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FUCILI
Weatherby Mark V<br />
.375 H&H Magnum<br />
Un secolo di caccia grossa<br />
La cartuccia .375 Holland &<br />
Holland Magnum venne immessa<br />
sul mercato, dalla prestigiosa<br />
ditta Holland & Holland<br />
di Londra nell’agosto del 1912. A<br />
quel tempo per la caccia grossa nelle<br />
proprie colonie i britannici erano ben<br />
forniti anche con riguardo ai fucili a otturatore<br />
girevole-scorrevole: nel 1909<br />
era stato presentato il calibro .404<br />
Jeffery, seguito più tardi, nel corso<br />
dello stesso anno, dal .425 Westley<br />
Richards, mentre giusto l’anno prima<br />
della nascita del .375 H&H, ossia nel<br />
1911, erano apparsi sia il .416 Rigby<br />
che il gigantesco .505 Gibbs. Inoltre il<br />
successo riscontrato, nelle colonie tedesche,<br />
dalla cartuccia 9,3x62 Mauser,<br />
creata da Otto Bock nel 1905, fu<br />
un altro fattore che spinse senz’altro<br />
la Holland & Holland a gettarsi nell’agone<br />
dei calibri da bolt-action per caccia<br />
grossa, ispirandosi per il diametro<br />
della palla proprio alla munizione tedesca.<br />
Invero già nello stesso 1905<br />
la Holland & Holland aveva cercato<br />
di crearsi una propria fetta di mercato<br />
con la cartuccia .400/375 Belted<br />
Rimless Nitro Express o .400/375<br />
H&H, ma tale munizione, la prima<br />
con bossolo belted, ossia cinturato,<br />
a essere mai venuta al mondo, con<br />
il suo bossolo di soli 2,5”(63,5 mm)<br />
e le sue anemiche prestazione non riscosse<br />
nessun successo e sarebbe<br />
presto caduta nel dimenticatoio. Non<br />
è invece certamente andata così con<br />
la seconda cartuccia belted mai apparsa<br />
sul mercato, ossia la .375 Belted<br />
Rimless Magnum o, per l’appunto,<br />
.375 Holland & Holland Magnum, la<br />
quale sarebbe diventata la cartuccia<br />
per caccia grossa più famosa, universale<br />
e di maggiore successo di tutti<br />
i tempi. Essa fu inizialmente offerta<br />
con tre caricamenti, tutti montanti<br />
Per celebrare i<br />
cento anni dalla<br />
presentazione<br />
della cartuccia per<br />
caccia grossa più<br />
famosa e universale<br />
di tutti i tempi, vi<br />
proponiamo la prova<br />
sul campo di una<br />
delle carabine da<br />
Safari altrettanto<br />
celebri, qui nella<br />
versione con<br />
calciatura sintetica<br />
Di Andrea Bubola<br />
Pubblicità della Weatherby<br />
del 1979. Molta enfasi era data alle<br />
prestazioni di arma e munizioni<br />
ovviamente una palla del diametro<br />
di .375”(9,525 mm), lo stesso della<br />
.400/375 H&H, e tutti prodotti dalla<br />
Kynoch, che deteneva allora il monopolio<br />
dei calibri inglesi: uno con palla<br />
da 235 grani (15,228 grammi) con Vo<br />
di 2800 fps (853,44 m/s), uno con<br />
palla da 270 grani (17,496 grammi)<br />
con Vo di 2650 fps (807,72 m/s)<br />
e un terzo con palla da 300 grani<br />
(19.44 grammi) con Vo di 2500 fps<br />
(762 m/s). La .375 H&H è dunque<br />
una munizione cinturata, con bossolo<br />
a collo di bottiglia lungo 2,85” (72,39<br />
mm) e, data l’esiguità della sua spalla,<br />
avente un angolo di soli 12,45°, è<br />
una delle poche cartucce belted in cui<br />
il belt è davvero indispensabile per<br />
l’head- space, ossia , in parole povere,<br />
il belt è il punto in cui la cartuccia<br />
viene trattenuta nell’arma e/o in<br />
seguito espulsa dalla stessa. La sua<br />
lunghezza cospicua è dovuta al fatto<br />
che allora venisse caricata, come del<br />
resto tutte le cartucce Nitro-Express,<br />
con la voluminosa cordite vermicolare,<br />
l’unica polvere infume usata allora<br />
dai britannici per tutte le loro cartucce.<br />
Ancora più imponente era però il<br />
bossolo della cartuccia quasi gemella<br />
della .375 H&H e introdotta sempre<br />
da Holland & Holland insieme a<br />
quest’ultima nello stesso 1912: la<br />
<strong>Diana</strong> <strong>Armi</strong>|37
FUCILI<br />
La carabina bolt-action Weatherby Mark V Synthetic in calibro<br />
.375 Holland & Holland Magnum, con canna di 24”, corredata<br />
di ottica Leupold 1,5-5x20 mm e cinghia di trasporto<br />
Da quando, nel corso del 1996, i<br />
Weatherby Mark V hanno iniziato a<br />
essere prodotti negli U.S.A., il pulsante<br />
di sgancio del caricatore è stato assai<br />
opportunamente spostato da davanti la<br />
guardia del grilletto, dov’era prima, a<br />
dentro la medesima<br />
Nelle carabine Weatherby l’attacco anteriore<br />
della cinghia di trasporto non è sulla canna,<br />
ma sul calcio e ciò, almeno in linea teorica<br />
e sotto l’effetto di un forte rinculo, potrebbe<br />
creare qualche problema alla mano “debole”<br />
che impugna l’arma, benché l’autore a caccia<br />
non abbia affatto avuto difficoltà in merito<br />
Particolare del vivo di volata dell’arma;<br />
le rigature sono sei con andamento<br />
destrorso e con un passo costante di 1<br />
giro in 12”<br />
.375 Flanged Magnum: dotata, come<br />
dice il nome stesso, di collarino e<br />
quindi pensata espressamente per<br />
l’uso in fucili Express o monocolpo,<br />
il suo bossolo misura la bellezza di<br />
2,94”(74,676). Per facilitare l’estrazione<br />
dei bossoli le sue prestazione<br />
furono sin da subito inferiori a quelle<br />
della consorella belted, dato che in<br />
ognuno dei tre diversi caricamenti offerti<br />
da Holland & Holland tramite la<br />
Kynoch, essa, proposta con gli stessi<br />
pesi di palla della .375 Belted, raggiungeva<br />
però <strong>10</strong>0 fps (30,48 m/s) in<br />
meno di Vo. Di recente è stata riproposta<br />
dalla Norma svedese, nella propria<br />
linea di cartucce African PH, con<br />
un peso di palla di 350 grani (22,68<br />
grammi).<br />
La Holland & Holland pensò la propria<br />
.375” come una “proprietary cartridge”<br />
ossia come una cartuccia sulla<br />
quale aveva l’esclusiva, e questo<br />
era anche il caso, per esempio, della<br />
.416 Rigby e della .505 Gibbs; questa<br />
scelta non contribuì certo alla diffusione<br />
della .375 H&H nei due anni che<br />
precedettero lo scoppio della Prima<br />
Guerra Mondiale, a seguito del quale<br />
la sua produzione cessò. Ma una volta<br />
terminato il suicidio collettivo della<br />
vecchia Europa la Holland & Holland<br />
decise di liberalizzare la propria cre-
Weatherby Mark V<br />
azione e il successo della .375 H&H<br />
assunse progressivamente dimensioni<br />
planetarie. Balisticamente assai<br />
superiore alla sua antenata nata male<br />
.400/375 e più veloce e radente anche<br />
della 9,3X62 Mauser, la .375<br />
H&H diventò presto uno standard di<br />
riferimento per le munizioni per caccia<br />
grossa. Negli anni ‘20 la .375 H&H si<br />
affacciò anche negli Stati Uniti quando<br />
preparatori di armi custom come<br />
