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LUCREZIO

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Gli arcaismi linguistici<br />

Frequenti riferimenti allo stile<br />

poetico, tragico, epico<br />

Le difficoltà stilistiche<br />

animali» (namque eadem caelum mare terras flumina solem / significant, eadem fruges arbusta<br />

animantis), due passi perfettamente identici – fatta eccezione per la sostituzione di constituunt con<br />

significant – per comprendere la corrispondenza per Lucrezio tra la formazione dei corpi e quella<br />

delle parole, i primi costituiti di primordia, di atomi, le seconde delle lettere dell’alfabeto.<br />

Per suggerire, ad esempio l’antitesi di due principi fisici quali l’umido e il secco (tÕ ØgrÒn / tÕ<br />

xhrÒn), illustrata attraverso l’immagine quotidiana delle vesti che si bgnano sul lido, e poi si<br />

asciugano al sole (I, 305-306 denique fluctifrago suspensae in litore vestes / uvescunt, eaedem<br />

dispansae in sole serescunt), Lucrezio crea due verbi (uvescunt, serescunt), il primo rarissimo (solo<br />

altre 2 volte in latino), il secondo hapax assoluto, uniti dall’isosillabismo e dall’identità del suffisso<br />

di incoativo (-sco, ad indicare la trasformazione), ma semanticamente e visivamente opposti, ai due<br />

estremi del verso. «il testo si fa immagine di un principio cosmologico» (Dionigi).<br />

È notevole notare poi che vale anche il principio opposto, per cui le leggi che regolano la struttura<br />

atomica della realtà (II, 1019, res materiai) sono leggi grammaticali, concursus motus ordo positura<br />

figura (II, 1021), l’incontro, il moto, l’ordine, la posizione, la forma. Si stabilisce così una completa<br />

solidarietà tra gli elementa vocis e gli elementa mundi; per cui il poema si configura come una<br />

«esecuzione grammaticale del cosmo».<br />

La lingua di Lucrezio presenta una evidente patina arcacia: se riconsideriamo ad esempio alcuni versi<br />

dell’episodio di Ifigenia (I, 84-86), Aulide quo pacto Triviai virginis aram / Iphianassai turparunt<br />

sanguine foede / ductores Danaum delecti, prima virorum («Così in Aulide l’altare della vergine<br />

Trivia / turpemente violarono col sangue d’Ifianassa gli scelti / duci dei Danai, il fiore di tutti i<br />

guerrieri.»), troviamo la desinenza di genitivo plurale -um (Danaum = Danaorum) e di genitivo<br />

singolare -a#"# (Triviai = Trivia; Iphianassai, dove non solo la desinenza è arcaica, ma pure la forma è<br />

un omerismo), in un contesto fortemente segnato, anche nei versi precedenti (v. p. ….), dalla<br />

presenza enniana ad accentuare la solennità del dettato: enniani sono ad esempio turparunt e l’epiteto<br />

Trivia per Diana, come pure indugredi (al v. 82, con l’arcaico indu- in luogo di in-, come in<br />

induperator, ed usato anche non in composizione, in II, 1096 indu manus). Se è vero, come è stato<br />

notato, che arcaismi come i genitivi in –ai, costituiscono comode alternative metriche (- - in luogo di<br />

-), bisognerà notare che sono per lo più funzionali al contesto, per sottolineare l’orrore del sacrificio<br />

con un tono epico, come nell’episodio di Ifigenia, o per innalzare il livello stilistico, nel caso<br />

dell’inno a Venere (con le forme militiai, patriai, accanto a moenera e a Mavors, v. p. ….). Ma<br />

soprattutto, come ha notato il Bignone, il genitivo in –ai ricorre più frequentemente con sostantivi<br />

semanticamente rilevanti per il messaggio filosofico lucreziano: aquai, terrai, materiai (addirittura<br />

41 casi, contro 3 di materiae), animai. Si tratta dunque di due dei quattro elementi primordiali, i<br />

maxima membra mundi che Empedocle considerava divini, mentre materia è il loro complesso<br />

originario, fonte di vita, e anima si presta ad essere elevato stilisticamente in quanto connesso con la<br />

sfera religiosa.<br />

Alla poesia arcaica rimandano poi le numerose allitterazioni e i giochi di suono, l’uso dell’aggettivazione,<br />

spesso sovrabbondante, per rendere una descrizione più vivida e intensa, o patetica,<br />

coinvolgente per il lettore, talora semplicemente esornativa (ad esempio, blanda voluptas).<br />

Parimenti, Lucrezio mostra familiarità con gli arditi composti dell’epica e della tragedia (come<br />

pinnigeri... Amoris, «alato» [V, 1075], o il conio originale anguimanus elephantos, con riferimento<br />

alla proboscide «serpentiforme» dell’elefante [II, 537]) e la capacità di creare su toni poetici di<br />

assoluta elevatezza, come nel caso di tripectora tergeminis vis Geryonai (V, 28), elaborata perifrasi<br />

per indicare il mostro mitologico Gerione, dalla triplice natura, in cui si combinano due composti, di<br />

cui il primo è anche hapax, e una perifrasi derivata dall’epica greca, vis Geryonai, con ancora il<br />

genitivo arcaico in –ai.<br />

Lucrezio dovette poi affrontare il problema di proporre a Roma la terminologia tecnica greca della<br />

filosofia epicurea, con una operazione di innovazione linguistica di cui sentiva la difficoltà – sia per<br />

la mancanza di termini astratti per i concetti, che per la novità della concezione stessa del mondo –<br />

ed insieme era fiero (cf. I, 136-140, cit. p. …). Di qui una scelta non purista di creare nuove parole.<br />

Nel suo poema ci sono infatti circa un centinaio di hapax e molti composti rari (che riappaiono solo<br />

nel latino tardo, di Apuleio e Arnobio), e quasi certamente una gran parte di questi sono pure neoformazioni<br />

lucreziane: tra questi si potranno i ricordare gli astratti in –men come clinamen (II, 292),<br />

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