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La segnaletica invisibile - Comune di Firenze

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<strong>La</strong> <strong>segnaletica</strong> <strong>invisibile</strong><br />

Un’immagine Una storia<br />

Documentazione narrativa e fotografica della <strong>Firenze</strong> multicultirale<br />

Associazione Culturale L.A.M.I’.<br />

Natalia Bavar Margherita Primi Siavash <strong>La</strong>ghai


del<br />

TIPOGRAFIA<br />

<strong>di</strong><br />

Realizzato da Associazione Culturale L.A.M.I’.<br />

<strong>La</strong>boratorio degli Abitanti <strong>di</strong> Monitoraggio Interurbano<br />

AUTORI:<br />

NATALIA BAVAR<br />

MARGHERITA PRIMI<br />

SIAVASH LAGHAI<br />

Stampato presso la tipografia<br />

del <strong>Comune</strong> <strong>di</strong> <strong>Firenze</strong> - 2008<br />

Sede legale: Vie dell’agnolo, 41<br />

50123 - <strong>Firenze</strong><br />

3491723770 - 3405735232<br />

http://www.associazionelami.it<br />

associazionelami@gmail.com<br />

pmarghi@interfree.it<br />

COMUNE<br />

FIRENZE<br />


De<strong>di</strong>cato a libertà e a movimento<br />

e ai bambini nati con questo libro<br />

Lorenzo, Par<strong>di</strong>s e Parnian<br />

Il libro è stato realizzato con il materiale narrativo e fotografico raccolto negli anni <strong>di</strong> ricerca tra il 2004<br />

e il 2008.<br />

Gli stralci <strong>di</strong> interviste scelti non conrrispondono neccessariamente ai soggetti fotografici della pagina a cui<br />

sono accostati, ma seguono un percorso <strong>di</strong> significato da noi elaborato.


Introduzione al testo <strong>di</strong> documentazione, ed i suoi perché<br />

“<strong>La</strong> storia non si stu<strong>di</strong>a mai a sufficienza. Oggi <strong>di</strong>rei che soprattutto ai giovani non viene insegnata abbastanza;<br />

essi non sembrano interessati a quello che è accaduto prima della loro nascita. Se non sai chi sei e da dove<br />

vieni, se non conosci le tue ra<strong>di</strong>ci ancestrali, è come se stessi dormendo.” (Spike Lee, Feltrinelli, p.9)<br />

<strong>La</strong> realtà non si osserva mai con troppa attenzione.<br />

Spike Lee, maestro del cinema afroamericano, e quanti altri stranieri ve<strong>di</strong>amo, tifiamo, applau<strong>di</strong>amo, <strong>di</strong> cui<br />

ascoltiamo la musica.. e poi abbiamo paura degli “stranieri”, giocano nelle nostre squadre <strong>di</strong> calcio, ma poi<br />

non li vogliamo come vicini <strong>di</strong> casa, an<strong>di</strong>amo ai loro concerti, ma non ci piace parlare <strong>di</strong> integrazione nella<br />

quoti<strong>di</strong>anità.. legittimiamo la crescita <strong>di</strong> atteggiamenti <strong>di</strong> chiusura rispetto allo sviluppo <strong>di</strong> una città multiculturale,<br />

senza notare che ci viviamo già da tempo. <strong>La</strong> Segnaletica Invisibile, nata in seguito alla Guida<br />

Nuova Citta<strong>di</strong>nanza, ha anche questa (come la Guida) una duplicità <strong>di</strong> fruizione, non solo come espressione<br />

e contenitore <strong>di</strong> punti <strong>di</strong> vista su <strong>Firenze</strong> da parte dei citta<strong>di</strong>ni stranieri che abbiamo intervistato, ma anche<br />

per i fiorentini, per gli abitanti della città, per porre l’attenzione sugli spazi e le azioni quoti<strong>di</strong>ane e quanto<br />

queste siano già vissute in una <strong>di</strong>mensione interculturale.<br />

Riportiamo un <strong>di</strong>alogo <strong>di</strong> una famiglia fiorentina. Zia anziana: “Sono stata male con la gamba rotta, ma che<br />

fortuna che ho avuto con la badante! Era brava, puliva <strong>di</strong> continuo! Mi ha aiutata tanto”; Zio anziano: “E<br />

quanto l’ha massaggiata.. brava!”; Nonna: “A me la mia un mi faceva nulla, puliva poco!”; Cugina: “Ma la tua<br />

unn’era mica rumena! <strong>La</strong> tua era italiana!”; Nonna: “Bah!”.<br />

Una documentazione che vuole sottolineare come esista una <strong>Firenze</strong> più o meno nascosta, più o meno percepita<br />

in modo cosciente, con la sua <strong>segnaletica</strong> <strong>invisibile</strong>, che è fatta <strong>di</strong> una moltitu<strong>di</strong>ne <strong>di</strong> persone <strong>di</strong> paesi<br />

<strong>di</strong>versi, che convive, costruisce, progetta, commercia, che riutilizza spazi dagli italiani quasi abbandonati,<br />

che vive accanto o con gli abitanti <strong>di</strong> questa città. Quanto questa <strong>di</strong>mensione <strong>di</strong> coesistenza sia quoti<strong>di</strong>ana,<br />

e quanto non ci sembra quoti<strong>di</strong>ana quando parliamo degli “stranieri”. Perché dovremmo tornare in<strong>di</strong>etro o<br />

arrestare un processo in <strong>di</strong>venire dai secoli?<br />

Entre tu pueblo y mi pueblo, hai un punto y una raja..<br />

la raja <strong>di</strong>ce no hay pas y el punto via cerada..<br />

(da una canzone <strong>di</strong> Soledad Bravo, anni ‘70)


Guida Nuova Citta<strong>di</strong>nanza<br />

Il testo fotografico <strong>La</strong> <strong>segnaletica</strong> <strong>invisibile</strong> nasce successivamente alla pubblicazione del testo Guida Nuova<br />

Citta<strong>di</strong>nanza dell’associazione L.A.M.I’, progetto <strong>di</strong> mappatura sulle “nuove citta<strong>di</strong>nanze” nell’area urbana <strong>di</strong><br />

<strong>Firenze</strong>, che narra la conformazione interculturale della città.<br />

<strong>La</strong> Guida è stata sud<strong>di</strong>visa al suo interno in varie aree <strong>di</strong> analisi: una prima parte in cui sono state analizzate<br />

e descritte - anche tramite citazioni biografiche – la maggior parte delle associazioni straniere ed interculturali<br />

presenti nel <strong>Comune</strong> <strong>di</strong> <strong>Firenze</strong>. E una seconda parte in cui abbiamo analizzato i 5 Quartieri della città<br />

attraverso i luoghi <strong>di</strong> incontro principali, come gli spazi pubblici <strong>di</strong> socializzazione per le comunità straniere,<br />

i luoghi dell’intercultura, i luoghi <strong>di</strong> culto e del commercio.<br />

Una doppia valenza della Guida: creare una mappatura della città ‘altra’ rispetto alle cartine ufficiali, con<br />

informazioni utili per chi, migrante o passeggero, vuole conoscerla, e per chi, abitante della città da sempre,<br />

fatica a riconoscere la presenza, in svariati settori, <strong>di</strong> citta<strong>di</strong>ni stranieri.<br />

Con questo progetto volevamo concretizzare la necessità <strong>di</strong> in<strong>di</strong>viduare e articolare i nuovi spazi della città.<br />

<strong>La</strong> Guida è infatti il frutto delle nostre camminate per le zone urbane, dei nostri svariati incontri e dei <strong>di</strong>aloghi<br />

con una parte dei citta<strong>di</strong>ni stranieri che vivono e contribuiscono agli sviluppi e alle trasformazioni <strong>di</strong><br />

<strong>Firenze</strong>.<br />

Abbiamo costruito la Guida in modo che fosse un “contenitore” <strong>di</strong> voci, percezioni, valutazioni sulla città,<br />

seguendo nella restituzione del materiale raccolto uno spostamento <strong>di</strong> prospettiva: una mappatura creata con<br />

l’insieme dell’informazione e delle esperienze delle persone incontrate durante la nostra ricerca su campo per<br />

proporre una rilettura della città, delle sue mancanze e delle sue ricchezze, tramite le voci <strong>di</strong>rette <strong>di</strong> chi la<br />

vive. Il punto focale non era tanto descrivere minuziosamente gli eventi e i contesti, ma far narrare la città<br />

e le sue sfaccettature alle persone coinvolte nelle ricerca stessa. Non è la “vero-somiglianza” che interessava,<br />

quanto le percezioni personali e collettive.<br />

Partendo dai referenti istituzionali dei gruppi culturali, andando ad indagare le informazioni già esistenti e<br />

le realtà già testimoniate, abbiamo iniziato a scendere nelle vie, nelle zone <strong>di</strong> <strong>Firenze</strong> per incontrare i referenti<br />

delle associazioni o <strong>di</strong> interi gruppi stranieri. Emergono così associazioni formali e informali, progettazioni<br />

e attività in rete tra i <strong>di</strong>versi organismi che si muovono nella città.


Per esempio, una delle attività principali è l’organizzazione <strong>di</strong> manifestazioni e attività serali che permettono<br />

<strong>di</strong> celebrare feste tra<strong>di</strong>zionali, momenti <strong>di</strong> socialità e tornei sportivi. Altri ancora si occupano <strong>di</strong> rintracciare<br />

rappresentanti artistici contemporanei come pittori, cantanti, ballerini, musicisti, scultori. Parallelamente<br />

stanno nascendo anche archivi, contenitori <strong>di</strong> testimonianze letterarie, fotografiche e <strong>di</strong> ricerca storica. Altre<br />

modalità <strong>di</strong> aggregazione offrono invece sostegno, collaborazione e solidarietà, tramite una ricca rete <strong>di</strong> aiuti<br />

e orientamento, spesso informali, sostenuti dal passa parola e dall’incontro costante in determinati luoghi<br />

citta<strong>di</strong>ni ormai <strong>di</strong>venuti spazi sociali <strong>di</strong> riferimento.<br />

<strong>La</strong> <strong>segnaletica</strong> Invisibile<br />

Con il nuovo progetto, “<strong>La</strong> <strong>segnaletica</strong> <strong>invisibile</strong>”, abbiamo cercato <strong>di</strong> recuperare l’enorme mole <strong>di</strong> materiale<br />

fotografico accumulato in questi ultimi anni <strong>di</strong> ricerca su campo, integrando tale materiale archiviato con<br />

attuali documentazioni fotografiche. Il titolo, la <strong>segnaletica</strong> <strong>invisibile</strong>, non vuole esprimere il concetto <strong>di</strong> una<br />

multiculturalità sommersa, (anche se non tutti possono immaginare che ci sia una messa in cingalese nella<br />

chiesa <strong>di</strong> via romana la domenica!), ma una multiculturalità intrecciata profondamente alla vita quoti<strong>di</strong>ana della<br />

città, come parte <strong>di</strong> una sua attuale trasformazione.<br />

Lo stesso lavoro <strong>di</strong> integrazione e selezione fatto sul materiale fotografico è stato compiuto sul contenuto<br />

narrativo e autobiografico raccolto attraverso le 700 interviste biografiche e semi-strutturate. <strong>La</strong> documentazione<br />

fotografica e le citazioni autobiografiche sono un <strong>di</strong>verso strumento <strong>di</strong> indagine, e <strong>di</strong> restituzione,<br />

che permettono una fruizione più <strong>di</strong>retta alla citta<strong>di</strong>nanza delle informazioni. Non solo agli addetti ai lavori,<br />

o a chi è più sensibile alla tematica, ma a chiunque si soffermi a dare uno sguardo.<br />

