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i c e r c a s o m m a r i o EDITORIALE di Matteo Vestrucci pag. 4 LABORATORIO Dire spiritualità dello studio, oggi di Don Armando Matteo pag. 5 GRANDANGOLO L’ossimoro dell’emergenza: L’affaire dei rifiuti in Campania di Umberto Ronga pag. 14 PADRI Scire ut: motivazioni del conoscere di Don Massimo Pampaloni pag. 23 CHIOSTRO Comprendere la Riforma liturgica: un testimone di Dom Matteo Ferrari pag. 28 RECENSIONI Il tuo volto, Signore, io cerco di Tiziano Torresi pag. 31 UNIVERSITA’ Lo Statuto dei diritti e dei doveri degli studenti di Nando Dalla Chiesa pag. 20
padri Scire ut: motivazioni del conoscere di Don Massimo Pampaloni* ■ È famoso un passo di san Bernardo di Chiaravalle (1090-1153) tratto dai suoi sermoni sul Cantico dei Cantici: «Vi sono, infatti, coloro che desiderano sapere al solo scopo di sapere: e questa è turpe curiosità. Vi sono poi coloro che desiderano sapere, per essere riconosciuti sapienti: e questa è turpe vanità. Costoro non riusciranno a schivare le beffe di un poeta satirico che canta per loro: Il tuo sapere non è niente, se un altro non sa che tu sai. E ci sono anche quelli che desiderano sapere per vendere la loro scienza, per danaro o per gli onori: e questo è un turpe guadagno. Ma ci sono anche quelli che desiderano sapere, per dare edificazione: e questa è carità. E infine ci sono quelli che desiderano sapere per trarne edificazione: e questa è prudenza. Di tutti costoro soltanto gli ultimi due non fanno abuso del sapere, perché desiderano conoscere per fare del bene 1 .» (Serm. In Cantica, XXXVI, iii) Durante questa serie di sermoni che Bernardo sta tenendo ai suoi monaci, arriva il momento di trattare il tema della pericolosità di una duplice ignoranza: quella di Dio e quella di se stessi. Entrambe, dice, sono damnabiles. Vorrei prendere ispirazione dalla sua risposta circa i vari “modi” del sapere, che senza difficoltà potremmo applicare a noi leggendoli come “modi” di studiare, e cercherò di trarne qualche idea e indicazione utile per la nostra vita intellettuale. Come un contrappunto, vorrei rileggerli anche con l’aiuto del buon vecchio Tommaso d’Aquino. ■ Scire ut sciant…turpis CURIOSITAS. Notiamo innanzitutto l’uso dell’aggettivo “turpe” usato da Bernardo per le prime tre categorie di modi di sapere. È un termine del quale abbiamo perso forse la percezione della sua forza. La costellazione semantica alla quale ci rimanda è quella di osceno, laido, ripugnante ai sensi, fisici e morali. Teniamone conto nel leggere il testo e nell’applicarlo alla nostra realtà! L’immagine che sovviene davanti al primo modo è quella di grandi abbuffate di cose inutili e dannose. Sono il prodotto di letture disordinate del tipo “Novella 2000”, oppure tipo quelle fatte senza seguire la ratio del proprio sviluppo interiore. Sono il frutto delle discursationes in internet, dove si paga un prezzo esorbitante non foss’altro in tempo perduto. Ma sono anche il “doversi” riempire di notizie, di “fatti”, gossip... Non riuscire a stare fermi nella propria stanza interiore, in pace, potremmo dire parafrasando Pascal, è l’origine di quasi tutti i nostri mali. Riempirsi di notizie, di “cose da sapere” è anche una sorta di “bulimia” interiore, un coprire voci e vuoti interiori perché ci fanno paura. Mentre sarebbero in realtà, i vuoti da lasciar riempire da Dio. Questa curiositas turpis ci rende dei turisti del sapere, che cercano di stare sempre in viaggio e mai a casa propria: in ciò non c’è nulla di nobile né di avventuroso, è patologia. Sono anch’esse forme di divertimento, tentativi di evasione alla fine sterili. Una sorta di autoerotismo col sapere, e non a caso la tradizione classica parla della curiositas come una forma di concupiscenza, estendendo anche a questo campo, la necessità e la saggezza del pudore. ■ Scire ut sciantur ipsi… turpis VANITAS. Sapere per mostrare che si sa. Che sia un atteg- padri ricerca
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