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1 Anna Putton, Empowerment e scuola.Metodologie ... - Univirtual.eu

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<strong>Anna</strong> <strong>Putton</strong>, <strong>Empowerment</strong> e <strong>scuola</strong>.<strong>Metodologie</strong> di formazione<br />

nell’organizzazione educativa, Carrocci Editore, Roma, 2004 (1° ed.<br />

1999); pp. 209<br />

Recensione di Silvia Zanetti - 25 luglio 2007<br />

Abstract<br />

L’opera, dedicata a tutti coloro che lavorano nella <strong>scuola</strong> o sono interessati ad essa, offre stimoli per la<br />

riflessione, proposte di metodi e strategie operative per introdurre e avviare un processo di<br />

empowerment nella <strong>scuola</strong>. Viene analizzata in particolare l’educazione socioaffettiva, una metodologia<br />

che risponde sia alle esigenze degli alunni di trovare a <strong>scuola</strong> un proprio spazio in cui condividere, senza<br />

timore del giudizio, idee ed esperienze, sia all’esigenza dei docenti di avere strumenti per capire meglio<br />

le dinamiche del gruppo classe e potersi così rapportare in modo più mirato ed efficace. Nel testo sono<br />

anche proposti e descritti esempi di applicazione del metodo socioaffettivo come strumento di<br />

empowerment nei gruppi di genitori e nell’educazione tra pari.<br />

The book, dedicated to all those who work in schools or are interested in it, provides incentives for<br />

reflection, proposals for operational methods and strategies to introduce and initiate a process of<br />

empowerment in schools. It is analyzed in particular emotions and sociality education, a methodology<br />

that is responding to the needs of pupils at school to find a space in which to share, without fear of<br />

judgment, ideas and experiences, both to teachers to have tools to better understand the dynamics of<br />

group class and thus able to relate in a more focused and effective. In the text are also proposed and<br />

described examples of application of the “socioaffettivo” method as an instrument of empowerment<br />

groups of parents and peer education.<br />

Recensione<br />

Il testo, edito per la prima volta nel 1999, fa riferimento a bozze di riforme della<br />

<strong>scuola</strong> che poi non sono state attuate, inoltre non prende in considerazione l’ultima<br />

riforma della <strong>scuola</strong> realizzata con la legge 53 del marzo 2003. Tuttavia, ciò non<br />

impedisce in alcun modo all’autrice di onorare i propri intenti, che, nella prima parte<br />

dell’opera, si propone, grazie anche ad interventi di altri studiosi: cioè, offrire spunti<br />

di riflessione sulla formazione degli operatori scolastici ed esempi di modalità<br />

operative finalizzate allo sviluppo dell’ empowerment nella <strong>scuola</strong>. Il testo si rivolge,<br />

quindi, principalmente ai formatori degli operatori scolastici e di tutti i soggetti che<br />

gravitano attorno all’istituzione scolastica, come genitori e operatori socio-sanitari,<br />

e a tutti coloro che in genere si interessano di <strong>scuola</strong>.<br />

Dopo aver definito, alla luce delle principali teorie di riferimento, il concetto di<br />

empowerment, l’autrice analizza lo status della <strong>scuola</strong> denunciando una perdita di<br />

“potere” da parte di tale istituzione, una crisi che potrebbe essere superata<br />

attraverso l’elaborazione di una cultura dell’ empowerment. Tale strategia<br />

vedrebbe, come principali cardini del cambiamento, la formazione degli insegnanti,<br />

la costituzione di reti di lavoro e la leadership degli istituti scolastici che dovrebbe<br />

possedere caratteristiche di empowered e di empowering. I processi empowering<br />

concernono il tentativo di acquisire controllo, di ottenere risorse necessarie e di<br />

capire in modo critico il proprio contesto sociale; i risultati empowered, invece, si<br />

riferiscono agli effetti conseguiti attivando una strategia di empowerment.<br />

Quindi, per poter rispondere alle esigenze di una società in continua<br />

trasformazione, secondo l’autrice la <strong>scuola</strong> dovrebbe subire un rinnovamento e una<br />

trasformazione a tutti i livelli.<br />

Nella seconda parte Mariagrazia Ghio esegue una veloce disamina delle più recenti<br />

riforme scolastiche, a partire da quella per la <strong>scuola</strong> elementare dell’85, rilevando in<br />

tutte lo stesso errore, cioè la mancanza di interventi di formazione degli insegnanti<br />

miranti all’acquisizione di competenze soprattutto di tipo relazionali. Secondo<br />

l’autrice per riacquistare “potere” e la fiducia da parte dell’opinione pubblica nei<br />