Al fine <strong>di</strong> comprendere quali siano le aree <strong>di</strong> incontro e <strong>di</strong> scambio e quali gli interventi, abbiamo sviluppato<br />

un progetto che si avvale della costruzione <strong>di</strong> un lavoro <strong>di</strong> rete, grazie a l’interscambio <strong>di</strong> informazioni e<br />

una me<strong>di</strong>azione su campo, da parte sia delle Istituzioni, ma anche dell’associazionismo e <strong>di</strong> tutti i soggetti<br />

informali coinvolti.<br />

“L’immigrato abita il territorio e non va coinvolto solamente per le cose che riguardano l’immigrazione, ma<br />

per tutto. L’immigrato non lo fa <strong>di</strong> lavoro!” Pape Diaw, Meeting San Rossore 2008


Come lo spazio e l’uomo che ci vive si influenzano, e si modellano scambievolmente, non è possibile elaborare<br />

un progetto che lasci i due contesti <strong>di</strong> ricerca, sociale e urbana, separati.<br />

“L’eterogenità delle culture, la varietà degli interessi e la molteplicità delle pratiche urbane, richiedono nuovi<br />

approcci conoscitivi e progettuali verso una epistemologia della molteplicità.” (C. Perrone) Un <strong>di</strong>scorso sulle<br />

culture e sui migranti, ci costringe a una sua continua riformulazione.<br />

“Negli ultimi anni, attorno al tema delle migrazioni, si è andato decisamente intensificando un lavoro teorico<br />

<strong>di</strong> tipo nuovo. Nuovo da <strong>di</strong>versi punti <strong>di</strong> vista: in primo luogo per il suo carattere programmaticamente (e<br />

non retoricamente) inter<strong>di</strong>sciplinare, per il positivo contaminarsi, nell’analisi dei movimenti migratori, <strong>di</strong> critica<br />

del <strong>di</strong>ritto e sociologia, storiografia e teoria politica, etnografia e analisi economica; in secondo luogo per<br />

il vincolo molto stretto che questo lavoro teorico, senza rinunciare al proprio rigore scientifico, intrattiene<br />

con la pratica politica, con lo sviluppo <strong>di</strong> forme <strong>di</strong> attivismo e militanza attorno ai temi posti dalla<br />

con<strong>di</strong>zione dei migranti anch’esse per molti aspetti nuove. (...)” (S. Mezzadra, I confini della Libertà, Derive<br />

Appro<strong>di</strong>, p. 5).<br />

All’interno <strong>di</strong> questo nuovo lavoro <strong>di</strong> indagine, l’attenzione è stata mirata alle relazioni tra la citta<strong>di</strong>nanza e<br />

<strong>Firenze</strong>, in una chiave <strong>di</strong> lettura volutamente fotografica.<br />

Si tratta <strong>di</strong> un lavoro sulla percezione del territorio con cui interagire, anche per chi è migrante, per chi<br />

ne fa parte e lo sta cambiando: una popolazione straniera che ormai appartiene sempre più alle <strong>di</strong>namiche <strong>di</strong><br />

sviluppo del territorio. Il soggetto della ricerca sono le relazioni che formano il tessuto sociale, costruito<br />

dal suo intrecciarsi <strong>di</strong> incontri e contaminazioni, narrato e ri<strong>di</strong>segnato dalla percezione dei suoi abitanti in<br />

una necessaria riformulazione.<br />

Una documentazione che vuole sottolineare come esista una <strong>Firenze</strong> più o meno nascosta, più o meno percepita<br />

in modo cosciente, con la sua <strong>segnaletica</strong> <strong>invisibile</strong>, che è fatta <strong>di</strong> una moltitu<strong>di</strong>ne <strong>di</strong> persone <strong>di</strong> paesi<br />

<strong>di</strong>versi, che convive, si scontra, costruisce, progetta e commercia.<br />

Una moltitu<strong>di</strong>ne <strong>di</strong> persone che deve convivere, confrontandosi reciprocamente con modalità <strong>di</strong>verse <strong>di</strong><br />

relazione, che necessita <strong>di</strong> tempo nella comprensione <strong>di</strong> <strong>di</strong>versi co<strong>di</strong>ci <strong>di</strong> interpretazione, nel linguaggio,<br />

nella gestualità e nella quoti<strong>di</strong>anità.


Piano piano siamo entrate nei luoghi <strong>di</strong> culto, nelle se<strong>di</strong> dei gruppi, nelle serate organizzate ai Circoli, negli<br />

spazi abitativi, nelle case occupate, nei campi sportivi, nei giar<strong>di</strong>ni pubblici, nelle manifestazioni, nelle <strong>di</strong>scoteche,<br />

nel negozio all’altro estremo della città. Oltre tre anni <strong>di</strong> ricerca sono stati segnati quoti<strong>di</strong>anamente<br />

da visite ad “altre città”: <strong>Firenze</strong> guardata da punti <strong>di</strong> vista <strong>di</strong>versi rispetto agli stereotipi <strong>di</strong>ffusi sulle sue<br />

esistenze. Scendere dall’autobus sul viale affollato per entrare dentro ad un Tempio bud<strong>di</strong>sta. Ascoltare la<br />

preghiera, mangiare con le famiglie in festa e fotografare decine <strong>di</strong> bambini seduti in terra vicino al Monaco.<br />

Oppure un giorno silenzioso <strong>di</strong> luglio, sotto al sole nell’Oltrarno, cercando la Chiesa cattolica dello<br />

Sri <strong>La</strong>nka, abbandonata dai fiorentini e ripopolata dai cingalesi per messe e feste tra<strong>di</strong>zionali…Chi sa quante<br />

volte ci siamo passati davanti senza accorgersi dei cambiamenti! E adesso è la fotografia la voce <strong>di</strong> tali angoli<br />

inesplorati della città, strutture abbandonate e adesso riutilizzate: luoghi <strong>di</strong> aggregazione e <strong>di</strong> socialità.<br />

L’incontro tra le persone che avviene attraverso il culto e la ritualità, oppure nei luoghi del commercio e<br />

del lavoro. Le feste e l’arte come contaminazioni culturali, i ritratti <strong>di</strong> nuovi citta<strong>di</strong>ni. Alcuni spaccati <strong>di</strong> vita<br />

quoti<strong>di</strong>ana, un sorriso scattato per puro caso a fine intervista, solo per gioco e per amicizia.<br />

Il progetto “<strong>La</strong> <strong>segnaletica</strong> <strong>invisibile</strong>”, e la “Guida Nuova citta<strong>di</strong>nanza”, vorrebbero <strong>di</strong>ventare uno strumento <strong>di</strong><br />

conoscenza del mondo non ‘esplicito’, ma reale, <strong>di</strong> utilità per chi cerca informazioni sugli spazi, manifestazioni<br />

artistiche, e un rinnovato senso <strong>di</strong> appartenenza. In particolare è <strong>di</strong>segnato lo spazio pubblico come luogo<br />

<strong>di</strong> con<strong>di</strong>visione delle molteplici e culturalmente <strong>di</strong>fferenziate pratiche dell’abitare e del vivere. Attraverso le<br />

voci e le testimonianze dei <strong>di</strong>versi rappresentanti, o appartenenti, delle comunità straniere emerge una realtà<br />

citta<strong>di</strong>na intersecata da nuovi apporti culturali, <strong>di</strong>mensioni frammentate, rivisitazioni <strong>di</strong> luoghi e spazi e una<br />

sempre più ricca eterogeneità culturale e sociale. Per sottolineare l’apporto e le trasformazioni nei settori<br />

culturali, economici, della vita sociale, in <strong>di</strong>rezione dell’interazione attraverso la conoscenza, contro la paura<br />

e la <strong>di</strong>ffidenza.<br />

“Il novecento, il secolo 1 delle migrazioni, il 2000, il secolo 2 delle migrazioni. Cosa avevano in comune, il<br />

coraggio sfegatato, <strong>di</strong> lasciare andare. Oggi cosa è rimasto, la paura. Noi non riconosciamo, ai migratori<br />

<strong>di</strong> adesso, il coraggio. <strong>La</strong> memoria è stata azzerata, perche la paura accieca. <strong>La</strong> fraternità è un sentimento<br />

delle emergenze. <strong>La</strong> fraternità l’abbiamo <strong>di</strong>menticata. (...) <strong>La</strong> situazione attuale e’ <strong>di</strong>fficile, noi possiamo almeno<br />

testimoniarla e documentarla.” Erri de Luca, Meeting San Rossore 2008


Interviste a Natalia e Margherita<br />

Volti, immagini, spaccati <strong>di</strong> vita quoti<strong>di</strong>ana <strong>di</strong> persone, ognuno con una storia e una provenienza, che creano<br />

relazioni e si giocano la vita nella nostra città in un continuo reciproco processo <strong>di</strong> trasformazione,<br />

integrazione e arricchimento.<br />

Un processo lento e non semplice, determinato dagli spostamenti <strong>di</strong> donne e uomini che dalle periferie del<br />

mondo si muovono alla ricerca <strong>di</strong> una migliore prospettiva <strong>di</strong> vita.<br />

Le città sono organi viventi in continuo mutamento, con<strong>di</strong>zionate dalla vita dei singoli, dal lavoro delle istituzioni,<br />

dalla forza del volontariato, ma anche dall’in<strong>di</strong>fferenza e la <strong>di</strong>ffidenza.<br />

Le immagini <strong>di</strong> Margherita, Natalia e Siavash fermano momenti <strong>di</strong> questo processo continuo, rappresentano<br />

un documento prezioso per oggi, ma anche per chi in futuro vorrà conoscere lo stato dell’integrazione a<br />

<strong>Firenze</strong> nel 2008.<br />

Lucia de Siervo<br />

Assessore all’Accolgienza,<br />

Integrazione e Terzo Settore<br />

del <strong>Comune</strong> <strong>di</strong> <strong>Firenze</strong><br />

<strong>La</strong> mostra fotografica” <strong>La</strong> <strong>segnaletica</strong> <strong>invisibile</strong> “che nasce successivamente alla pubblicazione del testo “Guida<br />

alla Nuova Citta<strong>di</strong>nanza” dell’Associazione L.A.M.I’, mette in evidenza una popolazione straniera sempre più<br />

inserita nelle <strong>di</strong>namiche <strong>di</strong> sviluppo del territorio , e fa emergere una realtà citta<strong>di</strong>na arricchita da una multiculturalità<br />

intrecciata profondamente nel vivere quoti<strong>di</strong>ano.<br />

Vorrei , pertanto, ringraziare tutti coloro che hanno collaborato alla realizzazione <strong>di</strong> questo evento poichè<br />

promuove la conoscenza <strong>di</strong> luoghi <strong>di</strong> aggregazione e <strong>di</strong> socialità, in un rinnovato senso <strong>di</strong> appartenenza.<br />

Divina Capalad<br />

Presidente del Consiglio Degli Stranieri


1<br />

Luoghi<br />

<strong>di</strong><br />

aggregazione<br />

“Bisogna pensare il mondo in ogni quartiere e non uscire<br />

dal quartiere per pensare al mondo.”<br />

M. Benasayeg, Resistere è creare.<br />

Ogni gruppo che si forma vivendo un territorio in qualche modo lo contamina, deter<br />

minando così nuovi scenari sociali.<br />

Gli spazi <strong>di</strong> sempre si arricchiscono <strong>di</strong> altro vivere e <strong>di</strong>ventano punti <strong>di</strong> riferimento con<br />

altri significati. Una <strong>segnaletica</strong> <strong>invisibile</strong> che passa dalle strade, dalle piazze, dai luoghi della<br />

relazione, <strong>di</strong> culto e del commercio e lascia essa stessa raccontarsi tramite le parole e le<br />

informazioni <strong>di</strong> chi la vive.<br />

“Per centinaia <strong>di</strong> anni la strada è il palcoscenico <strong>di</strong> matrimoni, attività formative, <strong>di</strong>battiti,<br />

preghiere, processi, attività commerciali…” (C. Carlsson, Critical Mass). Adesso “se prescin<strong>di</strong>amo<br />

dai centri storici, peraltro ridotti a semplici centri turistici, è <strong>di</strong>fficile <strong>di</strong> fronte ai nuovi<br />

inse<strong>di</strong>amenti scorgere un principio d’or<strong>di</strong>ne che li preceda nei valori e negli obiettivi”. (V.<br />

