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Scuola di formazione FUCI<br />
Napoli e Nola, 1-4 novembre 2007<br />
FUTURO RIFIUTATO<br />
clima, sv<strong>il</strong>uppo sostenib<strong>il</strong>e, risorse rinnovab<strong>il</strong>i,<br />
gestione del territorio ed eco-mafie<br />
Giovedì 1 Novembre, ore 19:00<br />
Relazione introduttiva a cura della Presidenza Nazionale FUCI<br />
Apertura: “Cambiamenti climatici e sostenib<strong>il</strong>ità: quanto resiste <strong>il</strong> pianeta?”<br />
Prof. Antonio Navarra<br />
Direttore del Centro Euro-Mediterraneo per i cambiamenti climatici<br />
Venerdì 2 Novembre, ore 9:30<br />
Tavola rotonda: “Noi e l’ambiente: <strong>il</strong> capitombolo di Ulisse”<br />
Prof. Francesco FORTE<br />
Direttore del Dipartimento di Conservazione dei Beni Architettonici e Ambientali<br />
Dott. Diego GIULIANI<br />
Ministero dell’Ambiente e della Tutela del Territorio e del Mare<br />
Prof. Luigi FUSCO GIRARD<br />
Ordinario di Economia ed Estimo Ambientale -Università di Napoli “Federico II”<br />
Prof. Andrea MASULLO<br />
Docente di fondamenti di economia Sostenib<strong>il</strong>e - Università di Camerino<br />
Mons. Paolo TARCHI<br />
Direttore Nazionale Ufficio CEI per i “Problemi Sociali e del Lavoro”<br />
Dott. Riccardo MILANO<br />
Responsab<strong>il</strong>e delle Relazioni Culturali di Banca Etica<br />
Venerdì 2 Novembre, ore 18:00<br />
Testimonianza: “Emergenza acqua: privatizzazioni e diritti fondamentali”<br />
Padre Alex ZANOTELLI<br />
Missionario Comboniano<br />
Sabato 3 Novembre ore 17:30<br />
Tavola rotonda: “Ambiente e camorra”<br />
On. Giuseppe LUMIA<br />
Vice Presidente della Commissione Parlamentare Antimafia<br />
Dott. Gian Carlo CASELLI<br />
Procuratore Generale della Repubblica di Torino<br />
Dott. Giovanni MELILLO<br />
Sostituto Procuratore Nazionale Antimafia<br />
Dott. Franco ROBERTI<br />
Procuratore Aggiunto, Coordinatore Direzione Distrettuale Antimafia di Napoli<br />
Don Luigi CIOTTI<br />
Presidente Nazionale di “Libera. Associazioni, nomi e numeri contro le mafie”<br />
Don Tonino PALMESE<br />
Referente Libera Campania, Consulente Commissione Parlamentare Antimafia<br />
Prof.ssa Giuliana DI FIORE<br />
Assessore Ambiente provincia di Napoli<br />
Nuova serie di Azione Fucina - Fondata nel 1928 - Poste Italiane s.p.a sped. in abb. post. dl 353/2003 (conv. in l.27/02/2004 n.46) art.1, comma 2 CNS/AC roma<br />
r i c e r c a<br />
Mens<strong>il</strong>e della Federazione Universitaria Cattolica Italiana<br />
Numero 10 – Ottobre 2007<br />
Se gli uomini hanno f<strong>il</strong>osofato per<br />
liberarsi dall’ignoranza, è evidente<br />
che ricercarono <strong>il</strong> conoscere solo al<br />
fine di sapere e non per conseguire<br />
qualche ut<strong>il</strong>ità pratica<br />
Aristotele<br />
r i
i c e r c a<br />
s o m m a r i o<br />
EDITORIALE<br />
di Matteo Vestrucci pag. 4<br />
LABORATORIO<br />
Dire spiritualità dello studio, oggi<br />
di Don Armando Matteo pag. 5<br />
GRANDANGOLO<br />
L’ossimoro dell’emergenza:<br />
L’affaire dei rifiuti in Campania<br />
di Umberto Ronga pag. 14<br />
PADRI<br />
Scire ut: motivazioni del conoscere<br />
di Don Massimo Pampaloni pag. 23<br />
CHIOSTRO<br />
Comprendere la Riforma liturgica: un testimone<br />
di Dom Matteo Ferrari pag. 28<br />
RECENSIONI<br />
Il tuo volto, Signore, io cerco<br />
di Tiziano Torresi pag. 31<br />
UNIVERSITA’<br />
Lo Statuto dei diritti e dei doveri degli studenti<br />
di Nando Dalla Chiesa pag. 20
padri<br />