1


confronti della <strong>scuola</strong>, è necessario investire nella formazione degli insegnanti<br />

perché possano acquisire nuove tecniche e metodologie atte soddisfare i bisogni di<br />

una società in continua trasformazione. Gli insegnanti devono essere e sentirsi<br />

protagonisti del “cambiamento” , devono ritrovare in se stessi i punti di forza e le<br />

potenzialità necessari per operare nel nuovo contesto. Si prospetta, quindi, una<br />

nuova identità docente che presenta competenze decisionali, progettuali,<br />

relazionali, che sappia risvegliare negli studenti fiducia, gioia nella scoperta,<br />

autostima.<br />

Bruna Zani nel suo intervento si propone di analizzare i bisogni affettivi e relazionali<br />

che si manifestano nel periodo dell’adolescenza, durante il quale la finalità primaria<br />

consiste nella ricerca di una propria identità. Tale ricerca, che è il fulcro del<br />

cambiamento adolescenziale, passa attraverso la consapevolezza e l’accettazione di<br />

essere diversi da come si era, pur sapendo di essere gli stessi. L’autrice<br />

approfondisce la propria analisi su due principali temi: i bisogni soggettivi degli<br />

adolescenti e le risorse di cui la comunità dispone per soddisfare tali bisogni. Quali<br />

bisogni soggettivi degli adolescenti l’autrice, seguendo le indicazioni di Jackson,<br />

prende in considerazione e approfondisce quelli che includono una ampia serie di<br />

bisogni quotidiani e che considerano la molteplicità delle condizioni e delle situazioni<br />

in cui gli adolescenti possono trovarsi nel corso della loro crescita e sviluppo. Questi<br />

bisogni, la cui importanza relativa è determinata dall’adolescente e non<br />

dall’ambiente, sono: il bisogno di sostegno adattativo di tipo familiare, il bisogno di<br />

uno sviluppo del sé efficace, il bisogno di relazioni significative con i coetanei, il<br />

bisogno di un senso di sicurezza personale. L’adolescente per far fronte ai propri<br />

bisogni può far riferimento a risorse sociali che ritrova principalmente nella famiglia,<br />

nel gruppo amicale, nelle associazioni oppure in strutture formali quali la <strong>scuola</strong> o la<br />

chiesa. Da numerose ricerche si è anche potuto notare che il partner in età<br />

adolescenziale soddisfa una grande varietà di bisogni.<br />

Massimo Bruscaglioni e Stefano Gheno propongono, nel loro intervento,<br />

l’applicazione del modello operativo del self empowerment, utilizzato nella<br />

formazione aziendale, in ambito di formazione educativa. Per gli autori il concetto di<br />

empowerment abbraccia quello di self efficacy, elaborato da Bandura, e quello di<br />

locus of control, sviluppato da Rotter. Gli autori sostengono che l’ empowerment<br />

possa essere in parte appreso e rafforzato seguendo particolari percorsi di di<br />

sviluppo personale e organizzativo. Si parla anche di skill empowerment quale<br />

capacità di affrontare la realtà con metodo e secondo precise modalità. Per<br />

promuovere il processo di empowerment gli ambiti favoriti sono quelli dove si<br />

svolgono le esperienze esistenziali più significative, come l’ambito lavorativo per gli<br />

adulti, o quelli della relazione educativa per gli adolescenti, e in particolar modo<br />

quello scolastico. Da tempo e da più parti è richiesto un cambiamento della <strong>scuola</strong> e<br />

quello proposto dagli autori è un cambiamento nella direzione dell’ empowerment,<br />

nel senso di “apertura a nuove possibilità” senza necessariamente rinnegare e<br />

cancellare le esperienze maturate. Il docente, seguendo il modello in voga nella<br />

formazione professionale , dovrebbe assumere il ruolo di “facilitatore<br />

dell’apprendimento”, rendendo lo studente protagonista attivo e responsabile del<br />

proprio apprendimento. Secondo gli autori per favorire un tale cambiamento nella<br />