Gregotti, Giorno dopo giorno l’archiettura prigioniera della tecnica perde la propria identità). <strong>La</strong> città<br />

contemporanea si presenta, sempre più spesso, “come un coacervo <strong>di</strong> frammenti dotati <strong>di</strong><br />

un’autonomia sorprendente; si aprono vuoti e compaiano per<strong>di</strong>te o, almeno, indebolimenti del<br />

ruolo sociale per luoghi tra<strong>di</strong>zionalmente ricchi <strong>di</strong> significati costitutivi (la piazza, la chiesa,<br />

la fabbrica); che alcuni <strong>di</strong> questi ultimi stiano cambiando il loro significato tra<strong>di</strong>zionale, perché<br />

<strong>di</strong>ventino oggetto <strong>di</strong> un uso alternativo da parte <strong>di</strong> nuove popolazioni” (Augè Marc, Non<br />

luoghi, Introduzione a una antropologia della surmodenità ). Durante il percorso <strong>di</strong> documentazione<br />

della città, abbiamo incontrato interi mon<strong>di</strong> <strong>di</strong> relazione vissuti all’interno <strong>di</strong> circoli, luoghi<br />

<strong>di</strong> culto, giar<strong>di</strong>ni, piazze, che danno vita ad un rinnovato utilizzo dei luoghi pubblici della<br />

città. Entrando in profon<strong>di</strong>tà all’interno dei vari contesti sociali, sono emerse <strong>di</strong>namiche <strong>di</strong><br />

relazione e <strong>di</strong> solidarietà, spesso informali, da noi chiamate Informale Attivo. Queste si occupano<br />

<strong>di</strong> sostegno, informazione e aiuti, organizzate tramite il passa parola, esistenti grazie<br />

a singoli soggetti, che <strong>di</strong>ventano punti <strong>di</strong> riferimento per la propria comunità e non solo.<br />

Dunque puoi incontrare il cartolaio che traduce i documenti, la parrucchiera che in ospedale<br />

aiuta a partorire, il ven<strong>di</strong>tore che in<strong>di</strong>rizza nella ricerca della casa e del lavoro, il religioso<br />

che organizza corsi <strong>di</strong> italiano…


Via Panicale<br />

“Un nuovo arrivato è come un neonato, non puoi<br />

essere brutale. È importante dargli delle informazioni<br />

<strong>di</strong> contatto sulla sua comunità, per<br />

alleviare il <strong>di</strong>stacco. Ci sono molte Associazioni<br />

che si occupano della stessa problematica, ma<br />

spesso non c’è un riscontro e l’immigrato gira a<br />

vuoto. Il primo posto che conosci è la stazione.<br />

Il secondo è la piazza.” R. A. Nigeria


“Sarebbe importante far rivivere l’idea che lo<br />

spazio pubblico non sia solamente lo spazio<br />

interme<strong>di</strong>o tra il luogo <strong>di</strong> partenza e il luogo<br />

<strong>di</strong> arrivo, ma piuttosto un luogo <strong>di</strong> comunicazione<br />

ed espressione.”<br />

(V. Hamilton, Critical Mass, Spazi sociali abitativi arte,<br />

p.27)<br />

“Sai io in questo quartiere ci abito da <strong>di</strong>eci<br />

anni, se non <strong>di</strong> più. Ho sempre vissuto<br />

qui e questo quartiere è sempre stato un<br />

po’ etnico, magari ultimamente un po’ più<br />

etnico!” C. Macelleria islamica zona via Panicale


Indovina <strong>di</strong> chi sono queste gambe?


Mercato<br />

<strong>di</strong><br />

S. Lorenzo<br />

“Io sono un tramite per le informazioni e il sostegno. Attraverso passaggi <strong>di</strong> voci, qualsiasi persona,<br />

che arriva in città e ha bisogno <strong>di</strong> qualcosa, riesce a contattarmi. È un passaggio veloce <strong>di</strong> informazioni,<br />

<strong>di</strong> bocca in bocca, dalla mattina alla sera la persona è già in contatto con qualcuno.” P. Senegal


“In questa zona ci sono tanti negozi aperti da noi<br />

stranieri, oltre a tutti quelli che lavorano al mercato.<br />

E’ un punto ricco dove chi ha bisogno può<br />

trovare informazioni e gente <strong>di</strong> casa sua. Ogni negozio<br />

è sempre aperto a chi vuole passare qualche<br />

ora a chiacchierare o chi ha bisogno <strong>di</strong> qualcosa.<br />

Si è creata una rete informale, <strong>di</strong> sostegno e solidarietà<br />

che va da chi ha bisogno <strong>di</strong> tradurre un<br />

documento, a chi cerca lavoro o casa”. D. Senegal<br />

Negozi del centro


Circolo ARCI<br />

“Nelle realtà territoriali, l’ARCI progetta e gestisce iniziative nell’ambito dell’immigrazione, anche organizzando,<br />

nei nostri Circoli e Case del Popolo, interventi culturali e politici, attività <strong>di</strong> sostegno e promozione dei<br />

<strong>di</strong>ritti <strong>di</strong> citta<strong>di</strong>nanza. <strong>La</strong> presenza <strong>di</strong> citta<strong>di</strong>ni immigrati nei nostri Circoli è un dato ormai acquisito e in<br />

costante crescita; del resto, il Circolo è molto spesso l’unico luogo dove il lavoratore straniero può, al<br />

termine <strong>di</strong> una giornata <strong>di</strong> lavoro, passare del tempo con i propri connazionali, guardare la TV, leggere i<br />

giornali e trascorrere alcune ore in un luogo accogliente”. L. Grazzini


“Mio nonno era a Milano quando Mussolini è stato esposto a piazzale Loreto. Non è che non vogliamo<br />

socializzare, anzi siamo molto socievoli, è solo che la mancanza <strong>di</strong> conoscenza dell’italiano<br />

costituisce per molti <strong>di</strong> noi un ostacolo <strong>di</strong>fficile da superare.” M. Cina<br />

Zona Brozzi, via Pratese<br />

“Nella parte <strong>di</strong> <strong>Firenze</strong> che si estende verso Prato è presente una grande comunità cinese, soprattutto per le<br />

attività e i negozi che vi sono stati aperti. Il fatto <strong>di</strong> vivere tutti nella stessa zona ha creato una <strong>di</strong>mensione<br />

sociale comunitaria molto forte. Oggi gli spazi pubblici sono sempre più vissuti, per esempio nei giar<strong>di</strong>ni <strong>di</strong><br />

Brozzi i bambini cinesi giocano insieme a bambini albanesi e rumeni. Alcune delle attività della zona <strong>di</strong> Brozzi<br />

in<strong>di</strong>cano che esse sono ormai estese a molti settori della vita sociale e culturale, oltre che commerciale”.<br />

L. Cina


Piazza In<strong>di</strong>pendenza<br />

“Molti <strong>di</strong> noi, quasi tutti, lavorano nelle case come badanti o domestici, e infatti è importante ritrovarci<br />

fuori, mangiare insieme, quando siamo liberi il giovedì e la domenica, perché spesso viviamo nelle case dove<br />

lavoriamo: non se ne può più della pasta!” P. Filippine


Piazza In<strong>di</strong>pendenza


“Ci piacerebbe avere uno spazio grande, perché altrimenti, tanti come siamo, è normale che ci ritroviamo in<br />

p.zza. Il problema è che l’inverno fa freddo, ma soprattutto gli abitanti si lamentano e ci denunciano perché<br />

facciamo confusione in strada. ci vorrebbe un Circolo molto grande per ospitare almeno 300 persone!<br />

Vorremmo anche un posto dove poter cucinare la roba nostra, mangiare insieme, proprio perché spesso<br />

noi mangiamo solo roba italiana nelle famiglie in cui viviamo!” P.


Contest <strong>di</strong> Hip-Hop, Festa d’in<strong>di</strong>pendenza delle<br />

Filippine. Piazza In<strong>di</strong>pendenza


Via Panicale


Casa dello Studente


Alla casa dello studente un gruppo <strong>di</strong> studenti africani organizza giornate <strong>di</strong> accoglienza per i nuovi studenti<br />

arrivati in città, giornate per la conoscenza dell’Africa e <strong>di</strong> promozione culturale. Nel 2006 è stata organizzata<br />

una giornata culturale presso la Casa dello Studente: un ex studente del Camerun ha tenuto una conferenza<br />

sul tema “Gli Stati Uniti d’Africa. Una via per la prosperità, come realizzarla?”, cui hanno partecipato studenti<br />

africani, italiani ed alcuni ex-studenti stranieri ormai integrati a <strong>Firenze</strong>. <strong>La</strong> conferenza è stata affiancata da eventi<br />

tra<strong>di</strong>zionali dei vari Paesi.” M. Camerun


Il villaggio Rom, il Poderaccio<br />

“Noi immigrati siamo scappati dalla terra <strong>di</strong> origine sperando in una vita migliore e cercando <strong>di</strong> essere in<br />

regola per evitare <strong>di</strong> esser mandati via. Le nostre case in Kosovo, <strong>di</strong>fatti, adesso non esistono più.” K. Rom<br />

“Non vorremmo vivere in campi ghetto dove i citta<strong>di</strong>ni italiani ci mandano, non conoscono la nostra lotta<br />

quoti<strong>di</strong>ana… vorremmo l’inserimento e l’integrazione dei citta<strong>di</strong>ni rom, che i centri sociali nei Campi fossero<br />

gestiti da citta<strong>di</strong>ni rom, che i Campi fossero riconosciuti come residenze temporanee e un inserimento<br />

lavorativo <strong>di</strong>feso dai Sindacati.” A. Rom


“Nei Campi convivono famiglie rom <strong>di</strong> <strong>di</strong>versa provenienza, così gli aspetti culturali e tra<strong>di</strong>zionali si mescolano<br />

e si trasformano e spesso le culture più forti e con<strong>di</strong>vise vengono assimilate da tutto il Campo; magari<br />

influenzate e contaminate da altri elementi culturali, fino a creare ancora altra e trasformata cultura”. D. M. Rom<br />

“Nella via del campo i bambini, come tutti, partecipano alla vita quoti<strong>di</strong>ana: non c’è <strong>di</strong>fferenza tra lo spazio sociale<br />

e lo spazio in<strong>di</strong>viduale. Anche il tempo cerchiamo <strong>di</strong> viverlo in modo che non sia padrone della nostra vita” B. R. Rom


Elettro+ 2006<br />

Elettropiu Spazio Pubblico Autogestito<br />

Uno spazio aperto dove modalità <strong>di</strong> altre culture e <strong>di</strong> altri paesi si esprimono e si relazionano senza filtri.<br />

<strong>La</strong> musica che richiama chi passa, spazi <strong>di</strong> sosta dal frenetico correre della nostra società, laboratori aperti<br />

in cui viene trasmessa la propria conoscenza senza il vincolo economico, profumi <strong>di</strong> cibi che escono<br />

da ristoranti autogestiti che <strong>di</strong>ventano punti <strong>di</strong> incontro. In questo grande spazio in pochi anni sono state<br />

organizzate manifestazioni artistiche, workshop, laboratori basati sull’autoappren<strong>di</strong>mento e l’autogestione, in<br />

cui le competenze venivano trasmesse in modo <strong>di</strong>retto e spontaneo da chi era presente per lungo o breve<br />

tempo, da chi era solo <strong>di</strong> passaggio. Uno spazio nomade, in uno luogo stabile, per il riutilizzo temporaneo<br />

<strong>di</strong> spazi non utilizzati, che possono produrre cultura e formazione alternativa.