Scire ut: motivazioni<br />
del conoscere<br />
di Don Massimo Pampaloni*<br />
■ È famoso un passo di san Bernardo di Chiaravalle<br />
(1090-1153) tratto dai suoi sermoni sul Cantico dei<br />
Cantici: «Vi sono, infatti, coloro che desiderano sapere<br />
al solo scopo di sapere: e questa è turpe curiosità. Vi<br />
sono poi coloro che desiderano sapere, per essere riconosciuti<br />
sapienti: e questa è turpe vanità. Costoro non<br />
riusciranno a schivare le beffe di un poeta satirico che<br />
canta per loro: Il tuo sapere non è niente, se un altro<br />
non sa che tu sai. E ci sono anche quelli che desiderano<br />
sapere per vendere la loro scienza, per danaro o<br />
per gli onori: e questo è un turpe guadagno. Ma ci sono<br />
anche quelli che desiderano sapere, per dare edificazione:<br />
e questa è carità. E infine ci sono quelli che desiderano<br />
sapere per trarne edificazione: e questa è prudenza.<br />
Di tutti costoro soltanto gli ultimi due non fanno<br />
abuso del sapere, perché desiderano conoscere per<br />
fare del bene 1 .» (Serm. In Cantica, XXXVI, iii)<br />
Durante questa serie di sermoni che Bernardo sta<br />
tenendo ai suoi monaci, arriva <strong>il</strong> momento di trattare<br />
<strong>il</strong> tema della pericolosità di una duplice ignoranza:<br />
quella di Dio e quella di se stessi. Entrambe, dice,<br />
sono damnab<strong>il</strong>es. Vorrei prendere ispirazione dalla<br />
sua risposta circa i vari “modi” del sapere, che<br />
senza difficoltà potremmo applicare a noi leggendoli<br />
come “modi” di studiare, e cercherò di trarne qualche<br />
idea e indicazione ut<strong>il</strong>e per la nostra vita intellettuale.<br />
Come un contrappunto, vorrei r<strong>il</strong>eggerli anche<br />
con l’aiuto del buon vecchio Tommaso d’Aquino.<br />
■ Scire ut sciant…turpis CURIOSITAS.<br />
Notiamo innanzitutto l’uso dell’aggettivo “turpe” usato<br />
da Bernardo per le prime tre categorie di modi di sapere.<br />
È un termine del quale abbiamo perso forse la<br />
percezione della sua forza. La costellazione semantica<br />
alla quale ci rimanda è quella di osceno, laido,<br />
ripugnante ai sensi, fisici e morali. Teniamone conto<br />
nel leggere <strong>il</strong> testo e nell’applicarlo alla nostra realtà!<br />
L’immagine che sovviene davanti al primo modo è<br />
quella di grandi abbuffate di cose inut<strong>il</strong>i e dannose.<br />
Sono <strong>il</strong> prodotto di letture disordinate del tipo “Novella<br />
2000”, oppure tipo quelle fatte senza seguire la ratio<br />
del proprio sv<strong>il</strong>uppo interiore. Sono <strong>il</strong> frutto delle<br />
discursationes in internet, dove si paga un prezzo<br />
esorbitante non foss’altro in tempo perduto. Ma sono<br />
anche <strong>il</strong> “doversi” riempire di notizie, di “fatti”, gossip...<br />
Non riuscire a stare fermi nella propria stanza<br />
interiore, in pace, potremmo dire parafrasando Pascal,<br />
è l’origine di quasi tutti i nostri mali. Riempirsi<br />
di notizie, di “cose da sapere” è anche una sorta di<br />
“bulimia” interiore, un coprire voci e vuoti interiori perché<br />
ci fanno paura. Mentre sarebbero in realtà, i vuoti<br />
da lasciar riempire da Dio. Questa curiositas turpis ci<br />
rende dei turisti del sapere, che cercano di stare<br />
sempre in viaggio e mai a casa propria: in ciò non c’è<br />
nulla di nob<strong>il</strong>e né di avventuroso, è patologia. Sono<br />
anch’esse forme di divertimento, tentativi di evasione<br />
alla fine ster<strong>il</strong>i. Una sorta di autoerotismo col<br />
