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COMUNICAZIONI LIBERE


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PATHOLOGICA 2004;96:297-300CitopatologiaGli AgNOR in citologia esfoliativa oraleA. Marsico, L. Chiusa, A. Pich, S. Gandolfo, R. NavoneDipartimento di Scienze Biomediche e Oncologia Umana,Università di Torino; UOADU Anatomia Patologica I e II ePatologia e Oncologia Orale, ASO San Giovanni Battista,TorinoObiettivoNonostante il fatto che la bocca sia una regione anatomica facilmenteesaminabile, il carcinoma squamoso del cavo oraleè diagnosticato ancora tardivamente e oltre la metà dei pazientimuore per la malattia entro 5 anni.La citologia esfoliativa è un esame diagnostico usato in moltesedi anatomiche (vie urinarie, bronchi, cervice uterina) perla diagnosi precoce di tumori, ed è stato proposto anche inprogrammi di prevenzione del carcinoma orale.Scopo di questo studio è verificare se la sensibilità diagnosticadella citologia esfoliativa orale può essere aumentata conl’analisi degli organizzatori nucleolari (AgNOR) di cui è notala diversa dimensione e quantità tra tessuti normali o reattivie lesioni maligne, in quanto il numero medio e l’area degliAgNORs aumenta dall’epitelio normale alle lesioni displastichee neoplastiche.MetodiAbbiamo esaminato 73 prelievi citologici effettuati su 44 lesionisospette per displasia o carcinoma, tutte successivamentesottoposte a biopsia, e su un gruppo di 29 casi di controllonegativi (cheratosi, iperplasie epiteliali, ecc.). L’analisidegli AgNOR è stata condotta sugli stessi vetrini usati per ladiagnosi citologica dopo decolorazione e ricolorazione all’argentocon il metodo di Ploton ed usando un sistema computerizzatodi analisi di immagine.RisultatiI casi inadeguati costituivano il 15% della casistica. In tutti icasi adeguati abbiamo costantemente osservato che l’areaAgNOR era aumentata nei casi di carcinoma squamoso e displasiarispetto ai casi di controllo (lesioni non displastichené neoplastiche). Come si osserva nella Tabella I, non si èmai verificata una sovrapposizione dei valori dell’area NORtra i casi negativi ed i casi positivi, e ciò ha consentito l’identificazionedel 100% delle lesioni maligne e premaligne.ConclusioniDai risultati ottenuti si ritiene che gli AgNOR, sebbene nonpossano essere considerati nel singolo caso un parametro assolutodi malignità o benignità, possano aumentare notevolmentel’accuratezza diagnostica dell’esame citologicoRuolo della FNAB nella diagnosi citologica deinoduli tiroidei: analisi retrospettiva su 6760casiA. Disanto, A. D’Amuri, G.P. Camilli, L. HakoDipartimento di Patologia Umana e Oncologia, Sezione diAnatomia Patologica, Università di SienaIntroduzioneLa FNAB attualmente rappresenta la migliore metodica diagnosticanella valutazione dei noduli tiroidei. Dai dati dellaletteratura internazionale emerge che nel 10-20% dei casi l’esamenon si rivela utile per l’inadeguatezza del materiale, inaltri casi invece come per le lesioni follicolari, non risultadiagnostico.MetodiL’accuratezza nell’attuale citodiagnostica può essere miglioratase ripetuta sotto guida ecografica.Scopo di questo lavoro è quello di esaminare l’accuratezzadiagnostica nella nostra casistica che si compone di 6760 casinegli anni 1990-2002 letti presso la nostra Sezione di AnatomiaPatologica della stessa Università.Risultati e conclusioniViene analizzata la ripartizione dei casi nelle diverse categoriediagnostiche e come questa sia variata nel tempo. L’accuratezzadiagnostica viene valutata in relazione all’esame istologiconei casi inviati alla chirurgia e in base al follow-up neipazienti non operati. Infine si sono discussi i casi di falsi positivie falsi negativi e alcuni quadri citologici relativi a patologiatiroidea inusuale e metastatica.Versamento pleurico da metastasi dicarcinoma papillare della tiroide: descrizionedi un casoG. Bogina, E. Bongiorno, P. Castelli, A. Pesci, M. Santacatterina,M.G. Zorzi, L. Furlani, E. Recaldin, G.D. Turetta,G. ZamboniDipartimento Oncologico, Ospedale S. Cuore-Don Calabria,Negrar, VeronaIntroduzioneIl versamento pleurico secondario a metastasi di carcinomapapillare della tiroide è un’evenienza rara (0,6% dei casi dicarcinoma papillare) che si sviluppa generalmente anni dopola diagnosi di neoplasia tiroidea: a nostra conoscenza e’ descrittoun solo caso di versamento pleurico come prima manifestazionedi carcinoma tiroideo.Tab. I. Area AgNOR nella casisticaMedia ± DS Min-Max pControlli (negativi) 2,71 ± 0,74 1,64 – 3,55Lesioni displastiche e carcinoma squamoso 8,79 ± 2,48 5,05 – 12,49 0,0003


298COMUNICAZIONI LIBEREPaziente e metodiDonna di 66 anni, con tosse persistente. L’Rx torace mostravaun versamento pleurico a destra, confermato dalla TAC,che inoltre evidenziava, nel contesto del versamento, nodulisospetti per lesioni ripetitive.RisultatiAll’esame citologico del versamento erano presenti aggregatipapillari di cellule atipiche, prive di evidenti incisure epseudoinclusi nucleari, associati a rari corpi psammomatosi.In alternativa ad una primitività polmonare era ipotizzata unapossibile origine tiroidea, solo parzialmente supportata dalleindagini immunocitochimiche: TTF1-positività; tireoglobulina-negatività.La stadiazione oncologica evidenziava comeunico reperto la presenza di multipli noduli bilaterali della tiroide,il maggiore di cm 4. L’agoaspirato era risultato nondiagnostico. Si procedeva pertanto ad esame bioptico dei nodulipleurici, che risultava diagnostico per localizzazione dicarcinoma papillare della tiroide, con caratteristiche citologicheed immunoistochimiche tipiche (TTF1 e tireoglobulinapositività,contrariamente a quanto osservato su versamento).La tiroidectomia confermava la presenza di un carcinoma papillaremultifocale bilaterale, con invasioni vascolari ed infiltrazionecapsulare.ConclusioneIl versamento pleurico secondario a metastasi di carcinomapapillare è una evenienza rara ma possibile anche come primamanifestazione di malattia. La diagnosi differenziale conun carcinoma del polmone è difficile: le indagini immunocitochimichepossono essere non dirimenti (TTF1-positività inentrambi). La mancata dimostrazione della tireoglobulina el’assenza delle caratteristiche citologiche patognomonichenel versamento non hanno consentito una diagnosi di carcinomapapillare della tiroide. Fondamentali per la diagnosipossono risultare il quadro clinico-strumentale e la presenzadi corpi psammomatosi.Accuratezza diagnostica della citologia agoaspirativaTC guidata delle lesioni polmonari:nostra esperienzaC. Maddau * , M. Matucci * , M.P. Cariaggi * , M. Falchini ** ,E. Mazza ***CSPO, Laboratorio di Citopatologia, Istituto Scientificodella Regione Toscana, Firenze; ** Dipartimento di Diagnosticaper Immagini, Sezione di Radiodiagnostica I, RadiologiaInterventistica, Azienda Universitaria Careggi, FirenzeIntroduzioneLa biopsia TC guidata ha come scopo principale la definizionedelle lesioni polmonari, per lo più periferiche, non diagnosticabilicon indagini di 1° e di 2° livello. Il prelievo tramiteaspirazione con ago sottile (FNA) o con ago “tranciante”(FNAB) consente di ottenere materiale sufficiente per l’esamecitologico, istologico e microbiologico. L’FNA e l’F-NAB mostrano una specificità costante attorno al 100%,mentre è riportata un’estrema variabilità per la sensibilità acausa di reperti falsamente negativi in diretta relazione alledimensioni del nodulo, al numero di passaggi dell’ago ed allapresenza del Citopatologo al momento del prelievo.MetodoDal giugno 2000 al giugno 2003 abbiamo esaminato 245agoaspirati di lesioni polmonari su 237 pazienti (165 M e 72F), di età compresa fra 20-86 anni. Il prelievo citologico TCguidato è stato eseguito dal radiologo utilizzando aghi Chiba20-22 G. La presenza del Citopatologo al momento del prelievoha consentito una valutazione immediata sull’adeguatezzadel materiale. In 41 casi è stato effettuato anche il prelievomicroistologico.RisultatiLa diagnosi citologica è risultata positiva in 180 casi, sospettain 7 e negativa in 23. Due casi “sospetti” sono stati confermatiistologicamente come lesioni benigne; era presenteun “falso negativo”. In 35 casi il prelievo è risultato inadeguato.Il confronto cito-istologico ha confermato la diagnosidi adenocarcinoma e di carcinoma squamoso nel 92%, di piccolecellule nel 100%. La sensibilità è stata del 99% e la specificitàdel 92%. La ripetizione del prelievo richiesta dal Citopatologoin 48 casi ha consentito un recupero di inadeguatidel 73%.ConclusioniL’agoaspirato TC guidato si è dimostrata una procedura rapida,con un’elevata accuratezza diagnostica ed una bassa incidenzadi complicanze. La diagnosi citologica di malignità haconsentito un’anticipazione diagnostica,una resezione precoceed una migliore programmazione terapeutica, con un’elevatapredittività nella distinzione fra carcinoma a piccole enon a piccole cellule. La sensibilità e l’efficacia diagnosticasono state incrementate dalla presenza del Citopatologo, cheha consentito una significativa riduzione dei prelievi non diagnosticie dalle colorazioni rapide, che hanno fornito unorientamento diagnostico con elevata accuratezza. I limiti ele percentuali di errore risultano per lo più imputabili a problemidi campionamento, o alla raccolta di materiale ipocellulare,necrotico o mal conservato.La metodica FISH con sonde multiple nelladiagnosi citologica del carcinoma vescicaleA. Caldarella, M. Paglierani, A.M. Buccoliero, G.L. TaddeiDipartimento di Patologia Umana ed Oncologia, Universitàdi FirenzeIntroduzioneIl carcinoma vescicale è una delle più frequenti neoplasiemaligne, caratterizzato da una alta probabilità di recidiva dopoil trattamento iniziale. La possibilità di una diagnosi precoce,sia del tumore primitivo che delle recidive, influenzadrammaticamente la prognosi del carcinoma vescicale. Letradizionali metodiche per il riconoscimento del tumore sonocostituite da tecniche invasive, quali la cistoscopia, e da esamidi facile esecuzione quali la citologia esfoliativa urinariache ha dimostrato negli anni una alta specificità per il carcinomavescicale ma una minore sensibilità, soprattutto perquanto riguarda i tumori vescicali di basso grado 1 . La ricercadi anomalie cromosomiche specifiche del carcinoma vescicale,attraverso la tecnica di ibridazione in situ con fluorescenza(FISH), nelle cellule presenti in urine di pazienti sottopostia follow up per un pregresso tumore vescicale o in pazientisintomatici potrebbe rappresentare un efficace ausilionella diagnostica dei tumori vescicali, in particolare di bassogrado 2 .Materiali e metodiPer valutare la sensibilità e la specificità della FISH e il suoutilizzo nella valutazione dei campioni routinariamente prelevati,sia in corso di follow up di pazienti con pregresso carcinomavescicale, sia in soggetti a rischio o sintomatici, sonostati sottoposti a ibridazione in situ con microscopio a fluo-


CITOPATOLOGIA299rescenza per la ricerca sia di aneuploidia nei cromosomi 3, 7,17 che di delezione del locus 9p21, 90 campioni urinari allestitiin strato sottile, di cui 60 provenienti da pazienti con carcinomavescicale documentato istologicamente nei tre mesisuccessivi all’esame citologico e 30 da pazienti con successivoesame istologico negativo per neoplasia vescicale. Tra i60 casi positivi istologicamente, 30 presentavano un carcinomavescicale di basso grado e 30 un carcinoma vescicale dialto grado.RisultatiL’analisi con la metodica FISH è risultata positiva per anomaliecromosomiche in 27 casi di carcinoma di alto grado, in23 di basso grado e in nessuno dei casi istologicamente negativiper neoplasia.ConclusioniI risultati ottenuti suggeriscono una applicabilità del metodoFISH nella citodiagnostica urinaria routinaria, con una buonasensibilità per quanto riguarda la diagnostica sia dei carcinomiad alto grado che di quelli, più difficilmente riconoscibilicon l’esame citologico, più differenziati.Bibliografia1Degtyar P, Neulander E, Zirkin H, et al. FISH performed on exfoliatedurothelials cells in patients with transitional cell carcinoma of thebladder. Urology 2004;63:<strong>398</strong>-401.2Bubendorf L, Grilli B, Sauter G, et al. Multiprobe FISH for enhanceddetection of bladder cancer in voided urine specimens and bladderwashings. Am J Clin Pathol 2001;116:79-86.La citologia su strato sottile nel II livello discreening del carcinoma della cerviceuterina. Risultati della nostra esperienza econfronti con il pap test convenzionaleL. Saragoni, M. Liverani, S. Danesi, F. De Paola, R. FedrigaU.O. Anatomia Patologica, Ospedale Morgagni-Pierantoni,ForlìIntroduzioneLa qualità della prestazione citologica rappresenta il cuoredella prevenzione della patologia cervicale e vari studi hannodimostrato che campionamenti inadeguati, errori nella metodologiaorganizzativa e gestionale del programma di screeningassociati ad interpretazioni diagnostiche errate giustificanoincidenza e mortalità ancora troppo elevati.Lo scopo di questo lavoro è di confrontare l’efficacia delledue metodiche: pap test convenzionale ed in strato sottileThinPrep (TP) su un campione di 286 casi diagnosticati come“atypical squamous cells” ASCUS o “atypical glandularcells” AGUS.MetodiTutte le donne con pap test con diagnosi citologica diASCUS/AGUS sono state richiamate entro 3 mesi nell’ambitodegli accertamenti di II livello del programma regionale diScreening del Cervicocarcinoma per eseguire un pap test TP.RisultatiSulla diagnosi iniziale di ASCUS/AGUS con pap test convenzionale,83 casi (29,02%) sono classificati adeguati mentre203 casi (70,98%) sono classificati soddisfacenti ma confattori limitanti (subottimali). Nella ripetizione della citologiacon TP, 225 (78,67%) sono classificati adeguati e 61 casi(21.33%) come “subottimali” (p


300COMUNICAZIONI LIBEREbito di un ampio spettro di diagnosi (nulla di rilevante 56,8%,vaginite atrofica 16,8%, infiammazione senza alterazioni cellulari16%, alterazioni reattive associate ad infiammazione4%, anomalie cellulari epiteliali 2,4%).ConclusioniLimitatamente alla fascia di età menopausale i preparati di citologiacervicovaginale allestiti con la metodica ThinPrep, adifferenza di quanto riportato in letteratura per l’età fertile,sembrano essere di più difficile interpretazione rispetto ai PAPtestpreparati con metodiche tradizionali, e di più alto costo.La proteina L1 dei tipi ad elevato rischio delvirus del papilloma umano in campioni dicitologia cervicale su strato sottileC. Frangella, A. Iaccarino, M. Russo, M. Marino, R. Boschi,A. Zabatta, G. Marino, G. Troncone, A. VetraniDipartimento di Scienze Biomorfologiche e Funzionali, Universitàdi Napoli Federico IIIntroduzioneI tipi ad elevato rischio del virus del papilloma umano (HPV)esercitano la loro azione oncogenetica, integrandosi nel genomadella cellula ospite. Tale integrazione altera il genotipovirale causando la mancata espressione di alcune proteine. Inparticolare l’espressione tardiva della proteina capsidica L1indotta dal virus allo stato episomale, e’ alterata a seguitodella integrazione virale ed alla incompleta maturazione dellacellula ospite. Di conseguenza L1 rappresenta un markerdello stato fisico virale nella cellula dell’epitelio.MetodiIn questo lavoro, la valutazione della proteina L1 è stata effettuatasu un gruppo (n = 30) di lesioni squamose intraepiteliali(SIL) di basso e di alto grado, selezionati in base allapresenza di tipi ad elevato rischio di HPV dimostrata con metodicamolecolare in chemioluminescenza (HPV DNAPAPhybrid capture II). Campioni citologici corrispondenti sustrato sottile (Thin-prep) sono stati processati mediante metodicadi immunocitochimica utilizzando anticorpi contro uncocktail di proteine L1 dei più comuni ceppi HPV high risk(Viroactiv ® HPV High Risk Kit, Virofem Diagnostik undForschungs GmbH).RisultatiUna differenza di espressione statisticamente significativa èstata riscontrata tra i casi di SIL a basso e ad elevato rischio.In questi ultimi oltre il 40% dei casi è risultato negativo perL1.ConclusioniI nostri dati suggeriscono che nel SIL di alto grado, l’espressionedi L1 è frequentemente persa. Ciò avvalora l’importanzadi tale marker come indicatore dello stato fisico dei ceppiad levato rischio del virus HPV.Citologia endometriale in fase liquida: unanuova opportunità diagnostica?A.M. Buccoliero * , A. Caldarella * , G. Bargelli ° , S. Pappalardo§ , M. Marchionni ° , G. Scarselli ° , G.L. Taddei *Dipartimenti di * Patologia Umana ed Oncologia e ° GinecologiaPerinatologia e Riproduzione Umana, Università degliStudi di Firenze; § Libero Professionista, Firenze.L’adenocarcinoma endometriale rappresenta nei paesi occidentalila più comune neoplasia ginecologica. Se ne riconosconodue forme diverse per patogenesi, prognosi ed età di insorgenza:il più frequente, estrogeno-dipendente e relativamenteindolente Tipo I; il più raro, estrogeno-indipendente e a prognosipeggiore Tipo II. Quest’ultimo caratteristicamente colpiscedonne in età più avanzata rispetto al Tipo I. Inoltre, mentreil Tipo I si associa comunemente all’iperplasia endometriale, ilTipo II insorge più spesso su di un endometrio ipotrofico.La comune sintomatologia precoce, che principalmente consistein sanguinamenti uterini abnormi, fa sì che l’adenocarcinomaendometriale venga nella maggior parte dei casi diagnosticatoe conseguentemente trattato negli stadi iniziali.Tuttavia la più frequente causa di sanguinamenti uterini abnormiè l’atrofia endometriale.Contrariamente al carcinoma della cervice uterina, non sonostati mai organizzati per l’adenocarcinoma endometriale importantiprogrammi di screening. Le difficoltà nell’individuazionedi un test comparabile alla citologia cervico-vaginale e laprecoce sintomatologia potrebbero spiegare questo disinteresseallo screening sebbene l’elevata incidenza di questa neoplasia el’esistenza di precursori morfologici (iperplasia endometriale).Le più diffuse procedure diagnostiche nelle donne sintomatichee nelle donne asintomatiche con fattori di rischio sonol’ecografia trans-vaginale, l’isteroscopia e la biopsia endometriale.La larga diffusione della citologia endometriale è stata ostacolatadalle notevoli difficoltà di lettura legate alla comunepresenza di sangue e all’affollamento cellulare comuni neipreparati citologici endometriali.La citologia in fase liquida proprio per la sua capacità di ridurredrammaticamente la presenza di tutti quei fattori oscurantila lettura dei preparati citologici rappresenta una interessanteopportunità per la citologia endometriale.Riportiamo la nostra esperienza triennale nell’utilizzo dellacitologia in fase liquida in ambito endometriale.In una prima fase è stata verificata l’adeguatezza dei campioniottenuti in un gruppo di donne in post-menopausa avanzatacon endometrio ecograficamente sottile (< 4mm) le qualivenivano sottoposte a prelievo citologico e bioptico immediatamenteprima di essere isterectomizzate per prolasso uterino;successivamente è stata valutata la concordanza citoistologicain un gruppo eterogeneo di donne sottoposte a prelievocitologico e bioptico prima dell’esame isteroscopico.La citologia in fase liquida nel gruppo di donne con endometriosottile ha fornito preparati diagnostici più spesso dellabiopsia (82% vs 24%; p = 0.000).La concordanza cito-istologica è risultata superiore al 98%;tutti gli adenocarcinomi e le iperplasie endometriali venivanoriconosciuti.Su queste basi, riteniamo che la citologia in fase liquida possaoffrire alla citologia endometriale interessanti prospettivedi utilizzo nel management sia delle donne sintomatiche cheasintomatiche.


PATHOLOGICA 2004;96:301-304DermatopatologiaInflammatory linear verrucous epidermalnevus-like dermatosis arosen on a skin graftM.C. De Nisi, A.V. Lalinga, R. Occhini, A. D’AmuriDepartment of Human Pathology and Oncology, Section ofPathological Anatomy, University of SienaIntroductionInflammatory linear verrucous epidermal naevus (ILVEN)has never been described on a skin graft. ILVEN is anuncommon dermatosis presenting mainly in children,sometimes at birth, as pruritic erythematous verrucousplaques or papules in a linear array. Lesions usually appearon the lower extremities and are refractary to therapy. Athistology, ILVEN combines inflammatory as well aspsoriatic findings, being characterized by psoriasiformepidermal hyperplasia, hypergranulosis and parakeratosisalternating with hypogranulosis and orthokeratosis,elongation of the rete ridges, inflammatory cells in thedermis and, at times, Monro’s abscesses. Although ILVENtipically occurs as an isolated finding, there are some reportsof associated abnormalities; a rare case of adult onset hasbeen described arosen on a scar.MethodsWe here describe clinicopathological findings of a dermatosisshowing features overlapping to those of ILVEN in anadult, who underwent repeated skin grafts after amputationof the II, III and IV toes of the right foot, following an injuryat work. Afterwards, he developed a scar and, twenty days afterthe last graft, two anular itching lesions with raised borders,that were removed surgically.ResultsClinics was quite different from classical ILVEN; lesionswere anular, and not in a linear array, although very itching.At histology, lesions showed psoriatic and inflammatoryfindings overlapping those of classical ILVEN. Lesions wereremoved and hitching disappeared.ConclusionWe hypothesize that, in adults, dermatosis similar to ILVENat histology, can occur, and can show macroscopical clinicalfeatures different from classical ILVEN. They can be triggeredby various acquired pathologies. In our case immunoresponseafter repeated grafts may have had a role. Toour knowledge, an ILVEN-like dermatosis has not been decribedon a skin graft, to date.Lesioni melanocitarie atipiche. Descrizione ditre casiL. Angeli * , P. Migliora ** , E. Colombo *** , G. Angeli ***Clinica Dermatologica, Università di Novara; ** S.O.C.Anatomia Patologica, Ospedale di Vercelli; *** S.O.C. Dermatologia,Ospedale di VercelliObiettiviScopo del lavoro è la presentazione di tre casi di lesioni melanocitarieatipiche, due nevi di Spitz atipici ed un nevo blucellulato atipico, entità clinico-patologiche di difficile interpretazionenella diagnosi differenziale con altre lesioni melanocitariee con il melanoma.Metodi e risultatiCaso n. 1: lesione dell’elice dell’orecchio sinistro, di cm 0,7di diametro massimo, non pigmentata, di aspetto verrucoide,insorta da 3 mesi in paziente maschio di 38 anni. All’esameistologico: lesione melanocitaria verrucoide, ipercheratotica,costituita da elementi epitelioidi monomorfi, in ampie techedermiche, con nucleo vescicoloso, prominente nucleolo,scarsa penetrazione epidermica. Frequenti mitosi ancheprofonde. Irregolare maturazione in profondità. Viene consideratala diagnosi di melanoma verrucoso spitzoide. Sulla basedella presentazione clinica, della citologia, della crescitaespansiva e non infiltrativa, viene posta la diagnosi di nevodi Spitz atipico.Caso n. 2: lesione alla gamba sinistra di cm 0,9 di diametromassimo, non pigmentata, rilevata, insorta da 3 mesi in pazientedi sesso femminile di 51 anni. All’esame istologico:lesione melanocitaria non pigmentatata, con proliferazioneverticale di elementi fusati o epitelioidi, monomorfi, formazionedi alcune teche giunzionali, focale penetrazione epidermicaed irregolare maturazione profonda. Nel derma superficialeed alla giunzione alcuni corpi di Kamino. Alcunemitosi, anche profonde. Evidente quota reticulinica, che circoscrivesingole cellule o gruppi di cellule. Si pone la diagnosidi nevo di Spitz atipico.Caso n. 3: lesione plantare sinistra, nodulare, di cm 0,6 didiametro massimo, insorta da tempo imprecisato in pazientedi sesso maschile di anni 17. All’esame istologico, lesionemelanocitaria non pigmentata interessante il derma a tuttospessore ed il sottocute, fino al limite con la fascia, senza attivitàgiunzionale. È costituita da elementi medio-grandi, epitelioidi,con nucleo vescicoloso e prominente nucleolo, isolatio in strutture alveolari, con alcune atipie citologiche e qualchemitosi, anche profonda, che esprimono vimentina, S-100,PNL2, p16, focalmente HMB-45. È commisto discreto infiltratolinfoide. Viene posta la diagnosi di nevo blu cellulato,con aspetti epitelioidi, atipico. Possibile diagnosi differenzialecon nevo di Spitz epitelioide.Nei tre casi la diagnosi è stata confermata con richiesta di pareredi consulenza presso Centro di Riferimento.Al follow-up, rispettivamente di 39, 7 e 4 mesi, i pazienti sonoliberi da malattia.ConclusioniI criteri diagnostici morfologici principali del nevo di Spitzatipico sono: monomorfismo cellulare di elementi epitelioidie/o fusati con le caratteristiche della cellula di Spitz; scarsapenetrazione epidermica; incompleta maturazione profonda;presenza di reticolo argentofilo a circoscrivere singole celluleo gruppi di cellule, con presenza significativa di mitosiprofonde. I dati clinici, sede, età e rapida crescita facilitanola diagnosi differenziale nei confronti del melanoma. Perquanto concerne la terza lesione, la diagnosi di atipia del nevoblu cellulato si basa in particolare sul polimorfismo cellularee sulla presenza di mitosi profonde. Gli aspetti epitelioididella lesione pongono differenziale con nevo blu epitelioide,spesso associato a sindrome tipo complesso di Carney,che non è risultata presente nel caso osservato.Data la modesta riproducibilità diagnostica dei criteri e la difficoltàdi predire l’evoluzione clinica delle lesioni melanocitarieatipiche, va considerata l’opportunità di un follow-upravvicinato con eventuale allargamento dell’escissione, potendosiconsiderare tecnica del linfonodo sentinella.


302COMUNICAZIONI LIBEREI tumori di SpitzC. Urso, E. ZiniU.O. Anatomia Patologica, Sezione Dermatopatologia,Ospedale S. M. Annunziata, Azienda Sanitaria di FirenzeI tumori di Spitz ispirano oggi due visioni alternative dellarealtà: 1) le lesioni spitzoidi si dividono, come tutte le altre lesionimelanocitiche, in benigne (nevi di Spitz) e maligne (melanomispitzoidi); i casi con caratteri ambigui possono essereidentificati applicando correttamente i criteri disponibili edeventualmente mediante nuovi criteri e nuove tecniche; 2) lelesioni spitzoidi sono una classe di lesioni a sé, che formanouno spettro comprendente forme benigne (nevi di Spitz), formemaligne (melanomi spitzoidi) e forme intermedie, che tendonoad accumulare elementi istologici atipici e di conseguenzaesprimono un crescente, ma indeterminato potenziale di malignità(nevo/tumore di Spitz atipico). Il modo secondo cui ci sipone di fronte a questi tumori influenza naturalmente l’approcciodiagnostico. La prima visione, a tendenza semplificativae di stampo positivistico, rappresenta un approccio istologicamenteforte, perché parte dalla possibilità di distinguerecomunque i casi benigni dai maligni. La seconda visione, distampo relativistico, non negando la possibile complessità dellarealtà, appare tuttavia istologicamente più debole, riconoscendorealisticamente un limite ai criteri morfologici nel determinareil potenziale evolutivo delle lesioni. La questionenon nasce oggi. Quando S. Spitz enuclea dai melanomi convenzionaliil melanoma giovanile, non ritiene di aver individuatouna lesione benigna, ma un sottogruppo di melanomi, adecorso solo relativamente favorevole, come dimostra uno deicasi da lei descritti, venuto a morte con metastasi diffuse 1 .Successivamente prevale la tendenza a ritenere le lesioni descritteda Spitz invariabilmente benigne, considerando erroridiagnostici i casi ad evoluzione sfavorevole. Ma negli anni seguentil’emergenza di lesioni inquadrabili come nevi di Spitz,con metastasi ed evoluzione favorevole, ripropone il problema,facendo affiorare una sottoclasse di lesioni a potenzialemaligno incerto o ignoto, su cui spesso manca l’accordo diagnostico2 . L’affermarsi della tecnica della biopsia del linfonodosentinella permette oggi una migliore valutazione di questoinsidioso gruppo di lesioni e, aprendo una nuova prospettiva diosservazione, può suggerire nuovi scenari.Bibliografia1Spitz S. Melanoma of childhood. Am J Pathol 1948;24:591-609.2Barnhill RL, Argenyi ZB, From L, et al. Atypical Spitz nevi/tumor:lack of consensus for diagnosis, discrimination from melanoma, andprediction of outcome. Hum Pathol 1999;30:513-520.Protease-activated receptor-1 and -2expression in cutaneous melanocytic lesionsS. Ketabchi, D. Massi, A. Naldini * , C. Ardinghi * , F. Carraro* , M. Paglierani, A. Franchi, F. Tarantini ** , P. Geppetti** , M.D. Hollenberg *** , M. SantucciDipartimento di Patologia Umana ed Oncologia, Universitàdi Firenze; * Dipartimento di Fisiologia, Università di Siena;**Dipartimento di Area Critica Medico-Chirurgica, Universitàdi Firenze; *** Department of Pharmacology, CalgaryUniversity, Alberta, CA, USAIntroductionProtease-activated receptors (PARs) are members of the G-protein-coupled receptor superfamily that are activated bythe proteolytic cleavage of their amino terminal domain.PAR-1 activation by thrombin results in several biological effects,including vasodilation and cell growth whereas PAR-2,activated by trypsin, has a proinflammmatory role. There areincreasing evidences that PARs may be implicated in tumorformation and metastasis. The aim of the current study was toinvestigate the in situ protein and mRNA expression of PAR-1 and -2 in benign and malignant melanocytic lesions.MethodsPAR-1 and PAR-2 expression was evaluated by immunohistochemistryin 20 melanocytic lesions (10 commonmelanocytic nevi; 10 atypical or “dysplastic” melanocyticnevi) and 50 melanomas (10 in situ melanomas; 10melanomas T1, 10 melanomas T2, 10 melanomas T3-T4 and10 metastatic melanomas). PAR-1 and PAR-2 protein expressionwas also evaluated in the human melanoma cell lineA375. The avidin-biotin-peroxidase complex (ABC) methodwas used for the immunostaining with monoclonal antibodyagainst PAR-1 (Santa Cruz) and polyclonal antibody againstPAR-2 (MD Hollenberg). PARs immunoreactivity was semiquantitativelyevaluated. The expression of PAR-1 mRNA inparaffin embedded tissues of selected cases and controls wasinvestigated using a paraffin block RNA isolation procedureand Ribonuclease Protection Assay (RPA).ResultsOverall, PAR-1 was significantly overexpressed in atypicalnevi and melanomas in comparison with commonmelanocytic nevi (p < 0,001, chi-squared method). PAR-1protein expression was also readily demonstrated in the humanmelanoma cell line. Similarly, PAR-1 mRNA expressionwas significantly higher in atypical nevi and melanomas incomparison with common nevi and controls. PAR-2 wasstrongly and diffusely expressed by immunohistochemistryin all melanocytic lesions and melanoma cell line, with nostatistically significant differences between nevi andmelanomas.ConclusionsOverexpression of PAR-1 in atypical nevi and melanomassupports a role for PAR-1 in the initial phases of melanomadevelopment as well as in tumor progression and metastasis.Conversely, the significance of PAR-2 up-regulation in bothbenign and malignant melanocytic lesions requires further investigation.


DERMATOPATOLOGIA303Epitelioma basocellulare giovanileM. De Vito, M. Giuliani, A. Chiominto, G. Coletti, A.R.Vitale, S. Di Rito, V. Ciuffetelli, P. LeocataDipartimento di Medicina Sperimentale, Università de L’AquilaIntroduzioneL’epitelioma basocellulare è un tumore cutaneo a lenta crescitae malignità locale, che evolve generalmente in assenzadi metastasi. E’ più frequente nel sesso maschile e si localizza,solitamente, in sedi fotoesposte; il picco di massima incidenzasi colloca in corrispondenza del settimo decennio di vitaed è molto raro in età pediatrica 1 .Alla nostra osservazione è giunto un caso di epitelioma basocellularedella guancia in una paziente di 14 anni, che presentavauna lesione nodulare, insorta su cute indenne, a bordiirregolari, ulcerata, di cm 0,7 di diametro maggiore. L’anamnesie l’esame obbiettivo della paziente non hanno evidenziatonulla di significativo.MetodiLa biopsia escissionale, che misurava cm 1 x 1 x 0,3, dopofissazione è stata inclusa in paraffina e colorata con ematossilinaed eosina.RisultatiL’esame istologico ha evidenziato la presenza di una lesioneestesa dall’epidemide al derma profondo composta da isole onidi di cellule basaloidi, disposte a palizzata in periferia. Lecellule presentano nuclei ipercromici, con citoplasma relativamentescarso. Si riconoscono alcune figure mitotiche. Lalesione è ulcerata in superficie, circondata da un infiltrato infiammatorioprevalentemente linfocitario. I margini dell’escissioneesaminati non comprendono tessuto neoplastico.Viene posta diagnosi di epitelioma basocellulare.ConclusioniL’epitelioma basocellulare in età pediatrica è raro e si manifestasolitamente in associazione con la sindrome del carcinomabasocellulare nevoide, preesistente nevo sebaceo o xerodermapigmentoso.La nostra relazione riguarda il caso di un epitelioma basocellularein una paziente di 14 anni, insorto “de novo”, senza alcunacorrelazione con la fotoesposizione o con una sindrometrasmessa geneticamente. Il contributo di questo report è dimettere sull’avviso il medico che è possibile che il carcinomabasocellulare insorga in età pediatrica affinché possa essereiniziato il trattamento più appropriato senza ritardi.Bibliografia1LeSueur BW, et al. Basal cell carcinoma in children: report of 3 cases.Arch Dermatol 2000;136:370-372.Chromatin assembly factor (CAF)-1 as auseful proliferation marker and prognosticindicator in cutaneous squamous cellcarcinomaP. Somma, C. Mignogna, G. Mansueto, M. Mascolo, E.Mezza, G. De Rosa, S. StaibanoDepartment of Biomorphological and Functional Sciences,University Federico II of NaplesHistone synthesis and chromatin assembly are mainly associatedwith DNA replication and are thus intimately involvedin cell cycle regulation. The expression of key componentsinvolved in these events in human cells was studied in relationto cell-proliferative status. Among several chromatin assemblyfactors, chromatin assembly factor (CAF)-1 stood outas the most discriminating marker of the proliferative state. Ithas been shown, using both immunofluorescence and Westernblot analysis, that the expression of both CAF-1 largesubunits, p150 and p60, is massively down-regulated duringquiescence in several cell lines. Upon exit from the quiescentstate, the CAF-1 subunits are re-expressed early, before DNAreplication. The amounts of either total or chromatin-associatedpools of CAF-1 proteins correlate directly with cell proliferation.We studied tissue from normal skin and malignanttumors (squamous cell carcinomas, SCC) by immunocytohistochemistryand WB, comparing the results with the DNAploidy patterns evaluated by semiautomated computerizedimage analysis. A strong positive correlation was found betweenCAF-1 p60 expression and the proliferation markerKi-67 (P < 0.001). We discuss the advantages of using CAF-1 to assess cell proliferation. High CAF-1 p60 levels are alsoshown to be associated with various prognostic factors. Ourdata highlight the precise association of CAF-1 expressionwith the proliferative state and some morphometric parametersconcerning DNA ploidy. These results suggest the opportunityto validate the use of this factor as a useful proliferationmarker and prognostic indicator in cutaneous SCC.Identification of Muir-Torre syndrome amongpatients with sebaceous tumors andkeratoacanthomas: role of clinical features,microsatellite instability andimmunohistochemistryL. Losi * , G. Ponti ** , A. Scarselli ** , L. Roncucci ** , M. Pedroni** , P. Benatti ** , M. Ponz de Leon ** , C. Di Gregorio*Department of Pathology; ** Division of Internal MedicineUniversity of Modena and Reggio Emilia; Division ofPathology, Carpi General Hospital, Carpi (Modena)IntroductionThe Muir-Torre syndrome (MTS) is an autosomal dominantgenodermatosis characterized by the presence of sebaceousgland tumors, with or without keratoacanthomas, associatedwith visceral malignancies. A subset of patients with MTS isa variant of the hereditary non-polyposis colorectal cancersyndrome (HNPCC) caused by mutations in mismatch repair(MMR) genes. The aim of this study was to evaluate whethera combined clinical, immunohistochemical and biomolecularapproach could be useful for the identification of Muir-Torresyndrome among patients with a diagnosis of sebaceous tumorsand keratoacanthomas.Methods and resultsSince 1986 through 2000 a total of 181 paraffin embeddedskin lesions from 120 patients were selected by the archivesof the Department of Pathology of the University of Modena.Thirty-three were sebaceous adenomas, 11 sebaceous epitheliomas,15 sebaceous carcinomas, 29 sebaceous hyperplasias,and 93 keratoacanthomas. Through interviews and examinationof clinical charts, we drew family trees of these patients.Seven patients were also affected by gastrointestinal tumors,thus meeting the clinical criteria for the diagnosis of MTS. Inthe MTS families a wide phenotypic variability was evident,both in visceral tumor spectrum and in the type of skin le-


304COMUNICAZIONI LIBEREsions. All sebaceous skin tumors and keratoacanthomas havebeen examined for microsatellite-status and immunohistochemicalexpression of MLH1, MSH2 and MSH6 proteins.The skin lesions belonging to 5 MTS probands showed microsatelliteinstability; moreover, in these cases a concordancewith immunohistochemical analysis was found. Lackof expression of MSH2/MSH6 proteins, or of MLH1 was evidentin three and in two cases, respectively. A constitutionalmutation in exon 13 of MSH2 was found in one MTS patientwho presented multiple keratoacantomas without sebaceoustumors .The 142 sporadic lesions were all MSI-negative andshowed normal expression of MMR proteins.ConclusionsThe clinical, biomolecular and immunohistochemical characterizationof sebaceous skin lesions and keratoacanthomasmight be used in population-based screening for the identificationof families at risk of MTS, a rare disease difficult torecognize and diagnose.Carcinoma linfoepitelioma-simile della cuteM. Lentini, D.A. Cuppari, D. BatoloDipartimento di Patologia Umana, Università di MessinaIl termine carcinoma linfoepitelioma-simile indica un tumorecaratterizzato da aspetti istologici sovrapponibili a quellidel cd. linfoepitelioma della regione nasofaringea. Neoplasieprimitive istologicamente costituite da nidi di cellule epitelioidiscarsamente differenziate e denso infiltrato linfocitariointratumorale sono state descritte nelle ghiandole salivari, neltimo, nel polmone, nello stomaco, nella laringe, nella portio,nella vulva e nella cute. La neoplasia a localizzazione cutaneasi caratterizza per una negatività all’infezione da Epstein-Barr virus e per un decorso clinico indolente.Caso clinicoNel novembre del 1998 perviene alla nostra osservazione labiopsia escissionale di neoformazione cutanea del volto diuna donna di 66 anni. La diagnosi istologica era quella dicarcinoma linfoepitelioma-simile della cute. La paziente siripresentava alla osservazione nel giugno 2002 per la presenzanella stessa area di una neoformazione sottocutanea.Sottoposta ad escissione della neoformazione, veniva postala diagnosi istologica di recidiva di carcinoma linfoepitelioma-simile.Sei mesi dopo perveniva al laboratorio la catenadei linfonodi laterocervicali. Tre linfonodi risultavano metastatici.La neoplasia in entrambi i prelievi era costituita dauna proliferazione di voluminose cellule rotonde con citoplasmadebolmente colorato, nuclei vescicolosi, senza evidentisegni di cheratinizzazione, immerse in uno stromalinfocitario. Le metastasi linfonodali differivano dalla lesioneprimitiva solo in uno dei linfonodi dove si evidenziavauna marcata desmoplasia. L’esame immunoistochimicorivelava una positività delle cellule neoplastiche per EMA;l’infiltrato linfocitario era positivo per LCA e CD45RO.Negativi risultavano EBV, citocheratina 20, Ber-EP4,CD15, CD30 e CD21.Il caso descritto rappresenta un tipico esempio di cd. carcinomalinfoepitelioma-simile della cute. La sua istogenesi èincerta anche se un’origine annessiale è suggerita. Si tratta diuna rara ma distinta entità . A livello cutaneo peraltro questotumore va differenziato da altre lesioni istologicamente simili,ma con decorso clinico nella maggior parte dei casi più aggressivo,quali il carcinoma neuroendocrino, il carcinomasquamocellulare scarsamente differenziato, il linfoma anaplasticoa grandi cellule CD30 positive, il tumore a cellulefollicolari dendritiche.Emangioendotelioma epitelioide cutaneoulceratoA.R. Vitale, M. De Vito, M. Giuliani, A. Chiominto, G.Coletti, S. Di Rito, V. Ciuffetelli, P. LeocataDipartimento di Medicina Sperimentale Università di L’AquilaIntroduzioneL’emangioendotelioma epitelioide è un tumore vascolare pococomune, potenzialmente aggressivo, che coinvolge i tessutimolli, l’osso, il fegato, i polmoni, il cervello, la cavitàorale ed in rari casi la cute. Istologicamente e biologicamenteviene considerata una neoplasia “borderline” tra un’iperplasiaangiolinfoide con eosinofilia ed un angiosarcoma epitelioide,con la capacità di metastatizzare. Alla nostra osservazioneè giunto un caso di emangioendotelioma epitelioidein una paziente di 11 anni, che presentava una lesione diaspetto polipoide, ulcerata, di colorito bluastro, localizzatasul braccio sinistro, delle dimensioni di cm 0,3 diagnosticataclinicamente come granuloma piogenico.MetodiLa biopsia escissionale, che misurava cm 1,4 x 1 x 0,3, è statainclusa in paraffina e colorata con ematossilina ed eosina.Il campione è stato sottoposto anche a colorazioni immunoistochimiche.RisultatiL’esame istologico ha evidenziato la presenza di una lesionelocalizzata nel derma superficiale, costituita da cellule epitelioidi,eosinofile, talvolta fusate, con piccoli lumi intracellulari,che apparivano come vacuoli intracitoplasmatici. Si osservavanofigure mitotiche (4-5 x 10HPF). Era presente inoltreuna piccola area di sclerosi centrale ed iperplasia pseudoepiteliomatosadell’ epidermide che circondava la lesionestessa. L’epidermide si presentava ulcerata con depositi di fibrinae granulociti. I margini dell’escissione esaminati noncomprendevano tessuto neoplastico.L’esame immunoistochimico ha evidenziato una positivitàdiffusa per CD31, CD34 e Ki 67 (5%). La lesione era negativaper CK7, EMA e 34β-E12. Veniva posta diagnosi di emangioendoteliomaepitelioide.ConclusioniLa localizzazione cutanea dell’emangioendotelioma epitelioideè molto rara. Ad oggi ne risultano descritti solo 18 casi1 ; l’ unicità del nostro caso risiede nel fatto che la lesionenon è mai stata descritta prima d’ora in pazienti in età pediatrica.Anche la presentazione clinica appare singolare; infattiè il secondo caso in letteratura che si presenta come un noduloulcerato. A distanza di 6 mesi dalla diagnosi la pazientenon presenta recidive.Bibliografia1Quante M, et al. Epithelioid hemangioendothelioma presenting in theskin. A clinicopathologic study of eight cases. Am J Dermatopathol1998;20:541-45.