Casa Luzzi


“Nel Maggio 2006 venne occupata da famiglie <strong>di</strong> senza casa la struttura ospedaliera Luzzi lasciata in stato <strong>di</strong><br />

abbandono. Noi occupanti per lo più stranieri <strong>di</strong> molte nazionalità <strong>di</strong>fferenti, riven<strong>di</strong>cavamo, in primo luogo<br />

il nostro <strong>di</strong>ritto ad un tetto: tutti noi, chi scappato da guerre chi dalla miseria, siamo in Italia per costruirci<br />

un futuro migliore nella speranza che i nostri figli possano crescere il più possibile “normalmente”. In<br />

secondo luogo con il Movimento lotta per la casa riven<strong>di</strong>cavamo che la struttura Pubblica rimanesse Pubblica<br />

con finalità ad utilizzo sociale. Ci mettemmo all’opera nel costruire innanzitutto le nostre relazioni tra i<br />

numerosi occupanti che, provenienti da tutti gli angoli del mondo, avevamo abitu<strong>di</strong>ni usi e costumi <strong>di</strong>fferenti;<br />

<strong>di</strong>mostrando, nei fatti, una convivenza possibile tra popoli che ha permesso a tutti noi <strong>di</strong> poter chiamare<br />

l’ex sanatorio CASA Luzzi.”


Siamo stati ascoltati dalla giunta regionale, e ci siamo<br />

accordati <strong>di</strong> <strong>di</strong>minuire il numero degli abitanti <strong>di</strong> 130<br />

unità in cambio <strong>di</strong> fornire uno scuola-bus ai bambini,<br />

<strong>di</strong> aiutare 70 persone da famiglie con gravi <strong>di</strong>fficoltà e<br />

mantenere il Luzzi una struttura Pubblica con finalità ad<br />

utilizzo sociale. Chie<strong>di</strong>amo alla classe <strong>di</strong>rigente <strong>di</strong> cambiare<br />

politica <strong>di</strong> azione, <strong>di</strong> osare un salto <strong>di</strong> qualità in<br />

<strong>di</strong>rezione <strong>di</strong> rinnovate politiche sociali, <strong>di</strong> essere attuale<br />

e <strong>di</strong> saper rispondere alle nuove sfide poste da questa<br />

nuova era della globalizzazione in cui tutto viaggia e<br />

si muove. <strong>La</strong> prima legalità consiste nel riconoscere<br />

l’esistenza delle persone e i loro <strong>di</strong>ritti, ne conseguirà<br />

il rispetto dei doveri annessi. Solo favorendo la legalità si ottiene legalità, la residenza primo passo verso <strong>di</strong><br />

essa garantisce i primi e fondamentali <strong>di</strong>ritti, ma allo stesso tempo è garante <strong>di</strong> doveri che le persone sono<br />

obbligate a rispettare. Abbiamo ancora bisogno <strong>di</strong> sostegno e <strong>di</strong> ascolto per tutte le necessità dei questo<br />

progetto <strong>di</strong> vita.” Movimento lotta per la casa e Casa Luzzi. Mail: casaluzzi@libero.it


2<br />

Ritratti<br />

“Mentre i tuoi occhi ver<strong>di</strong> si sarebbero accesi tra rughe <strong>di</strong> <strong>di</strong>vertimento – Ti ho già<br />

detto che avevi occhi stupen<strong>di</strong>, verde su nero, lo sguardo più espressivo <strong>di</strong> questo<br />

pianeta multicolore?<br />

Allora, il sorgere della verità avrebbe <strong>di</strong>segnato un paesaggio del tutto nuovo sul<br />

tuo muso, Loussa, come un sole che si alza su una terra sconosciuta”<br />

Daniel Pennac, <strong>La</strong> saga della famiglia Malaussene<br />

Come non è possibile racchiudere la complessa realtà dei migranti in una categoria semplice,<br />

riconducibile ad un “gruppo speciale”, così il punto <strong>di</strong> approccio rispetto alla <strong>di</strong>versità<br />

dei singoli in<strong>di</strong>vidui, si può spostare dalla definizione <strong>di</strong> un ruolo specifico da parte della<br />

società <strong>di</strong> accoglienza, all’indagine della città vista e vissuta da loro stessi.<br />

Si tratta <strong>di</strong> un lavoro sulla percezione del territorio con cui interagire, sulle <strong>di</strong>namiche<br />

della città in generale, anche per chi è migrante, perché ne fa parte e lo sta cambiando: la<br />

storia della città è costruita dalle persone che la vivono, attraverso una trasformazione nel<br />

tempo e nello spazio.<br />

Diventa nodale orientare “sguar<strong>di</strong> nuovi per interpretare le città contemporanee, multietniche<br />

e multiculturali, terreno <strong>di</strong> sperimentazione e <strong>di</strong> formazione <strong>di</strong> una nuova “citta<strong>di</strong>nanza urbana”<br />

che allude alle pratiche attraverso cui i migranti, che colorano e mo<strong>di</strong>ficano lo spazio<br />

pubblico, configurano e reclamano <strong>di</strong>ritti <strong>di</strong> partecipazione alla vita comunitaria.” (C.Perrone,<br />

Governare la città delle <strong>di</strong>fferenze)<br />

Ad oggi “migliaia <strong>di</strong> vite, storie, <strong>di</strong> scelte e <strong>di</strong> non scelte in<strong>di</strong>viduali, si trovano invece raggruppate<br />

in un’unica categoria che, come minimo comune denominatore, con<strong>di</strong>vide il solo<br />

fatto <strong>di</strong> riunire gente nata in qualche luogo lontano da qui.”<br />

(M. AIME, Eccessi <strong>di</strong> Culture)


“Nell’89 lavoravo in una famiglia in un posto <strong>di</strong> campagna molto isolato. Mi venne una forte otite, ma i<br />

proprietari <strong>di</strong> casa non mi portarono all’ospedale né mi aiutarono a procurarmi le me<strong>di</strong>cine. Non dormivo<br />

la notte e da lì in poi ho capito che dovevo ribellarmi e migliorar e la mia vita.” S. Sri <strong>La</strong>nka<br />

“Mio fratello mi ha fatto venir qui. Poi lui è partito dopo 5 mesi, è andato in America, e io sono rimasto<br />

solo. Vivevo con questa coppia <strong>di</strong> anziani signori. <strong>La</strong> notte io piangevo, e loro mi hanno sentito Mi <strong>di</strong>cevano<br />

non piangere siamo noi la tua famiglia qui. Avevo 18 anni.” N. Sri <strong>La</strong>nka<br />

“Ricordo che appena arrivato a <strong>Firenze</strong>, un taxista invece <strong>di</strong> farmi fare solamente un chilometro, mi portò<br />

furbamente a fare un giro panoramico dell’intera città!.” U. O. Equador<br />

“Mi capita che quando salgo sull’autobus le persone mostrino <strong>di</strong> aver paura che io le borseggi.”<br />

U. O. Equador<br />

“Io vorrei far capire a tanti che parlano <strong>di</strong> Africa che ne parlano senza coscienza. Molti non capiscono che<br />

gli africani non sanno dove vanno quando partono dai loro paesi.” Z. Camerun<br />

“CPT, Centri <strong>di</strong> Permanenza Temporanea, che bel nome alberghiero per un carcere”, Erri de Luca.<br />

“Non incontrerai mai due volti assolutamente identici. Non importa la bruttezza o al bellezza: queste sono<br />

cose relative. Ciascun volto è il simbolo della vita. E tutta la vita merita rispetto. E’ trattando gli altri con<br />

<strong>di</strong>gnità Che si guadagna il rispetto Per se stessi.”<br />

Tahar ben Jelloun


“Io penso che le donne siano<br />

considerate semplicemente forza<br />

lavoro, a loro non viene riconosciuto<br />

nessun <strong>di</strong>ritto, a loro<br />

non viene riconosciuta nessuna<br />

posizione. Ci sono tante donne<br />

straniere con dei titoli professionali<br />

e devono sempre essere<br />

badanti, perché, innanzi tutto,<br />

per far riconoscere il loro titolo<br />

è proprio una pazzia e queste<br />

povere donne devono lavorare,<br />

devono produrre sia per loro<br />

che per la loro famiglia all’estero<br />

e quin<strong>di</strong> non hanno il tempo<br />

proprio <strong>di</strong> avere una alternativa.<br />

Se non è nel servizio domestico<br />

è come badante, se no facendo<br />

delle ore nella pulizia, e quin<strong>di</strong><br />

non hanno tregua.” H. Colombia


“<strong>Firenze</strong> è sempre stata una<br />

città molto accogliente<br />

non so se è perché la<br />

Toscana è basata sulla sinistra<br />

o magari perchè è il<br />

centro sia del nord che<br />

del sud.<br />

E’ sempre stata una zona <strong>di</strong> tanto passaggio <strong>di</strong> turismo <strong>di</strong> cultura <strong>di</strong> economia e <strong>Firenze</strong> nel sommato è una<br />

bellissima città che mi ha dato tanto. Però quello che manca ad un extracomunitario qua non manca solo<br />

in Toscana manca in Lombar<strong>di</strong>a come a Roma come a Napoli . Perchè questo paese purtroppo anche se ha<br />

bisogno degli extracomunitari per il suo futuro - perché è un paese con poche nascite e vuol <strong>di</strong>re che<br />

dopo 50 60 anni questo paese si trova con tanti vecchi, vale a <strong>di</strong>re che ha bisogno <strong>di</strong> mano d’opera o<br />

magari <strong>di</strong> extracomunitari - non ha ancora trovato il coraggio <strong>di</strong> <strong>di</strong>re che vuole sistemare questo extracomunitario!”<br />

K. Macelleria islamica


“Purtroppo il figlio dello straniero subisce un pregiu<strong>di</strong>zio, anche se lui si sente italiano, gli altri lo fanno<br />

sentire straniero. Io penso che almeno 4 o 5 generazioni ci vogliano per arrivare ad un equilibrio in cui il<br />

ragazzo non si senta nè immigrato nè figlio <strong>di</strong> immigrati nè nipote <strong>di</strong> immigrati, e quin<strong>di</strong> io penso che ci<br />

voglia una educazione da parte <strong>di</strong> tutti, sia <strong>di</strong> italiani che <strong>di</strong> stranieri.” H. Colombia


“Cosa volete che dopo 30 anni <strong>di</strong> vivere qua me ne vada via? Ora per noi è <strong>di</strong>ventato come ingoiare una<br />

falce a tenerla dentro ti fa male, ma a tirarla fuori è peggio. Perché dopo 30 anni qua, tornare al nostro<br />

paese è troppo dura, troppo dopo 30 anni qui. Ho ancora il permesso <strong>di</strong> soggiorno che è grande così,<br />

che sembra un certificato penale cioè roba da matti! In tutto il modo dopo 5 anni <strong>di</strong> residenza pren<strong>di</strong> il<br />

passaporto, pren<strong>di</strong> la citta<strong>di</strong>nanza, <strong>di</strong>venti un citta<strong>di</strong>no che puoi votare, puoi decidere del tuo futuro, del<br />

futuro dei tuoi bambini, qua dopo 30 anni non puoi votare nemmeno al quartiere!” A. Macelleria islamica