sapere, e non a caso la tradizione classica parla<br />
della curiositas come una forma di concupiscenza,<br />
estendendo anche a questo campo, la necessità e la<br />
saggezza del pudore.<br />
■ Scire ut sciantur ipsi… turpis VANITAS.<br />
Sapere per mostrare che si sa. Che sia un atteg-<br />
padri<br />
ricerca<br />
giamento patetico e ridicolo, lo stesso Bernardo lo<br />
mostra citando <strong>il</strong> poeta Aulo Persio Flacco (34-62<br />
d.C.). Ma non è solo risib<strong>il</strong>e, è pure gravissimo l’uso<br />
del sapere come strumento di potere e di dominazione<br />
dei rapporti interpersonali. Fare mostra del<br />
proprio sapere è una forma di strategia contro la<br />
paura: paura di non essere considerati, di non essere<br />
amati, di non venir accettati… paura di morire,<br />
in fondo. È sancire la dipendenza dal giudizio degli<br />
altri, una delle forme più disastrose di schiavitù alla<br />
quale ci sottomettiamo. Mostrare che so vuol dire<br />
“Amatemi, accettatemi!” Oppure, un’altra faccia<br />
della stessa medaglia, <strong>il</strong> mostrare che so è un modo<br />
per intimorire, per legare, per sedurre, per difendersi.<br />
È quella che mettono in atto Don Abbondio e l’Azzeccagarbugli<br />
nei confronti di Renzo, con differenti<br />
esiti ma con la stessa intenzionalità. Si va dalle<br />
forme più brutali e cretine, come quella dell’esposizione<br />
violenta di titoli accademici e non, per zittire<br />
un interlocutore; fino a quelle un po’ più sott<strong>il</strong>i ma<br />
ugualmente deleterie dell’ostentazione di ciò che, nel<br />
migliore dei casi, è pura erudizione, spesso di cose<br />
assolutamente inut<strong>il</strong>i. La vanitas in questo caso indica<br />
<strong>il</strong> vuoto, <strong>il</strong> baratro che spaventa così tanto da<br />
credere di poter riempirlo con un benevolo giudizio<br />
degli altri mendicato o estorto col sapere.<br />
■ Scire ut scientiam suam vendant... turpis QUAESTUS.<br />
Per capire <strong>il</strong> quaestus, <strong>il</strong> “guadagno” ci aiutiamo con<br />
1 Pt 5,2 dove l’apostolo incoraggia i pastori a pascere<br />
<strong>il</strong> gregge non per turpis lucri gratia ma secondo<br />
Dio, di cuore. Non si contesta qui <strong>il</strong> lavoro intellettuale,<br />
lo studiare per imparare un mestiere,<br />
per vivere. Ciò che è in gioco è lo strumentalizzare<br />
<strong>il</strong> sapere per soldi od onore. Soldi e autosufficienza<br />
sono le altre due strategie classiche che la paura,<br />
della quale dicevo sopra, ci fa mettere in gioco insieme<br />
al potere. Sono le più semplici strategie di salvezza,<br />
di autosalvezza, che ci vengono in mente<br />
per rispondere alla paura della morte. Da un lato,<br />
quindi, questo turpis quaestus è tale perché è ancora<br />
un ennesimo vano tentativo di rispondere alla<br />
paura che ci schiavizza ancora di più. Ma vi è pure<br />
un altro aspetto: se <strong>il</strong> sapere diviene solo <strong>il</strong> mezzo<br />
per ottenere soldi e potere, questi non tarderanno a<br />
far entrare in circolazione <strong>il</strong> loro potente veleno, a<br />
scapito innanzitutto della verità. E la moralità ha<br />
un’influenza decisiva anche nella ricerca scientifica.<br />
Non soltanto nel fare o no certe cose o certi<br />
esperimenti; ma nell’avanzamento delle conoscenze<br />
stesse. Lo studio richiede una vera e propria conversione<br />
morale ed intellettuale: non solo per non<br />
barare, ad esempio, sui dati di un esperimento per<br />