PATHOLOGICA 2004;96:305-309EmolinfopatologiaPrimary spindle-cell B-cell lymphoma of theskin: report of three casesE. Bonoldi * , C. Segala * , S. Cazzavillan * , P.M. Donisi ** , A.Scapinello *** , P.A. Bevilacqua * , V. Stracca Pansa ** , E.S.G.d’Amore **U.O. Anatomia Patologica, Vicenza; ** U.O. Anatomia Patologica,Venezia; *** U.O. Anatomia Patologica, CastelfrancoVenetoIntroductionA spindle-cell variant of cutaneous B-cell lymphomas hasbeen described by Cerroni 1 and Goodlad 2 . We report 3 casesof this unusual subtype. All the patients (females, aged 44 to55) presented with a single plaque in the trunk (3 to 9 cm).Treatment: surgical excision, followed by local radiationtherapy and chemotherapy in one recurring case. All the patientsare alive and well at last follow-up (from 2 to 10 years).MethodsThe cases fulfilled the clinical criteria of primary skin lymphomaand were classified according to the WHO classificationas large B-cell lymphomas. Immunostaining was performedusing streptavidin-biotin peroxidase detection system.PCR molecular studies included the amplification of thehypervariable FRIII and FRII complementary determiningregions of the IgH gene, the analysis of t(14;18) and the amplificationof B.burgdorferi DNA encoding a portion of thehighly conserved flagellin gene. The amplification productunderwent sequence analysis (ABI Prism 310 P.E. Systems);the sequences obtained were examined with the FASTA program(web site http://www.ncbi.nlm.nih.gov/blast).ResultsThe main histopathological pattern was pseudonodular in 2cases, interstitial and diffuse in 1 case with involvement ofpapillary and/or reticular dermis. Thick bundles of sclerosisseparated the neoplastic cells in 2 cases. The population waspredominantly made of spindle-shaped and elongated cells in2 cases; in one case foci of large size centroblastyc-like orpolylobated cells in one case. All the cases showed a B-cellimmunophenotype of germinal center origin (CD20+ (3/3),bcl6+(3/3), CD10+ (1/3), bcl2 (1/3)). IgH clonality was detectedin 2 cases. None had t(14;18) by PCR. B. burgdorferiDNA was found in 1 case.ConclusionThe spindle cell-variant of diffuse large B cell lymphoma a)should be considered in the differential diagnostic spectrumof spindle cell tumors of the skin; b) can be associated toB.burgdorferi infection c) at follow up a favourable clinicalprognosis was observed in our group of patients.References1Cerroni L, et al. Am J Dermatopathology 2000;24:526-7.2Goodlad JR. Br J Dermatol 2001;145:313-7.Posttransplant primary cutaneous CD30(Ki-1)-positive anaplastic large cell lymphomaA. D’Amuri, A.V. Lalinga, R. Occhini, M.C. De NisiDepartment of Human Pathology and Oncology, Section ofPathological Anatomy, University of SienaIntroductionLymphoproliferative disorders can develop in solid organtransplant recipients. Most of them are of B-cell phenotypeand Epstein-Barr virus (EBV) sequences are usually detectable.T cell lymphomas are less frequently been described,accounting for about 14% of the postrasplant lymphomas(PTLs). To our knowledge there are only four casereports of CD30(Ki-1)+ lymphomas after transplant, to date.MethodsWe examined a punch skin biopsy on a nodular lesion arosenon the left cheen of a 49-yer-old man, who underwent hearttransplantation five years before.ResultsAt histology a heavy lymphoid infiltrate was seen throughoutthe dermis and, focally, in the subcutis. The infiltrate wascomposed prevalently by large blast cells showing ananaplastic morphology. There was no epidermotropism, althoughlymphoid cells infiltrated skin appendages. Immunohistochemistryrevealed a strong positivity for anti-Ki-1 antibody(CD30) in more than 80% of tumor cells, that alsoshowed a strong positivity for the proliferative marker Ki-67(MIB1 antibody). Staging investigations were all negative.Reduction of immunosuppressive therapy was performed.No further lesions appeared after 6 month-follow up.ConclusionThe skin is an uncommon site of PTLs, and CD30+ lymphomashave rarely been reported after transplant: to ourknowledge, our case is the fifth reported in the literature. Immunosuppressionhas a role in the development of PTLs,therefore therapy presents difficulties, since immunosuppressiveregimen must be reducted. Radiotherapy is the conventionaltreatment for such tumors.Linfomi del cavo oraleM.P. Foschini, S. Asioli, S.A. Pileri *Dipartimento di Oncologia e Servizio di Anatomia Patologicae Citopatologia, Ospedale Bellaria, Bologna; * AnatomiaPatologica e Unità di Emolinfopatologia, Istituto di Ematologiae Oncologia Clinica L&A Seragnoli, BolognaIntroduzioneScopo di questo lavoro è quello di studiare i linfomi della cavitàorale su base morfologica secondo la World Health OrganizationClassification of Tumours of Haematopoietic andLymphoid Tissues (WHO 2001), valutarne l’incidenza inrapporto all’età e in base alle caratteristiche fenotipiche mediantemetodiche di immunoistochimica (ICH) e d’ibridazionein situ (ISH) su tissue micro-array (TMA). Su tutti i casi èstata valutata l’incidenza dell’infezione del virus di EpsteinBarr (EBV).Materiali e metodiSono stati valutati retrospettivamente 27 casi di linfomi del-


306COMUNICAZIONI LIBEREla cavità orale pervenuti dal 1992 al 2002 al Servizio di AnatomiaPatologica, Ospedale Bellaria, dell’Università di Bologna.Sono stati classificati secondo la WHO 2001, e tipizzatimediante la tecnica del TMA, applicando gli anticorpi:CD79a, CD20, CD2, CD3, CD4, CD5, CD7, CD8, CD10,CD30, CD56, CD57, Bcl2, Bcl6, IRTA-1, KI67/MIB1. Tuttii 27 casi sono stati studiati per l’infezione dell’EBV utilizzandola metodica ISH.RisultatiSi sono osservati, esclusivamente, linfomi non-Hodgkin, conuna lieve prevalenza del sesso femminile (13 M e 14 F) eduna età media di 66 anni. Ventiquattro casi sono risultati primitivi,mentre tre casi si sono presentati come manifestazionisecondarie. Si è osservata una prevalenza di linfomi d’originedai linfociti B periferici (19 casi di linfoma a grandi celluleB diffuso (DLBCL), 3 linfomi della zona marginale(MZL), 3 linfomi follicolari (LF)) e l’istotipo più frequente èstato il DLBCL, mentre l’incidenza di linfomi d’origine dailinfociti T periferici è stata rara. Un unico caso (DLBCL) èrisultato positivo all’ISH per il virus EBV. In analogia conquanto osservato da Daibata M 1 nel “pyothorax-associatedlymphoma”, questo ha mostrato, inoltre, espressione aberrantedella molecola CD2.ConclusioniDai nostri dati ed in accordo con la letteratura, si evince chei linfomi della cavità orale sono prevalentemente DLBCL,colpiscono persone d’età media superiore ai 60 anni, con unalieve prevalenza del sesso femminile. Un unico caso erapositivo alla ricerca dell’infezione del virus d’EBV.Bibliografia1Daibata M, et al. Br J Haematol 2002;117:546-557.Linfoma mammario primitivo:studio multiparametricoA. Labate, E. Mazzon * , F. Albiero, R. Cicciarello, G. Costa,M.E. Gagliardi, M. Mesiti ** , V. CavallariDipartimento di Patologia Umana; * Dipartimento ClinicoSperimentale di Medicina e Farmacologia, Sezione di Farmacologia;** Struttura di Oncologia Chirurgica, PoliclinicoUniversitario, Università di MessinaIntroduzioneIl linfoma mammario primitivo rappresenta un entità rara(0,04-0,5% di tutte le neoplasie mammarie) che insorge generalmentein età postmenopausa. Morfologicamente non èdistinguibile dalle forme secondarie, per cui vengono seguiticome criteri distintivi solo i parametri proposti da Wisemane Liao 1 . La presentazione clinica del linfoma mammarioprimitivo spesso non è distinguibile da quella delcarcinoma mammario (nodulo unico con linfonodi ascellaripalpabili). La lesione giunge alla nostra osservazione peresame istologico intraoperatorio con sospetto di carcinoma;l’esame ne rivela la natura non epiteliale ma mesenchimale.Materiali e metodiPerviene alla nostra osservazione pezzo chirurgico di nodulectomiadi cm 3,5x3; al taglio si osserva una lesione nodularea margini netti di colorito grigiastro; La lesione vieneanalizzata in microscopia ottica, in microscopia elettronica atrasmissione, in citometria a flusso, e viene fatto un pannelimmunoistochimico per tipizzazione (CD3, CD20, CD45RO,LCA)RisultatiMicroscopia ottica: la neoformazione ad alta densità cellulareè costituta da elementi con nuclei voluminosi e citoplasmiscarsamente tingibili. Gli elementi presentano un elevato indicemitotico ed infiltrano estesamente le strutture stromali eghiandolari circostanti (vedi W. e L.). Microscopia elettronicaa trasmissione: gli elementi neoformati mostrano nucleipolimorfi con cromatina dispersa o marginata e grandi nucleoli.I citoplasmi contengono abbondanti poliribosomi equote variabili di RER. Le cellule neoformate sono delimitateda abbondante collagene denso. Esame citometrico: elementicon DNA diploide; fase S 27.0% Panel immunoistochimicoper tipizzazione linfoma: la neoformazione risultaintensamente positiva per LCA e CD20; l’immuno localizzazioneper CD3 e CD45RO appare debolmente positiva in alcunielementi cellulari.ConclusioniLa maggioranza dei linfomi mammari primitivi sono linfomidiffusi a grandi cellule B (BLCL WHO classification). La lesionegiunta alla nostra osservazione è stata tipizzata in basealle caratteristiche morfologiche e immunoistochimiche comelinfoma B. Si sottolinea l’importanza della diagnosi differenziale,insede pre e intraoperatoria, con altre masse mammarie,in quanto considerando che il NHL è altamente sensibilealla chemioterapia, e che una chirurgia non demolitivanon cambia la prognosi, evitare un intervento di mastectomiaradicale vuol dire preservare la qualità di vita delle pazienti.Bibliografia1Wiseman C, et al. Cancer 1972;29:1705-1712.Linfoma maligno non Hodgkin B localizzatoalla mammella. Descrizione di due casiF. Tallarigo, M. Lestani * , N. Papaleo, F. Pontieri, M.G.ScaliaServizio di Anatomia Patologica, Ospedale “San Giovanni diDio”, Crotone; * Università di VeronaIntroduzioneIl linfoma primitivo della mammella è un evento raro. Daidati presenti in letteratura è stimata un’incidenza < 1% di tuttele neoplasie primitive della mammella e comprende il2,2% di tutti i linfomi non Hodgkin extranodali e lo 0,38% ditutti i linfomi.Materiali e metodiCaso n. 1, donna di 50 anni alla quale in corso di mammografiapreventiva viene riscontrata una neoformazione in zonaretroareolare della mammella sin. A contorni netti diagnosticatacome probabile tumore filloide. Viene eseguito fnadella lesione in cui viene descritto tappeto di elementi lifoidiin vari stadi maturativi con spiccato numero di elementi atipici,elevato indice mitotico, ed è stata fatta diagnosi compatibilecon lesione linfoproliferativa. Viene eseguito esameestemporaneo con diagnosi di neoplasia maligna da definiredopo inclusione, a questa ha fatto seguito quadrantectomiacon asportazione dei linfonodi del cavo ascellare. La diagnosiistologica definitiva è stata di lifoma B diffuso a grandicellule. Tutti i linfonodi sono risultati indenni. La successivastadiazione non ha evidenziato ulteriori localizzazioni dellamalattia.Caso n. 2, donna di 73 anni ricoverata presso la divisione digeriatria, dove viene apprezzato nodulo a livello del Q.I.Imammella sin, refertato all’esame mammografico come pro-


308COMUNICAZIONI LIBEREmarginale si distingue per un comportamento più indolente eper la prognosi favorevole nei casi appropriatamente trattati.Bibliografia1Franco V, et al. Blood 2003;101:2464-2472.2Costes V, et al. Br J Haematol 2002;119:916-922.Intrasinusoidal bone marrow infiltration andsplenic marginal zone lymphomaF. Fraire, A. Fornari, L. Davico Bonino, L. Godio,L.Chiusa, G. Palestro, A. PichDepartment of Biomedical Sciences and Human Oncology,Section of Pathology, University of TurinIntroductionIntra-sinusoidal infiltration (ISI) is a recently recognized patternof bone marrow (BM) invasion, described as a frequentand occasionally prominent pattern of invasion in splenicmarginal zone lymphoma (MZL) 1 . ISI was also found in otherNHL types 2 , but never as a “prominent” pattern. We haveanalysed 54 BM biopsies showing an ISI pattern by means ofa quantitative approach. The purpose was to verify if the ISIpattern of BM invasion was specific of splenic MZL, and ifISI quantity on BM biopsy could represent a diagnostic criterion.Materials and methodsOut of the 54 NHL, there were 31 (57.4%) MZL and 23(42.6%) non-MZL: 6 MCL, 6 SLL/CLL, 4 FL, 4 DLBL, 1PTC, 1 LDL and 1 ALCL. Thirty-five (64.8%) were primitivesplenic (PSL) and 19 (35.2%) non-primitive splenic (non-PSL) lymphomas. Splenectomy was performed in 25 patients.Serial sections from BM biopsies, decalcified and embeddedin paraffin, were stained with H.E., periodic acidSchiff (PAS), Giemsa and reticulin staining and the monoclonalantibodies anti CD45, CD20 and CD3. In selected cases,the analysis was supplemented by CD34, CD79a, CD76(DBA44), CD8, CD30, CD5, CD4, TIA, anti-granzyme Band ALK immunostaining. The pattern and quantity of BMinfiltrate was assessed on CD20 (or CD3) stained sections.The mean percentage of all neoplastic lymphocytes (ITOT)and the mean percentage of intrasinusoidal lymphocytes (ISI)was calculated by examining 10 areas for each case.ResultsThe mean ITOT for the whole series was 26.31 (SD ±20.97;range 1-80). It was 21.57 in PSL and 35.05 in non-PSL(p=0.04); 22.58 in MZL and 31.34 in non-MZL (p=0.15).The mean ISI for the whole series was 6.07 (SD ±5.29; range0.1-21.3). It was 5.23 in PSL and 7.62 in non-PSL (p=0.1);5.70 in MZL and 6.58 in non-MZL (p=0.56). In PSL, ISIquantity was greater in MZL (5.83) than in non-MZL (2.83)(p=0.1), and a direct correlation was found between theweight of the spleen and ITOT (r=0.41, p=0.04), but not ISIquantity (r=0.04, p=0.84).ConclusionsThe intrasinusoidal pattern of BM invasion is particularlyfrequent in MZL and PSL 1 , but not specific. Moreover, ISIquantity is not indicative of splenic MZL. Therefore, the hypothesisof splenic MZL, based on the presence or quantityof ISI on bone marrow biopsy, should be supported by a completeimmunophenotyping and cytogenetic analysis of thebone marrow infiltrate.Trasformazione leucemica linfoblastica inmielofibrosi idiopaticaV. Stracca Pansa, P.M. Donisi, M. Riccardi, C. Ortolani,L. Rau, C. Sarpellon * , E. Bonoldi **Dipartimento di Anatomia Patologica e Medicina di Laboratorio,Venezia; * U.O. di Ematologia, Venezia; ** U.O. AnatomiaPatologica, VicenzaLa mielofibrosi idiopatica cronica può esitare, nel 5-30% deicasi, in leucemia acuta della linea mieloide. Estremamenterara è, invece, l’evenienza di una leucemia linfoblastica acuta,di cui riportiamo un caso.La paziente, di 65 anni, era da 12 anni affetta da mielofibrosie trattata con solo supporto trasfusionale. Ricoverata peranemizzazione e piastrinopenia severa, mostrava una discretapancitopenia e la presenza di una quata blastica pariall’8%.La Tac addome evidenziava splenomegalia di grado imponentee discreta epatomegalia. Dopo splenectomia, l’esameistologico della milza mostrava una diffusa infiltrazione dellapolpa rossa di elementi blastici medio grandi, con nucleo acontorni irregolari, cromatina fine dispersa e uno-due nucleoli,e fenotipo B (CD20, CD10, CD79a, TdT positivo) associataa focale metaplasia mieloide. Il midollo emopoieticoipercellulare, con fibre reticoliniche diffusamente aumentate,e la biopsia epatica erano interessate da diffusa infiltrazioneleucemica. In citometria a flusso su sangue periferico blastidi dimensioni medio-grandi esprimevano il seguente fenotipo:CD10+, CD19+, CD20+, CD22+, CD34+, CD38+,cyCD79a+. L’analisi in PCR – gene scan – mostrava la presenzadi riarrangiamento dei geni delle immunoglobuline,confermando la linea B degli elementi leucemici. L’indaginecitogenetica (tecnica del bandeggio e FISH) rivelava un cariotipocomplesso caratterizzato da traslocazione 9/22, delezioneparziale del braccio p del cromosoma 4 e trisomia parzialedei cromosomi 1 e 8. Sottoposta a chemioterapia conVincristina, le condizioni cliniche dopo tre mesi dall’ interventosono discrete.La mielofibrosi idiopatica costituisce una vera entità patologicain cui l’alterazione della cellula staminale produceespansioni clonali di precusori mieloidi e eritroidi, di granulocitineutrofili, di monociti, di megacariociti e di linfociti diderivazione sia B che T cellulare. Il caso, pur nella sua unicità,costituisce un esempio di evoluzione leucemica in sensolinfoide B della cellula staminale pluripotente e confermala necessità di una estensiva caratterizzazione immunofenotipicae genotipica delle popolazioni blastiche al fine di stabilireuna adeguata condotta terapeutica.


EMOLINFOPATOLOGIA309Danno midollare da ticlopidina simulantemorfologicamente una leucemia acutapromielocitica: descrizione di un caso erevisione della letteraturaG. Di Marco, M. Stella, D. Turri ** , T. Mannone, F. Guddo,M.R. Rizzuto, F. Raiata, V. Franco * , A.M. Florena * , A.RizzoAnatomia Patologica, A. O. “V. Cervello”, Palermo; * Istitutodi Anatomia ed Istologia Patologica, Università di Palermo;** Unità Operativa Ematologica T.M.O. A.O. “V. Cervello”,PalermoIntroduzioneMolti farmaci possono alterare la crasi ematica e sollevareproblemi di diagnosi differenziale con emopatologie neoplastiche.La ticlopidina è un antiaggregante piastrinico con effetti collateraliematologici: da neutropenia reversibile, a quadri pancitopenicifatali.Metodi e risultatiDonna di anni 55, diabetica, ipertesa, cardiopatica, con insufficienzarenale cronica che assumeva antidiabetici orali,antiipertensivi e ticlopidina.Nel maggio del 2003, insorgevano astenia, dispnea e pancitopeniasevera: GR 3.240.000/mmc, GB 480/mmc, Plt26.000/mmc. La biopsia osteomidollare evidenziava: midolloosseo a trama reticolare infittita, cellularità del 60-70%,aumento di promielociti, blocco maturativo della serie mieloidea questo stadio, isolati cumuli linfoidi a carattere reattivo.La biologia molecolare escludeva il riarrangiamentoPML/RARalfa. Si effettuava la seguente terapia: trasfusioni eprofilassi delle infezioni. Si sospendeva l’assunzione di ticlopidina.Tre settimane dopo il quadro ematologico era miglioratoe la pazienta veniva dimessa.ConclusioneI danni collaterali da ticlopidina sono vari: gastroenterici,epatici ed ematologici. Il meccanismo di induzione del dannomidollare non è chiaro: azione tossica diretta dose-dipendenteoppure azione tossica immunomediata 1-2 . In letteratura,dal 2000 ad oggi, sono stati riportati 11 casi di patologiaematologica da ticlopidina. Nel nostro Laboratorio, dal 1998ad oggi, abbiamo osservato 4 pz con danno midollare da tiklided il caso presentato è interessante perché il quadro clinico-patologicodi presentazione induceva il sospetto di unaleucemia acuta promielocitica. Dirimenti per la diagnosi sonostati: il mieloaspirato (promielociti sprovvisti di corpi diAuer); la biologia molecolare (escludeva la traslocazionet(15;17); la reversibilità del quadro dopo sospensione di ticlopidina.Bibliografia1Taher A, et al. Am J Hematologyl 2000;63(2):90-93.2Symeonidis A, et al. Am J Hematology 2002;71(1):24-32.


PATHOLOGICA 2004;96:310-315NeuropatologiaL’esame estemporaneo in neuropatologia:valutazione delle procedure tecnicheA. Cimmino, G. Parisi, G. De Marzo, C. Traversi, R.RiccoDAPeG Dipartimento di Anatomia Patologica e Genetica,Sezione di Anatomia Patologica, Università di BariIntroduzioneNella diagnostica intraoperatoria neuropatologica è estremamentevantaggioso disporre di metodiche utili a trarre il maggiornumero di informazioni dal preparato. Nel nostro studioabbiamo comparato la valutazione istologica al criostato equella citologica su striscio o apposizione, che permette di rilevaredettagli non osservabili su preparati istologici criostatati.Materiali e metodiLa nostra casistica comprende 7 meningiomi, 2 carcinomimetastatici, 1 astrocitoma anaplastico, 1 tumore a mieloplassi,1 cordoma anaplastico. Per ognuno è stato prelevato unframmento a fresco per l’esecuzione dell’esame intraoperatoriocito-istologico. Per l’esame citologico sono stati allestiti8 preparati per apposizione o striscio in relazione alla lesionee al tessuto e sono state testate quattro procedure: colorazionecon Giemsa, blu di toluidina,ed ematossilina-eosinacon fissazione in alcool 95° e colorazione con ematossilinaeosinaprevia fissazione in alcool 95° ed ac. acetico. Per l’esameistologico sono state allestite 8 sezioni al criostato. Ipreparati sono stati fissati in alcool 95° o formalina al 10%,nella metà dei casi postfissati in microonde a 400W e tutti coloraticon ematossilina-eosina.RisultatiLe 192 sezioni complessive sono state esaminate in doppioda 2 patologi con esperienza neuropatologica. Per ogni preparatoè stato espresso un giudizio di: leggibilità (scarsa, discreta,buona e ottima). Tutti i vetrini di uno stesso pazientesono stati colorati contemporaneamente, per evitare risultatifalsati dalla variabilità della colorazione. A parità di tempi difissazione l’esecuzione dell’esame estemporaneo citologicoè stato eseguito in un range di 7-11’ in relazione alla colorazionee all’allestimento (striscio/apposizione) ed in un rangedi 13 e i 15’ per l’esame istologico. I risultati sono riassuntiin Tabella I.ConclusioniNell’esame citologico le colorazioni Giemsa e blu di toluidinaconsentono la migliore leggibilità dei dettagli morfologicinucleari e citoplasmatici. Minore la leggibilità dei preparatiin ematossilina-eosina. L’aggiunta di ac acetico ha dato risultativariabili. Nella valutazione dell’esame istologico risultatipiù soddisfacenti sono stati ottenuti con alcool 95°. L’usodel forno a microonde non ha determinato sensibili miglioramenti.Bibliografia1Burger PC. Use of cytological preparations in the frozen section diagnosisof central nervous system neoplasia. Am J Surg Path1985;9:344-354.2Dawson TP, Neal JW, Llewellyn L, Thomas C. Neuropathology techniques.Arnold, London 2003.Ruolo dei fattori angiogenici e studio degliindici di proliferazione nella progressione enella familiarità degli angiomi cavernosicerebraliS. Simonetti, S. Garofalo, V. Strazzullo, G. Pettinato,M.L. Del Basso De CaroDipartimento di Scienze Biomorfologiche e Funzionali, Universitàdi Napoli “Federico II”IntroduzioneGli angiomi cavernosi sono malformazioni vascolari angiograficamenteocculte che sono più spesso sporadiche ed ingenere stabili, anche se a volte mostrano tendenza alle localizzazionimultiple ed alla evoluzione.È stato recentemente dimostrato che le malformazioni vascolaricerebrali esprimono diversi fattori di crescita angiogenicie che questi possono avere un ruolo nella loro origine eformazione.Materiali e metodiNel nostro studio abbiamo testato i fattori EGF-R, tenascina,TGF-β, PDGF, Ki-67 e bcl-2 in 9 angiomi cavernosi con tendenzaall’accrescimento, con localizzazioni multiple ed inTab. I. RisultatiLeggibilità Leggibilità Leggibilità Leggibilitàscarsa discreta buona ottimaGiemsa 0% 0% 8,33% 91,66%Blu di toluidina 0% 0% 16,66% 83,33%Fissazione in alcool, ematossilina-eosina 0% 25% 33,33%Fissazione in alcool+acido acetico, ematossilina-eosina 8,33% 16,66% 12,5% 62,5%Fissazione in alcool al 95% 0% 25% 50% 25%Fissazione in formalina al 10% 29,16% 50% 12,5% 8,33%Fissazione in alcool al 95%, passaggio in forno MW 4,16% 45,83% 45,83% 4,16%Fissazione in formalina al 10%, passaggio in forno MW 25% 66,66% 8,33% 0%


NEUROPATOLOGIA311membri della stessa famiglia. I risultati ottenuti sono stati paragonaticon quelli di un gruppo controllo di 40 angiomi cavernosisporadici, senza progressione di crescita.ConclusioniI cavernomi aggressivi sono associati ad un’espressione dibcl-2 e Ki-67, come in altre lesioni proliferative.L’espressione di TGF-β, PDGF e Tenascina nel parenchimaperilesionale suggerisce che la vascolarizzazione delle areecircostanti possa essere reclutata per un’ulteriore crescita delcavernoma, aggiungendo nuove cavità vascolari alla lesione.Bibliografia1Kiliç T, Pamir N, Küllü S, et al. Expression of structural proteins andangiogenic factors in cerebrovascular anomalies. Neurosurgery2000;46:1179-1192.2Viale GL, Castellani P, Doracatto A, et al. Occurence of a glioblastoma-associatedtenascina-C isoform in cerebral cavernomas and neighboringvessels. Neurosurgery 2002;50:838-842.Valore prognostico dell’espressioneimmunoistochimica di fattori angiogenici,indici di proliferazione e proteina bcl-2 neimeningiomiG. Leone, S. Garofano, R. De Cecio, L. Stasio, M.L. DelBasso De Caro, G. PettinatoDipartimento di Scienze Biomorfologiche e Funzionali, Universitàdi Napoli Federico IIIntroduzioneI meningiomi sono tumori generalmente a lenta crescita, consintomi da compressione delle strutture adiacenti.Sebbene un comportamento biologico aggressivo potrebbeessere anticipato dalla presenza di aspetti morfologici qualinecrosi, invasione del parenchima cerebrale, alto indice mitoticoe/o essere legato ad istotipi particolari (meningiomapapillare, meningioma a cellule chiare, meningioma cordoide),è pur vero che non tutti i meningiomi che recidivano ometastatizzano presentano una o tutte queste caratteristiche.Materiali e metodiNel nostro studio, limitato a 60 casi di cui 30 meningiomi recidivantie 30 non recidivati, abbiamo focalizzato l’attenzionesu alcune variabili:1) assetto recettoriale per estrogeni e progesterone2) indici di proliferazione3) immunoespressione di alcuni fattori di crescita (VEGF,EGF-R)4) immunoespressione della proteina apoptosica bcl-2.RisultatiLo studio degli indici di proliferazione è risultato di alta significativitàprognostica. Per quanto riguarda l’assetto recettorialeper ER e PR, il dato emerso ha mostrato come la positivitàper PR sia fortemente correlata ad una assenza di recidiva, indicandoquindi il PR status come fattore progostico favorevole.Inaspettatamente l’espressione immunoistochimica dell’EGF-Rha mostrato valori più elevati nel gruppo di meningiominon recidivati. Tale dato indicherebbe come questo fattoredi crescita possa essere collegato ad una differenziazionein senso epiteliale delle cellule meningiomatose. Resta da valutareil dato dell’associazione negativa tra Bcl-2 e PR, contrariamentea quanto accade per il carcinoma della mammella.ConclusioniIl nostro studio dimostra come sia possibile, soprattutto nelleforme “benigne” di meningioma, con semplici indagini immunoistochimichedi routine, offrire al neurochirurgo ed alclinico dei parametri aggiuntivi, che rappresentano lo strumentoidoneo per un opportuno management del paziente.Bibliografia1Andersson U, Guo D, Malmer B, Bergenheim AT, Brannstrom T,Hedman H, Henriksson R. Epidermal growth factor family (EGFR,ErbB2-4) in gliomas and meningiomas. Acta Neuropathol 2004;18.2Lamszus K. Meningioma pathology, genetics and biology. J NeuropatholExp Neurol 2004;63:275-86.The “non neoplastic glia” of secretorymeningiomas: some immunohistochemicalobservationsS. Galatioto, M.P. Sciacca, M. ChimenzDipartimento di Patologia Umana, Università di MessinaRecently some AA showed that micro- and macroglial cellsoccur within and around brain tumors and suggested (especiallyfor microglia) that they could play a role in the defensagainst neoplasms of the CNS (Graeber et al., 2002).As to concerns Meningiomas there are a few immunohistochemicalstudies about the presence of mononuclear cells andmacrophages within them.Another question refers to the pathogenesis of peritumoralbrain edema that sometimes may be also considerable.Secretory Menigiomas (SM) are a rare meningioma subtypethat clinically showed a unique tendency to evoke a markedbrain edema while histologically are characterized by a unusualepithelial differentiation with glandular lumina containingsecretory PAS-positive globules (Probst-Cousin et al., 1997).As well as most subtypes of Meningiomas, SM not showedhowever a different prognosis.The aim of our study is to investigate the immunophenotypesof the “non neoplastic glia” within these tumors as well its relationshipwith some markers on the extracellular matrix(LAM, FN, CoIV).Taken together our immunohistochemical findings showed agood amount of CD68 and/or CR3/43 immunoreactive cellslikely expressing various functionl roles within the tumor in orderto the tumor’s growth and the peritumoral cerebral edema.Tumore Glioneuronale Papillare, una nuovavariante di neoplasia mista glioneuronale.Osservazione di tre casi e revisione criticadella letteraturaS. Garofalo, S. Simonetti, F. Ventre, R. De Cecio, M.L.Del Basso De Caro, G. PettinatoDipartimento di Scienze Biomorfologiche e Funzionali, Universitàdi Napoli “Federico II”IntroduzioneIl Tumore Papillare Glioneuronale (PGNT), rappresenta unanuova entità clinico-patologica con caratteristiche architetturali,immunoistochimiche ed ultrastrutturali distinte dalle variantidi tumore glioneuronale di basso grado.Vengono descritti gli aspetti clinico-patologici di tre casi diPGNT.Materiali e metodiI casi clinici studiati sono relativi a tre giovani pazienti, unodi 12 aa con lesione localizzata a livello del lobo temporo-oc-


312COMUNICAZIONI LIBEREcipitale di dx, il secondo di 13 aa con interessamento del lobofrontale ed il terzo di 22 aa con sede cerebellare. Alla risonanzamagnetica tali lesioni risultavano ben delimitate, cistiche,con enhancement del mezzo di contrasto. I pazienti sisono presentati all’osservazione clinica con segni neurologicisfumati.RisultatiMicroscopicamente la lesione si presentava moderatamentecellulata, con un pattern bifasico (aree microcistiche ed areecon architettura pseudopapillare). La componente cellulareera costituita da piccole cellule rotondeggianti intorno ad uncore stromale vascolare; nelle zone microcistiche, frammistealle piccole cellule, si osservano elementi di piccola e mediataglia, con nucleo vescicoloso, talora nucleolato. Si osservano,inoltre, aree più intensamente fibrillate, simil-pilocitichee con corti segmenti capillari.ConclusioniPGNT risulta essere quindi un’entità clinico-patologica attualmentenon inclusa nella classificazione WHO dei tumoridel Sistema Nervoso Centrale, caratterizzata da aspetti architetturalidistinti dalle varianti previste di tumore glioneuronaledi basso grado, con neurociti, cellule gangliari e celluleganglioidi e con prognosi favorevole. Come nel caso di altrelesioni del gruppo “neuronale-glioneuronale”, rimane da stabilirese questa entità sia da ritenersi su base amartomatosa odisembriogenetica, o se, al contrario, rappresenti una veraneoplasia.Bibliografia1Komori T, Scheithauer BW, Anthony D, Rosenblum MK, McLendonRE, Scott RM, Okazaki H, Kobayashi M. Papillary glioneuronal tumor.Am J Surg Pathol 1998;22(10):1171-83.2Prayson RA. Papillary Glioneuronal Tumor. Arch Pathol Lab Med2000;124(12):1820-3.On a case of anaplastic oligoastrocytomawith ependymal featuresE. Zunarelli, L. Reggiani Bonetti * , S. Bettelli * , L. Garagnani* , G.P. Trentini *Dipartimento Integrato di Servizi Diagnostici e di Laboratorioe di Medicina Legale, Anatomia Patologica, AziendaOspedaliera-Universitaria * , Policlinico di Modena, Modena,ItaliaIntroductionThe unusual morphology of a cerebral tumour with threecomponents, anaplastic oligoastrocytoma and ependymoma,is presented. These three components were distinctively appreciatedand intimately arised creating the tumour mass.Materials and methodsRoutine techniques, immunohistochemical methods and molecularanalysis were performed.Case study and resultsAn active, fit 70-year-old man collapsed suddenly, the clinicalpicture suggesting a stroke, after a 2-month history ofheadache.CT and MRI imaging disclosed a left frontal lobe lesion,rather superficial in location, 20 mm in maximum dimension,with a necrotic core in a well defined ring of contrast enhancementand peripheral oedema, most consistent with highgrade glioma.On gross examination, fragments of red-brownish soft tissue,4x3x1.7 cm in toto, were received. Histology showed a highgrade primitive glial tumour, hypercellular, mitotically active,necrotic, which affected mainly cortex and white matter. Thetumour had variegated tissue pattern, with apparently distinctcomponents, first anaplastic oligodendroglioma/astrocytoma(80-85%), and secondly anaplastic ependymoma (20-15%),with perivascular pseudorosettes which bore a definite resemblanceto those seen in ependymal tumours. The major oligodendroglialcomponent expressed GFAP, to a lesser extent S-100 protein; the ependymal-looking component was GFAPandS-100 negative. Synaptophysin yielded an aspecific positivityin both areas. EMA and MNF-116 were negative, as wellas melan-A. Proliferative activity (MIB-1 LI) was about 12%,p53 was focally expressed.FISH documented amplification of EGFR and polisomy ofchromosome 7 (aneuploid DNA). LOH for 1p 19q is currentlyundertaken.ConclusionsThe tumour was classified on the majority of the lesion,which was distinctly oligoastrocytomatous in nature; thenumber of mitotic figures and MIB-1 LI were sufficientlyhigh to allow a diagnosis of anaplastic oligoastrocytoma withependymal features. Mixed gliomas potentially represent themost likely to benefit from ancillary genetic characterization,both in morphological and prognostically meaningful terms.Molecular genetic alterations inoligodendroglial tumors: implications forpathological diagnosis and clinicalmanagementA. Arcella, M. Salvati * , M. Gessi, F. GiangasperoDept. of Experimental Medicine and Pathology, and * Dept.of Neurosurgery, University of Rome “La Sapienza”, IRCCSNeuromed, Pozzilli, ItalyIntroductionOligodendrogliomas and oligoastrocytomas in contrast to themajority of anaplastic astrocytomas and glioblastomas, frequentlyrespond favorably to chemotherapy. Oligodendroglialtumors are often associated with longer survival than diffuseastrocytic gliomas. These differences in response to therapyand in prognosis have been associated with distinct geneticaberrations, in particular, the frequent loss of heterozygosis(LOH) of alleles on chromosome arms 1p and 19q. In addition,other genetic changes (LOH 17p and 10q) have been reportedas indicators of poor response to therapy and short survival ingliomas. We examined 20 brain tumors for LOH on cromosome1p, 19q, 10q, and 17p, The LOH status was correlatedwith clinical behaviour and response to treatment.MethodsTwenty brain tumors, including 5 oligodendrogliomas (WHOII), 7 anaplastic oligodendrogliomas (WHO III), 2 oligoastrocytomas(WHO II), 1 anaplastic oligoastrocytomas (WHOIII), 2 glioblastomas (WHO IV), 1 anaplastic astrocytomas(WHO III), 1 pleomorphic xanthoastrocytoma (PXA) (WHOII) and 1 ganglioglioma (WHO I). Tumor DNA was extractedfrom paraffin-embedded sections; constitutional DNA wasextracted from blood lymphocytes. Allelic chromosomal losswas assessed by loss of heterozygosity assays in constitutionalDNA/tumor DNA pairs using microsatellite markerson 1p36.3, 1p32, 1p13 (D1S508; D1S2743; D1S457),19q13.3 (D19S219, D19S412), 10q22 (D10S562), 10q26(D10S212), 17p13 (D17S1353) and 17p12 (D17S520).


NEUROPATOLOGIA313ResultsSimultaneous presence of LOH on 1p and 19q was identifiedin 4 anaplastic oligodendrogliomas 1 oligoastrocytoma and 1oligodendroglioma; LOH of 10q was identified in 2 anaplasticoligodendroglioma, 1 anaplastic oligoastrocytoma and in 1oligodendroglioma; LOH of 17q was found in 2 cases ofoligoastrocytoma and in one case of oligodendroglioma. Thepatients with both LOH on 1p and 19q showed a good responseto chemotherapy and a stable disease (mean follow-up period:12 months) while the patients with LOH on 10q showed poorresponse to treatment and disease progression. Both glioblastomasinvestigated showed LOH on chromosome 10q whileganglioglioma and PXA did not showed chromosomal imbalances.ConclusionsClinical decisions in the management of patients with oligodendroglialtumors should be based on the combined assessmentof clinical and neuroimaging features, histological classificationas well as molecular genetic features.Espressione immunoistochimica di P14 ARF eP16 INK4a nei gliomiI. Cozzolino, F. Ventre, E. Mezza, G. Pettinato, M.L. DelBasso De CaroDipartimento di Scienze Biomorfologiche e Funzionali, Universitàdi Napoli Federico IIIntroduzioneIl locus CDKN2A sul cromosoma 9p21 contiene i genip14 ARF e p16 INK4a , ed è frequentemente alterato nelle neoplasieumane, compresi i tumori cerebrali.P14 ARF è il prodotto degli esoni 1b, 2 e 3 (CDKN2 β transcript),che agisce legandosi direttamente al gene MDM2 estabilizzando sia p53 che MDM2. L’arresto della crescita indottoda p14 ARF risulta quindi p53-dipendente.P16 INK4a è un tumor suppressor prodotto dagli esoni 1a, 2 e3 (CDKN2 α transcript), che induce un arresto del ciclo cellularenella fase G1, inibendo la fosforilazione della proteinaRb.Materiali e metodiNel nostro studio viene esaminata l’immunoreattività dip14 ARF e p16 INK4a in 40 casi di gliomi della serie astrocitaria(10 astrocitomi pilocitici WHO grado I, 10 astrocitomi diffusiWHO grado II, 10 astrocitomi anaplastici WHO grado III e10 glioblastomi multiformi WHO grado IV), al fine di verificarnela eventuale modulazione di espressione e di ipotizzarneil possibile coinvolgimento nella progressione di malignitàdall’astrocitoma diffuso al glioblastoma multiforme.Vengono applicate sia tecniche di immunoistochimica che diimmunofluorescenza.RisultatiRisultati soddisfacenti si sono avuti dalla opportuna integrazionedella tecnica immunoistochimica e di quella di immunofluorescenzaConclusioniI dati ottenuti sembrano mostrare la tendenza ad una downregulationdell’espressione di p14 ARF e p16 INK4a nella progressionedi malignità dall’Astrocitoma diffuso al Glioblastomamultiforme.Bibliografia1Esteller M, Tortola S, Toyota M, Capella G, Peinado MA, Baylin SB,Herman JG. Hypermethylation-associated inactivation of p14ARF isindipendent of p16INK4a methilation and p53 mutational status.Cancer Res 2000;60:129-133.2Ishii N, Maier D, Merlo A, Tada M, Sawamura Y, Diserens AC, VanMeir EG. Frequent co-alterations of TP53, p16/CDKN2A, p14ARF,PTEN tumor suppressor genes in human glioma cell lines. BrainPathol 1998;9:469-479.Neuropathological and immunohistochemicalstudy of two cases of Gliomatosis cerebriS. Galatioto, M. Chimenz, M.P. Sciacca, C. InferreraDipartimento di Patologia Umana, Università di MessinaTtwo cases of Gliomatosis cerebri with different neuropathologicalimages are reported.Both cases were observed on young patients (22 and 29years) and the neurological syndromes were essentially characterizedof papilledema, impairment of consciousness, andrapidly fatal worsening.Neuropathologically, whereas the first case showed the pictureof an extremely diffuse well differentiated astrocytoma (I-II byKernohan’s grading) (GC type I), the second one disclosed thatof a malignant also diffusely invading glioma mainly consistingof oligodendroglia tumoral cells (GC type II).From immunohistochemical point of view the low and/or absenceof immunoreactivity of MIB-1, TN, p53, Bcl2 etc. ofboth cases seem to be in accordance with the results of Haraet al. (1991) that through a combined staining technique fornucleolar organizer region-associated protein (AgNOR) andGFAP-immunohichemistry, emphasized that GC has “an invasivecharacter in the CNS and often shows a malignant tendency,but its proliferative potential is significantly lowerthan that of high-grade gliomas”.Although it remains still open a question about the “nature”of GC (dysplasia? neoplasm? inflammatory process?), weagree with the opinion of Artigas et al. ( 1985 ) that this rarepathological picture may be the result (according to the twosteps theory of carcinogenesis) of the extensively invasion ofglial cells and sometimes also of its “conversion” toward malignegliomas.We think that the modern neuroimaging as well as the studyof stereotactic biopsies of similar cases will probably revealthe “anaplastic timing” of this likely congenital pathologicalprocess.Espressione della AQP1 nei tumori dei plessicoroidei del sistema nervoso centraleE. Orvieto, P. Longatti, S. Chinellato, L. Basaldella, A.P.Dei TosUnità Operativa Complessa di Anatomia Patologica, DivisioneClinicizzata di Neurochirurgia, ULSS 9 TrevisoIntroduzioneLe Acquaporine (AQPs) sono una famiglia di proteine transmembranadeputate al trasporto delle molecole di H 2O. Sonostati individuati 10 sottotipi di AQPs, che risultano espressein particolare in epiteli deputati a funzioni di secrezione edi riassorbimento. I sottotipi individuati nel SNC sono laAQP1, AQP4 e AQP9. Tra queste la AQP1 risulta selettivamenteespressa nei plessi coroidei, dove potrebbe esserecoinvolta nella secrezione del liquor. Obiettivo dello studio èdi valutare la espressione IHC della AQP1 in una serie di