Griffin & Howe iniziarono a proporre<br />
carabine per essa camerate, mentre<br />
la Western Cartridge Co. fu la prima<br />
ditta a offrire un caricamento commerciale<br />
statunitense nel 1925. La<br />
consacrazione definitiva negli U.S.A.<br />
la nostra .375” l’ebbe però nel 1937,<br />
quando il Winchester Modello 70,<br />
“The Rifleman’s Rifle”, nato giusto<br />
l’anno prima, venne camerato nella<br />
munizione di Holland & Holland.<br />
Come abbiamo già visto la .375 H&H<br />
venne caricata inizialmente a cordite,<br />
un propellente assai sensibile, quanto<br />
ad aumenti di pressione, alle alte<br />
temperature dei climi tropicali, per<br />
cui inizialmente il suo picco pressorio<br />
massimo era di circa 47000 libbre<br />
per pollice quadrato (47000 psi), ma,<br />
una volta passati a propellenti più moderni<br />
e affidabili, si giunse tranquillamente<br />
ai 55000 psi, e le prestazioni<br />
della cartuccia salirono a 2700 fps<br />
(822,96 m/s) per la versione con<br />
palla da 270 grani, e a 2530 fps<br />
Il caricatore (della capacità di tre cartucce .375 H&H, più una in canna), con il fondello<br />
ribaltato; si noti la molla a lamina pieghevole che comanda lo stesso<br />
(771,144 m/s) per quella con palla<br />
da 300 grani, mentre il peso di palla<br />
di 235 grani era progressivamente<br />
scomparso, causa lo scarso successo<br />
incontrato.<br />
Tra i più recenti caricamenti commerciali<br />
del .375 H&H vi sono sia la versione<br />
della Norma, la quale nella propria<br />
serie di cartucce African PH con il<br />
bossolo nichelato propone una .375<br />
H&H con palla da 350 grani della Woodleigh<br />
australiana, sia a espansione<br />
controllata che camiciata in acciaio,<br />
con Vo di 2300 fps (701,04 m/s), che<br />
le .375 H&H ultraveloci della Federal,<br />
nella serie High Energy, e della Hornady,<br />
in quella Superformance. Tali<br />
cariche si avvantaggiano delle ricerche<br />
più aggiornate in fatto di polveri,<br />
per cui riescono a spingere le palla di<br />
.375” nei classici pesi di 270 e 300<br />
grani a velocità chiaramente più alte<br />
rispetto alle cariche standard, pur<br />
restando nei limiti pressori poc’anzi<br />
citati; la .375 H&H della Hornady Superformance<br />
spinge infatti una palla<br />
da 270 grani a 2800 fps. Un precedente<br />
caricamento Hornady, con polvere<br />
diversa e denominato Heavy Magnum,<br />
la spingeva addirittura a 2870<br />
fps (874,776), ma si trattava di polvere<br />
fortemente compressa, per cui<br />
la Hornady ha preferito ripiegare sulla<br />
carica Superformance di cui sopra.<br />
Da diversi decenni a oggi la .375 Holland<br />
& Holland Magnum si è affermata<br />
quale cartuccia per caccia grossa,<br />
a un punto tale che allo stato attuale<br />
si può tranquillamente affermare che<br />
non esista fabbricante di armi al mondo,<br />
sia di armi strettamente di serie<br />
che di armi custom, che non abbia in<br />
catalogo almeno un modello in essa<br />
camerato. Benchè fosse una munizione<br />
concepita in origine espressamente<br />
per l’impiego in fucili bolt-action,<br />
quando l’inglese Kynoch nei tardi<br />
anni ‘60 dismise la produzione delle<br />
grosse cartucce Nitro Express, iniziarono<br />
a fiorire fucili Express camerati<br />
<strong>Diana</strong> <strong>Armi</strong>|39
FUCILI<br />
L’attacco della cinghia di trasporto<br />
sul calcio. Si può anche ammirare la<br />
gobba sopraelevata del “Montecarlo”,<br />
elemento distintivo dello stile<br />
Weatherby anche nelle calciature<br />
sintetiche<br />
La calciatura sintetica del modello Mark V Synthetic presenta una piega assai meno<br />
accentuata rispetto ai Weatherby Mark V con calciatura in legno. Si osservi inoltre lo<br />
zigrino volto a favorire una migliore presa dell’arma<br />
nel calibro in oggetto, e la tendenza è<br />
tuttora ben viva, nonostante il prepotente<br />
ritorno dei calibri Nitro Express.<br />
Sicuramente, soprattutto considerando<br />
i pesi di palla affermatisi a livello<br />
commerciale, la .375 Holland & Holland<br />
Magnum è decisamente adatta<br />
a selvaggina di mole considerevole,<br />
negli U.S.A. dal cervo wapiti in su;<br />
per animali più piccoli può senz’altro<br />
essere usata, e difatti lo viene, ma il<br />
suo rinculo è inutilmente alto per cacce<br />
in cui funzionano egregiamente, e<br />
appunto con minore rinculo, anche<br />
calibri ben più piccoli. In Africa viene<br />
40|<strong>Diana</strong> <strong>Armi</strong><br />
considerata ideale per il leone e le antilopi<br />
più grosse, tale era stimata in<br />
India per la caccia alla tigre, mentre<br />
sul continente americano il suo impiego<br />
elettivo è la caccia agli orsi polare,<br />
kodiak e grizzly, me vi è anche chi la<br />
usa con grande profitto per insidiare<br />
l’alce e il già citato cervo wapiti. In<br />
Alaska talune guide di caccia grossa<br />
la considerano un assicurazione sulla<br />
vita impiegandola, data la rapidità nel<br />
ripetere il colpo tipica di tali armi, in<br />
fucili Express. Assai più controverso<br />
è il suo utilizzo in Africa per la caccia<br />
al bufalo cafro e ai pachidermi. Talune<br />
autorità in materia ritengono che per<br />
tali cacce possa andare bene nelle<br />
mani di un cliente, ovviamente accompagnato<br />
da un cacciatore professionista<br />
armato con un calibro più grosso,<br />
ma, non considerandola una stoppingcartridge,<br />
e quindi una munizione atta<br />
a fermare una carica, ne sconsigliano<br />
l’uso ai Professional Hunter, benchè<br />
in codesta categoria vi siano individui<br />
sopravvissuti a decenni di onorata<br />
carriera nel bush africano, confidando<br />
unicamente nel proprio bolt-action<br />
camerato in.375 Holland & Holland<br />
Magnum.<br />
Inoltre, stante il tempo da cui è in circolazione<br />
e data la sua capillare diffusione,<br />
non è peregrino il pensare che<br />
con il calibro .375 Holland & Holland<br />
Magnum si siano abbattuti in assoluto<br />
più bufali cafri e più pachidermi che<br />
con qualsiasi altra cartuccia esistente<br />
al mondo. Tra i massimi “guru” della<br />
caccia grossa John Howard “Pondoro”<br />
Taylor, nel suo fondamentale testo del<br />
1948 “African Rifles and Cartridges”,<br />
dedica un intero capitolo alla .375<br />
Holland & Holland Magnum, definendola<br />
il migliore calibro medio per la<br />
caccia africana e soprattutto la sua<br />
personale candidata per il titolo di migliore<br />
cartuccia adatta a tutti gli usi (in<br />
effetti, dato che con la palla da 270<br />
grani la .375 H&H ha la stessa radenza<br />
di un .30/06 con la classica palla<br />
da 180 grani (11,664 grammi), essa<br />
è sempre stata usata con piena soddisfazione<br />
anche per la caccia a tutte le<br />
antilopi africane). Invece Elmer Keith,