poter scrivere un articolo, ma anche per poter comprendere<br />
correttamente i dati di un problema. In ultima<br />
analisi, l’ultimo vero criterio di verità di una ricerca<br />
è la moralità del ricercatore. Uno che cerca per<br />
soldi e per <strong>il</strong> potere, prima o poi, dovrà obbedire ai<br />
suoi veri padroni: e la verità non tollera comproprietà.<br />
Non si può servire a più padroni. Scriveva A.D. Sert<strong>il</strong>langes<br />
(1863-1948) “Bisogna darsi completamente<br />
perché la verità si dia, la verità che serve soltanto<br />
i suoi schiavi” 2 . E ancora: «I clamori della<br />
pubblicità tentano solamente gli spiriti superficiali.<br />
L’ambizione, subordinandosi l’eterna verità, la offende.<br />
Giocare con le questioni che dominano la vita<br />
24>> ricerca padri
e la morte, con la natura misteriosa, con Dio, crearsi<br />
una fortuna letteraria o f<strong>il</strong>osofica a detrimento della<br />
verità o indipendentemente dalla verità, è un sacr<strong>il</strong>egio»<br />
3 . In una bella omelia alla Commissione Teologica<br />
Internazionale, lo scorso 6 ottobre, Benedetto<br />
XVI ha così detto: «Castificantes animas nostras in<br />
oboedentia veritatis». L’obbedienza alla verità dovrebbe<br />
“castificare” la nostra anima, e così guidare<br />
alla retta parola e alla retta azione. In altri termini, parlare<br />
per trovare applausi, parlare orientandosi a<br />
quanto gli uomini vogliono sentire, parlare in obbedienza<br />
alla dittatura delle opinioni comuni, è considerato<br />
come una specie di prostituzione della parola<br />
e dell’anima. La “castità” a cui allude l’apostolo Pietro<br />
è non sottomettersi a questi standard, non cercare<br />
gli applausi, ma cercare l’obbedienza alla verità».<br />
■ Scire ut aedificent… CARITAS est.<br />
Ma ci sono anche quelli che studiano e cercano <strong>il</strong><br />
sapere per edificare gli altri. E qui Bernardo non aggiunge<br />
alcun aggettivo, perché la parola che usa non<br />
ne ha bisogno: caritas, amore. Studiare e cercare <strong>il</strong><br />
sapere è un servizio di carità al prossimo e alla società.<br />
San Tommaso nella Summa ad un certo punto<br />
affronta una questione 4 che a noi può suonare<br />
strana: si sta chiedendo se gli ordini religiosi contemplativi<br />
siano o no superiori a quelli attivi. La risposta<br />
è sì, la contemplazione è <strong>il</strong> fine più alto e<br />
quindi gli ordini contemplativi sarebbero più eccellenti;<br />
però aggiunge che ancora più in alto sta chi<br />
esercita un’attività che sgorga dalla contemplazione:<br />
Sicut enim maius est <strong>il</strong>luminare quam lucere<br />
solum, ita maius est contemplata aliis tradere quam<br />
Ci sono anche quelli che studiano e<br />
cercano <strong>il</strong> sapere per edificare gli altri. E<br />
qui Bernardo non aggiunge alcun<br />
aggettivo, perché la parola che usa non<br />
ne ha bisogno: caritas, amore. Studiare<br />
e cercare <strong>il</strong> sapere è un servizio di<br />
carità al prossimo e alla società<br />
solum contemplari. Non si può non pensare che, in<br />
effetti, <strong>il</strong> motto contemplata aliis tradere si sposava<br />
bene proprio con i Domenicani, e divenne in pratica<br />
un loro motto. Ma questo non significa che Tommaso<br />
voglia solo “tirare l’acqua al suo mulino”. C’è qualcosa<br />
di più: c’è <strong>il</strong> riconoscimento dell’esistenza di un<br />
vivere insieme ad altri che richiede uno scambio di<br />
