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Anno 5, n. 6 - giugno 2012 - Ospedale San Carlo Borromeo

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NEWSLETTER<br />

2<br />

La nuova frontiera contro le fratture del femore e l’osteonecrosi<br />

(Continua da pagina 1)<br />

to a cui è stato sottoposto, tra i<br />

quali un pronto recupero e la possibilità,<br />

fin dal giorno successivo<br />

l’intervento, di deambulare senza<br />

dolore.<br />

Fratture del femore prossimale<br />

Le fratture del femore<br />

prossimale costituiscono<br />

un importante<br />

problema sanitario<br />

nei Paesi industrializzati.<br />

Le dimensioni<br />

del fenomeno<br />

sono imponenti: ogni<br />

anno in Europa si<br />

registrano circa<br />

500.000 nuovi casi,<br />

con un onere economico<br />

elevatissimo.<br />

Per i prossimi decenni<br />

è previsto un cospicuo<br />

aumento<br />

dell'incidenza delle<br />

fratture dell'epifisi<br />

prossimale del femore;<br />

si valuta che in<br />

Europa, nel 2030, vi<br />

saranno circa 750.000 nuovi casi<br />

per anno, e che tale numero raggiungerà<br />

il milione nel 2050.<br />

Il fenomeno è di indubbio interesse,<br />

non solo sotto l'aspetto economico<br />

e organizzativo, ma anche<br />

sotto il profilo sanitario, in quanto<br />

la frattura del femore si accompagna<br />

spesso a un peggioramento<br />

della qualità della vita e a un incremento<br />

della mortalità.<br />

Per questo motivo l’<strong>Ospedale</strong> <strong>San</strong><br />

<strong>Carlo</strong> <strong>Borromeo</strong>, ormai da anni<br />

all’avanguardia nell’adozione di<br />

metodiche innovative in questo<br />

ambito, ha iniziato a trattare determinate<br />

fratture mediali del femore<br />

prossimale utilizzando<br />

l’innovativo dispositivo medico<br />

BIOS, che ha il duplice scopo di<br />

rinforzare la struttura della vite e<br />

di evitare che l’interno del canale<br />

della vite stessa venga invaso da<br />

tessuto osteofibroso.<br />

I fori lungo il corpo permettono di<br />

veicolare nell’osso particolari sostanze,<br />

come le paste di idrossiapatite<br />

con funzione di rinforzo e<br />

riempimento del collo femorale,<br />

anche in considerazione del fatto<br />

che queste fratture si sviluppano<br />

in ossa porotiche e fragili.<br />

Da febbraio 2011 le fratture che,<br />

per le caratteristiche biomeccaniche<br />

della rima di frattura, sono<br />

risultate adatte ad essere trattate<br />

dall’equipe del prof. Rinaldo Giancola<br />

con il dispositivo BIOS sono<br />

state oltre 20, soprattutto in pazienti<br />

giovani che non solo hanno<br />

avuto un pronto recupero della<br />

deambulazione e un pieno ritorno<br />

alle normali abitudini quotidiane<br />

di vita, ma hanno sicuramente<br />

ritardato se non evitato la protesi.<br />

Forti dell’esperienza e dei risultati<br />

ottenuti nel risolvere le fratture<br />

del femore prossimale attraverso<br />

l’utilizzo di questo particolare dispositivo,<br />

si è deciso di adottarlo<br />

anche per il trattamento di<br />

un’altra patologia che affligge<br />

l’articolazione dell’anca:<br />

l’osteonecrosi delle testa femorale,<br />

una patologia altamente invalidante<br />

per il paziente che ne è colpito.<br />

Anche su questo fronte, nei nove<br />

casi finora trattati dall’equipe di<br />

Traumatologia del prof. Rinaldo<br />

Giancola, è stato possibile osservare<br />

risultati eccellenti, che aprono<br />

così nuovi scenari non solo sul<br />

fronte del recupero post traumatico,<br />

ma anche in fase di prevenzione<br />

delle fratture e della degenerazione<br />

ossea.<br />

<br />

Osteonecrosi della testa femorale<br />

L’osteonecrosi della testa femorale<br />

è una malattia dell’anca relativamente<br />

comune, nella quale si<br />

osserva la morte delle cellule che<br />

popolano un’area variamente delimitata<br />

della testa del femore. In<br />

conseguenza della morte cellulare,<br />

l’area ossea interessata non è<br />

più soggetta ai fenomeni di rinnovamento<br />

garantiti dalle cellule e<br />

con il tempo va incontro ad alterazione<br />

strutturali con distruzione<br />

della struttura trabecolare, collasso<br />

e riassorbimento del tessuto osseo.<br />

A seconda delle dimensioni<br />

dell’area interessata e della sua<br />

posizione, vi possono essere conseguenze<br />

più o meno gravi sull’integrità<br />

e la funzione dell’articolazione<br />

dell’anca.<br />

L’AVN è responsabile del 5-10%<br />

degli interventi di protesi d’anca.<br />

Essa si verifica con una frequenza<br />

4 volte maggiore nell’uomo rispetto<br />

alla donna e il picco di frequenza<br />

si ha nella quinta decade di<br />

vita. In oltre il 50% dei casi, poi,<br />

è bilaterale.<br />

Contenitore con il prodotto centrifugato<br />

estratto dalla cresta iliaca contenente le<br />

cellule mesenchimali separate dall’altra<br />

frazione sanguigna.<br />

In genere l’esordio della malattia<br />

è caratterizzato da un dolore<br />

all’anca, più frequentemente riferito<br />

all’inguine, spesso irradiato<br />

alla faccia anteriore o anteromediale<br />

della coscia e, più raramente,<br />

riferito al gluteo. Il dolore è<br />

spesso presente anche a riposo,<br />

ma il carico e la deambulazione lo<br />

(Continua a pagina 3)

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