314COMUNICAZIONI LIBEREplessi coroidei normali, confrontandone l’espressione con lesionineoplastiche.MetodiSono stati valutati 7 papillomi e un carcinoma dei plessi coroidei.Sono inoltre stati valutati 4 plessi coroidei normali. Ladeterminazione IHC è stata effettuata su sezioni a 5 m di materialefissato in formalina ed incluso in paraffina, utilizzandol’anticorpo diretto contro l’AQP1 [ab9566 (1/22), abcam,UK], L’espressione è stata determinata in modo semiquantitativovalutando percentuale di cellule ed intensità di immunocolorazione.RisultatiL’AQP1 nei plessi normali come pure nei papillomi presentauna espressione di membrana, limitata alla superficie luminaledelle cellule. Assenza di espressione è stata evidenziatanel carcinoma dei plessi. In tutti i papillomi è stata evidenziatauna espressione di acquaporina di intensità moderata omarcata. La percentuale di positività variava dal 40% al 90%di cellule. In 5/7 papillomi più dell’80% di cellule sono risultatepositive.Sono stati rivalutati gli esami RMN al fine di determinare ilgrado di idrocefalo e la sua eziopatogenesi: si è evidenziatoche nei casi di idrocefalo non ostruttivo vi e’ una correlazionediretta con l’espressione di AQP1.ConclusioniDai nostri dati emerge l’evidenza che l’espressione di AQP1viene mantenuta nelle lesioni benigne, mentre si perde nei carcinomi.Esiste inoltre una correlazione tra espressione diAQP1 ed idrocefalo non ostruttivo. Ciò si potrebbe spiegarecon l’aumentata secrezione di liquor in pazienti con papillomain funzione del proporzionale aumento della popolazione cellulareneoplastica rispetto ai plessi normali. Una spiegazioneulteriore si potrebbe trovare nell’alterato meccanismo di secrezione.Studi ulteriori sono necessari per meglio comprendere imeccanismi coinvolti nella fisiopatologia liquorale.Atypical teratoid/rhabdoid tumor del sistemanervoso centrale: definizione di una entitàR. De Cecio, M. Giordano, I. Cozzolino, E. Del Prete, G.Pettinato, M.L. Del Basso De CaroDipartimento di Scienze Biomorfologiche e Funzionali, Universitàdi Napoli Federico IIIntroduzioneL’Atypical Teratoid/Rhabdoid (AT/R) Tumor è un tumoreembrionario, con alta incidenza nei primi due anni di vita, altamenteaggressivo.L’articolato range di patterns tissutali istologici ed il confondenteprofilo immunofenotipico espresso rendono questa lesioneun capitolo aperto alla speculazione.Materiali e metodiSono stati studiati 10 casi di bambini con AT/R primitivo delsistema nervoso centrale con inquadramento clinico completo,includente sesso ed età, sede di origine, sintomi di esordio,estensione del tumore, tipo di trattamento e sopravvivenza.Tutti i tumori sono stati esaminati con colorazione routinariae con un panello di anticorpi, usando tecniche immunoperossidasiche.Tre tumori sono stati studiati anche con tecnicastandard per l’indagine ultrastrutturale. In tutti i casi, infine,si è tentato di evidenziare con metodica immunoistochimical’inattivazione del gene denominato INI 1, localizzato sul cr22q11.2, che risulta essere inattivato in quasi tutti i tumorirabdoidi renali ed extrarenali.RisultatiVengono descritti gli aspetti routinari di microscopia otticaed il profilo polifenotipico espresso dai casi in esame. Circail 50% di essi è risultato immunonegativo per INI 1ConclusioniL’AT/R risulta essere non semplicemente un fenotipo ma unadistinta entità per la sua specifica patogenesi molecolare. Nelnostro studio abbiamo ipotizzato l’esistenza di una correlazionetra la perdita di espressione determinata immunoistochimicamentee l’inattivazione in omozigosi dell’INI 1.Bibliografia1Biegel JA, Zhou JY, Rorke LB, et al. Germ-line and acquired mutationsof INI 1 in atypical teratoid and rhabdoid tumors. Cancer Res1999;59:74-79.2Bruch LA, Hill DA, Cai DX, et al. A role for fluorescene in situ hybridisationdetection of chromosome 22q dosage in distinguishingatypical teratoid/rhabdoid tumors rom medulloblastoma/central primitiveneuroectodermal tumors. Hum Pathol 2001;32:156-162.Un caso di cordoma recidivante:caratteristiche morfologiche inatteseC. Giacometti, M. GardimanIstituto di Anatomia Patologica, Università di PadovaIntroduzioneIl cordoma è un raro tumore osseo che origina dai residui dellanotocorda, rappresenta circa lo 0,2% dei tumori del sistemanervoso centrale e può insorgere in qualsiasi punto dellacolonna vertebrale, specie a livello del sacro (50%) e del clivus(30%), molto raramente in regione sellare. L’incidenza èmaggiore nella 4 a -5 a decade e nei maschi. I cordomi sono caratterizzatida una lenta crescita, con distruzione locale dell’ossoed estensione nei tessuti adiacenti 1 .MetodiNel settembre del 2000, un uomo di 41 anni giungeva alla nostraattenzione per una lesione cistica della regione sellare,che recidivava 5 mesi dopo, nel Febbraio 2001. Nel dicembre2003 il paziente si sottoponeva ad una terza escissione tumoraleper la presenza di una neoformazione solida nella regionedel clivus. In tutti e tre i casi il materiale inviato venivafissato in formalina tamponata al 10%, incluso in paraffina ecolorato con Ematossilina-Eosina. Il panel immunoistochimicoapplicato comprendeva S100, EMA, MNF116, CAM5.2, vimentina e desmina.RisultatiIl primo reperto consisteva in frammenti di adenoipofisi checomprendevano una ampia cavità cistica, a parete fibrosa,priva di epitelio di rivestimento, con focolai di flogosi cronicaxantomatosa e cristalli di colesterina. Il quadro morfologicoappariva aspecifico ma suggestivo per una formazione cistica,tipo cisti del Rathke. Il secondo reperto era istologicamentesovrapponibile al precedente, comprendeva numerosiistiociti emosiderofagi attorno a cristalli di colesterina e si èdeciso di collocare il quadro morfologico complessivo nell’ambitodi un possibile craniofaringioma o di uno xantogranulomadella regione sellare con marcati aspetti regressivi. Ilterzo reperto, invece, mostrava il classico aspetto di un cordoma,con cellule tumorali con ampio citoplasma eosinofilo,arrangiate in clusters o cordoni, immerse in abbondante stromamixoide, positive per S100 e pancitocheratine.DiscussioneIl cordoma è un tumore solido, con aree condroidi, che infiltrai tessuti adiacenti e si presenta alla TAC come lesione sin-


NEUROPATOLOGIA315gola o multipla ipodensa. In letteratura non viene riportata lasua presentazione come entità cistica e nel nostro caso la diagnosiera resa ancora più difficoltosa dalla presenza nei primidue reperti di una spiccata flogosi cronica xantomatosadelimitante una parete fibrosa.Bibliografia1Naka T, et al. Cancer 2003;98:1934-41.Protocollo operativo diagnostico in caso dimalattia infettiva contagiosa: esperienzagenovese in casi di meningitemeningococcica in età pediatricaG. Gaggero, M. Mora, B. Astengo * , A.C. Gianelli * , S.Manelli ** , O.E. Varnier ** , E. FulcheriIstituto di Anatomia Patologica, Università di Genova; * Istitutodi Medicina Legale, Università di Genova; ** Istituto diMicrobiologia, Università di GenovaIntroduzioneNel marzo 2004 decedono in Genova due bambini (19 e 21mesi) che frequentavano lo stesso asilo. Identico il breve decorsodella malattia: comparsa di febbre elevata, evoluzioneingravescente con vomito, petecchie ed exitus. L’A.G. nominaun articolato gruppo di periti.MetodiPer il sospetto di malattia infettiva l’autopsia segue un iter innovativoche prevede la progressiva trasmissione di notiziepreliminari autorizzate all’Assessorato alla Sanità, e all’OsservatorioEpidemiologico Regionale. Vengono effettuatitamponi nasale e orofaringeo prima del riscontro autoptico.Seguono: 1) puntura spinale con prelievo del liquor; 2) ispezionedel cadavere; 3) dissezione anatomica con campionaturadi organi e con prelievi di liquidi biologici da conservarecongelati. Le indagini microbiologiche vengono effettuateprima e dopo il riscontro autoptico: campioni analizzati medianteesame microscopico (Gram), prove colturali in terreniliquidi e solidi. Identificazione di Neisseria meningitidis eseguitacon prove biochimiche (sistema API); sierotipizzazioneeffettuata mediante agglutinazione su vetrino con siero polivalente.L’identificazione molecolare di N. meningitidis èstata fatta sui ceppi isolati e sui campioni clinici medianteReal Time PCR LightCycler amplificando il gene Capsulartransport ctr-A.RisultatiViene diagnosticata una meningite acuta da N. meningitidisgruppo B con edema cerebrale, surrenalite emorragica bilateralee petecchie alla cute ed alle mucose; stasi poliviscerale,edema polmonare terminale.ConclusioniI due casi di meningite meningococcica a decorso fulminantepresentano un’incidenza in linea con l’atteso: nei bambinidi età < ai 5 anni si segnalano ogni anno in Italia circa 65nuovi casi, di cui 1-2 in Liguria. Peculiare invece la coincidenzadi 2 casi simultanei. In Italia prevale il sierogruppo diN. meningitidis di tipo B, per il quale non vi è vaccino per laprevenzione primaria, mentre quella secondaria si attua conla chemioprofilassi dei soggetti venuti a stretto contatto. Fondamentalidunque, nell’organizzazione degli interventi diprevenzione, la tempestività e l’accuratezza dell’iter diagnostico.Il protocollo si è rivelato essenziale in un caso analogo(bambino di 24 mesi) verificatosi 60 gg dopo con grande impattoemotivo sulla popolazione e per il quale la diagnosi, l’isolamentodell’agente e la tipizzazione (in questo caso N.meningitidis gruppo C) sono state effettuate in 12-36 h dall’iniziodelle procedure.


PATHOLOGICA 2004;96:316-332Patologia dell’apparato digerenteInfiammazione del cardias in pazienti conmalattia da reflusso gastro-esofageo:correlazione con l’infezione da H. pylori e idati pH-metriciP. S<strong>pag</strong>giari, L. Mastracci, F. Grillo, P. Ceppa, M. Curto,P. Zentilin * , P. Dulbecco * , V. Savarino * , R. FioccaDipartimento di Discipline Chirurgiche, Morfologiche e MetodologieIntegrate; * Dipartimento di Medicina Interna,Università di GenovaIntroduzioneI dati riportati in letteratura sul ruolo della malattia da reflussogastro-esofageo (MRGE) ed infezione da H. pylori (Hp)nella eziologia dell’infiammazione del cardias sono controversi.In molti studi la diagnosi di MRGE si basava unicamentesulla valutazione dei sintomi o sul rilievo endoscopicodi esofagite, senza l’utilizzo della pH-metria. Il presente studiosi propone di definire il ruolo del reflusso e dell’infezioneda Hp nella patogenesi dell’infiammazione del cardias inpazienti con MRGE e in un gruppo di soggetti di controllo,sottoposti sia ad esofago-gastro-duodenoscopia, che a pHmetriaprolungata.MetodiSi sono effettuate biopsie a livello del corpo e antro gastrici,giunzione squamo-colonnare e 2 e 4 cm sopra di essa in 113pazienti consecutivi con sintomi da MRGE e in 25 controlli.L’infiammazione del cardias è stata graduata in assente, lieve,marcata. L’infezione da Hp è stata diagnosticata in base aconcordanza del dato istologico e del test rapido per ureasi ela MRGE sulla base di presenza di esofagite endoscopica e/odi pH-metria patologica.RisultatiEpitelio cardiale era presente in 71/113 pazienti con MRGE(63%) e 20/25 controlli (75%). Si è osservata cardite in 53/71pazienti (75%) e in 15/20 (75%) controlli. L’infezione da Hpera presente in 20/71 pazienti (28%) ed 8/20 controlli (40%)(p = ns). L’infiammazione nei 71 pazienti con epitelio cardialeera assente in 18, lieve in 39, marcata in 14; negli stessila frequenza di infezione da Hp era rispettivamente del17%, 23% e 57% (p < 0,025). Nonostante tale correlazione,la maggioranza dei pazienti con cardite (68%) non presentavainfezione da Hp. Sono state riscontrate alterazioni pH-metrichein 15/18 (83%) pazienti con cardias normale, 33/39Tab. I. Prevalenza dell’infezione da Hp in pazienti con MRGE econtrolli con o senza carditePazienti con MRGE H. pylori + H. pylori –Cardite (n. 53) 17 (32%) 36 (68%)Cardias normale (n. 18) 3 (17%) 15 (83%)ControlliCardite (n. 15) 8 (53%) 7 (47%)Cardias normale (n. 5) 0 (0%) 5 (100%)(85%) pazienti con cardite lieve e 12/14 (86%) pazienti concardite marcata. In 7 casi la cardite non si associava ad infezioneda Hp né a MRGE. È stata osservata metaplasia intestinalecardiale in 11 casi, 10 dei quali presentavano pH-metriaanormale.ConclusioniL’infiammazione del cardias è un reperto molto frequente siain pazienti con MRGE che nei controlli. La cardite di gradolieve, non attiva, Hp-negativa è frequente in pazienti con MR-GE. La cardite marcata è solitamente associata ad infezione daHp e a pH-metria anormale. Riteniamo pertanto che la patogenesidella cardite possa essere multifattoriale: sia l’esposizioneprolungata all’acido che l’infezione da Hp possono giocare unruolo nella patogenesi dell’infiammazione cardiale.Espressione di survivina nelle lesionipreneoplastiche e nell’adenocarcinomaesofageoG. Leo, G.A. Iaderosa, A ParentiDipartimento di Scienze Oncologiche, Istituto di AnatomiaPatologica, Università di PadovaIntroduzioneLa survivina, membro della famiglia delle proteine inibentil’apoptosi, è espressa durante lo sviluppo fetale, in molteneoplasie maligne ma non nei tessuti umani maturi 1 . Non ancoradefinita la sua funzione nelle prime fasi della carcinogenesiin cui potrebbe avere un ruolo fondamentale nella progressioneneoplastica. Scopo del nostro studio è indagare l’espressioneimmunoistochimica di survivina nell’esofago diBarrett (EB), nella displasia di basso (LGD), di alto grado(HGD) e nell’adenocarcinoma (AC) esofageo.Metodi9 EB cardiali (EBC), 40 EB intestinali (EBI), 16 LGD, 19HGD e 36 AC esofagei sono stati selezionati da 54 campionioperatori di esofagectomia. Sezioni rappresentative delle varielesioni sono state colorate con E.E. per la classificazionemorfologica e sezioni consecutive sono testate per metodicaimmunoistochimica con anticorpo policlonale anti-survivina.Per ogni categoria morfologica è stata valutata l’espressionedi survivina nel compartimento maturativo e proliferativo, lapositività è stata distinta in omogenea ed eterogenea in basealla variabilità di colorazione cellulare all’interno della stessaghiandola e tra ghiandola e ghiandola, nel contesto dellastessa lesione 2 .RisultatiEspressione EBI LGD HGD p-omogeneavaluedi SurvivinaCompartimentoProliferativo 91% 37% 14%


PATOLOGIA DELL’APPARATO DIGERENTE317Espressione eterogenea: 10% degli EBI, 31% dei casi di LGDe 21% dei casi di HGD, senza nessuna differenza significativasia tra le varie lesioni che tra i compartimenti considerati.Dei 9 casi di EBC, 3 erano negativi e i rimanenti 6 non mostravanodiversità di espressione. Il 75% degli AC mostravapositività omogenea, il 25% positività eterogenea.ConclusioniDai nostri risultati emerge il dato che la survivina gioca unruolo importante nelle prime fasi della carcinogenesi esofagea;infatti, l’overespressione di survivina nel compartimentoproliferativo nell’EBI può essere indicativo di un mancatocontrollo della morte cellulare programmata già in questa fasedel processo carcinogenetico, con accumulo di mutazionigeniche ed espansione di cloni cellulari potenzialmente neoplastici.La differenza significativa di coespressione dellaproteina, nelle lesioni displastiche rispetto all’EBI può esseremarker di una avvenuta espansione della popolazione neoplastica.Bibliografia1Fengzhi L, et al. Nature 1998;396:580-584.2Gianani R, et al. Human Pathology 2001;32:119-125.Iperplasia delle cellule G antrali in pazienticon polipi ghiandolari fundici sporadiciP. Declich * , E. Tavani * , M. Bevilacqua *** , L. Pastori * , A.Prada ** , E. Giannini * , S. Bellone * , C. Gozzini ** , M. Porcellati* , A. Bortoli ** , B. Omazzi ** .*Servizio di Anatomia Patologica; ** Divisione di Gastroenterologia,Ospedale di Rho; *** Servizio di Endocrinologia eGastroenterologia, Ospedale L. Sacco, MilanoIntroduzioneI Polipi ghiandolari fundici (PGF) sono stati descritti in formasporadica, associati a poliposi genetiche familiari, ed allaSindrome di Zollinger-Ellison. L’osservazione di PGF in 4casi consecutivi noti per ipercalciuria/ipergastrinemia da stimolo1 , ci ha indotto a valutare la popolazione delle cellule Gantrali sia in questi 4 pz, che in una serie più ampia di PGFsporadici.Materiali e metodiAbbiamo studiato l’antro dei 4 pazienti conipercalciuria/ipergastrinemia e di 78 pazienti con PGF sporadici.Le 82 biopsie antrali e 4 controlli normali sono statetrattate con tecniche istologiche ed immunoistochimicheconvenzionali, utilizzando un antisiero policlonale anti gastrina(Dako), diluito 1:300 per 30’ a temperatura ambiente.I risultati sono stati così valutati: normale: 1-2 cellule G perghiandola, con distribuzione irregolare; iperplasia semplice:più di 4-5 cellule per ghiandola; iperplasia lineare: distribuzionecontinua di cellule G.RisultatiLe 4 biopsie antrali di pazienti con ipercalciuria/ipergastrinemiae le 78 biopsie antrali di pz con FGP sporadici apparivanolievemente iperemiche, senza significativa infiammazionenè colonizzazione di H pylori. Immunoistochimicamente,le 4 pz con ipercalciuria mostravano tutte iperplasiasemplice (2) o lineare (2) delle cellule G. L’antro dei 78 pzcon PGF sporadici mostrava 11 casi con popolazione di celluleG normale (14%), 32 casi mostravano una iperplasiasemplice (41%) e 35 una iperplasia lineare (44,8%). Di questi67 pazienti con iperplasia, solo 8 avevano ricevuto unaterapia con PPI.ConclusioniNei 4 pz con ipercalciuria/ipergastrinemia da stimolo abbiamodimostrato morfologicamente una iperplasia (semplice o lineare)delle cellule G. Tra i 78 pz con PGF sporadici, 59 (75,6%)mostravano una iperplasia G apparentemente primitiva. Il presentestudio fa pensare alla possibilità che tale iperplasia, possaavere un ruolo nella genesi dei PGF sporadici.Bibliografia1Bevilacqua, et al. Clin Case Min on Metab 2004;1:69-72.Indefinite for non-invasive neoplasia (InNiN)in gastric mucosa: immunohistochemicalprofileM. Cassaro, F. Farinati, M. Franco, C. Tieppo, G. Pennelli,M. RuggeDepartments of Surgical & Oncological Sciences, and Surgical& Gastroenterological Sciences, University of PadovaBackgroundThe pathological characterization of gastric precancer lesionsis a prerequisite for any secondary prevention of invasive cancer.Within the histological spectrum of non-invasive neoplasia(NiN), some phenotypic alterations do not allow a clear-cutdistinction of (atypical) hyperplasia versus NiN. To such lesions,the current literature applies the definition of InNiN.AimsTo evaluate the immunohistochemistry (IHC) profile of In-NIN, comparing its IHC pattern with Low Grade NIN(LGNiN) and atrophic-metaplastic gastritis (AMG).Material and methodsIn total, 116 patients were considered, subgrouped as following:a) 28 consecutive cases of InNiN (all of the hyperproliferativeintestinal metaplasia [IM] type); b) 30 consecutivecases of LGNiN; c) 54 consecutive cases of AMG. Histology:InNiN was histologically assessed according to thePadova Classification. Inflammatory cells within the laminapropria (i.e. lymphomonocitic/lymphoid follicles), activity,IM and foveolar hyperplasia were semiquantitatively scoredin a 3 tiered-scale (0/+++). IHC: In all the biopsy samples,the nuclear expression of Cdx2, Mib1 and hTERT was evaluatedas present/absent. The IHC reaction was separatelyscored according to its location within the gastric glands: zone1 = glands necks; zone 2 = glands pits; zone 3 = glandscoils. In each zone, the presence of IHC+ve nuclei was scoredin at least 300 cells (0=absence; +/++/+++ = 0-20%, 21-60%, 61-100% +ve nuclei, respectively).ResultsInflammatory cells within the lamina propria were significantlyhigher in InNiN than in LGNiN and in AMG (p < .02).As for the score values of foveolar hyperplasia, activity andfollicles, no differences were detected among the 3 groups.The score values of both IM and atrophy were significantlyhigher in InNiN and in LGNiN than in AMG (p < .0001). IMprevalence was no different in InNiN versus LGNiN. In zone1 and 2, Mib1, Cdx2 and hTERT expression significantly increasedfrom AMG to InNiN and LGNiN (p < .0001). InLGNiN glands (zone 3), the expression of both Mib1/Cdx2was significantly higher than in InNiN and AMG (p < .0001).ConclusionPresent results significantly associated atrophy/metaplasiascores with both LGNiN and InNiN. The IHC profile (Cdx2,Mib1, hTERT) of InNiN significantly differs from that of


318COMUNICAZIONI LIBEREboth AMG and LGNiN. Such a data suggest to consider In-NiN as an autonomous category biologically located betweenAMG and LGNiN.Immunohistochemical evaluation of APC,β-catenin, E-cadherin and mismatch repairproteins in early onset gastric cancerC. Di Gregorio, L. Losi 1 , A. Scarselli, S. Beghelli 2 , C. Vindigni3 , A. Tomezzoli 4 , L. Saragoni 5 , A. Sidoni 6 , A. Scarpa 5Gruppo Italiano di Ricerca sul Cancro Gastrico (AnatomiaPatologica degli Ospedali di Carpi 1 , Verona 2 , Forlì 3 e delleUniversità di Modena 1 , Verona 2, Siena 3 , Perugia)IntroductionEarly onset gastric cancers (i.e. those diagnosed in patientsyounger than 40 years) are rare, and little is known abouttheir molecular pathogenesis. We studied the involvement ofboth the APC/β-catenin (Wnt) and microsatellite instabilitycarcinogenetic pathways by immunohistochemistry in gastriccancer of young patients.MethodsForty-eight early onset gastric cancer were studied for the immunohistochemicalexpression of APC, β-catenin, E-cadherinand of mismatch repair proteins (MLH1 and MSH2). Monoclonalantibodies were: APC (Abcam) at 1:500 , β-catenin(Transduction Labs,) 1:100, E-cadherin (Dako) 1:200, MLHland MSH2 (Pharmingen) at 1:100 diluition. Altered expressionof APC was considered when absence of cytoplasmic stainingwas seen in all the neoplastic cells. Altered expression of β-cateninwas considered when the tumor showed absence of membraneimmunoreactivity and/or nuclear/cytoplasmic immunoreactivity.Altered expression of E-cadherin was consideredwhen loss of membranous staining was noted. Lack of expressionof MLH1 and MSH2 proteins was defined as completeabsence of nuclear staining in tumor cells.ResultsAPC immunoreactivity was absent in 50% of cases; in the samecases ß-catenin expression was altered. E-cadherin immunoreactivitywas absent in 14 cases (29%) (in 7 cases associatedwith alteration of APC/β-catenin and in 3 cases withβ-catenin only).The altered expression of β-catenin alonewas observed in 6 cases (12%). The absence of MLH1 proteinwas seen in 5 cases (10%), all showing simultaneous alteredexpression of APC/β-catenin.ConclusionThe high frequency of altered expression of APC/β-cateninand E-cadherin, suggests the involvement of the Wntpathway in the majority of early onset gastric cancer. The microsatelliteinstability pathway plays a role in a minority ofcases.Determinazione immunoistochimicamediante “Hepatocyte” nei carcinomi gastricie del grosso intestinoD. Villari, M. Righi, E. Vitarelli, G. BarresiDipartimento di Patologia Umana, Università di MessinaIntroduzioneL’anticorpo monoclonale “Hepatocyte”, ritenuto specificoper epitopi delle cellule epatocitarie normali e neoplastiche,è stato recentemente proposto come marcatore immunoistochimicoper l’identificazione del carcinoma epatocellulare(HCC). Il nostro intento è stato quello di valutare la specificitàdi “Hepatocyte” studiando mediante determinazione immunoistochimicala presenza dell’epitopo che reagisce con“Hepatocyte” in carcinomi gastrici ed in adenocarcinomi colorettali.Materiali e metodi39 carcinomi gastrici e 18 adenocarcinomi colorettali. Doposmascheramento antigenico mediante pretrattamento in fornoa microonde si è effettuata una incubazione con l’anticorpomonoclonale primario “Hepatocyte” (clone OCH 1 E5,Dako, 1:80). Sono stati eseguiti controlli negativi e positivi.La percentuale di cellule positive è stata valutata secondo ilseguente score: 1 (0-5%), 2 (5-50%), 3 (>50%).RisultatiI risultati sono riassunti in Tabella I.ConclusioniL’anticorpo “Hepatocyte” mostra una elevata sensibilità perle neoplasie a differenziazione epatocitaria , tuttavia la positivitàin carcinomi gastrici e colorettali ne limita la sua utilizzazionecome marcatore specifico del HCC.Tab. I. Reattività di “Hepatocyte” in carcinomi gastrici ed in carcinomi colorettaliStaining score1 2 3Carcinomi gastrici 66,6 % (26/39) 13 8 5Tipo intestinale 57,6 % (15/26) 7 6 2Tipo diffuso 15,3 % (4/26) 2 0 2Tipo misto 7,6 % (2/26) 1 10Epatoide 19,2 % (5/26) 3 1 1Carcinomi colorettali 50 % (9/18) 4 5 0Ben differenziato 22,2% (2/9) 2 0 0Mod. differenziato 66,6 % (6/9) 1 5 0Scars. differenziato (0/9) 0 0 0Mucinoso 1,1 % (1/9) 1 0 0


PATOLOGIA DELL’APPARATO DIGERENTE319Tissue microarray immunohistochemicalstudy of cell cycle and apoptosis regulatorproteins in colorectal cancerL. Tornillo 1 , N. Willi 1 , F. Kunz 1 , A. Lugli 1 , K. Glatz-Krieger1 , D. Stoios 1 , H.P. Spichtin 2 , G. Maurer 3 , G. Sauter 1 , L.Terracciano 1,41Institute of Pathology, University of Basel, Switzerland; 2 Instituteof Clinical Pathology, Basle, Switzerland; 3 Institute ofPathology, Triemli Hospital, Zürich, Switzerland; 4 Departmentof Biomorphological Sciences, University “FedericoII”, Naples, ItalyIntroductionDisregulation of many genes has been shown in colorectalcancer (CRC). Two independent pathways of genomic instabilityhave been identified in the genesis of CRC. Thefirst one is characterized by inactivation of tumor – suppressorgenes (APC, p53, etc.), the second one by inactivationof the DNA mismatch repair (MMR) genes (MLH1,MSH2, MSH6, PMS2, MLH3, PMS1)Compreghensive analysis of expression of molecules involvedin the genesis of CRC are difficult to carry out. Weused tissue microarray (TMA) technology and immunohistochemistryto define the significance of expression of cellcycle- and apoptosis-related molecules in patients withCRC without disregulation of MMR.Methods1323 cases of resected CRC were retrieved. Samples fromall 1323 CRCs were included into a TMA. Immunohistochemistryfor bcl-2, p21, p27, MLH1, MSH2, MSH6 wasperformed.ResultsInterpretable cases were between 1111 and 1285. The overallpositivity was as follows: p21=24.4%; p27=77.3%; bcl-2=16.7%; MSH1=90.8%; MLH2=87.1%; MSH6=94.1%.The151 cases negative for MMR proteins were excludedfrom the subsequent analysis. A significant relationship wasfound between loss of expression of p21 and location(p=0.02) as well pN (p=0.003) ; loss of expression of p27and location (p=0.015), grade (p


320COMUNICAZIONI LIBEREpathologic (gross) dissection. Some studies demonstrate thatinadequate LMP dissection and assessment may be associatedwith unfavourable outcome of CRC.MethodsIn a prospective study, 172 consecutive patients (pTNM-Stage 0 = 25, Stage IA = 120; Stage IIA = 24; Stage IIA = 3)were considered. In previously assessed N0-LMP, ITCs wereassessed by immunohistochemistry (Cytokeratin pool, cloneMNF116; Dako; dilution 1:100) in LMPs serial sections.LMPs location was distinguished in LMPs located within 3cm and over 3cm from the CRC.ResultsOverall, 2567 LMPs were examined (mean x case 15; range1-107 (diameter cm 0.1-1.8). The results of the study aresummarized in the table.ConclusionsIn pN0, the prevalence of ITC accounted for the 31% of theconsidered LMPs. Such a prevalence could give raison of thedivergent clinical outcome of N0-CRC, as assessed by routinehistology. In CRC the prognostic relevance of ITCs aswell as its importance in the choice of the post surgical therapeuticoptions remains to be evaluated.Stage (# cases) ITC in ITC in TotalLMPcm 3 (%) number (%)Stage 0 (25) 1 (4) 0 1 (4)Stage I (120 ) 36 (30) 11 (9) 40 (33)Stage IIA (24 ) 11 (46) 1 (4) 11 (46)Stage IIB (3 ) 2 (67) 1 (33) 2 (67)Total 50 (29) 13 (8) 54 (31)Angiogenesis and oncogenes in colon cancerG. Perrone * , A. Verzì * , B. Vincenzi ** , D. Santini ** , G.Tonini ** , A. Vetrani *** , C. Rabitti **Surgical Pathology, Campus Bio-Medico University ofRome; ** Medical Oncology Unit, Campus Bio-Medico Universityof Rome; *** Department of Anatomic Pathology andCytopathology, University of Naples “Federico II”IntroductionThis study was designed to elucidate the possible relationshipbetween tumour related genes and angiogenesis in humancolon cancer. Recently, experimental results have shown thatsome tumour suppressor genes are involved in the regulationof angiogenesis 1 , and interesting data have been reported onthe genetic inactivation of p53 in cancer cells: loss of wild typep53 function contributes to activation of the angiogenic switchin tumours. Moreover, recent in vitro studies have demonstratedthat bcl-2 overexpression induces an increased secretion ofVEGF protein, the well-characterised angiogenic factor 2 .MethodsTissue samples of 57 archival paraffin-embedded surgicalspecimens of colon cancer were analyzed by immunohistochemistry,using streptoavidin-biotin method, for VEGF(clone A-20: Santa Cruz Biotechnology), Von WillebrandFactor (polyclonal rabbit anti-human: Dakocytomation), p53(clone DO7: Dakocytomation), and bcl-2 (Clone 124: Dakocytomation).3-3’-diaminobenzidine (DAB) was used forcolor development and hematoxylin was used for counterstaining.Negative control slides processed without primaryantibody were included for each staining. For the evaluationof VEGF expression, staining for VEGF was assessed usinga semiquantitative scoring of 0 to 3+. We graded p53 and bcl-2 expression on scale of 0 to 3+ according percentage of positivecells. Microvessel density (MVD) was assessed basingon Weidner criteria.ResultsThe results showed that MVD was lower in VEGF negativethan in VEGF positive tumours (P


PATOLOGIA DELL’APPARATO DIGERENTE321Gli AMUC sono risultati caratterizzati dalla costante assenzadi infiltrazione linfocitaria al margine di invasione. Per contronon sono state evidenziate differenze rilevanti per gli altriparametri istopatologici. Importanti differenze tra gli istotipisono state dimostrate in relazione a parametri biologici egenetici. Gli AMUC, infatti, sono risultati caratterizzati neiconfronti degli AD da elevata attività proliferativa (Ki67 index>40%: 84,4% vs. 48,7%), meno frequente aneuploidia(44,6% vs. 84,4%) ed iperespressione di p53 (22,8% vs.62,5%), gli AMUC


322COMUNICAZIONI LIBEREcasi risultati negativi all’iic (24/24) si associavano ad un altogrado di instabilità dei Microsatelliti (MSI-H). Un alto gradodi instabilità dei Microsatelliti (MSI-H) è stato riscontrato in28/42 casi (67%) nel gruppo ad Alto Rischio e in 13/82(16%) dei casi a Medio Rischio. In 16/21 casi (76%) con iicnegativa è stata riscontrata una mutazione nel gene atteso. In3 casi l’analisi mutazionale è ancora in corso, e in 5 casi coniic negativa non è stata riscontrata mutazione.ConclusioniL’alta concordanza tra perdita di espressione all’iic e MSI-H(100%) ci conforta sulla loro utilità nella fase di pre-screeninge all’indirizzare all’analisi mutazionale anche pazienti arischio medio-basso. L’individuazione infatti di casi con mutazionigerminali anche nel gruppo a basso rischio, seppurecon minor frequenza, deve essere tenuta in conto nella fase diprogrammazione dello screening per HNPCC.Caratterizzazione biomolecolare dei tumorigastrointestinali stromali (GIST)A.O. Cavazzana, C. Mazzanti, M. Menicagli, A. Michelucci,G. Bertacca, P. Aretini, D. Campani, L. Pollina, C.Di Cristofano, N. Decarli, O. Goletti * , U. Boggi ** , G. BevilacquaDivisione di Anatomia Patologica e di Diagnostica Molecolareed Ultrastrutturale, Università di Pisa ed Azienda OspedalieraPisana; * Ospedale di Pontedera, ASL 5; ** Divisionedi Chirurgia Generale e dei Trapianti, Università di Pisa edAzienda Ospedaliera PisanaIntroduzioneI Tumori Stromali Gastrointestinali (GIST) sono caratterizzatida mutazioni attivanti a carico dei geni c-Kit e PDGFRA edall’espressione del recettore per lo Stem Cell Factor (STCr),prodotto del gene c-kit. Farmaci inibenti l’attività tirosin-cinasicadi c-Kit si dimostrano efficaci nel controllo della malattia.Il risultato terapeutico, però, appare significativamenteinfluenzato dal profilo mutazionale dei suddetti geni: i tumoricon mutazioni attivanti nell’esone 11 di c-kit rispondonomeglio, mentre i tumori con mutazioni localizzate in altriesoni (9,13,17) o nel gene PDGFRA ed i tumori non mutatihanno una risposta scarsa o nulla. Inoltre, discordanti sono idati della letteratura circa la frequenza delle mutazioni osservatenei GIST (dal 40% al 90%) e circa l’espressione di ST-Cr (immunoistochimica: IIC) e presenza di mutazioni.FinalitàContribuire alla definizione dei rapporti fra stato di STCr edassetto mutazionale di c-Kit e PDGFRA nei GIST.Materiali e metodi36 casi di GIST. STCr è stato studiato mediante analisi IICautomatizzata con l’Ab CD117. L’analisi mutazionale è stataeseguita mediante sequenziamento diretto degli esoni 9,11,13e 17 di c-Kit e degli esoni 12 e 18 di PDGFRA.RisultatiCirca l’89% dei casi (32/36) ha mutazioni (mut) a carico dell’unoo dell’altro gene.A) STCr: 33 casi positivi (IIC+: 92%); 3 negativi (IIC-: 8%).B) c-Kit, casi IIC-: 2 mut in esone (es) 11.C) c-Kit, casi IIC+: 23 mut, 21 es11, 1 es9, 1 es17; delle mutes11: in 2, frameshift con codone di stop; nelle altre, mut attivanti.D) PDGFRA, casi IIC-: 1 mut attivante es18.E) PDGFRA, casi IIC+: 5 mut attivante es18, 1 polimorfismo.Inoltre, allo stato mutazionale non corrisponde nessun caratteremorfologico specifico. D’altra parte, tutti i casi PDG-FRA mut sono gastrici.Conclusioni• le mutazioni di c-kit o di PDGFRA sono molto frequentinei GIST (89%);• le mutazioni di c-Kit sono prevalentemente a carico dell’esone11;• per la prima volta si riscontra la presenza di mutazionitroncanti dell’esone 11 di c-kit, con possibili conseguenzesull’esito della terapia;• poco più del 50% dei casi c-kit- sono PDGFRA+, tutti insede gastrica;• lo studio IIC non identifica l’8% dei casi c-kit o PDGFRAmutati;• la caratterizzazione molecolare appare di estrema utilitànella programmazione terapeutica dei GIST.Immunohistochemical high-throughputanalysis and molecular study ofgastrointestinal stromal tumorsL. Insabato * , D. Di Vizio * , F. Demichelis ** , S. Simonetti * ,E. Carafa *** , G. Ciancia * , L. Sparano * , A. Di Blasi **** , G.Duchini *** , C. Tapya *** , L. Tornillo *** , L.M. Terracciano * ,G. Pettinato **Dpt. of Anatomic Pathology, Federico II University ofNaples, Italy; ** Bioinformatics Group, Sra, Itc-Irst, Trento,Italy; *** Dpt of Pathology, University of Basel, Switzerland;**** Pathology Section, Cardarelli Hospital, Naples,ItalyIntroductionGastrointestinal stromal tumors (GISTs) represent the mostcommon mesenchymal neoplasm of the GI tract. In the lastfew decades, this entity has became of incredible interest tonumerous scientists given the new insights derived from thediscovery of its derivation from the interstitial cells of Cajal,of the invariable c-Kit immunoreaction 1 and of its sensitivityto a RTKs inhibitor drug 2 , which rendered the tumor moreeasily diagnosticable, and curable. However the biologic behaviorof GISTs is still far to be predicted. Recent data suggestthat abnormalities of the genes controlling the cell cycleprogression may be involved in the pathogenesis and progressionof GISTs. Aim of this study was to investigate theprognostic role of p27, Ki67, Skp2 and Jab1 in a large seriesof this rare group of neoplasms.MethodsThe diagnosis of GIST was confirmed in cases of mesenchymalspindle cell or epithelioid cell tumor of the GI tractshowing unequivocal positivity for c-kit. Mutational analysisof C-Kit gene has been performed on 91 cases.We analyzed clinicopathologic aspects and immunohistochemicalexpression of cell cycle proteins (p27, spk2 andjab1) and proliferative index (Ki67) on a tissue microarray(TMA) of 100 specimens of GISTs, moreover a 100 tumors(94 primary tumors and 6 metastasis) of 94 patients met thesecriteria and were included in this study.ResultsOf the morphological parameters, cellularity and mitosis correlatedto overall survival (OS) and release free survival(RFS). Skp2, and Ki67 expression was directly correlated tograding progression, according to Lasota-Miettinen criteria,


PATOLOGIA DELL’APPARATO DIGERENTE323whilst p27 expression inversely correlated to them. Not onlyKi67 also skp2 over-expression was associated to shorter OSand RFS, ki67 being statistically significant.Molecular analysis showed various types of mutations in theexons 9, 11, and 13.ConclusionIn our 94 cases of GIST, morphological features, such as cellularityand mitosis, associated to Ki67, Skp2 and p27 immunohistochemicalstatus have been shown to be predictive ofthe biologic behavior in our highthroughput series of GIST.Further studies are required to better address the significanceof p27 and Skp2 expression in determining a more aggressivesubset of GIST, as well as in predicting therapeutic response.References1Fletcher CD, et al. Diagnosis of gastrointestinal stromal tumors: aconsensus approach. Hum Pathol 2002;33:459-465.2Buchdunger E, et al. Abl protein-tyrosin kinase inibitor ST1571 inibitsin vitro signal trasduction mediated by C-kit and platelet-derivedgrowth factor receptor. J Pharmcol Exp Ther 2000;<strong>295</strong>:139-145.Ruolo di HER2/NEU nella progressione deitumori stromali gastrointestinaliR. Ricci, G. Monego * , V. Arena, F. Castri, A. Rinelli, M.Gessi, N. Maggiano, F.O. Ranelletti, L. LauriolaIstituti di Anatomia Patologica; * Anatomia Umana e BiologiaCellulare, Università Cattolica del Sacro Cuore, RomaIntroduzioneLa ridefinizione della categoria dei tumori stromali gastrointestinali(GIST) basata sull’analisi dell’espressione del CD117ha avuto una serie di conseguenze in termini di requisiti diagnosticie, soprattutto, di implicazioni terapeutiche, con l’avventodell’inibitore specifico STI571. Specie con il possibilesviluppo di protocolli terapeutici adiuvanti e neoadiuvanti basatisu questo farmaco, un affidabile inquadramento prognosticodei GIST è divenuta un’esigenza pressante, anche per evitareinutili sprechi di risorse e possibili induzioni di perdita diresponsività. HER2/neu è un gene della famiglia dei recettoriper l’EGF, la cui amplificazione ha un ruolo nella progressionedi neoplasie epiteliali, prima fra tutti il carcinoma mammario.La rilevanza di questo fattore nelle neoplasie mesenchimaliappare più contenuta. È da notare che duplicazioni a livellodi 17q, ove è il locus di HER2/neu, sono state riscontratein GIST clinicamente maligni 1 . L’unico studio pubblicato suHER2/neu nei GIST (serie di 15 casi, metodo immunoistochimico)ha tuttavia avuto esito negativo 2 .MetodiStiamo studiando l’espressione di HER2/neu in 44 GIST confollow-up, con real-time reverse-transcriptase PCR (RT-PCR) quantitativa. L’RNA totale, estratto da fette da tessutifissati ed inclusi in paraffina, è stato retrotrascritto a cDNAed amplificato mediante RT-PCR quantitativa associata a sistemadi rilevazione con sonde fluorescenti sequenza-specifiche(Quantiprobe). E’ stato usato un software per la quantificazionerelativa dell’espressione di un gene target in rapportoad un gene house-keeping ed in relazione a 2 curvestandard del target e del reference rispettivamente.RisultatiI risultati preliminari sono suggestivi di una distribuzione bimodaledell’espressione di HER2/neu. Il livello elevato diespressione è stato riscontrato prevalentemente in GIST chehanno avuto un decorso aggressivo; il livello inferiore è risultatoassociato a casi rivelatisi finora indolenti in fase difollow-up.ConclusioniAppare possibile una relazione fra livello di espressione diHER2/neu e malignità nei GIST. L’eventuale conferma diquesti risultati può avere interessanti implicazioni prognostichee terapeutiche.Bibliografia1El-Rifai W, et al. Cancer Res 2000;60:3899-3903.2Cai YC, et al. Virchows Arch 1999:112-115.Loss of p16 protein defines high-risk patientswith gastrointestinal stromal tumors (GISTs) -A tissue microarray (TMA) studyL. Tornillo 1 , L. Terracciano 1,8 , C. Boltze 2 , J. Lasota 3 , B.Peters 4 , C. Corless 5 , P. Ruemmele 6 , M. Pross 7 , L. Insabato8 , D. Di Vizio 8 , S. Dirnhofer 1 , A. Hartmann 6 M. Miettinen3 , A. Roessner 2 , R. Schneider-Stock 2 ,1Institute of Pathology, University of Basel, Switzerland; 2Department of Pathology, 4 Department of Biometrics and 7Department of General Surgery. Otto-von-Guericke UniversityMagdeburg, Germany, 3 Department of Soft TissuePathology, Armed Forces Institute, Washington, USA, 5 Departmentof Pathology, Oregon Health & Science UniversityCancer Institute and Portland VA Medical Center, USA, 6 Departmentof Pathology, University Regensburg, Germany, 8Department of Biomorphological Sciences, University “FedericoII”, Naples, ItalyIntroductionGISTs show a wide clinical spectrum that ranges from benignto malignant. Tumours with size ≤ 5 cm and low mitotic frequencyusually show a benign clinical behaviour; however,some of them do metastasize.There is evidence that molecular alterations may predict theclinical outcome in GISTs. p16 inhibits cell cycling by arrestingcells in G1/S phase of the cell cycle. p16 loss has been shownto predict poor clinical outcome in several human tumours.AimsTo establish the prognostic significance of p16 in a large seriesof GISTs.Methods284 primary GISTs (284 patients) were collected and used tobuild a TMA. 160 were men and 124 woman; mean age was60.9; mean size was ¨8.3 cm. All cases were CD117+. Accordingto size and MI, cases were classified in four groups.very low risk, low risk, intermediate risk and high risk. Immunohistochemicalstain for p16 was performed and all clinicopathologicparameters were related to p16 status.Results142 cases showed p16 loss. There was no relationship betweenp16 status and sex, age, histology or metastasis. p16loss identified a group of patients with worse prognosis in thewhole series (p=0.012) and in the gastric subgroup (p =0.037). This prognostic value was observed also in the multivariateanalysis.ConclusionsTMA is a reliable technique for the study of GISTs. Determinationof p16 status may help in identifying a group of patientswith worse prognosis also in the very low risk and lowrisk group.Loss of p16 expression iss an indipendent factor indetermining the prognosis of GISTs.


