i metalli ed il livello di tossicità sono fortemente influenzati sia dal<br />

tipo e dalla concentrazione di inquinante, sia dalla fase fenologica o dallo stadio fisiologico (germinazione,<br />

emergenza, crescita vegetativa).<br />

Infatti i semi in germinazione risultano più sensibili all’inquinamento da metalli, poichè non sono an-


cora attivi alcuni meccanismi di difesa (Zhang e Zhu 2005).<br />

Nel grano l’altezza dei germogli e la lunghezza delle radici si riduce sensibilmente all’aumentare dei<br />

livelli di As. La riduzione dello sviluppo delle radici può derivare dal fatto che la pianta cerchi di limitare<br />

la superficie di contatto con l’As.<br />

L’arsenito risulta comunque essere più tossico dell’arseniato sia sullo sviluppo radicale, sia su quello epigeo<br />

(Coddington, 1986). Sembra che l’As sia meno tossico per le piante concimate con adeguata quantità<br />

di fosforo.<br />

In tessuti di piante, muschi e funghi sono stati rilevati principalmente As(III) e As(V), ma anche bassi livelli<br />

di acido monometilarsonico e dimetilarsonico (MMA e DMA), arsenozuccheri ed arsenobetaina<br />

(Byrne ed altri, 1995; Pizzaro ed altri, 2003).<br />

Carote coltivate su terreni contenenti livelli di As di poco superiori ai limiti consentiti, non contengono<br />

quantità nocive di arsenico (Helgesen e Larsen 1998). Tuttavia sarebbe necessario svolgere ulteriori<br />

ricerche sulla presenza dell’arsenico nelle piante coltivate in siti inquinati (zone minerarie, frutteti<br />

precedentemente trattati con piombo arseniato) al fine di valutare l’esposizione umana in prossimità<br />

di tali siti attraverso il consumo di verdure.<br />

L’utilizzo di acque contaminate per irrigare i campi coltivati può quindi avere effetti tossici per la salute<br />

umana attraverso il consumo di cibi contaminati che arrivano sulla tavola quotidianamente.<br />

In letteratura sono riportati i dati relativi alla contaminazioni di arsenico nel riso che può indurre cambiamenti<br />

nei livelli dei nutrienti per questo cereale. (Alman et al. 2002). Le falde acquifere di molte aree<br />

dell’Asia meridionale risultano essere contaminate da arsenico. L’uso di queste acque contaminate per<br />

irrigare i campi coltivati con riso (principale fonte di proteine per soddisfare il fabbisogno nutritivo<br />

della popolazione locale) determina effetti diretti sulla contaminazione di questo cereale e sui probabili<br />

effetti tossici nella popolazione che ne fa uso.<br />

Risaie di Canggu (Bali)<br />

45


46<br />

I risultati di Alman riferiscono sia la presenza di livelli significativi di arsenico nelle foglie e nel gambo<br />

della pianta che effetti sul contenuto proteico dei chicchi (diminuzione percentuale nel contenuto di<br />

proteine) e quindi di conseguenze sull’insorgenza di gravi carenze nutrizionali nella popolazione. In<br />

condizioni di coltivazione sommersa è stato riscontrato un marcato aumento di accumulo di As nel germogli<br />

e nei chicchi di riso (10-15 volte più elevata nel riso coltivato in condizioni sommerse rispetto a<br />

quello coltivato aerobicamente).<br />

Con l’aumento della concentrazione totale dell’As nei chicchi la percentuale di As inorganico risulta<br />

diminuita, mentre quella di acido dimetilarsinico (DMA) risulta incrementata. La causa del maggiore<br />

accumulo di As nel riso coltivato in allagamento risiede nel notevole aumento della biodisponibilità<br />

dell’As in condizioni sommerse, mentre la coltivazione aerobica può far fortemente decrescere il trasferimento<br />

di As dal suolo al chicco.<br />

La concentrazione di As nel riso può essere ridotta utilizzando alcune cultivar a bassa accumulazione<br />

già esistente o ottenute attraverso il breeding. Inoltre, l’interazione tra la cultivar e il sito di coltivazione<br />

indica l’importanza di utilizzare cultivar adeguate in un particolare ambiente (Cheng et al., 2006).<br />

Yamili nel 2007, e Zavala e Duxbury nel 2008 hanno determinato i valori di <strong>Arsenico</strong> nel riso, dimostrando<br />

una correlazione tra la contaminazione ambientale e la concentrazione di arsenico nei grani di riso. Il<br />

contenuto totale di <strong>Arsenico</strong> varia da 0.005 a 0.710 mg/kg. I livelli medi di arsenico per il riso riportati<br />

negli Stati Uniti e in Europa (0.198 mg/kg) sono statisticamente simili e significativamente più elevati di<br />

quelli riportati per questo cereale in Asia (0.07 mg/kg). Tuttavia i livelli di tossicità per la pianta sono la<br />

combinazione di più fattori: l’ ambiente, il tipo di gestione del suolo e il fattore genetico che, regolano<br />

la disponibilità, l’assorbimento e la traslocazione di questo elemento all’interno della pianta.


8. CONTENUTO DI ARSENICO IN CIBI E MANGIMI<br />

La contaminazione degli alimenti appare sempre più un fenomeno inevitabile, essendo influenzata da<br />

molteplici fattori sia di tipo ambientale che agronomico.<br />

Anche se le forme inorganiche di arsenico sono più tossiche rispetto all’arsenico organico, finora la<br />

maggior parte dei dati sulla presenza nei prodotti alimentari raccolti nel quadro del controllo ufficiale<br />

degli alimenti, vengono ancora segnalati come arsenico totale senza differenziare le diverse specie<br />

chimiche di arsenico (EFSA 2009).<br />

Da un’analisi della letteratura risulta che alcuni autori utilizzano l’Intake Settimanale Tollerabile Provvisorio<br />

(PTWI), ritenuto più adeguato per contaminanti in grado di accumularsi nell’organismo per cui è<br />

importante stabilire un limite di intake entro un intervallo di tempo definito. Il PTWI è pari a 15 μg/Kg/settimana<br />

di As che equivale a 146 μg/die di As per un soggetto adulto di 68 Kg di peso corporeo.<br />

Il rapporto del WHO (1989) ha indicato che alcune popolazioni locali e regionali che fanno grande<br />

consumo di pesce hanno un intake di As (sotto forma di organoarsenicali) di circa 0.050 mg/kg per<br />

peso corporeo, senza riportare effetti nocivi. Ciò corrisponde all’assunzione quotidiana di 3.5 mg in una<br />

persona che pesa 70 kg. Il contenuto in As dipende dall’acqua nella quale viene pescato il pesce (mare<br />

o acqua dolce); in particolare le specie marine ne contengono livelli elevati. La maggior parte dell’arsenico,<br />

soprattutto nei frutti di mare, è però presente in forma organica che è meno tossica. Di conseguenza,<br />

una valutazione del rischio effettuata non tenendo conto delle diverse specie chimiche, ma<br />

considerando l’arsenico totale come se fosse costituito esclusivamente da arsenico inorganico, porterebbe<br />

ad una notevole sovrastima del rischio per la salute connessa all’esposizione all’arsenico attraverso<br />

la dieta. Nel pesce e nei frutti di mare, infatti, la percentuale relativa di arsenico inorganico è<br />

piccola e tende a diminuire con l’aumentare del contenuto di arsenico totale, e il rapporto varia a seconda<br />

del tipo di pesce. I valori fissati per l’arsenico inorganico sono 0,03 mg/kg nel pesce e 0,1 mg/kg<br />

nei frutti di mare e sono stati calcolati in relazione alla reale esposizione attraverso gli alimenti (EFSA<br />

2009). Esaminando le principali categorie di prodotti alimentari il Concise EFSA Food Consumption<br />

Database ha stabilito che i cereali e i prodotti a base di cereali, seguiti da acqua in bottiglia, caffè e<br />

birra, chicchi di riso e prodotti a base di riso, pesce e verdure, sono stati identificati come i principali<br />

alimenti che contribuiscono all’esposizione quotidiana all’arsenico inorganico in Europa. (EFSA 2009).<br />

Relativamente a prodotti di origine vegetale la presenza di As è stata determinata in riso, ravanelli,<br />

carote, patate, cavolfiori, pomodori e fagioli bianchi. A volte è possibile rilevare delle concentrazioni<br />

leggermente alterate di As in olio e aceto probabilmente a causa della diluizione acquosa durante le<br />

fasi di preparazione.<br />

Il parametro più comunemente usato per la valutazione del rischio ad As è rappresentato dall’Intake<br />

Giornaliero Tollerabile Provvisorio (PTDI) che per l’As inorganico è pari a 2,1 μg/Kg/die (Joint Fao/WHO,<br />

1989). Tale dato rappresenta un importante riferimento, soprattutto nell’ambito di studi di monitoraggio<br />

delle popolazioni esposte ad esempio attraverso fonti naturali (acqua contaminata). Ciò al fine<br />

di contenere entro una soglia stabilita dalla comunità scientifica internazionale la concentrazione di<br />

intake di As inorganico per la popolazione.<br />

47


48<br />

Nel 1981 l’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS) ha comunicato l’intake giornaliero di As inorganico<br />

associato a insorgenza precoce di lesioni della pelle (1,0 mg/die).<br />

Il divieto di impiego di alcune sostanze nell’alimentazione degli animali e l’esigenza di qualità e salubrità<br />

dei prodotti animali (carne, latte e dei loro derivati) si inserisce in un contesto più ampio di un<br />

modello agricolo a basso impatto ambientale ed ha stimolato la ricerca di sistemi di produzione agrozootecnica<br />

alternativi. Questi studi mirano ad individuare specie foraggere ad alto contenuto proteico<br />

ed elevato valore nutrizionale per i ruminanti, all’ottimizzazione dei parametri di conservazione,<br />

alla valutazione della contaminazione da micotossine anche in relazione a strategie di managment<br />

aziendale per ridurne il rischio di contaminazione. (AA.VV.,2006).<br />

Il comitato scientifico dell’alimentazione animale (SCAN) conferma la limitata tossicità dell’arsenico in<br />

forma organica. Pertanto la determinazione dell’arsenico totale nei mangimi non sempre consente di<br />

stabilire il rischio che è rappresentato dalle forme inorganiche. E’ necessario un complesso metodo di<br />

analisi, non facilmente applicabile durante i controlli ufficiali, per distinguere le forme organiche dalle<br />

inorganiche.<br />

Il basso contenuto di As inorganico rilevato nei tessuti commestibili degli animali da allevamento<br />