<strong>scuola</strong> è necessario attivare un processo di self empowerment, attraverso il quale<br />

gli individui possono aumentare le proprie potenzialità, possibilità in essere, tra le<br />

quali possono, di volta in volta, scegliere quelle da mettere in atto. A tal riguardo<br />

hanno elaborato un modello operativo di self empowerment, articolato in una<br />

sequenza di cinque fasi, per ognuna delle quali sono state previste attività per<br />

promuoverne e supportarne lo svolgimento. Le fasi sono: attivazione del desiderio<br />

di identificare nuove possibilità, apertura di una nuova pensabilità positiva,<br />

individuazione ed acquisizione di nuove risorse dall’ambiente, apertura di nuove<br />

possibilità d’essere e di agire, valutazione dei vantaggi offerti dalle nuove<br />

possibilità. Il desiderio di cambiamento può essere minato dai killer dell’<br />

2


empowerment che, secondo la strategia degli autori, non vanno affrontati ma<br />

aggirati. Quali principi culturali generali in grado di “muovere” l’ empowerment degli<br />

operatori della <strong>scuola</strong> si propone: aggiungere più che voler cambiare, allargamento<br />

della pensabilità, dal singolare al plurale, desideri come ricchezza, risorse più che<br />

problemi, si impara dai successi. Ma più di tutto gli autori ritengono che vada creata<br />

nella <strong>scuola</strong> una “pensabilità positiva” che partendo dall’insegnante si diffonda<br />

inevitabilmente su tutta l’organizzazione.<br />

La prima parte si conclude con la definizione e descrizione, da parte di <strong>Anna</strong> <strong>Putton</strong>,<br />

della metodologia socioaffettiva e dell’ empowerment di rete. Una delle richieste<br />

che viene fatta alla <strong>scuola</strong> è di trasformarsi in ambiente di vita, di apprendimento di<br />

life skill, ma poiché competenze quali la responsabilità, l’autonomia, la solidarietà,<br />

si apprendono vivendole, sperimentandole in gruppo, risulta necessario operare<br />

nella <strong>scuola</strong> affinché la “classe” da aggregato di individui, diventi gruppo.<br />

L’educazione socio-affettiva favorisce la costituzione del “gruppo” poiché mira allo<br />

sviluppo delle competenze relazionali, comunicative e sociali, al rafforzamento<br />

dell’autonomia, al potenziamento della creatività nella risoluzione dei problemi e<br />

nelle decisioni. Tale metodologia, sperimentata e verificata in numerosi Paesi tra cui<br />

l’Italia, trova i propri fondamenti nella Psicologia umanistica e nella Psicologia di<br />

Comunità ed ha costruito la struttura portante dell’educazione socio-affettiva e<br />

sessuale attuata nelle scuole. L’insegnante, secondo questo approccio, non riveste<br />

un ruolo, ma stabilisce con ciascun studente una relazione educativa fondata<br />

sull’autenticità, l’accettazione e l’empatia, riuscendo in tal modo a favorire un<br />

processo di apprendimento significativo, perché legato alla realtà, ed automotivato.<br />

Per favorire e sviluppare la relazione tra gli studenti viene utilizzata la strategia del<br />

circle time, situazione di discussione in gruppo durante la quale gli studenti<br />

assumono il ruolo di partecipanti alla discussione, mentre l’insegnante quello di<br />

animatore e coordinatore.<br />

Il concetto di rete, invece, si sta ormai sempre più affermando nella cultura della<br />

<strong>scuola</strong> e l’autrice esamina, analizzandone anche l’aspetto storico, due tipi di rete,<br />

quella sociale e quella organizzativa. Per favorire i fattori che facilitano il buon<br />

funzionamento delle reti di quest’ultimo tipo, sarebbe opportuno mettere in atto<br />

una formazione sull’empowerment di rete. Nella seconda parte dell’opera l’autrice<br />

affronta il tema della formazione empowering, cercando dapprima di individuare<br />

alcune definizioni del concetto di “formazione” in grado di esprimerne, in modo<br />

esauriente, tutti gli aspetti e in un secondo momento di approfondire la formazione<br />

degli insegnanti e le variabili hard e soft che vi intervengono. Tra le variabili hard si<br />

sofferma ad analizzare quella dei “destinatari” perché la metodologia d’intervento<br />

deve tener conto delle caratteristiche degli utenti che in questo caso sono adulti. A<br />

tal riguardo l’autrice descrive brevemente le caratteristiche del modello andragogico<br />

di Knowles e la concezione di adultità di Demetrio che reputa alquanto interessanti.<br />