324COMUNICAZIONI LIBEREGIST insorto in NF1 associato asomatostatinoma e feocromocitomaM. Barisella, A. Gronchi, P. Casali, M. ColecchiaDipartimento di Patologia e Unità Operativa Melanomi eSarcomi, Istituto Nazionale per lo Studio e la Cura dei Tumori,MilanoIntroduzioneIn letteratura è stata descritta l’associazione di NF1 con feocromocitoma,e/o con tumori neuroendocrini della papilla asecrezione di somatostatina, e/o con GIST duodenali. Sonostate riportate anche associazioni multiple, ma non sono ancorastati riportati casi in cui tutte le entita’ suddette fosseropresenti insieme.Case reportGli autori presentano il caso di una donna di razza caucasicadi 46 anni affetta da neurofibromatosi di tipo 1, con feocromocitomasurrenalico, GIST duodenale e riscontro occasionaledi tumore neuroendocrino della papilla del Vater. A seguitodella diagnosi di NF1, nel 1991 la paziente fu sottopostapresso il nostro istituto ad una amputazione in sede sacrococcigeaper l’asportazione di neurofibromi multipli. In corsodi controlli di follow-up, nel dicembre 2003 venne riscontratala presenza di una massa in sede surrenalica a destra, rivelatasiessere un feocromocitoma. All’esame intraoperatoriosi verificò inoltre la presenza di un GIST della parete duodenale.La paziente venne quindi sottoposta nel marzo 2004 adasportazione della massa duodenale in blocco con ampia porzionedi duodeno comprendente papilla del Vater e tratto dellavia biliare distale. Una piccola neoformazione è stata apprezzataa livello sottomucoso della papilla duodenale, rivelatasiessere un tumore neuroendocrino ben differenziato conproduzione di somatostatina. Inoltre per la lesione della pareteduodenale è stata confermata la diagnosi di GIST a rischiointermedio di malignità secondo i criteri di Bethesda.ConclusioniQuesta inusuale presentazione di neoplasie multiple in pazienteportatrice di NF1 permette di considerare le caratteristichedei GIST insorti in neurofibromatosi, che risultanonella recente valutazione di Kinoshita e coll. non carrier dimutazione a carico del gene KIT. La sostanziale somiglianzamorfologica ed immunofenotipica di questi GIST sottendesostanziali differenze nei processi oncogenici ed istogeneticirispetto ai GIST insorti in forma sporadica.BibliografiaKinoshita K, et al. J Pathol 2004;202(1):80-5.Burke et al. Cancer 1990; 65:1591-1595.TTF-1 immunostaining in disclosingmetastatic pulmonary carcinomas presentingas primary gastrointestinal cancerG. Rossi, E. Tagliavini, P. Sighinolfi, R. Valli, M. Costantini,M. Lupi, L. Schirosi, L. Losi, M. MilaniSection of Pathologic Anatomy, University of Modena andReggio Emilia, Modena, ItalyIntroductionLung cancer may firstly appear as a solitary mass in the gastrointestinaltract 1 2 , resulting very challenging for pathologiststo recognize this occurrence. Herein, a clinicopathologicanalysis of 4 cases is presented.MethodsThe pathologic and clinical findings obtained from 4 casesretrieved from our institution were reviewed. All cases weretested by immunohistochemistry with a large panel of antibodiesincluding TTF-1, the most specific marker of pulmonaryorigin.ResultsThe series consisted of 3 men and 1 woman, with a meanage of 66 years. The patients presented with complaints oflower abdominal pain with vomiting (3 cases) and smallbowel perforation (1 case) and initially underwent segmentalresection of small bowel (3 cases) and stomach (1 case)for a solitary mass disclosed at abdominal computed tomography.Grossly, all lesions appeared as full thickness involvementof the intestinal wall and ulceration was noted in2 cases. Morphologically, the tumors consisted of a diffusesheet-like proliferation of large, undifferentiated neoplasticcells with rhabdoid-like eosinophilic cytoplasm and roundpleomorphic nuclei with prominent nucleoli arranged in adischoesive growth pattern. These tumor elements did notshow clear-cut glandular or squamous differentiation. Atimmunohistochemistry, the tumor cells were positive forTTF-1 and cytokeratins (AE1/AE3), and positively stainedwith cytokeratin 7 in 3 cases. All the other tested markerswere completely unstained (cytokeratin 20, CDX2, S100,LCA, CD138). Mainly based on immunostaining for TTF-1, a diagnosis of possible metastasis from primary pulmonarylarge cell carcinoma was posed and subsequentlyconfirmed at clinical work-up. Despite chemotherapy, allpatients died of disease.ConclusionsPathologists should be aware that lung cancer may occureven as a solitary mass of the gastrointestinal tract, thusrepresenting a formidable diagnostic challenge. In thesecases, the tumor appears as a discohesive growth of undifferentiatedlarge cells with a rhabdoid-like appearance,mainly mimicking plasmacytoma and melanoma. TTF-1immunostaing confirms to be a valuable marker in discriminatinglung tumor origin and should be applied in difficultcases. Finally, gastrointestinal metastasis from lung cancerrepresents a parameter of very dismal outcome in these patients1 2 .Bibliografia1Stenbygaard LE, et al. Lung Cancer 1999;26:95-101.2Galsky M, at al. J Clin Oncol 2000;18:227-228.Ossificazione intestinale eterotopica.Descrizione di un casoC. Traversi, S. Russo, L. Ciampi, G. Parisi, R. RiccoDAPeG Dipartimento di Anatomia Patologica e Genetica,Sezione di Anatomia Patologica, Università di BariIntroduzioneL’ossificazione eterotopica intraaddominale è una lesioneestremamente rara, localizzata soprattutto a livello della sottosierosadel tenue o grosso intestino o del mesentere. Inmolti casi riportati in letteratura si riscontra un pregressotrauma, un intervento chirurgico laparotomico o un’associazionecon una neoplasia gastrointestinale. Il caso clinico occorsoalla nostra osservazione riguardava una paziente di sessofemminile di 31 anni ricoverata in seguito a un’interruzionedi gravidanza spontanea alla decima settimana di gesta-


PATOLOGIA DELL’APPARATO DIGERENTE325zione. Durante una laparoscopia viene riscontrata accidentalmenteuna neoformazione mesenterica in corrispondenza dell’ileoPertanto viene effettuato un intervento laparotomicod’urgenza con resezione di un breve segmento ileale ed appendicectomia.MetodiL’esame macroscopico evidenziava un nodulo calcifico bendemarcato del diametro massimo di cm 1,5. Il materiale biopticoè stato fissato in formalina e i prelievi inclusi in paraffina.Sono stati effettuate sezioni istologiche routinarie ed indaginiimmunoistochimiche.RisultatiIstologicamente si rilevavano la mucosa e sottomucosa ilealiindenni; al limite tra la muscolare propria e la sottosierosa erapresente un’area ben demarcata di tessuto osseo lamellarecircondata da una sottile lamina di connettivo fibroso e comprendentemidollo adiposo ed emopoietico.Pertanto la diagnosi anatomopatologica finale è stata di ossificazioneintestinale eterotopica.ConclusioniLa patogenesi della formazione di osso eterotopico in sede intestinaleo mesenterica è tuttora controversa. Frequentementesi rileva l’associazione con eventi traumatici 1 , infezioni oneoplasie benigne o maligne 2 . Nel caso occorso alla nostraosservazione è particolarmente raro in quanto possiamo formulareun’ipotesi criptogenetica. Riguardava infatti una pazientedi 31 anni, con anamnesi del tutto silente se si eccettuauna interruzione spontanea di gravidanza al I trimestre di gestazioneundici giorni prima dell’intervento chirurgico.Bibliografia1Wilson JD, et al. Am J Surg Pathol 1999;23:1464-70.2Imai N et al. Pathol Int 2001;51:643-8.Carcinoma anaplastico, a cellule fusate egiganti, del colon: descrizione di un casoF. Pontieri, F. Tallarigo, F. Musicò, N. PapaleoU.O. di Anatomia Patologica, P. O. San Giovanni di Dio,CrotoneIntroduzioneIl carcinoma anaplastico, a cellule fusate e giganti, sarcomatoide,pleomorfo, del colon è un tumore maligno di raro riscontronella pratica anatomo-clinica; non ha una sede elettivadi localizzazione nel grosso intestino e come la maggiorparte delle neoplasie maligne del colon colpisce prevalentementesoggetti della VI-VII decade di vita. Costituisce un tumorecaratterizzato da un grado marcato di anaplasia e dicomportamento aggressivo. Le caratteristiche macroscopichee istologiche richiedono un corretto inquadramento per differenziarloprincipalmente da altre neoplasie maligne epitelialie stromali del colon.Materiale e metodiIl caso pervenuto alla nostra osservazione è relativo a unpaziente di sesso maschile di anni 72 con clinica di sub-stenosie rettorragia, sottoposto a resezione segmentaria delcolon sinistro. Lo studio istologico è stato condotto su 16sezioni rappresentative della lesione, fissate in formalinatamponata al 10%, disidratate e incluse in paraffina, e ottenutedalle stesse sezioni di 3 µm colorate con E/E, AlcianBlu a pH 2,5 e PAS. Su sezioni in paraffina di 4 µm è statocondotto lo studio immunoistochimico testando i seguentianticorpi: CK AE1-A3, CAM 5,2, CK 7, CK 20, Vimentina,CD 34, CD 117, S-100, Desmina, Actina ML, CEA, EMA eCromogranina A.RisultatiL’esame macroscopico rilevava nel lume intestinale voluminosamassa vegetante di cm 7,5 x 5,5 x 4, con ampie aree dinecrosi e di emorragia, localizzate prevalentemente nellaporzione superficiale della lesione; il tumore risulta essereistologicamente composto da cellule tumorali fusate, con disposizionea fasci, scarsamente coese, con ampio citoplasmaeosinofilo, commiste a cellule giganti con nuclei bizzarri emultinucleate, nucleoli voluminosi ed eosinofili, numerosemitosi frequentemente atipiche, necrosi. Lo studio istochimiconon ha evidenziato la presenza di muco. Le cellule neoplastichesono risultate diffusamente positive alla Vimentinae alla CK AE1/AE3 (1-2), negative alla CAM 5,2, CK 7, CK20, CEA, EMA, Cromogranina A, CD 117, CD 34; ActinaML, Desmina, S-100 e HMb-45. La neoplasia infiltrava lasottosierosa, mentre risultavano essere liberi da metastasi N.27 linfonodi regionali esaminati, assenza di invasione vascolaree di metastasi a distanza.ConclusioneIl carcinoma anaplastico del colon è una neoplasia malignarara, rappresentando lo 0,3% di tutti i tumori maligni del colon1 . Istologicamente la neoplasia deve essere differenziatada lesioni maligne non epiteliali (GIST, Sarcomi non-GIST,Melanomi). La diagnosi di Carcinoma anaplastico sarcomatoidepresuppone l’assenza di aree o di focolai di adenocarcinoma,di carcinoma a cellule squamose o di tipo convenzionalee di carcinoma neuroendocrino 1-2 . La spiccata anaplasiadella lesione insieme all’assenza di un infiltrato infiammatoriodistante dalle aree di necrosi ci permette di escludere unpseudotumore infiammatorio. La positività per le CK ad ampiospettro conferma la natura epiteliale della lesione; invecele CK monospecifiche non sono utili nella determinazionedella neoplasia. Il carcinoma anaplastico sarcomatoide è unaneoplasia aggressiva e nella maggioranza dei casi si presentaal momento della diagnosi con metastasi linfonodali e e/o adistanza. Tuttavia la scarsità dei casi documentati in letteraturanon consente di valutare con certezza l’efficacia delle terapieadiuvanti, a parità di stadio, rispetto al adenocarcinomadi tipo tradizionale.Bibliografia1Reyes CV, Siddiqui MT. Ann Diagn Pathol 1997;1:19-25.2Serio G, Aguzzi A. Histopathology 1997;30:383-385.Carcinoide maligno dell’appendice sincronocon adenocarcinoma del colon: descrizione diun casoM. Guerriero * , M. De Ninno ** , A. Capelli * , A. Carbone ***Istituto di Anatomia Patologica, Roma; ** Centro di Ricercae Formazione ad Alta Tecnologia nelle Scienze Biomediche,Campobasso; Facoltà di Medicina “A. Gemelli”, UniversitàCattolica del Sacro CuoreIl tumore neuroendocrino (NE) dell’appendice è un tumoreraro e spesso trovato incidentalmente nei pazienti appendicectomizzati(circa 1 caso su 300). È quasi sempre asintomatico.I sintomi possono essere dovuti ad effetti locali deltumore o a sindromi particolari. Metastatizza tra il 2% e lo8% dei casi. Una donna di 62 anni si presenta con dolori addominali.Le indagini delineano un quadro di neoplasia stenosantedel colon ascendente con localizzazioni epatiche


326COMUNICAZIONI LIBEREmultiple. Il prelievo endoscopico mostra un adenocarcinoma(AC). I markers tumorali CEA e CA19.9 erano normali,mentre l’NSE risultava significativamente aumentata. Si sospettavaun AC ad importante componente NE. Fu eseguitaun’emicolectomia destra. Esame macroscopico. Lesioneanulare vegetante ed infiltrante di 5 cm. La appendice apparivaingrossata al centro (1,1 cm) e sottile distalmente(0,3 cm). Non si reperiva lume. Esame istologico. In sedecolica AC infiltrante quasi tutta la parete muscolare senzasconfinamento nel grasso. In sede appendicolare neoplasiatrabecolare-solida di aspetto NE infiltrante anche il grassoperiviscerale. Metastasi di tumore NE in 3 linfonodi su 9.Emboli di neoplasia NE erano presenti nella sottomucosacolica vicino alla neoplasia AC e all’interno della neoplasiastessa.CommentoSono stati osservati due tumori distinti: AC colico e carcinomaNE appendicolare (carcinoide maligno). La morfologiadelle due neoplasie era distintiva e ha permesso di classificarei tumori sulla base del solo esame morfologico. L’indagineimmunoistochimica è stata comunque eseguita per confermarela diagnosi morfologica e per verificare la peculiare diffusionedel carcinoma NE all’interno della neoplasia ghiandolare.La particolarità del presente caso risiede nel fatto chela neoplasia NE appendicolare ha presentato un grado di aggressivitàbiologica nettamente superiore a quello dell’ACcolico. In caso di tumori sincroni AC e NE, la prognosi è influenzatadall’AC. Il numero di pazienti con tumori NE chemuoiono per altri tumori gastrointestinali, infatti, è considerevole.In letteratura è riportato che dal 13% al 33% dei casicon tumore NE appendicolare presentano AC gastrointestinalee che l’andamento di malattia è influenzato maggiormentedalla neoplasia AC 1 2 . Nel presente caso, al contrario, la maggioreaggressività biologica è stata mostrata proprio dal tumoreNE appendicolare.Bibliografia1Moertel CG, et al. Cancer 1968;21:270-278.2Connor SJ, et al. Dis Colon Rectum 1998;41:75-80.MetodiMateriali: biopsie anali (fissate in formalina, incluse in paraffina)di 8 soggetti HIV sieropositivi (2 condilomi acuminati,2 coilocitosi, 2 AIN II e 2 carcinomi spinocellulari). Immunoistochimica:pretrattamento in forno a microonde contampone citrato, incubazione con anticorpi monoclonali ViroactiveHPV ScreeningPur e High RiskPur (Virofen DiagnosticaGmbH, Germany), sviluppo con fosfatasi alcalina.RisultatiI risultati sono riassunti in Tabella I. Lesioni a basso grado(condilomi acuminati e coilocitosi): l’indagine immunoistochimicaha evidenziato una distribuzione diffusa della proteinaL1 (HPV basso rischio) in tutti casi; in un caso di condilomaacuminato, è stata dimostrata la co-presenza di L1 adalto rischio limitata ad una zona della lesione. AIN II: la proteinaL1 ad alto rischio, con distribuzione focale, è stata dimostratasolo in 1 caso; non è stata mai evidenziata la proteinaL1 a basso rischio. Carcinoma spinocellulare: le aree dineoplasia infiltrante ed in situ risultano negative. Si sottolineaperò in entrambi i casi una focale positività di L1 ad altorischio nelle aree di displasia lieve-moderata e coilocitosidell’epitelio di superficie.Tabella IDIAGNOSI HPV L1 HPV L1SCREENING HIGH RISKCoilocitosi + diffuso –Coilocitosi + diffuso –Condiloma acuminato + diffuso + focaleCondiloma acuminato + diffuso –AIN II + focale + focaleAIN II – –Carcinoma spinocellulare – –Carcinoma spinocellulare – –Dimostrazione immunoistochimica dellaproteina capsidica L1 del papillomavirusumano in biopsie anali di pazienti HIV positiviL. Vago * , M. Nebuloni * , A. Ferri * , F. Pagano * , D. Luzzeri** , P. Zerbi * , R. Beretta *** , M.M. Fasolo *** , G. Orlando *** ,C.M. Antonacci **U.O. Anatomia Patologica; *** II Divisione Malattie InfettiveOspedale L. Sacco; ** Histo-line Laboratories SrL, MilanoIntroduzioneI papillomavirus sono fattori di rischio riconosciuti per le lesionidisplastiche e il carcinoma anale, ad alta incidenza insoggetti HIV positivi. Con riferimento al potenziale oncogeno,HPV sono suddivisi in sierotipi “a basso rischio” e “ad alto rischio”;si manifestano in forma latente o attiva, con la sintesidella proteina capsidica L1 (produzione di virioni), indice diinfettività e bersaglio della risposta immune cellulare; la mancataespressione di L1 è segno di integrazione del DNA viralee di trasformazione cellulare. Lo scopo di questo studio preliminareè valutare la distribuzione della proteina L1 in lesionianali di soggetti HIV positivi, discriminando tra infezione latenteed attiva e trasmissibile e correlando la sua espressionenei diversi sierotipi virali alla gravità delle lesioni.ConclusioniQuesto studio preliminare conferma nelle lesioni anali la correlazionetra infezione attiva da HPV a “basso rischio” e lesionia basso grado; in quelle ad alto grado dimostra l’assenzadi L1, e quindi la verosimile integrazione di HPV nellearee più gravi della lesione, ma evidenzia la presenza di focolaidi infezione virale “ad alto rischio” ancora produttiva inaree con lesioni a gravità minore degli stessi soggetti.Mesotelioma cistico benigno del peritoneo.Descrizione di un casoF. Tallarigo, S. Squillaci * , N. Papaleo, D. Romano ** ,M.G. ScaliaServizio di Anatomia Patologica; ** Divisione di Chirurgia,Ospedale “San Giovanni Di Dio”, Crotone; * Servizio diAnatomia Patologica, Ospedale di Vallecamonica, Esine(BS)IntroduzioneIl mesotelioma cistico benigno del peritoneo è una rara neoplasiache solo di recente è stata inquadrata, grazie alla microscopiaelettronica, come un’entità ben definita a deriva-


PATOLOGIA DELL’APPARATO DIGERENTE327zione delle cellule mesoteliali. Dal punto di vista clinico, perle sue potenzialità di recidiva locale senza avere, tralaltro, uncomportamento maligno, è considerata come una varianteborder-line tra il tumore adenomatoide benigno ed il mesoteliomamaligno. Viene qui riportato il caso di un paziente, maschiodi 71 anni, a cui è stato scoperto, in maniera incidentale,in corso di intervento chirurgico per neoplasia del grossointestino, un mesotelioma cistico benigno a livello del mesocolontrasverso.MetodiLo studio immunoistochimico della neoplasia è stato condottoutilizzando i seguenti anticorpi: citocheratina 8-18, CD34,CD31, calretinina, HBME1, actina ML.RisultatiDal punto di vista macroscopico la neoformazione era costituitada multiple cisti, misurante complessivamente 15 cm didiametro. Le cisti presentavano un aspetto traslucido a contenutosieroso limpido talora gelatinoso. Dal punto di vistamicroscopico gli spazi cistici erano delimitati da un epiteliopiatto a singola fila tale da simulare un linfangioma. Taloral’epitelio era rappresentato da elementi di tipo cubico-poligonalecon tendenza a formare dei clusters, ad aspetto micropapillare,aggettanti nel lume cistico, con presenza di materialesecretorio intracitoplasmatico di tipo eosinofilo. Talielementi hanno mostrato immunoreattività ai markers mesoteliali(calretinina, HBME1) e alla citocheratina 8-18, mentresono risultate essere negative a quelli endoteliali. Il tutto nelcontesto di uno stroma di tessuto connettivo con presenza difibroblasti stellati (reattivi all’actina ML) con focali aree, ditipo mixoide, positive alla colorazione dell’alcian blue.ConclusioniIl mesotelioma cistico benigno del peritoneo è una rara neoplasiadell’età adulta con maggiore incidenza nel sesso feminile(rapporto 5:1). Approssimativamente nel 30% dei casi siha una recidiva locale in un intervallo di tempo compreso tra4 mesi e 7 anni. Inoltre nel 25-30% dei pazienti c’è una storiadi precedenti interventi chirurgici addominali o di malattiainfiammatoria pelvica. La diagnosi differenziale va postacon il linfangioma ed il tumore adenomatoide.Dalla clearence dell’emosiderosi allareversibilità della cirrosi in pazientitalassemici curati con trapianto di midolloosseo (TMO)P. Muretto, S. Tommasoni, E. Angelucci *U.O. Anatomia e Istologia Patologica, Azienda OspedalieraS. Salvatore, Pesaro; * Centro Trapianti di Midollo Osseo,Azienda Ospedaliera S. Salvatore, PesaroIntroduzioneL’emosiderosi, la fibrosi e la cirrosi epatica sono note complicanzenei pazienti affetti da Talassemia Major come conseguenzadella eritropoiesi inefficace, delle trasfusioni, delleepatiti da HCV e HBV. La cirrosi è stata generalmente consideratairreversibile e l’emosiderosi una condizione stabile.Metodi50 dei 450 pazienti trattati con T.M.O. presso il Centro Trapiantidi Midollo osseo di Pesaro, sono stati studiati con biopsieepatiche sequenziali effettuate prima del trapianto, a 6mesi e ogni anno per un periodo di 4-6 anni dall’attecchimentodel T.M.O. allogenico. Su ulteriori 491 talassemici curaticon T.M.O., 40 (età compresa tra i 27 ed i 30 anni) svilupparonocirrosi (19 prima del trapianto e 21 durante il follow-up).Questi furono sottoposti a salassi e a terapia antivirale(con inizio dopo i 3 anni dal trapianto) e seguiti con biopsiesequenziali per un periodo di 3-8 anni.RisultatiSpontanea reversibilità del sovraccarico ferrico, dopo interruzionedella terapia trasfusionale per l’ottima funzionalitàdel midollo dopo trapianto, è stata osservata in 31 pazienti tra1 e 12 anni di età 1 . Nei pazienti con cirrosi le biopsie epatichehanno mostrato in 7 marcata riduzione del sovraccaricoferrico con completa clearence in 4. Livelli di transaminasisierica diminuiti in tutti i pazienti con normalizzazione in 5casi; attività infiammatoria diminuita in tutti con scomparsain 2 casi. Regressione della cirrosi si è osservata in 7 pazienti,sebbene in 3 sia persistita fibrosi con ponti porto-portali,grado 2-3 sec. Ishak.ConclusioniNei pazienti studiati si è dimostrato che l’emosiderosi può esserespontaneamente risolvibile e che la cirrosi è reversibilein pazienti talassemici sottoposti a T.M.O. 2-3 . Relativamenteai meccanismi ipotizzabili, appare verosimile che l’eliminazionedel ferro abbia inizio con il rilascio del metallo dagliepatociti in lisi conseguente alla terapia antiblastica della fasedi induzione; in seguito vi sarebbe un passaggio del ferrodagli epatociti alle cellule di Kupffer, agli istiociti ed alle celluleendoteliali con rilascio all’interno dei sinusoidi e dellevene centrolobulari.L’ipotesi è avvalorata dall’alta perdita di ferro tramite le urinedopo T.M.O. È peraltro possibile anche l’associato rilasciotramite le vie biliari. Lo studio dimostra che la reversibilitàdella cirrosi può avvenire in seguito alla rimozione dei fattoriirritativi cronici stimolanti la fibrillogenesi, quali il sovraccaricoferrico e l’epatite cronica virus correlata (che nel talassemicopossono avere azione sinergica).Bibliografia1Muretto P, et al. Liver 1994;14:14-24.2Angelucci E, et al. Blood 1997;90(3):994-998.3Muretto P, et al. Annals of Int Med 2002;136(9):667-672.Immunohistochemical evidenceof metallothionein in neoplasms of liver,gallbladder and pancreasD. Villari, G. Giuffrè, A. Simone, R. Scarfì, G. TuccariDepartment of Human Pathology, University of MessinaIntroductionMetallothionein (MT), a group of low molecular weight (6-7kD), cysteine rich proteins, with strong affinity for heavymetal potentially toxic ions, are considered to be involved invarious cellular processes. In human neoplastic pathology,the presence of MT has been immunocytochemically demonstratedin both the nucleus and the cytoplasm of cells in manycarcinomas of different organs and some reports have suggestedan unfavourable prognostic role for MT.Materials and methodsIn the present study, we have investigated the expression ofMT in 81 histological specimens of primary human hepatocellular,gallbladder and pancreatic carcinomas as well as livermetastases and chirrosis, taken from files of our Department;in addition peritumoral samples of liver and pancreasand normal gallbladder tissue have been also studied. Immunohistochemistrywas performed by a monoclonal mouseanti-MT antiserum, commercially available (MT-E9, Dako,


328COMUNICAZIONI LIBEREw.d. 1:100), applied overnight at 4°C. The percentage ofstained cells was graded for semiquantitative purposes as follows:0 (no staining); 1 (>0 to 5%); 2 (>5 to 25%); 3 (>25 to50%); 4 (>50%). The possible correlations between immunohistochemicaldata and morphological characteristics of lesionswere investigated using non-parametric methods.ResultsMT immunoexpression was found in 54/81 cases (66.6 %)with a variable staining score. In particular 19/31 hepatocellularcarcinomas, 7/21 liver metastases, 9/10 ductal and ampullarpancreatic carcinomas and 2/2 gallbladder sampleswere stained. Moreover, 8/8 focal nodular hyperplastic ordysplastic lesions and 9/9 viral-related cirrhosis showed aconstant staining score ranging from 3 to 4. No correlationsbetween MT expression and age, sex, tumour size and clinicalstage were appreciable. The highest MT score was foundin liver control tissue; a weakly immunopositivity was encounteredin acinar cells and pancreatic ducts. No immunostainingwas appreciable in normal gallbladder.ConclusionsAn overexpression of MT has been documented in pancreaticand gallbladder neoplastic samples, while in primary andsecondary liver tumours the content of MT appears to be reducedin comparison to normal parenchyma. We cannot excludethat during carcinogenesis of different organs other MTisoforms may appear, undetectable by our antibody. Moreover,the relationship between MT immunoexpression and responsivenessto chemotherapeutics is at the moment underinvestigation.Molecular Alterations in HepatocellularCarcinomas and Preneoplastic HepatocellularLesions using Tissue Microarray TechniqueL. Tornillo 1 , A. Lugli 1 , V. Carafa 1 , M. Roncalli 2 , M. Maggioni3 , A. Manca 4 , G. Massarelli 4 , S. Losito 5 , G. Marino 6 ,R. Vecchione 7 , L. Terracciano 1,71Institutes of Pathology, University of Basel, Schweiz; 2 HumanitasClinical Institute and San Paolo Hospital 3 , Universityof Milan, University of Sassari 4 , National Cancer Center“Pascale” 5 , Naples, Hospital “Cardarelli” 6 , Naples, University“Federico II” 7 Naples, ItalyIntroductionLiver cancerogenesis is a multistep process, but there is noclear boundary between premalignant and malignant lesions.At least three regulatory pathways (RB-1, p53 and Wnt/βcatenin)are involved in hepatocarcinogenesis.AimsMorphological and molecular features of hepatocarcinogenesisare far from being fully elucidated. We have applied thetissue microarray (TMA) technique to investigate the role ofseveral genes expression in hepatocarcinogenesis.MethodsTissues from 280 patients (443 nodules) included 233 HCCs,15 High grade (HG)-DN, 7 Low-grade(LG)-DN, 10 Large regenerativenodules, 8 small cell dysplasias, 11 large cell dysplasias,8 FNHs, 2 adenomas, 13 clonal lesions 119 cirrhosisand 17 normal livers. One sample each was placed in ourTMA. Immunohistochemical analysis included CK7, CK8,CK18, CK19, CK20, CD34, p53, CyclinD1, Cyclin D3, p16,p21, p27, Ki-67, E-cadherin, β-catenin. A FISH analysis forCyclinD1 and c-myc was further performed.ResultsImmunohistochemistry: the number of evaluable punchesranged from 267 (71%) to 317 (85%). E-cadherin and β-catenin were expressed simultaneously (p=0.0009). β-cateninmembrane expression was related to the lesion (90% inHCCs, 53% in cirrhosis, 28% in HG-DN, p


PATOLOGIA DELL’APPARATO DIGERENTE329teratura, supporterebbero l’ipotesi che la CCEF origini dall’epiteliorespiratorio del foregut, senza evidente partecipazionedella “componente intestinale”.Bibliografia1Chatelain D, Chailley-Heu B. The ciliated hepatic foregut cyst, uninusual bronchiolar foregut malformation. Hum Pathol 2000;31:241-6.Epatite da brucella: descrizione di un casopediatricoL. Reggiani Bonetti, G. Rossi, R. Valli, P. Sighinolfi, E.Tagliavini, L. Viola * , A. Bagni, L. LosiSezione di Anatomia Patologica, Università di Modena eReggio Emilia; * Dipartimento di Pediatria, Università diModena e Reggio Emilia, ModenaIntroduzioneLa Brucellosi è una antropozoonosi causata da alcuni ceppidi Brucella (B. melitensis, B. abortus e B. suis). La trasmissioneavviene per inalazione, per ingestione di alimenti derivatida animali infetti e per via transcutanea. Riportiamo uncaso di epatite da Brucella in una bambina di otto anni residentein Puglia.MetodoBambina di otto anni di origine pugliese trasferita presso ilReparto di Pediatria del Policlinico di Modena. Da alcunimesi la piccola lamentava astenia, inappetenza, artralgie diffusee febbricola.RisultatiGli esami di laboratorio evidenziavano: ipertransaminasemia(AST 83 IU/L, ALT 79 IU/L), anemia (Hb 10,9 g/dL), ipergammaglobulinemia,positività per autoanticorpi non organo-specifici anti-muscolo liscio (SMA) e anti-nucleo(ANA), negative le indagini sierologiche per HAV, HBV,HCV e HBV. Lieve epatosplenomegalia all’ecografia senzaalterazioni all’ecostruttura. Il quadro clinico orientava perepatite autoimmune, per conferma venne richiesta un’agobiopsiaepatica. Morfologicamente il quadro era caratterizzatoda un moderato infiltrato linfomonocitario con discretacomponente istiocitaria e focale aggregazione in microgranulomia livello degli spazi portali e abbondante presenza dielementi linfomonocitari nei sinusoidi. Il suggerimento diun’epatite batterica da indagare (es. Brucella) portò all’esecuzionedel test di Wright dal quale risultò una titolazione significativaper B. abortus e B. melitensis (1:1280). Un’accurataanamnesi accertò il consumo di formaggi freschi artigianalida parte della piccola paziente. Posta diagnosi di epatiteda Brucella si sottopose la paziente a trattamento antibiotico.ConclusioniL’epatite acuta può rappresentare l’unica manifestazione dellabrucellosi che deve essere presa in considerazione soprattuttoin soggetti provenienti da aree endemiche. Sebbene labiopsia epatica non presenti aspetti morfologici specifici puòrisultare dirimente in adeguato contesto clinico. Una revisionedella letteratura dimostra che anche US, CT e MRI oltre atest sierologici positivi sebbene non specifici possono essereutili per la conferma diagnostica 1 2 .Carcinosarcoma of the gallbladder.A case reportN. Scibetta, G. Sciancalepore, L. MarasàU.O. di Anatomia Patologica, ARNAS “Civico-Di Cristina-Ascoli”, PalermoIntroductionThe carcinosarcoma of the gallbladder is a rare malignanttumor, composed by two components: an epithelial, adenocarcimatousone, and a mesenchymal, sarcomatous one,with a variable expression of heterologous components,and without epithelial markers in sarcomatous share. Thistumor arises in about 67 years old females, and it is oftenconnected with lithiasis. We report a case of carcinosarcomaof the gallbladder arisen in a 79 years old female. Ultrasonographicindagations, abdomen TAC with MDC, endoscopicretrograde cholangio-pancreatography (ERCP)showed a large cholecistic mass, with hepatic involving.The patient has been subjected to cholecystectomy, withsegmental hepatic resection, common biliary duct excisionand perivisceral lymphadenectomy. Five months after thesurgery, the patient did not show any local recurrence ormetastasis.Materials and methodsThe specimens sent were formalin 4% fixed and paraplastplus included. Sections of 3 µm thickness have been preparedfor typical stains, whereas other sections have beenset on slides, previously treated with poli-l-lysin for theimmunohistochemical stains.ResultsMacroscopically fundus and corpus of the gallbladder weretaken by a vegetating neoformation, which revealed fullyinfiltrating gallbladder’ s parietis. Microscopically itwas composed by a mixture of well and poorly differentiatedtubular adenocarcinoma, positive for CEA, CK 7 andCK 20, and of sarcomatous tissue, represented by anaplasticsplindle-shaped cells, arranged in large bundles, positivefor vimentin, negative for CK 7, CK 20, EMA andCEA. Heterologous elements have not been observed, buta small share of sarcomatous cells showed a differentiationtoward smooth muscular cells, proved by the positivity forα SMA and desmin.ConclusionsThe histogenesis of this carcinosarcoma is dubious. SomeAuthors assume that the sarcomatous component representsa “dedifferentiated carcinoma cells”, because it couldderive by dedifferentiation of some adenocarcinomatousareas, for accumulation of genetic errors, during the tumoralprogression. Such theory was supported by advancedstage in the moment of diagnosis, both in our case and inevery casuistics.Bibliografia1Sisteron O, et al. Clin Imaging 2002;26:414-17.2Sadia Perez D, et al. Rev Clin Esp 2001;201:322-6.


330COMUNICAZIONI LIBEREStudio mutazionale dell’oncogene K-rasnel carcinoma duttale del pancreasN. Funel, I. Esposito, M. Menicagli, D. Campani, L.E.Pollina, N. Decarli, B. Chifenti, M. Morelli, G. Bertacca,C. Di Cristofano, A.O. Cavazzana, A. Santucci ** , M. DelChiaro * , U. Boggi * , F. Mosca * , G. BevilacquaDivisione di Anatomia Patologica e Diagnostica Molecolareed Ultrastrutturale; * Divisione di Chirurgia Generalee dei Trapianti, Dipartimento di Oncologia, dei Trapiantie delle Nuove Tecnologie in Medicina, Università diPisa, Pisa; ** Dipartimento Biologia Molecolare, Universitàdi SienaIntroduzioneMutazioni di K-ras sono frequenti nel carcinoma infiltrantedel pancreas e rappresentano un evento precoce nella cancerogenesiessendo presenti nelle lesioni preneoplastiche(PanIN). Le mutazioni riscontrate nel carcinoma del pancreasriguardano principalmente i codoni 12 e 13 per i qualisono state riportate frequenze comprese fra il 70% el’80%. Alterazioni del codone 61 sono state identificate inrari casi.Materiali e metodiDal dicembre 2001 al giugno 2004 sono pervenuti al nostrolaboratorio 89 casi di carcinoma duttale del pancreas. Sezionidi tessuto fresco di 52 carcinomi sono state sottoposte amicrodissezione laser (Leica ASLMD), dalle quali è statoestratto il DNA. Da 46 tumori sono state allestite colture cellulariprimarie, ottenendo 1 linea cellulare (PP78) e 4 coltureprimarie (PP109, PP117, PP147, PP161). L’analisi di K-rassui tumori primitivi e sulle relative colture cellulari nei codoni12, 13 (esone 1) e 61 (esone 2) è stata condotta con PCRe sequenziamento automatico.RisultatiL’analisi dei codoni 12 e 13 ha evidenziato mutazioni in43/52 neoplasie (82,7%). Le colture primarie presentavanotutte mutazioni sul codone 12 (PP109 GGT→GTT, PP117GGT→GAT, PP147 GGT→CGT, PP161 GGT→GAT). La lineaPP78 risultava normale nei codoni 12 e 13 e mutata nelcodone 61 (CAA→CAC). Tre dei 9 tumori primitivi risultatinormali nei codoni 12 e 13 presentavano una mutazione delcodone 61 (2 CAA→CAC e 1 CAA→CTA) e nessuno mostravadifferenze istologiche rispetto a quelli mutati nei codoni12 e 13. L’alterazione di K-ras nella nostra casistica risultava,complessivamente, pari all’88,5%. Il profilo mutazionaledelle colture cellulari era identico a quello riscontratonel tumore primitivo di origine. Indagini preliminari di post-genomica,elettroforesi bidimensionale delle proteine espettrometria di massa, condotte sulle colture primarie mutatenel codone 12 (PP117) e nel codone 61 (PP78) suggerisconol’attivazione di pathways metabolici diversi sostenutidalle diverse mutazioni.ConclusioniL’analisi del codone 61 ha determinato un incremento dellafrequenza delle mutazioni di K-ras nel cancro del pancreas rispettoall’analisi condotta a carico dei codoni 12 e 13(+5,7%). L’alterazione del codone 61 non è un evento frequentenel carcinoma del pancreas; per quanto riguarda le lineecellulari, è stata in precedenza documentata solo in un’altralinea cellulare (T3M4). Mutazioni differenti potrebberoattivare differenti vie metaboliche.Tumori solidi pseudopapillari del pancreas:revisione della casisticaA. Brighenti * , P. Capelli * , D. Reghellin * , I.Franceschetti * ,G. Martignoni ** , R. Salvia *** , G. Zamboni * , F. Menestrina **Anatomia Patologica, Università di Verona e ** Universitàdi Sassari; *** Endocrinochirurgia, Università di VeronaIntroduzioneLe neoplasie solido-pseudopapillari (SPT) del pancreas sonoestremamente rare, rappresentano infatti l’1-2% dei tumoridel pancreas esocrino. Vengono classificate dall’OrganizzazioneMondiale della Sanità (OMS) tra le neoplasie a comportamentobiologico incerto e tra i carcinomi. Questi ultimisono rari e segnalati in letteratura come casi isolati.MetodiLa nostra casistica comprende 36 casi, 25 dei quali provenientida un’unica Istituzione Chirurgica presso la quale il30% delle resezioni pancreatiche per neoplasia è stato effettuatoper neoplasie cistiche, di cui il 9% per neoplasie solidepseudopapillari. Di 30 casi disponiamo di dati anatomo-clinicicompleti con follow up medio di 5,5 anni.RisultatiDi 36 casi giunti alla nostra osservazione 33 pazienti eranofemmine e 3 maschi, con età media di 33 anni (intervallo: 7-69). Nei 30 casi con sede nota, era evidente una predilezionedi sede per il corpo-coda (corpo-coda: 21 casi, testa: 9 casi).L’aspetto macroscopico era quello di una neoformazione solidanel 42,5% dei casi, solido-cistica nel 42,5% e cisticanel15%; il diametro medio era di 5,5 cm (intervallo: 1,8-15cm). Uno dei 36 casi era maligno con la presenza di metastasiepatiche sincrone e trombosi della vena splenica, mentre in trecasi si sono riscontate caratteristiche “atipiche”, di incerto significato:due casi presentavano aggressività locale, uno confocale infiltrazione per continuità della capsula splenica e di unlinfonodo periviscerale e l’altro con invasione vascolare edaspetti suggestivi di trombosi vascolare. Il terzo caso presentavamarcate, seppur circoscritte, atipie citocariologiche. Questiultimi 3 pazienti sono vivi e liberi da malattia rispettivamentedopo 5 mesi, 15 mesi e 11 anni dall’intervento chirurgico.ConclusioniIl nostro studio dimostra che: 1) il SPT è una neoplasia rarae con una predilezione per i soggetti giovani e di sesso femminile;2) questo tumore insorge più frequentemente nel corpo-codapiuttosto che nella testa pancreatica; 3) gli aspetti“atipici” sono rari ed è necessario un lungo follow up perchiarirne il significato prognostico.Adenocarcinoma papillare intraduttaleossifilo del pancreasI. Franceschetti * , P. Capelli * , M. Gobbato * , C. Cannizzaro* , S. Pecori * , G. Martignoni ** , G. Zamboni * , F. Menestrina**Anatomia Patologica, Università di Verona e ** Universitàdi SassariIntroduzioneLe neoplasie cistiche rappresentano il 10% delle cisti pancreatichee l’1-3% dei carcinomi e la loro maggioranza è rappresentatada neoplasie cistiche mucinose e da cistoadenomi sierosi.I tumori pancreatici composti principalmente da celluleoncocitiche sono rari; aspetti ossifili si possono osservare in al-


