1 - LE TRASFORMAZIONI DEL CONTESTO - PARTE II - Cnel
1 - LE TRASFORMAZIONI DEL CONTESTO - PARTE II - Cnel
1 - LE TRASFORMAZIONI DEL CONTESTO - PARTE II - Cnel
Create successful ePaper yourself
Turn your PDF publications into a flip-book with our unique Google optimized e-Paper software.
Le trasformazioni del contesto<br />
1. <strong>LE</strong> <strong>TRASFORMAZIONI</strong> <strong>DEL</strong> <strong>CONTESTO</strong><br />
<strong>PARTE</strong> <strong>II</strong><br />
CAMBIAMENTO E CONFERME NEL LAVORO ITALIANO<br />
Bruno Manghi<br />
Abstract........................................................................................................................................................2<br />
1. Lavoro e popolazione................................................................................................................................3<br />
2. La dimensione internazionale dell’economia ............................................................................................4<br />
3. Le trasformazioni del lavoro....................................................................................................................5<br />
Conclusioni....................................................................................................................................................6<br />
1
Il lavoro che cambia<br />
Contributi tematici e Raccomandazioni<br />
<strong>PARTE</strong> <strong>II</strong><br />
CAMBIAMENTO E CONFERME NEL LAVORO ITALIANO<br />
Bruno Manghi<br />
Abstract<br />
La quantità e il tipo di lavori che si offrono e si domandano nel Paese hanno una<br />
forte correlazione con i processi evolutivi della popolazione. Lavoro dei giovani, delle<br />
donne, degli anziani, degli immigrati, accordo e contrapposizione tra lavoro ed esigenze<br />
familiari, sono tutti importanti capitoli della “grande trasformazione” che abbiamo<br />
davanti.<br />
Infatti, il prolungamento della durata della vita, il rallentamento delle nascite, la<br />
trasformazione dell’Italia da paese di emigrazione a paese di immigrazione, la diversa<br />
struttura della famiglia, la ripresa delle migrazioni interne dal Sud al Centro-Nord, sono<br />
tutti fatti che cumulandosi con altri eventi, come la terziarizzazione del sistema<br />
produttivo, le innovazioni tecniche ed organizzative, la diffusione di un benessere<br />
sconosciuto alle generazioni precedenti, spiegano molti dei cambiamenti relativi al lavoro.<br />
A tutto questo si aggiunge la crescente dimensione internazionale dell’economia e<br />
degli scambi che oggi si presenta con caratteristiche nuove per almeno tre motivi<br />
principali: lo sviluppo di un capitalismo finanziario, mobilissimo ed insofferente di regole;<br />
l’apporto delle tecnologie informatiche e della comunicazione, che hanno eliminato il<br />
problema delle distanze e dei fusi orari e consentono di operare in tempo reale;<br />
l’irrompere sulla scena di nuovi paesi come la Cina, l’India, il Brasile, che rappresentano<br />
più di un terzo della popolazione mondiale.<br />
Riflessioni sull’evoluzione del lavoro pubblico e sulla crescente e generale sensazione<br />
di insicurezza occupazionale concludono il Contributo.<br />
2
Le trasformazioni del contesto<br />
1. Lavoro e popolazione<br />
Una indagine intorno alle questioni del lavoro ha il vantaggio, a mezzo secolo di<br />
distanza, di poter contare su serie di dati, di ricerche e di riflessioni incomparabili con<br />
quanto disponevano gli osservatori pubblici e i ricercatori degli anni 50 e 60.<br />
Anche le associazioni che rappresentano il lavoro, l’impresa e le professioni appaiono<br />
consolidate e ben radicate nel territorio nazionale, così da possedere un vasto patrimonio<br />
di conoscenze e di interpretazioni, a cui vanno aggiunti i saperi propri delle istituzioni<br />
locali e delle loro agenzie.<br />