(mammiferi e pollame), contribuisce soltanto in modo trascurabile all’esposizione umana.<br />

I mangimi destinati all’alimentazione animale prodotti con materie prime derivanti dai pesci o da altri<br />

organismi marini l’arsenico è presente soprattutto nella forma organica (arsenobetaine e arsenocoline),<br />

che è virtualmente non tossica. I dati forniti dagli Stati Membri sull’arsenico totale nei mangimi non indicano<br />

livelli preoccupanti, ma è necessario identificare il reale contenuto di arsenico inorganico.<br />

Nei foraggi freschi e conservati, prodotti con materie prime coltivate su suoli contaminati da arsenico,<br />

presentano elevate concentrazioni di questo elemento in particolare in prossimità delle aree industriali.<br />

Attualmente in Europa non esiste una regolamentazione aggiornata per quanto riguarda i livelli di arsenico<br />

negli alimenti (Francesconi, 2007). Lo standard britannico (The Stationary Office, 1959) di 1 mg/kg<br />

viene spesso citato in letteratura come soglia sicura, in particolare nel riso (Das et al., 2004).<br />

Per quanto riguarda i prodotti alimentari destinati alla commercializzazione la Commissione europea<br />

ha emanato il Regolamento (CE) 1881/2006, il quale in materia di disposizioni sui livelli massimi di contaminanti<br />

ammessi, tenendo conto di attuali studi e modifiche, sostituisce il Regolamento (CE) 466/2001.<br />

Il FIN Contaminant Safety Monitor, introdotto nel 2004, rappresenta una guida sui principali contaminanti<br />

(diossine e PCBs, mercurio, cadmio, piombo, arsenico), sulla loro regolamentazione e sul loro<br />

effetto sul pesce ed i suoi derivati (farina, e olio di pesce). Il FIN nell’ambito della legislazione definisce<br />

i livelli massimi di contaminante nei frutti di mare utilizzati per il consumo umano, negli animali<br />

da allevamento e nel mangime per i pesci.<br />

La maggior parte di questi agenti inquinanti sono già regolati dalla legislazione europea dalla Direttiva<br />

2002/32/CE e dal Regolamento 466/2001/CE che fissano i livelli massimi per determinati agenti inquinanti<br />

nelle derrate alimentari e nei mangimi.<br />

La Direttiva 2003/100/CE del 31 ottobre 2003, recepita con Decreto legislativo 10/05/2004 n. 149, modifica<br />

l’allegato I della Direttiva 2002/32/CE del Parlamento europeo e del Consiglio relativamente alle<br />

sostanze indesiderabili nell’alimentazione degli animali. Alcuni limiti sono stati rivisti e ridotti. (Ta-


ella 12) (http://www.iffo.net/intranet/content/archivos/80.pdf)<br />

Tabella 12 limiti massimi per l’arsenico negli alimenti per animali D.Lgs 10.05.2004 n. 149<br />

Dir. 2002/32/CE 2003/100/CE<br />

Sostanze<br />

indesiderabili<br />

Prodotti destinati all’alimentazione degli animali<br />

Contenuto massimo in mg/kg<br />

(ppm) di mangime in al tasso<br />

di umidità del 12%<br />

<strong>Arsenico</strong> Materie prime per mangimi, ad eccezione di: 2<br />

- farina d’erbe, erba medica e di trifoglio, polpe<br />

essiccate di barbabietole da zucchero e polpe<br />

essiccate di barbabietole da zucchero melassate; 4<br />

- panello di palmisti; 4<br />

- fosfati e alghe marine calcaree; 10<br />

- carbonato di calcio; 15<br />

- ossido di magnesio; 20<br />

- mangimi ottenuti dalla trasformazione di pesci<br />

o di altri animali marini, farina di alghe marine<br />

e materie prime per mangimi; 15<br />

- derivate dalle alghe marine. 40<br />

Mangimi completi ad eccezione di: 2<br />

- mangimi completi per pesci e mangimi completi<br />

per animali da pelliccia. 6<br />

Mangimi complementari ad eccezione di: 4<br />

- mangimi minerali. 12<br />

49


Riguardo l’acqua potabile, fatto più notevole è che non sono imposti limiti per la concentrazione degli<br />

elementi metallici. Essi potrebbero risultare opportuni dal momento che le assunzioni di acqua del<br />

bovino da latte possono raggiungere 150 litri capo/giorno al picco di lattazione. Non possono quindi<br />

escludersi ripercussioni negative qualora la concentrazione di determinati elementi superi i rispettivi<br />

valori soglia. A parte il caso ormai diffuso di produzioni lattiere condotte secondo disciplinari di consorzio<br />

che impongono l’abbeveraggio delle bovine con acqua di rete regolamentata dal D. Lgs 31/2001,<br />

rimangono possibili situazioni di mancato controllo sui tenori in metalli nell’acqua di bevanda. Beni<br />

et al., hanno condotto nel 2007, studi riguardo i livelli di <strong>Arsenico</strong> nel suolo, nelle acque gravitazionali<br />

e nelle acque chiare, e nella filiera del latte bovino. I risultati riportano una elevata concentrazione<br />

di arsenico nelle acque potabili. Tuttavia la curva di distribuzione dell’<strong>Arsenico</strong> nel suolo, indica che l’elevato<br />

livello di arsenico ha origine geologica. Il contenuto di arsenico nell’acqua in Italia è comunque<br />

al di sotto del limite di 10 μg/l fissato dall’Unione Europea per l’acqua destinata al consumo umano,<br />

allo stesso modo la concentrazione nel latte è al disotto del range di concentrazione standard (20-60<br />

μg/l). Nell’ambito di questa ricerca è emersa inoltre una situazione di possibile criticità dovuta ad elevate<br />

concentrazioni di arsenico riscontrate in acque di rete e di falda nel Lazio dove il 75% dei campioni,<br />

prelevati in queste regioni, sono al di sopra del limite previsto per le acque potabili.<br />

I dati segnalati dagli Stati Membri suggeriscono inoltre che, nonostante i livelli di arsenico rilevato nei<br />

foraggi siano relativamente bassi, in accordo con la Direttiva 2003/100/CE, in uno studio effettuato da<br />

Licata (2004), in campioni di latte proveniente dalla Calabria, la presenza di As e di altri metalli tossici,<br />

nel 30% dei campioni esaminati, presentava una concentrazione tra 0,24 e 0,68 mg/Kg, superando i<br />

dati ottenuti da Cerutti et al. (1999) (0,03-0,06 mg/Kg), Alais et al. (2000) (0,04-0,10 mg/Kg) e Simsek<br />

et al. (2000) (0,0002-0,05 mg/Kg).<br />

Riso ed alimenti per l’infanzia<br />

Il riso, a causa del suo largo consumo, rappresenta un significativo veicolo di esposizione all’As in popolazioni<br />

che dipendono da una dieta a base di questo cereale, costituendo un grave rischio per la salute<br />

dell’uomo. I livelli di arsenico contenuti negli alimenti a base di riso per l’infanzia sono abbastanza<br />

elevati da mettere i bambini a rischio di contrarre tumori. Nei bambini al di sotto dei 3 anni, l’esposizione<br />

all’As attraverso l’assunzione di alimenti a base di riso, è generalmente stimata circa 2 a 3 volte<br />

quella degli adulti. Nella dieta dei neonati il riso è infatti il costituente principale dei prodotti per lo<br />

svezzamento ed ipoallergenici (latte di riso), ma è presente anche negli alimenti utilizzati nella dieta<br />

dei bambini (cracker, biscotti, cereali soffiati, e budini). Andrew A. Meharg ed i suoi collaboratori,<br />

(2008) in uno studio effettuato presso l’Università di Aberdeen, hanno testato i livelli di arsenico inorganico<br />

(i-As) nei prodotti a base di riso per l’infanzia. Lo studio, finanziato dalla Fondazione di Scienze<br />

Naturali della Cina e la Società Reale di Londra e Edimburgo, è partito dal presupposto che solo negli<br />

ultimi tre o quattro anni i ricercatori hanno dimostrato che il riso è una delle fonti alimentari più importanti<br />

di i-As e poiché si tratta di un agente potenzialmente cancerogeno dovrebbe essere adottato<br />

il principio di precauzione fino a quando non saranno stabiliti dei limiti di sicurezza.<br />

Inoltre, considerando l’indice di massa corporea, i neonati ed i bambini possono essere esposti attra-<br />

50


verso l’alimentazione a livelli più elevati di arsenico inorganico rispetto agli adulti.<br />

Nel Regno Unito il contenuto medio di arsenico inorganico nel riso utilizzato per gli alimenti per l’infanzia<br />

è di 0,11 mg/kg. Nel rapporto tra l’arsenico inorganico contro dell’arsenico totale, si è riscontrato<br />

che le concentrazioni di i-As aumentano in modo lineare fino a 0,25 mg/kg di arsenico totale,<br />

stabilizzandosi poi a 0,16 mg/kg alle più alte concentrazioni di arsenico totale.<br />

Meharg e colleghi hanno analizzato campioni di 3 diverse marche di prodotti a base di riso utilizzati<br />

per i neonati (4-12 mesi), tutti provenienti da supermercati di Aberdeen. Più di un terzo dei campioni<br />

conteneva livelli di i-As, la più tossica delle due forme di arsenico si trovano normalmente nel riso,<br />

pari o superiori al limite legale di arsenico consentito per i prodotti alimentari in Cina, dove vige una<br />

normativa più severa di quella dell’ Unione Europea e degli Stati Uniti (limite regolamentare di i-As<br />

0,15 mg/kg di arsenico totale).<br />

I ricercatori hanno infatti osservato che i livelli di i-As nei campioni analizzati erano compresi tra 0,50-<br />