“Io sono arrivato qui nel 1977, avevo<br />

12 anni quando sono partito con mia<br />

sorella <strong>di</strong> 16, abbiamo camminato da Asmara<br />

fino al Sudan a pie<strong>di</strong>. Siamo rimasti<br />

in Sudan da alcuni parenti per un anno,<br />

e da lì siamo partiti con una carovana <strong>di</strong><br />

cammelli insieme ad altre persone, schivando<br />

i militari etiopi che ci avrebbero<br />

uccisi. Da lì abbiamo chiesto asilo politico<br />

in Italia, ma al momento non è stato<br />

riconosciuto. Alla fine siamo arrivati qui,<br />

dove io mi sono fermato, mentre mia<br />

sorella dopo un anno ha chiesto asilo<br />

politico in America, le è stata accettata<br />

la domanda, così è partita. Io ho deciso<br />

<strong>di</strong> rimanere in Italia anche perché avevo<br />

stu<strong>di</strong>ato un po’ <strong>di</strong> italiano a scuola in<br />

Eritrea.” Simon M. Eritrea


“Noto forti problemi <strong>di</strong> identità nei ragazzi <strong>di</strong> seconda e terza generazione, un senso <strong>di</strong> vuoto, una mancanza<br />

<strong>di</strong> autostima e <strong>di</strong> identità culturale. Manca l’educazione sociale e la cultura dell’integrazione. Alla città non<br />

sono stati dati strumenti per l’apertura. Più forze insieme riescono a realizzare un lavoro comune, invece è<br />

più forte la spinta al separatismo. C’è bisogno <strong>di</strong> spazi per il libero incontro, l’essere umano è come gli<br />

animali, necessita <strong>di</strong> un gruppo.” A. G. Africa


3<br />

Vita Quoti<strong>di</strong>ana<br />

L’obiettivo <strong>di</strong> questo girovagare nelle mappe citta<strong>di</strong>ne è stato quello <strong>di</strong> testimoniare<br />

le mille forme <strong>di</strong> presenza, <strong>di</strong> quoti<strong>di</strong>anità e <strong>di</strong> cercare <strong>di</strong> ricostruire un momento <strong>di</strong> una<br />

città che, mentre scriviamo, si trasforma e cambia ancora.<br />

<strong>La</strong> città è fotografata e ri-raccontata dai nuovi abitanti, <strong>di</strong> passaggio o stabili, e i luoghi,<br />

invece che turistici e massificati, <strong>di</strong>ventano nuovi punti <strong>di</strong> vita, abitu<strong>di</strong>ni e ritmi della soggettiva<br />

quoti<strong>di</strong>anità o <strong>di</strong> interi gruppi che percorrono, si relazionano e conformano lo<br />

spazio urbano e sociale.<br />

“Ora che vive una donna rumena a casa mia sono proprio contenta. Io mi sento in<strong>di</strong>pendente<br />

dalle mie figlie, che mi vengono a trovare per piacere e non perché sono preoccupate.<br />

Così ho iniziato a uscire, perché con lei facciamo ogni giorno un giro al mercato e<br />

poi ci fermiamo a prendere un caffè al bar qui sotto.” Signora fiorentina<br />

“Dalla primavera ci ritroviamo per pic-nic all’aria aperta la domenica, giorno libero per chi<br />

è badante o domestico, spesso ai giar<strong>di</strong>ni del Lungarno.<br />

In questo modo c’è un semplice scambio <strong>di</strong> informazioni su tutte le problematiche comuni,<br />

e non si avverte troppo la sensazione <strong>di</strong> <strong>di</strong>stacco e <strong>di</strong> solitu<strong>di</strong>ne.” M. P. Sri lanka<br />

“Io che vivo qua da 15 anni in questi 100 mq se ora tra 5 minuti passa una volante <strong>di</strong><br />

poliziotti mi fermano e mi <strong>di</strong>cono: E’ roba da pazzi! Gli do<br />

il permesso <strong>di</strong> soggiorno e mi <strong>di</strong>cono: , Gli dai la<br />

carta <strong>di</strong> soggiorno. , . Cioè, capito? tutti ti fanno <strong>di</strong>ventà nervoso e allora per loro<br />

un nome straniero vuol <strong>di</strong>re spacciatore, delinquente, ma non è cosi!” K. Macceleria Islamica<br />

“<strong>La</strong> cosa che posso fare con le mie capacità è non soltanto apprendere da voi ma anche<br />

dare… Noi abbiamo imparato tante cose quando siamo arrivati qui, perché tutto era molto<br />

<strong>di</strong>verso, non solo per me ma per tutti: il clima, i cibi, la verdura, tutto! Anche voi potete<br />

prendere qualcosa da noi (ride), specialmente la cultura, un balletto, una cosa, una piccola<br />

frase, una piccola parola…” Irò Sri <strong>La</strong>nka


“Io non sono solo del Camerun, sono africano, siamo una popolazione. Extracomunitario è una parola<br />

volgare. Io sono fiorentino perché è quaranta anni che vivo qui. Siamo tutti stranieri, siamo tutti sul nostro<br />

pianeta. Non abbiamo su <strong>di</strong> esso un posticino dove nasconderci, siamo tutti qui! Ci sono persone che qui<br />

si sono costruite una vita legata alla città. Come è stato per me.” Zogo Camerun


Chiacchere al villaggio nei pomeriggi<br />

“Noi cresciamo prima delle ragazze <strong>di</strong> <strong>Firenze</strong>, forse anche troppo presto!” E.<br />

“A tre<strong>di</strong>ci anni tante <strong>di</strong> noi sono costrette a sposarsi, a togliersi i pantaloni e a mettersi la gonna.” B.<br />

Ragazze Rom del villaggio Il Poderaccio


“È <strong>di</strong>fficile spiegare l’in<strong>di</strong>fferenza e le contrad<strong>di</strong>zioni che si possono sentire sulla nostra pelle. Sono sensazioni<br />

che non si possono spiegare, ma bisogna viverle <strong>di</strong> persona.” B. Rom


Villaggio Rom Il Poderaccio<br />

Vita del campo


Divisione delle bollette


“<strong>Firenze</strong> è la nostra città, i nostri bambini stanno crescendo<br />

qui e hanno usanze che sono tipiche <strong>di</strong> qui. <strong>La</strong> città non<br />

dovrebbe vivere questo come un conflitto, dovrebbe imparare<br />

che questa è una risorsa, facendo delle sintesi tra cose<br />

positive <strong>di</strong> ogni cultura [...] Va pensata una politica per le<br />

seconde generazioni <strong>di</strong> stranieri. I Paesi dove non si pensa<br />

ai giovani avranno poi situazioni <strong>di</strong> conflitto, perciò occorre<br />

pensare fino ad ora a una politica sociale. Occorre<br />

rilanciare il metodo <strong>di</strong> integrazione sociale in modo che i<br />

giovani si integrino e non si creino conflitti <strong>di</strong> identità sociale.”<br />

P. D. Senegal<br />

Zona Piazza S. Lorenzo


“Siamo in tanti ma non c’è vita sociale insieme. Vivendo qui abbiamo dovuto cambiare alcune belle abitu<strong>di</strong>ni,<br />

per esempio in Marocco nei bar ci si sta delle ore, qui 5 minuti e le relazioni <strong>di</strong>ventano più <strong>di</strong>fficili. Abbiamo<br />

imparato a vivere da soli, lontano dalla famiglia, questo ci ha fatto crescere e ci ha reso forti.”<br />

Ali E. Marocco<br />

“Così è l’esilio, sparpaglia la gente ai quattro venti e poi <strong>di</strong>venta <strong>di</strong>fficilissimo riunire i <strong>di</strong>spersi.”<br />

I. Allende, Paula<br />

“Mio babbo non ha potuto tornare in Iran per 13 anni. Non poteva vedere la sua mamma, lei aveva quasi 70<br />

anni. Così la nonna Vagihè ha deciso <strong>di</strong> muoversi lei per andare a trovare i suoi figli sparpagliati. A 80 anni<br />

questa vecchina, era piccolina e ton<strong>di</strong>na, molto elegante e altera, ha iniziato a girare per il mondo: Francia,<br />

Italia, Germania, Brasile.. E all’Amiata, dove viveva la mia nonna materna. In cucina le trovavi insieme, le mie due<br />

nonne, che parlavano, in due lingue <strong>di</strong>verse, <strong>di</strong> cucina iraniana e amiatina, e dei loro figli e nipoti.” N. Iran


Autobus numero 6


Visioni <strong>di</strong> strada


“Un’idea <strong>di</strong> Jeremy” – “Non ci raccontare più delle<br />

storie Ben, piuttosto insegnaci il cinese <strong>di</strong> Loussa”,<br />

“Ci sono tutte le storie del mondo in una lingua che<br />

non si conosce – Appetito linguistico benvenuto a<br />

Belleville.”<br />

Daniel Pennac, <strong>La</strong> saga della famiglia Malaussene<br />

“Abbiamo cercato <strong>di</strong> relazionarci con le istituzioni<br />

locali: nei numerosi incontri col Sindaco <strong>di</strong> Sesto<br />

Fiorentino abbiamo chiesto che i bambini <strong>di</strong> casa<br />

luzzi potessero andare a scuola, accompagnati da uno<br />

scuola-bus, abbiamo chiesto fintanto avremmo abitato<br />

là che venissero rilasciate le residenze, necessarie per<br />

firmare contratti <strong>di</strong> lavoro, per rinnovare i permessi<br />

<strong>di</strong> soggiorno, per avere l’assistenza sanitaria e per<br />

vaccinare i bambini. A Casa Luzzi vivono 400 abitanti<br />

provenienti da 10 paesi del mondo per un totale <strong>di</strong><br />

quasi 100 famiglie e più <strong>di</strong> ottanta minori <strong>di</strong> cui 50 in<br />

età scolare, che alla fine sono stati accolti in alcune<br />

scuole <strong>di</strong> <strong>Firenze</strong>.” Casa Luzzi<br />

I bambini <strong>di</strong> Luzzi a scuola


“Per parlare <strong>di</strong> integrazione a <strong>Firenze</strong> io penso che<br />

tutti dobbiamo scendere, dobbiamo scendere proprio<br />

per ripartire dal basso. Iniziare a ricordare<br />

che anche l’Italia è stata un popolo <strong>di</strong> migranti e<br />

tantissimi migranti hanno fatto ricca l’Italia con i<br />

sol<strong>di</strong> che mandavano del guadagno. Questi signori<br />

anziani, che hanno tanta esperienza nell’immigrazione<br />

come persone immigrate che adesso sono ritornati<br />

in patria, dovrebbero insegnare ai nipoti cosa<br />

significa essere immigrato e quin<strong>di</strong> cosa significa<br />

l’immigrazione e come poterla gestire meglio. Quin<strong>di</strong><br />

iniziare un <strong>di</strong>alogo tra le generazioni, ma non<br />

solo tra quelle italiane ma anche con le generazioni<br />

immigrate perché ci sono degli immigrati qui da<br />

50 anni e ci sono immigrati che vengono dal sud<br />

<strong>di</strong> Italia, dalla Sicilia che anche loro sono immigrati.<br />

Però parlano fiorentino, conoscono <strong>di</strong> più<br />

<strong>Firenze</strong> della loro terra.” H. Colombia


4<br />

Feste . Arte<br />

Quando altre società complesse portano qui un bagaglio <strong>di</strong> culture e usanze, le interazioni<br />

si sviluppano in modo spontaneo, non limitandosi alla percezione <strong>di</strong> identità culturali<br />

pre-costituite: nascono nuovi linguaggi, attraverso la musica tra i giovani, attraverso <strong>di</strong>battiti<br />

e contaminazioni della cultura contemporanea.<br />

E’ molto forte a <strong>Firenze</strong> la presenza <strong>di</strong> rituali, celebrazioni, produzioni artistiche che evidenziano<br />

l’importanza della trasmissione e della pratica delle culture <strong>di</strong> origine delle varie<br />

comunità.<br />

Nascono associazioni che promuovono la propria cultura, che organizzano eventi artistici,<br />

musicali, cinematografici, <strong>di</strong> danza, spesso a cadenza perio<strong>di</strong>ca e in luoghi specifici. Alcuni<br />

sono momenti in cui si partecipa anche con vestiti tra<strong>di</strong>zionali, portando cibo e tutte le<br />

modalità <strong>di</strong> incontro della propria tra<strong>di</strong>zione.<br />