Tra le variabili soft si sofferma ad analizzare il “gruppo di formazione”. Per definire<br />

il gruppo l’autrice utilizza le definizioni di Lewin, Cattel e D<strong>eu</strong>tsch, poiché, meglio di<br />

altre, sono in grado di evidenziarne tre importanti e diversi aspetti: “ il gruppo si<br />

rapporta con un’organizzazione e la società più vasta; è una totalità dinamica, ha<br />

un suo ciclo di vita…,ha una sua struttura e degli obiettivi (Lewin); risponde a<br />

bisogni affettivi (Cattel); è caratterizzato dalla interdipendenza dei membri (Lewin,<br />

Cattel e D<strong>eu</strong>tsch)” (p.89)<br />

Tra le varie tipologie di gruppi sono prese in considerazione i gruppi di formazione<br />

che si caratterizzano per essere primari, artificiali e temporanei. Hano un inizio e<br />

una fine prestabiliti, l’obiettivo è l’apprendimento di conoscenze e competenze,<br />

sono adottate metodologie attive e partecipate, i contenuti sono previsti mentre<br />

l’andamento del processo è imprevedibile. Poiché per poter gestire bene un gruppo<br />

risulta essenziale conoscerlo nelle sue caratteristiche, viene proposto un modello di<br />

lettura del gruppo di formazione che tiene conto di variabili: strutturali, cioè<br />

elementi che fanno riferimento alla costituzione, composizione e obiettivi del<br />

3


gruppo; relative al compito, come gli obiettivi, le decisioni, i processi; relative al<br />

mantenimento affettivo del gruppo, cioè fattori che riguardano il clima relazionale<br />

tra i soggetti (collaborazione e conflittualità) e le fasi di vita del gruppo; relative ai<br />

singoli, cioè inerenti ai rapporti fra i membri del gruppo a livello conscio e inconscio.<br />

Maria Gabriella Di Iullo propone una riflessione sulle fasi di vita dei gruppi,<br />

sottolineando in primo luogo la differenza tra gruppi terap<strong>eu</strong>tici e gruppi di<br />

formazione. Esamina le caratteristiche di tre principali modelli, ai quali possono<br />

essere ricondotti tutti i contributi realizzati sul tema, che sono: i progressivi,<br />

secondo i quali il gruppo matura secondo un ordine stabilito di successione e<br />

progresso; i ciclici, che a loro volta si distinguono in modelli del ciclo vitale, che<br />

descrivono l’evoluzione del gruppo paragonandolo con il ciclo vitale degli individui, e<br />

i modelli dei cicli ricorrenti, secondo i quali il gruppo si mantiene in continuo<br />

divenire; non sequenziali, tra i quali sono brevemente esaminati il modello di<br />

contingenza di Poole, quello multidimensionale di Mc Grath, quello dell’equilibrio<br />

punteggiato di Gersiek.<br />

<strong>Anna</strong> <strong>Putton</strong> ribadisce l’importanza che il formatore sappia leggere il gruppo per<br />

poter individuare: da quali variabili derivino le difficoltà e poter poi proporre<br />

strategie mirate d’intervento; le potenzialità del gruppo, per fissare gli obiettivi di<br />

apprendimento; le modalità che il gruppo può attivare per reperire o utilizzare<br />

risorse interne ed esterne al fine di migliorare il proprio lavoro. L’autrice, porta<br />

come esempi dei gruppi osservati in situazioni reali che presentano particolari<br />

caratteristiche, delineando per ognuno le principali problematiche emerse e le<br />

strategie messe in atto dai formatori per appianarle e superare l’impasse.<br />

Miretta Prezza e Francesca Romana Trombaccia nel loro intervento espongono i<br />

risultati di alcune indagini valutative sull’efficacia del metodo socioaffettivo. Dopo<br />

alcune brevi riflessioni sulla valutazione in generale, si passa ad esaminare lo<br />

schema proposto da Neresini, secondo il quale le dimensioni dell’atto valutativo<br />

sono: il processo, i risultati, gli attori coinvolti, le modalità di valutazione. Sono poi<br />