Weatherby Mark V<br />
L’ottica variabile Leupold 1,5-5x20 mm<br />
è stata saldata al telaio dell’arma. Essa<br />
non è quindi staccabile ed è dotata di due<br />
torrette di regolazione<br />
Particolare del lato sinistro<br />
della medesima ottica<br />
supremo cantore dei grossi calibri, la<br />
ritiene assolutamente inadatta per il<br />
bufalo e l’elefante, per la caccia dei<br />
quali consiglia, come minimo, il .404<br />
Jeffery e il .416 Rigby, e lo stesso afferma<br />
Charles Askins Junior (il quale<br />
però asseriva che, munito di un guanto<br />
da baseball, egli sarebbe riuscito<br />
a fermare in volo una .44 Magnum<br />
sparatagli da una distanza di 600<br />
yard (550,2 m), per cui è facile desumere<br />
che avesse una certa tendenza<br />
a sottovalutare i calibri che non gli andassero<br />
a genio). Tra le autorità nella<br />
caccia grossa a noi più vicine nel tempo,<br />
Tony Sanchez-Arino, Professional<br />
Hunter con oltre 1300 elefanti all’attivo,<br />
considera la 375 H&H la migliore<br />
cartuccia multiuso esistente, con la<br />
quale egli ha abbattuto egregiamente<br />
anche l’elefante, consigliando però ai<br />
propri clienti, per la caccia al medesimo<br />
animale, un peso di palla minimo<br />
di 400 grani (25,92 grammi), quindi<br />
un calibro maggiore, mentre la ritiene<br />
il limite minimo di potenza per la<br />
caccia al bufalo cafro. Ross Seyfried,<br />
già campione mondiale di Tiro Pratico<br />
nel 1981 a Johannesburg e anch’egli<br />
guida di caccia grossa, sostiene che<br />
la sola arma che voglia vedere nelle<br />
mani dei propri clienti all’inizio di un<br />
Safari sia un bolt-action, dotato di ottica,<br />
in calibro .375 Holland & Holland<br />
Magnum. Craig Boddington reputa la<br />
.375 H&H assolutamente adeguata<br />
al bufalo cafro mentre non la considera<br />
l’ideale per l’elefante, ritenendola<br />
adatta a tale caccia soltanto in mani<br />
estremamente esperte, tra le quali<br />
evidentemente anche le sue, dato<br />
che con la .375 H&H egli ha abbattuto<br />
ben più di un elefante. Sempre<br />
Boddington, nello scrivere i suoi libri<br />
“Safari Rifles” e “Safari Rifles II” ha<br />
<strong>Diana</strong> <strong>Armi</strong>|41
FUCILI<br />
Il cuore dell’azione Weatherby Mark V,<br />
l’otturatore con nove alette radiali, disposte in<br />
tre file di tre. Si possono anche notare, sul corpo<br />
dell’otturatore, le scanalature longitudinali atte<br />
a favorire la scorrevolezza dell’azione<br />
Le scritte sull’arma indicanti<br />
rispettivamente il modello, il numero<br />
di brevetto relativo allo stesso e il<br />
nome del costruttore con il proprio<br />
indirizzo<br />
interpellato due volte, a distanza di<br />
diciotto anni, tutti i principali P.H. del<br />
continente africano, i quali alla sua<br />
precisa domanda su quale fosse il calibro<br />
che essi consigliassero ai propri<br />
clienti, in un Safari in cui questi ultimi<br />
potessero portare un solo fucile, hanno<br />
indicato, in entrambe le occasioni<br />
e a stragrande maggioranza, il .375<br />
Holland & Holland Magnum. Jack<br />
Lott, il quale, dopo che il 18 settembre<br />
1959 durante un Safari al bufalo<br />
cafro in Mozambico, in cui impiegava<br />
il calibro .458 Winchester Magnum,<br />
aveva quasi perso la vita, giunse nel<br />
1971 a creare la cartuccia .458 Lott,<br />
stimava la .375 H&H come il minimo<br />
assoluto per il bufalo cafro. Comparando<br />
però la .375 H&H ad altre cartucce<br />
dotate dello stesso diametro<br />
di palla, egli giunse ad affermare che<br />
la .375 Holland & Holland Magnum,<br />
con la quale aveva sparato quasi ottocento<br />
colpi con munizioni commerciali<br />
alla coriacea selvaggina africana,<br />
ottenendo sempre ottimi risultati, costituisse<br />
un mix quasi perfetto di diametro,<br />
buone palle, traiettoria tesa,<br />
penetrazione e shocking power, tale<br />
per cui l’unico modo di incrementarne<br />
l’efficacia fosse quello di ricorrere a<br />
un calibro maggiore. A tale proposito<br />
42|<strong>Diana</strong> <strong>Armi</strong><br />
è d’uopo rilevare che, tra i calibri più<br />
recenti del .375 H&H, il .375 Remington<br />
Ultra Magnum e il .375 Weatherby<br />
Magnum costituiscono indiscutibilmente<br />
un gradino più elevato, sulla<br />
scala della velocità e dell’energia cinetica,<br />
rispetto al .375 H&H, mentre<br />
il .378 Weatherby Magnum, con un<br />
incremento velocitario ed energetico<br />
di circa il 30% rispetto alla creazione<br />
di Holland & Holland, la sovrasta nettamente.<br />
Ma, dato che non esistono<br />
pasti gratis, anche il rinculo di tali cartucce<br />
è proporzionalmente più forte<br />
di quello della .375 H&H, tanto che,<br />
se quest’ultima rappresenta spesso,<br />
essendo l’entità del rinculo avvertito<br />
un fattore assolutamente soggettivo,<br />
il limite estremo cui un uomo di sana<br />
e robusta costituzione possa giungere<br />
per sparare con agio e senza<br />
la presenza di un freno di bocca un’<br />
arma per essa camerata, per gli altri<br />
calibri poc’anzi citati il freno di bocca<br />
è spesso necessario, diventando assolutamente<br />
indispensabile, a meno<br />
di non essere morbosamente attratti<br />
dai CTO, nel caso del .378 Weatherby<br />
Magnum.<br />
Le due cartucce dalle prestazioni più<br />
simili alla .375 H&H sono, senza dubbio,<br />
la 9,3X64 mm Brenneke, e il re-<br />
Particolare della scritta, forse pleonastica<br />
ma comunque sensata, la quale,<br />
nell’indicare il calibro, raccomanda di<br />
usare solamente cartucce in .375 H&H<br />
centissimo .375 Ruger, frutto di una<br />
joint-venture tra Hornady e Ruger. La<br />
prima vanta prestazioni sovrapponibili<br />
alla .375 H&H, mentre la seconda,<br />
pur avendo un bossolo nettamente<br />
più corto della .375 H&H, è però più<br />
larga, per cui supera i caricamenti<br />
standard di quest’ultima, pur essendo<br />
camerabile, contrariamente alla .375<br />
H&H, in azioni di lunghezza standard,<br />
come quelle adatte al calibro .30/06.<br />
In tutti gli stati africani il calibro .375”<br />
è ammesso per la caccia alla selvaggina<br />
grossa e pericolosa, invece non<br />
tutti ammettono come calibro minimo<br />
il .366” ossia il 9,3 mm, donde<br />
il vantaggio della creatura di Holland<br />
& Holland su quella di Wilhelm Brenneke.<br />
Per quanto concerne invece il<br />
confronto con la .375 Ruger, le cariche<br />
commerciali iperveloci della .375
Weatherby Mark V<br />
H&H, citati più sopra, le fanno eguagliare<br />
senz’altro le prestazioni della<br />
.375 Ruger, la quale, anche poiché<br />
di recente immissione, non è certo<br />
molto diffusa, mentre la .375 H&H è<br />
assai facilmente reperibile dovunque,<br />
anche in tutta l’Africa. In definitiva,<br />