Per tante comunità è importante coltivare e mantenere le tra<strong>di</strong>zioni <strong>di</strong> origine, per un senso<br />

<strong>di</strong> appartenenza e per dare visibilità alla propria cultura. Soprattutto c’è un’attenzione per<br />

le nuove generazioni e vengono organizzate attività per far si che la lingua, la cultura e<br />

l’arte vengano conosciute e mantenute.<br />

Spesso spazi come circoli, cinema, luoghi pubblici accolgono momenti <strong>di</strong> incontro come<br />

cene, feste <strong>di</strong> carnevale, celebrazioni, corsi <strong>di</strong> lingua, <strong>di</strong> danza, cucina…<br />

Oltre alla tra<strong>di</strong>zione, le contaminazioni e l’arte contemporanea sono espressioni <strong>di</strong>ffuse<br />

e ra<strong>di</strong>cate nella <strong>di</strong>namica culturale <strong>di</strong> una popolazione interculturale. Alcuni esempi <strong>di</strong> innovazione<br />

artistica, che arriva dai paesi d’origine o che si sviluppa dall’incontro con il<br />

paese d’accoglienza, sono i fumetti africani, <strong>di</strong> cui ci ha parlato il pittore Zogo, la musica<br />

rock filippina, che abbiamo conosciuto tra gli adolescenti, l’hip hop ballato alla festa<br />

d’In<strong>di</strong>pendenza filippina, le arti circensi e performative dei brasiliani che hanno costituito le<br />

loro compagnie in europa…


“Il ricco repertorio dei soggetti <strong>di</strong> Basquiat spazia attraverso la storia e la cultura del mondo<br />

dell’America e dell’America Nera, trovando un modo nuovo per collegare tra loro le cose […].<br />

Il lavoro <strong>di</strong> Basquiat, come quello <strong>di</strong> molti suoi contemporanei, era basato più sull’appropriazione<br />

che sull’elaborazione originale […].<br />

Le immagini <strong>di</strong> cui si appropriava <strong>di</strong>venivano parte del suo originale vocabolario, lettere dell’alfabeto<br />

<strong>di</strong> un linguaggio inventato, come note <strong>di</strong> un riff <strong>di</strong> jazz, o fenomeni <strong>di</strong> una canzone scat. Combinò e<br />

ricombinò questi simboli stravaganti…sono i suoi geroglifici personali.”<br />

P. Hoban, BASQUIAT<br />

“Siamo invisibili, siamo un embrione, ma stiamo cercando <strong>di</strong> portare avanti un lavoro <strong>di</strong> visibilità nell’artigianato,<br />

nell’arte, nel commercio. Piano piano stanno emergendo a <strong>Firenze</strong> le realtà delle varie popolazioni. Con attività<br />

culturali e manifestazioni artistiche stiamo cercando <strong>di</strong> mostrare quali sono gli aspetti della nostra cultura,<br />

che spesso sono legati solo agli stereotipi.” H. Colombia<br />

“Arte Africana e fumetto. Un’esperienza già ra<strong>di</strong>cata a Parigi e in Inghilterra, base per conoscere la nostra<br />

esperienza della cultura contemporanea africana. Proporre corsi <strong>di</strong> Fumetti africani, e importarli, per chi<br />

non ha la possibilità <strong>di</strong> conoscere la cultura africana, ma ha solo un’idea stereotipata <strong>di</strong> essa. È un corso<br />

<strong>di</strong> preparazione ad un viaggio in Africa, e non ad un viaggio turistico. I nostri fumetti raccontano cose che<br />

quelli europei non hanno. Dovremmo creare un’associazione per trovare chi può andare in Africa a prendere<br />

i fumetti e poi chi li traduca qua in Italia.” Zogo premio Nobel per la pittura


Manifestazioni nei circoli Arci<br />

“Vorremmo un posto, uno spazio, dove poter celebrare gli eventi, le occasioni del nostro popolo come<br />

le nascite, i matrimoni, le morti e le festività tra<strong>di</strong>zionali. Fortunatamente i circoli ospitano le nostre manifestazioni.”<br />

R. A. Nigeria


George Ibrahim Zogo


“Per i poveri sono vasi per i ricchi sono design.” S. Brasile


Arte urbana


“Prima c’era il Sahara Desert per incontrarci, ma adesso non c’è più. Luoghi <strong>di</strong> aggregazione, <strong>di</strong> contaminazione<br />

e aperti, mancano a <strong>Firenze</strong>. Luoghi <strong>di</strong> con<strong>di</strong>visione del tempo per gran<strong>di</strong> e piccoli” P. D. Filippine


“Nei campi dei rom le feste sono organizzate<br />

soprattutto per le nascite, le circoncisioni, visto<br />

che siamo tutti mussulmani, i matrimoni e le morti.<br />

Ci mettiamo i vestiti tra<strong>di</strong>zionali che compriamo<br />

<strong>di</strong>rettamente nel campo da alcuni commercianti<br />

rom, poi c’è il ballo con musiche e cantanti rom,<br />

e la festa continua fino a tar<strong>di</strong>” E. Rom<br />

Festa tra<strong>di</strong>zionale per una nascita nel<br />

villaggio rom il Poderaccio


“Solitamente i brasiliani vengono in Italia per lavorare qualche anno e poi tornano nel loro paese. È una Comunità che si<br />

relaziona molto con se stessa e poco con le altre. <strong>La</strong> festa, la musica e la danza sono forti caratteristiche, infatti i maggiori<br />

punti <strong>di</strong> incontro sono intorno alle scuole <strong>di</strong> Capoeira, ai ristoranti, ai luoghi <strong>di</strong> musica e ballo.” D. S. Brasile


Musicisti <strong>di</strong> strada


Batukada<br />

“Questa festa è una cosa bellissima. Non puoi immaginare cosa è incontrare tutti i senegalesi, ascoltare nostra<br />

musica, ballare nostro ballo. E’ una cosa inspiegabile. Oggi mi sento a casa mia, mi sento in Senegal e sono<br />

molto contenta e molto fiera <strong>di</strong> essere senegalese.” M. Senegal


Carnevale multietnico 2006 e 2007


Consiglio degli Stranieri<br />

<strong>Comune</strong> <strong>di</strong> <strong>Firenze</strong>


5<br />

Luoghi <strong>di</strong> culto<br />

I luoghi <strong>di</strong> culto sono vissuti, oltre che per le funzioni religiose spesso in lingua,<br />

anche come luoghi d’incontro, scambio e raccolta d’informazioni.<br />

A <strong>Firenze</strong> alcuni dei centri religiosi più frequentati da comunità straniere sono le Moschee<br />

<strong>di</strong> piazza dei Ciompi e <strong>di</strong> via Tagliamento, le chiese ortodosse, come quella <strong>di</strong> Costa san<br />

Giorgio, il Centro Bud<strong>di</strong>sta <strong>di</strong> via Carlo del Prete. Tante sono le chiese utilizzate per le<br />

funzioni religiose in lingua, come San Barnaba per i filippini, San Pier Gattolino per i cingalesi,<br />

la chiesa <strong>di</strong> via Faenza per i sudamericani..<br />

Uno dei punti d’incontro per i rumeni “sono le chiese ortodosse, soprattutto la domenica<br />

mattina che è il giorno libero delle/dei badanti; in Costa S. Giorgio, si trova una grande<br />

parte della comunità rumena. In questi casi le chiese funzionano oltre che da punto aggregativo,<br />

da importante momento <strong>di</strong> solidarietà, <strong>di</strong> informazione e comunicazione informale<br />

per tutto quello che riguarda gli aspetti pratici della vita.” E. N. Romania<br />

Gli incontri religiosi <strong>di</strong> ogni comunità sono solitamente seguiti da gran<strong>di</strong> pranzi o merende<br />

e momenti <strong>di</strong> festa. “Oltre ad essere centro spirituale e <strong>di</strong> celebrazione <strong>di</strong> festività, la chiesa<br />

<strong>di</strong>venta un punto <strong>di</strong> aggregazione dove si organizza un mercato <strong>di</strong> prodotti tipici.” S. E. Russia<br />

Spesso i luoghi <strong>di</strong> culto ospitano anche corsi <strong>di</strong> lingua, danza, dopo scuola e iniziative culturali.<br />

Ogni spazio è stato nel tempo spettatore dell’alternarsi <strong>di</strong> gruppi religiosi <strong>di</strong>versi, che<br />

vivevano e costruivano la loro presenza in un certo momento per poi lasciare che altri<br />

utilizzassero a loro volta quel luogo. Nella chiesa ortodossa in via del Leone “Le funzioni<br />

liturgiche sono in slavo ecclesiastico antico e in parte in italiano, con qualche preghiera in<br />

greco. Le nazionalità che la frequentano sono russa, ucraina, bielorussa, moldava, bulgara,<br />

serba e greca.” A. Ucraina<br />

Oppure la chiesa cattolica <strong>di</strong> via Romana oggi è frequentata da un grande numero <strong>di</strong> persone<br />

dello Sri <strong>La</strong>nka che partecipano alla messa la domenica in cingalese.


Queste messe sono molto frequentate e alcune chiese che non avevano più momenti aggregativi <strong>di</strong> comunità,<br />

ritrovano la loro funzione.<br />

“prima per esempio si andava in chiesa, adesso non c’è quasi più nessuno. Non ci sono più posti <strong>di</strong> aggregazione<br />

sociale, anche perché il mondo è cambiato: non si va più in chiesa, nei giar<strong>di</strong>ni, nelle piazze.” Signora fiorentina<br />

L’importanza dei luoghi <strong>di</strong> culto non sostituisce la mancanza <strong>di</strong> spazi sociali: “quello che manca è un posto<br />

dove ritrovarsi tutti insieme la domenica, la moschea c’è per la preghiera del venerdì, ma noi il venerdì si<br />

lavora. Ci manca un posto sociale dove incontrarci, <strong>di</strong>vertirci, conoscerci..” Ragazzo del Senegal che lavora<br />

alla CFT.<br />

Gli spazi aggregativi dati dalla chiesa e dai luoghi <strong>di</strong> culto non bastano a colmare il bisogno <strong>di</strong> spazi per<br />

momenti <strong>di</strong> incontro e <strong>di</strong> scambio.<br />

“<strong>La</strong> domenica viene celebrata la messa in spagnolo da un prete peruviano, a esse partecipano soprattutto le<br />

comunità latinoamericane. Ma le comunità non hanno ancora spazi riconosciuti e costituiti per incontrarsi al<br />

<strong>di</strong> fuori del <strong>di</strong>scorso religioso.” Don Agostino Chiesa, via Faenza.