Il compendio delle informazioni disponibili fa risaltare ovviamente quanto non<br />
conosciamo o conosciamo in maniera insoddisfacente, indicando linee di ricerca.<br />
Soprattutto impone tentativi di interpretazione e sfida le capacità di previsione.<br />
Il passaggio dalla descrizione dei fenomeni relativi al lavoro in Italia alla spiegazione<br />
delle dinamiche, suggerisce di ricostruire e valutare le trasformazioni degli ultimi decenni,<br />
oltre che di confrontare sistematicamente i dati domestici con quelli di nazioni<br />
paragonabili dal punto di vista sociale ed economico, in particolare all’interno<br />
dell’Europa. Le trasformazioni che la Commissione ha preso in esame sono molte e<br />
profonde, né poteva essere diverso per il lavoro rispetto ad altri cambiamenti<br />
immediatamente percepibili nella vita personale e collettiva, che investono aspetti<br />
essenziali della nostra civilizzazione e della nostra economia.<br />
La potenza dei cambiamenti che si andranno esponendo è di immediata evidenza e<br />
produce dilemmi sociali, aspettative e timori, poiché si confronta con quanto permane nel<br />
tempo o ha ritmi di mutamento quasi secolari.<br />
Ciò vale per fatti misurabili come per vissuti personali e sociali.<br />
Intanto, il lavoro resta un’esperienza umana definita nel corso dei millenni; in<br />
secondo luogo, la lunga fase del capitalismo industriale gli ha attribuito un valore<br />
dinamico, ne ha fatto un duraturo criterio di misura, un fattore decisivo nella valutazione<br />
dell’economia e della società.<br />
A distanza di mezzo secolo, il lavoro, nella coscienza degli italiani, e nell’agenda degli<br />
attori sociali e istituzionali, sembra non aver perso nulla della sua importanza.<br />
Né si potrebbe spiegare altrimenti la stessa decisione che ha presieduto all’attività<br />
della Commissione di indagine. In compagnia, negli anni recenti, di analoghe iniziative<br />
nazionali e dell’Unione Europa.<br />
Non mancano altre singolari permanenze, fenomeni che almeno in superficie non<br />
appaiono così distanti dall’Italia di trenta o quaranta anni or sono: la tenuta del lavoro<br />
autonomo, la costanza delle piccole imprese, i divari territoriali. Titoli che celano<br />
metamorfosi, ma che ancora concorrono a definire il passaggio del lavoro italiano.<br />
L’intreccio tra cambiamenti della popolazione e modificazioni del lavoro è<br />
probabilmente il processo che, più di ogni altro, descrive le novità degli ultimi 20 anni e<br />
che si proietta nel futuro.<br />
La lettura della popolazione con le sue tendenze destinata a durare nel tempo dà<br />
conto di novità profonde. Prolungamento della vita, rallentamento delle nascite, passaggio<br />
da paese di emigrazione a paese di immigrazione, diversa struttura della famiglia,<br />
distribuzione nei territori, sono fatti che incontrandosi con altri eventi come la<br />
terziarizzazione, le innovazioni tecniche e organizzative, la diffusione di un benessere<br />
sconosciuto alle generazioni precedenti, spiegano molti cambiamenti relativi al lavoro.<br />
3
Il lavoro che cambia<br />
Contributi tematici e Raccomandazioni<br />
Ma anche la quantità ed il tipo di lavori che si offrono e si domandano può avere<br />
rilevo nell’accelerare o rallentare processi evolutivi nella popolazione.<br />
Lavoro dei giovani, femminilizzazione di attività, immigrazione, lavoro degli anziani,<br />
incontro e contrasto tra lavoro e strutture familiari, sono grandi e decisivi capitoli di un<br />
grande mutamento.<br />
2. La dimensione internazionale dell’economia<br />
La dimensione internazionale dell’economia e degli scambi è un fenomeno antico e<br />
ben noto, legato a cicli geopolitici, a innovazioni tecnico-scientifiche che già nel passato<br />
hanno sospinto il fenomeno, come nel passaggio d’epoca anteriore al primo conflitto<br />
mondiale.<br />
L’Italia del dopoguerra, candidandosi a paese trasformatore, si è immersa in un<br />