PATOLOGIA DELL’APPARATO DIGERENTE331cune neoplasie endocrine ed in alcuni tumori solidi pseudopapillari.Descriviamo un caso di adenocarcinoma papillare intraduttaleoncocitico con estensione all’intero organo.MaterialiSi tratta di una paziente di 71 anni con importante calo ponderaleche radiologicamente presentava un pancreas completamentesostituito da multiple formazioni cistiche confluenti,la maggiore di 18 cm, localizzata a livello del corpo, con all’internogettoni solidi parietali. Sospettando una neoplasiaintraduttale del pancreas è stato eseguito un intervento displenopancreasectomia totale.RisultatiL’esame macroscopico ha evidenziato un dotto di Wirsungprogressivamente dilatantesi dalla papilla di Vater sino alcorpo ove appariva comunicare con una voluminosa neoformazionecistica a parete sottile e con superficie interna trabecolataricoperta da materiale mucoide. Lungo il suo interodecorso il lume del dotto risultava occupato da multipleproiezioni papillari. Il parenchima pancreatico circostante eracostituito da dotti ectasici d’aspetto cistico, talora a contenutomucoide e occupati da vegetazioni papillari. Microscopicamente,il rivestimento delle strutture cistiche e le proiezionipapillari erano costituiti da cellule cilindriche a citoplasmaossifilo, formanti un epitelio pseudostratificato. Solo un estesocampionamento ha messo in evidenza microfocolai di infiltrazionestromale, mentre non era presente diffusione extrapancreatica.La paziente è viva ed in buona salute 5 mesidopo l’intervento chirurgico.ConclusioniLe neoplasie intraduttali papillari oncocitiche sono rare, presentanocaratteristiche macroscopiche sovrapponibili alleneoplasie mucinose intraduttali ed hanno tipicamente un decorsoclinico indolente. Ulteriori studi sono necessari permettere in evidenza l’eventuale presenza di caratteristichecliniche distintive.Involvement of RASSF1A tumor suppressorgene in distinct subtypes of digestiveendocrine tumorsS. Pizzi, C. Azzoni, L. Bottarelli, T. D’Adda, G. Rindi, C.BordiDep. Pathology & Laboratory Medicine, Pathologic Anatomy,University of Parma, ItalyBackgroundRASSF1A is a Ras effector homologue gene, mapping on3p21.3 and epigenetically inactivated in a wide variety of humancancers. RASSF1A induces cell cycle arrest through theRb-mediated checkpoint, inhibiting accumulation of cyclin-D1. Frequent hypermethylation of RASSF1A promoter isfound in pancreatic carcinomas, especially in endocrine tumors(PETs), and seems to be associated with malignancy.Indeed, 3p LOH is considered a frequent event at least in malignantPETs and its correlation with metastatic progressionis under debate. Aims of this study were to analyze the involvementof RASSF1A as candidate tumor suppressor geneat 3p, and to clarify its role in the whole spectrum of digestiveendocrine tumors.MethodsSixty benign and malignant gastroenteropancreatic endocrinetumors have been analyzed. Tissues were formalin-fixed,paraffin-embedded. RASSF1A promoter hypermethylationhas been investigated by chemical modification of genomicDNA with sodium bisulfite and methylation-specific PCR.LOH has been determined using two 3p21.3 microsatellitemarkers (D3S1100 and D3S1621).ResultsRASSF1A promoter hypermethylation was found in gastric(37.5%) and pancreatic (100%) tumors, including both benignand malignant cases, and was virtually absent in otherdigestive endocrine neoplasms. Similarly, 3p21.3 LOH wasfound only in gastric (56%) and pancreatic (75%) tumors, beingsignificantly more frequent in malignant (70%) than inbenign (33%) cases.ConclusionsRASSF1A tumor suppressor gene plays a role in the progressionof gastric and pancreatic endocrine neoplasms, but notin other digestive endocrine tumors, supporting distinct molecularmechanisms in the development of digestive endocrinetumors with different site of origin.Loss of heterozigosity on chromosomesegments Xq25 and Xq26 in malignantgastroenteropancreatic endocrinecarcinomasC. Azzoni, L. Bottarelli, S. Pizzi, T. D’Adda and C. BordiDepartment of Pathology and Laboratory Medicine, Universityof ParmaIntroductionThe X chromosome is involved in the carcinogenesis andmalignant progression of different types of human tumorsand an increasing number of genes potentially involved hasbeen identified. The aims of this study were: first, to compareX chromosome loss of heterozigosity (LOH) in low and highgrade gastroenteropancreatic (GEP) endocrine carcinomas;second, to investigate common regions of deletion harboringputative tumor suppressor genes potentially involved in thesetypes of tumors.MethodsA comparative analysis of LOH on X chromosome was performedon 12 low grade well differentiated (WDECs) and 5high grade poorly differentiated (PDECs) GEP endocrinecarcinomas. In attempt to identify common regions of deletionthe allelotyping analysis was carried out using 24 polymorphicmarkers covering the whole X chromosome at regularintervals.ResultsOverall, the frequency of LOH on X chromosome in all informativeloci investigated was 59%, with a significantlyhigher rate in PDECs (69%) than in WDECs (52%),(p


332COMUNICAZIONI LIBERE1 like factor) and GPC-3 (glypican-3) genes, both located atXq26, whose inactivation was already found to be associatedwith tumor progression and metastasis in breast, ovarian andrenal carcinomas.the pancreas and the relationship between staining ofPNUT1l and that of other endocrine markers (chromogranina,synaptophysin) is currently being performed to assess itspotential utility in clinical practice.PNUT1l (Septin 5): a novel marker of islet cellsand of pancreatic endocrine tumoursG. Capurso * , T. Crnogorac-Jurcevic ** , M. Milione *** , F.Panzuto * , B. Annibale * , V. Corleto * , R. Gangeswaran ** , N.Campanini *** , C. Bordi *** , G. Delle Fave * , N. Lemoine ***Department of Digestive and Liver Disease, II School ofMedicine, University “La Sapienza, Rome; ** Cancer ResearchUK, Molecular Oncology Unit, Imperial CollegeSchool of Medicine, London, UK; *** Department of Pathology,University of Parma, Parma, ItalyIntroductionPNUT1l (CDCrel1, sept 5) is a member of a family of highlyconserved GTPases called septins, and has been demonstratedto coimmunoprecipitate with synaptophysin in humanbrain. PNUT1l is believed to play role in exocitosis by regulatingvescicle dynamics. Since PNUTl1 is also involved inserotonin-release in platelets and expressed in secreting organssuch as prostate, ovary and testis, its expression and rolein normal and neoplastic pancreatic endocrine cells seem ofinterest.MethodsIHC with an anti-PNUT1l monoclonal antibody (BD transductionlaboratories) was performed on paraffin embeddedtissue sections of normal pancreas of 27 PNETs (25 primary,3 liver metastases). rtPCR, qPCR and western blot (WB)were performed on rna and proteins extracted from 15 samples(9 primary lesions, 6 liver metastases) from 11 individualNF PNETs patients, from normal pancreas, isolated normalhuman pancreatic islets, and from 3 human PNET celllines (QGP-1, BON, CM).ResultsBoth WB and rtPCR suggested preferential expression ofPNUT1l in islets in normal pancreas. IHC demonstratedstaining of all islet cells. A weaker staining was detected inacinar cells and none in ducts. PNUTl1 expression resultedincreased in PNETs (15/15) compared to isolated islets onrna level (median increase at qPCR 18.5 times, range 4-100),but this difference was not evident at a protein level on WB.PNET cell lines express lower level of PNUT1l rna and proteincompared to islets. At IHC all PNETs samples showedstrong positivity without significative difference related todifferentiation, functioning status or site (primary/metastasis).ConclusionPNUT1l seems a promising marker of both normal and transformedendocrine cells of the human pancreas. Evaluation ofits expression in normal and transformed endocrine cells ofTumore endocrino del pancreas a crescitaintraduttale: descrizione di due casiP. Capelli * , D. Reghellin * , I. Franceschetti * , R. Loss * , G.Martignoni ** , G. Zamboni * , F. Menestrina **Anatomia Patologica, Università di Verona e ** Universitàdi SassariIntroduzioneLa modalità di crescita intraduttale è tipica dei tumori esocrinidel pancreas, classificati come neoplasia mucinosa papillareintraduttale (IPMT). Questa lesione viene pertanto facilmentediagnosticata con le indagini radiologiche. Uno sviluppointraduttale non è mai stato segnalato per le neoplasieendocrine, che usualmente si presentano come neoformazionisolide ben circoscritte all’interno del parenchima. Descriviamodue casi di tumore endocrino del pancreas con prevalentesviluppo all’interno del dotto di Wirsung.MetodiSono stati rivalutati 184 pezzi operatori di tumore endocrinodel pancreas pervenuti all’Anatomia Patologica dell’Universitàdi Verona dal 1974 fino a maggio del 2004.RisultatiSi tratta di due pazienti maschi, di 48 e 73 anni rispettivamente,per i quali le indagini radiologiche pre-operatorie avevanosuggerito la diagnosi di IPMT. Macroscopicamente, inentrambi i casi il dotto di Wirsung appariva marcatamente dilatatoed occupato da una neoformazione polipoide solida,omogenea e di colorito brunastro. La lesione si estendeva alparenchima pancreatico circostante con aree nodulari. Microscopicamente,le due lesioni mostravano un’architetturatrabecolare ed erano composte da cellule uniformi, di piccole-mediedimensioni, con nuclei rotondi od ovali ed atipialieve-moderata. Entrambe le neoplasie presentavano microembolizzazionevascolare e nel secondo caso erano presentimetastasi linfonodali. L’analisi immunoistochimica(cromogranina A, PGP9.5 e sinaptofisina) aveva confermatola differenziazione endocrina delle lesioni. La diagnosi è statain un caso di tumore endocrino ben differenziato, a comportamentobiologico incerto, nell’altro di carcinoma endocrinoben differenziato (sec. WHO). Entrambi i pazienti sonovivi ed in buona salute sette e due anni dopo l’intervento chirurgico.ConclusioniIl nostro studio dimostra che i tumori endocrini intraduttalidel pancreas 1) sono rari; 2) devono essere considerati nelladiagnosi differenziale delle neoplasie intraduttali del pancreas;3) devono essere distinti clinicamente dalla neoplasiamucinosa papillare intraduttale (IPMT) e istologicamente dalcarcinoma intraduttale.


PATHOLOGICA 2004;96:333-337Patologia feto-placentareAutopsia feto-neonatale: revisione di dueanni di attivitàD. Danieli, P. Catapano * , A. Menin, A. Armani, E.S.G.D’AmoreU.O. Anatomia Patologica; * U.O. Ostetricia e Ginecologia,Ulss n° 6 VicenzaIntroduzioneNegli ultimi anni risulta diminuito il numero delle autopsienegli adulti, mentre rimane costante se non aumentata la richiestadi riscontro diagnostico nei nati morti e nelle mortiperinatali. L’autopsia feto-neonatale ha un ruolo rilevantenell’identificare le condizioni genetiche e i fattori ostetriciche hanno determinato la morte e che possono condizionarele gravidanze successive. Indispensabile risulta tuttavia completareil riscontro diagnostico con l’esame della placenta.MetodiNel periodo 1.1.2002 – 31.12.2003 sono stati eseguiti 95 riscontridiagnostici fetali, completi di indagini macro e microscopiche,corrispondenti al 98% dei casi di MEF avvenutepresso l’U.O. di Ostetricia nello stesso periodo. In particolaresono state eseguite 31 autopsie di nati morti dopo la 28 asettimana e 64 autopsie di feti compresi tra la 14 a e la 27 a settimana.Di tutti questi ultimi è stata inoltre esaminata anchela placenta, mentre ne sono state esaminate 28 del primogruppo.RisultatiSono state identificate le seguenti cause di morte: 31 patologieinfiammatorie (23 corionamnioniti e 8 placentiti); 16 patologiedel cordone (7 giri di cordone, 5 nodi veri, 4 trombosidei vasi); 17 distacchi di placenta; 10 placente poliinfartuali;4 trasfusioni feto-fetali; 9 patologia malformativa fetale;8 causa non definita.ConclusioniLa definizione della causa di morte dopo riscontro autopticoed esame della placenta ha permesso di evidenziare una discrepanzacon il dato clinico in circa il 20% dei casi. Sonostate fornite ulteriori informazioni in 6 su 9 casi di patologiamalformativa. L’esame della placenta ha dato un significativocontributo in circa il 40% dei casi: ha confermato la diagnosiin circa il 16% dei casi, mentre ha permesso di definirela causa di morte in circa il 24%. Degli 8 casi non risolti,6 presentavano avanzati segni putrefattivi senza evidenti lesioniplacentari, dei restanti 2 non era stata inviata la placentaper l’esame istologico. L’esiguo numero di malformazionirepertate dipende dalla mancata esecuzione di aborti terapeuticipresso il nostro centro.Studio morfometrico su 16 resti ossei di fetiabortiti: limiti operativi e ruolo del patologonel definire la concordanza tra età dichiarataed età ossea effettiva. Implicazioni medicolegaliV. Arena * , F. De Giorgio ** , S. Sioletic * , G. Monego *** ,D.De Mercurio ** , V.L. Pascali ** , A. Capelli **Istituto di Anatomia Patologica; ** Istituto di Medicina Legalee delle Assicurazioni; *** Istituto di Anatomia Umana eBiologia Cellulare, Università Cattolica del Sacro Cuore,RomaIntroduzioneLe difficoltà riscontrate nell’osteologia forense, accom<strong>pag</strong>nateda un non paritario sviluppo delle conoscenze nell’ambitodell’osteologia fetale, suggerisce la necessità di trovaremetodi pratici per la normale routine anatomo-patologica, masoprattutto metodi che siano sensibili a cogliere le variazionimorfologiche in relazione ai trascorsi patologici del feto.Questo l’obiettivo del nostro studio, effettuato su resti osseidi 16 feti abortiti.MetodiLo studio è stato condotto sui resti ossei di 16 feti (9M-3F-4non dichiarati) abortiti e riesumati a scopo medico-legale.Per ogni feto è stato effettuato un radiogramma in proiezioneanteroposteriore che servisse da controllo durante le operazioninecroscopiche. Dopo aver valutato macroscopicamentela eventuale presenza di malformazioni, tramite calibromillimetrico si è proceduto alla misurazione della lunghezzadelle ossa lunghe degli arti e delle dimensioni (lunghezzae larghezza) delle squame frontali, occipitali e parietali.Per valutare l’età ossea si è fatto ricorso alle Tabelle di Kazekas& Kosa. Si è infine proceduto al confronto dell’età osseadichiarata clinicamente con l’età ricavati dalla suddettatabella.RisultatiIn 5/16 feti non sono state trovate malformazioni osteoscheletrichee i dati morfometrici mostravano concordanzatra il valore da noi ottenuto e quello dichiarato dai medicicuranti. In 11/16 si sono riscontrate malformazioni osteoscheletricheprimitive o secondarie a patologia (4 idrocefalie;3 acondroplasie; 2 emimelie sx; 1 spinabifida; 1 Dandy-Walker Syndrome). Confontando l’età ossea con quella clinicanei feti malformati si è potuto apprezzare una discordanzanotevole (dal 5% al 35-40%) specie per i casi diacondroplasia.ConclusioniL’eterogenità dalla patologia ostetrica e fetale malformativapone dei limiti considerevoli all’utilizzo delle tabelle diKazekas & Kosa specie nei casi in cui la patologia sottostantedetermina un ritardo nei processi di ossificazionedelle ossa lunghe. Tali tabelle sono infatti sempre riferite afeti normali e non vi è mai accenno ad eventuali patologieintercorrenti. L’assenza in letteratura di studi in meritosuggerisce la necessità di volgere l’attenzione a tale problematicaal fine di dare un contributo all’osteologia fetalee forense.


334COMUNICAZIONI LIBERESindrome del funicolo corto: descrizionedi un casoA. Caldarella, E. Periti * , M. Doria, S. di LolloDipartimento di Patologia Umana ed Oncologia; * Dipartimentodi Ginecologia, Perinatologia e Medicina della Riproduzione,Università di FirenzeIntroduzioneLa terza settimana di gestazione è caratterizzata dall’insorgenzaa livello fetale delle incisure cefalica, laterale e caudaleche determinano le suddivisioni del corpo embrionario; fraqueste anche la separazione fra l’epitelio celomatico intraembrionale,che costituirà la cavità peritoneale, e l’epiteliocelomatico extraembrionale, precursore della cavità corionica.Alterazioni in questo processo possono portare ad anomaliedella parete addominale fetale che comprendono sia situazionigravi come la sindrome del funicolo corto sia evenienzepiù lievi quali un onfalocele 1 .Descrizione del caso Una donna primigravida di 30 anni al primotrimestre di una gravidanza gemellare monocoriale vienesottoposta ai comuni esami di controllo: l’ecografia suggeriscela presenza di una patologia malformativa a carico del funicoloombelicale e della cavità addominale, confermata dai successiviaccertamenti. Viene effettuata l’interruzione terapeuticadi gravidanza alla 15 settimana e i feti vengono sottoposti,con il materiale placentare, ad esame autoptico.L’esame macroscopico evidenzia una fusione colon-colica e ladislocazione dei due abbozzi dell’intestino tenue all’interno diuna corta struttura similfunicolare. In uno dei due feti è documentabiledilatazione vescicale. In entrambi i feti l’ano risultaimperforato e il sesso non definibile per assenza dei genitali interni.La placenta mostra aree limitate di ipoplasia dei villi placentari.Viene posta la diagnosi di body stalk sindrome.DiscussioneLa sindrome del funicolo corto è caratterizzata da un estesodifetto della parete addominale con protrusione dei visceri edassenza di una vera struttura funicolare. Sono talora associatidifetti a carico del tubo neurale, atresia intestinale, malformazionigenitourinarie, anomalie della parete toracica, scoliosie difetti craniofaciali. Questa anomalia, praticamente letale,viene generalmente diagnosticata attraverso l’esameecografico prenatale e presenta una incidenza pari a 0,32 su100.000 nascite ma, secondo alcuni autori, la sua prevalenzafra le gravidanze del primo trimestre è di 1:7500, suggerendoil suo coinvolgimento in un numero considerevole diaborti del secondo trimestre 2 .Bibliografia1Daskalakis G, Pilalis A, Papadopoulos D, et al. Body stalk anomalydiagnosed in the 2 nd trimestre. Fetal Diagn Ther 2003;18:342-344.2Kahler C, Humbsch K, Schneider U et al. A case report of body stalkanomaly complicating a twin pregnancy. Arch Gynecol Obstet2003;268:245-247.“Appendice“ feto-placentare:gravidanza gemellare con feto papiraceoG. Gambacorta, M. Gallorini, L. Presenti, F. ZolfanelliAnatomia ed Istologia Patologica, Ospedale S. Giovanni diDio, FirenzeDalla letteratura emerge che le gravidanze monozigoti monocoriali(64-85% delle gravidanze monozigoti) hanno unpiù alto rischio di morte fetale prima della 24 a settimana digestazione, un aumento della morbilità perinatale o di partoprematuro rispetto alle gravidanze multiple bicoriali. Il rischiomaggiore ha importanti implicazioni per il managementostetrico e non sembra riconducibile a fattori estranei omaterni ma strettamente correlato al processo stesso che portaalla gravidanza multipla monozigotica. Tra i meccanismipatogenetici postulati responsabili della morte fetale si prospettauna aberrazione cromosomica od altra anomalia letaleper un feto con elevato rischio di morte per entrambi i gemelliper la peculiare condizione circolatoria feto-fetale; unaltro meccanismo ipotizzato è la tromboembolizzazione chesi determinerebbe nel feto sopravvissuto in seguito al rilasciodi proteine tromboplastiche che dal gemello morto vengonoa lui trasferite tramite anastomosi vascolari: nel gemello sopravvissutosi instaura una CID che porterà a danni ischemiciprevalentemente cerebrali ma anche intestinali, renali e cutaneifino alla morte.Le differenti tipologie di gemellarità che possono determinaremorte intrauterina del feto sono riconducibili ai casi di fetonel feto, le chimere, i gemelli siamesi, la sindrome del gemelloscomparso ed il feto papiraceo, patologie rare e talvoltamisconosciute anche per un incompleto esame della placenta,vedi il caso di feto papiraceo compreso nel parenchima.Illustriamo un caso di gravidanza gemellare monocorialecomplicata da feto papiraceo con morte intrauterina di entrambii feti. Il termine papiraceo indica da solo le modificazioniabiotico-trasformative cui vanno incontro, mummificando,i tessuti del feto. Il caso è relativo a giovane donna di18 anni in cui una ecografia di controllo alla 19 a settimana digestazione rivelava morte fetale intrauterina con presenza di“appendice” feto-placentare. All’esame autoptico si documentafeto di sesso maschile della lunghezza cranio-calcanearedi 15 cm; lungo il decorso del funicolo ombelicale, collegatoall’unica placenta si dipartiva un secondo funicolo filiformecon feto papiraceo della lunghezza di 3 cm.L’interesse del caso non sta solo nella suggestiva eziopatogenesima anche nella difficoltà della diagnosi ecografica in riferimentoal difficile riconoscimento di parti fetali così modificatee di così raro riscontro.Il mesenchimoma placentareA. Caldarella, G.L. Taddei, A.M. Buccoliero, M. Biancalani* , M. Filippeschi ** , D. Moncini *Dipartimento di Patologia Umana ed Oncologia, Universitàdi Firenze; * U.O. Anatomia Patologica e Citodiagnostica,USL 11 Empoli; ** U.O. Ginecologia e Ostetricia, USL 11EmpoliIntroduzioneI tumori del mesenchima placentare sono caratterizzati dallapresenza di proliferazione a carico sia della componente vascolareche di quella stromale. Il tipo di cellula predominanteha dato origine all’utilizzo di vari eponimi quali emangioma,angioma, corangioma, mesenchimoma o fibroma. Il tumoredi gran lunga più frequente rimane comunque il corangioma,caratterizzato da una preponderanza della componentevascolare su quella stromale, mentre altri tipi quali il fibromarisultano pressoché assenti in gran parte delle casistiche1 .Descrizione del caso Una donna primigravida di 27 anni alla35+2 settimana di gravidanza viene sottoposta a tagliocesareo per epatogestosi recentemente insorta. Il parto non


PATOLOGIA FETO-PLACENTARE335presenta complicazioni e nessuna anomalia è riscontrata acarico del neonato né della madre nel periodo immediatamentesuccessivo. La placenta, con un diametro di 13 cm eun funicolo di 21 cm, viene esaminata macroscopicamente,rivelando al taglio una area brunastra del diametro di 2 cm,caratterizzata, all’esame istologico, da una diffusa proliferazionecapillare nell’ambito di uno stroma fibromixoide,talora raccolto in setti o isole connettivali. L’area, a sedesottocoriale, è ben delimitata dal tessuto placentare circostantee comprende al suo interno vasi di medio calibro conispessimento della tunica media per la deposizione di materialefibrinoide. Il circostante tessuto placentare mostra unosviluppo dei villi compatibile con l’età gestazionale. Nessunaalterazione risulta documentabile a livello delle membranené del funicolo.DiscussioneI tumori placentari mesenchimali comprendono entità bendescritte quali la corangiosi, caratterizzata da proliferazionevascolare, prevalentemente di tipo capillare o sinusoidale, inun contesto connettivale molto scarso 2 . Più raramente lostroma placentare risulta rappresentato in maniera eclatante,con la presenza di piccoli vasi dispersi in un connettivo spessodi tipo fibrillare, talora fibroso, a costituire i cosiddettimesenchimomi o forme di transizione fra questì ultimi e i corangiomi,che rappresentano il 2% di tutti i tumori vascolariplacentari. Le dimensioni della neoformazione e la presenzadi connessioni vascolari con la circolazione fetale determinanol’eventualità di ripercussioni sulla gravidanza e sul feto,causando alterazioni nel flusso ematico e l’insorgenza ditrombosi.Bibliografia1Shanklin D. Chorangiomas and other tumors. In: Lewis SH, Perrin E(eds) Pathology of the placenta. Churchill Livingstone, 1999.2Caldarella A, Buccoliero AM, Taddei GL. Chorangiosis: report of threecases and review of the literature. Path Res Pract2003;199(12):847-50.Fistola coronaro-atriale destra in feto mortoin utero con emangiomatosi diffusa:presentazione di un casoG. Botta, M. Volante * , P. Gaglioti ** , E. Chiappa ***Servizio di Anatomia Patologica; *** Divisione di CardiologiaPediatrica, Azienda Ospedaliera OIRM S. Anna, Torino;*Dipartimento di Scienze Biomediche ed Oncologia Umana;**UMF Dipartimento di Discipline Ostetrico Ginecologiche,Università di TorinoIntroduzioneTra le malformazioni cardiache riscontrabili durante la vitaendouterina, le fistole coronariche sono una evenienza estremamenterara e di difficile diagnosi ecografica prenatale; nonvi sono in letteratura casi di fistole coronaro-atriali che abbianocausato morte endouterina fetale. Alla nostra osservazioneè giunto un feto di sesso femminile morto in utero alla29 a settimana con diagnosi ecografica di fistola coronaricadestra ad alta portata.MetodiIl feto in oggetto è stato sottoposto ad autopsia asssociata conesami complementari (Rx in due proiezioni e cariotipo colturale).Gli organi toraco-addominali e l’encefalo sono statiprelevati in toto. Il cuore è stato fissato in toto in metacarn esuccessivamente esaminato. Un’ampia documentazione fotograficadigitale macroscopica, microscopica e delle immaginiecografiche è stata raccolta.RisultatiAll’esame esterno è stata osservata la presenza di numeroselesioni cutanee, non diagnosticate in utero ed istologicamenteidentificate come angiomi sia di tipo capillare sia cavernoso,diffuse a tutto il corpo, la maggiore delle dimensioni di 2cm. All’esame interno si è osservata la presenza di versamentitrasudatizi pleurico, pericardico e peritoneale; si è osservatalieve cardiomegalia, particolarmente a carico dellecavità destre. La coronaria destra ha mostrato calibro notevolmenteaumentato con presenza di fistole multiple con l’atriodestro, che presentava una area di scollamento dello stratosottoendocardico in corrispondenza dello sbocco delle fistole.L’esame microscopico ha rilevato la presenza di numeroseformazioni angiomatose viscerali intraparenchimali acarico di polmone, milza e pancreas. L’encefalo e i restantiorgani non hanno mostrato alterazioni macro o microscopiche.L’anamnesi familiare ha escluso la presenza di soggetticon angiomatosi o cardiomiopatie. Il caso è stato comunqueinviato in consulenza genetica.ConclusioniIn base ad una revisione della letteratura, il caso qui presentatorappresenta la prima evidenza di associazione traemangiomatosi diffusa fetale e fistola coronaro-atriale, conconseguente morte endouterina. Pertanto, sebbene non sipossa escludere una associazione casuale, in caso di emangiomatosidiffusa fetale con morte endouterina del feto occorreuno studio accurato del cuore per escludere la presenzadi una eventuale fistola coronarica altrimenti misconosciuta.Descrizione di due casi familiari di idropefetale non immune dovuti a linfangiectasiapolmonare congenitaV. Arena * , E. Tabolacci ** , E. Stigliano * , C. Maggiore * , F.Castri * , A. Capelli **Istituto di Anatomia Patologica; ** Istituto di Genetica, UniversitàCattolica del Sacro Cuore, RomaIntroduzioneNel corso degli ultimi anni la quasi completa scomparsa dellamalattia emolitica feto-neonatale da incompatibilità Rh hafatto volgere l’attenzione alle cause di idrope fetale non-immunologiche;infatti nel 15-20% l’etiologia resta ignota. Frequentisono riscontri diagnostici di feti idropici, talora macerati,con diagnosi di idrope non immune, della cui etiologia siè chiamati a rispondere. Segnaliamo due casi familiari diidrope fetale non immunologica in due gravidanze avvenutea distanza di 6 anni la cui causa è stata identificata nella linfangiectasiapolmonare congenita (LPC).MetodiL’anamnesi ostetrica è identica per entrambe le gravidanze(1998 e 2004); sesso maschile, parto alla XXIX settimana digestazione e morte poco dopo la nascita; clinicamente si segnalavachilotorace. All’esame esterno la facies apparivaasimmetrica, con impianto basso dei padiglioni auricolari,piede torto bilaterale, ipoplasia medio-faciale e collo corto.Veniva altresì segnalato marcato edema a mantellina con localizzazionea livello del tronco e degli arti superiori. Gli organiinterni mostravano uno sviluppo conforme all’età gestazionale;in entrambi i casi si documentava l’assenza di


336COMUNICAZIONI LIBEREmalformazioni cardiache e del ritorno linfatico. Si è procedutocon i prelievi standard dei riscontri autoptici di neonatipretermine.RisultatiIstologicamente si è confermata l’immaturità multiorgano. Alivello polmonare si è potuta apprezzare una ectasia dei vasilinfatici subpleurici, perivascolari, settali (conferma immunoistochimicaper strutture linfatiche ottenuta con anticorpianti-CD9, anti-podoplanina e anti CD34). Singolare è statopoi il reperto, nel testicolo destro del secondo feto, di un tumorea cellule della granulosa “juvenile-type”. I rispettivitessuti placentari presentavano villi idropici. La diagnosi definitivain entrambi i casi è stata di idrope fetale non immunologicada LPC, ipotizzando peraltro una possibile associazionecon una Sindrome di Hennekam.ConclusioniLa LPC costituisce una rara causa di idrope fetale. L’occorrenzafamiliare è molto rara essendo riportati solo due casinegli ultimi 15 anni 1-2 . Il caso da noi descritto è suggestivoper una diagnosi di LPC e l’identità clinica e morfologica faporre il sospetto che ci si possa trovare di fronte ad un fenotipoparticolare di Sindrome di Hennekam con presentazionesevera endouterina.Bibliografia1Scott-Emuakpor AB, et al. Am J Dis Child 1981;135:532-534.2Njølstad PR, et al. Eur J Ped 1998;157:498-501.Espressione genica della via p53/HGF/cmet/STAT3nei feti con malformazioni delsistema nervosoM. Trovato 1 , M. D’Armiento 2 , L. Lavra 3 , A. Ulivieri 3 , N.De Stefano 3 , R. Dominici 4 , F.S. Zeppetella Del Sesto 2 , M.Grosso 1 , R. Vecchione 2 , G. Barresi 1 , S. Sciacchitano 3-51Dipartimento di Patologia Umana, Università di Messina; 2Dipartimento di Scienze Biomorfologica e Funzionale, Sezionedi Anatomia Patologia, Università di Napoli FedericoII; 3 Centro di Ricerca, Ospedale S. Pietro Fatebenefratelli,AFaR, Roma; 4 Istituto di Neurobiologia, Medicina Molecolare,CNR, Roma; 5 II Facoltà di Medicina e Chirurgia,Ospedale S. Andrea, Università di Roma “La Sapienza”IntroduzioneIl segnale HGF/c-met/STAT3 riveste un ruolo rilevante neiprocessi di morfogenesi cellulare e di organogenesi. La carenteespressione proteica di questi fattori, riscontrata nelle placentedei feti umani malformati rispetto a quelli normoconformati,suggerisce un loro ruolo nella genesi delle malformazioni,anche se non si conosce del tutto la loro espressione negliorgani malformati. La p53 regola diverse funzioni cellulari tracui la proliferazione ed il differenziamento, ma non è chiaro ilsuo ruolo nell’organogenesi. Un suo effetto stimolatorio sullatrascrizione dei geni HGF e c-met è stato dimostrato nel topo.Obiettivo del nostro studio è quello di valutare le espressionidi mRNA per HGF, c-met e STAT3 in placente ed organi di feticon malformazioni del SN per individuare, in ciascun organo,il pattern di espressione di questa via correlandolo con laspecifica malformazione. Inoltre, l’espressione di questi fattoriviene correlata con quella di p53.MetodiDall’archivio della nostra casistica di materiale congelato,sulla base di una mappa cromosomica priva di anomalie, sonostati selezionati 4 feti con malformazioni del sistema nervoso(SN) ma con polmoni e reni normo-conformati, natimorti fra la 16 a e la 28 a settimana di gestazione. RNA totaleè stato estratto da frammenti di placenta, SN, polmone e reneper ciascun feto e successivamente analizzato medianteReverse Transcriptase PCR utilizzando specifici oligonucleotidiper p53, HGF, c-met e STAT3.RisultatiIn 4/4 (100%) dei feti sono stati osservati livelli di espressionegenica ridotti o totalmente assenti di p53, HGF, c-met eSTAT3 nel SN malformato con analoghi risultati nella placentaad eccezione dell’HGF che risultava espresso in 3/4.Nei polmoni e nei reni, privi di malformazioni, i livelli diespressione di p53, HGF, c-met e STAT3 risultavano elevatiin tutti i casi, con l’eccezione di HGF che nei tessuti renali risultavaespresso solo in 1/4.ConclusioniLe malformazioni del SN sono caratterizzate da bassi livellidi espressione genica di HGF, c-met e STAT3 correlati direttamenteall’assenza di espressione di p53. Tale comportamentoè stato riscontrato anche a livello placentare con riduzionedei livelli di p53 nonché di HGF, c-met e STAT3. Lacorrelazione fra p53 e la via HGF/c-met/STAT3 può esserevalutata nella placenta al fine di trarre indicazioni su possibilimalformazione del SN fetale.Malformazione adenomatoide cisticapolmonare tipo II. Descrizione di un caso erevisione della letteraturaA. SalernoServizio di Anatomia Patologica Citodiagnostica e Citogenetica,AUSL CesenaIntroduzioneLa malformazione adenomatoide cistica congenita è stata interpretatacome una anomalia dello sviluppo polmonare che haorigine da una eccessiva crescita dei bronchioli respiratori terminali.L’alterazione può essere imputata a un disturbo localedei fattori di crescita che modulano lo sviluppo del polmone.Nel corso dell’organogenesi si richiede un equilibrio tra apoptosie proliferazione cellulare per il rimodellamento tissutale euna corretta ramificazione epiteliale. In letteratura sono riportatiun’aumentata proliferazione cellulare e una diminuitaapoptosi in questi casi rispetto al tessuto polmonare normale difeti della stessa età gestazionale. Questa malformazione puòessere bilaterale e interessare tutto il tessuto polmonare oppure,più frequentemente, essere limitata a un solo polmone o aun unico lobo. La classificazione più recente comprende 5 tipidi malformazione adenomatoide cistica congenita (MACC).La prognosi di queste lesioni è oggi quanto mai varia in ragionedel tipo di MACC, della sua estensione, della sua evoluzionee della terapia chirurgica. Sono stati riportati anche casi chein seguito hanno sviluppato carcinoma bronchioloalveolare (tipoI) e blastoma pleuropolmonare (tipo IV).MetodiÈ stato studiato un caso autoptico di MACC per interruzionedi gravidanza a seguito di diagnosi ecografica alla 20 + 5 settimanadi amenorrea.RisultatiL’esame autoptico ha dimostrato una malformazione adenomatoidecistica interessante quasi completamente il polmonedestro, con spostamento del mediastino.


PATOLOGIA FETO-PLACENTARE337Al microscopio ottico il tessuto polmonare, di aspetto spugnosocontiene cisti di dimensioni inferiori o pari a 1 cm didiametro. Nell’ambito della lesione non è presente cartilagine,il rivestimento epiteliale delle cisti è cuboidale-cilindricocon ciglia, senza cellule mucose. In base a queste osservazioniè stata posta la diagnosi di MACC di tipo II.ConclusioniL’esame autoptico di queste malformazioni, anche se già bendocumentate attraverso le indagini prenatali, è utile in quantopuò permettere di classificare meglio il tipo di lesione e dicorrelare i dati auxometrici e istologici con dati di riferimentonormale e può fornire il modello biologico per lo studio dialcune neoplasie polmonari.


PATHOLOGICA 2004;96:338-346Patologia ginecologicaExpressionary data from tissue microarrayexperiments: analysis and graphicalrepresentationD. Di Vizio 1 , F. Demichelis 2 , R. Dell’Anna 2 , A. Sboner 2 ,D. Aldovini 3 , P. Dalla Palma 3 , S. Brugnara 4 , A. Ferro 4 , E.Galligioni 4 , C. Arcuri 4 , A. Lucenti 4 , B. Zeni 5 , G. Mazzoleni6 , C. Graiff 7 , C. Griso 8 , M. Zannoni 8 , C. Pegoraro 8 , A.Iannucci 8 , C. Doglioni 9 , M. Barbareschi 31Department of Medical Oncology, Dana-Farber CancerInstitute, Harvard Medical School, Boston, USA; 2Bioinformatics Group, SRA, ITC/irst, Trento; 3 Departmentof Histopathology; 4 Medical Oncology; 5 GynecologicalSurgery, Santa Chiara Hospital, Trento; 6 Department ofHistopathology; 7 Medical Oncology, San Maurizio Hospital,Bolzano; 8 Department of Histopathology and MedicalOncology, Borgo Trento Hospital, Verona; Department ofHistopathology; 9 Department of Histopathology, S. RaffaeleHospital, MilanoIntroductionLarge scale experiments may take advantage from technologicalsupport in gathering and handling data to enhance reliablefurther data analysis. Data quality is definitely a crucialissue.To address these purposes we designed and constructed anintegrated web system (https://bioinfo.itc.it/TMA) to handleTissue Microarray (TMA) data experiments 1 , exploiting digitalpathology 2 to automate data collection. Our efforts arenow voted to data analysis. We present two TMA datasetshighlighting two different aspects related to TMA experimentsapproach: i. investigations on a set of about 10 markerson ovary dataset, aimed both to analyse ovarian gene profilesand intra-markers correlations and to improve the predictingpower of the prognostic model; ii. analysis of automatedevaluation of expression of immunohistochemicalmarkers in a series of breast carcinoma cases compared topathologist’s evaluation and survival.Material and methodsThe first dataset consists of 126 ovarian cancers (82 serouspapillary, 12 endometrioid, 13 clear cell, 13 indifferentiated,6 mucinous) with a set of immunohistochemical markers.Descriptive analysis of the expressionary dataset was performedusing graphical heat map and hierarchical agglomerativeclustering. The second dataset is made by 158 breastcancers stained with Herceptest ® , evaluated both by pathologistsand by the image analysis procedure. All the data havebeen collected through our web system.ResultsWe identified a set of significant prognostic markers forovarian cancer. We qualitatively analysed sample similaritieson the basis of their gene patterns, looking at the naturalgroups identified by the clustering algorithm. Automatedanalysis values on breast cancers were correlated with thepathologists’ readings and allowed to stratify patients withdifferent survival.ConclusionsThe integrated web system linked to the automatic acquisitionenvironment allows efficient and reliable data collectionfor TMA experiments. In particular it enhances interinstitutescollaboration and automated data collection,which speeds up experiments and minimizes errors. TMAallows to evaluate and identify in a relatively short timemarker sets with prognostic significance. Objectivity andcontinuous nature of automated evaluation of immunohistochemicalmarkers suggest their massive usage in expressionarystudies.References1Barbareschi M, et al. Analytical Cellular Pathology 2002;24:181-231.2Demichelis F, et al. Virchow Arch 2002;441:159-164.Aberrant hypermethylation in ovarian cancerscreeningG. Deftereos 1 , F. Sanguedolce 1 , Q.H. Feng 2 , C. Drescher3 , N.Urban 3 , G. Guanti 4 , G. Cormio 5 , L. Selvaggi 5 , N.Resta 4 , L. Resta 1 , N. Kiviat 21DAPEG, Department of Pathology and Genetics, Universityof Bari, Italy; 2 University of Washington; 3 Fred HutchinsonCancer Research Center Seattle WA USA; 4 Department ofInternal and Public Medicine; 5 Department of General andSpecific Surgery, University of Bari, ItalyIntroductionWhile most ovarian cancers are diagnosed at an advancedstage and have poor 5 year survival, ovarian cancer is potentiallycurable if diagnosed when localized. Biomarkers forearly detection of ovarian cancer in the general populationare not currently available. We hypothesize that a panel ofpromoter hypermethylated genes might serve as the basis ofscreening in the general population for early stage ovariancancer.MethodsBisulfite modification and methylation specific PCR wasused to examine ovarian cancer (N=74), ovarian tumors oflow malignant potential (N=54) and normal ovarian tissues(N=27) obtained from women in Seattle Washington USA.The methylation status of CpG15G2, Eralpha, MINT31,APC, hTR, CDH1, RASSF1, HCAD, BRCA1, HIC1,MINT25, RAR-b, SYK, C-erbB02, P15, RIZ1, hMLH1, P73new, Dap_k , TES, GSTP1, Survivin_new, and P16, was determined.ResultsROC curves showed that a panel of BRCA1, RASSF1,MINT25, MINT31, CDH1, Hcad, HIC1 and hMLH provideda sensitivity of over 70% sensitivity and specificity for malignantovarian cancer. The utility of this panel of genes wasnext confirmed in an independent sample of normal and malignantovarian tissues from women in Bari Italy.ConclusionsThis study supports the hypothesis that detection of aberranthypermethylation may have potential for ovarian cancerscreening. Further blood based studies are now indicated.