“Qui in questa città, oltre che la scuola araba, manca la moschea. Dobbiamo avere una grande moschea come<br />

le altre città ce l’hanno. Visto che prima eravamo immigrati e ora siamo citta<strong>di</strong>ni, e i nostri figli sono nati<br />

qui e cresceranno qui, e <strong>di</strong>venteranno citta<strong>di</strong>ni, chie<strong>di</strong>amo la possibilità <strong>di</strong> integrarci meglio.”<br />

A. Senegal


Moschea in Borgo Allegri. È prevalentemente<br />

un centro <strong>di</strong> preghiera. Nella cultura islamica<br />

sono previste 5 momenti <strong>di</strong> preghiera al giorno<br />

e chi lo desidera può venire a pregare<br />

qui. Invece il venerdì è il giorno in cui tutti<br />

vengono a pregare alla Moschea: è una giornata<br />

<strong>di</strong> festa, <strong>di</strong> aggregazione e socialità per i<br />

mussulmani.<br />

“Ci vorrebbero dei posti per permettere gli<br />

incontri tra tutte le culture. Posti aperti, soprattutto<br />

per conoscere le varie lingue, culture,<br />

tra<strong>di</strong>zioni e religioni, per far conoscere ad altre<br />

comunità un percorso personale, contaminandosi<br />

tra le culture, conoscersi e imparare<br />

le <strong>di</strong>versità. Bisogna che ci siano informazioni<br />

giuste, corrette e anche nelle scuole insegnare<br />

le <strong>di</strong>verse religioni in modo che anche i<br />

bambini non ragionino per stereotipi negativi.”<br />

E. Palestina<br />

“A <strong>Firenze</strong> abbiamo avuto un terreno fertile e<br />

la sensibilità per l’incontro. Questo ha fatto<br />

sì che noi, come comunità islamica, dal primo<br />

momento abbiamo deciso un’apertura totale. Le<br />

iniziative sono aperte al pubblico, qualsiasi persona<br />

può venire da noi per seguire le nostre<br />

iniziative, perché <strong>di</strong>ciamo: “uno entra dentro<br />

una chiesa, uno entra dentro una moschea.”<br />

Facciamo giornate delle moschee aperte durante<br />

l’anno, momento <strong>di</strong> scambio culturale,<br />

religioso e oltre.” E. Palestina.


Centro Islamico, Borgo Allegri


“<strong>Firenze</strong> è aperta, negli ultimi anni sono cresciute l’informazione e il <strong>di</strong>alogo. Il <strong>di</strong>alogo tra le varie realtà è<br />

fondamentale. I miei figli hanno avuto tanti episo<strong>di</strong> belli, con i compagni, le insegnanti. Sempre con buoni<br />

rapporti. Invece altri musulmani hanno avuto anche esperienze negative, come prese in giro per il nostro<br />

abbigliamento femminile. Comunque c’è solidarietà e anche le donne qui a <strong>Firenze</strong> stanno accettando il nostro<br />

abbigliamento e rispettano la nostra cultura, l’educazione che <strong>di</strong>amo ai figli, quello che mangiamo, ecc… Bisogna<br />

<strong>di</strong>stinguere due cose: la religione è una cosa, la cultura un’altra.” S. Palestina. Centro Islamico


Moschea del villaggio rom il Poderaccio<br />

Quasi tutta la vita, gli eventi sociali e aggregativi, si svolgono nei Campi. Ogni campo ha la sua Moschea.<br />

“Gli imam al Campo celebrano i riti religiosi prima in arabo e poi in romané. Per il 99% siamo musulmani, a<br />

Sesto si trovano serbi ortodossi. Durante il Bairam e il giorno del pellegrinaggio alla Mecca si ammazzano<br />

gli agnelli. Il giorno dopo la fine del Ramadan si usa mangiare in famiglia”.<br />

B. Rom. Referente moschea del villaggio Il Poderaccio


Messa cingalese domenicale<br />

Chiesa cattolica S. Pier Gattolino <strong>di</strong> Via Romana


Comunità cattolica dello Sri <strong>La</strong>nka, chiesa <strong>di</strong> San Pier Gattolino,<br />

via Romana, 40. “<strong>La</strong> chiesa utilizzata ogni domenica mattina<br />

in occasione della messa dalla Comunità cattolica cingalese. Il<br />

padre <strong>di</strong> riferimento per le funzioni è Don Alex. In occasione<br />

<strong>di</strong> cerimonie importanti per la Comunità o <strong>di</strong> funzioni domenicali,<br />

la chiesa è frequentata oltre che dai cattolici anche dai<br />

bud<strong>di</strong>sti.” I. Sri <strong>La</strong>nka


Buffet e pranzi dopo<br />

le cerimonie


Centro Bud<strong>di</strong>sta <strong>di</strong> via Carlo del Prete


“Qui al centro bud<strong>di</strong>sta la domenica pomeriggio vengono organizzati dei corsi <strong>di</strong> lingua cingalese e <strong>di</strong> lingua<br />

inglese per i bambini piccoli e <strong>di</strong> cultura cingalese per i più gran<strong>di</strong>. Ci sono vari maestri a fare le lezioni<br />

nella stanza e la coor<strong>di</strong>natrice <strong>di</strong> tutti i corsi è la signora Madukariyawasam”.<br />

S. P. Sri <strong>La</strong>nka. Referente Centro Bud<strong>di</strong>sta


“Io sono un monaco bud<strong>di</strong>sta dello Sri <strong>La</strong>nka. Io stato qui in Italia sei anni, in questa associazione dello Sri<br />

<strong>La</strong>nka sono il presidente e anche guida spirituale. Nostra attività prima è religiosa bud<strong>di</strong>sta, ma non solo<br />

religiosa anche sociale anche culturale. Siamo in relazione ad altri gruppi etnici; abbiamo fatto e faremo <strong>di</strong><br />

insegnare ai nostri bambini la lingua cingalese, non solo ai bud<strong>di</strong>sti ma anche cattolici e mussulmani. <strong>Firenze</strong><br />

molto bene, perché io sento <strong>Firenze</strong> il mio villaggio. Il mio villaggio in Sri <strong>La</strong>nka come fosse qui. Tutta la<br />

campagna e la città è il mio villaggio.” Monaco del Centro Bud<strong>di</strong>sta<br />

“Inizialmente, qualche anno fa, questo centro ha iniziato a fare corsi <strong>di</strong> srilankese, cioè della lingua, poi tre<br />

anni fa si è inserito anche questo corso <strong>di</strong> danza che si svolge tutte le domeniche, perché in altri giorni<br />

non ci si può ritrovare noi srilankesi. Si da priorità alla danza tra<strong>di</strong>zionale ma anche ad altri tipi <strong>di</strong> danze<br />

<strong>di</strong>verse che sono nate col passare del tempo, e quin<strong>di</strong> noi facciamo due tipi <strong>di</strong> danza un po’ separati.”<br />

F. Sri <strong>La</strong>nka


<strong>La</strong> Comunità cerca <strong>di</strong> essere<br />

una rete informativa per<br />

quanto riguarda la ricerca<br />

<strong>di</strong> lavoro e la soluzione<br />

<strong>di</strong> problematiche legate ai<br />

documenti. Danno appoggio<br />

spirituale, morale e culturale.<br />

Dà vita ad iniziative culturali<br />

con l’intento <strong>di</strong> essere una<br />

comunità visibile e con volontà<br />

<strong>di</strong> partecipare alla vita<br />

della città.<br />

Chiesa <strong>di</strong> S. Barnaba<br />

in via Panicale<br />

Messa filippina


“Qui nella chiesa <strong>di</strong> San Barnaba organizziamo anche attività culturali come concerti <strong>di</strong> musica classica. Inoltre<br />

il pomeriggio ci sono le attività <strong>di</strong> dopo scuola per i ragazzi flippini, con corsi <strong>di</strong> lingua Inglese e musia<br />

Rock. Nella chiesa le messe sono celebrate <strong>di</strong> giove<strong>di</strong> e <strong>di</strong> domenica, i giorni liberi per molti membri della<br />

comunità, è sono occasioni aggregative molto importanti.” D. Filippine


6<br />

Luoghi<br />

del commercio<br />

e<br />

professioni<br />

<strong>La</strong> documentazione vuole evidenziare le relazioni e le trasformazioni sviluppatesi nella città,<br />

i cambiamenti già ra<strong>di</strong>cati nella quoti<strong>di</strong>anità, nell’ambito delle risorse umane e dei rapporti<br />

commerciali. Sottolineare quanto siano abitu<strong>di</strong>narie certe relazioni giornaliere, tanto da passare<br />

inosservate nel giu<strong>di</strong>zio verso lo straniero.<br />

Dove andare a comprare specifici prodotti, la varietà dei mo<strong>di</strong> <strong>di</strong> vestire, l’apporto economico,<br />

l’apporto <strong>di</strong> forza lavoro in campi per noi quasi abbandonati, può far puntualizzare<br />

l’ormai inestricabile tessuto <strong>di</strong> relazioni che dà alla luce realtà complesse.<br />

A volte intere organizzazioni e passaggi <strong>di</strong> informazioni veloci si strutturano introno ai luoghi<br />

del commercio -per esempio la zona del Mercato Centrale- dove emergono espe<strong>di</strong>enti,<br />

risorse, “passa parola” e solidarietà spontanea <strong>di</strong>fficilmente conoscibili, ma <strong>di</strong>venuti punti <strong>di</strong><br />

riferimento da noi chiamati Informale Attivo. Le informazioni riguardano qualsiasi settore e<br />

necessità, oltre alla me<strong>di</strong>azione nell’inserimento dei nuovi arrivati in città, i quali altrimenti<br />

avrebbero <strong>di</strong>fficoltà a raggiungere i “luoghi istituzionali dell’aiuto.”<br />

“<strong>Firenze</strong> non è razzista, ma non è una città interculturale: <strong>Firenze</strong>, l’Italia in genere, ha vari<br />

livelli culturali, e tanti più ignoranti, hanno ancora paura dello straniero. Però è importante<br />

che loro capiscano che lo straniero non porta solo cultura (<strong>di</strong> cui spesso agli ignoranti<br />

non frega niente), ma contribuisce al lavoro, pagando le tasse e aumentando la ricchezza<br />

economica del Paese e della città. Inoltre spesso gli stranieri si specializzano in professionalità<br />

specifiche, come i badanti, i muratori, i commercianti, ecc. Comunque questo flusso<br />

recente <strong>di</strong> migrazione incide nella vita della città, nel lavoro ed è una realtà che porterà<br />

per forza ad una apertura.” P. X. Albania


I luoghi del commercio <strong>di</strong>ventano neccessari luoghi <strong>di</strong> incontro, alcuni definiscono dei veri e propri punti<br />

<strong>di</strong> riferimento, non solo turistici e commerciali, ma anche <strong>di</strong> relazione e socializzazione. Sono punti dove si<br />

genera un fermento e un incontro che <strong>di</strong>venta una informale rete <strong>di</strong> solidarietà.<br />

“Trovare qualsiasi cosa che assomigli al proprio paese dà come una sensazione <strong>di</strong> accoglienza maternale. I<br />

sentimenti più antichi ritornano anche parlando la lingua, gustando i cibi. Il fatto <strong>di</strong> non avere un punto <strong>di</strong><br />

riferimento fisico è una cosa molto pesante. Anche gli Italiani a New York avevano Little Italy.” P. Albania<br />

Uno dei problemi maggiori relativi ai contesti professionali è il riconoscimento delle qualifiche professionali<br />

e degli attestati <strong>di</strong> laurea.<br />

“Io sono arrivato all’estremo caso in cui il mio <strong>di</strong>ploma professionale in elettricista, preso al mio paese, non<br />

è stato riconosciuto qui, quin<strong>di</strong> ne ho preso un altro in e<strong>di</strong>lizia in Italia, che poi non mi è stato riconosciuto<br />

in Romania. Dunque adesso ho tre qualifiche professionali! E faccio il facchino. Comunque ci sono<br />

anche dottori che fanno gli spazzini!” V. R. Romania<br />

Spesso ogni comunità si ritrova ad organizzarsi in lavori per settore, così non importa quali qualifiche abbia<br />

il singolo, ma viene inserito nel contesto lavorativo del proprio gruppo.<br />

“I fiorentini in generale <strong>di</strong>cono che i senegalesi vendono per strada: è vero, però quelli che lavorano sono<br />

<strong>di</strong> più <strong>di</strong> quelli che vendono!<br />

Comunque ogni comunità ha il suo percorso: il filippino viene e fa il badante, perché la comunità in quel<br />

momento organizza quel lavoro e lo introduce tramite il passa parola. Il senegalese viene accolto da un<br />

gruppo <strong>di</strong> amici e <strong>di</strong>ce: “Che si fa?” – “Inizia intanto a fare quello che facciamo noi”, poi se hai fortuna <strong>di</strong><br />

trovare un lavoro più stabile, regolare..” H. Senegal<br />

Non caschiamo però nel luogo comune che tende a non sottolineare la presenza <strong>di</strong> professionalità e il livello<br />

<strong>di</strong> inserimento <strong>di</strong> tanti professionisti stranieri che si trovano a lavorare nei loro settori e come liberi<br />

professionisti, apportando le proprie competenze e interagendo con il contesto accogliente.