per tutta la serie di fattori esposti,<br />
non è certo azzardato affermare che,<br />
pur non esistendo ovviamente la cartuccia<br />
da caccia ideale, buona per tutti<br />
gli animali, dal topo all’elefante, se<br />
si tenesse però un sondaggio presso<br />
tutti i cacciatori del mondo, su quale<br />
calibro per arma lunga rigata fosse ritenuto<br />
la cartuccia da caccia migliore<br />
in assoluto, ebbene, il .375 Holland &<br />
Holland Magnum assai probabilmente<br />
vincerebbe a mani basse.<br />
La carabina Mark V<br />
La carabina che qui vado a esaminare<br />
è una Weatherby Mark V Synthetic in<br />
calibro .375 Holland & Holland Magnum.<br />
Invero essa sarebbe una Synthetic<br />
Stainless, ossia in acciaio inox,<br />
ma, avendola io acquistata come memento<br />
di un mio safari al bufalo cafro,<br />
di cui parlerò più oltre, e volendola io<br />
in tutto e per tutto eguale a quella che<br />
mi fu prestata in Africa, ottica compresa,<br />
l’ho fatta brunire. Come si può<br />
evincere dal nome stesso del modello<br />
è caratterizzata dalla calciatura sintetica,<br />
ma soprattutto dall’essere basata<br />
sulla solidissima azione Weatherby<br />
Mark V, creata nel 1958 da Fred Jennie,<br />
capo ingegnere della Weatherby,<br />
in collaborazione con Roy Weatherby<br />
stesso. Tale meccanica si caratterizza<br />
per l’otturatore dotato di nove alette<br />
radiali di chiusura disposte in tre file<br />
di tre per quanto riguarda i calibri Magnum,<br />
come è quindi in questo caso,<br />
e di sei alette disposte in due file di<br />
tre nei bolt-action camerati in calibri<br />
standard; in entrambi i casi la chiusura<br />
dell’otturatore medesimo è solida<br />
come la cassaforte di una banca,<br />
dato che presenta una superficie di<br />
tenuta maggiore di circa il 30% rispetto<br />
al classico schema a due alette<br />
contrapposte. L’aumento della superficie<br />
di chiusura viene per di più integrato<br />
dall’inserimento profondo della<br />
testa dell’otturatore in culatta, il che<br />
esclude, data anche la superlativa lavorazione<br />
meccanica, qualsiasi fuga<br />
La sicura ad aletta è qui in posizione sollevata ed è dunque disinserita, come avverte<br />
anche il riferimento rosso. Si noti un simile punto rosso, posto sulla coda del percussore,<br />
che indica che lo stesso è armato, e difatti sporge anche dall’otturatore<br />
Il percussore qui è sempre armato ma ora la sicura è abbassata per cui l’intera catena<br />
di scatto risulta bloccata, così come l’otturatore<br />
<strong>Diana</strong> <strong>Armi</strong>|43
FUCILI<br />
In questa foto si possono notare meglio le due<br />
torrette per la regolazione in altezza(posta sopra) e<br />
in derivazione(collocata sul fianco destro). La lente<br />
d’uscita presenta un diametro di 20 mm<br />
di gas nonostante le elevate pressioni<br />
di canna proprie dei calibri Weatherby.<br />
Secondo la stessa Weatherby, l’otturatore<br />
nei calibri Magnum, essendo più<br />
grande, pesa 35,9 once (<strong>10</strong>17,765<br />
grammi), con un incremento ponderale<br />
del 28% rispetto all’otturatore nei<br />
calibri standard, il quale pesa invece<br />
25,9 once (734,265 grammi). L’aspetto<br />
più importante dell’otturatore<br />
Mark V è appunto la sua giustamente<br />
leggendaria robustezza, tanto che<br />
esso è realizzato in modo tale da potere<br />
sopportare addirittura pressiono<br />
di 200000 psi. Altra sua caratteristica<br />
precipua è il ridotto angolo di inarcamento<br />
in fase di apertura, pari a 54°,<br />
rispetto ai 90° propri della classicissima<br />
azione Mauser, il tutto ovviamente<br />
volto a favorire la velocità nel ribattere<br />
il colpo. Il corpo dell’otturatore, come<br />
in tutti i modelli della serie Mark V, è<br />
dotato di scanalature laterali per favorirne<br />
lo scorrimento e soprattutto<br />
presenta sul lato destro tre forellini<br />
che dovrebbero servire da sfogo per<br />
i gas di combustione, allontanandoli<br />
al contempo dal volto del tiratore, nel<br />
44|<strong>Diana</strong> <strong>Armi</strong><br />
caso in cui, causa sovrapressione, si<br />
verificasse la rottura di un bossolo entro<br />
la camera di scoppio.<br />
La sicura è ad aletta e, posta lateralmente<br />
sulla coda dell’otturatore, si<br />
può azionare agevolmente con il pollice:<br />
quando è abbassata l’arma non<br />
spara, mentre quando è sollevata la<br />
carabina può sparare e un circoletto<br />
rosso indica tale eventualità; la coda<br />
dell’otturatore è poi dotata di indicatore<br />
di percussore armato, avvertibile<br />
sia al tatto che, tramite il solito circoletto<br />
rosso, alla vista. La sicura inserita<br />
blocca sia il grilletto e il percussore<br />
che l’otturatore, che non è più azionabile,<br />
salvo previo disinserimento sicura.<br />
Nel calibro .375 H&H il caricatore<br />
è capace di tre cartucce (più una in<br />
canna), esso è apribile agendo, tramite<br />
un pulsante, sul proprio fondello,<br />
il quale si apre in tal modo verso il<br />
basso. Per molti anni il pulsante deputato<br />
all’apertura del caricatore è<br />
stato situato sull’esterno della guardia<br />
del grilletto; diversi anni or sono il<br />
già citato Ross Seyfried aveva scritto<br />
su “Guns & Ammo” su come egli, in<br />
quanto guida di caccia grossa, avesse<br />
visto parecchi suoi clienti, armati con<br />
carabine Weatherby, aprire inavvertitamente<br />
il caricatore, sotto l’effetto<br />
del vigoroso rinculo delle cartucce per<br />
le quali tali bolt-action sono di solito<br />
camerati, proprio a causa della discutibile<br />
posizione dello sgancio del caricatore.<br />
Evidentemente alla Weatherby<br />
sanno assai commendevolmente<br />
ascoltare le critiche più sensate, poiché<br />
quando nel corso del 1996 la produzione<br />
dei Weatherby Mark V passò<br />
dalla Howa Machinery nipponica alla<br />
Saco Difense di Saco, nel Maine, già<br />
produttrice per l’esercito statunitense<br />
della nota mitragliatrice M-60, il<br />
pulsante di sgancio caricatore venne<br />
finalmente e assai opportunamente<br />
spostato all’ interno della guardia del<br />
grilletto, dunque in una posizione del<br />
tutto indifferente al rinculo estrinsecato.<br />
Il mio Mark V Synthetic, essendo<br />
“Made in U.S.A.”, ha quindi per fortuna<br />
il pulsante per aprire il caricatore<br />
razionalmente posizionato entro la<br />
guardia del grilletto.<br />
Nel modello Synthetic la calciatura
Weatherby Mark V<br />
Sul corpo dell’otturatore sono ben visibili i tre fori<br />
deputati all’uscita dei gas di combustione nel caso<br />
di rottura di un bossolo. Gli stessi sono posizionati in<br />
modo da allontanare i gas dal viso del tiratore<br />
in materiale sintetico di colore nero<br />
privilegia al massimo grado la funzionalità<br />