contesto transnazionale, contribuendovi per alcuni decenni anche con un flusso<br />
migratorio di grandi proporzioni. La presente globalizzazione accentua e modifica quel<br />
percorso storico per almeno tre motivi principali: lo sviluppo di un capitalismo finanziario<br />
mobilissimo, l’apporto delle tecnologie della comunicazione e l’irrompere sulla scena di<br />
nuove potenze economiche nazionali che relativizzano un contesto dove Stati Uniti,<br />
Europa e Giappone erano i motori dello sviluppo.<br />
Il lavoro è estremamente sensibile a questa modificazione e ad essa si adatta<br />
cogliendone l’opportunità ma anche soffrendone pesantemente il deficit di prevedibilità.<br />
La competizione in cui è immerso non è una novità assoluta; lo è la rapidità degli<br />
aggiustamenti richiesti, il tasso di accentuata flessibilità che viene imposta.<br />
La prima evidente conseguenza è l’erosione dei sistemi di tutela che erano stati<br />
costruiti a livello nazionale o continentale e che vengono ovviamente indeboliti nella loro<br />
capacità di tenuta.<br />
Anche se, occorre ricordarlo, nel mondo “altro” che si affaccia cominciano a porsi<br />
problemi di tutela, a desiderarsi condizioni di lavoro che sembravano impossibili fino a<br />
pochi anni addietro. Il punto di equilibrio tra le due tendenze è un dilemma importante<br />
che riguarda da vicino la qualità del lavoro italiano nel futuro prossimo.<br />
L’evoluzione della scienza e l’innovazione tecnica continuano ad essere i protagonisti<br />
di un cambiamento accelerato. Dopo aver agito con impressionante efficacia nel contesto<br />
industriale, venendo volta a volte percepite come produttrici di ricchezza e sollievo al<br />
peso e al rischio di tanti lavori, ma anche come un’insidia verso l’occupazione e la sua<br />
stabilità, hanno cominciato da tempo ad agire nel mondo dei servizi (anzi hanno prodotto<br />
servizi del tutto nuovi) senza dimenticare la presa che mantengono sull’agricoltura in<br />
evoluzione.<br />
I processi scientifico-tecnici hanno reso incerte e mobili tradizionali ripartizioni, tra<br />
lavoro manuale e intellettuale, tra industria, servizi e agricoltura. Hanno inoltre richiesto,<br />
in poco tempo, a milioni di persone una sorta di alfabetizzazione costante in campi del<br />
sapere e delle competenze che apparivano riservati ad una élite (basti pensare<br />
all’introduzione dell’informatica). In generale premono sul perseguimento di livelli di<br />
buona istruzione per l’accesso al lavoro, per la mobilità orizzontale, per la crescita<br />
professionale. Anche sulla frontiera, assai sentita, delle relazioni tra lavori, salute e<br />
sicurezza, il progresso tecnico e la relativa formazione giocano un ruolo insostituibile.<br />
4
Le trasformazioni del contesto<br />
Specie quando ai rischi tradizionali, in troppo lento declino, si associano nuove ipotesi di<br />
rischio.<br />
3.Le trasformazioni del lavoro<br />
Il dato riassuntivo più eloquente della metamorfosi in atto è la mutata collocazione<br />
del lavoro e delle imprese nei tradizionali settori. La dinamica è dominata dal terziario la<br />
cui espansione continua è in gran parte protagonista della femminilizzazione del lavoro.<br />
Naturalmente il variegato ambiente dei servizi conserva attività già importantissime<br />
nel passato: i commerci, il trasporto, finanza e assicurazioni, cura e istruzione, turismo e<br />
tempo libero. Ciascuno di essi ha però modificato sia il proprio perimetro sia i contenuti<br />
professionali: è sufficiente pensare a cosa ha significato la tensione costante verso il<br />
“cliente” e la conseguente ricerca di una miglior qualità.<br />
C’è poi un mondo di attività sofisticate, in buona parte orientate alle imprese, dove il<br />
tasso di innovazione e il flusso delle competenze umane sono cresciuti rapidamente.<br />