“Io faccio partorire le donne, vado a qualsiasi ospedale quando mi chiamano, nigeriane o anche altre africane,<br />

ma poi mi devono dar retta! Vado a qualsiasi ora, la notte, e se c’è bisogno sto lì anche due giorni. Ho<br />

fatto partorire tante donne in Africa! Io ho esperienza, ho 5 figli!” Nigeria. Negozio Parruchiera


“Quando si poteva facevo battaglie politiche, partecipavo ai movimenti, quando c’era Ciccia per Gatti! Ora<br />

c’è la fame per tutti!” S. Brasile<br />

“Bisogna andare incontro a queste comunità, a questa gente, perché se no, chi ha bisogno realmente, farebbe<br />

qualsiasi cosa! Per cui io non posso <strong>di</strong>re domani: <strong>Firenze</strong> è piena <strong>di</strong> spacciatori. Per forza, come deve fare<br />

questo ragazzo o questa ragazza se non trova l’alternativa? A qualche cosa si deve attaccare per riempire la<br />

pancia, perché se non riempie la pancia è un gran casino!<br />

..noi abbiamo fatto questo negozio, la macelleria, soprattutto in base ai clienti me<strong>di</strong>orientali o magari africani<br />

ma <strong>di</strong> religione mussulmana, perché i mussulmani trovano <strong>di</strong>fficoltà per esempio a trovare la carne lavorata<br />

sul rito musulmano.” K. Macelleria islamica


Mercato <strong>di</strong> S. Lorenzo


“Negli anni ’50 i primi banchi del mercato <strong>di</strong> S. Lorenzo, erano gestiti soprattutto da persone provenienti<br />

dalla Grecia, delle quali attualmente è rimasto un unico banco. Successivamente, dopo il ’79, c’è stata un’ondata<br />

<strong>di</strong> iraniani, poi senegalesi e marocchini. Negli anni ’90 invece molti banchi del mercato furono lavoro per i<br />

brasiliani, poi dal 2000 si è aggiunta una nuova ondata proveniente dalla Romania. Per arrivare ad oggi, dove<br />

convivono oltre che gli storici fiorintini, banchi <strong>di</strong> svariate comunità.” R. M. Ufficio Immigrati, referente del mercato


Mercato centrale, S. Lorenzo


Zona Brozzi, via Pratese<br />

“È consuetu<strong>di</strong>ne, all’interno della comunità cinese,<br />

rivolgersi ai propri connazionali per chiedere<br />

somme <strong>di</strong> danaro in prestito con le quali poter<br />

iniziare nuove attività impren<strong>di</strong>toriali. Colui o<br />

coloro che sono al momento impossibilitati a<br />

elargire il favore “perdono la faccia”, cioè si<br />

appanna il loro prestigio. L’espressione “salvare<br />

la faccia” è molto usata e tenuta in grande considerazione.”<br />

H. Cina


“Facciamo arrivare le stoffe dal Senegal e grazie alla sartoria che abbiamo aperto insieme al punto ven<strong>di</strong>ta,<br />

realiziamo e ven<strong>di</strong>amo i nostri modelli”. H. K. Senegal


<strong>La</strong>voro <strong>di</strong> neccessità


Spazio Multiculturale, Lungarno Pecori Giral<strong>di</strong><br />

Lo Spazio multiculturale, gestito dall’Associazione Culture dal Mondo, è un esempio <strong>di</strong> collaborazione tra<br />

culture e religioni e civiltà <strong>di</strong>fferenti. Le comunità più gran<strong>di</strong> al suo interno sono quella marocchina, cinese<br />

e senegalese ma lo spazio vuole e sere aperto a tutti. <strong>La</strong> programmazione estiva del mercato prevede inoltre<br />

eventi musicali e culturali e per la prossima primavera sarà anche attivato un punto ristoro. Il mercatino<br />

infatti non è solo un’esposizione <strong>di</strong> artigianato, ma soprattutto un luogo <strong>di</strong> incontro dove ogni giorno si<br />

possono raggiungere in un baleno posti lontani, ascoltare concerti, guardare spettacoli o gustare piatti rari.<br />

All’interno del mercato si possono trovare prodotti artigianali provenienti dai Paesi in via <strong>di</strong> sviluppo che<br />

rispettano principi etici.


Elettro+<br />

Isolotto<br />

Ristorante<br />

Peruviano<br />

2006<br />

“Dato che organizzavamo alle cascine ritrovi e feste<br />

dove tutti venivano a mangiare la domenica, abbiamo<br />

pensato <strong>di</strong> gestire uno spazio fisso dove ritrovarci e<br />

portare avanti un’attività <strong>di</strong> ristorazione con il cibo<br />

peruviano. Infatti la domenica questo posto è molto<br />

frequentato da tutte le famiglie peruviane e non solo.<br />

Grazie all’ospitalità dei ragazzi dell’E+ , abbiamo<br />

potuto riutilizzare questa cucina e questa sala trasformandole<br />

in un ristorante e punto <strong>di</strong> incontro che ci<br />

mancava”. W. Perù


CFT Novoli<br />

“Quando un lavoratore <strong>di</strong>venta socio della cooperativa acquisisce tutti i <strong>di</strong>ritti degli altri e quin<strong>di</strong> la possibilità<br />

in cooperativa <strong>di</strong> emergere. Noi abbiamo avuto un consigliere <strong>di</strong> amministrazione straniero, abbiamo<br />

tuttora capi struttura stranieri delle varie comunità.” F. M. CFT, <strong>Firenze</strong>


“È una cooperativa composta da oltre<br />

1.200 soci <strong>di</strong> cui quasi l’80% sono<br />

stranieri: tutti sono soci, senza <strong>di</strong>scriminazioni.<br />

Un esempio molto importante<br />

è la sua struttura, squadre <strong>di</strong><br />

italiani e stranieri che lavorano insieme.<br />

Il C.f.t., ha inoltre un accordo con la<br />

Questura per permessi <strong>di</strong> soggiorno,<br />

contratti e permessi delle ferie strutturati<br />

a misura delle necessità. Durante<br />

il Ramadam si organizzano pause <strong>di</strong> lavoro<br />

in orari consonI, si organizzano<br />

corsi <strong>di</strong> italiano pagati. L’integrazione<br />

avviene soprattutto a livello attivo e<br />

pragmatico.” F. M. CFT, <strong>Firenze</strong>


“Sto realizzando un video documentario per i miei studenti in Iran per fare un parallelismo tra l’architettura<br />

italiana e quella persiana. Per mostrare con una documentazione <strong>di</strong>retta quello che stu<strong>di</strong>ano sui libri, anche<br />

a chi ancora non è mai uscito dal paese.” F. B. Iran


“Partendo dal mio lavoro <strong>di</strong> scultore ho<br />

conosciuto tanti altri artisti e artigiani che<br />

sono venuti in Europa come me per approfon<strong>di</strong>re<br />

e mettere in pratica le loro conoscenze.<br />

Ho lavorato con pittori, scrittori,<br />

scenografi, musicisti, attori..<br />

Per essere nomade devi saperti organizzare<br />

bene, se vuoi vivere bene. Per essere libero<br />

devi essere molto <strong>di</strong>sciplinato.<br />

Se non c’è cane, caccia col gatto!” E. Brasile


“Sono arrivato a <strong>Firenze</strong> nei primi anni 70, mi sono laureato in Architetura qui elavoro come Architeto da<br />

30 anni.” D. Iran


“<strong>La</strong>voro con i bambini nelle scuole a <strong>Firenze</strong> mentre continuo i miei stu<strong>di</strong> <strong>di</strong> fotografia.” N. Iran


“I primi ad arrivare dalla Somalia furono negli anni ’50. Ora sono 800/1000 i somali in città che hanno<br />

intrapreso varie carriere, in settori molto <strong>di</strong>fferenti, con una forte nota <strong>di</strong> inserimento nella città, come me<strong>di</strong>ci,<br />

ingegneri, operai, aiutanti domestici, studenti universitari, ristoratori.” Osman Gaal, Somalia


Una mano da sola non fa rumore<br />

Proverbio Iraniano


“Clandestino è sinonimo <strong>di</strong> criminale. Per me è un termine neutro dal punto <strong>di</strong> vista legale, nobile dal punto <strong>di</strong> vista<br />

umano. E’ una moltitu<strong>di</strong>ne <strong>di</strong> umanità che si sposta a pie<strong>di</strong>, per andare a cercare un posto geograficamente migliore. E<br />

chi si sposta a pie<strong>di</strong>, non si può fermare.” Erri de Luca, Meeting San Rossore 2008


“<strong>La</strong> <strong>segnaletica</strong> <strong>invisibile</strong>” è una documentazione fotografica e narrativa che percorre le strade e le relazioni<br />

tra la citta<strong>di</strong>nanza multiculturale e <strong>Firenze</strong>. Il titolo, non vuole esprimere il concetto <strong>di</strong> una multiculturalità<br />

sommersa, (anche se non tutti immaginano che ci sia una messa in cingalese nella chiesa <strong>di</strong> via romana la<br />

domenica!), ma una multiculturalità intrecciata profondamente alla vita quoti<strong>di</strong>ana della città, come parte <strong>di</strong><br />

una sua attuale trasformazione.<br />

Il materiale, raccolto in un catalogo, è stato sud<strong>di</strong>viso in modo da raccontare alcuni aspetti <strong>di</strong> ridentificazione<br />

del territorio e del riutilizzo <strong>di</strong> spazi, alcuni dei quali quasi abbandonati dagli italiani. In 4 anni <strong>di</strong> ricerca<br />

su campo sono state documentate: le aree <strong>di</strong> incontro e <strong>di</strong> scambio delle comunità straniere, i luoghi aggregativi<br />

e <strong>di</strong> culto, i luoghi del commercio, le feste e l’arte, la vita quoti<strong>di</strong>ana e i volti che si incontrano<br />

tutti i giorni.<br />

Una documentazione che vuole sottolineare come esista una <strong>Firenze</strong> più o meno nascosta, più o meno percepita<br />

in modo cosciente, con la sua <strong>segnaletica</strong> <strong>invisibile</strong>, che è fatta <strong>di</strong> una moltitu<strong>di</strong>ne <strong>di</strong> persone <strong>di</strong> paesi<br />

<strong>di</strong>versi, che convive, si scontra, costruisce, progetta e commercia.<br />

L’Associazione L.A.M.I’ – <strong>La</strong>boratorio degli Abitanti <strong>di</strong> Monitoraggio Interurbano - è nata dall’esigenza<br />

<strong>di</strong> creare un gruppo <strong>di</strong> lavoro inter<strong>di</strong>sciplinare che operasse sull’indagine e la documentazione del<br />

territorio, per avere una compresenza <strong>di</strong> percorsi formativi nei campi dell’antropologia culturale e<br />

visuale, sociologia, documentazione video e fotografia.<br />

<strong>La</strong> prima pubblicazione dell’associazione Culturale L.a.m.ì., sempre su tematiche interculturali, è <strong>La</strong><br />

“Guida Nuova Citta<strong>di</strong>nanza” consultabile sul sito del <strong>Comune</strong> <strong>di</strong> <strong>Firenze</strong>.

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