rispetto all’estetica; essendo<br />
assai meno delicata e preziosa della<br />
calciatura in legno, e data la sua molto<br />
minore tendenza ad ammaccarsi,<br />
i cacciatori, spesso in abbinamento<br />
con un arma in acciaio inox, la usano<br />
sempre più spesso negli ambienti<br />
estremi, quali quelli polari o delle alte<br />
cime innevate. Anche sul modello<br />
Synthetic come sull’intera gamma<br />
Mark V è presente,” out of the box”, il<br />
bedding, ossia il perfetto allettamento<br />
nella calciatura di canna e meccanica<br />
dell’arma. Volto ovviamente a favorire<br />
la precisione, esso è spesso assente<br />
sulle carabine prodotte industrialmente,<br />
tanto che gli acquirenti di tali armi<br />
ricorrono di frequente, per la sua realizzazione,<br />
ad artigiani specializzati.<br />
Fortunatamente la Weatherby, che lo<br />
realizza tramite una resina sintetica,<br />
memore del fatto che i propri Mark V<br />
costino senz’altro più della media dei<br />
bolt-action concorrenti, lo fornisce di<br />
serie sull’intera linea Mark V.<br />
La carabina Mark V Synthetic viene fornita,<br />
come tutte le Weatherby, del tutto<br />
priva di qualsivoglia organo di mira,<br />
e in questa nuda veste e nel calibro<br />
.375 H&H pesa 8,25 libbre (3742,2<br />
grammi). Risulta invece di poco più<br />
di 1,5 kg lo scatto dell’arma, netto,<br />
a un tempo e senza precorsa, esso<br />
è facilmente gestibile anche grazie al<br />
comodo grilletto rigato verticalmente.<br />
La canna del modello di carabina in<br />
oggetto è lunga, come per tutti i calibri<br />
non Weatherby per cui essa viene<br />
camerata, 24”(609,6 mm), mentre i<br />
26”(660,4 mm) sono appannaggio<br />
esclusivo dei calibri Weatherby. Essa<br />
è di sezione generosa, presenta infatti<br />
un profilo definito dalla Weatherby<br />
numero 3, lo stesso delle canne in<br />
.378 e in .416 Weatherby Magnum<br />
montate sul modello Mark V Deluxe,<br />
risultando più spessa e più pesante<br />
della canna con profilo numero 2,<br />
usata per esempio per il .300 Weatherby<br />
Magnum, restando più sottile<br />
e leggera soltanto dell’enorme canna<br />
con profilo numero 4, che la Weatherby<br />
utilizza nel calibro .460 Weatherby<br />
Magnum. Come per il proprio calibro<br />
.378 Magnum, che monta in realtà<br />
palla di .375” di diametro, anche per<br />
le carabine in .375 H&H Magnum la<br />
Weatherby ha adottato un passo di<br />
rigatura costante (la rigatura ha sei<br />
principi con andamento destrorso) di<br />
un giro in 12”(304,8 mm).<br />
Sulla mia Mark V Synthetic, per renderla<br />
proprio eguale a quella da me<br />
usata in Africa, ho fatto montare una<br />
cinghia di trasporto e soprattutto lo<br />
stesso cannocchiale colà impiegato,<br />
ossia una ottica variabile Leupold<br />
1,5-5x20 mm, perfettamente adatto<br />
allo scopo di insidiare grossi animali.<br />
Al poligono di tiro l’ho provata<br />
sulla distanza di <strong>10</strong>0 metri; come<br />
l’inclito lettore di “<strong>Diana</strong> <strong>Armi</strong>” spero<br />
ricordi avevo, diverse parole fa, disquisito<br />
su come il calibro .375 H&H<br />
avesse un rinculo dominabile da<br />
qualsiasi uomo robusto e senza che<br />
costui dovesse essere l’incredibile<br />
Hulk, anche senza l’uso di un freno<br />
di bocca. Ebbene, proprio grazie a<br />
ciò,dato che mi potevo concentrare<br />
esclusivamente sul tiro, senza timori<br />
dovuti al rinculo, e causa anche la<br />
<strong>Diana</strong> <strong>Armi</strong>|45
FUCILI<br />
Cartucce .375 H. & H. Magnum della RWS con palla da 300 grani blindata. Poco sopra il fondello<br />
è visibile il “belt” o cintura; la .375 H&H è stata la seconda munizione in assoluto nella storia a<br />
farne sfoggio, nel 1912, dopo la sfortunata .400/375, sempre di Holland & Holland, nel 1905<br />
Rosata di cinque colpi ottenuta da cinquanta<br />
metri di distanza, usando cartucce RWS con<br />
palla completamente blindata da 300 grani<br />
bontà dello scatto dell’arma, ho ottenuto<br />
buone rosate, considerando<br />
soprattutto le dimensioni dei bersagli<br />
cui per solito il .375 H&H è<br />
destinato, e vista anche la varietà<br />
delle cartucce provate, essendo<br />
esse sia di marche diverse che in<br />
entrambi i classici pesi di 270 e<br />
300 grani. Parte della leggenda del<br />
.375 Holland & Holland Magnum è<br />
basata sul fatto che, secondo molti<br />
suoi utilizzatori, con tale calibro<br />
si possano sparare cartucce le più<br />
svariate per marche e pesi di palla,<br />
colpendo però sostanzialmente<br />
sempre nello stesso punto mirato,<br />
pur senza dovere ritarare gli organi<br />
di mira a ogni cambio di munizionamento.<br />
Ciò ovviamente non è sempre<br />
vero, ma, per mia fortuna, lo è<br />
nel caso della mia carabina Weatherby<br />
Mark V Synthetic.<br />
E ora, dopo avere tanto parlato<br />
della Weatherby Mark V Synthetic<br />
e specialmente della leggendaria<br />
cartuccia .375 Holland & Holland<br />
Magnum, giungo finalmente a trattare<br />
dell’ambito cui esse, soprattutto<br />
la seconda, indissolubilmente<br />
appartengono, ossia la caccia grossa<br />
africana, e della indimenticabile<br />
esperienza in tale contasto da me,<br />
insieme a esse, vissuta.<br />
46|<strong>Diana</strong> <strong>Armi</strong><br />
La prova a caccia<br />
Più importante della salute, più importante<br />
dell’amore, più importante<br />
del lavoro. Più importante dell’aria<br />
stessa che respiriamo, dell’acqua che<br />
beviamo, del cibo che mangiamo. Al<br />
di sopra perfino della sublime, suprema<br />
musica di “Tristano e Isotta” di<br />
Richard Wagner, al di sopra di tutto vi<br />
è il Safari africano. E da che mondo è<br />
mondo il Safari africano ha significato<br />
soprattutto una cosa: bufalo cafro! A<br />
ciò io stavo pensando mentre lunedì<br />
3 agosto 2009 atterravo a Hoedspruit,<br />
Sud Africa, per una caccia al bufalo<br />
cafro nella Boston Game Reserve, assai<br />
vicina al famoso Parco Kruger. Io<br />
che in vita mia non avevo mai cacciato<br />
animali, all’infuori di vespe, mosche,<br />
tafani e del partecipare ogni estate al<br />
tentato, purtroppo mai riuscito, sterminio<br />
programmatico delle insopportabili<br />
zanzare, mi accingevo allora a tentare<br />
di coronare il sogno di una vita: per<br />
l’appunto la caccia al bufalo cafro. Da<br />
sempre appassionato di grossi calibri<br />
ma assolutamente disinteressato alla<br />
selvaggina italiana e, più in generale,<br />
europea, io, nella mia mania di grandezza,<br />
che mi aveva portato a possedere<br />
come mia prima arma corta un<br />
revolver Smith & Wesson calibro .44<br />
Magnum e, come prima arma lunga,<br />
addirittura una carabina Weatherby in<br />
calibro .460 Weatherby Magnum, non<br />