2,66 μg/kg di peso corporeo al giorno.<br />

In Cina il 35% di questi prodotti sarebbe illegale, mentre nell’UE e negli USA non esistono normative<br />

per i livelli di i-As ammissibili negli alimenti, anche se la soglia di 1 μg/kg di peso corporeo al giorno è<br />

spesso citata in letteratura come un livello di sicurezza per l’arsenico negli alimenti, e nello specifico<br />

per il riso (The Stationary Office, Regno Unito 1959).<br />

I ricercatori sostengono che i limiti dell’arsenico negli alimenti non sono aggiornati e non tengono<br />

conto dei recenti studi scientifici.<br />

Le norme vigenti nell’UE e negli Stati Uniti per il contenuto di As nell’acqua potabile e l’OMS raccomandano<br />

una assunzione di non più di 2 μg/kg di peso corporeo di i-As.<br />

I ricercatori hanno calcolato che in un bambino di un anno di età di peso medio che mangia tre porzioni<br />

di riso al giorno i livelli di i-As sono superiori al livello massimo di esposizione consentito agli<br />

adulti attraverso l’assunzione di acqua potabile.<br />

Attualmente nel Regno Unito la maggior parte del riso utilizzato per la preparazione di alimenti per<br />

bambini proviene dall’Europa, ma i ricercatori ritengono che sarebbe meglio utilizzare riso a basso contenuto<br />

di As proveniente da altri paesi (subcontinente indiano, California, Cadice e Siviglia in Spagna).<br />

L’EFSA nel 2009 a conclusione del suo parere scientifico sull’arsenico nei prodotti alimentari ha dichiarato<br />

che l’esposizione attraverso la dieta all’i-As deve essere ridotta.<br />

Le aziende produttrici di alimenti per l’infanzia potrebbero ad esempio utilizzare riso a basso contenuto<br />

di i-As. In tutto questo le indicazioni fornite dalla ricerca scientifica rivestono senza dubbio un<br />

ruolo fondamentale.<br />

51


9. METABOLISMO DELL’AS E SUOI EFFETTI SUGLI ANIMALI<br />

E SULL’UOMO<br />

L’As inorganico viene rapidamente assorbito da molte specie per via respiratoria o gastrointestinale<br />

(generalmente oltre il 50% della dose); la percentuale è inferiore per via inalatoria e molto limitata<br />

dopo esposizione cutanea (NRC, 1999; WHO, 2001). Questo metalloide è estremamente tossico per<br />

tutti gli animali.<br />

Nei mammiferi e nel pollame, l’arsenico inorganico, come anche i suoi composti organici, vengono<br />

convertiti in metaboliti metilati, che sono rapidamente escreti (Fig 12, 13). Quindi, il passaggio dei<br />

composti di As dal mangime ai tessuti commestibili di mammiferi e pollame è molto bassa.<br />

Figura 12 Meccanismo di ingresso nella cellula, riduzione e metilazione di iAs. I principali processi alterati in seguito all’esposizione<br />

all’arsenico riguardano la riparazione e la metilazione del DNA e i processi epigenetici quali la metilazione degli istoni.<br />

Gli effetti tossici dell’As sono correlati con lo stato di ossidazione dell’elemento (Hughes, 2002; WHO, 2001). Le specie trivalenti<br />

sono più tossiche rispetto a quelle pentavalenti, anche se i meccanismi non sono completamente definiti. Le specie trivalenti reagiscono<br />

direttamente con i gruppi sulfidrilici delle proteine alterandone la struttura quaternaria. L’As assorbito si accumula nei<br />

capelli e nelle unghie legandosi ai gruppi sulfidrilici della cheratina come As trivalente.<br />

52


Figura 13. Biotrasformazione<br />

L’As inorganico viene rapidamente assorbito da molte specie dopo esposizione orale e la percentuale è inferiore per via inalatoria<br />

e molto limitata dopo esposizione cutanea. Dopo assorbimento per via digestiva l’As inorganico subisce innanzitutto un<br />

processo di metilazione a livello epatico e nella prevalenza delle specie viene quindi escreto.<br />

Nel bestiame l’avvelenamento da arsenico si manifesta con una diarrea emorragica acuta attribuibile<br />

alla gastroenterite emorragica, a volte accompagnati da perdita di appetito, debolezza muscolare,<br />

atassia, dimagrimento e convulsioni epilettiformi (Riviere ed altri, 1981, Thatcher ed altri, 1985). Dati<br />

tossicologici disponibili per gli animali da allevamento, confermano che tutte le specie animali sono<br />

sensibili agli effetti tossici dell’arsenico inorganico.<br />

Nei mammiferi, dopo assorbimento per via digestiva, l’As inorganico subisce un processo di metilazione<br />

(monometilato e di metilato) a livello epatico, è trasformato in composti a minore tossicità (acido<br />

monometilarsonico e dimetilarsinico) e quindi escreto attraverso l’urina.<br />

Durante il processo di metilazione l’As inorganico pentavalente viene trasformato in tetravalente ed<br />

in composti trivalenti molto reattivi e tossici.<br />

Nell’uomo il metabolismo dell’As è rapido. In caso di intossicazione più della metà dell’As assorbito<br />

viene eliminata entro quarantotto ore.<br />

Subito dopo il suo assorbimento, l’arsenico si ritrova nel sangue e nelle urine che per questo sono con-<br />

53


54<br />

siderati biomarcatori biologici di esposizione recente; in seguito si accumula nei capelli e nelle unghie<br />

che sono quindi considerati biomarcatori di esposizione cronica.<br />

Nelle urine l’As inorganico è presente in una piccola percentuale in forma trivalente e pentavalente e<br />

come acido monometilarsonico (questa frazione di arsenico è maggiore in caso di disfunzione epatica),<br />

mentre una percentuale maggiore è costituita dall’acido dimetilarsonico.<br />

Sono inoltre presenti composti arsenicali complessi la cui percentuale varia a seconda del tipo di dieta<br />

i quali non sono metabolizzati ma escreti inalterati.<br />

L’As inorganico e le sue forme organiche metilate si ritrovano anche nel latte materno e variano in funzione<br />

del suo contenuto nell’acqua potabile.<br />

L’applicazione delle attuali tecniche strumentali, altamente selettive e specifiche nel riconoscimento<br />

delle forme metaboliche di As, ha permesso di rilevare la presenza di metaboliti organoarsenicali nel<br />

sangue materno e ombelicale. Una dieta fortificata con acido folico può influenzare il pathway metabolico<br />

e favorire il processo di detossificazione dell’organismo materno.<br />

L’esposizione all’As può rappresentare una grave problematica per la salute dell’uomo. I sintomi di<br />

avvelenamento cronico da arsenico includono debolezza, spossatezza, perdita di capelli, raucedine e<br />

perdita di peso, mentre l’esposizione acuta è associata allo sviluppo di diverse patologie tra le quali<br />

neuropatie periferiche ed encefalopatie, alterazioni vascolari (morbo di Raynaud, acrocianosi e gangrena<br />

del piede), alterazioni cardiache, alterazioni cutanee (ipercheratosi ed iperpigmentazione), elevata<br />

incidenza di epiteliomi spinocellulari e basocellulari, diabete di tipo 2, effetti sullo sviluppo e sulla<br />

riproduzione, neoplasie polmonari, renali, epatiche, cutanee e della vescica (USEPA, 1988; Bates 1992;<br />

Chen, 1992; NRC, 1999).<br />

Tossicità e cancerogenicità<br />

Gli effetti tossici dell’As sono correlati con lo stato di ossidazione dell’elemento (Hughes, 2002; WHO,<br />

2001). Le specie trivalenti sono più tossiche rispetto a quelle pentavalenti, anche se i meccanismi non<br />

sono completamente definiti. Le specie trivalenti reagiscono direttamente con i gruppi sulfidrilici delle<br />

proteine alterandone la struttura quaternaria.<br />

L’arsenato (As inorganico pentavalente), possiede proprietà simili rispetto al fosfato (Dixon, 1997) e è<br />

in grado di sostituirlo in processi biochimici “critici”, determinando effetti tossici.<br />

Negli animali gli effetti avversi, non cancerogeni, di As inorganico includono tossicità embrionale e fetale,<br />

teratogenicità, genotossicità (attraverso meccanismi di danno indiretto a DNA e cromosomi) e tossicità<br />

cardiovascolare.<br />

Nell’uomo la DL 50 orale è stata stimata pari a 1-2 mg/Kg (Ellenhorn, 1997). L’esposizione cronica ad<br />

As inorganico può portare ad effetti cutanei, dello sviluppo, ematologici, riproduttivi e vascolari<br />

(ATSDR, 2000; NRC, 1999; WHO, 2001) e causare anomalie specifiche alla nascita (difetti del tubo neurale)<br />

(De Sesso, 1998).<br />

Esistono le notevoli variazioni inter-individuali nel metabolismo dell’As che possono essere dovute alla<br />

presenza di polimorfismi dei geni che codificano enzimi coinvolti nella metilazione dell’arsenico (Vahter,<br />

2000).