Abbiamo infine, ed è tipico delle società complesse, una schiera di lavoratori,<br />
lavoratrici, imprese e cooperative, che attendono ala manutenzione ordinaria delle<br />
comunità: pulizie, sorveglianza, ristorazione collettiva, lavoro domestico. Qui, come<br />
altrove in occidente, accede uno stuolo di lavoratori, il cui profilo sociale rammenta da<br />
vicino il “proletariato” di altri tempi.<br />
A questa espansione concorre il forse inevitabile ritrarsi del sistema pubblico<br />
dell’operatività diretta, la sua esternalizzazione. In questo ambito, anche se non mancano<br />
le ombre, registriamo il successo della seconda generazione del cooperativismo e delle<br />
imprese no-profit. All’interno, beninteso, di un allargarsi dell’economia civile che<br />
rappresenta un’interessante sorpresa rispetto alle previsioni e ai paradigmi tipici dei<br />
decenni trascorsi.<br />
Tornando all’industria, va ricordato che in tutto l’Occidente essa continua a giocare<br />
un ruolo irrinunciabile nella produzione di valore all’intero elle singole nazioni, pur<br />
occupando quote decrescenti di popolazione. In questo senso l’Italia, insieme alla<br />
Germania, continua ad esibire un’occupazione industriale nettamente al di sopra della<br />
media. Un fattore per certi versi positivo, ma accompagnato da una forte sottostima<br />
sociale del lavoro operaio e dal dubbio circa il futuro di non poche imprese a bassa<br />
redditività.<br />
La crescita qualitativa dell’agricoltura per specializzazione, affinamento professionale<br />
e relazioni con industria e turismo, va registrata con attenzione, anche se l’area di<br />
occupazione agricola resta ovviamente limitata.<br />
La condizione del lavoro è connessa con l’evoluzione delle forme dell’impresa.<br />
Abbiamo assistito al formarsi di reti in cui le transazioni tra imprese sostituiscono i<br />
tradizionali sistemi organizzativi centralizzati. Dentro i confini aziendali e ancor più fuori,<br />
sulle filiere dei prodotti, siano essi manufatti o servizi, agisce una pluralità di soggetti:<br />
imprese, cooperative, singoli collaboratori o professionisti. Fenomeno che si accentua con<br />
l’internazionalizzazione e che ovviamente insidia l’efficacia delle tutele, differenziando le<br />
condizioni dei singoli e dei gruppi. Ma questo processo trova spesso un tipico<br />
contrappeso italiano nella vitalità dei distretti e più in generale nella diffusa adesione<br />
dell’impresa al territorio.<br />
5
Il lavoro che cambia<br />
Contributi tematici e Raccomandazioni<br />
Certo il principale attore associativo e di tutela, i sindacati appunto, viene a trovarsi<br />
con forme organizzative ereditate da una fase molto diversa, con prerogative negoziali<br />
riconosciute e tuttavia deboli per una parte consistente del mondo del lavoro. A<br />
compensazione si ricorre a forme di tutela individuale, alla fornitura di servizi ai lavoratori<br />
e alle loro famiglie: il che spiega la buona tenuta del sindacalismo italiano, ma non ne<br />
rafforza la capacità associativa ed identitaria.<br />
L’evoluzione delle forme organizzative nei settori privati ha messo in luce la scarsa<br />
dinamicità del sistema pubblico, così importante in qualsiasi considerazione che voglia<br />
occuparsi del lavoro.<br />
Le esternalizzazioni, inevitabili ma spesso disordinate e sottratte a valutazioni<br />
convincenti, non hanno modificato la nozione del sistema pubblico come insieme di<br />
grandi comparti iper-normati e raramente, salvo poche eccezioni, protesi ad un<br />
miglioramento misurabile.<br />
Si avverte, come altrove nel mondo, la necessità di un’ottica che consideri il sistema<br />
pubblico come insieme di vere e proprie aziende, tali da poter essere valutate e<br />
programmate, con un legame tra risorse e risultati ragionevole, in grado di sostituire<br />
quanto altrove dice la voce del mercato, con i suoi successi ed i suoi insuccessi.<br />