potevo non volgermi, come mia prima<br />
caccia in assoluto, all’animale che tutti<br />
i cacciatori da me conosciuti nella<br />
mia giovinezza, indicavano senz’altro<br />
come il più pericoloso in assoluto, il<br />
mitico, leggendario bufalo cafro. Per<br />
i motivi poc’anzi esposti e complice<br />
anche un’inarrestabile allergia alla burocrazia<br />
italiota, non ho mai nemmeno<br />
preso la licenza di caccia, per cui avrei<br />
cacciato con un’arma prestatami dal<br />
mio Professional Hunter.<br />
Era costui Ray Kemp della Lalapa Safaris<br />
(www.lalapasafaris.co.za; ray@<br />
lalapasafaris.co.za), mentre l’Outfitter<br />
ossia l’organizzatore e il sovrintendente<br />
del tutto era Philip Oosthuizen<br />
della Ebony Wild Safaris (ebonywild@<br />
vodamail.co.za), socio in affari del simpaticissimo<br />
Frank Voos, il proprietario,<br />
beato lui, dell’intera riserva di caccia,<br />
che avrebbe anche svolto mansioni<br />
d’autista. Con tali professionisti, assai<br />
validi e seri, mi trovai benissimo, anche<br />
perché, pur senza saperlo, mi resero<br />
assai felice quando mi indicarono<br />
tutti quanti, in base alla loro cospicua<br />
esperienza, il bufalo cafro come l’animale<br />
potenzialmente più pericoloso<br />
in assoluto, proprio le parole che agognavo<br />
tanto sentirmi dire. Poiché pen-
Weatherby Mark V<br />
Cartucce .375 Holland & Holland Magnum della Hornady con palla da 270 grani<br />
semiblindata espansiva ; appartengono alla serie di cartucce iperveloci “Heavy Magnum”<br />
di cui si discute nell’articolo<br />
Rosata di tre colpi alla distanza di cento<br />
metri, impiegando cartucce Federal con<br />
palla semiblindata espansiva da 300 grani<br />
so da sempre che chiunque racconti<br />
le proprie esperienze di caccia in generale,<br />
e grossa in particolare, senza<br />
fare menzione delle armi e dei calibri<br />
usati, meriti come minimo la pubblica<br />
gogna, passo subito alla situazione<br />
armiera od oplologica che dir si voglia:<br />
Frank Voos usava un bolt-action<br />
Voere in .375 Holland & Holland Magnum,<br />
Philip Oosthuizen un bolt-action<br />
CZ nel medesimo calibro mentre Ray<br />
Kemp, il mio P.H., portava un CZ cui<br />
aveva cambiato sia la calciatura originale<br />
con una più bella, con puntale<br />
in palissandro, che soprattutto la cameratura,<br />
dall’originale .375 H&H al<br />
.416 Remington Magnum, modifica<br />
che, se venisse fatta in Italia, farebbe<br />
certo venire, il che non sarebbe certo<br />
negativo, un colpo apoplettico a più di<br />
qualche ineffabile burocrate italiota.<br />
Quanto a me, Ray mi prestava una<br />
carabina bolt-action Weatherby Mark<br />
V Synthetic in .375 Holland & Holland<br />
Magnum corredata di ottica variabile<br />
Leupold 1,5-5x20 mm; come cartucce<br />
avrei usato, per quanto riguarda quelle<br />
a palla espansiva, delle ricaricate,<br />
assemblate da Ray, montanti palla<br />
Nosler Accubond da 270 grani (sono<br />
queste ultime palle a espansione<br />
controllata del tipo bonded-core ossia<br />
con il nucleo in piombo chimicamente<br />
saldato alla camiciatura, onde mantenere<br />
più peso possibile dopo l’espansione,<br />
il tutto ai fini di incrementare<br />
la penetrazione della palla pur dopo<br />
l’espansione della stessa), mentre<br />
per le “solide” avrei avuto a disposizione<br />
sia delle ricaricate, sempre da<br />
Ray, con palla da 270 grani della PMP<br />
con il nucleo in piombo rivestito da un<br />
mantello in acciaio, che delle cartucce<br />
di fabbrica della PMP con palla da<br />
300 grani totalmente blindata (la PMP<br />
è una ditta sudafricana che fornisce<br />
sia palle per la ricarica, sia munizioni<br />
di fabbrica già assemblate). Tutti questi<br />
cacciatori professionisti preferiscono,<br />
nella caccia al bufalo cafro, che<br />
il proprio cliente abbia in canna una<br />
cartuccia con palla espansiva, per fare<br />
più danno possibile con il primo colpo,<br />
ma che nel caricatore tenga munizioni<br />
con palla solid, onde avere la<br />
massima penetrazione possibile, nel<br />
caso si debba fronteggiare una carica.<br />
Come si può evincere dall’elenco precedente,<br />
non vi era dunque nemmeno<br />
l’ombra del classico fucile Express a<br />
doppia canna tanto spesso associato<br />
alla caccia grossa africana: per tutti i<br />
miei accompagnatori l’Express era ed<br />
è un’arma troppo preziosa, costosa e<br />
raffinata per un uso, potenzialmente<br />
assai rude, nel bush africano, molto<br />
meglio, per tutti loro, una, molto meno<br />
costosa e molto più pratica, carabina<br />
bolt-action. E, a proposito di tale<br />
arma, io ero assai contento di avere<br />
a disposizione una Weatherby Mark V:<br />
come grande appassionato conoscevo<br />
molto bene l’azione Mark V, avendola<br />
provata molte volte sui campi di<br />
… tiro, donde me ne derivava quella<br />
confidenza nell’arma da usare, che<br />
tutti gli esperti indicano come uno dei<br />
fattori più importanti in assoluto nella<br />
caccia africana alla selvaggina pericolosa.<br />
Il giorno del mio arrivo alla Boston<br />
Game Reserve, Ray mi fece effettuare,<br />
sparando dallo stick, ossia dal<br />
bastone d’appoggio che avrei usato<br />
per il primo colpo al bufalo cafro, due<br />
tiri su un bersaglio di carta posto alla<br />
distanza di 50 metri. Il tutto per verificare<br />
la corretta taratura dell’ottica,<br />
dopodichè via, dal giorno successivo<br />
sarebbe iniziata la tanto disiata caccia<br />
al bufalo cafro.<br />
Il mattino di mercoledì 5 agosto 2009<br />
mi trovai così finalmente, con il Weatherby<br />
Mark V appoggiato allo stick,<br />
ad effettuare il primo tiro di caccia in<br />
assoluto della mia vita, ad un maschio<br />
solitario di bufalo cafro, posto a circa<br />
50 metri da me, in posizione frontale.<br />
Attraverso l’ottica potei vedere benissimo<br />
i suoi occhi scuri focalizzati su di<br />
<strong>Diana</strong> <strong>Armi</strong>|47
FUCILI<br />
L’autore con il primo bufalo cafro abbattuto e<br />
con il Weatherby Mark V Synthetic in .375 H&H<br />
me e vissi così sulla mia propria pelle<br />
la verità assoluta e inconfutabile della<br />
celeberrima frase di Robert Ruark,<br />
grandissimo scrittore di caccia grossa<br />
africana oltre che grande praticante<br />
della medesima:”Tutti i vecchi maschi<br />
di bufalo cafro hanno una cosa in comune,<br />
ti fissano come se tu dovessi<br />
loro dei soldi”. La mia fucilata partì<br />
alfine come una liberazione ma il solo<br />
effetto che vidi fu che il bufalo scartò<br />
alla propria sinistra correndo via come<br />
se nulla fosse stato, mentre il mio PH,<br />
con mia grande sorpresa, si congratulava<br />
con me per la bontà del tiro. Iniziò<br />
così la cerca del bufalo ferito per la<br />