PATOLOGIA GINECOLOGICA339Espressione del c-kit nel carcinoma ovarico:analisi immunoistochimica e correlazione conla chemioresistenzaM.R. Raspollini * , F. Castiglione * , F. Garbini * , G. Amunni** , A. Villanucci ** , G. Baroni * , G.L. Taddei **Dipartimento di Patologia Umana ed Oncologia; ** Dipartimentodi Ginecologia, Perinatologia e Medicina della Riproduzione,Università di FirenzeStudi recenti hanno dimostrato che diversi tumori esprimonoil growth factor receptor con attività tyrosine kinasica chiamatoc-KIT 1 ; inoltre, risultati clinici hanno dimostrato l’efficaciadi un inibitore della tyrosine kinase, il STI571, nei tumoristromali gastrointestinali (GISTs) c-KIT positivi 2 . Loscopo di questo studio è stato quello di determinare l’incidenzae la correlazione con la chemioresistenza dell’espressionedel c-KIT nel carcinoma ovarico in stadio avanzato sianel tipo sieroso a basso grado di differenziazione, sia nel carcinomaovarico a cellule chiare.Abbiamo eseguito un’analisi immunoistochimica su 60 casidi carcinoma ovarico di tipo sieroso e su 7 casi di carcinomaa cellule chiare.Abbiamo osservato una intensa espressione del c-KIT nel52,2% dei casi. Inoltre, abbiamo dimostrato che la presenzadel c-KIT è correlata con la progressione di malattia durantela chemioterapia di prima linea (P = 0,039).Questa analisi, che riporta la over-espressione del c-KIT anchenel carcinoma ovarico, suggerisce la necessità di studiclinici che dimostrino l’utilità di un inibitore della tyrosinekinase, il STI571, nella terapia delle pazienti con carcinomaovarico in stadio avanzato con espressione del c-KIT, quandoqueste pazienti non mostrano nessuna risposta clinica allachemioterapia convenzionale.Bibliografia1Rak Choi Y, et al. Cancer Res 2003;63:2188-2193.2Joensuu H, et al. N Engl J Med 2001;344(14):1052-1056.HER-2/neu e bcl-2 nel carcinoma ovarico.Studio clinico-patologico, immunoistochimicoe molecolare in pazienti con breve e lungasopravvivenzaF. Castiglione * , M.R. Raspollini * , D. Rossi Degl’Innocenti* , F. Garbini * , G. Baroni * , M. Paglierani * , G. Amunni ** ,A. Villanucci ** , G.L. Taddei **Dipartimento di Patologia Umana ed Oncologia; ** Dipartimentodi Ginecologia, Perinatologia e Medicina della Riproduzione,Università di FirenzeBCL-2 è una proteina di membrana coinvolta nella regolazionedella morte cellulare in quanto inibisce l’apoptosi 1 . Ilgene her-2, localizzato sul cromosoma 17, codifica per il recettoredel “tyrosine-kinase growth factor”. Il gene her-2 èamplificato e HER-2/neu è overespressa dal 25% al 30% deicarcinomi mammari aumentandone l’aggressività 2 .Lo scopo di questo studio è l’analisi dell’espressione dellaproteina BCL-2 e del gene bcl-2 e l’analisi dell’over-espressionee dell’amplificazione di HER-2/neu nei carcinomi ovaricisierosi G3, stadio FIGO IIIC, in 2 gruppi di pazienti. Ilprimo gruppo comprende pazienti in vita che non mostranosegni evidenti di malattia 5 anni dopo il primo trattamento. Ilsecondo gruppo comprende pazienti decedute per malattiaentro 2 anni dal primo trattamento.L’over-espressione di BCL-2 è statisticamente correlata conla progressione della malattia durante il primo ciclo di chemioterapia(P = 0,021, secondo la regressione logistica). Lostato di HER-2/neu non è correlato con la progressione dellamalattia durante il primo ciclo di chemioterapia. L’amplificazionegenica di HER-2/neu sul cromosoma 17 è stata dimostratain tutti i carcinomi ovarici HER-2/neu positivi (3+ score).In nessuno dei casi analizzati è stata riscontrata la presenzadella traslocazione t (14;18)(q32;q21) del gene bcl-2.Il carcinoma sieroso, il più frequente tumore ovarico maligno,è generalmente diagnosticato in stadio avanzato e il tassodi sopravvivenza è basso. Una significativa frazione di pazienticon cancro ovarico avanzato mostra periodi remissionedi malattia sempre più brevi dopo ogni ulteriore ciclo ditrattamento.La conoscenza di un fattore prognostico aggiuntivo o perfinopredittivo, come l’espressione di BCL-2, in pazienti con carcinomaovarico avanzato, prima del trattamento chemioterapicodi prima linea, può aiutare nella gestione di quei casi cherichiedono un trattamento più aggressivo. In aggiunta l’amplificazionedi HER-2/neu suggerisce che HER-2 sia un potenzialetarget anche nel trattamento del carcinoma ovarico.Bibliografia1Kupryjanczyk J, et al. Br J Cancer 2003;88:848-854.2Slamon DJ, et al. Science 1987;235:177-182.3Raspollini MR, et al. Int J Gynecol Cancer. In press4Di Saia PJ, et al. Gynecol Oncol 2003;S24-S32.Densità microvascolare intratumorale (MVD)nel carcinoma ovarico: analisicomputerizzata in pazienti con breve e lungasopravvivenzaM.R. Raspollini * , F. Castiglione * , F. Garbini * , G. Amunni** , A. Villanucci ** , G. Baroni * , V. Boddi *** , G.L. Taddei **Dipartimento di Patologia Umana ed Oncologia; ** Dipartimentodi Ginecologia, Perinatologia e Medicina della Riproduzione;*** Dipartimento di Sanità Pubblica, Universitàdi FirenzeAbbiamo precedentemente riportato che la densità microvascolareintratumorale (MVD) ha un significato prognosticonel carcinoma ovarico 1 . Lo scopo di questa analisi è stato diconfrontare la MVD con un’analisi computerizzata nel carcinomaovarico sieroso, G3, stadio FIGO IIIC, di 23 pazientiviventi libere da malattia cinque anni dopo il trattamento primario,con la MVD nel carcinoma ovarico di 10 pazienti,omologhe per stadio, istologia, grado di differenziazione etrattamento, morte per progressione di malattia entro un annodopo l’intervento primario.Abbiamo osservato che la MVD è correlata, secondo la regressionelogistica (univariata e multivariata), con la sopravvivenza(P = 0,03 e P = 0,05, rispettivamente) e con la progressionedella malattia durante la chemioterapia di prima linea(P = 0,009 e P = 0,012, rispettivamente).Negli ultimi anni, la modulazione della chemioterapia di primalinea è questione di dibattito, dal momento che gli oncologiosservano, in pazienti con pari stadio di malattia e ugualetrattamento, diversi comportamenti biologici con lunghe ecorte sopravvivenze 2 . L’esame istopatologico, con l’ausiliodi indagini immunoistochimiche e molecolari, può indicare


340COMUNICAZIONI LIBEREai clinici gli elementi prognostici utili nella gestione delle pazienticon carcinoma ovarico. I risultati di questo studio supportanol’ipotesi che la valutazione della MVD con una analisicomputerizzata possa aiutare nella scelta di trattamentipersonalizzati al singolo caso.Bibliografia1Ali S, et al. Int J Gynecol Cancer 1993;3:1-11.2Slamon DJ, et al. Science 1987;235:177-182.P53 e Bax nei carcinomi sierosi ovariciavanzati: esperienza monoistituzionale su 41casiC. Di Cristofano, M. Zavaglia, L. Giusti, G. Bertacca, M.Menicagli, S. Cosio * , A. Gadducci * , G. Bevilacqua, A. CavazzanaDivisione di Anatomia Patologica e di Diagnostica Molecolareed Ultrastrutturale, Università di Pisa ed AziendaOspedaliera Pisana; * Dipartimento di Medicina della Procreazionee dell’Età Evolutiva, Divisione di Ginecologia edOstetricia, Università di Pisa ed Azienda Ospedaliera PisanaIntroduzioneMutazioni del gene p53 e l’instabilità microsatellitare, il cuibersaglio è il gene Bax, sono implicate nella chemioresistenzaai regimi comprendenti composti basati sul platino nel carcinomaovarico, mentre l’apoptosi mediata dai taxani è p53 indipendente.Recenti osservazioni suggeriscono la validità dell’approcciocombinato platino-taxani nei casi p53 mutati. Questepreliminari osservazioni necessitano di ulteriori conferme.ScopoVerificare il significato predittivo e prognostico dello statodel gene p53 e del gene Bax in pazienti con carcinoma ovaricosieroso avanzato.MetodiAbbiamo valutato retrospettivamente 41 casi consecutivi dicarcinoma ovarico di tipo sieroso in stadio FIGO III/IV, sottopostia chirurgia citoriduttiva primaria seguita da regime dichemioterapia comprendente taxolo 175 mg/mq (infusione 3ore) e carboplatino AUC5-6 ogni 3 settimane per 6 cicli.Campioni tumorali pre-trattamento sono stati analizzati siaper la presenza di mutazioni a carico del gene p53 che peranomalie del gene Bax. Gli esoni 4-5-6-7-8-9 del gene p53 ela ripetizione G8 nell’esone 3 del gene Bax sono stati analizzatimediante sequenziamento diretto.RisultatiL’età mediana delle pazienti era 55 anni (range 39-73 anni);la malattia residua macroscopica dopo prima chirurgia era:assente in 12 pazienti, ≤ 2 cm in 14 pazienti e > 2 cm in 15pazienti. Il 41,5% (17/41) dei casi risultano mutati per p53 (4mutazioni nell’esone 5, 3 nel 6, 5 nel 7 e 5 nell’8). 14 casi(34,1%) erano polimorfici nell’esone 4 del gene p53. Nessunaanomalia fu riscontrata nel gene Bax. Una risposta allachemioterapia è stata documentata in 12 (70,6%) delle pazienticon mutazione p53 e in 17 (70,8%) delle pazienti conp53 normale o polimorfico nell’esone 4. Le pazienti con mutazionedel gene p53 hanno dimostrato tuttavia una tendenzaad una peggiore sopravvivenza libera da progressione (mediana19,6 mesi versus 38,4 mesi, p = 0,17) e ad una peggioresopravvivenza globale (mediana 45,4 mesi versus non raggiunta,p = 0,14) rispetto a quelle con p53 normale o con polimorfismodell’esone 4.ConclusioniNei carcinomi sierosi ovarici in stadio avanzato, l’aggiuntadel taxolo al carboplatino: 1) annulla il significato predittivonegativo della mutazione del gene p53 nei confronti della rispostaalla chemioterapia di prima linea a base di platino, 2)appare non modificare il significato prognostico negativo ditale mutazione nei confronti dell’outcome clinico delle pazienti.Valore predittivo prognostico dell’analisi delcariotipo nei carcinomi ovariciC. Riva, E. Dainese, B. Bernasconi, D. Micello, C. Facco,S. Casnedi, M.G. Tibiletti, F. Sessa, C. CapellaDipartimento di Morfologia Umana, Università dell’Insubria,VareseIntroduzioneIl carcinoma ovarico rappresenta una neoplasia relativamentefrequente nel sesso femminile ed è caratterizzato, nellamaggior parte dei casi, da un esordio clinico in stadio avanzato.Pertanto la malattia ha una bassa percentuale di curabilitàed è gravata da una mortalità a 5 anni superiore al70%. L’efficacia della terapia chirurgica primaria è legata all’asportazionecompleta della neoplasia e delle localizzazioniaddomino-pelviche. È dimostrata l’efficacia della chemioterapianeoadiuvante a base di derivati del platino e taxani.Tuttavia la chemioresistenza può manifestarsi in alcunicasi fin dall’inizio della terapia, oppure svilupparsi a distanzadi tempo dopo una risposta completa. L’obiettivo dellostudio era l’identificazione di parametri predittivi prognosticie di alterazioni citogenetiche correlabili con la risposta allachemioterapia.MetodiSono stati indagati 44 carcinomi ovarici (28 sierosi, 10 indifferenziati,2 mucinosi, 3 endometrioidi, 1 misto) sottoposti aterapia chirurgica primaria e successiva chemioterapia. Tuttii casi sono stati valutati per grado, stadio, malattia residua,progressione/remissione e follow-up dopo chemioterapia.L’analisi citogenetica è stata effettuata su preparati direttiusando le tecniche di bandeggio QFQ.RisultatiUn cariotipo diploide/quasi diploide era significativamentecorrelato con la risposta alla chemioterapia (p = 0,007) econ una prognosi favorevole (p < 0,05), così come l’assenzadi marcatori cromosomici (p = 0,01). La risposta completaalla chemioterapia era associata a cariotipo senza perditadel cromosoma 18 (p < 0,05) e del 22 (p = 0,03); inoltreanche la perdita del cromosoma 15 appariva tendenzialmenteassociata a mancata risposta alla chemioterapia (67%dei casi).ConclusioniI nostri risultati hanno dimostrato che oltre ai noti parametriprognostici (stadio iniziale, basso grado, assenza di massaneoplastica residua, basso indice proliferativo), anche un cariotipodiploide/quasi diploide e l’assenza di marcatori cromosomicinel cariotipo, possono essere considerati indicatoriprognostici favorevoli nel carcinoma ovarico.Inoltre, cariotipo diploide/quasi diploide e cariotipo senzaperdita dei cromosomi 18, 22 e 15 appaiono marcatori di rispostaalla chemioterapia.


PATOLOGIA GINECOLOGICA341Presenza di strutture del seno urogenitalemaschile (prostata, ghiandole di Cowper,urotelio) nei teratomi cistici maturi dell’ovaio:report di due casiA. Marzullo, F. Sanguedolce, D. Piscitelli, M.G. Fiore, L.RestaDAPEG, Dipartimento di Anatomia Patologica e di Genetica,Sezione di Anatomia Patologica, Università di BariIntroduzioneI teratomi cistici maturi (cisti dermoidi) dell’ovaio sono caratterizzatidalla presenza di diversi tessuti derivati dai tre fogliettiembrionari in un’area solida, il “promontorio”. Il riscontrodi ghiandola prostatica in una cisti dermoide è estremamenteraro e di origine controversa. L’ulteriore presenzadi urotelio accanto a tale componente ha indotto diversi Autoria sviluppare suggestive ipotesi patogenetiche in merito.MetodiSono riportati i casi di due pazienti di sesso femminile, gravide,rispettivamente di 40 e 30 anni di età; in entrambi i casi siè trattato di un riscontro occasionale. I campioni operatori sonostati fissati in formalina ed inclusi in paraffina. Le sezioniottenute sono state sottoposte in entrambi i casi alle seguenticolorazioni: ematossilina-eosina, PAS, tricromica di Masson,ed alle reazioni immunoistochimiche con gli anticorpi PSA(antigene prostatico specifico), CK 34βE12, CK 7, CK 20.RisultatiIn tutti e due i casi è stata fatta diagnosi di teratoma cistico maturodell’ovaio. Nel primo caso è stata individuata, nella zonadel promontorio, un’area circoscritta occupata da acini prostaticiisolati o organizzati in gruppi, talora contenenti corporaamilacea e urotelio fetale; nel secondo, accanto alle ghiandoleprostatiche erano presenti ghiandole di Cowper, urotelio estrutture vascolari simili ai corpi cavernosi. Le indagini immunoistochimichehanno confermato la diagnosi istologica.DiscussioneIl riscontro di acini ghiandolari prostatici è di rarissimo riscontronei teratomi ovarici; finora, i casi riportati in letteraturasono 19. Due sono le ipotesi patogenetiche in merito: 1)“ipotesi teratomatosa”: partenogenesi da una cellula germinativacon cariotipo XX; le strutture urogenitali maschili sonopresenti pur in assenza del cromosoma Y; 2) ipotesi del“microambiente ormonale”: produzione locale di androgenida parte dello stroma ovarico luteinizzato.ConclusioniI nostri dati aggiungono ulteriori informazioni su un argomentotuttora poco esplorato e controverso, confermando lenotevoli capacità pluripotenziali dei teratomi ovarici e suggerendola necessità di studi che ne approfondiscano gliaspetti sia genetici che ormonali.Primary transitional cell carcinoma of thefallopian tube: case report and reviewof literatureR. Zamparese, G. Pannone * , F. Corsi, P. BufoDipartimento di Scienze Chirurgiche, Cattedra di AnatomiaPatologica, Università di Foggia; * Dipartimento di ScienzeBiomorfologiche e Funzionali, Università di Napoli Federico IIIntroductionPrimary tumours of fallopian tube, both benign and malignantare rare and accounts for 0.3% of all gynaecologicalcancers. The most common type of primary tumour of fallopiantube is invasive serous papillary carcinoma. Other lesscommon types of primary epithelial malignancies are squa-Tab. I.Autore Age Stage Follow-up(years)(FIGO)Hovadhanakul et al (1976) 51 Ia –Johnston et al (1983) 42 III Died 22 months after surgeryUehira et al (1993) 49 Ia 98 months healty41 Ib 79 months healty55 Ia 58 months healty63 III 22 months healty45 IIa Died 67 months after surgery63 IIb Died 51 months after surgery55 III Died 43 months after surgery69 III Died 39 months after surgery53 IIb Died 24 months after surgeryChinn et al (1998) 68 IIb 17 months healtyTakeuchi S. et al (1999) 42 Ia 48 months healtyKim JW et al (1999) 63 Ib 14 months healtyRabczynski J (1999) 51 Ia Died 60 months after surgery61 Ia 108 months healty47 Ia 24 months healty60 Ia 12 months healty60 Ib 24 months healty70 Ia 96 months healtyCurrent case (2004) 53 Ib 60 months healty


342COMUNICAZIONI LIBEREmous cell, adenosquamous, mucinous, glassy cell, endometroid,clear cell. Transitional cell carcinoma (TCC) has recentlybeen acknowledged as a distinct histologic pattern ofthe uncommon primary fallopian tube carcinoma.We observed a patient of 53-years-old with a malignant tumourof fallopian tube showing histological features of transitionalcell carcinoma.MethodsThe specimen was fixed in 10% formalin and embedded inparaffin. Sections 4 mm thick were stained with haematoxylinand eosin.ResultsBoth fallopian tubes and ovaries were examined. The tumourwas in the left fallopian tube and was covered by blue-dark,smooth, glistening serosa. On cross sectioning, the fallopiantube contained a solid nodule and dark bloody fluid. At microscopythe tumour filled the lumen, while the serosal surfaceof the fallopian tube was intact. The tumour consisted ofbroad papillary proliferation with a fibrovascular core linedby 10 or more layers of tumour cells. The histological featuresof the tumour are consistent with a high grade TCC.ConclusionsTubal cancer with more than 50% of transitional cells shouldbe classified as tubal cancer with transitional differentiation 1 2 .Alvarado-Cabrero et al. recently reported an incidence of11% of TCC of the fallopian tube which is considered the organwith the highest relative incidence in the female genitaltract.A case of transitional cell carcinoma arising from the tubalepithelium was first reported by Hovadhenakal et al. (1976).Only 20 cases of TCC of fallopian tube (table) have been describedin the current literature.Transitional cancer of fallopian tube, ovary and endometriumhave a better prognosis than other istological types.Futhemore, the TCC tumour recurres later than the non-TCCand respondes favourably to chemotherapy.Bibliografia1Koshiyama M, et al. Int J Gynecol Pathol 1994;13(2):175-80.2Uehira K, et al. Cancer 1993;72(8):2447-56.Paraganglioma of the broad ligament of theuterus. A case reportN. Scibetta, G. Sciancalepore, L. MarasàU.O. di Anatomia Patologica, ARNAS “Civico-Di Cristina-Ascoli”, PalermoIntroductionThe extra-adrenergic paraganglioma and the adrenal pheochromocytomaare tumours derived from chromaffin cells ofsympathoadrenergic system and of adrenal medulla. The extra-adrenergicparagangliomas injure subjects between 30and 50 years old, with slight prevalence in males. Such tumoursrepresent 10% of whole, the most of them have beenobserved in intraabdominal seat; while sometime they arisenalso in unusual seats, as male and female urogenital tract,gallbladder and hepatobiliary tree. Very rare cases have beenshowed in the broad ligament of the uterus.Clinical historyA 56 years old patient, suffering from hypertension, has beensubjected to laparopanhysterectomy with bilateral oophorosalpingectomy,because of leiomyomas uteri. A nodule, withmaximum diameter of 2.5 cm, has been showed in broad ligament,in left parovarian seat, and it has been whole ablated.The familial and personal anamnesis was negative for neurofibromatosis,MEN and von Hippel Lindau disease. The postoperativeexaminations, as total body TC and MRI did notshow any pathological images.Materials and methodsThe specimen sent was formalin 4% fixed and paraplast plusincluded. Sections of 3 µm thickness have been prepared forH&E, PAS and Grimelius stains. Other sections have been seton slides, previously treated with poli-l-lysin for the immunohistochemicalstains.ResultsMacroscopically the neoformation, with maximum diameterof 2,5 cm, appeared oval, with thin capsula, and at section, itwas grey-yellowish. Microscopically polygonal cells, mostof them with clear, finely vacuolated cytoplasm, because oflipid degeneration, have been showed; there were elementswith eosinophil cytoplasm, monomorphic nuclei and rare mitosis,without atypias, arranged in alveolar pattern “zellballen”,with fibrous areas. Vascular invasions, capsularlymphatic involving, necrotic areas and neuronal or gangliarelements have not been observed. The cells were argentophil,positive for chromogranin, synaptophysin, NSE, CD57, focallypositive for NF, only rare elements were positive forS100 (sustentacular cells), but all was negative for CK AE1,calretinin, melan-A, inibin. The histopathological examinationsuggested the benignity of this tumour, but all the samea careful follow-up has been recommended.ConclusionsThe paraganglioma of broad ligament is rare, while the adrenalrests are well known in this seats. In our case, it couldseems an adrenergic cortical neoplasm, because of lipid degenerationareas, but the neuroendocrine neoplastic immunophenotypeinduced us to diagnosis of paraganglioma, arisenby embryonal residue of chromaffin tissue, derived bysympathic ganglia, in lack of adrenal cortical rests.Carcinoma squamoso primitivodell’endometrio: studio immunoistochimico emolecolareG. Giordano * , L. Gnetti * , T. D’Adda * , C. Merisio ***Dipartimento di Patologia e Medicina di Laboratorio, SezioneAnatomia Patologica, Università di Parma; ** DipartimentoScienze Ostetriche Ginecologiche e Neonatologia,Università di ParmaIntroduzioneIl carcinoma squamoso primitivo dell’endometrio (CSPE) èuna neoplasia che non ha componente ghiandolare, non ha alcunaconnessione con l’epitelio squamoso della cervice e nonè associato a carcinoma squamoso della cervice 1 .Questo tipo di neoplasia è molto rara; in letteratura infatti sonostati descritti poco meno di 100 casi 2 . L’eziopatogenesi èancora controversa. Secondo alcuni Autori può essere correlataad un’infezione da papilloma virus (HPV) 3 ; per altri invece,non ha alcuna relazione con l’HPV 4 . In questo lavororiportiamo un caso di CSPE, con studio immunoistochimicoe molecolare, allo scopo di valutare la presenza dell’HPV ele caratteristiche fenotipiche di questa rara neoplasia.MetodiAM, anni 72, è ricoverata presso la nostra Istituzione per caloponderale e la presenza di una massa addomino-pelvica; agliesami strumentali la lesione è di origine uterina. Alla laparoto-


PATOLOGIA GINECOLOGICA343mia l’utero, notevolmente aumentato di volume, mostra unaperforazione della parete. Noduli neoplastici si osservano nell’omento.L’utero, gli annessi e le lesioni omentali sono asportatie vengono processati secondo metodiche routinarie e perl’analisi immunoistochimica, utilizzando estrogeni, progesteronee p53. Per l’estrazione del DNA, tre sezioni istologichedel tessuto neoplastico, incluso in paraffina, sono microdissezionatemanualmente. Il DNA estratto è stato amplificato mediantePCR, utilizzando primers G5+/G6 per la regione altamenteconservata L1 del genoma dell’HPV(genotipi: 6, 11, 13,16,18, 30-35, 39, 40, 42, 45, 51- 53, 56, 58, 61, 66) 5 .RisultatiL’esame Anatomo-Patologico rileva leiomiomi calcifici e uncarcinoma squamoso ben differenziato localizzato nella cavitàuterina, infiltrante massivamente il miometrio, affiorante allasuperficie sierosa e con metastasi multiple omentali. La cerviceuterina, esaminata in toto, presenta solo flogosi cronica. L’immunoistochimicamostra positività per p53 e negatività perestrogeni e progesterone. L’amplificazione mediante PCR di trediverse diluizioni di DNA non ha evidenziato la presenza diDNA riferibile all’HPV, con adeguato controllo positivo.ConclusioniDagli studi riportati in letteratura si evince che il CSPE potrebbeessere dovuto ad un’infezione da HPV, la quale noncausa mutazioni della p53 3 ; nel nostro caso, invece, l’assenzadell’HPV dimostra che la neoplasia potrebbe essere causatada altri meccanismi patogenetici, che determinano unamutazione/ iperespressione della proteina p53.Bibliografia1Fluhmann DF. Surg Gynecol Obstet 1928;46:309-316.2Varras M, et al. Eur J Gyneacol Oncol 2002;23:327-329.3Kataoka A, et al. G Gyneacol Oncology 1997;65:180-184.4Im DD, et al. Gynecol Oncol 1995;56:464-469.5de Roda H, et al. J Gen Virol 1995;76:1057-1062.Espressione ed amplificazione di HER-2/neunei carcinosarcomi uteriniM.R. Raspollini * , T. Susini ** , M. Paglierani * , F. Castiglione* , F. Garbini * , G Amunni ** , G.L. Taddei **Dipartimento di Patologia Umana ed Oncologia; ** Dipartimentodi Ginecologia, Perinatologia e Medicina della Riproduzione,Università di FirenzeI carcinosarcomi uterini sono rare neoplasie che si osservano,nella maggioranza dei casi, in post-menopausa 1 . Il trattamentoelettivo è quello chirurgico, tuttavia la scarsa efficacia dellachemioterapia e della radioterapia rappresenta un problema insidiosoper le pazienti con malattia metastatica o non operabile.Nuovi approcci terapeutici sono necessari per migliorare lasopravvivenza dei pazienti con carcinosarcoma dell’utero.L’oncogene her-2/neu, che codifica per il recettore del “tyrosine-kinasegrowth factor”, è amplificato e HER-2/neu èover-espressa nel 25-30% dei carcinomi mammari 2 .La terapia con anti-HER-2 è usata nei pazienti con carcinomamammario che esprimono HER-2/neu e ne migliora la sopravvivenza.Lo scopo dello studio è analizzare l’espressione di HER-2/neu e l’amplificazione di her-2/neu in una serie di 28 carcinosarcomiuterini.Abbiamo osservato l’over-espressione di HER-2/neu in 9 casi(32,1%). In aggiunta, abbiamo documentato l’amplificazionedel gene her-2/neu nei casi che mostravano l’espressionedi HER-2/neu con uno score 3+.Di conseguenza, la dimostrazione dell’over-espressione edell’amplificazione di her-2/neu nei carcinosarcomi dell’uteropotrebbe rappresentare il primo razionale passo per ulterioristudi. Da qui, i risultati di questa analisi potrebbero incoraggiarela scelta di un nuovo approccio terapeutico, chepotrebbe valutare il ruolo della terapia anti-HER-2 (trastuzumab)nelle pazienti con metastasi da carcinosarcoma uterino.Bibliografia1Ali S, et al. Int J Gynecol Cancer 1993;3:1-11.2Slamon DJ, et al. Science 1987;235:177-182.Ploidy and S-phase fraction as possibleprognostic factors in endometrial carcinoma:a review of 52 casesP. Balzarini * , M. Cadei * , B. Pasinetti ** , E. Sartori ** , L. Legrenzi* , E. Rossi * , A. Ubiali * , C. Tedoldi*, F. Alpi*, P. Grigolato**Cattedra di Anatomia e Istologia Patologica, II Servizio,Università-Spedali Civili di Brescia; ** Clinica Ostetrica eGinecologica, Università-Spedali Civili di BresciaIntroductionEndometrial cancer is the most common gynaecologic malignancyamong women in the US and the sixth most commoncause of death from cancer in women. Scientific interest hasrecently focused on the evaluation of biological characteristics(DNA content, S-phase fraction, p53, MIB-1 and HER-2/neu) of endometrial cancer that could better define high-riskgroups of patients. Ploidy and/or S-phase fraction havebeen identified by different studies as independently affectingprognosis, when either all stages or FIGO stage I caseswere evaluated. The aim of this study is to evaluate the impactof ploidy and S-phase fraction on the clinical outcomeof 52 patients affected by endometrial carcinoma.Materials and methodsThe following parameters were evaluated: patient age, histotype,FIGO stage, myometrial infiltration (> or < 50%),grading, mitotic index. Clinical outcome was evaluated interms of recurrence rate, status at the latest follow up, disease-freesurvival and overall survival. DNA content wasperformed on formalin fixed paraffin embedded tissue in accordingto the Hedley method. Cell cycle analysis wasperformed using Multi-Cycle software.Results29/52 patients showed a diploid profile and 33/52 patientspresented a S-phase fraction ≤ 10%. Recurrence rate and bothdisease free and overall survival were analysed in relation tobiological parameters (ploidy and S-phase) and surgicalpathologicalstate (FIGO stage, grade, myometrial invasion).The analysis of different sub-groups of patients on the basisof stage, grade and myometrial invasion showed a consistentlyhigher percentage of recurrences among aneuploid and highS-phase fraction (>10%) rather than diploid and low-Sphase(≤ 10%) tumors, even if statistical significance was notachieved. Aneuploid and high S-phase cases showed a consistenttrend of poorer prognosis compared to their counterpart,in terms of disease-free interval, overall survival and statusof patients at the latest follow-up (DOD vs. NED). The mostinteresting results were obtained when S-phase was analysedin terms of both overall survival and patients’ status, showinga better prognosis in the low S-phase group (p=0.01 andp


344COMUNICAZIONI LIBEREConclusionsAmong all parameters evaluated, S-phase fraction is an independentprognostic factor for patients with low risk of recurrence,while ploidy is an independent prognostic factor forpatients with unfavourable outcome.Adenocarcinoma dell’endometrio insorto supolipo endometrialeA. Galassi, D. Tormen, L. Bozzola, A. Armani, A. Visonà,E.S.G. D’AmoreUOA di Anatomia Patologica, ULSS 6 Vicenza e ULSS 4 “AltoVicentino”IntroduzioneIn letteratura poca attenzione è stata deputata all’evento di unadenocarcinoma che insorge su un polipo endometriale.MetodiSono stati estratti complessivamente 65 casi tra il 1987 e il2003 dai files di archivio e sono stati revisionati i vetrini.RisultatiI casi sono stati suddivisi dopo revisione in tre situazionianatomo-cliniche: adenocarcinoma polipoide (15 casi); polipoendometriale infiltrato da adenocarcinoma insorto sumucosa esterna al polipo (6 casi); adenocarcinoma insortosu polipo endometriale (44 casi). I casi di adenocarcinomapolipoide e di adenocarcinoma infiltrante un polipo endometrialedall’esterno variavano come T da T1a a T2b, mentrei casi di adenocarcinoma insorto su polipo erano tuttiT1a. L’istotipo dell’adenocarcinoma insorto su polipo eraendometrioide G1 FIGO in 39 casi e non endometrioide in5 casi. Gli adenocarcinomi polipoidi erano tutti endometrioidie variavano come grado e stadio, mentre gli adenocarcinomiinfiltranti un polipo endometriale dall’esternoerano 5 endometrioidi e 1 adenocarcinoma sieroso. Il follow-upmedio è stato di 7 anni e si è registrata solo una metastasiin un caso di adenocarcinoma a cellule chiare insortosu polipo dopo due anni dalla diagnosi.ConclusioniGli autori hanno identificato tre situazioni anatomo-clinichedistinte: il classico adenocarcinoma polipoide; un adenocarcinomache infiltrava, generalmente tramite il peduncolo, unpolipo endometriale concomitante, un adenocarcinoma realmenteinsorto su polipo endometriale e in cui l’adenocarcinomaera assente al di fuori del polipo. Tutti questi ultimi casierano in stadio T1a. Solo un caso di adenocarcinoma a cellulechiare ha dato metastasi peritoneali ad un anno dalla diagnosi,confermando che nei carcinomi non endometriodi anchein stadio precoce la malattia può facilmente progredire.Quanto riportato in letteratura che il carcinoma insorto su polipoendometriale ha una prognosi migliore appare più legatoal fatto che tutti i casi, almeno nella nostra esperienza, eranoin stadio precoce.Utilizzo della valutazione di p16 nellacaratterizzazione e nel monitoraggio delledisplasie della cervice uterinaA. Bernardi * , G. Alfonso * , G. Dujany * , G. Gensabella * ,M. Gussio * , F. Lesca ** , P. Lovadina * , P. Luparia * , E. Berardengo**S.C. Anatomia Patologica; ** Servizio di Colposcopia, PoloOncologico Torino Est, Ospedale S. Giovanni A.S.IntroduzioneNella carcinogenesi della cervice uterina la oncoproteina E7del papillomavirus umano (HPV) ad alto rischio legandosi allaproteina oncosoppressore Rb determina: diminuzione diRb attivo, progressione nel ciclo proliferativo, livelli aumentatidella proteina p16 fin dai primi stadi di malattia 1 . La valutazioneimmunoistochimica (IHC) di p16 può servire a caratterizzaree monitorare le patologie cervicali 2 raramente alterateper Rb e P16.MetodiSu 42 pazienti si eseguiva: PAP test su striscio vaginale,esame istologico su biopsia mirata della cervice, test di ibridazione(Digene Hybrid Capture di II generazione: 2 pooldi sonde contro il DNA di HPV a basso e medio-alto rischio)e su sezioni incluse in paraffina IHC per la valutazionedi p16 con anticorpo monoclonale di topo (cloneE6H4, Dako p16 INK4a kit con validazione europea IVD).L’immunoreattività di intensità 1-3+ era: sporadica (1-5%di cellule con positività nucleare e citoplasmatica), focale(5-8%), diffusa (>80%).RisultatiDistribuzione dei casi: Gruppo 1 = 14 Negativi, tutti trattaticon transfactor: all’istologico 2 negativi per displasia, 11displasie lievi CIN I, 1 condiloma. Gruppo 2 = 9 con PositivitàSporadica: istologicamente 7 CIN I e 1 displasia moderataCIN II trattate con transfactor, 1 carcinoma squamosotrattato chirurgicamente. Gruppo 3 = 7 con Positività Focale+12con Positività Diffusa, 18 positivi per HPV medioaltorischio, 1 per basso rischio trattati con transfactor: istologicamente1 carcinoma in situ trattato chirurgicamente, 1condiloma, 9 CIN I, 8 displasie moderate-gravi CIN II-III.Follow up a 4 anni: i gruppi 1-2 al PAP test e all’ibridazionesi negativizzavano, compreso il CIN II, 4 casi si perdevano.Nel gruppo 3: per progressione della patologia 1 esigevalaser terapia, 8 venivano conizzati, 4 mantenevanoinalterati grado di displasia e positività all’ibridazione, 1positivo per HPV a basso rischio si negativizzava, 4 si perdevano.La positività IHC per p16 correlava con diagnosi diCIN II-III (P = 0,015), con positività per HPV medio-altorischio (P=0.001); la positività Focale/Diffusa correlava colperdurare o progredire della patologia (P = 0,0002).ConclusioniLa valutazione di p16 si conferma un ottimo marcatore di caratterizzazionee monitoraggio nelle lesioni cervicali conseguentiad infezioni da HPV ad alto rischio.Bibliografia1Takaaki S. Am J Path 1998;153:1741-48.2Doeberitz M. Eur J Cancer 2002;38:2229-42.


PATOLOGIA GINECOLOGICA345Overexpression of p16 INK4A in cervicalintraepithelial neoplasias as possible markerof HPV infectionF. Marandino * , A. Vocaturo * , M. Benevolo * , G. Piperno * ,P. Canalini * , M. Mottolese * , G. Vocaturo ** , R. Sindico ** ,G. Ciancaglini *** , R. Perrone Donnorso **SC Anatomia Patologica e Citodiagnostica; ** SC GinecologiaOncologica, Istituto Regina Elena, Roma; *** Centro PrevenzioneS. Andrea, LatinaIntroductionImmunohistochemical (IHC) studies demonstrated that p16, acyclin-dependent kinase inhibitor, is overexpressed in preneoplasticand neoplastic lesions of the uterine cervix and this overexpressionis induced, in the majority of cases, by human papillomavirus(HPV) oncogenes. In order to verify whether p16expression may be a biomarker useful in identifying dysplasticlesions at higher risk of progression, in this study we investigated,in cervical samples, the potential association between p16expression and infection with different HPV types.Methods77 formalin fixed cervical biopsies were considered in thestudy: 13 normal tissues and 64 neoplasias (48 CIN1, 10CIN2 and 5 CIN3, and 1 invasive squamous cancer). 5m-sectionswere IHC evaluated by the means of p16 kit (DakoCytomation,Milan, Italy). The presence of HPV DNA was detectedby the polymerase chain reaction (PCR) using HPVStar Blot kit (DiaTech, Iesi, Italy) that enables amplificationand detection of HPV DNA by reverse dot blot hybridizationwith sequence-specific oligonucleotide probes.ResultsAll the 13 normal cervical tissues were p16 negative whereas9 out of 10 CIN2 (90%) and both all the CIN3 lesions and theinvasive cancer displayed p16 expression. In the 48 CIN1 lesionswe found p16 immunostaining in 15 cases (31%). Highrisk HPV genotypes were found in all high grade lesions andin squamous cancer. Of interest, 14 out of the 15 p16 positiveCIN1 lesions (93%) showed high risk HPV genotypes.ConclusionsThese data suggest that there is a significant potential associationbetween p16 overexpression, infection with high riskHPV and the presence of HPV-induced dysplastic or neoplasticlesions. Therefore p16 appears to be an usefull biomarkerfor identifying cervical intraepithelial lesions which couldprogress because harboring high risk HPV.Importanza diagnostica della ricercadel papilloma virus nel carcinoma dellacervice uterina: correlazione fra diagnosicitologica ed istologiaL. Bianchi * , P. Apicella * , C. Venturi * , A. Papucci * , A.M.Buccoliero ** , G.L. Taddei ***U.O. Anatomia Patologica Azienda USL 3 Pistoia; ** Dipartimentodi Patologia Umana ed Oncologia, Università diFirenzeIl carcinoma squamoso della cervice e le lesioni che lo precedonosono inequivocabilmente correlate all’infezione daHPV. Infatti il carcinoma della cervice uterina è stato associatoin più del 95% dei casi alla presenza di HPV ad alto rischiooncogeno 1 .ObiettiviCon questo studio abbiamo valutato: 1) l’incidenza dell’infezioneda HPV in pazienti che presentavano lesioni intraepitelialial Pap-test; 2) la correlazione esistente fra ceppi ad altorischio oncogeno e gravità delle lesioni intraepiteliali rilevateal Pap-test e all’esame istologico della cervice.MetodiSono state analizzate 583 donne di età compresa tra i 15 e gli81 anni (febbraio 2001-ottobre 2003) con lesioni intraepitelialidi basso o alto grado (LSIL o HSIL) o anomalie squamose diincerto significato (ASCUS) al Pap-test. Su prelievo endocervicaleè stata effettuata ricerca e genotipizzazione dell’HPVutilizzando la PCR (reazione a catena della polimerasi) conprimers specifici della regione L1 e digestione enzimatica congli enzimi di restrizione Tru91 e Rsa1 (Ditta Diatech).RisultatiL’infezione da HPV è stata riscontrata nel 22% (35/160) diASCUS, nell’82% di LSIL (116/141) e nel 94% di HSIL(16/17). Gli HPV ad alto rischio rappresentavano il 68,6%(24/35) di ASCUS HPV-positivi, il 65,5% (76/116) di LSILHPV-positivi ed il 94% (15/16) di HSIL HPV-positivi. Alcontrollo istologico dei 17 HSIL, 1 presentava un carcinomain situ, 7 una displasia grave, 5 una displasia moderata, 3 unadisplasia lieve e 1 una leucoparacheratosi.ConclusioniL’incidenza di HPV ad alto rischio oncogeno del 94% nellelesioni HSIL di alto grado indica la necessità di monitorarenel follow-up le pazienti che presentano lesioni di alto gradoma anche quelle che hanno lesioni intraepiteliali di basso gradoal Pap-test in quanto soggette a sviluppare lesioni pre-cancerosepiù gravi. Inoltre, in accordo con la recente letteraturainternazionale, i dati ottenuti suggeriscono l’utilità della ricercadell’HPV anche per aumentare l’efficacia dello screeningprimario.Bibliografia1Ferenczy A, Franco E. Persistent human papillomavirus infection andcervical neoplasia. Lancet Oncol 2002;3:11-6.Markers biomolecolari di progressione nellatumorigenesi HPV-correlata della cerviceuterinaS. Rossi, D. Beccati, I.NenciDipartimento di Patologia e Oncologia, Azienda O.U. diFerraraIntroduzioneScopo dello studio è la valutazione di markers biologici intermedipredittivi della progressione in lesioni HPV-correlate,displasia e carcinoma squamoso in situ.MetodiAbbiamo selezionato, dalla casistica 2001, 94 casi di displasiasquamosa, carcinoma squamoso in situ e microinfiltrante.I casi includono gradi diversi di displasia squamosa. Con riferimentoal grado maggiore di displasia, abbiamo valutato 3condilomi, 32 displasie moderate, 38 gravi e 19 carcinomi insitu. Abbiamo incluso inoltre 2 casi di carcinoma microinfiltrante.Su sezioni di 3-4 micron, da materiale di archivio, sonostate eseguite ibridazione in situ per HPV-HR ed immunoistochimicaper p53 e p16.RisultatiHPV-HR: 36 campioni sono negativi e 58 positivi. p53: 51%delle lesioni appartengono alla classe 1 di positività (


346COMUNICAZIONI LIBERE29% alla classe 2 (6-25%) e le rimanenti 19% presentano>25% di nuclei positivi. La displasia moderata appartiene preferibilmentealle classi 1 e 2, la displasia grave e carcinoma insitu alla classe 1. L’intensità di positività e la distribuzione deinuclei positivi sono alta e basale nei condilomi, variabile e adifferenti livelli nell’epitelio nelle displasie alto grado. Non siriscontra correlazione tra positività per HPV-HR e p53. p16:iperespressione, generalmente diffusa (>25%), nelle displasiealto grado, nei 2/3 inferiori dell’epitelio nelle displasie moderatee maggiore / a tutto spessore nelle displasie gravi/carcinomain situ. Condilomi adiacenti a displasie alto grado sono negativio con positività sporadica (


PATHOLOGICA 2004;96:347-360Patologia della mammellaIl linfonodo sentinella a Trieste: rivisitazionedella casistica a due anni dall’inizio della fasesperimentaleF. Zanconati, E. Gerardi, R. Spinelli, M. Bortul * , G. Pellis ** ,A. Dell’Antonio *** , F. Dore **** , D. Bonifacio, D. Rizzo, L. DiBonitoU.C.O. Anatomia Patologica, Istopatologia e Citodiagnostica;* U.C.O. Clinica Chirurgica; ** U.C.O Chirurgia Generale;**** Servizio di Medicina Nucleare dell’Azienda Ospedaliero-Universitaria“Ospedali Riuniti”; ** Casa di Cura“Sanatorio Triestino”, TriesteLa valutazione dei linfonodi ascellari rappresenta il più importantefattore prognostico nelle pazienti con carcinomamammario. L’identificazione del linfonodo di primo drenaggio,noto come linfonodo sentinella (LS), si sta affermandocome tecnica conservativa alternativa alla dissezione ascellarenei casi con neoplasia di piccole dimensioni, non plurifocale.La ridotta morbilità post-operatoria ci ha indotto ad avviareanche a Trieste una fase di sperimentazione dal maggio2002.I periodo (5/02-7/03). L’analisi istopatologica prevedeva dieseguire sul LS sezioni seriate ogni 100 µ per H&E ed indagineimmunoistochimica (IHC) mediante Mab anti-CK(AE1/AE3) in un numero limitato di sezioni. La valutazionedei linfonodi non sentinella (LnS) in tutti i casi con dissezioneascellare è stata validata dall’uso dell’IHC su tutti i linfonodiinviati. La tecnica del LS è stata utilizzata in 102 pazienti,di cui 57 (55,9%) con asportazione del LS e contestualelinfoadenectomia ascellare (LA), mentre in 45 pazienti(44,1%) è stato prelevato il solo LS. In 29 (50,9%) dei casisottoposti a LA, sia il LS sia i LnS erano risultati negativi,in 10 (17,5%) le metastasi erano reperibili esclusivamente nelLS, in 14 (24,6%) le metastasi erano presenti nel LS ed in almenouno dei LnS; 4 casi (7%) sono risultati FN. Delle pazientisottoposte alla sola escissione del LS, in 34 (75,6%) ilLS era negativo; tra le rimanenti 11 con LS positivo, 4 nonsono state radicalizzate, mentre in 3 delle 7 radicalizzate eranopresenti ulteriori metastasi.II periodo (8/03-4/04). Il protocollo del LS è stato modificato,riducendo a 50 µ l’intervallo delle sezioni seriate con usodell’IHC per ogni livello; è stato mantenuto lo studio IHC suilinfonodi della LA. Sono state studiate 65 pazienti, di cui 28(43,1%) hanno eseguito contestualmente la LA, mentre in 37(56,9%) è stato prelevato il solo LS. Delle pazienti con LAassociata, 18 (64,3%) erano N0, in 8 (28,6%) il solo LS risultavametastatico; negli ultimi 2 casi le metastasi erano documentabilinel LS ed in almeno uno dei LnS. Delle pazientisottoposte alla sola escissione del LS, 10 erano positive(27%) e di queste 4 non sono state radicalizzate, mentre in 4delle 6 sottoposte a LA, erano presenti ulteriori metastasi neiLnS.Dal confronto tra i due periodi si osserva come l’esperienzaacquisita abbia consentito di ottenere un’adeguata affidabilitàdella metodica, con assenza di FN ed incremento dei casi conmetastasi al solo LS.Sentinel lymph nodes in breast carcinoma:the experience of Istituto Nazionale per laRicerca sul Cancro (IST) - GenovaF. Carli, B. Spina, G. Tanara, E. Margallo, G. Pasciucco,B. Dozin * , B. GatteschiS.C. Anatomia e Citoistologia Patologica; * S.C. EpidemiologiaClinica, Istituto Nazionale per la Ricerca sul Cancro,GenovaIntroductionThe sentinel lymph node (SLN) procedure provides a widelyadapted method for assessing the axillary lymph nodes in patientswith breast cancer. The pathological examinations ofSLN typically involves the evaluation of multiple tissue levelsand/or keratin in immunohistology: however there is littlestandardisation in the histopathologic management of thespecimens and significant pitfalls have been reported 1-2 .MethodsWe presented our protocol and our experience of the past 6years (January 1998-December 2003) at the Istituto Nazionaleper la Ricerca sul Cancro (IST) of Genova.ResultsThere were 849 patients with a mean of 1.2 SLN per case fora total of 1500 lymph nodes. The positive case were 218 andthe micrometastases (>0.2 ≤ 2 mm) were 64 (29.3%). TheNSLN were positive in 56 cases (25.7%). The false negativecases in the frozen sections were 53 (6%). The sensitivitywas 76% and the specificity was 100%, with a negative predictivevalue of 92%. The median size of the primary neoplasiaassociated to micrometastases was 1.7 cm.ConclusionsOn the basis of our experience we focused the great importanceof the histopathological management of the SLN. Besidesthat we discuss the possibility to find pathological and clinicaldeterminant of the NSLN status in patient with SLN+.References1Krag DN, et al. Semin Oncol 2002;29:274-279.2Turner RR, et al. Am J Surg Pathol 2000;24:307-308.L’esame intraoperatorio del linfonodosentinella: sensibilità e specificitàL. Costarelli, F.R. Piro, L.Fortunato * , M. Farina * , M.Giordano, G. Lengua, F. Monardo, E. Silvestri, M. AminiS.C. Anatomia Patologica, A.O. “San Giovanni AddolorataCalvary Hospital”, Roma; * Chirurgia Generale ed Oncologica,Ospedale “M.G. Vannini”, RomaIntroduzioneL’esame intraoperatorio del linfonodo sentinella 1 in pazientiaffette da carcinoma mammario consente l’asportazione deilinfonodi del cavo ascellare contestualmente all’interventosulla mammella. Tale procedura è tuttavia ancora materia didiscussione.MetodiIl linfonodo sentinella è stato esaminato in sede intraoperatoriain 236 di 402 casi consecutivi di carcinoma mammario. Di