illustrati gli strumenti maggiormente usati per valutare l’efficacia e l’impatto dei<br />

programmi di educazione socioaffettiva. Le principali ricerche compiute in Italia<br />

sull’efficacia di tale metodo erano rivolte alla <strong>scuola</strong> primaria e secondaria di primo<br />

grado, in quegli istituti dove erano stati attivati interventi di educazione<br />

socioaffettiva con il contributo di insegnanti precedentemente e preventivamente<br />

formati. I risultati conseguiti sono stati abbastanza concordi nel rilevare che il<br />

metodo socioaffettivo , se applicato per un periodo sufficientemente lungo, produce<br />

cambiamenti negli studenti e nel gruppo. Questo metodo è stato utilizzato con<br />

buoni risultati anche per interventi di educazione sessuale effettuati nelle scuole,<br />

dove si è ricorsi al circle time e al metodo Gordon.<br />

Nella terza parte l’autrice suggerisce una serie di interessanti proposte operative<br />

per progettare degli interventi di formazione rivolti agli operatori della <strong>scuola</strong> e<br />

finalizzati allo sviluppo dell’empowerment personale. Il primo passo consiste<br />

nell’individuare le motivazioni che inducono gli individui ad agire: secondo Murray,<br />

Maslow e Carrel la motivazione è costituita dal desiderio di soddisfare dei bisogni di<br />

cui ne propongono una tassonomia; per Lewin e McClelland invece, la motivazione<br />

è ispirata da aspettative e mete da raggiungere. Secondo l’autrice le teorie sulla<br />

motivazione di questi ultimi due studiosi sono quelle che meglio di altre possono<br />

interpretare le motivazioni degli insegnanti. I corsi di formazione rivolti agli<br />

insegnanti dovrebbero riguardare non solo l’approfondimento di contenuti, come è<br />

stato fatto per molto tempo ed ancora oggi in certe occasioni, ma anche la gestione<br />

dei gruppi, la conduzione di riunioni e la comunicazione interpersonale. A tale<br />

riguardo l’autrice espone una metodologia per apprendere come condurre le<br />

riunioni. L’autrice passa, quindi, ad esaminare il concetto di “potere” poiché ritiene<br />

sia molto utile far analizzare agli operatori della <strong>scuola</strong> dapprima il “potere<br />

tradizionale” per poi condurli all’analisi del “potere nutrizionale e integrativo” ,<br />

secondo la definizione di R. May, i due aspetti più positivi di “potere” che<br />

4


dovrebbero privilegiare gli insegnanti. Altri aspetti critici della figura insegnante e<br />

relative proposte di formazione riguardano: il prevenire il burnout insegnando a<br />

gestire lo stress; il guidare a riconoscere e sopportare le paure e le emozioni<br />

spiacevoli; lo stimolare gli insegnanti a riflettere sulla complessità<br />

dell’organizzazione scolastica per spronarli a conoscerla in modo approfondito<br />

applicando lo strumento detto Analisi Organizzativa Multidimensionale; l’insegnare<br />

un modello di relazione aiuto, ispirato all’ascolto attivo e al metodo Gordon, ed a<br />

condurre un circe time; l’aiutare operatori scolastici e genitori a risolvere in modo<br />

creativo problemi e a prendere decisioni, mediante la strategia del brainstorming; il<br />

vivere positivamente un’esperienza di distacco.<br />

L’ultima parte dell’opera è dedicata all’esposizione di alcuni progetti rivolti a<br />

studenti e genitori, finalizzati allo sviluppo dell’empowerment.<br />

Manuela Toraldo descrive una serie di interessanti programmi messi in atto, in vari<br />

Paesi, per offrire consulenza ai genitori, al fine di favorire il benessere in famiglia, e<br />

per sostenere genitori di bambini diversamente abili. Le ricerche italiane in tale<br />

ambito, descritte dall’autrice, evidenziano tutte l’intento di risvegliare le risorse<br />

personali dei genitori, cioè di sviluppare in loro l’empowerment per favorire, così,<br />

una migliore qualità del clima e della vita famigliare. I metodi utilizzati nei vari<br />

progetti rivolti ai genitori sono diversi, dalla ricerca-azione all’educazione<br />

sociaffettiva che ha rivelato incidere in modo considerevole sullo sviluppo e<br />

potenziamento dell’empowerment personale dei genitori. Il libro si conclude con<br />