quale i tracciatori neri non avevano a<br />
disposizione nessun segno di sangue,<br />
secondo Philip e Ray poiché la palla<br />
era rimasta nel corpo dell’animale.<br />
Pochi minuti dopo però lo ritrovammo,<br />
evidentemente provato dalla ferita,<br />
al che tutti all’unisono mi gridarono:<br />
”Shoot! Shoot!” ossia “Spara! Spara!”<br />
e io quello feci, portando velocemente<br />
la carabina alla spalla e sparando<br />
d’istinto, quasi senza mirare, al che,<br />
con mio stupore superato solo dalla<br />
48|<strong>Diana</strong> <strong>Armi</strong><br />
mia soddisfazione, il bufalo crollò all’istante,<br />
colpito alla colonna vertebrale.<br />
Riusciva però ancora a nuovere l’imponente<br />
testa per cui occorsero ancora<br />
ben due colpi di grazia da parte<br />
mia affinchè la prima caccia della mia<br />
vita avesse termine. Rinvenimmo poi<br />
la palla Nosler Accubond da 270 grani<br />
del mio primo colpo perfettamente<br />
espansa nel polmone sinistro del bufalo,<br />
eppure esso era scappato via come<br />
se non fosse nemmeno stato colpito,<br />
mentre la PMP camiciata in acciaio del<br />
secondo colpo dopo avergli rotto la colonna<br />
vertebrale entrando dal suo lato<br />
sinistro era fuoriuscita dall’altra parte.<br />
L’animale, secondo Ray, aveva circa<br />
dodici anni e doveva pesare intorno<br />
agli ottocentocinquanta chilogrammi,<br />
indubbiamente pesava molto dato<br />
che, durante il primo tentativo di issarlo<br />
sul fuoristrada Toyota, un asse di<br />
legno si spezzò. Il trofeo misurava 36”<br />
(914,4 mm), ma la mia immensa gioia<br />
era data soprattutto dall’emozione<br />
della caccia e dalla bontà dei miei tiri.<br />
Ma il meglio doveva ancora venire poiché<br />
se il primo bufalo, come il primo<br />
amore, non si scorda mai, il secondo<br />
è più bello ancora, come giustamente<br />
ci ricorda la nota canzone. Due giorni<br />
più tardi, il mattino di venerdì 7 agosto<br />
2009, mi accingevo a sparare a un<br />
vecchio cafro, accompagnato da uno<br />
più giovane, e il mio bersaglio si trovava<br />
a circa 50 metri di distanza, dandomi<br />
il fianco, quindi in una posizione<br />
potenzialmente più favorevole rispetto<br />
a quella di due giorni prima, senonché<br />
il vecchio bufalo era anche posto in<br />
un avvallamento, dunque un po’ più in<br />
basso rispetto a noi.<br />
Ebbene, tutti i sacri testi venatori sacrosantemente<br />
insegnano che, quando<br />
il tuo bersaglio si trovi vuoi più in<br />
basso, vuoi più in alto di te, tu debba<br />
mirare comunque sempre un poco più<br />
in basso rispetto al punto che tu intenda<br />
colpire. Io conoscevo perfettamente<br />
tutto ciò, ma all’atto pratico il misto<br />
negativo di inesperienza ed emozione<br />
mi giocarono un brutto tiro, nel senso<br />
più pieno dell’espressione, dato che,<br />
mirando esattamente dove volevo colpire,<br />
anziché tenermi più basso, il mio<br />
tiro finì alto e un po’ nella carne di nes-
Weatherby Mark V<br />
Il secondo bufalo cafro abbattuto, si<br />
veda la punta mancante del corno<br />
sinistro causa lotte con altri maschi,<br />
e con il Weatherby Mark V Synthetic<br />
in .375 H&H. Da sinistra a destra,<br />
l’Outfitter Philip Oosthuizen, l’autore e<br />
il Professional Hunter Ray Kemp<br />
suno, in quanto mancò i polmoni, per<br />
quanto grandi essi fossero, ma risultò<br />
al contempo troppo basso per potere<br />
attingere la colonna vertebrale. Il vecchio<br />
bufalo, colpito nel fianco destro<br />
iniziò a correre a rotta di collo nella direzione<br />
verso la quale guardava, tosto<br />
seguito dal suo più giovin compagno.<br />
Iniziò così per me ciò che tutti i cacciatori<br />
di caccia grossa temono quanto il<br />
fisco italiano, ma cui neanche tanto<br />
segretamente al contempo e contrariamente<br />
che al fisco anelano, ossia la<br />
cerca di un bufalo cafro solo marginalmente<br />
ferito e comunque comprensibilmente<br />
assai rabido, nel fitto intrico<br />
del bush africano. Il nostro inseguimento<br />
si protrasse per diverse ore, e<br />
questa volta vi erano tracce di sangue<br />
ben visibili, segno che la palla Nosler<br />
Accubond da 270 grani era probabilmente<br />
fuoriuscita dall’animale. La cerca<br />
continuò addirittura nel pomeriggio<br />
dopo la sospensione causa pranzo. Io,<br />
su consiglio di Ray, avevo abbassato<br />
l’ingrandimento dell’ottica dai 4 del<br />
mio primo tiro, al minimo di 1,5, mentre<br />
mi ricordo benissimo il consiglio<br />
di Philip: “Non appena vedi una cosa<br />
nera, tu spara!”. E io esattamente ciò<br />
feci non appena il bufalo colpito, evidentemente<br />
comunque un po’ rallentato<br />
dalla ferita, visto che l’altro non lo<br />
si poteva più vedere nemmeno con il<br />
telescopio del Monte Palomar, ci sfrecciò<br />
davanti, da destra verso sinistra,<br />
per passare da un macchione all’altro,<br />
e la mia fu un’autentica stoccata, sui<br />
cui esiti, se fosse o meno andata a segno,<br />
sul momento, non seppi proprio<br />
cosa pensare. Ma ecco che, percorsi<br />
pochi metri, io vidi tutti i tracciatori ,disarmati,<br />
fuggire via partendo con uno<br />
sprint tale da fare invidia al Ben Johnson<br />
dopato del 1988.<br />
Sul momento, essendo io controsole,<br />
non ne compresi il motivo, ma una frazione<br />
di secondo dopo una visione mi<br />
fece letteralmente sobbalzare il cuore<br />
in gola: a non più di venticinque metri<br />
da noi, leggermente spostato sulla<br />
mia destra, vi era il bufalo ferito, tanto<br />
vicino a me che il famoso sguardo del<br />
bufalo secondo Robert Ruark, questa<br />
volta lo potei vedere a occhio nudo,<br />
non attraverso l’ottica, e fu perciò tanto<br />
più impressionante.<br />
A quel punto temetti ovviamente una<br />
sua carica, un’eventualità secondo<br />
me quanto mai esiziale, poiché va<br />
bene l’emozione della cerca al bufalo<br />
ferito, ma solo un fervente seguce<br />
del barone von Masoch, quale io<br />
non sono mai stato, può anelare alla<br />
carica di un cafro. Come tra l’altro<br />
insegna Tony Sanchez-Arino, nessun<br />
animale lanciato in carica è tanto<br />
difficile da fermare quanto un bufalo<br />
cafro, poiché questi, durante la propria<br />
carica,assorbe le pallottole come<br />
fossero pastiglie di vitamine, per cui<br />
soltanto un colpo al cervello o alla colonna<br />
vertebrale può davvero fermarlo<br />
in tale occasione. Ma la tanto temuta<br />
carica fortunatamente neanche iniziò,<br />
il bufalo rimase piantato di fronte a<br />
noi mentre Ray, Philip e io lo bersagliavamo<br />
di fucilate; avevamo tutti e<br />
tre finito tutti i colpi ma il bufalo era<br />
ancora in piedi, seppure immobile, nonostante<br />
fosse pieno di ferite sicuramente<br />
mortali. Il pericolo corso fu anche<br />