L’Agenzia Internazionale per la Ricerca sul Cancro (IARC, 1987) e l’U.S. EPA (1993), basandosi sulle evidenze<br />

nell’uomo, hanno classificato l’As inorganico come sicuramente cancerogeno per l’uomo inserendolo<br />

rispettivamente nel gruppo I e nel gruppo A. Il meccanismo di cancerogenesi indotto dall’As<br />

inorganico non è noto, ma vi sono evidenze che l’esposizione può generare radicali liberi e altre specie<br />

reattive nei sistemi biologici. I possibili meccanismi di cancerogenicità comprendono la genotossicità,<br />

lo stress ossidativo, l’inibizione della riparazione del DNA, la promozione della tumorigenesi, la<br />

co-cancerogenesi, la proliferazione cellulare ma anche alterazioni della trasduzione del segnale o la<br />

metilazione del DNA (Hughes, 2002; Kitchin, 2001; Rossman, 2003). Più meccanismi possono interagire<br />

tra loro.<br />

È stata osservata l’insorgenza di cancro al polmone dopo esposizione occupazionale in lavoratori di<br />

fonderie, nei minatori e negli operai di industrie di antiparassitari (NRC, 1999; WHO, 2001). Mentre l’esposizione<br />

dovuta ad ingestione di acqua contaminata con As inorganico può determinare l’insorgenza<br />

di cancro della pelle, della vescica, del polmone, del rene e di altri organi (NRC, 1999 e 2001;<br />

WHO, 2001).<br />

Una commissione della National Academy of Science ha valutato gli effetti sanitari dell’As inorganico<br />

presente nell’acqua destinata al consumo umano riportando una stima della probabilità teorica massima<br />

di rischio per tumore alla vescica e al polmone (NRC, 2001).<br />

Il parametro più comunemente usato per la valutazione del rischio di esposizione all’As è rappresentato<br />

dall’Intake Giornaliero Tollerabile Provvisorio (PTDI) che per l’As inorganico è pari a 2,1<br />

μg/Kg/die (Joint Fao/WHO, 1989). Tale dato rappresenta un importante riferimento, soprattutto nell’ambito<br />

di studi di monitoraggio delle popolazioni esposte ad esempio attraverso fonti naturali<br />

(acqua contaminata).<br />

Nel 1981 l’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS) ha definito l’intake giornaliero di As inorganico<br />

associato a insorgenza precoce di lesioni della pelle (1,0 mg/die). Gli effetti derivanti dall’assunzione<br />

di una quantità eccessiva di As inorganico comprendono alterazioni a carico dell’apparato<br />

circolatorio e del sistema nervoso ma anche tumori della pelle, della vescica, del rene, del polmone e<br />

del fegato (USEPA, 1988; Bates 1992; Chen, 1992; NRC, 1999). Alcuni autori utilizzano l’Intake Settimanale<br />

Tollerabile Provvisorio (PTWI), ritenuto più adeguato per contaminanti in grado di accumularsi<br />

nell’organismo. Il PTWI è pari a 15 μg/Kg/settimana di As che equivale a 146 μg/die di As per un soggetto<br />

adulto di 68 Kg di peso corporeo.<br />

55


56<br />

10. MECCANISMO DI AZIONE DELL’AS COME INTERFERENTE<br />

ENDOCRINO<br />

L’As può agire come un potente interferente endocrino, alterando la regolazione genica tramite interazione<br />

con i recettori degli ormoni steroidei [glucocorticoidi (GR), mineralcorticoidi (MR), progesterone<br />

(PR) e androgeni (AR)] (Bodwell, 2006; Bodwell, 2004; Kaltreider, 2001).<br />

Un’alterazione del metabolismo dei glucocorticoidi può avere conseguenze negative sullo sviluppo e<br />

in ultima analisi produrre effetti avversi alla salute. Microdosi di As (0,1-1 µM) stimolano la trascrizione<br />

ormone-mediata, mentre dosi più elevate (1-5 µM) ma non citotossiche possono determinare un<br />

effetto soppressivo.<br />

Utilizzando i GR come modello rappresentativo per i recettori steroidei (SRs), si è evidenziato che l’As<br />

è in grado di alterare la regolazione della trascrizione, suggerendo che il target sia l’apparato di trascrizione<br />

(Bodwell, 2004). Studi di mutazione genica dei GR hanno confermato che l’azione dell’As<br />

coinvolge steps di attivazione prima del legame con il DNA e che effetti soppressivi utilizzano steps successivi<br />

al legame con il DNA. Tali osservazioni, considerata la similarità nella risposta dei quattro recettori<br />

degli ormoni steroidei, suggeriscono che il target degli effetti dell’As è parte dell’apparato che<br />

regola l’espressione genica invece del recettore.<br />

L’azione dell’interferente endocrino può esplicarsi secondo diverse modalità: 1) aumentando o riducendo<br />

la quantità di ormone prodotta e l’attività metabolica; 2) determinando un effetto interferente<br />

tra ormone e il legame con i recettori. Nel merito Kaltreider non ha confermato che l’As sia in grado<br />

di interferire con il complesso ormone-recettore prima dell’entrata del complesso nel nucleo. I dati riportati<br />

da questi autori indicano che i cambiamenti che avvengono all’interno del nucleo implicano<br />

un’inibizione selettiva della trascrizione del DNA che in condizioni normali dovrebbe essere stimolata<br />

dal complesso glucocorticoide-GR (Figura 14). Il meccanismo dettagliato dell’interferenza non è ancora<br />

noto (Kaltreider, 2001).<br />

L’As interferisce con i recettori degli estrogeni (ER), sia in vivo sia in colture cellulari. A dosi non citotossiche<br />

(1- 50 µmol/Kg di arsenito) l’elemento sopprime fortemente la trascrizione genica ER-dipendente<br />

del gene del 17β-estradiolo (E2) della vitellogenina II inducibile (studio condotto sul fegato<br />

dell’embrione di pulcino). In colture cellulari, livelli non citotossici di As (0,25-3 µmol pari a circa 20-<br />

225 ppb) inibiscono in modo significativo l’attivazione genica E2-mediata da un gene reporter ER-regolato<br />

e di un gene GREB1 ER-regolato nella linea cellulare MCF-7 del tumore mammario.<br />

Gli effetti dell’As sulla regolazione genica ER-dipendente sono simili a quelli di altri recettori steroidei.<br />

Una differenza specifica è la mancanza di un aumento significativo dell’espressione genica alle dosi<br />

più basse anche se il(i) meccanismo(i) attraverso il quale l’As altera la regolazione genica attraverso gli<br />

ER e gli altri SRs non è a tutt’oggi conosciuto.<br />

L’As è un interferente endocrino ma agisce con un meccanismo diverso dai composti organici con caratteristiche<br />

di EDCs, molti dei quali agiscono come ormone mimetici e come agonisti o antagonisti<br />

competitivi. Infatti gli studi relativi ad As e SRs indicano che l’elemento non è un agonista dell’attivazione<br />

degli SR e non agisce come antagonista competitivo o non competitivo (Bodwell, 2006 e 2004).


Figura 14. Meccanismo d’azione dell’<strong>Arsenico</strong> come interferente endocrino. L’As agisce con un meccanismo diverso dai composti<br />

organici con caratteristiche di EDCs, molti dei quali agiscono come ormone mimetici e come agonisti o antagonisti competitivi.<br />

Infatti gli studi relativi ad As e SRs (recettori steroidei) indicano che l’elemento non è un agonista dell’attivazione degli<br />

SR e non agisce come antagonista competitivo o non competitivo. L’As altera la capacità del complesso SRs-As di legarsi al DNA<br />

nel processo di regolazione della trascrizione genica.<br />

57


58<br />

L’As altera la capacità del complesso SRs-As di legarsi al DNA nel processo di regolazione della trascrizione<br />

genica. Gli effetti dell’As sul recettore estrogenico e gli altri 4 recettori steroidei (GR, AR, PR ed<br />

MR) sono molto simili per cui piccole sequenze assolute o identità strutturali entro le DBD (DNA Binding<br />

Domain) potrebbero essere un target comune per l’As (Bodwell, 2006).<br />

Studi recenti (J. C. Davey, 2008) hanno evidenziato effetti simili dell’As sul TR (Thyroid Hormone Receptor)<br />

e sul RAR (Retinoic Acid Receptor) i cui domini di legame al DNA differiscono significativamente<br />

da quelli di GR.<br />

Ciò porta a ritenere che i recettori stessi non sono il target dell’As e che altre proteine o pathway di<br />

regolazione rappresentino il reale target.<br />

In modelli animali basse concentrazioni di As possono alterare i processi di sviluppo che coinvolgono<br />

TR. Sia acido retinoico (RA) sia l’ormone tiroideo (TH) rappresentano fattori critici per il normale sviluppo<br />

e per le funzioni del soggetto adulto e alterazioni nei pathways regolati<br />

da queste sostanze sono state associate a diversi processi patologici (Davey, 2008). Nell’uomo una forte<br />

carenza di ormoni tiroidei alla nascita porta a cretinismo, con caratteristico ritardo mentale, bassa statura<br />

e perdita dell’udito. Gravi carenze riscontrabili alla nascita possono essere risolte con la somministrazione<br />

di ormoni, ma non si esclude la possibilità di trascurare gli effetti meno evidenti alla nascita<br />

(Galton, 2005; Oppenheimer e Samuels, 1983; Raz e Kelley, 1997).<br />

Studi epidemiologici condotti in bambini esposti a dosi elevate di As attraverso l’acqua destinata al<br />

consumo umano hanno evidenziato anche effetti sulle funzioni cognitive (Wasserman, 2004). In passato<br />

si riteneva che gli effetti derivanti dall’esposizione ad As fossero transienti e reversibili, questo<br />

anche in considerazione del fatto che l’elemento non si accumula nel corpo come avviene invece per<br />

i composti organici persistenti o metalli come mercurio e piombo e che all’epoca non si conosceva la<br />

capacità dell’As di agire sul DNA sia inducendo mutazioni che cambiando lo stato epigenetico del genoma<br />

(figura 15).<br />

Studi più recenti supportano la convinzione che l’As agisca sul signalling ormonale durante varie fasi<br />

dello sviluppo per cui non si escludono effetti a lungo termine. (Liu, 2006a; Shen, 2006; Waalkes, 2004a).<br />

Conseguentemente, tenuto conto che esistono evidenze sul ruolo di As come interferente endocrino<br />

è importante valutare l’impatto complessivo sulla salute umana in modo da pervenire a una caratterizzazione<br />

del possibile rischio espositivo, in particolare per categorie di soggetti sensibili. (Smith, 2006;<br />

Wasserman, 2004).<br />

Gli ER rivestono un ruolo importante nell’eziologia e nella risposta terapeutica al tumore della mammella,<br />

dell’ovaio e dell’utero. Inoltre influiscono direttamente sulla crescita e sull’aggressività del cancro<br />

della mammella mentre gli agonisti ed antagonisti degli ER esercitano un ruolo nella promozione<br />

e nell’inibizione del cancro al seno e di altri tumori ER dipendenti. Da ciò deriva che quei composti chimici<br />

che sono in grado di alterare l’attività degli ER, possono contribuire all’eziologia, progressione o<br />

regressione della patologia.<br />

Allo stato attuale delle conoscenze non vi sono sufficienti evidenze per affermare che l’esposizione ad<br />

As attraverso il consumo quotidiano di acqua di rete contaminata possa determinare un incremento<br />

dell’incidenza di cancro della mammella o di altri tumori ER dipendenti.