idee, una condivisione di saperi “importanti”. È importante<br />
la contemplazione ma lo è anche uno studio<br />
profondo, serio e vero. Tutto ciò richiede una comunità<br />
dove questi risultati possano circolare per<br />
l’edificazione di ciascuno. Senza questa comunicazione<br />
di cose vere e importanti non c’è uno dei valori<br />
spirituali fondamentali che Tommaso pone per<br />
l’uomo: veritatem cognoscere de Deo e in societate<br />
vivere. Il primo si agisce con la contemplazione;<br />
poi, le contemplata sono tradotte agli altri. Altrimenti,<br />
<strong>il</strong> nostro non sarebbe più vivere in società ma<br />
appartenere ai …termitai che sono/le nostre<br />
città.//Tutti murati in selve di condomini/più soli di<br />
quanto/lo siamo nei deserti… 5<br />
■ Scire ut aedificentur…PRUDENTIA est.<br />
Potrebbe sembrare strano che “l’edificarsi” venga<br />
padri<br />
ricerca<br />
Si studia perché siamo comunità.<br />
Nessuno è solo: studiare significa<br />
esercitare quel valore che ci fa uomini e<br />
che Tommaso definisce in societate<br />
vivere. Studiare vuol dire partecipare al<br />
progresso o al declino dell’intera società<br />
ora. In una costruzione ad effetto verrebbe da metterlo<br />
prima e concludere con la caritas. Perché la caritas<br />
è più importante della prudenza e perché è “più<br />
bello” concludere con <strong>il</strong> servizio agli altri. Molto<br />
spesso, infatti, questo passo viene citato invertendo<br />
le due ultime frasi.<br />
A mio avviso, invece, l’ordine deve restare questo.<br />
Non solo per correttezza scientifica 6 , appunto, ma<br />
anche perché <strong>il</strong> significato latino di prudenza è molto<br />
più profondo di quello al quale lo abbiamo ridotto.<br />
Studiare e cercare <strong>il</strong> sapere è prudenza. Ma cosa è<br />
la prudenza?<br />
Chiediamo ancora una volta aiuto alla tradizione<br />
classica. Una vita buona, una vita matura richiede ordine.<br />
La pace che nasce dall’ordinario esercizio<br />
delle facoltà dell’uomo, Agostino la chiama “tranqu<strong>il</strong>lità<br />
dell’ordine”. Il caos, <strong>il</strong> brutto, la confusione,<br />
anche se oggi “divinizzata”, in realtà è divinizzazione<br />
del vuoto, del nulla. Per agire questo ordine, e quindi<br />
questa pace, si deve essere lungimiranti: bisogna<br />
saper prevedere, comprendere in anticipo. Qui è la<br />
prudenza, appunto. Essa aiuta a saper scegliere, a<br />
fare l’azione giusta. Alla prudenza, potremmo dire,<br />
piacciono le cose fatte e fatte come devono esserlo.<br />
L’atto principale della prudenza, dice Tommaso, è la<br />
decisione. Ossia, <strong>il</strong> momento in cui noi esercitiamo<br />
massimamente la nostra libertà. La prudenza non è<br />
esercitata quando ci si getta a capofitto in una situazione<br />
senza averla ponderata; ma è una mancanza<br />
di prudenza anche quella di chi, per paura di<br />
sbagliare, non prende mai decisioni. La prudenza valuta,<br />
poi però decide. Cercare <strong>il</strong> sapere per edificarsi<br />
è dunque agire, decidere ponderatamente: essere<br />
pienamente uomini. Edificare se stessi significa<br />
esattamente questo: essere sempre più uomini. Si<br />
studia per essere sempre di più ciò per cui siamo<br />
stati creati. Studiare è d<strong>il</strong>atare i propri orizzonti interiori,<br />
è attuare sempre di più la potenzialità del nostro<br />
essere umani.<br />
■ Conclusione<br />
Vorrei concludere suggerendo due aspetti da tener<br />
conto nel coltivare le proprie motivazioni allo studio.<br />
