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PATHOLOGICA 2004;96:1-3<br />

EDITORIALE<br />

L’autopsia: problemi emergenti di deontologia medica *<br />

The autopsy: emerging deontological issues<br />

A. ANDRION<br />

Dipartimento dei Servizi Diagnostici, U.O.A. di Anatomia e Istologia Patologica, ASL 2, Ospedale “Martini”, Torino<br />

Le importanti finalità dell’autopsia ed il valore ad essa<br />

attribuito per lungo tempo nel percorso formativo<br />

accademico, nella pratica professionale quotidiana e<br />

nella attività di ricerca, risalgono agli albori dello sviluppo<br />

della scienza medica ed al successivo consolidamento<br />

delle conoscenze iniziato e promosso da Morgagni,<br />

e proseguito poi nei due secoli scorsi da altri illustri<br />

medici quali Hunter, Rokitansky, Virchow, Bichat,<br />

Muir, Mallory, Willis e Osler 1-3 . Finalità e valori<br />

spaziano dall’accertamento e definizione della causa<br />

di morte – il fine classico dell’autopsia –, alla validazione<br />

delle statistiche di mortalità 4 5 , alla verifica dei<br />

percorsi diagnostico-terapeutici e alla valutazione della<br />

performance qualitativa di équipes ed istituzioni 6-10 ,<br />

all’individuazione e studio di nuove condizioni patologiche<br />

11-13 . Infine, deve essere sottolineato il contributo,<br />

da molti considerato inestimabile, alla formazione<br />

medica di base e specialistica ed alla ricerca di base ed<br />

applicata 14-16 . Anche nel nostro paese, sono stati<br />

espressi analoghi giudizi di merito 17-20 .<br />

In contrasto con le prevalenti affermazioni del mondo<br />

medico-scientifico che in modo ciclico sottolineano la<br />

ponderosa consistenza degli aspetti positivi sopra ricordati,<br />

l’esecuzione dell’autopsia è in permanente, costante<br />

e “globalizzato” declino da almeno cinquant’anni<br />

a questa parte, vale a dire dalla fine della seconda<br />

guerra mondiale. Non si tratta di un lieve decremento,<br />

ma di un vero e proprio crollo. Ad esempio, la percentuale<br />

complessiva di autopsie eseguite negli ospedali<br />

statunitensi non supera ormai l’11-15% e in alcuni<br />

ospedali è calata dal 40% al 5% in pochi anni 14 21 22 . In<br />

una grande città italiana, Torino, il settorato universitario<br />

dell’ospedale “Le Molinette” esegue oggi poco più<br />

di 100 autopsie/anno in confronto alle 800 dell’inizio<br />

anni ’70 23 .<br />

La palese contraddizione esistente tra proclamata importanza<br />

dell’autopsia e persistente assenza di compliance<br />

nella sua esecuzione è stata oggetto, negli ultimi<br />

decenni, di approfondite analisi. Le cause del declino<br />

sono molteplici, riconducibili sia a fattori interni alla<br />

professione medica sia a fattori esterni. Tra i fattori<br />

interni alla professione, quattro rivestono una importanza<br />

preminente. Il primo riguarda la convinzione che i<br />

consistenti miglioramenti delle procedure diagnostiche<br />

*<br />

Il testo, con integrazioni, è tratto dalla relazione presentata in<br />

occasione della III Conversazione Italo-Francese di Medicina<br />

Legale e Anatomia Patologica “L’Autopsia: metodologia e responsabilità”,<br />

Torino 4 luglio 2003.<br />

in vivo abbiano comportato una relativa inutilità del ricorso<br />

alla diagnosi post-mortem. Il secondo consiste<br />

nella sostituzione – propugnata anche dai patologi stessi<br />

– della classica procedura di dissezione cadaverica<br />

con pratiche “alternative” meno invasive quali l’autopsia<br />

parziale, laparoscopica, con ago, batteriologica, e<br />

mediante diagnostica per immagini 24 . Come surrogato<br />

della classica autopsia, è stata anche adottata la cosiddetta<br />

autopsia verbale e/o psicologica 25 . Si tratta di una<br />

pratica basata su interviste ai parenti/conoscenti del deceduto,<br />

introdotta dagli epidemiologi nei paesi in via di<br />

sviluppo, che nulla ha da spartire con l’originaria autopsia<br />

se non il termine lessicale. Il terzo fattore è correlato<br />

ad una serie di timori, più o meno espliciti. Uno di<br />

questi timori è di non essere sufficientemente up to date.<br />

Nell’ambiente medico accademico e ospedaliero,<br />

l’autopsia è vissuta e percepita da tempo come una<br />

“pratica fuori moda” inserita in uno scenario caratterizzato<br />

da spettacolari e affascinanti innovazioni tecnologiche.<br />

Di fatto, dedicare tempo all’autopsia rischia di<br />

essere controproducente per la propria immagine e la<br />

propria futura carriera. Prova ne sia che nell’ambito di<br />

importanti appuntamenti scientifici, quali ad esempio i<br />

convegni congiunti IAP USA-Canada 26 , gli abstract<br />

inerenti la pratica autoptica rappresentano 0-1% del totale;<br />

ancora, in un campione di studenti di medicina intervistati<br />

su cosa evocava loro il termine anatomia patologica,<br />

circa il 17% ha risposto “ricerca, indagine<br />

scientifica” mentre circa il 76% propendeva per “autopsia,<br />

decomposizione, cattivo odore, macabro, solitudine,<br />

sofferenza ecc.” 27 . Ma esiste anche un altro timore,<br />

quello per la propria salute. Infatti, è esperienza aneddotica<br />

comune che la propensione all’esecuzione dell’autopsia<br />

è ulteriormente diminuita, tra i patologi e il<br />

personale di sala settoria, a partire dai primi anni ’80<br />

con l’apparire dell’AIDS, continuando poi negli anni<br />

’90 con il diffondersi delle preoccupazioni relative alle<br />

malattie da prioni. Infine, il quarto fattore riguarda la<br />

pratica sempre più diffusa della cosiddetta medicina difensiva.<br />

Risulta evidente che, in uno scenario caratterizzato<br />

da una forte pressione dell’opinione pubblica e<br />

della magistratura sulla valutazione dell’operato dei<br />

medici, diminuisce la propensione a richiedere volontariamente<br />

l’esecuzione di una procedura cognitiva –<br />

quale l’autopsia – che potrebbe avere riflessi indesiderati<br />

sulla valutazione prima ricordata.<br />

Tra i fattori causa di declino esterni alla professione,<br />

vanno annoverati:


2 A. ANDRION<br />

a) le profonde modifiche culturali inerenti la percezione<br />

della morte, conseguenti al culto e al mito del salutismo;<br />

b) l’estensione della pratica del diritto al consenso<br />

informato non solo alle procedure mediche sul vivente,<br />

ma anche a quelle sul deceduto;<br />

c) le risorse economiche limitate che tendono oggettivamente<br />

a privilegiare gli investimenti e l’attenzione<br />

sui percorsi diagnostici del vivente;<br />

d) infine, problema forse solo italiano, l’assenza o<br />

estrema carenza di personale di supporto sufficientemente<br />

qualificato.<br />

In definitiva, l’insieme e le varie interazioni di questi<br />

fattori, sia interni sia esterni, hanno profondamente influito<br />

sui comportamenti della comunità in generale, e<br />

di quella medico-scientifica in particolare, nei confronti<br />

dell’autopsia 28-31 .<br />

Tuttavia, sebbene il declino dell’autopsia sia un dato incontrovertibile,<br />

recenti studi suggeriscono che il fenomeno<br />

non riguarda tutte le autopsie ma unicamente o<br />

prevalentemente la cosiddetta autopsia clinica, detta anche<br />

diagnostica, ospedaliera o accademica. Infatti, il fenomeno<br />

pare non coinvolgere l’autopsia medico-legale<br />

che, all’opposto, mostra un trend in ascesa 32 . In effetti,<br />

sebbene manchino statistiche ufficiali, anche nel nostro<br />

paese sia i patologi sia i medici legali che esercitano attività<br />

autoptica concordano sulla plausibilità di quanto<br />

riferito 33 . Se tutto ciò fosse confermato, potrebbero derivarne<br />

ulteriori interessanti riflessioni circa il ruolo dell’autopsia<br />

e la parte giocata dalla classe medica, anche<br />

sotto il profilo deontologico. Il fatto che in ambito medico-legale<br />

si continui a praticare, ed anzi ad incrementare,<br />

la tradizionale attività autoptica dimostra l’esistenza<br />

di alcuni valori permanenti legati alla sua esecuzione,<br />

vale a dire l’accertamento e la definizione della causa di<br />

morte e la verifica della congruità del trattamento. Questa<br />

sola considerazione dovrebbe fortemente ridimensionare<br />

le argomentazioni portate nel corso dei passati decenni<br />

da numerosi clinici e patologi sul superamento dell’importanza<br />

delle informazioni diagnostiche fornite dall’autopsia.<br />

Analoga riflessione potrebbe essere fatta circa<br />

i timori legati allo status professionale ed al rischio di<br />

contrarre malattie indesiderate. Infatti, esiste forse una<br />

così profonda diversità di “rischio” tra autopsia clinica<br />

ed autopsia medico-legale tale da giustificare il rispettivo<br />

decremento ed incremento?<br />

La realtà dello scenario è verosimilmente un’altra, legata<br />

in parte all’influenza dei fattori di declino sopra ricordati,<br />

ma soprattutto correlata al mutato contesto socio-culturale<br />

di riferimento. Fino a ieri, la pratica dell’autopsia<br />

clinica era testimonianza dell’enfasi posta sugli interessi<br />

conoscitivi connessi all’esercizio della professione medica<br />

e sugli interessi della sanità pubblica 34 35 . Oggi, il prevalere<br />

dell’autopsia medico-legale è indice dell’enfasi<br />

posta sugli interessi di un soggetto regolatore terzo (l’autorità<br />

giudiziaria) e su interessi soggettivi individuali di<br />

tipo prevalentemente risarcitorio. Da queste considerazioni<br />

derivano anche due implicazioni non secondarie riguardanti<br />

il ruolo della professione: ieri, con l’autopsia<br />

clinica la pratica autoptica era indirizzata e governata dall’interno<br />

della professione, mentre oggi con l’autopsia<br />

medico-legale la pratica autoptica è, in prevalenza, indirizzata<br />

e governata dall’esterno della professione. Da un<br />

punto di vista pratico, si assiste al paradosso che il mantenimento<br />

(o l’incremento) di una antica pratica medica<br />

quale l’autopsia è attualmente garantita non già dall’interno<br />

ma bensì dall’esterno della professione. Tuttavia,<br />

occorre ad onore del vero rilevare che l’autopsia medicolegale<br />

viene richiesta dall’autorità giudiziaria, risultando<br />