Figura 15 Meccanismi epigenetici possono mediare la tossicità di xenobiotici. L’epigenetica è lo studio dei cambiamenti ereditabili<br />

nell’espressione genica che avvengono senza modifiche nella sequenza del DNA. L’epigenoma è suscettibile all’azione<br />

di fattori ambientali (esposizione a xenobiotici, comportamenti sociali e carenze nutrizionali), che possono modificare le caratteristiche<br />

epigenetiche di un individuo. Modifiche epigenetiche determinano cambiamenti nell’espressione genica senza<br />

modificazioni della sequenza nucleotidica del genoma, attraverso alterazioni della metilazione del DNA, modificazioni degli<br />

istoni e del pathway dei microRNA. I miRNA regolano i livelli di espressione di geni coinvolti nella risposta agli xenobiotici,<br />

hanno un ruolo importante nel controllo della metilazione del DNA e delle modificazioni a livello degli istoni. I profili di espressione<br />

dei miRNA possono essere alterati direttamente in seguito ad esposizione a xeno biotici.<br />

Non si esclude un ruolo dell’As nel causare alterazioni nella trasduzione del segnale (signalling), condizione<br />

alla quale alcuni autori hanno associato anche possibili patologie cardiovascolari.<br />

Ad esempio, un recente studio condotto da Waalkes ha evidenziato che l’esposizione ad As inorganico<br />

nei topi aumenta l’incidenza di cancerogenesi nella prole. L’ipometilazione dei promotori dei recettori<br />

ER porta a un overexpression (Chen, 2004; Liu, 2006a; Liu, 2006b; Shen, 2006).<br />

Gli ER rivestono un ruolo importante nel normale sviluppo e funzione del fegato e nella cancerogenesi<br />

a carico di questo organo in sistemi sperimentali. Al riguardo si sottolinea come l’esposizione ad<br />

As presente nell’acqua destinata al consumo umano sia stata associata con un aumento del rischio di<br />

59


cancro epatico, per cui è possibile che gli effetti dell’As sugli ER possano incidere in modo significativo<br />

su questa patologia. Lo studio di Waalkes sull’esposizione fetale ad As suggerisce l’esistenza di un imprinting<br />

correlato agli ER che svolge un ruolo importante nell’induzione di specifiche patologie nel<br />

soggetto adulto.<br />

L’esposizione a xenobiotici può modificare processi biologici che alterano i meccanismi epigenetici.<br />

L’As incrementa la produzione delle specie ossigeno reattive (ROS) e il danno ossidativo al DNA può<br />

interferire con la capacità delle metiltransferasi di interagire con il DNA, risultando in una generalizzata<br />

alterazione della metilazione dei residui di citosina ai siti CpG. Sembra ormai accertato il ruolo<br />

che l’As può svolgere nelle aberrazioni epigenetiche, essendo peraltro stato evidenziato che la somministrazione<br />

a topi di acqua contaminata con questo elemento, induce un’ipometilazione generalizzata<br />

del tessuto epatico. Questo dato è stato rilevato in vitro in cellule epiteliali di fegato di ratto,<br />

dove l’esposizione cronica ad As ha comportato, oltre all’ipometilazione generalizzata, anche una riduzione<br />

dei livelli di S-adenosilmetionina e una ridotta attività della DNA metiltransferasi. Il fenomeno<br />

dell’ipermetilazione è stato inoltre evidenziato in vitro su cellule umane di adenocarcinoma<br />

polmonare esposte ad arsenico a carico del promotore del gene p53. Quanto evidenziato è stato confermato<br />

da una significativa ipermetilazione dello stesso promotore in soggetti esposti ad As, rispetto<br />

ai controlli, con una significativa relazione dose-risposta. La medesima aberrazione a carico dello<br />

stesso gene è stata osservata in pazienti affetti da cancro della pelle indotto da As. Nel cancro della<br />

vescica l’As induce ipermetilazione dei geni onco-soppressori RASSF1A e PRSS3 (Ficociello, 2010).<br />

60


11. ESPRESSIONE GENICA, POLIMORFISMI, BIOMARCATORI<br />

E MicroRNA<br />

La tecnologia microarrays è stata recentemente utilizzata su un modello animale (topo), per valutare<br />

le variazioni di espressione genica e gli effetti a lungo termine dell’ingestione di dosi crescenti<br />

di As presenti in acqua (Andrew, 2007). Tale studio ha evidenziato una variazione statisticamente<br />

significativa di trascritti coinvolti in processi di angiogenesi, metabolismo di lipidi, trasporto di ossigeno,<br />

apoptosi, ciclo cellulare e risposta immunitaria. L’alterazione di questi pathways è stata rilevata<br />

anche in un modello cellulare (epatociti di ratto) unitamente alla deregolazione di recettori<br />

ormonali e di diversi oncogeni (Chen, 2001).<br />

Un’ulteriore ricerca, condotta sullo stesso tipo di modello sperimentale, ha invece dimostrato che<br />

somministrando acqua contaminata da arsenito di sodio 0,01% si sviluppava iperplasia uroteliale<br />

vescicale a distanza di 4 settimane, con accumulo di As(III) inorganico a carico del tessuto vescicale.<br />

(Simeonova, 2000). I geni alterati erano coinvolti nei meccanismi di crescita cellulare (quali c-fos, c-<br />

jun e EGR-1) e di blocco di GADD153 e GADD45. Si è pertanto ipotizzato che l’effetto dell’As sia in<br />

grado di determinare un incremento proliferativo delle cellule uroepiteliali come possibile causa di<br />

insorgenza di tumore.<br />

Per quanto riguarda l’effetto dell’As nell’uomo, uno studio condotto su una popolazione del Bangladesh<br />

esposta per via cronica ad acqua contaminata (Argos, 2006) ha posto in evidenza che in alcuni<br />

soggetti erano presenti lesioni cutanee riferibili all’elemento. Dopo estrazione dell’RNA dai<br />

linfociti di sangue periferico (soggetti con presenza e non delle citate lesioni) sono state condotte<br />

indagini di laboratorio con la tecnica dei microarrays. I pathways alterati riguardavano lo splicing<br />

dell’RNA, il processamento e il metabolismo dell’RNA messaggero, l’alterazione di complessi ribonucleoproteici<br />

e dei processi di traduzione e folding proteico.<br />

La modalità di azione dell’As è stata oggetto di recenti review (Kitchin, 2001; Rossman, 2003; Kligerman<br />

e Tennant, 2006) che hanno sottolineato l’importanza di alcuni fattori quali la dose espositiva<br />

e la sua durata, la valutazione del sistema biologico o cellulare e le specie arsenicali. Studi<br />

recenti (Ahlborn, 2008) hanno dimostrato che alle dosi più elevate di As (10 ppm) si verificava una<br />

significativa alterazione dei pathways relativi alla regolazione dell’actina nel citoscheletro, MAPK,<br />

Jak-Stat, Tight junction, Toll-like, fosfatidilinositolo e i pathways del signalling dell’insulina.<br />

Indicativamente 20 geni mostrano una dose risposta, includendo quelli associati alla cancerogenesi<br />

o alla crescita tumorale tra cui ciclina D1, CLIC4, efrina A1, STAT3 e DNA metiltransferasi 3a. Dosi<br />

uguali o inferiori a 1 ppm solo raramente erano in grado di indurre alterazioni significative dei<br />

suddetti pathways. In tal caso, le specie arsenicali potevano contribuire alla cancerogenesi come cocancerogeni/mutageni<br />

(ad es. esposizione a raggi UV, fumo, deficit nella dieta) (Rossman, 2002 e<br />

2004) (Figura 12).<br />

Sebbene alle dosi più elevate di As non siano stati correlati in passato cambiamenti trascrizionali<br />

nei geni identificati con la cancerogenesi, l’ultimo studio citato suggerisce che essi potrebbero svolgere<br />

un ruolo negli stadi precoci della cancerogenesi epiteliale ed essere quindi considerati po-<br />

61


62<br />

tenziali biomarcatori. Più recentemente un altro studio ha evidenziato come la distribuzione subcellulare<br />

della proteina PCBP2 (poly-C binding protein 2) possa essere alterata dopo esposizione<br />

ad arsenito di sodio. (Fujimura K, 2008) La proteina PCBP2 è un componente dell’α-complex dell’mRNA<br />

dell’α-globina umana che aumenta la stabilità dell’RNA messaggero, facilita la traduzione<br />

di trascritti cellulari e virali ed è anche implicata in altri importanti processi biologici quali la regolazione<br />

trascrizionale e il silenziamento traduzionale. Appare quindi chiaro come l’effetto dell’esposizione<br />

ad As debba essere meglio compresa al fine di chiarire il complesso meccanismo di<br />

regolazione genica in tali sistemi.<br />

È stato riportato che le notevoli variazioni inter-individuali nel metabolismo dell’As possono essere<br />

dovute alla presenza di polimorfismi a carico di geni che codificano enzimi coinvolti nella metilazione<br />

dell’arsenico (Vahter, 2000). Tale processo assume rilevanza in quanto le forme di arsenico<br />

organico sono meno tossiche di quello inorganico (processo di detossificazione). Nel ratto la metilazione<br />

dell’As avviene ad opera dell’enzima S-adenosil-metionina dipendente (AS3MT). Nel gene<br />

AS3MT dell’uomo sono noti i seguenti polimorfismi a singolo nucleotide (SNPs): R173W (C517T);<br />

M287T (T860C) e T306I (C917T) rilevati nella popolazione afro-americana e caucaso- americana<br />