348COMUNICAZIONI LIBEREquesti, 68 casi sono stati esaminati con sezioni congelate,mentre 168 sono stati esaminati per apposizione citologica.RisultatiL’esame intraoperatorio ha dimostrato un’accuratezzadell’89% (209/236), ma ha permesso di identificare soltanto52 dei 77 casi che sono poi risultati positivi all’esame definitivo(sensibilità = 68%). Ci sono stati 25 falsi negativi(13,7%), 7 dei quali rappresentati da macrometastasi e 18 costituitida micrometastasi (p < 0,001). L’esame citologico perapposizione non ha permesso di identificare 6 macrometastasi,mentre 1 non è stata evidenziata alla sezione al criostato(p = 0,9). I falsi positivi registrati sono stati 2 (3,7%). Inoltre,l’esame definitivo del linfonodo sentinella, comprensivodi immunoistoichimica, ha evidenziato la presenza di CelluleTumorali Isolate (ITC) in 14/236 casi (6%), 12 dei qualierano risultati negativi in sede intraoperatoria. La linfoadenectomiasincrona all’intervento sulla mammella, dopo identificazioneintraoperatoria della metastasi linfonodale, è stataeseguita su 48/236 pazienti (20%). Tale procedura è stataadottata nel 10% delle pazienti con neoplasia di diametro cm 2 (p =0,05). La spesa sanitaria risparmiata al SSN, per questo gruppodi pazienti, è stata di 390.593.ConclusioniL’esame intraoperatorio appare quindi sufficientemente sensibileper l’identificazione delle macrometastasi, ma non ètotalmente accettabile per la diagnosi delle micrometastasi e,soprattutto, delle Cellule Tumorali Isolate (ITC). Entrambe lemetodiche, citologica per apposizione ed istologica per sezionecongelata, appaiono equivalenti. L’esame intraoperatorioconsente di stabilire l’approccio chirurgico più idoneo edè di particolare utilità nelle pazienti con neoplasia T2. Taleprocedura si può inoltre tradurre in un consistente risparmioeconomico per il SSN. Rimane, tuttavia, da standardizzareuna metodica accurata e facilmente riproducibile per l’esameintraoperatorio del linfonodo sentinella.Bibliografia1Motomura K, et al. Br J Surg 2002;89:1032-34.Carcinoma lobulare in situ e invasivo: studiodi clonalità con mtDNAG. Marucci, L. Morandi, M.G. Cattani ** , C. Riva * , V. EusebiSezione di Anatomia Patologica, Dipartimento di Oncologia,Università di Bologna, Ospedale Bellaria, Bologna; ** U.O.di Anatomia Patologica, Ospedale Maggiore; * Istituto diAnatomia Patologica, Università dell’InsubriaIntroduzioneIl rapporto tra il carcinoma lobulare in situ (CLIS) ed il carcinomalobulare infiltrante (CLI) è ancora oggetto di molteplicie non univoche interpretazioni. All’inizio il CLIS eraconsiderato un precursore obbligato del CLI, pertanto talediagnosi su biopsia poteva giustificare una mastectomia. Oggiesso viene considerato allo stesso tempo un indicatore dirischio e un precursore non obbligato del CLI: questa interpretazioneha portato ad un comportamento clinico più attendisticoma non ha risolto la confusione esistente.L’obiettivo del presente lavoro è quello di indagare se ilCLIS rappresenti un fattore di rischio oppure un precursoredello sviluppo successivo di CLI.MetodiSono stati arruolati 10 casi di CLIS con associato CLI. In tuttii casi è stata eseguita indagine immunoistochimica con anticorpoanti caderina-E ed è stato microdissecato il seguentemateriale: CLI; CLIS; Epitelio mammario morfologicamentenormale; Linfociti. Dai campioni ottenuti è stato estratto ilDNA ed è stato effettuato il sequenziamento della regioneipervariabile D-loop del DNA mitocondriale (mtDNA) perrealizzare un’analisi di clonalità.Al fine di evidenziare in termini di distanze genetiche le variemutazioni trovate, è stato utilizzato il metodo del Neighbor joining(NJ) 1 che al termine di un’elaborazione computer-assistitapermette la raffigurazione di un albero “randomizzato” e attraversoun algoritmo, come descritto da Kumar 2 , produce unvalore numerico che è direttamente proporzionale alla distanzagenetica rilevata.RisultatiL’esame dell’mtDNA ha messo in evidenza in 7 casi una distanzagenetica minima o ridotta fra le lesioni in situ ed invasive,in 2 casi intermedia e in 1 caso elevata. Tra i casi chemostrano una distanza ridotta vi sono sia carcinomi lobulariclassici che pleomorfi .ConclusioniI dati ottenuti mostrano nel 70% dei casi una distanza geneticaridotta tra il CLIS e il CLI, pertanto appaiono favorirel’ipotesi che il CLIS possa essere in molti casi un vero precursoredel CLI. Sarebbe opportuno che questo profilo geneticoemerso dall’analisi del mtDNA potesse essere supportatoda altre tecniche, come la CGH-array, al fine di identificareeventuali comuni delezioni o amplificazioni di materialegenetico anche di dimensioni molto piccole.Bibliografia1Saitou N, et al. Mol Bio Evol 1987;4:406-425.2Kumar S, et al. Bioinformatics 2001;17:1244-5.Espressione della dentin matrix protein (DMP-1) nel carcinoma mammario: possibile ruoloprognosticoE. Bucciarelli, V. Castronovo * , A. Bellahcène * , G. Bellezza,G. Brachelente, A. Cavaliere, M. Scheibel, A. SidoniIstituto di Anatomia Patologica, Divisione di Ricerche sulCancro, Università degli Studi di Perugia; * Center for ExperimentalCancer Research, Metastasis Research LaboratoryUniversity of Liége, BelgiumIntroduzioneLe cellule del carcinoma della mammella posso produrre glicoproteineproprie della matrice ossea che conferirebberoproprietà osteomimetiche alle cellule stesse rendendo possibileil loro impianto nelle ossa. Tra le glicoproteine più studiatevanno ricordate la Bone Sialoprotein (BSP), l’Osteonectina,l’Osteopontina e l’Osteocalcina mentre per la DentinMatrix Protein (DMP-1) sono disponibili pochi dati in letteratura.MetodiSono stati esaminati 150 casi di carcinoma della mammellacon un follow-up medio di 67 mesi (range 5-121). Cinquantadelle pazienti erano libere da malattia, 50 presentavanometastasi viscerali e 50 avevano metastasi viscerali ed ossee.Sono state rivalutate le caratteristiche anatomopatologichedelle neoplasie ed è stata ricercata l’espressione immunoistochimicadella BSP e della DMP-1 valutando la percentuale di


PATOLOGIA DELLA MAMMELLA349cellule positive e l’intensità dell’immunomarcatura combinandoquesti dati in un sistema di “scoring”.RisultatiLa DMP-1 ha mostrato maggior espressione nei tumori didiametro inferiore (T1) e nelle forme ben differenziate (G1)ed è risultata positiva nel 48% dei casi liberi da metastasi, nel32% di quelli con sole metastasi viscerali e nel 19% dei casicon metastasi ossee e viscerali mostrando, pertanto, una correlazioneinversa con il rischio di metastasi ossee. Le curvedi sopravvivenza mostrano profili più favorevoli per i casiche esprimono alti livelli di DMP-1 e di BSP o alti livelli diDMP-1 e bassi livelli di BSP.ConclusioniI risultati suggeriscono che la DMP-1 può essere consideratacome un fattore prognostico protettivo rispetto alla comparsadi metastasi ossee in apparente antagonismo con la BSP.Quest’ultimo aspetto è avvalorato dalla possibilità di otteneredifferenti categorie di rischio e di sopravvivenza combinandole espressioni della DMP-1 con quelle della BSP. Seconfermati su casistiche più ampie questi dati potrebberoportare a possibili sviluppi terapeutici volti a interferire conle proprietà osteomimetiche delle cellule neoplastiche.hyperplasia and 10 fibroadenomas) were collected at the“Istituto Nazionale dei Tumori di Napoli”, Naples, Italy. Thecriteria for inclusion in the study were the availability of routinelyprocessed paraffin blocks for immunohistochemistryand adequate clinical information. The immunohistochemicalanalysis was performed using antibodies raised versus theN-terminal region of the HMGA1 proteins.ConclusionsHere we analyzed the HMGA1 expression in benign and malignantneoplastic diseases of the breast. No HMGA1 significantexpression was observed in normal breast tissue, whereasa strong positive staining was observed in breast carcinomasand in some benign breast diseases. Interestingly, the HMGA1expression is not present in 19 of the 45 ductal carcinomasanalyzed and at odds with data published in the human malignantneoplasias, the level of the HMGA1 expression in thepositive breast samples do not correlate with the tumor grading,whereas a positive correlation was found between HM-GA1 expression levels and c-erb-B2 amplification.References1Johnson KR, et al. Mol Cell Biol 1989;9:2114-2123.2Chiappetta G, et al. Int J of Cancer 2001;2:147-151.HMGA1 protein expression in human breastcarcinomas: correlation with C-ERB2expressionG. Chiappetta * , M. Monaco * , R. Pasquinelli * , G. D’Aiuto * ,G. Botti * , M. Di Bonito * , E. Vuttariello * , V. Giancotti *** , A.Fusco ***Istituto Nazionale dei Tumori di Napoli, Fondazione SenatorePascale, Napoli; ** Department of Biologia e PatologiaCellulare e Molecolare Facoltà di Medicina e Chirurgia diNapoli, Università di Napoli Federico II; *** Department ofBiochimica, Biofisica e Chimica delle Macromolecole, Universitàdi TriesteIntroductionBreast neoplastic diseases comprise a broad spectrum of diseasesranging from benign fibroadenoma to the very aggressiveundifferentiated carcinoma that it is lethal in a fewmonths. Even though the knowledge of the molecular eventunderlying the generation of human breast carcinomas has madeenormous progress, other information are required. At themoment some prognostic indicator are commonly evaluated.Among them c-Erb-B 2 overexpression and loss of estrogenreceptors correlates with a poor prognosis. Moreover, informationabout genetic alterations occurring in breast carcinomasmay suggest other therapeutic approaches. The HMGA familyis represented by three members: HMGA1a, HMGA1band HMGA2, being the first two proteins encoded by the samegene, i.e. HMG1a, through alternative splicing while HMGA2is coded for by a distinct gene 1 . Our group has previouslyshown that HMGA protein detection has a prognostic factor incolon carcinogenesis 2 , and that it can allow discriminationbetween adenomas and thyroid carcinomas. We have also demonstratedan abundant HMGA expression in several carcinomacell lines, and that the block of their synthesis through theinfection with an adenovirus carrying HMGA1 antisense sequencessuppressed their growth.Material and methods50 breast carcinomas (including 35 ductal carcinomas, 5 lobularcarcinomas, 10 in situ carcinomas) and 38 benign breastdiseases (including 13 thypical hyperplasia, 15 athypicalMammaglobin expression in breast cancertissues: correlation with prognostic factorsS. Roncella * , P. Ferro * , B. Bacigalupo * , D. Gianquinto ** ,F. Pensa *** , E. Falco ** , V. Ansaldo ** , P. Dessanti * , M. Moroni* , P. Pronzato *** , F. Fais **** , F. Fedeli **U.O. di Anatomia ed Istologia Patologica, di Oncologia *** ,di Chirurgia ** , Ospedale S. Andrea, La Spezia, Sez. di AnatomiaUmana, Di.Me.S., Università di Genova****IntroductionHuman Mammaglobin (hMAM) has recently been recognizedas a breast associated glycoprotein. Several studies haveproposed hMAM as a marker for molecular detection ofbreast cancer (BC) cells in blood, lymph nodes, bone morrowand malignant effusions.Although the biological role of hMAM is unknown, it hasbeen previously reported that hMAM gene expression is amarker of low biological and clinical aggressiveness of BC.In this study expression of hMAM mRNA in BC tissues hasbeen correlated with clinically pathological features in orderto evaluate the possible prognostic value of this marker.Methods148 cases of BC tissues were investigated for hMAM mRNAexpression by mean of reverse transcriptase polymerasechain reaction (RT-PCR).HMAM was correlated with age of patients, type and size oftumour, nodal stage, histologic grade (G), c-erbB-2 over expression,Ki-67 labelling index, ER and PGR status.Fisher’s exact test was used to examine the associationbetween different parameters and hMAM.ResultshMAM was expressed in 138/148 (93%) of BC tissues studied.Among the 10 hMAM-ve cases, 8 were invasive ductal carcinoma(G3 grade) and 2 infiltrating lobular carcinomas.Lack of hMAM mRNA correlated significantly with the G3histologic grade (P=0.01, Fisher’s exact test). In contrast, norelation was observed with age, tumour size, histologic type,nodal invasion or ER, PGR, c-erbB-2 and Mib-1 expression.


350COMUNICAZIONI LIBEREConclusionsAlthough larger studies are need to confirm our result, thepresent study supports the hypothesis that detection ofhMAM mRNA is significantly correlated with low histologicgrade. Further studies are also needed to clarify the biologicalbasis of this association.AP-PCR e cluster analysis nello studio delrischio di progressione di pazienti conpatologia mammaria benignaM. Pedriali, P. Querzoli, M. Matteuzzi, E. Magri, I. NenciDipartimento di Medicina Sperimentale e Diagnostica, Sezionedi Anatomia, Istologica, Citologia Patologica, Universitàdi FerraraIntroduzioneL’Arbitrary Primer PCR (AP-PCR) è un metodo basato su PCRche permette di costruire un’impronta molecolare dell’interogenoma usando un primer a sequenza arbitraria. Gli amplificatiottenuti, analizzati in modo integrato possono contribuire adidentificare gruppi di pazienti con lesioni mammarie benigne adifferente rischio di incidenza di carcinoma invasivo.MetodiAbbiamo studiato 19 biopsie di pazienti con lesioni mammariebenigne di cui 8 casi ( lesione tipo 1: 7 casi con mastopatiafibrocistica ed 1 fibroadenoma) hanno successivamente(follow up medio: 5,6 anni, mediana: 6,8 anni, dev.st. 3,7 anni)sviluppato carcinoma invasivo (7 di istotipo duttale ed 1tubulare) e 11 casi (lesione tipo 2: 7 casi con mastopatia fibrocistica,1 fibroadenoma, 1 mastopatia fibroadenomatoide,1 adenosi ed 1 papilloma intraduttale), che a tutt’oggi nonhanno presentato carcinoma invasivo (follow up medio 14anni, mediana: 14,1 anni, dev.st. 0,17 anni). Per l’AP-PCRsono stati usati i primers AR3 ed MCG1, gli amplificati sonostati analizzati con DNA Sequencer ABI PRISM 377; la clusteranalyis con metodo di Ward sui picchi ottenuti è stata effettuatacon il software SPSS 11.0.RisultatiSui 1500 picchi ottenuti dall’AP-PCR con primer AR3 abbiamoidentificato due clusters [cl] (cl 1 composto da 755picchi e cl 2 composto da 745 picchi) che stratificavano inmodo netto e significativo distinguendo i due tipi di lesioni instudio. Il cl 1 era composto da 301 picchi appartenenti a lesionidi tipo 1 e 454 picchi appartenenti a lesioni di tipo 2. Ilcl 2 era composto da 542 picchi appartenenti a lesioni di tipo1 e 203 picchi appartenenti a lesioni di tipo 2. Questa distribuzione(Tab. I) discrimina nettamente i picchi appartenentia lesioni benigne di tipo 1 da picchi appartenenti a lesioni benignedi tipo 2 (p < = 0,0001). Lo stesso risultato è stato ottenutousando come primer di AP-PCR MCG1. Abbiamo infattiottenuto due cl, cl 1 di 592 e cl2 di 504 picchi che si distribuivanoin modo netto e significativamente differente trai due tipi di lesioni benigne.ConclusioniÈ possibile, utilizzando i pesi molecolari dei segmenti diDNA amplificato con AP-PCR e cluster analysis costruire unmodello in grado di inferire sulla appartenenza degli amplificatiottenuti ai due diversi gruppi di lesioni benigne, individuandocon elevata significatività statistica possibili utiliinformazioni sulla tendenza dei casi a sviluppare successivamenteun carcinoma invasivo. Questo studio di fattibilitàvuole essere preliminare ad un più ampio impiego delle metodichequi descritte al fine di meglio definire il rischio dicancerogenesi mammaria.Studio finanziato da “Progetto Strategico Oncologia MIUR-CNR”.Valutazione dell’espressione di 4-1BBL incarcinoma mammario mediante RT-PCR insituS. Cazzavillan * , S. Dante * , C. Segala * , E. Bonoldi * , E.S.G.d’Amore * , V. Fosser ** , P. Morandi ***U.O. Anatomia Patologica; ** U.O. Oncologia Medica,AULSS 6 VicenzaIntroduzione4-1BB ed il suo ligando 4-1BBL sono molecole che appartengonoalla superfamiglia dei Tumor Necrosis Factors(TNF) e sono implicate nella modulazione del sistema immunitario.Il 4-1BB è costitutivamente espresso nei linfocitiT attivati (CD4-CD8), mentre il 4-1BBL nelle Antigen PresentingCells (APC) (monociti, macrofagi, cellule del sistemareticolare dendritico). L’espressione di 4-1BBL è inoltre statadescritta in linee cellulari di diverse neoplasie umane medianteRT-PCR 1 . Obiettivi del lavoro sono: a) ricercare l’m-RNA di 4-1BBL in situ in campioni tissutali di carcinomamammario; b) correlare tale espressione con l’istotipo ed ilgrading delle neoplasie esaminate. A tale scopo sono statistudiati 21 casi di carcinoma mammario (7 duttali G2, 5 duttaliG3, 5 lobulari G2 e 4 midollari G3 - grading secondo Elston-Ellis).MetodiÈ stata utilizzata la tecnica di RT PCR in situ 2 modificata;i primers per l’amplificazione sono indicati da Salih et al. 1 .La positività – citoplasmatica, golgiana o nucleolare – è statavalutata mediante la conta di 8 campi a 40X (cell/1 mm 2 ).Come controlli di amplificazione sono stati usati i linfocitiT attivati e le cellule APC presenti nel tessuto stesso.Risultatia) il 100% delle neoplasie esaminate esprime 4-1BBL in numerovariabile da 30 a 900 cell/mm 2 ; b) il pattern di espressioneè eterogeneo e prevalentemente golgiano con possibileTab. I.Cluster 1 Cluster 2 Cluster 1 Cluster 2AR3 AR3 MCG1 MCG1Lesione tipo 1 301 (39,9%) 542 (72,8%) 381 (64,4%) 38 (7,5%)Lesione tipo 2 454 (60,1%) 203 (27,2%) 211 (95,5%) 466 (92,5%)p < = 0,0001 p < = 0,0001


PATOLOGIA DELLA MAMMELLA351coesistenza di diversi pattern nella stessa cellula; c) la positività,espressa in cell/mm 2 , è maggiore nei carcinomi duttaliseguiti dai midollari e dai lobulari; d) l’espressione è maggiorenelle neoplasie ad alto grado (G3) rispetto ai G2.Conclusionimediante RT-PCR in situ è stato possibile dimostrarel’espressione di 4-1BBL su sezioni di neoplasia mammariaumana evidenziando la molecola in strutture cellularispecifiche. Tale espressione, pur essendo eterogenea, parecorrelare, nella casistica da noi esaminata, con l’istotipo ed ilgrading della neoplasia. Il significato biologico e prognosticodi tale espressione è ancora incerto e necessita dell’esame dipiù ampie casistiche e di correlazione clinico patologica.Bibliografia1Salih, et al. J Immunol 2000;156:2903-10.2Nuovo GJ. Frontiers in Bioscience 1 1996; c4-15.Espressione del recettore degli androgeni nelcarcinoma mammarioC. Riva * , G. Caprara ** , E. Dainese * , P. Cossu Rocca *** , G.Massarelli *** , C. Capella * , V. Eusebi ***Dipartimento di Morfologia Umana, Università dell’Insubria,Varese; ** Sezione di Anatomia Patologica, Dipartimentodi Oncologia, Università di Bologna, Ospedale Bellaria,Bologna; *** Istituto di Anatomia Patologica, Università diSassariIntroduzioneÈ ampiamente dimostrato che gli androgeni e il recettore degliandrogeni (AR) sono implicati nella patogenesi del carcinomamammario. Allo stato attuale è noto il significato deirecettori degli estrogeni (ER) e del progesterone (PR) comemarcatori di risposta alla terapia ormonale e di decorso dellamalattia, mentre il ruolo biologico ed il significato prognosticodi AR nel carcinoma mammario sono assai meno conosciuti.MetodiNel nostro studio è stata indagata con metodica immunoistochimical’espressione di AR in 250 carcinomi mammari consecutivi,comprendenti 222 carcinomi duttali infiltranti (CD)e 38 carcinomi lobulari infiltranti (CL). Sono stati utilizzati iseguenti anticorpi: AR (clone AR 27, Novocastra), ER (clone6F11, Ventana), PR (clone 16, Ventana) e Ki-67 (clone MIB-1, Dako), con procedura automatica standardizzata (Ventana)e tecnica Envision (Dako). I recettori ormonali sono stati valutatipositivi quando almeno il 10% dei nuclei erano immunoreattivi;elevato indice proliferativo era stimato una marcaturanucleare per MIB-1 ≥ 30%. La significatività statisticaè stata valutata con test di Fisher e del χ-quadro.RisultatiLa positività per AR era presente in 151 casi (60,4%) e risultavamaggiormente espressa nei CL (86,8%) rispetto ai CD(53%) (differenza statisticamente significativa: χ 2 = 11,82).AR-positività era associata nel 93% dei casi ad ER-positività(statisticamente significativo: χ 2 = 14,33) e nel 72% dei casia PR-immunoreattività (statisticamente significativo: χ 2 =7,36); 80% dei casi AR positivi erano caratterizzati da bassoindice proliferativo e nel 66% dei casi mostravano basso gradoistologico (G1-G2).ConclusioniI nostri risultati ci consentono di concludere che AR è frequentementeespresso nel carcinoma mammario, con una significativaprevalenza nell’istotipo lobulare rispetto a quelloduttale. Inoltre i carcinomi mammari AR positivi hannogeneralmente una concordante espressione di ER e PR, sonocaratterizzati da un basso indice proliferativo ed hannobasso grado istologico. Infine la determinazione di AR potrebbeessere di un certo interesse in ambito clinico-prognosticofornendo indicazioni utili per una terapia anti-androgena.Espressione del gene HER2 nel carcinomadella mammella. Valutazione casisticaS. Orrù, A. Murgia, M. RaisServizio Anatomia Patologica Ospedale Oncologico “A. Businco”,CagliariIntroduzioneLa valutazione dello status di HER2 nel carcinoma mammarioha valore prognostico e predittivo. In questo studio abbiamointeso effettuare una caratterizzazione dei tumoriHER2+ e valutare se, nella nostra casistica, HER2 possa rappresentareun marcatore prognostico indipendente.Metodi144 tumori mammari con amplificazione genica diHER2/neu valutata mediante metodica FISH (Inform HER-2 - Ventana) e overespressione della proteina recettoriale,sono stati confrontati con 523 casi-controllo rappresentatida carcinomi mammari consecutivi, saggiati con sola metodicaimmunoistochimica per la valutazione della proteinarecettoriale c-erbB-2 (policlonale Dako) e refertati con punteggio0-1-2.RisultatiI parametri prognostici di comparazione utilizzati nel nostrostudio, sono quelli correntemente accettati 1 . Le pazienti conamplificazione del gene HER2, rispetto al gruppo di controllorisultano appartenere ad una più giovane fascia di età (etàmedia 51 vs 58, mediana 50 vs 59); l’istotipo maggiormenterappresentato è il duttale (90% vs 70%), il grado di differenziazionepiù frequentemente riscontrato è il G3 (60% vs20%), vi è una preponderanza di T2 e T4 (rispettivamente58% vs 40% per il T2 e 11% vs 5% per il T4, mentre i T3 sonosostanzialmente sovrapponibili); mostrano più frequentementeun coinvolgimento linfonodale (il 65% dei casi vs il40%); hanno comprensibilmente un maggior indice di proliferazionecellulare (Ki-67 = o > al 25% nel 79% dei casi, vsil 18% del gruppo di controllo). Il Recettore Estrogeno è assentenel 53% dei casi vs il 17%, mentre il Recettore Progestinicoè assente nel 71% dei casi, rispetto al 25% del gruppocontrollo.ConclusioniDall’analisi comparativa tra neoplasie mammarie con dimostrataamplificazione del gene HER2/neu e tumori mammariconsecutivi con proteina recettoriale assente o non intensamenteespressa, saggiata mediante immunoistochimica, èemerso che lo status di amplificazione del gene HER2 sottendeneoplasie caratterizzate dalla presenza di marcatori dicattiva prognosi. Inoltre tale status difficilmente può essereconsiderato fattore prognostico indipendente giacché strettamentecorrelato agli altri parametri prognostici attualmentericonosciuti.Bibliografia1Goldhirsch A, et al. JCO 2003;21(17):1-9.


352COMUNICAZIONI LIBEREIl contributo della Real-Time PCR nelladefinizione dell’HER2/neu status dei casiclassificati 2+ dopo valutazioneimmunoistochimicaG. Monego 1 , V. Arena 2 , N. Maggiano 2 , L. Costarelli 3 , A.Crescenzi 4 , G. Zelano 1 , M. Amini 3 , A. Carbone 2,51Istituto di Anatomia Umana Normale e Biologia Cellulare;2Istituto di Anatomia Patologica (Roma); 5 Centro di Ricercae Formazione ad Alta Tecnologia nelle Scienze Biomediche(Campobasso), Facoltà di Medicina “A. Gemelli”, UniversitàCattolica del Sacro Cuore; 3 Unità Operativa di AnatomiaPatologica Ospedale “S. Giovanni”, Roma; 4 UnitàOperativa di Anatomia Patologica Ospedale “Regina Apostolorum”,AlbanoIntroduzioneLa determinazione del livello di espressione di HER-2 nelcarcinoma della mammella è importante per stabilire il gradodi sensibilità o resistenza a trattamenti chemioterapici. La disponibilitàdi anticorpo monoclonale anti-HER-2(Herceptin ® ), inoltre, offre un nuovo strumento terapeutico incaso di malattia avanzata e/o insensibile a terapia ormonale oai normali chemioterapici. L’indicazione al trattamento conanti-HER-2 si basa sull’evidenziazione dell’iperespressione/amplificazionedel gene HER-2. Attualmente, l’algoritmodiagnostico prevede una prima valutazione immunoistochimica(IIC) seguita da analisi FISH (fluorescence in situ hybridization)dei casi risultati borderline per espressione diHER-2 (punteggio di 2+ in una scala da 0 a 3+).Nel presente studio abbiamo confrontato i risultati delle determinazionidi HER-2 ottenuti con la FISH con quelli ottenuticon la real-time polymerase chain reaction (RTPCR), neicasi risultati dubbi per iper-espressione di HER-2 all’esameIIC.MetodiSono stati analizzati 57 campioni di carcinoma della mammellarisultati 2+ all’esame IIC. Gli stessi blocchetti di paraffinasono stati utilizzati per allestire le sezioni destinate alledifferenti metodiche molecolari (FISH e RTPCR).RisultatiL’amplificazione del gene HER2 è stata rilevata nel 23% deicasi con la FISH e nel 47% con la RTPCR.ConclusioniI dati ottenuti indicano che la RTPCR ha una sensibilità superioredella FISH nell’individuare i casi con amplificazionedi HER-2. Tali risultati incoraggiano la possibilità di inserirela RTPCR nell’algoritmo diagnostico per diagnosi di amplificazionedi HER-2 al posto della FISH nei casi valutati borderline(2+) all’IIC, soprattutto se considerata come test positivoaltamente predittivo. L’analisi mediante FISH verrebberiservata ai soli casi risultati negativi alla RTPCR, comecontrollo, data la possibilità della FISH di identificare cellulecon amplificazione genica pur se disperse in un tessutoprevalentemente costituito da elementi euploidi. La sensibilitàdel metodo RTPCR potrebbe essere ulteriormente aumentatariducendo la contaminazione dovuta alla componentestromale e/o non neoplastica, ricorrendo alla delimitazionedelle aree da analizzare mediante microdissezione laser oscraping manuale.La qualità nella procedura “analisi molecolaredell’amplificazione HER-2/neu” nei carcinomidella mammella con metodica FISH: dallarichiesta all’erogazione della prestazioneE. Piazzola * , G. Ciancio ** , M. Mina * , S. Pecori * , E. Manfrin* , M. Brunelli * , F. Bonetti * , F. Menestrina **Anatomia Patologica, Università di Verona; ** ConsulenteFormatoreIntroduzioneLa sezione di Anatomia Patologica dell’Università di Verona,condivide il documento di Descrizione del Sistema Qualità,nell’ambito della certificazione dell’Azienda Ospedaliera diVerona. Abbiamo voluto applicare il metodo del lavoro impostatoper analizzare i processi diagnostici dell’Unità Operativaal nuovo processo, recentemente introdotto e semprepiu’ richiesto, di analisi molecolare dell’amplificazione delgene Her-2/neu nei carcinomi della mammella tramite metodicadi ibridazione in situ fluorescente (FISH/Her-2).MetodiAbbiamo analizzato il processo a partire dalla richiesta dellaprestazione FISH/Her-2 in 25 casi di carcinoma della mammellaconsecutivi, giunti presso la nostra Unità Operativa dalgennaio a maggio 2004.RisultatiAbbiamo identificato le seguenti fasi del processo: il test FI-SH/Her-2 viene richiesto dal patologo su un foglio di lavoro eviene indicato l’incluso in paraffina appropiato per l’analisi (1°giorno); il personale tecnico di istologia fornisce le sezioni ditessuto in bianco al personale tecnico competente per la metodicaFISH; viene registrato il caso in sequenza numerica con lasigla FLA (analisi in fluorescenza) in un file Excel (2° giorno);viene eseguita l’analisi molecolare (3° e 4° giorno) e la valutazionedel preparato viene fatta in doppio cieco in sequenzada un tecnico addetto alla metodica FISH e da un medico (5°giorno); la diagnosi (prodotto) viene siglata su un foglio A4 indicandoil materiale su cui è stata eseguita l’analisi molecolare,il numero istologico relativo, la sigla numerata FLA e la rispostaindicata come “Her-2 amplificato”, “Her-2 non amplificato”;vengono poi stampate e firmate tre copie della diagnosi(6° giorno), una per archivio cartaceo interno all’Unità Operativa,una per il medico richiedente (customer) ed una in allegatoalla diagnosi istologica.ConclusioniL’analisi del processo inerente la “diagnosi molecolare FI-SH/Her-2” nei carcinomi della mammella, permette il controllodelle varie fasi del lavoro ed il monitoraggio continuodella qualità del servizio.HER-2/neu in breast cancer: a comparativestudy between histology,immunohistochemistry and moleculartechnique (FISH)E. Rossi, A. Ubiali, P. Balzarini, M. Cadei, F. Alpi, C. Tedoldi,P. GrigolatoCattedra di Anatomia e Istologia Patologica II Servizio Università-SpedaliCivili di BresciaIntroductionHER-2/neu is a protooncogene frequently overexpressed inbreast cancer. Fluorescence In Situ Hybridization (FISH) is a


PATOLOGIA DELLA MAMMELLA353technique targeting the gene amplification, while Immunohistochemistrydetects the protein expression. Usually bothare applied to paraffin embedded tissue. We studied HER-2by FISH and Immunohistochemistry in 86 breast carcinomas,subdivided by histological criteria.MethodsBoth FISH and immunohistochemistry were performed onformalin-fixed, paraffin-embedded samples. FISH was appliedusing the PathVysion Vysis kit labelling HER-2/neugene and chromosome 17 centromere. The immunostainingtechnique was DAKO HercepTest (HT) targeting HER-2 protein.ResultsThe results showed a good overall concordance betweenFISH and HT. In all cases with HercepTest score 0 and 1+ thenon-amplification of gene was observed. The gene amplificationwas found in 17.85% of cases with 2+ score and in72.41% of 3+ cases. Furthermore, we investigated the twovariablescorrelation between chromosome 17 copy number,protein overexpression, gene amplification and presence ofmetastatic lymph nodes.ConclusionsData described in literature for 3+ carcinomas show a 3-10%discrepancy between protein expression and gene amplification,while in this study this difference is up to 20%. As aconsequence, even if usually it is considered important toanalyse by FISH only 2+ cases, 3+ cases may represent a newinteresting subset. The reason why some tumors are FISHpositive and HT negative is still not clear. Other interestingresults were the correlation between HT and chromosome 17aneusomy (aneusomy raises progressively from 0 to 3+score) and between gene amplification and lymph node status(weak inverse correlation, lymph node negatives moreamplified than positives). In conclusion, the FISH techniquecan represent an important and useful diagnostic tool to integratethe result of HT and to select patients for the immunotherapy.Utilizzo di metodologie standardizzate nellavalutazione del gene HER2: risultati sucasistica di 33 carcinomi duttali infiltrantidella mammellaA. Bernardi * , G. Canavese * , G. Candelaresi * , R. Giani ** ,P. Lovadina * , E. Margaria * , E. Berardengo **S.C. Anatomia Patologica; ** S.S.C. Chirurgia Senologica,Polo Oncologico Torino Est, Ospedale S. Giovanni A.S.IntroduzioneNei tumori solidi la prima applicazione di “target terapia” siè ottenuta nel carcinoma mammario con Herceptin, terapiaanti HER2 approvata per il trattamento del sottogruppo dicarcinomi mammari metastatici con overespressione diHER2. Se un marcatore assume valore prognostico predittivodi risposta a terapia la sua valutazione esige standardizzazionedi metodologie operative, di metodica, di lettura dei preparatie valutazione dei dati ottenuti 2 .Metodi13 carcinomi duttali infiltranti della mammella positivi 3+ e20 positivi 2+ al Dako Herceptest sono stati indagati con testdi ibridazione in situ in fluorescenza (Fish) usando DakoHER2 Fish pharmDxTM Kit (con validazione FDA e IVDeuropea) che utilizza un mix di sonde DNA cosmidico controil gene her2 e, con tecnologia PNA, contro il DNA alfa-satellitecentromerico del cromosoma 17 (Cen17) marcate rispettivamentecon Texas Red e Fitc. Da campi differenti in 60nuclei tumorali 1 di ogni caso sono stati contati i segnali fluorescentirossi e verdi al microscopio a fluorescenza con messaa fuoco manuale, obiettivo 100x in immersione e poi analizzaticon software DakoCytomation her2-fish che permette:analisi di immagine multifocale, incremento della risoluzionedel segnale, mantenimento della specificità e sensibilità,definizione manuale dei nuclei, conteggio dei segnali e assemblaggiodei risultati in una tabella riassuntiva dei nucleianalizzati, numero dei segnali Cen 17, numero dei segnaliHer2, rapporto Cen17/Her2, ratio finale.Risultati25/33 carcinomi risultavano her2 amplificati con correlazionestatisticamente significativa (P = 0,03) con alta proliferazione.Un terzo dei casi Fish negativi avevano marcata polisomia.ConclusioniNel sottogruppo di carcinomi mammari infiltranti con overespressionedi Her2 l’applicazione di metodica Fish con kitstandardizzato, supportato da software di analisi d’immagineavanzato: aiuta la corretta valutazione dello stato di her2, discriminadai negativi i tumori positivi per amplificazioneeleggibili a terapia con Herceptin ed evidenzia quei casi nonamplificati in cui il fenomeno di polisomia determina overespressioneproteica.Bibliografia1Persons DL. Ann Clin Lab Science 2000;30:41-48.2Rhodes A. Am J Clin Path 2001;115:44-58.ER negative, p53 positive, breast cancersfrequently express basal and myoepithelialcell markersS. Casnedi, E. Dainese, C. Riva, C. Capella, F. SessaDepartment of Pathology, University of Insubria, VareseIntroductionLuminal, basal and myoepithelial cell differentiation havebeen reported in ductal breast cancer (BC), using severalmarkers, including cytokeratins (CK) 5, CK14, CK8, CK18,actin, S100, CD10 and vimentin. Luminal type BC are frequentlyassociated with ER and PgR positivity and good prognosis.No relationship has been documented about p53 positivity,tumour grade and the expression of basal and myoepithelialmarkers. The aim of our study was to investigate theexpression of CK5 and CK14 in high-grade p53+, ER-BCs,and to correlate it with the expression of myoepithelialmarkers (actin, vimentin and S100).Material and methodsFormalin-fixed, paraffin-embedded sections from 30 selectedBC, p53+, ER-, PgR-, c-erb-B2-negative BCs were immunostainedfor CK14 (clone LL002, 1:20, Novocastra), CK5 (cloneXM26, 1:200, Novocastra), CD10 (clone 56C6, 1:25, Novocastra),S100 (rabbit policlonal antibody, 1:1000, Dako), vimentin(clone V9, 1:30, Dako). A tumour was considered positivewhen 10% or more of tumoral cells were positively stained.ResultsAll cases were G3, ER-, PgR-, c-erb-B2-negative, p53-positiveBCs. The mean age was 64 years ranging from 37 to 90.Fifteen out thirty cases (50%) had lymph node metastases (11N1 and 4 N2). Morphologically these tumours were characterizedby the presence of large sheets of cells sometimes


354COMUNICAZIONI LIBEREwith spindle appearance, festoon-like pattern, and occasionalcentral necrosis. The proliferative index was high in all cases(mean Ki-67 61%). The mean nuclear positivity of neoplasticcells for p53 was 74%, ranging from 10% to 100%. Twentysixout thirty (87%) of BC were positive for S100, 13/30(43%) for vimentin, 7/30 (23%) for CD10, 13/30 (43%) forCK14, and 19/30 (63%) for CK5. Twenty-four out thirty BC(80%) were positive for 2 markers under study and 19/30 BC(63%) for 3 or more of them. Only 3/30 (10%) were negativefor all the antibodies tested.ConclusionsOur study suggests that among high grade BCs there is a subsetof p53 positive tumours, negative for ER, PgR and c-erb-B2, that expresses frequently basal and myoepithelialmarkers. This particular phenotype could be the result of adifferent pathway in the breast tumoral carcinogenesis andcan have important clinical relevance because of its high rateof lymph node metastasis. The results suggest that p53+,ER-, BC should be investigated for the expression of basaland myoepithelial markers.Valutazione clinica e biopatologicamultiparametrica di 702 carcinomi mammariinfiltranti con tecnica del tissue microarray(TMA)P. Querzoli, M. Pedriali, S. Ghisellini, R. Rinaldi, S. Ferretti,C. Frasson, C. Zanella, E. Canova, F. Modesti, I.NenciSezione di Anatomia, Istologia e Citologia Patologica. Dipartimentodi Medicina Sperimentale e Diagnostica, Universitàdi FerraraIntroduzioneI TMAs consentono al patologo di analizzare l’espressioneproteica in centinaia di carcinomi mammari, di identificare evalidare quali profili biopatologici possono essere utilizzati perdefinire classi di rischio e categorie diagnostico-predittive.MetodiSono stati studiati 702 casi di carcinoma mammario infiltrante(1989-1993), su 31 TMAs, con follow-up clinico > 8anni (ormonoterapia 204 pazienti, chemioterapia 98; recidivelocali 9,8%, sistemiche 23% e decessi per cancro 17,5%). Èstata effettuata una caratterizzazione clinico-patologica (età,stato menopausale, istotipo, pT, grado, pN e Nottingham PrognosticIndex) e biologica (ERα, PR, MIB1, HER2, E-CAD,p53 e Cox2; 217 TMAs vs 5616 sez. convenzionali), con ICA(immunocoloratore automatico Nexes/Ventana) e valutazionequantitativa computerizzata (Eureka/Menarini). I dati raccoltiin una banca dati relazionale sono stati analizzati con statisticaunivariata, multivariata e dei clusters.RisultatiIl 75,1% era di istotipo duttale, 15,5% lobulare, 9,4% speciali;il 64,1% era pT1, il 48,8% pN0(i-), 3,6% pN0(i+), 3% pN1mi,44,6% pN1/pN2/pN3. Dal confronto tra i parametri biopatologicisono emerse correlazioni indirette tra: grado ed ER, PR edE-CAD; pT ed ER; correlazioni dirette tra grado e Mib1,HER2, p53 e Cox2; overespressione di HER2 ed istotipo duttalee perdita dell’E-CAD nel lobulare. L’iperespressione diPR è associata ad una migliore sopravvivenza globale (OS) edun maggiore intervallo libero da malattia (RFI). Il NPI ha identificato3 gruppi di pazienti (basso rischio 41%, rischio intermedio44%, alto rischio 15%) ad andamento clinico diverso. Sisono dimostrati parametri con ricaduta clinica: pT sull’RFInelle pazienti pN0(i-) e pN1a-pN3; grado nel gruppo pN1apN3,ER nel gruppo pN0(i+)-pN1mi e sull’RFI nella categoriapN1a-pN3; PR sull’RFI nel gruppo pN0(i+)-pN1mi e Cox2nelle pazienti pN1a-pN3 sottoposte a chemioterapia.ConclusioniQuesto studio si inserisce in un progetto di ricerca multicentrico* il cui obbiettivo è di identificare nuovi markers prognosticie predittivi. L’ampia casistica su TMAs, integratacon altri markers già studiati sulla medesima casistica saràvalutata con complesse analisi statistiche per consentire lapredizione individuale delle probabilità degli eventi. In questoambito il patologo potrà contribuire non solo nella diagnosticatumorale ma anche nella validazione dei risultati enella impostazione terapeutica.*Università di Chieti: Prof. S. Iacobelli, Prof. A. Marchetti,Prof. M. Piantelli; Università di Milano: Prof. E. Marubini;Università di Modena: Prof. A. Maiorana; Università di Pisa:Prof. G. Bevilacqua.COX-2 expression in intraductal breastcarcinomaG. Perrone * , M. Zagami * , D. Santini ** , B. Vincenzi ** , A.Bianchi * , A. La Cesa ** , V. Altomare *** , A. Primavera *** , C.Battista *** , A. Vetrani **** , G. Tonini ** , C. Rabitti **Surgical Pathology, Campus Bio-Medico University, Rome;**Medical Oncology, Campus Bio-Medico University, Rome;***Breast Surgical Unit, Campus Bio-Medico University, Rome;**** Department of Anatomic Pathology and Cytopathology,University of Naples “Federico II”IntroductionThere is considerable evidence that links COX-2 to the developmentof cancer. Epidemiological studies suggest thatregular intake of NSAIDs may protect against breast cancer1 . Ristimaki et al. analyzed the expression of COX-2protein in 1155 invasive ductal carcinomas using immunohistochemicalmethods and found that 39.9% of these lesionswere COX-2 positive 2 . The aim of our study was toassess, by immunohistochemical method, COX-2 expressionin ductal carcinoma in situ (DCIS) and its possiblecorrelation with HER2/neu, VEGF expression and othercommon immunohistochemical parameters (p53, ER, PGR,Ki-67).MethodsTissue samples of 49 archival DCIS without any invasivecomponent were analyzed by immunohistochemistry usingstreptoavidin-biotin method for COX-2 (clone M-19: SantaCruz Biotechnology), Her-2/neu (HercepTest TM : Dakocytomation),VEGF (clone A-20: Santa Cruz Biotechnology),estrogen (clone 1D5: Dakocytomation) and progesterone(clone 1A6: Dakocytomation) receptors , Ki-67 (clone MIB-1: Dakocytomation) and p53 (clone DO7: Dakocytomation).3-3’-diaminobenzidine (DAB) was used for color developmentand hematoxylin was used for counterstaining. Negativecontrol slides processed without primary antibody wereincluded for each staining.ResultsCOX-2 expression was detected in 43 (87.8%) tissue samplesof which 24.5% were graded as weak, 44.9% as moderateand 8.4% as high expression. Only 6 (12.2%) lesions resultednegative for COX-2 expression. VEGF expression was detectedin 93.8% of sample. 66.7% of lesions were found po-


PATOLOGIA DELLA MAMMELLA355sitive to HER2/neu expression. Furthermore we found that inDCIS over-expression of COX-2 is positively correlated tohigh tissue levels of VEGF (P=0.003). A significant positivecorrelation was also detected between high levels of COX-2and HER2/neu expression (P


