Profili a cura di Cristina Nava 26 Ugo Pastorino
Ho incontrato il Professor Ugo Pastorino, direttore della Divisione di Chirurgia Toracica dell’Istituto Nazionale dei Tumori di Milano, nella sede di Attivecomeprima in una calda giornata di luglio. In giugno è stato presentato il libro fotografico “Still aLive “ (Skira editore), da lui curato con la collaborazione di Gianfranco Maraniello. In questo volume si raccontano 33 storie di chi ha vissuto e vive dopo l’incontro con il cancro. Sono 33 ritratti, interpretati dagli obiettivi di 23 fotografi. Un piccolo, grande libro che porta un messaggio positivo ai malati e ai loro famigliari. Vediamo di scoprire qualcosa di più sull’ideazione e sulla realizzazione di questo interessante progetto. Professor Pastorino, ci può raccontare come è arrivato ad interessarsi del cancro ai polmoni? A partire dal terzo anno di università, ho iniziato a lavorare ad una tesi sulle cause del tumore ai polmoni. Questo studio è continuato, con Franco Berrino, per più di sei anni e ci ha permesso di conoscere molto profondamente non solo la problematica di questo tumore e delle sue cause, ma anche di imparare molto sulla metodologia della ricerca scientifica. Questa malattia mi incuriosiva e interessava perché è stata - di fatto - “inventata” dall’uomo. Sino al secolo scorso non esisteva e nei testi di patologia medica di fine ‘800 e primi ‘900 era descritta come una malattia rara. La sua crescita esponenziale è iniziata dopo la prima guerra mondiale, con lo sviluppo del consumo di massa delle sigarette. L’uso del tabacco è noto all’uomo da più di cinque secoli, ma rimane sporadico sino alla produzione industriale della sigaretta. La problematica del cancro ai polmoni insorge con una curva che segue di venti/trenta anni la diffusione di massa del vizio del fumo. Il consumo negli Stati Uniti, per gli uomini, inizia nel 1930. L’Europa del nord segue a breve distanza. <strong>Nel</strong> sud Europa comincia dopo la seconda guerra mondiale. Il picco d’incidenza dei tumori è raggiunto quindi negli anni ’60/’70 nei paesi americani e nord europei, mentre da noi è arrivato in tempi più recenti e con minor frequenza, specialmente per le donne che, per ragioni essenzialmente culturali, non hanno mai raggiunto percentuali di uso paragonabili a quelle maschili. La causa principale di questo tumore è indubbiamente il fumo e le misure anti-tabacco sono le prime da attuare per combatterlo. Ma com’è arrivato alla scelta di diventare chirurgo oncologico e toracico? Ero ancora studente universitario quando sono entrato all’ Istituto, dove per tre anni ho lavorato alla tesi. Subito dopo la laurea sono riuscito ad andare all’estero (Inghilterra, Stati Uniti e Francia) sempre per due o tre mesi ogni anno e lavorare così in tutti i centri di chirurgia toracica più importanti. Questo mi ha permesso di sviluppare amicizie e collaborazioni per ricerche e studi, specialmente in Francia, che continuano ancora adesso. Mi sono sempre interessato agli aspetti più innovativi legati alla chirurgia ricostruttiva e di conservazione del polmone, più che a quella demolitiva. Ho cercato di portare in Italia tecniche che, in altri paesi del <strong>mondo</strong>, si usavano da moti anni. <strong>Nel</strong>lo stesso tempo mi sono sempre occupato delle cause del tumore, di epidemiologia, di chemio-prevenzione, di esperimenti e ricerche per prevenire il cancro attraverso la somministrazione di sostanze naturali o di farmaci. Tutte queste esperienze hanno portato alla formazione del registro nazionale delle metastasi, che ha stabilito criteri di prognosi e categorizzazione dei malati validi tuttora, a distanza di 15 anni. Ci vuole parlare della diagnostica per il tumore ai polmoni? È un campo di grande interesse, che ha possibilità concrete di tradursi in una riduzione della mortalità, come si è visto per altri tumori. A questo scopo è necessario che interagisca con la ricerca biologica. Il cancro è una malattia molto eterogenea, varia e composta. È fatta di realtà biologiche molto diverse, alcune delle quali sono rappresentate dai tumori a lenta crescita, dei quali è possibile la diagnosi precoce. Purtroppo non sempre il cancro si sviluppa attraverso una serie di tappe in cui è possibile intercettarlo. Strumenti molto sensibili, come la tac a spirale, ci permettono di riconoscere lesioni di 2/3 mm che, il più delle volte, sono poco evolutive, mentre la maggior parte dei tumori che causano mortalità è a crescita rapida. L’esperienza in questo campo ci ha insegnato molto e oggi stiamo sviluppando progetti di altre metodiche diagnostiche. Queste hanno l’obiettivo di essere sempre più selettive e arrivare così a cure personalizzate. Si vogliono individuare quelle che sono le componenti genomiche della malattia, per poter applicare trattamenti che ne possano bloccare la crescita. La strada da seguire è sempre più verso terapie selettive, che interrompano il processo di crescita del 27