(Wood, 2006). Di questi, il polimorfismo M287T è stato ampiamente studiato in popolazioni asiatiche,<br />

africane e caucasiche (Fujihara, 2008). La frequenza dei polimorfismi è risultata significativamente<br />

più bassa nella popolazione asiatica e questo suggerisce che il rischio collegato<br />

all’esposizione ad As potrebbe essere inferiore in queste popolazioni, nonostante la concentrazione<br />

dell’elemento nelle acque destinate al consumo umano risulti tra le più elevate riportate in<br />

letteratura (anche superiore a 1000 ppb).<br />

Un altro studio ha evidenziato che la variabilità individuale può essere collegata alla suscettibilità<br />

di contrarre tumori cutanei o lesioni da esposizione ad As. Oltre al gene AS3MT, anche il gene che<br />

codifica per l’enzima che fosforila il nucleoside purina (PNP), un enzima che funziona da arsenato<br />

riduttasi, è coinvolto nel metabolismo dell’As. Tre polimorfismi esonici del gene PNP (His20His,<br />

Gly51Ser e Pro57Pro) sono stati collegati a forme di arsenicosi cutanea (De Chaudhuri, 2008). Da<br />

quanto evidenziato appare evidente che lo studio dei polimorfismi è di fondamentale importanza<br />

nella conoscenza dei meccanismi di trasformazione e metabolismo dell’As nell’uomo e nella valutazione<br />

dei rischi collegati alla sua esposizione.<br />

Nel caso dell’esposizione ambientale e occupazionale ad As, l’urina e in misura minore il sangue,<br />

sono state le due matrici più comunemente utilizzate per l’analisi quantitativa dell’arsenico. Nella<br />

fase iniziale di impiego di questi indicatori biologici si è privilegiata la determinazione del contenuto<br />

totale di As e solo successivamente, con l’evoluzione tecnico strumentale si è fatto ricorso al<br />

riconoscimento delle diverse forme arsenicali nei fluidi biologici considerati. Al riguardo ulteriori<br />

approfondimenti e ricerche si rendono necessarie per l’identificazione di ulteriori forme metaboliche<br />

(arsenozuccheri) in quanto l’alimentazione può rappresentare un significativo fattore di<br />

confondimento nell’interpretazione del dato finale.<br />

L’arsenico urinario è un biomarcatore che può essere impiegato, tenuto conto delle premesse sopra<br />

riportate, sia per studi su gruppi di popolazione generale sia per il monitoraggio di soggetti pro-


fessionalmente esposti ad As (Hughes, 2006). Trattandosi di un biomarcatore di esposizione recente<br />

è evidente che l’individuazione dell’As nelle urine può risultare estremamente utile nel caso in cui<br />

l’esposizione sia continuativa, come ad esempio si verifica in alcune popolazioni asiatiche dove la<br />

contaminazione dell’acqua destinata al consumo umano rappresenta una fonte costante di intake<br />

di arsenico inorganico, con evidenti riflessi sulla dose quotidianamente assunta con gli alimenti. Viceversa,<br />

risultano evidenti i limiti di utilizzazione dell’As urinario nel caso di soggetti professionalmente<br />

esposti, se la durata dell’esposizione inalatoria ad As non è continuativa. Tale<br />

considerazione vale, in misura anche maggiore, per il contenuto di As nel sangue o nel plasma, in<br />

quanto in questo compartimento la concentrazione di As e delle eventuali forme chimiche presenti,<br />

tende a decrescere ancora più rapidamente.<br />

Una tipologia di indicatori biologici, per certi versi più accessibile, è rappresentata dall’analisi dei<br />

capelli e delle unghie che possono venir considerati come biomarcatori a medio e lungo termine.<br />

Al riguardo si fa presente che la velocità di crescita del capello è stimata pari a 1 cm/mese per cui<br />

dalla sua analisi si possono ottenere informazioni su un periodo medio lungo di esposizione o limitandosi<br />

ai segmenti più recenti (vicini alla cute) si può arrivare a definire una sorta di calendario<br />

dell’esposizione più recente (Karagas, 1996 e 2000).<br />

Tuttavia la preparazione dei campioni, come in precedenza dettagliato, può risultare complessa ed<br />

esporre al rischio di contaminazione accidentale da As, dovendo ricorrere a reattivi per operazioni<br />

di lavaggio (acetone, soluzione acquosa di Triton X-100 1%). Un indiscutibile limite di questo tipo<br />

di analisi è la mancanza di una correlazione statisticamente significativa tra contenuto di As nelle<br />

unghie ed esposizione pregressa alle forme inorganiche dell’elemento (Slotnick, 2006).<br />

Un’esigenza sempre più avvertita è quindi quella di arrivare a identificare nuovi biomarcatori di esposizione,<br />

in grado di evidenziare a quale livello espositivo si possono manifestare in soggetti suscettibili<br />

effetti avversi alla salute, in assenza totale di sintomi clinici. Analoga considerazione vale per gli<br />

indicatori di effetto in quanto i dati resi eventualmente disponibili potrebbero essere utilizzati per<br />

verificare l’esistenza di una correlazione dose/riposta, anche a bassi livelli di concentrazione.<br />

Un esempio di potenziale biomarcatore di effetto per l’As inorganico potrebbe essere rappresentato<br />

dalla misura del TGFα in cellule uroteliali esfoliate della vescica, acquisendo contemporaneamente<br />

valori sul contenuto di As nelle urine previa determinazione delle relative forme arsenicali<br />

(Valenzuela, 2007).<br />

Ulteriori e possibili biomarcatori di effetto potrebbero essere la clastogenicità nei linfociti periferici<br />

(Maki e Paakkanen, 1998), la presenza di micronuclei nella mucosa orale e nelle cellule della vescica<br />

(Biggs, 1997) e l’induzione dell’enzima emeossigenasi (Del Razo, 2001a).<br />

Considerando che i meccanismi coinvolti nella tossicità arsenico- indotta e nella tumorigenesi risultano<br />

differenti sono stati utilizzati studi in vitro con cellule umane e animali per identificare le<br />

modalità d’azione responsabili degli effetti citotossici e genotossici indotti dall’As inorganico.<br />

Ad esempio, si ritiene che danni al DNA arsenico-indotti siano riconducibili, in parte o in toto a fenomeni<br />

di stress ossidativo. Molecole reattive prodotte in un ambiente cellulare sottoposto a stress<br />

ossidativo sono in grado di provocare danni a livello dei cromosomi e interferire con la divisione cel-<br />

63


64<br />

lulare. Quest’ultimo effetto sarebbe riferibile a interferenze con il fuso mitotico (Kligerman, 2005)<br />

che possono portare ad aneuploidia, instabilità genetica, inizializzazione delle cellule, e potenzialmente<br />

indurre la formazione di tumori. Studi in vitro dovrebbero essere integrati da studi in animali<br />

e in popolazioni umane. Secondo alcuni autori lo stress ossidativo è una potenziale risposta<br />

all’esposizione ad As che potrebbe portare a cancerogenesi (Hughes e Kitchin, 2006). Nel merito sarebbe<br />

altresì opportuno indagare il significato e l’utilità di altri biomarcatori di effetto dello stress<br />

ossidativo indotto da As (8- idrossi-deossiguanosina, isoprostani urinari, etc.). In particolare sarebbe<br />

utile studiare l’espressione di geni che codificano enzimi di riparazione (8-ossiguanina-DNA glicolasi).<br />

Questi studi potrebbero anche permettere di identificare i pathways responsabili degli effetti<br />

cancerogeni dell’As inorganico.<br />

Un progetto ISPESL finanziato dal Mistero della Salute (Progetto afferente al Programma Strategico<br />

2008-2011 “Sviluppo e applicazione di metodologie e tecniche innovative per la valutazione del rischio<br />

e degli effetti sulla salute in esposizioni ambientali e occupazionali. Progetto 6-Studio del<br />

rapporto causa-effetto tra geni e stress ambientali nell’induzione dell’effetto tossico”. Coordinatore<br />

Scientifico del Progetto 6: Dott.ssa Elena Sturchio), volto all’analisi dell’espressione genica mediante<br />

tecnologia microarrays e condotto su linee cellulari umane HEK-293T e Jurkat trattate con<br />

arsenito di sodio ad una concentrazione di 2 mM per 24 ore, ha consentito di individuare i geni<br />

maggiormente deregolati dopo esposizione ad As(III). Dopo 24 ore di esposizione, sono risultati<br />

upregolati alcuni geni legati all’attivazione di processi ossidativi quali il gene emeossigenasi-1<br />

(HMOX-1) e alcune metallotioneine (MT1/MT2) in maniera diversa nelle due linee cellulari testate.<br />

Anche alcuni geni legati al metabolismo dell’arsenico, quali l’AS3MT mostrano una modesta upregolazione.<br />

Il gene CYP1B1 risulta infine il più downregolato nella linea cellulare HEK-293T e tale<br />

dato è in accordo con quanto trovato precedentemente da altri autori (Ruiz-Ramos, 2009). Come<br />

già accennato precedentemente, il metabolismo dell’As è collegato a quello dell’acido folico. Dal<br />

nostro studio high-throughput risultano deregolati alcuni geni legati al metabolismo dell’acido folico<br />

(one-carbon metabolism) sebbene le variazioni trovate non siano state confermate con studi<br />

di real-time PCR (Fig. 16).