Primo, si studia perché siamo comunità. Nessuno è<br />
solo: studiare significa esercitare quel valore che ci<br />
fa uomini e che Tommaso definisce in societate vivere.<br />
Studiare vuol dire partecipare al progresso o<br />
al declino dell’intera società. Non è una frase fatta:<br />
la società è un organismo che cresce e si sv<strong>il</strong>uppa<br />
mantenendo i suoi beni d’ordine. Studiare, cercare<br />
<strong>il</strong> vero è contribuire al suo consolidamento e al suo<br />
progresso nel senso di un sapere condiviso sempre<br />
più allargato. Non cercare <strong>il</strong> sapere per edificare ed<br />
edificarsi, mortificando (letteralmente!) la propria<br />
intelligenza, è contribuire alle forze regressive ed involutive,<br />
alla malattia dell’organismo che avrà come<br />
esito scontato la distruzione della propria civ<strong>il</strong>tà.<br />
Secondo, studiare è un compito mistico. Dice Ser-<br />
26>> ricerca padri
t<strong>il</strong>langes: «L’umanità cristiana è composta di personalità<br />
differenti, nessuna delle quali può abdicare a<br />
se stessa senza impoverire la società e senza privare<br />
<strong>il</strong> Cristo eterno di una parte del suo regno. Cristo regna<br />
mediante la sua espansione. La vita di ciascuno<br />
dei suoi membri è un istante qualificato della<br />
sua durata. Ogni caso umano e cristiano è un caso<br />
incomunicab<strong>il</strong>e, unico e perciò necessario dell’estensione<br />
del “corpo spirituale”. Se siete stati<br />
prescelti come portatori di luce, non nascondete<br />
sotto <strong>il</strong> moggio lo splendore piccolo o grande che da<br />
voi si attende nella casa del Padre di famiglia. Amate<br />
la verità e i suoi frutti di vita, per voi e per gli altri» 7 .<br />
Nessuno ha più grande amore di chi dà la vita per i<br />
suoi amici, dice <strong>il</strong> Signore. Essere una persona di<br />
studio attenta, intelligente, ragionevole e responsab<strong>il</strong>e<br />
è oggi la più alta forma di carità per questo<br />
mondo sempre più distratto, sciocco, irrazionale ed<br />
irresponsab<strong>il</strong>e: maius est contemplata aliis tradere<br />
quam solum contemplari.<br />
1<br />
«Sunt namque qui scire volunt eo fine tantum, ut sciant: et turpis<br />
curiositas est. Et sunt qui scire volunt, ut sciantur ipsi: et turpis<br />
vanitas est. Qui profecto non evadent subsannantem Satyricum<br />
et ei qui eiusmodi est decantantem: “Scire tuum nih<strong>il</strong> est, nisi<br />
te scire hoc sciat alter”. Et sunt item qui scire volunt, ut scientiam<br />
suam vendant, verbi causa pro pecunia, pro honoribus:<br />
turpis quaestus est. Sed sunt quoque qui scire volunt, ut aedificent:<br />
et caritas est. Et sunt item qui scire volunt, ut aedificentur:<br />
et prudentia est. Horum omnium soli ultimi duo non inveniuntur<br />
in abusione scientia, quippe qui ad hoc volunt intelligere, ut<br />
bene faciant»<br />
2<br />
A.D. SERTILLANGES, La vita intellettuale, Roma: Studium, 1953, 24.<br />
3<br />
Ivi, 25.<br />
4<br />
S. Theol. IIa-IIae q.188, a.6<br />
5<br />
D. M. TUROLDO, O sensi miei... Poesie 1948-1988, M<strong>il</strong>ano: Rizzoli,<br />
1991, 512.<br />
6<br />
Il testo critico su cui mi sto basando è quello edito da Sources<br />
Chretiennes.<br />
7<br />
A.D. SERTILLANGES, cit., 24s.<br />
*professore di Storia della Chiesa presso la Faculdade Jesuita<br />
de F<strong>il</strong>osofia e Teologia de Belo Horizonte (MG), Bras<strong>il</strong><br />
padri<br />
ricerca<br />