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La segnaletica invisibile - Comune di Firenze

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Introduzione al testo <strong>di</strong> documentazione, ed i suoi perché<br />

“<strong>La</strong> storia non si stu<strong>di</strong>a mai a sufficienza. Oggi <strong>di</strong>rei che soprattutto ai giovani non viene insegnata abbastanza;<br />

essi non sembrano interessati a quello che è accaduto prima della loro nascita. Se non sai chi sei e da dove<br />

vieni, se non conosci le tue ra<strong>di</strong>ci ancestrali, è come se stessi dormendo.” (Spike Lee, Feltrinelli, p.9)<br />

<strong>La</strong> realtà non si osserva mai con troppa attenzione.<br />

Spike Lee, maestro del cinema afroamericano, e quanti altri stranieri ve<strong>di</strong>amo, tifiamo, applau<strong>di</strong>amo, <strong>di</strong> cui<br />

ascoltiamo la musica.. e poi abbiamo paura degli “stranieri”, giocano nelle nostre squadre <strong>di</strong> calcio, ma poi<br />

non li vogliamo come vicini <strong>di</strong> casa, an<strong>di</strong>amo ai loro concerti, ma non ci piace parlare <strong>di</strong> integrazione nella<br />

quoti<strong>di</strong>anità.. legittimiamo la crescita <strong>di</strong> atteggiamenti <strong>di</strong> chiusura rispetto allo sviluppo <strong>di</strong> una città multiculturale,<br />

senza notare che ci viviamo già da tempo. <strong>La</strong> Segnaletica Invisibile, nata in seguito alla Guida<br />

Nuova Citta<strong>di</strong>nanza, ha anche questa (come la Guida) una duplicità <strong>di</strong> fruizione, non solo come espressione<br />

e contenitore <strong>di</strong> punti <strong>di</strong> vista su <strong>Firenze</strong> da parte dei citta<strong>di</strong>ni stranieri che abbiamo intervistato, ma anche<br />

per i fiorentini, per gli abitanti della città, per porre l’attenzione sugli spazi e le azioni quoti<strong>di</strong>ane e quanto<br />

queste siano già vissute in una <strong>di</strong>mensione interculturale.<br />

Riportiamo un <strong>di</strong>alogo <strong>di</strong> una famiglia fiorentina. Zia anziana: “Sono stata male con la gamba rotta, ma che<br />

fortuna che ho avuto con la badante! Era brava, puliva <strong>di</strong> continuo! Mi ha aiutata tanto”; Zio anziano: “E<br />

quanto l’ha massaggiata.. brava!”; Nonna: “A me la mia un mi faceva nulla, puliva poco!”; Cugina: “Ma la tua<br />

unn’era mica rumena! <strong>La</strong> tua era italiana!”; Nonna: “Bah!”.<br />

Una documentazione che vuole sottolineare come esista una <strong>Firenze</strong> più o meno nascosta, più o meno percepita<br />

in modo cosciente, con la sua <strong>segnaletica</strong> <strong>invisibile</strong>, che è fatta <strong>di</strong> una moltitu<strong>di</strong>ne <strong>di</strong> persone <strong>di</strong> paesi<br />

<strong>di</strong>versi, che convive, costruisce, progetta, commercia, che riutilizza spazi dagli italiani quasi abbandonati,<br />

che vive accanto o con gli abitanti <strong>di</strong> questa città. Quanto questa <strong>di</strong>mensione <strong>di</strong> coesistenza sia quoti<strong>di</strong>ana,<br />

e quanto non ci sembra quoti<strong>di</strong>ana quando parliamo degli “stranieri”. Perché dovremmo tornare in<strong>di</strong>etro o<br />

arrestare un processo in <strong>di</strong>venire dai secoli?<br />

Entre tu pueblo y mi pueblo, hai un punto y una raja..<br />

la raja <strong>di</strong>ce no hay pas y el punto via cerada..<br />

(da una canzone <strong>di</strong> Soledad Bravo, anni ‘70)

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