una disamina della <strong>Putton</strong> sugli studi e ricerche riguardanti l’educazione fra pari o<br />

peer education. Il gruppo dei pari costituisce un’esperienza significativa per<br />

l’adolescente, un elemento basilare per la costruzione dell’identità; nei momenti di<br />

maggiore difficoltà gli adolescenti si rivolgono ai coetanei quindi si rende opportuno<br />

potenziare questa tendenza per migliorare l’apprendimento scolastico tramite la<br />

l’educazione fra pari. Le varie ricerche a riguardo hanno finora confermato l’efficacia<br />

dei programmi di peer tutoring e l’autrice propone un progetto di formazioneintervento,<br />

con modalità peer tutoring, finalizzato all’acquisizione delle linee<br />

portanti dell’educazione socioaffettiva.<br />

Il testo, grazie alla ricchezza e varietà di esempi ed esperienze, si propone, nel<br />

contempo, sia come uno stimolo alla riflessione sia come uno strumento operativo,<br />

utile guida per chi si interessa di formazione nella <strong>scuola</strong> e riconosce la validità e<br />

l’efficacia dell’approccio empowerment. Costituisce, inoltre, un valido esempio di<br />

come applicare nella <strong>scuola</strong> l’approccio all’empowerment, generalmente utilizzato<br />

nell’ambito della formazione professionale aziendale.<br />

Indice<br />

Parte I. <strong>Empowerment</strong> e <strong>scuola</strong>: 1.L’empowerment della <strong>scuola</strong>;2. Il cambiamento<br />

nella <strong>scuola</strong> (Mariagrazia Ghio); 3. Bisogni affettivi e relazionali in adolescenza; 4.<br />

L’empowerment degli operatori della <strong>scuola</strong>; 5. L’empowerment di gruppo:<br />

l’educazione socioaffettiva; 6. L’empowerment di rete.<br />

Parte II. La formazione empowering: 7. La formazione;8. Il gruppo di formazione;<br />

9. Le fasi di vita dei gruppi; 10. Dalla lettura del gruppo all’individuazione di<br />

strategie operative; 11. La valutazione dei programmi di educazione socioaffettiva e<br />

sessuale.<br />

Parte III. Il processo di formazione nella <strong>scuola</strong>: 12. Il training.<br />

Parte IV. <strong>Empowerment</strong> per genitori e ragazzi: 13.Scuola e progetti di<br />

empowerment per genitori;14. L’educazione fra pari.<br />

Bibliografia.<br />

Autore<br />

<strong>Anna</strong> <strong>Putton</strong>, psicologa e psicoterap<strong>eu</strong>ta, è direttrice scientifica a Brescia di<br />

CROCUS (Centro di formazione, consulenza e ricerca in educazione socio-affettiva)<br />

5


e a Udine di LAFORIT (Laboratorio di formazione, ricerca in empowerment sociale).<br />

È supervisore nella Scuola di formazione quadriennale in Psicologia clinica di<br />

comunità e Psicoterapia umanistica integrata-ASPIC Roma, è componente del<br />

Direttivo nazionale della Società italiana di Psicologia di comunità e membro della<br />

Società italiana di Psicologia della salute.”<br />

Bibliografia essenziale dell’autore<br />

Donata Francescano, <strong>Anna</strong> <strong>Putton</strong>,/ Simona Cudini , Star bene insieme a <strong>scuola</strong>.<br />

Strategie per un’educazione socio-affettiva dalla materna alla media inferiore,<br />

Roma,Carocci Editore, 2001<br />

Michela Fortugno, <strong>Anna</strong> <strong>Putton</strong>, Affrontare la vita. Che cos'è la resilienza e come<br />

svilupparla, Roma,Carocci Editore, 2006<br />

Manuela Martoni, <strong>Anna</strong> <strong>Putton</strong>, Uso di sostanze psicoattive e cultura del rischio.<br />

Una ricerca tra giovani frequentatori di discoteche, Milano, Franco Angeli, 2006<br />

Links<br />

http://www.comune.udine.it/opencms/opencms/release/ComuneUdine/cittavicina/a<br />

ssociazioni/associazione.jsp?style=2&lang=itlang=fi&style=2&expfolder=&expcat=<br />

&id=140<br />

[Comune di Udine – LAFORIT Associazione Culturale Laforit]<br />

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