obbligatoria e di esecuzione non sindacabile. Per questa<br />

ragione, nel valutare il fenomeno di “tenuta” dell’autopsia<br />

medico-legale non deve essere sottovalutato l’aspetto<br />

sopra ricordato che, per certi versi, potrebbe essere<br />

proposto anche per l’autopsia clinica.<br />

Infatti, se la professione medica è convinta – e parrebbe<br />

esserlo sulla base della ponderosa letteratura esistente –<br />

che l’autopsia sia non solo utile ma indispensabile per<br />

migliorare le cure dei pazienti e le condizioni di salute<br />

della collettività, verificare la qualità delle prestazioni e<br />

sviluppare al meglio la formazione e la ricerca, si crea un<br />

obbligo deontologico alla sua esecuzione, con conseguente<br />

possibile sanzione comminata dagli organismi di<br />

governo professionale in caso di inadempienza. Purtroppo,<br />

almeno nel nostro paese, l’attuale codice di deontologia<br />

medica non affronta questo tema e questo rappresenta<br />

senza ombra di dubbio una lacuna 36 . Qualora introdotto,<br />

l’obbligo deontologico non potrebbe basarsi su<br />

criteri generici e generalizzati, ma dovrebbe riferirsi a situazioni<br />

significative e ben definite. Una ipotesi in questa<br />

direzione potrebbe includere i pazienti con:<br />

a) causa di morte naturale ma non definita;<br />

b) possibili complicazioni iatrogene;<br />

c) possibile malattia professionale;<br />

d) trapianto, protesi o devices;<br />

e) partecipazione a screening preventivi e successivo<br />

sviluppo di malattia oggetto di tali screening;<br />

f) arruolamento in trials controllati.<br />

Al fine di sottolineare con un esempio l’importanza<br />

dell’esecuzione di questi riscontri autoptici, basta rifarsi<br />

a quanto recentemente riportato circa le importanti<br />

informazioni che potrebbe essere desunte dall’esame<br />

post-mortem di soggetti portatori di dispositivi medici<br />

elettronici 37 .<br />

Infine, sempre rimanendo alle relazioni esistenti tra<br />

esercizio della pratica autoptica e deontologia medica,<br />

non può essere sottaciuto che, anche qualora fosse introdotto<br />

l’obbligo deontologico di esecuzione dell’autopsia<br />

clinica, esso andrebbe valutato in rapporto ad un altro<br />

obbligo deontologico, quello del consenso informato.<br />

È ben vero che nel nostro paese l’attuale legislazione<br />

non prevede che debba essere espresso il consenso<br />

(in vita, da parte del soggetto poi deceduto e post-mortem<br />

dai parenti prossimi) per l’esecuzione di un riscontro<br />

diagnostico, ma è altrettanto vero che la pratica del<br />

consenso si sta estendendo de facto e risulta ormai assai<br />

difficoltoso eseguire una autopsia clinica in assenza del<br />

suddetto. A questo proposito, alcuni hanno affermato<br />

che tra le ragioni legate al declino dell’autopsia vi sa-


L’AUTOPSIA: PROBLEMI EMERGENTI DI DEONTOLOGIA MEDICA 3<br />

rebbe quella del consenso informato. Questa affermazione<br />

è discutibile per almeno due ordini di ragioni: innanzitutto,<br />

il declino dell’autopsia si è verificato in<br />

eguale misura sia in paesi che prevedono il consenso<br />

informato sia in paesi che non lo prevedono (ad esempio<br />

l’Italia), sebbene in un primo tempo si fosse ritenuto<br />

il contrario 38 ; in secondo luogo, è stato dimostrato<br />

che una corretta pratica di consenso informato è del tutto<br />

compatibile con il mantenimento e, anzi, con l’incremento<br />

della percentuale di esecuzione di autopsie 39-41 .<br />

Per concludere, in base ai dati disponibili e alle fonti di<br />

letteratura, le cause del declino dell’autopsia, in particolare<br />

di quella clinica, sono prevalentemente correlate<br />

a fattori che originano dalla professione medica, compresi<br />

i patologi 35 42 . Di conseguenza, la morte 43 o la resurrezione<br />

44 dell’autopsia clinica o accademica sono in<br />

primo luogo da ricercarsi in scelte e responsabilità della<br />

professione medica e non in scelte e responsabilità di<br />

altri, quali i decisori politici e i cittadini.<br />

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