Sarebbe la premessa ovvia per risolvere realisticamente i noti problemi della<br />
produttività e del merito. La responsabilità primaria spetta alla classe politica e<br />
amministrativa il cui mandato è appunto di rappresentare la proprietà comunitaria della<br />
macchina pubblica. Peraltro anche l’evoluzione del settore privato presenta ombre<br />
specifiche: la seconda fase della “rivoluzione manageriale” nelle grandi imprese e nelle<br />
holding ha evidenziato, a fianco di apporti professionali insostituibili, l’esistenza di una<br />
managerialità migrante e mercenaria i cui compensi, scarsamente legati agli esiti di<br />
mercato di medio periodo, sono apparsi al di sopra di ogni equilibrio sancito dal senso<br />
comune e hanno rivalutato non di rado l’esposizione diretta e responsabile di numerosi<br />
imprenditori proprietari.<br />
La depressione retributiva degli ultimi anni ha dato risalto ad un fenomeno che<br />
peraltro non è domestico ma che altrove ha stimolato e messo in campo correttivi e<br />
controlli severi.<br />
Conclusioni<br />
Le problematiche del lavoro italiano sono largamente condivise e ben presenti<br />
nell’agenda delle persone e delle famiglie. Si può affermare che questioni classiche come<br />
la disoccupazione, il lavoro irregolare, perfino una parte del lavoro minorile, restano vive<br />
specialmente in alcune aree di una nazione più che mai duale.<br />
Tuttavia campeggia oggi un’ansia diffusa circa la “qualità” del lavoro, i suoi contenuti<br />
professionali, una ragionevole stabilità, la decenza retributiva, senza dimenticare il clima<br />
umano in cui esso si svolge. Si fa inoltre avanti con insistenza la tematica della<br />
conciliazione tra lavoro e dimensione personale e famigliare, tra lavoro e densità di servizi<br />
offerti nella comunità per renderlo meno disagevole.<br />
Al fondo c’è la sensazione diffusa che da tempo il lavoro rappresenti sempre meno<br />
quella opportunità di mobilità sociale che espresse certamente per più decenni del secolo<br />
trascorso. Quando questo dubbio, come quello su una flessibilità che produce precarietà,<br />
6
Le trasformazioni del contesto<br />
si allarga a gruppi e strati sociali che si ritenevano candidati ad un miglioramento costante<br />
delle condizioni loro e dei loro figli, allarme e irritazione si manifestano con forza.<br />
Tutto ciò conduce all’illusione che lo stato e le istituzioni debbano e possano operare<br />
direttamente per correggere la situazione, riempiendo i vuoti delle tradizionali tutele<br />
collettive. Illusione evidente che attribuisce a interventi normativi poteri che invece<br />
risiedono nella società e nell’economia reali. Ma che va tenuta in considerazione e<br />
rispettata, in quanto sintomo di una incertezza diffusa a poter contare sulle proprie forze.<br />
Sullo sfondo si staglia una evidente contraddizione. Per un verso il lavoro resta<br />
ovunque un riferimento intenso, una fonte di domande e aspirazioni. Al punto che non si<br />
ha ormai schieramento politico o governo che non lo collochi ai primi posti della propria<br />
agenda. Tuttavia, mentre nel secolo scorso l’esperienza del lavoro, specie dipendente,<br />
dava luogo non solo a organizzazioni sindacali, ma altresì a potenti identità politiche, sia<br />
nei totalitarismi sia nelle grandi democrazie, questo effetto ordinatore ha cessato d’agire<br />
nei paesi sviluppati. Il lavoro non presiede ad orientamenti stabili di tipo politico<br />
ideologico.<br />
Difficile concludere se tale fenomeno rappresenti un’insidia o una liberazione.<br />
7
Il lavoro che cambia<br />
Contributi tematici e Raccomandazioni<br />
Hanno assicurato una collaborazione tecnica, scientifica ed organizzativa:<br />
Simona Montagnino (<strong>Cnel</strong>);<br />
Alessandra Righi (Istat).<br />
Le opinioni espresse nei contributi rimangono di esclusiva responsabilità degli autori.<br />
8