Figura 16. Il meccanismo di metilazione dell’arsenico e’ collegato alla metilazione dell’acido folico mediante un processo che<br />

porta alla trasformazione dell’omocisteina in metionina. SAM: S-adenosil metionina; As3MT: As+3 metiltransferasi; MTHFR: metilen-tetraidrofolato<br />

reduttasi, 5-Me-THF: 5- metil-tetraidrofolato; THF: tetraidrofolato, DHF: diidrofolato, 5,10-CH2-THF: 5-<br />

10 metilen-tetraidrofolato; MTHFS: 5,10-metilentetraidrofolato sintetasi; SAH: S-adenosil homocisteina; DMG: dimetilglicina;<br />

DHFR: diidrofolato reduttasi; MTHFD1L: metilentetraidrofolato deidrogenasi (NADP+ dependente) 1-like, SHMT1: gene serina<br />

idrossimetiltransferasi; PPAT: fosforibosil pirofosfato amidotransferasi, GART: fosforibosilglicinamide sintetasi, ATIC: 5-aminoimidazol-4-carbossamide<br />

ribonucleotide formiltransferasi/IMP cicloidrolasi, CBS: cistationina-beta-sintetasi.<br />

I microRNA (miRNA), costituiti da brevi sequenze di RNA non codificante, sono stati ampiamente studiati<br />

in questi ultimi anni per la loro attività regolatoria post-trascrizionale, in grado di alterare in<br />

modo significativo l’espressione genica. I miRNA sono importanti per la regolazione di una serie di<br />

processi biologici fondamentali per la cellula, tra cui la proliferazione, il differenziamento e l’apoptosi.<br />

Dato il loro coinvolgimento in molti dei processi chiave che regolano l’omeostasi cellulare, alterazioni<br />

65


66<br />

dell’espressione di miRNA possono determinare condizioni patologiche anche gravi; sono stati identificati<br />

miRNA che agiscono come oncosoppressori o oncogeni. I profili di espressione dei miRNA sono<br />

alterati nella maggior parte dei tumori umani ed è stato evidenziato come tali profili possano avere<br />

un valore sia diagnostico che prognostico (Calin, 2005; Zhi, 2010).<br />

Un recente studio ha valutato se l’esposizione cellulare a fattori che sono in grado di indurre anomalie<br />

dello sviluppo o cancro possa variare anche il profilo dei miRNA (Marsit, 2006). È stato rilevato che<br />

la mancanza di acido folico o l’esposizione ad arsenito di sodio inducevano un’aumentata espressione<br />

di miRNA, mentre un irraggiamento con raggi non provocava alcuna alterazione. È stato dimostrato<br />

che l’esposizione cronica ad arsenico inorganico e ai suoi metaboliti mediante somministrazione di<br />

acqua contaminata, elevava l’insorgenza di tumore cutaneo in topi transgenici K6/ODC. Al fine di identificare<br />

potenziali biomarcatori e i possibili meccanismi di cancerogenesi, sono stati condotti studi sui<br />

profili di espressione genica nei citati animali previa somministrazione di 0- 0,05- 0,25 e 10 ppm di<br />

sodio arsenito. È emerso che la carenza di acido folico amplificava negli animali gli effetti del trattamento<br />

con As, con conseguente interferenza con la normale proliferazione e differenziazione cellulare.<br />

Tale esperimento conferma che la carenza di acido folico rappresenta un fattore di suscettibilità<br />

nutrizionale nella genesi del tumore cutaneo indotta da As (Nelson, 2007).<br />

Per contribuire a chiarire i meccanismi molecolari coinvolti nell’insorgenza delle patologie correlate<br />

all’ esposizione a xenobiotici è da verificare se le conseguenze dell’esposizione a tali sostanze possano<br />

essere mediate da una alterazione dei livelli di espressione dei miRNA. L’identificazione di<br />

miRNA la cui espressione sia direttamente o indirettamente influenzata dalle sostanze tossiche potrebbe<br />

permettere di identificare nuovi meccanismi molecolari coinvolti nella patogenicità degli xenobiotici<br />

e futuri biomarkers.<br />

Nell’ambito del Progetto Strategico finanziato dal Ministero della Salute di cui sopra, è stato quindi<br />

intrapreso dall’ISPESL uno studio per comprendere le funzioni regolative di miRNA maggiormente<br />

espressi in seguito ad esposizione all’arsenico, nella modulazione della traduzione di specifici mRNA<br />

bersaglio mediante utilizzo della tecnologia dei microarray.<br />

Tale progetto di ricerca, condotto sulle linee cellulari HEK-293 e Jurkat, ci ha permesso di studiare la<br />

deregolazione dei microRNA dopo esposizione ad arsenico. Nelle stesse condizioni infatti, sono stati<br />

trovati upregolati alcuni microRNA, quali il miR-222, miR-638 e miR-663 che sono risultati essere upregolati<br />

in alcune condizioni di stress e riportati in uno studio recente (Gilad S, 2008). Questo studio ha<br />

analizzato la variazione di microRNA dopo irraggiamento, trattamento con acqua ossigenata o etoposide.<br />

Tutti e tre gli stimoli ossidativi hanno portato all’upregolazione del miR-638 che è risultato<br />

upregolato anche nelle nostre condizioni. Il fatto che anche il trattamento con arsenito di sodio porti<br />

all’upregolazione di questo microRNA, conferma ancora una volta che i processi di stress ossidativo<br />

sono alla base del meccanismo di esposizione a questo xenobiotico. Un altro studio ha evidenziato<br />

come l’interazione tra miRNA e target, che porta alla repressione post-trascrizionale del gene, possa<br />

essere facilmente soppressa in particolari condizioni di stress ossidativo tra cui anche l’esposizione ad<br />

arsenito di sodio 0,1 mM (Bhattacharyya, 2006). Tale osservazione, se confermata anche in vivo, complicherebbe<br />

ulteriormente la comprensione dei meccanismi di azione di questo interferente.


12. BIOTECNOLOGIE. Bioremediation e phytoremediation<br />

La bioremediation e la phytoremediation sono tecniche di bonifica del suolo che possono essere applicate<br />

in situ senza alcuna escavazione e trasporto di terreno e senza alterare, ma piuttosto migliorare<br />

le proprietà fisico-chimiche del suolo. Queste tecniche sono economicamente convenienti rispetto<br />

a quelle convenzionali e trovano applicazione soprattutto nei siti dove la contaminazione è poco<br />

profonda e di modesta entità.<br />

Nella phytoremediation sono utilizzate le piante che, con diverse modalità, sono in grado di decontaminare<br />

i suoli: fitoestrazione, la pianta assorbe gli inquinanti inorganici come metalli e radionuclidi<br />

e li accumula nei suoi organi epigei (brassicacee); fitostabilizzazione, la pianta stabilizza la matrice<br />

contaminata e riduce la mobilità degli inquinanti per lisciviazione ed erosione; fotodegradazione, la<br />

pianta assorbe e degrada l’inquinante organico (pioppo); rizodegradazione, la pianta (girasole) produce<br />

essudati radicali che stimolano il metabolismo degradativo dei microorganismi della rizosfera<br />

(Petruzzelli G., 2008). Merita uno studio approfondito l’uso di piante che sottraggono l’arsenico dai<br />

terreni. La phytoremediation è stata proposta per rimuovere l’As dal terreno, ma presenta dei limiti:<br />

- non rimuove l’As effettivamente dal terreno,<br />

- è un processo molto lento, non adattabile alle esigenze dell’agricoltura.<br />

Le piante resistenti all’As possono accumulare notevoli quantità di arsenico nei loro tessuti: 3.470 g/g<br />

in Agrostis tenuis e 560 g/g in H. lanatus (Porter & Peterson , 1975). La tossicità dell’arsenico dipende<br />

dalla sua forma chimica, alcuni composti inorganici possono essere più tossici delle forme organiche<br />

(Tamaki & Frankenberger, 1992). Si deve pertanto ritenere che le piante resistenti all’arsenico compartimentalizzano<br />

e/o trasformano l’arsenico in altre specie meno fitotossiche, per consentire alle cellule<br />

di resistere ad elevati carichi di arsenico (Meharg, 1994). Esiste la possibilità di produrre cultivar<br />

agronomiche più adatte a suoli ricchi di As con l’introduzione di una variazione genetica che modifichi<br />

la risposta delle piante al suo assorbimento e metabolismo (cultivar che assimilano meno arsenico,<br />

o che ne accumulano meno nei frutti e nei semi).<br />

Nella phytoremediation possono essere utilizzate le piante iperaccumulatrici (felci e piante acquatiche)<br />

che sono in grado di completare il loro ciclo vitale in presenza di elevati livelli di arsenico, attraverso<br />

la riduzione di arseniato in arsenito, la complessazione dell’arsenito e compartimentazione vacuolare<br />

dell’arsenico inorganico o dei complessi.<br />

Tali piante (iperaccumulatrici) includono le felci (Pteris vittata) e la senape indiana. Studi recenti (Ma et al.,<br />

2001; Francesconi et al., 2002; Visootiviseth et al., 2002; Zhao et al., 2002) hanno dimostrato infatti che le<br />

felci appartenenti all’ordine delle Pteridales (Pteris vittata, Pteris cretica, Pteris longifolia, Pteris umbrosa<br />

and Pityrogramma calomelano) iperaccumulano l’As nei loro tessuti e sembrano essere ideali per la fitoestrazione<br />

unicamente della frazione labile e biodisponibile. Non si conosce il motivo per cui le felci accumulino<br />

l’arsenico, che sembra addirittura favorirne la crescita. La fitoestrazione è però efficace solo se la<br />

pianta usata produce molta biomassa e quindi accumula grandi quantità di arsenico. In particolare la Pteris<br />

vittata (Fig. 17) potrebbe rivelarsi utilissima per decontaminare dall’As quei terreni contaminati da attività<br />

industriali, minerarie e dall’agricoltura. Le felci accumulano arsenico (fino a 200 volte la<br />

67


concentrazione del terreno) anche quando crescono su terreni non contaminati, che ne contengono una<br />

quantità non tossica (Le Scienze, 2001). L’arsenico assorbito da queste piante è rimosso dai campi quando<br />

avviene la raccolta. L’uso della felce e della senape potrebbe essere valutato nei casi in cui è difficile avere<br />

una scorta di acqua d’irrigazione contenente bassi quantitativi di As. Il giacinto di acqua (Eichhornia crassipes)<br />

è un iperaccumulatore di As, ma è usato soltanto per rimuovere l’arsenico dalle acque di irrigazione<br />

(per esempio: vasche di sedimentazione) non dai terreni. La possibilità di usare le piante iperaccumulatrici<br />

per riabilitare i terreni delle risaie deve essere tuttavia testata al fine di valutare i problemi di smaltimento<br />

dei residui della pianta con alto contenuto di arsenico e ridurre i rischi per la salute umana, per il bestiame<br />

e la fauna selvatica. Anche la tolleranza all’As può essere conferita, alle piante, con la riduzione del suo<br />

assorbimento attraverso la soppressione del trasporto del fosfato. Le piante che tollerano elevati livelli di<br />

arsenico nei loro tessuti sono in grado di sopravvivere nei suoli inquinati dai metalli pesanti. La trasformazione<br />

dell’arsenico può rappresentare un meccanismo costitutivo o un adattamento (Meharg, 1994).<br />