la conferma di quanto gli esperti<br />
di caccia grossa da sempre sostengo-<br />
<strong>Diana</strong> <strong>Armi</strong>|49
FUCILI<br />
Particolare delle due zampe posteriori del secondo bufalo spezzate da una .375 H&H di fabbrica<br />
della PMP con palla completamente blindata da 300 grani. Si noti il foro d’uscita sulla zampa<br />
destra, mentre quella sinistra, ove il proiettile è entrato, risulta quasi staccata dal corpo<br />
no, ossia l’importanza assolutamente<br />
fondamentale del primo colpo: con il<br />
primo bufalo io avevo colpito subito<br />
un punto vitale e dunque nessun pericolo<br />
corso, per contro con il secondo<br />
bufalo nessun organo vitale centrato<br />
quindi batticuore e adrenalina a livelli<br />
stratosferici. Ora che la situazione<br />
si era quasi normalizzata ci raggiunsero<br />
i tracciatori recando munizioni<br />
fresche, al che io gli potei tirare altri<br />
due colpi e il formidabile bovide finalmente<br />
cadde morto. In tutto incassò<br />
ben tredici colpi prima di defungere,<br />
ma sia Philip che Frank mi assicurarono<br />
che lì alla Boston Game Reserve,<br />
dove giustamente tengono questo<br />
tipo di statistiche, il record assoluto<br />
spettasse a un cafro crollato soltanto<br />
dopo ben diciassette fucilate, e ciò<br />
la dice tutta su cosa possa arrivare a<br />
fare un bufalo cafro carico di adrenalina<br />
e sul perché così tanti cacciatori<br />
considerino questo animale il più pericoloso<br />
in assoluto da cacciare, al punto<br />
che pare che un cacciatore professionista<br />
del passato avesse un giorno<br />
esclamato:”Se, considerandolo libbra<br />
per libbra, l’elefante fosse stato tanto<br />
resistente al piombo quanto il bufalo<br />
cafro, io non sarei neanche mai salito<br />
Alcune palle estratte dai due bufali, da sinistra a destra, una Nosler<br />
Accubond in .375” da 270 grani, affungata nel polmone sinistro<br />
del primo bufalo, rappresenta il primo colpo mai sparato a caccia<br />
dall’autore, una PMP in .375” del peso di 270 grani con blindatura<br />
rinforzata in acciaio, una PMP, proveniente da cartuccia di fabbrica,<br />
in .375” con palla completamente blindata da<br />
300 grani, e, infine, una Rhino Bullets (ditta<br />
sudafricana costruttrice di palle) in .416” del peso<br />
di 400 grani e di tipo Monolithic Solid. La sua<br />
lunghezza inusuale è proprio dovuta al fatto che<br />
essa venga tornita dal pieno d’ottone e, non avendo<br />
quindi un nucleo in piombo, metallo più pesante<br />
dell’ottone, risulti dunque, a parità di calibro e<br />
di peso di palla, assai più lunga delle palle più<br />
convenzionali<br />
50|<strong>Diana</strong> <strong>Armi</strong>
Weatherby Mark V<br />
Il trofeo del<br />
primo bufalo<br />
cafro abbattuto<br />
dall’autore<br />
Il trofeo del secondo<br />
bufalo cafro<br />
sull’aereo per l’Africa”. Ray stimò il<br />
secondo bufalo come un vecchio maschio<br />
di almeno quindici anni e anche<br />
il muso spelacchiato, a differenza di<br />
quello dellì’altro, faceva certo pensare<br />
a un’età più avanzata rispetto al primo<br />
bufalo abbattuto. Anche il trofeo<br />
si rivelò superiore, con un’apertura di<br />
39”(990,6 mm) e con un boss, ossia<br />
lo scudo osseo, proprio solo dei bufali<br />
cafri maschi, in cui si incontrano<br />
le corna, palesemente più grande; il<br />
corno sinistro era privo di punta, sicuramente<br />
a causa dei combattimenti<br />
con altri maschi, ma tutti lì lo ritennero<br />
un trofeo migliore del primo. A ogni<br />
modo ciò che più contava era che io lo<br />
considerassi il più bel Syncerus caffer<br />
caffer del creato, date le emozioni e<br />
l’adrenalina in quantità davvero industriali<br />
che mi aveva fatte vivere. Scoprimmo<br />
più tardi, con conseguente<br />
mio grande godimento postumo per la<br />
bontà del mio tiro istintivo, che, grazie<br />
alla mia stoccata, la palla camiciata<br />
da 300 grani di una PMP di fabbrica<br />
lo aveva colpito alla zampa posteriore<br />
sinistra, fuoriuscendo dalla destra e<br />
spezzandogli entrambe le zampe, la<br />
sinistra era addirittura quasi del tutto<br />
staccata dal corpo; il bufalo era così<br />
forte che, a onta della tremenda ferita<br />
riportata, era riuscito a percorrere sullo<br />
slancio oltre venti metri dopodiché<br />
la sua fuga era inevitabilmente terminata,<br />
ed esso, non potendo più scappare,<br />
si era allora rivolto verso i suoi<br />
tormentatori, ma, con entrambe le<br />
zampe posteriori rotte, la tanto temuta<br />
carica non aveva potuto nemmeno<br />
avere inizio, così come un’automobile<br />
con entrambe le ruote posteriori bucate<br />
non può certo andare da nessuna<br />
parte. Il formidabile lavoro svolto<br />
da una palla normalmente blindata,<br />
nemmeno rinforzata in acciaio, la dice<br />
davvero lunga sulle eccezionali capacità<br />
di penetrazione del calibro .375<br />
Holland & Holland Magnum, confermatemi<br />
anche da Frank, anch’egli Professional<br />
Hunter, il quale mi raccontò<br />
di come una volta un suo cliente, non<br />
proprio un Guglielmo Tell, nello sparare<br />
a un bufalo cafro con un .375 H&H<br />
avesse invece colpito prima una pianta;<br />
ebbene, la palla era egualmente<br />
giunta a segno in un punto vitale,<br />
dopo avere attraversato, senza peraltro<br />
deviare minimamente dalla propria<br />
traiettoria letale, un albero di sezione<br />
generosa. Se dunque è indubbio, finchè<br />
esisterà la caccia grossa e quindi<br />
io spero per sempre, che si metterà<br />
in discussione l’attitudine del .375<br />
H&H a fermare una carica e quindi la<br />
sua validità come stopping-cartridge,<br />
è però altrettanto certo che nessuno,<br />
ma proprio nessuno, potrà mai negare<br />
una sua grandissima virtù che è poi<br />
una delle qualità più importanti che<br />
una cartuccia da caccia grossa debba<br />
possedere: la sua penetrazione<br />
davvero mirabolante e tale da essere<br />
anche superiore a quella di calibri ben<br />
più grandi.<br />
Anche e soprattutto grazie alla .375<br />
Holland & Holland Magnum io ho<br />
così potuto abbattere due ottimi<br />
esemplari di bufalo cafro, coronando<br />
quindi il sogno della mia vita, perché<br />
se è vero, per parafrasare Gigi<br />
Marzullo, che la vita non è certo un<br />
sogno, è però altrettanto veritiero<br />
che i sogni aiutino senz’altro a vivere<br />
meglio. Il presente articolo vuole<br />
dunque essere il mio piccolo, personale<br />
omaggio a questa grandissima,<br />
immortale cartuccia. Il calibro .375<br />
Holland & Holland Magnum ha festeggiato<br />
nell’agosto del <strong>2012</strong> il<br />
suo primo, glorioso secolo di vita; è<br />
assai facile prevedere che esso non<br />
sarà certo l’ultimo.<br />
<strong>Diana</strong> <strong>Armi</strong>|51