Queste piante possono essere escludenti (mantengono un basso livello di concentrazione dei metalli nei<br />

germogli indipendentemente dalla concentrazione del metallo nel suolo; Baker, 1981), accumulatrici (i<br />

metalli sono concentrati nelle parti epigee della pianta sia a basse che ad elevate concentrazioni di metallo<br />

nel suolo; Baker, 1981) e indicatrici (la concentrazione interna del metallo corrisponde a quella esterna<br />

del suolo; McGrath et al., 2002). Le piante tolleranti (es. Agrostis capillaris, Fig. 17 Porter e Peterson, 1975)<br />

limitano l’assimilazione dell’As dal suolo e/o la traslocazione alle parti aeree, mentre le iperaccumulatrici<br />

lo traslocano efficientemente e aumentano la produzione di biomassa in presenza di elevate concentrazioni<br />

di questo elemento.<br />

Figura 17 A. capillaris e P.vittata<br />

68


La bioremediation è un processo di decontaminazione naturale nel quale i funghi sono molto utilizzati<br />

(Visoottiviseth e Panviroj, 2001; Turpeinein et al., 2002). Urik et al. nel 2007 hanno dimostrato che<br />

è possibile ottenere la biovolatilizzazione dell’As da ceppi fungini isolati in siti altamente contaminati.<br />

Ci sono inoltre alcune specie fungine in grado di accumulare ed eliminare l’As nei siti inquinati<br />

(Huang e Huang 1996; Hiller 2003; Volesky 2003).<br />

Anche le micorrize che sono funghi simbiotici hanno sviluppato tolleranza ai metalli pesanti poiché<br />

sono stati rilevati anche in piante cresciute su suoli contaminati (Shetty et al., 1995).<br />

I funghi micorrizici determinano l’adattamento della pianta ospite al suolo contaminato da arsenico<br />

(Sharples et al. 2000 a e b) con lo stesso meccanismo utilizzato dai batteri e dai lieviti (Rosen, 1999) che<br />

consiste nella riduzione dell’arseniato in arsenito. Le micorrize potrebbero ridurre l’assorbimento radicale<br />

dei metalli o immobilizzarli nelle loro ife e impedirne la traslocazione dalle radici alle parti epigee.<br />

Le piante micorrizate impedendo la traslocazione dei metalli pesanti nei germogli delle piante, possono<br />

essere sfruttate nel recupero dei suoli contaminati mediante phytoremediation (Leyval et al.,<br />

1997) o nella coltivazione di piante alimentari su suoli inquinati da metalli pesanti.<br />

Piante transgeniche<br />

Il mezzo più efficace per decontaminare un suolo dall’arsenico è la sua estrazione da parte delle piante<br />

iperaccumulatrici che lo traslocano in steli e foglie. Il gene batterico ArsC codifica per l’arsenato reduttasi<br />

ArsC e utilizza il glutatione (GSH) come donatore di ioni idrogeno/elettroni nella riduzione elettrochimica<br />

dell’ossianione arseniato (A s O 4 ) 3- , in ossianione arsenito (A s O 3 ) 3- . Mentre l’arseniato è analogo al fosfato,<br />

l’arsenito è una specie chimica molto diversa, fortemente reattiva con una forte affinità verso i gruppi tiolici,<br />

così come la -glutamilcisteina sintetasi, il glutatione, e le fitochelatine. Recenti studi molecolari hanno<br />

rivelato molti dei prodotti genici coinvolti in questi processi, fornendo gli strumenti per migliorare le specie<br />

coltivate e di ottimizzare la phytoremediation, ma finora sono stati manipolati solo singoli geni.<br />

Il primo sistema transgenico per la rimozione dell’arsenico dal suolo è stata sviluppata presso l’Università<br />

della Georgia (Atene), utilizzando piante di Arabidopsis thaliana geneticamente modificate<br />

(Fig. 18). L’As viene rimosso dal suolo e trasportato nelle foglie della pianta in una forma che è biologicamente<br />

molto meno disponibile. In queste piante geneticamente modificate (Meharg et al.) sono<br />

stati inseriti due geni del batterio E. coli (arsC e γ -ECS) che sono superespressi. Questi geni codificano<br />

rispettivamente per gli enzimi arsenato reduttasi, che catalizza la riduzione elettrochimica di arenato<br />

in arsenito, e -glutamilcisteina sintetasi che catalizza la formazione di -glutamilcisteina dagli aminoacidi<br />

glutammato e cisteina e interviene nella sintesi del glutatione (GSH) e delle fitochelatine. Queste<br />

piante transgeniche possono essere utilizzate per rimuovere l’arsenico dai terreni contaminati.<br />

69


70<br />

Figura 18 Assorbimento, trasporto, e metabolismo in A. thaliana transgenica con i geni batterici arsC and γ-ECS super-espressi.<br />

(M.Doucleff e N. Terry “Pumping out the arsenic” Nature Biotechnology 20, 1094 – 1095, 2002).<br />

L’arsenico presente nel suolo si trova principalmente in forma ossidata arseniato (A s O 4 ) 3- . Una parte dell’arseniato assorbito<br />

nelle radici della pianta può essere incorporato nelle pareti cellulari (probabilmente come FeAsO4). Il restante attraversa le<br />

membrane cellulari della radice probabilmente mediante i trasportatori di diffusione facilitata del fosfato, che è chimicamente<br />

simile all’arseniato. All’interno di alcune cellule della radice l’arseniato è ridotto ad arsenito (A s O 3 ) 3- . Una piccola frazione di arseniato<br />

e arsenito viene trasportata dalle radici alle foglie attraverso lo xilema. L’arseniato è poi ridotto ad arsenito dall’enzima<br />

ArsC che si combina con un tiolo per formare composti arsenico-tiolati. In questa forma, l’arsenico è probabilmente trasportato<br />

irreversibilmente nei vacuoli, dove non è più dannoso per la pianta.<br />

Il gene γ-ECS prodotto dirige la sintesi del dipeptide γ-EC, l’enzima che sembra agire sul pathway di<br />

sintesi delle fitochelatine. Tutti i composti tiolo-peptide nel pathway delle fitochelatine (γ-CE, GSH, e<br />

fitochelatine) possono legarsi all’arsenito e contribuire potenzialmente alla tolleranza e all’accumulo<br />

di arsenico. Sembra che questo dipenda dalla maggiore riduzione elettrochimica dell’arseniato in arsenito<br />

dovuta all’attività di ArsC e il legame dell’arsenito ai prodotti di γ-ECS (γ-EC, GSH, PC). Questa


strategia viene utilizzata per migliorare l’iperaccumulazione del mercurio. Esistono comunque numerose<br />

altre strategie per favorire l’estrazione, il trasporto e lo stoccaggio di mercurio e arsenico. L’espressione<br />

costitutiva dell’enzima γ-ECS guidata da ACT2pt potrebbe condurre ad un aumento di<br />

composti tiolo-peptide in tutti i principali organi vegetativi (radici, fusto, foglie, petali, sepali) e dar<br />

luogo a piante che possono crescere su terreni contaminati dall’arsenico. Inoltre, la sovraespressione<br />

delle proteine ArsC e γ-ECS nelle piante ibride aumenta ulteriormente la tolleranza all’arsenico e l’iperaccumulazione<br />

di arsenico nelle parti aeree, molto più di quanto si potrebbe ottenere con la sola<br />

espressione di γ-ECS.<br />

Gli ambienti geotermici, noti per il loro elevato contenuto di arsenico, sono stati spesso utilizzati in<br />

studi per individuare i microrganismi (Archaea e batteri) coinvolti nelle sue trasformazioni redox. Poca<br />

attenzione è invece stata dedicata agli eucarioti che popolano questi ambienti estremi, e al loro potenziale<br />

contributo nei cicli biogeochimici. Studi recenti sembrano mostrare che le alghe svolgano un<br />

ruolo significativo nei cicli dell’arsenico in ambienti geotermici, marini e d’acqua dolce e che la metilazione<br />

dell’arsenico costituisce una componente importante nei cicli biogeochimici dell’arsenico. In<br />

studi di biotrasformazione dell’arsenico su un’alga eucariota termoacidofila dell’ordine delle Cyanidiales,<br />

(Yellowstone PNAS USA 2009) è stata evidenziata la sua influenza sul ciclo dell’arsenico a temperature<br />

elevate. Due geni per l’arsenico metiltransferasi (CmarsM7 e CmarsM8), che conferiscono<br />

resistenza ad As (III) in questo organismo, sono stati clonati in un ceppo di E. coli ipersensibile all’arsenito.<br />

I due CmArsMs ricombinanti sono stati purificati e mostrato di trasformare As (III) in monometilarsenito,<br />

DMA (V), TMAO e gas trimetilarsina, ad una temperatura ottimale di 60°-70° C. Tali<br />

studi offrono una spiegazione molecolare di come queste alghe riescano a tollerare l’arsenico nel loro<br />

ambiente e forniscono una caratterizzazione delle loro metiltransferasi.<br />

In molti organismi unicellulari la tolleranza all’arsenico avviene per rimozione attiva dell’arsenito citosolico,<br />

mediante la limitanzione dell’assorbimento dell’arseniato.<br />

Nei laboratori dello Swiss Federal Institute for Environmental Science and Technology è stato prodotto<br />

un batterio geneticamente modificato, tuttora in sperimentazione, in grado di rilevare la presenza di<br />

arsenico nelle acque. Questo batterio, infatti, posto su strisce di carta immerse nell’acqua, emette luce<br />

in presenza di questo elemento anche a basse concentrazioni. I vantaggi di questo batterio sarebbero<br />

l’elevata precisione, l’economicità, il mancato rilascio nell’ambiente di sostanze inquinanti anche se al<br />

momento non è da escludere la possibilità che sia sensibile anche ad altre sostanze chimiche presenti<br />

nelle vicinanze dell’arsenico. In Vietnam è gia’ partito il primo esperimento sul campo. (http://www.molecularlab.it/news/view.asp?n=833).<br />

71


72<br />

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Finito di stampare nell’ottobre 2010<br />

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