356COMUNICAZIONI LIBEREpN0(i+) hanno presentato un rischio specifico di svilupparemetastasi a distanza circa 3,5 volte superiore rispetto allepN0(i-), mentre nessuna differenza è stata riscontrata tra lepN0(i+) vs le pN1mi.ConclusioniIl valore prognostico della dimensione del deposito metastatico(ITC o maggiore estensione nelle micrometastasi) non èancora chiaramente definito. Nel nostro studio la presenza dicellule tumorali isolate/piccoli aggregati e micrometastasi alivello linfonodale comporta una maggiore incidenza di metastasia distanza nelle pazienti pN0(i+) e pN1mi rispetto allepN0(i-).Valutazione macroscopica intraoperatoriadei margini di resezione nella chirurgiaconservativa della mammellaD. Corti, P. Mercurio, P. Tebaldi, E. PezzicaStruttura Complessa di Anatomia Istologia Patologica e Citodiagnostica,Azienda Ospedaliera Treviglio-Caravaggio,Ospedale di TreviglioIntroduzioneAllo scopo di evitare un secondo intervento di reescissionenella chirurgia conservativa della mammella, abbiamo introdottosistematicamente lo studio macroscopico intraoperatoriodei margini di resezione in collaborazione con la II Divisionechirurgica del nostro ospedale.MetodiSono stati esaminati 37 quadrantectomie conservative percarcinoma duttale infiltrante precedentemente diagnosticatomediante core-biopsy. In tutti i casi è stato eseguito esamemacroscopico intraoperatorio sui margini contrassegnati dalchirurgo con reperi. Per il margine più vicino alla neoplasiaveniva considerata la distanza in mm. Per distanze minori di10 mm il margine veniva considerato compromesso. Il chirurgoprocedeva a reescissione immediata quando possibile.All’esame istologico definitivo del pezzo operatorio un margineveniva considerato compromesso se separato da meno di5 mm dalla neoplasia in situ o invasiva.RisultatiIn 14 casi (37,84%) un margine è stato considerato positivoall’esame macroscopico e il chirurgo ha potuto procederealla reescissione immedita del margine interessato in 11 casi,mentre in 3 l’intervento è stato trasformato in mastectomia.L’esame microscopico ha successivamente evidenziato,in 4 casi, una ulteriore compromissione del margine dareescissione per cui è stata necessaria una successiva secondaoperazione. In 23 casi (62,16%) i margini sono risultatiesenti da neoplasia all’esame macroscopico. L’esameistologico completo definitivo successivo del pezzo operatorioha evidenziato 2 casi con interessamento microscopicodei margini. In totale sono state necessarie 6 nuove operazioni(16,21%).ConclusioniL’esame macroscopico intraoperatorio dei margini di resezionenella chirurgia conservativa della mammella, nella nostraesperienza, ha permesso di limitare la necessità di un secondointervento dopo l’esame completo microscopico definitivodel pezzo operatorio. La procedura è facilmente applicabilea basso costo in tutte le realtà, permette al patologo di“guidare le mani del chirurgo” per modulare l’intervento,inoltre può migliorare la intesa tra patologo e chirurgo per ilraggiungimento del miglior risultato clinico.Biopsia mammaria percutanea sotto guidastereotassica. Analisi di 200 casiM.G. Galasso, V. Russo, P. Greco, M.F. Rizzo *U.O. Anatomia Patologica; * U.O. Radiodiagnostica Senologica,Azienda Ospedaliera “Garibaldi”, CataniaLa biopsia percutanea sotto guida stereotassica è utilizzatanella diagnosi delle lesioni non palpabili della mammella, inalternativa alla biopsia chirurgica. L’impiego di sonde da11/14G consente di ottenere il maggior numero di prelievibioptici, con un unico inserimento, sul bersaglio radiologico.Scopo del nostro studio è l’analisi delle microcalcificazionie quello di stabilirne i caratteri morfologici di benignitàe malignità. Da gennaio 2003 a marzo 2004 sono stateeffettuate 200 biopsie, che giungono in provette, fissate informalina al 10%, accom<strong>pag</strong>nate da una scheda con i dati ele notizie cliniche e/o quesiti diagnostici. I tessuti biopticisono campionati in toto, allestite 2 sezioni per ognuna delleinclusioni in paraffina e colorate in E.E. e sezioni aggiuntiveper eventuali immunocolorazioni. I 200 casi sono statidifferenziati in benigni e maligni. Lesioni benigne 83: 16atrofia; 5 fibrosi-metaplasia apocrina cistica; 62 proliferazioniepiteliali benigne. Lesioni proliferative: 30 casi: 1iperplasia duttale usuale; 1 neoplasia intraepiteliale duttalegrado 1B; 28 carcinomi duttali in situ. Neoplasia papillareintraduttale: 11 casi. Neoplasia lobulare: 3 carcinomi lobulariin situ. Carcinoma microinvasivo: 2 casi; Carcinomaduttale infiltrante: 55 casi. Le correlazioni tra biopsia vacuum–assistede istologia dopo intervento chirurgico sonocosì riassunte: dei 28 carcinomi duttali in situ: 20 riconfermati,6 non concordanti e con componente di carcinoma infiltrantedi tipo duttale, 2 operati presso altri centri. I 3 carcinomilobulari in situ: 2 in follow up, 1 riconfermato. I 2carcinomi microinvasivi non presentavano associazione concarcinoma infiltrante. Neoplasia papillare intraduttale (11casi): 4 presentavano associazione con carcinoma papillareintracistico. Nei 55 casi di carcinoma duttale infiltrante, 50erano concordanti, 3 venivano operate in altri centri, 2 presentavanoassociazione con carcinoma duttale in situ. I nostridati ci consentono di confermare l’accuratezza della biopsiamammaria percutanea sotto guida radiologica nella diagnosidelle lesioni non palpabili della mammella.Lesioni ad incerto potenziale di malignità (B3)nella diagnosi istologica preoperatoriadella mammella e conseguenti indicazioniterapeuticheM.G. CattaniU.O. di Anatomia Patologica e Citodiagnostica, OspedaleMaggiore, Azienda USL Città di BolognaIntroduzioneLa diagnosi istologica preoperatoria mediante agobiopsia percutanea(tru-cut; CB) ed agobiopsia vacuum-assisted (mammotome;SMB) consente di stabilire la natura della lesione e laconseguente programmazione di adeguati provvedimenti terapeutici.L’UK National Health Service Breast Screening 1 proponeper alcune lesioni definite ad incerto potenziale di malignitàla categoria diagnostica B3 che comporta la scelta tral’allargamento chirurgico e il follow-up 2 . Scopo del presentestudio è di valutare la frequenza delle diagnosi di B3 e di correlarlecon l’intervento chirurgico definitivo.


PATOLOGIA DELLA MAMMELLA357MetodiNel periodo gennaio 2000-marzo 2004 sono state esaminate1765 agobiopsie: 863 CB e 902 SMB.RisultatiLa diagnosi di B3 è stata formulata in 159 lesioni (9%) cosìsuddivise: 62 iperplasia duttale atipica (IDA), 38 radial scar,24 lesioni papillari, 21 LIN (neoplasia lobulare intraepiteliale),8 lesioni fibroepiteliali, 6 mucocele. 113/159 casi hanno effettuatol’allargamento chirurgico e all’istologia definitiva il 28%si è rivelato maligno. Su 36 IDA operate, 14 provenivano daCB e 22 da SMB. 9/14 hanno presentato focolai neoplastici: 4carcinomi duttali infiltranti (CDI) e 5 carcinomi duttali in situ(CDIS) mentre 4/22 hanno presentato focolai di CDIS a bassogrado e 1/22 aveva un CDI in un altro quadrante. Il 44% delleLIN (8/18) ha presentato lesioni maligne: 1 CDIS, 3 CLIS, 2CDI e 2 CLI. Tra le 20 lesioni papillari, 1 si è rivelata un carcinomapapillare infiltrante, 2 mostravano focolai di CDIS. Trai 6 mucocele, 2 erano carcinomi mucinosi e 2 CDIS.ConclusioniLa categoria diagnostica B3 comprende un gruppo eterogeneodi lesioni ed ha un valore predittivo positivo di malignitàcomplessivo del 28%. Per alcune lesioni come la LIN e ilmucocele, è sempre indicato il successivo intervento chirurgico.Per altre come l’IDA, l’approccio terapeutico può dipenderedall’entità della lesione e dal quadro mammografico.Fondamentale per la scelta del trattamento più adeguato è lastretta integrazione del team multidisciplinare diagnosticoterapeutico.Bibliografia1Sheffield. NHS Cancer Screening Programmes, 2001.2Jacobs TW, et al. Am J Surg Pathol 2002;26(9):1095-1110.Recidive cutanee dei carcinomidella mammella: caratteristiche clinicopatologichee significato biologicoA. Sidoni, R. Del Sordo, A. Cavaliere, G. Bellezza, E.BucciarelliIstituto di Anatomia Patologica, Divisione di Ricerche sulCancro, Università di PerugiaIntroduzioneCirca un terzo delle pazienti operate per carcinoma dellamammella svilupperanno una recidiva locoregionale (nellacicatrice, nel parenchima residuo, nel muscolo, nella paretetoracica, nell’ascella o nella cute). Le riprese di malattia a livellocutaneo sono relativamente rare e, secondo alcuni autori,associate a un decorso sfavorevole. Gli studi su questo argomentosono scarsi e prevalentemente concentrati su casitrattati con chirurgia conservativa.MetodiAllo scopo di esaminare le correlazioni clinico-patologicheed i fattori predittivi delle recidive cutanee abbiamo studiatouna casistica di 41 pazienti per le quali è stata possibile, previaricerca nell’archivio del nostro Istituto, sia l’analisi dellaneoplasia originale (marzo 1986-maggio 2002) che quelladella recidiva cutanea (ottobre 1988-maggio 2004).RisultatiTrentasei pazienti (92%) erano state trattate con mastectomia,5 (8%) con quadrantectomia. La recidiva si è verificatamediamente dopo 44 mesi (range 4-174) e più precocementenelle pazienti con più di 51 anni (29 mesi) rispetto a quellepiù giovani (71mesi). Il diametro medio della neoplasia eradi 30 mm (range 11-90). In 11 casi era presente multifocalitào multicentricità o bilateralità con una estesa componente insitu nel 39% dei casi. Il 45% dei casi erano G3. In 4 casi dimastectomia era positivo il margine di resezione profondo. Il77% delle pazienti aveva metastasi linfonodali e in questi casile recidive sono comparse più precocemente (35 mesi peri casi N+, 67 mesi per gli N-). In 12 casi (29%) sono comparsemetastasi sistemiche (4 antecedenti e 8 sincrone o metacrone).I dati preliminari non mostrano significative variazionidel profilo biopatologico (ER, PR, Mib-1, p53 e c-erbB-2) tra tumore primitivo e recidiva cutanea.ConclusioniI risultati del nostro studio indicano che la maggior parte dellerecidive cutanee hanno riguardato casi trattati radicalmente,pertanto esse vanno considerate come vere metastasi, conun particolare tropismo per la cute della regione mammaria,che in molti casi sono predittive di malattia disseminata. Tumoriprimitivi multipli, con una estesa componente in situ econ linfonodi positivi presentano alto rischio di ripresa dimalattia a livello cutaneo e pertanto andrebbero trattati inmaniera più aggressiva.La modalità di crescita è un fattoreprognostico significativo nel carcinomainfiammmatorio della mammella. Valutazionedi 30 casiE. Manfrin, A. Remo, D. Reghellin, A. Parisi, D. Dalfior,F. BonettiDipartimento di Patologia, Sezione di Anatomia Patologica,Università di VeronaIntroduzioneLo scopo del nostro lavoro è stato valutare la modalità di crescitaneoplastica del carcinoma infiammatorio della mammellacome fattore prognostico.MetodiAbbiamo rivalutato 30 casi di carcinoma infiammatorio dellamammella giunti all’osservazione presso il servizio diAnatomia Patologica del Policlinico “G.B. Rossi” di Veronatra il 1988 e il 2001. Criterio per l’inclusione in questo studioè stata l’evidenza clinica e/o istologica di carcinoma infiammatorio.Abbiamo analizzato la modalità di crescita della lesioneper valutarne il significato prognostico.RisultatiSono state rilevate due diverse modalità di crescita: nodulare ediffusa. 9/30 carcinomi (30%) mostravano una crescita diffusa,mentre in 21/30 (70%) era presente una massa nodulare.L’età media delle pazienti era rispettivamente di 55,66 e 60,76anni, con un’età media totale di 58,96 ± 15,78 anni. L’esamemammografico mostrava una massa distinta in 9 su 21 carcinomiinfiammatori nodulari (42%) e in 1 su 9 carcinomi infiammatoridiffusi (11%). Al momento della diagnosi il 33%delle neoplasie aveva evidenza di metastasi (stadio IV), mentreil coinvolgimento linfonodale era presente nell’82% dei casi.La sopravvivenza mediana è stata di 27 mesi per le forme acrescita diffusa e di 56 mesi per quelle a crescita nodulare (P =0,033). Le lesioni diffuse hanno mostrato un comportamentobiologico più aggressivo delle forme nodulari.ConclusioniIl carcinoma infiammatorio è una malattia molto aggressiva 1 .Le pazienti che si presentano all’esordio della malattia conuna massa nodulare hanno una prognosi significativamentemigliore rispetto a quelle con una crescita diffusa della mam-


358COMUNICAZIONI LIBEREmella. I risultati del nostro studio documentano che la modalitàdi crescita è un fattore prognostico significativo nel carcinomainfiammatorio della mammella.Bibliografia1Rosen’s Breast Pathology. P.P. Rosen. Lippincott Williams & WilkinsPublishers; 2 nd edition (April 2001).Metastasi gastrointestinali di carcinoma dellamammella: descrizione di 12 casiD. Reghellin * , P. Capelli * , M. Barbareschi ** , E. Manfrin * ,A. Remo * , P. Castelli *** , M.G. Zorzi * , M. Zatelli * , G. Martignoni* , F. Menestrina * , F. Bonetti **Anatomia Patologica, Università di Verona e di Sassari, **Ospedali S.Chiara-Trento e *** Sacro Cuore-NegrarIntroduzioneLe metastasi gastro-intestinali di carcinoma della mammellasono rare e originano più frequentemente dall’istotipo lobulare.Il quadro endoscopico può mimare una neoplasia primitivagastro-intestinale 1 .MetodiSono stati rivalutati 12 casi di carcinoma mammario con metastasigastro-enteriche osservati presso l’Anatomia Patologicadel Policlinico di Verona, dell’Ospedale “Sacro Cuore” diNegrar e dell’Ospedale S. Chiara di Trento.RisultatiL’età media era di 69 anni. In 8 casi il carcinoma primitivoera di tipo lobulare ed in 4 casi di tipo duttale. In 8 casi la metastasiera localizzata allo stomaco, in uno all’esofago, in dueal piccolo intestino ed in uno al colon. La localizzazione gastro-intestinaledella neoplasia era stata diagnosticata dopoun intervallo variabile dai 2 ai 25 anni dalla diagnosi di carcinomaprimitivo (media 9 anni). La sintomatologia era aspecificain tutti i casi e talora lo era anche il quadro endoscopico,soprattutto a livello gastrico (4/8 casi). Nella maggiorparte dei casi il quadro endoscopico era sospetto per neoplasiaprimitiva: stenosi del grosso intestino (1/1), dell’esofago(1/1), della regione pilorica (1/8) e ulcere gastriche (2/8).Nell’unico caso di stenosi del piccolo intestino il sospetto clinicoera di Morbo di Crohn. Istologicamente, talora si era postoil problema di una diagnosi differenziale con un carcinomaa cellule disperse dello stomaco e per una diagnosi precisasi è dovuti ricorrere al confronto con la neoplasia primitivae ad indagini immunoistochimiche.ConclusioniIn questo studio le metastasi di carcinoma mammario: 1) sonopiù frequentemente di istotipo lobulare; 2) si localizzanopiù spesso allo stomaco dove possono simulare il carcinomaa cellule disperse; 3) la sintomatologia ed il quadro endoscopicopossono essere aspecifici. Nella valutazione di biopsiegastrointestinali di pazienti con storia di carcinoma mammarioil patologo deve quindi porre attenzione alla diagnosi differenzialecon un carcinoma primitivo.Bibliografia1Taals BG, Deterse H, Boot H. Clinical presentation, endoscopic features,and treatment of gastric metastases from breast carcinoma.Cancer 2000;2214-21.Adenoma a cellule apocrine della mammella,in paziente con neurofibromatosi e pregressimixomi cardiaciG. Parisi * , C. Traversi * , G. Cassandro ** , F. Pascazio *** , A.Napoli * , C. Giardina **DAPeG Dipartimento di Anatomia Patologica e Genetica,Sezione di Anatomia patologica, Università di Bari; ** SARIS,Servizio Autonomo Radiologico ad Indirizzo Senologico, Bari,Policlinico; *** U.O. Chirurgia Ospedaliera II “R. Redi”,Bari, PoliclinicoIntroduzioneL’adenoma a cellule apocrine in sede mammaria è raro. I pochicasi descritti in letteratura sono noduli di piccole dimensioniosservati in giovani donne (14-35 anni), la metà deiquali insorti in gravidanza, e diagnosticati clinicamente comefibroadenomi. Il caso qui presentato ha indubbiamente dellepeculiarità per l’associazione con la neurofibromatosi (NF)di tipo I, con pregresso mixoma cardiaco recidivato e per lacomparsa di recidiva anche dell’adenoma mammario a dueanni dal primo intervento.Caso clinicoPaziente di 37 anni, affetta da NF, con neurofibromi cutaneipiù volte asportati chirurgicamente. A 20 anni operata permixoma cardiaco, recidivato dopo 7 anni. Nel 1999 dopo unagravidanza a termine riferisce la comparsa di nodulo mammarioil cui esame citologico risulta negativo. Il controllo adun anno evidenzia incremento volumetrico del nodulo, ecograficamentedi aspetto cistico. Alla mammografia la cisti apparecompresa entro un nodulo più grande. Si sottopone adintervento chirurgico nel novembre 2001. Dopo l’asportazionela neoplasia appare capsulata, di cm 6,8 x 4 x 4 e in sezionepresenta ampia cavità cistica occupata da sangue. Sullaparete della escavazione si apprezza nodulo biancastro,friabile. Istologicamente la lesione ha una architettura tubulareed è costituita da cellule con ampio citoplasma acidofilodi tipo apocrino. Sono inoltre osservabili fenomeni emorragicicon minuti frammenti di tessuto necrotico. Numerosi ifocolai di metaplasia apocrina nella ghiandola circostante.Indagini immunoistochimiche negative per estrogeni e progesterone;fortemente positive per anticorpo antimitocondrio,Ki-67 1%. Due anni dopo, l’ecografia di controllo evidenziavain sede di pregresso intervento nodulo del diametro di 12mm citologicamente sospetto (C4). Dopo l’intervento chirurgicoperveniva un frammento mammario del diametro di cm6 comprendente 3 noduli del diametro di cm 1, 0,7 e 0,5, concaratteristiche istologiche analoghe al precedente.ConclusioniIn letteratura sono riportate associazioni della NF sia con patologiamammaria (carcinomi e ginecomastia) sia con tumoricardiaci o di altre sedi (colon), questo risulta il primo casoin cui si osserva nello stesso paziente un adenoma apocrinodella mammella ed un mixoma cardiaco entrambi recidivati.Bibliografia1Eusebi V, et al. Apocrine differentiation in breast epithelium Adv inAnat Path 1997;43:139-155.2Baddoura F, et al. Apocrine adenoma of the breast: report of a casewith investigation of lectin binding patterns in apocrine breast lesions.Mod Path 1990;3:373-76.


PATOLOGIA DELLA MAMMELLA359Mastite linfocitaria o mastopatia diabetica?Report di 3 casi di una lesione inusuale ingrado di simulare una neoplasia malignaF. Sanguedolce, G. Ingravallo, A.M. Guerrieri * , G, D’Eredità** , A. Marzullo, G. Serio, C. GiardinaDAPEG, Dipartimento di Anatomia Patologica e di Genetica,Sezione di Anatomia Patologica, Università di Bari; * SA-RIS, Servizio Autonomo Radiologico ad Indirizzo Senologico,Policlinico, Bari; ** Dipartimento di Chirurgia Generalee Specialistica “G. Marinaccio”, Policlinico, BariIntroduzioneLa mastite linfocitaria è una lesione mammaria poco comuneche insorge solitamente in soggetti affetti da diabete di I tipoda lungo tempo, da cui il sinonimo “mastopatia diabetica”. Datal’associazione con tale patologia, o comunque con una malattiaautoimmunitaria, è stata ipotizzata una patogenesi immunomediata.Clinicamente si presenta sotto forma di massepalpabili mono o bilaterali che hanno caratteristiche mammografichee morfologiche suggestive di carcinoma, prevalentementein soggetti di sesso femminile. Microscopicamente è caratterizzatada abbondante infiltrato linfocitario intra e perilobularee perivascolare, atrofia lobulare e sclerosi dello stroma;la presenza di cellule epitelioidi in sede stromale può porre ladiagnosi differenziale, oltre che con un linfoma, con un carcinomainfiltrante o con un tumore a cellule granulose 1 2 .MetodiRiportiamo i casi di 3 pazienti, 2 di sesso femminile (29 e 68anni) e 1 di sesso maschile (63 anni), nessuno dei quali presentavaanamnesi positiva per diabete. Tutti sono stati sottopostiad indagini mammografiche per la presenza di massepalpabili di consistenza dura, monolaterali, di dimensioninon inferiori ai 3 cm. La mammografia in tutti i casi era fortementesospetta per carcinoma, pertanto le lesioni sono statesottoposte ad escissione chirurgica; in un caso è stato eseguitol’esame estemporaneo, in un altro si è proceduto adasportazione contestuale del linfonodo sentinella.RisultatiIl reperto istologico era sovrapponibile nei 3 casi: i frammentimammari esaminati presentavano multipli focolai con accentuatoinfiltrato linfocitario a sede intra e perilobulare e perivasalenel contesto di una diffusa fibrosi e scleroialinosi stromale.Alla lesione erano associati in un caso una lieve ectasia deidotti e in un altro (donna di 68 anni) focolai di iperplasia epitelialecon aspetti secretivi. In tutti i casi l’analisi immunoistochimicarilevava un infiltrato linfocitario polimorfo costituito inegual misura da elementi B (CD20+) e T (CD3+), in cui nonerano mai presenti cellule epitelioidi o di tipo istiocitario.ConclusioniL’assenza di elementi che suggeriscano una patogenesi immunitariao una correlazione con la malattia diabetica nei casipresentati sottolinea la necessità di ulteriori e più approfonditistudi sulla mastite linfocitaria, una patologia benignain grado di simulare clinicamente e all’esame strumentaleuna neoplasia, ed inoltre suggerisce di riservare a questalesione la denominazione di mastite linfocitaria o di lobulite,meno impegnative da un punto di vista patogenetico.Adenoma pleomorfo della mammella:descrizione di un casoE. De Dominicis * , G. Perrone * , E. Cristi * , A. Verzì * , A.Bianchi * , V. Altomare ** , A. Primavera ** , C. Rabitti **Anatomia Patologica, Università Campus Bio-Medico, Roma;** Unità di Senologia, Università Campus Bio-Medico,RomaIntroduzioneL’adenoma pleomorfo rappresenta dal 45 al 74% di tutti i tumoridelle ghiandole salivari maggiori e minori, ma è stato riscontratomeno comunemente in altre sedi. L’adenoma pleomorfodella mammella è un tumore raro, ma questo non dovrebbesorprendere dato che la mammella viene consideratauna ghiandola sudoripara modificata che mostra un origineembriologica in comune con le ghiandole salivari. Questa lesioneè più frequentemente osservata nelle donne in menopausa.Clinicamente la lesione può presentarsi come unamassa dura, di consistenza stridente all’agoaspirato, caratteristicheche ricordano quelle di un carcinoma.MetodiIl caso clinico pervenuto alla nostra osservazione riguardauna donna di 59 anni con nodulo di cm 2 retroareolare dellamammella sinistra ecograficamente e mammograficamentesospetto. Veniva eseguito un agoaspirato ecoguidato del nodulomammario e i preparati ottenuti venivano colorati conPapanicolau. Successivamente è stata eseguita la rimozionechirurgica dell’intera lesione. Sono state effettuate sezioniper la colorazione di routine con EE a partire dal tessuto fissatoin formalina e incluso in paraffina. Gli studi immunoistochimicisono stati eseguiti mediante anticorpi contro S100,citocheratine, vimentina, actina ed EMA.RisultatiL’agoaspirato si caratterizzava per la presenza di elementi fusati,prevalentemente in aggregati laminari, con nucleo allungatolievemente polimorfo; erano presenti frammenti di tessutomixoide. La diagnosi citologica fu di lesione benignaeventualmente compatibile con tumore misto.Il pezzo operatorio comprendeva parenchima mammario di cm6 x 5 x 3 sede di una neoplasia ben circoscritta, biancastra di 2cm e circondata da tessuto adiposo mammario. Istologicamente,la neoplasia era caratterizzata da una coesistenza di celluleepiteliali e mioepiteliali, stellate e fusate, immerse in un abbondantestroma mixomatoso. La componente epiteliale si presentavain tubuli e cordoni di cellule cuboidali con citoplasma rosae piccoli nuclei ovali. Le indagini immunoistochimiche eseguitedimostravano positività per S100, citocheratine, vimentina,mentre solo focalmente per actina e negatività per l’EMA.ConclusioniL’adenoma pleomorfo della mammella è un raro tumore benigno.In letteratura sono state osservate recidive locali, manon sono state riportate metastasi. A causa della sua rarità,molti clinici non hanno familiarità con gli aspetti clinici diquesto tumore e possono per questo motivo fare una diagnosidi malignità.Bibliografia1Valdez R, et al. Mod Pathol 2003;16:223-228.2Ely KA, et al. Am J Clin Pathol 2000;113:541-545.


360COMUNICAZIONI LIBERECarcinoma squamoso cistico della mammella:descrizione di un casoM. Zagami * , G. Perrone * , A. Bianchi * , A. Verzì * , R. Carino** , M. Montesano ** , A. Zanca ** , C. Rabitti **Anatomia Patologica, Università Campus Bio-Medico, Roma;** Unità di Senologia, Università Campus Bio-Medico,RomaIntroduzioneIl carcinoma squamoso primario della mammella è una raraentità clinica. È a tutt’oggi sconosciuta l’esatta istogenesi diquesta neoplasia: è stata suggerita un’origine dalla metaplasiacompleta dell’epitelio dei dotti 1 . Per porre questa diagnosiè necessario escludere la presenza di un carcinoma squamosodelle strutture cutanee locali o di una metastasi da unsito primario extramammario.Descrizione del casoSi descrive il caso di una paziente di 57 anni con nodulo dicm 1,2 situato a cavaliere dei quadranti interni della mammellasinistra, mammograficamente sospetto per la presenzadi microcalcificazioni. La paziente viene sottoposta a quadrantectomiae linfoscintigrafia per individuazione e asportazionedel linfonodo sentinella.Macroscopicamente il materiale inviato consiste di un frammentodi parenchima mammario di cm 4,5 x 3,5 x 2,5, sededi una neoplasia di cm 1,2, biancastra, in parte cistica, multiloculata,con presenza di materiale poltaceo.All’esame microscopico, la neoplasia è caratterizzata da formazionicistiche a rivestimento pavimentoso stratificato taloraatipico, circondate da piccoli dotti estremamente irregolari costantementemetaplasici con aspetti francamente neoplastici,caratterizzati da evidenti caratteri infiltrativi con marcata reazionedesmoplastica stromale, polimorfismo cellulare con voluminosinuclei talora nucleolati, citoplasma poco abbondanteed eosinofilo, formazione di perle cornee e mitosi atipiche. Sipone diagnosi di carcinoma squamoso cistico ben differenziato.Il linfonodo sentinella risulta indenne da infiltrazione neoplastica.A completamento del quadro diagnostico, sono stateeffettuate alcune indagini immunoistochimiche, che hanno dimostratocompleta negatività per la determinazione dei recettoriper estrogeni e per progesterone, di c-erb 2 e p53; la frazioneproliferante (ki 67) è risultata pari al 7%.ConclusioniData la rarità di questa lesione il comportamento clinico e ilpotenziale maligno di questo tumore sono sconosciuti. Attualmentenon c’è consenso riguardo la terapia adiuvante.L’età, le dimensioni del tumore e la presenza di metastasilinfonodali sembrano essere importanti fattori prognostici.La prognosi del carcinoma squamoso è un argomento controverso:alcuni studi indicano una significativa propensione allarecidiva e aggressività locale. È essenziale uno stretto follow-updi questi pazienti, soprattutto nei primi 5 anni.Bibliografia1Cardoso F, et al. The Breast 2000;9:315-319.Incidenza degli istotipi speciali del carcinomainfiltrante della mammella e delle formemiste: esperienza dell’Azienda OspedalieraVilla Scassi, Genova-SampierdarenaM. Gualco, L. Anselmi, S. Chiaro, T. Ragusa, M. Truini,A. Sapino *A.O. Villa Scassi, U.O. Anatomia Patologica, Genova; * Dipartimentodi Scienze Biomediche e Oncologia Umana, Universitàdi TorinoI cosiddetti “tipi speciali” del carcinoma infiltrante dellamammella (WHO 2004) sono numerosi (20-35%); tra questii più frequenti sono il carcinoma apocrino (4%), il neuroendocrino(2-5%), il mucinoso (2%), il tubulare (< 2%), il micropapillare(< 2%) e il midollare (1-7%). Istotipi più rari sono,ad esempio, il carcinoma adenoide-cistico (0,1%), il secretorio(0,15%), il carcinoma a cellule aciniche (7 casi inletteratura) e il carcinoma mioepiteliale.L’Azienda Ospedaliera Villa Scassi di Genova-Sampierdarenaraccoglie un bacino di utenza ampio (circa 220.000 pazienti/anno),rappresentativo di una parte del ponente dellacittà, in cui affluiscono pazienti non selezionate stante l’assenzadi Unità di Senologia o di screening organizzati. I casipervenuti in un periodo di osservazione monitorato strettamentesotto il profilo del percorso diagnostico e della successivaverifica delle diagnosi, possono rappresentare un indicatoresulla tipologia e sulle caratteristiche della espressionedella malattia in un contesto circoscritto. Nel presente lavoroviene valutata l’incidenza degli istotipi speciali e delleforme più rare.Nel periodo compreso tra l’aprile 2002 e l’aprile 2004, sonostati diagnosticati 130 carcinomi della mammella. Di questi95 duttali NAS (73%), 12 lobulari (9%), 9 carcinomi infiltranticon istotipi misti (7%) e 14 istotipi speciali (11%).Gli istotipi speciali erano così suddivisi: 1 tubulare, 2 mucinosi,1 cribriforme, 1 metaplastico, 2 midollari, 3 papillari,1 carcinoma apocrino, 2 neuroendocrini, 1 mioepiteliomamaligno. I carcinomi a differenziazione apocrina e neuroendocrinasono stati confermati dalla espressione diffusarispettivamente di GCDFP-15, Cromogranina A e Sinaptofisina.Il mioepitelioma maligno esprimeva actina, calponina,proteina S-100 e, focalmente, EMA. Di questi 14 carcinomi13 non avevano metastasi linfonodali, indipendentementedal diametro della lesione; solo il caso di carcinomaapocrino presentava localizzazioni linfonodali (pN2). Nonsono state riscontrate significative correlazioni con l’etàdelle pazienti, la parità e la sede (lateralità) della lesione.L’identificazione di istotipi speciali può avere invece unaripercussione sulla prognosi; inoltre il diverso assetto deirecettori ormonali (e.g. positività per il recettore degli androgeninel carcinoma apocrino o del recettore beta degliestrogeni nel mioepitelioma maligno) può indirizzare versoapprocci terapeutici alternativi.


PATHOLOGICA 2004;96:361-369Patologia respiratoriaDeterminazione dell’epidermal Growth FactorReceptor nei carcinomi non a piccole celluledel polmoneG. Bellezza, A. Sidoni, A. Cavaliere, M. Scheibel, V. Ludovini* , L. Pistola * , V. Gregorc *** , S. Darwish * , Z. Myhailova* , F.R. Tofanetti * , M. Ferraldeschi * , M. Ragusa ** , L.Di Carlo ** , G. Daddi ** , M. Tonato * , E. BucciarelliIstituto di Anatomia e Istologia Patologica, Divisione Ricerchesul Cancro, Università di Perugia; * Oncologia Medica,Azienda Ospedaliera di Perugia; ** Dipartimento di ChirurgiaToracica, Università di Perugia; *** Divisione di Oncologia,Istituto Scientifico San Raffaele, MilanoIntroduzioneL’Epidermal Growth Factor Receptor (EGFR) è un elementochiave nella regolazione della proliferazione e differenziazionecellulare e nei processi di metastatizzazione; è inoltreconsiderato, soprattutto nei carcinomi del polmone non a piccolecellule (NSCLC), il bersaglio di nuove terapie basatesull’impiego di farmaci suoi inibitori 1 . La corretta determinazionedell’EGFR e l’individuazione dei pazienti sensibili aquesti farmaci sono quindi elementi essenziali da considerarenelle scelte terapeutiche. Scopo del nostro studio è statoquello di valutare l’espressione nel siero e nel tessuto dell’EGFRe di confrontarla con i principali parametri anatomocliniciin un gruppo di pazienti affetti da NSCLC.Materiali e metodiAbbiamo considerato in maniera prospettica 93 pazienti conNSCLC in stadi differenti (I-IV). Di questi, sono stati valutatiparametri clinici (età, sesso, abitudine al fumo) e patologici(tipo istologico, pT, stato linfonodale e grado istologico).L’espressione dell’EGFR è stata determinata nel siero conmetodica ELISA e nel tessuto con anticorpo monoclonale. Inquesto ultimo caso è stata considerata la percentuale di cellulepositive e l’intensità dell’immunomarcatura.RisultatiL’età media dei pazienti studiati è stata di 68 anni (range 41-80), 76 maschi e 17 femmine. 34 pazienti erano in stadio I, 8in stadio II, 18 in stadio III e 32 in stadio IV; di questi 52(45%) sono stati trattati con chemioterapia mentre i rimanenticon chirurgia. Per quanto riguarda il tipo istologico, 52 eranocarcinomi squamosi, 23 adenocarcinomi, 7 carcinomi agrandi cellule, 7 carcinomi indifferenziati e 4 carcinomibronchioloalveolari. 36 casi (39%) sono risultati positivi all’immunomarcaturatissutale con EGFR, che si è rivelatamaggiormente espressa nei carcinomi squamosi (p = 0,0005).Non si è evidenziata alcuna correlazione tra espressione siericae tissutale di EGFR né con i vari parametri anatomo-cliniciconsiderati.ConclusioniI risultati preliminari di questo studio indicano come l’espressionetissutale dell’EGFR risulta maggiormente espressanei carcinomi squamosi spiegando almeno in parte la differentesuscettibilità, descritta in letteratura, dei vari istotipiai farmaci inibitori dell’EGFR. Il ricorso a tecniche di analisimolecolare potrebbe essere necessario in futuro per individuarei pazienti suscettibili alle nuove terapie basate sull’impiegodi farmaci inibitori dell’EGFR al pari di quanto già avvenutoper la determinazione dello stato di Her2/neu nei carcinomidella mammella.Bibliografia1Carbone DP. Epidermal Growth Factor Receptor Overexpression: theimportance of contex. J Clin Oncol 2003;23:4268-4269.Epidermal growth factor receptor (EGFr)mRNA quantitative evaluation in non smallcell lung cancer (NSCLC)M. Falleni, S. Romagnoli, C. Pellegrini, V. Vaira, S. Manara,L. Moneghini, G. Coggi, S. BosariII Cattedra di Anatomia Patologica, Università di Milano,A.O. San Paolo and IRCCS Ospedale Maggiore, MilanoIntroductionEpidermal growth factor receptor (EGFr) is a member ofthe erbB family of tyrosine kinase receptor proteins and itplays a major role in tumor cell proliferation. EGFr is overexpressedin many tumors, in lung carcinomas and precancerouslesions such as bronchial dysplasia and metaplasia.EGFr inhibitors have been tested in clinical trials with variableresults.Our study aims to determine the levels of EGFr expression ina substantial series of NSCLC by means of quantitative realtimeRT-PCR, in order to establish a predictive assay thatmay be useful to select patients for inhibitory therapies.Materials and methodsReal time RT-PCR was used to quantify mRNA levels in 60NSCLC (40 adenocarcinomas, 11 squamous cell carcinomas,SCC, 9 other histotypes). Fresh tumor samples and 45paired macroscopically normal lung specimens were recoveredimmediately after resection, snap-frozen in liquidnitrogen within 10 minutes from excision and stored at–80°C. EGFr mRNA levels were expressed as n-folds ofEGFr mRNA normalized to an endogenous reference (βactin)and relative to an arbitrary selected NSCLC chosenas calibrator, or 1x sample. Statistical analysis was performedusing t-test.ResultsEGFr mRNA levels were detected both in normal and in neoplasticlung samples (normal lung mean value: 13.7, NSCLCmean value: 14.6) and the difference was not statistically significant.Among 45 cases investigated both for tumoral andnormal samples, 11 cases (24%) showed an overexpression(2-fold increase) of EGFr mRNA level of tumoral samplecompared to normal tissue.EGFr mRNA was significantly associated with SCC comparedto normal counterpart (p = 0.00228) and compared toadenocarcinomas (p = 0.00099). No significant correlationwas established with stage of disease.ConclusionsEGFr disregulation is more frequently associated with squamouscell histotype in NSCLC. The EGFr quantitative evaluationby real time RT-PCR provides data that may be importantto assess selective novel therapies.


362COMUNICAZIONI LIBEREOsteopontin expression and prognosticsignificance in non-small cell lung cancerV. Donati * , M. Dell’Omodarme **** , M.C. Prati **** , T. Camacci* , M. Lucchi *** , F. Basolo ** , R. Pingitore * , G. Fontanini***Department of Surgery; ** Department of Oncology, Transplantsand New Technologies in Medicine; *** Department ofCardio-Thoracic Surgery, University of Pisa, Italy; **** ScuolaNormale Superiore, Pisa, ItalyIntroductionDespite advances in detection and treatments, the clinical behaviorof non-small cell lung cancer (NSCLC), unfortunately,remains bad. The currently available most accurate predictorof outcome, that is TNM classification, seems to havebecome insufficient, underlining the need to identify biomarkersable to add further prognostic information and setnew therapeutic strategies. In the present study, we investigatedthe expression of osteopontin (OPN), a multifunctionalprotein, which has recently shown to be linked to cancerdevelopment, progression and metastasis in different malignancies,in a series of 207 patients with stage I-IIIA NSCLC(122 squamous cell carcinomas, 65 adenocarcinomas, 7bronchioloalveolar carcinomas and 13 undifferentiated largecall carcinomas), in order to evaluate if OPN might play arole in these tumors’ biology and define its usefulness asprognostic marker.MethodsOPN expression was detected by immunohistochemistry usingan antibody anti-OPN (anti-mouse OPN; AF808; R&DSystems; dilution 1:40) on formalin-fixed, paraffin-embeddedtissue sections obtained from 207 patients with NSCLC(188 male, 19 female; median age: 65 years; median followup:49 months, range 2-137 months). OPN expression wasevaluated as a percentage of positive cells in a total of at least100 tumor cells in 10 HPF. The median value of this series(20% of positive cells) was used as cut-off value to distinguishtumors with low (


PATOLOGIA RESPIRATORIA363creasing incidence and poor prognosis related on tumor stageat presentation. Nevertheless, even among resectable stage Inon small cell lung carcinoma (NSCLC), the majority of patientsstill die from recurrence of their disease. Survivin is arecently identified protein, member of the inhibitor of apoptosis(IAP) gene family which inhibits apoptosis throughpathways different from that involving the bcl-2 family.Largely undetectable in normal adult tissues, survivin isderegulated in most human cancers including NSCLC andmay represent a tumor marker with prognostic and therapeuticimplications. Aim of our study was to determine, bymeans of immunohistochemistry (IHC), the clinical significanceof survivin as apoptosis-related biomarker in a seriesof 118 stage I-IIa-IIb NSCLC.MethodsOur retrospective series of NSCLC were retrieved from thefiles of the Authors’ Institutions between 1983 and 1995. Survivinwas detected using the polyclonal antibody (PAb)ab469 (Abcam, Cambridge, UK), a streptavidin-biotin immunoperoxidasedetection system (LSAB2 kit, DakoCytomation,Milan, Italy) and 3 amino 9 ethyl carbazole (Dako-Cytomation) as chromogenic substrate. Survivin displayedtwo kinds of immunoreactivity: a diffuse cytoplasmic stainingand a distinct nuclear staining.ResultsUnivariate and multivariate analyses (Cox model) identifiedtumor size, nodal status (pN0-N1 vs pN2) and cytoplasmic,but not nuclear, expression of survivin as significant independentpredictors of OS. On the basis of these results we alsoestimated the actuarial 5-year survival rate according to p-T, pN status and survivin cytoplasmic staining by using the Ksample log-rank exact test demonstrating that significantlyshorter OS was observed in pT1-T2 (p = 0.03) and pN0-N1(p = 0.007) NSCLC patients expressing survivin in the cytoplasm.ConclusionsData presented herein demonstrated that prognosis in earlystage of NSCLC strongly depends on the cellular pattern ofdistribution of survivin. In contrast this antiapoptotic proteindid not influence the outcome of patients bearing more advancedNSCLC.BCL-2 mRNA quantitative evaluation in nonsmall cell lung cancer (NSCLC)M. Falleni, V. Vaira, S. Romagnoli, C. Pellegrini, L. Moneghini,G. Coggi, S. BosariII Anatomia Patologica, Università di Milano, A.O. San Paoloe IRCCS Ospedale Maggiore, MilanoIntroductionDefective apoptosis can play a crucial role in cancerogenesis,in cancer resistence to conventional therapy and in patients’survival. Bcl-2 is an antiapoptotic protein of the Bcl-2 family involved in the mitochondria-mediated apoptosispathway. Bcl-2 overexpression is observed in many humanmalignancies and may contribute to the unresponsiveness totherapy by inhibiting cytocrome C release from mitochondriato cytoplasm. Successful clinical reversal of drug-resistentneoplastic phenotype with antisense oligonucleotidesand antibodies against Bcl-2 has been reported.Bcl-2 alterations in NSCLC were investigated mainly byimmunohistochemistry. Bcl-2 protein overexpression wasdocumented in up to 60% NSCLC, but its clinicopathologicaland prognostic significance is still under debate. To ourknowledge no data exist about Bcl-2 mRNA quantitativeevaluation in NSCLC.Materials and methodsReal time RT-PCR was used to quantify mRNA levels in 59stage I-IV NSCLC, collected from 11/2000, with known followup (range 6-42 months). Fresh tumor samples and 46 pairedmacroscopically normal lung specimens were recovered immediatelyafter resection, snap-frozen in liquid nitrogen within 10minutes from excision and stored at –80°C. Bcl-2 mRNA levelswere expressed as n-folds of Bcl-2 mRNA normalized to anendogenous reference (β-actin) and relative to an arbitrary selectedNSCLC chosen as calibrator, or 1X sample. Statisticalanalysis was performed using t-test and Wilcoxon test.ResultsBcl-2 mRNA levels were detected both in normal and in neoplasticlung samples; the difference was not statistically different(normal lung: mean value: 18.3n, range: 7.9-44.8n;NSCLC: mean value: 21.7n, range: 1-171.3n). Bcl-2 mRNAoverexpression was significantly associated with SCC(p=0.028), tumor size (T1-2>T3-4: t-test p = 0.014) and absenceof recurrences (Wilcoxon test; p = 0.04; t-test: p = 0.01).ConclusionsThis study shows that Bcl-2 disregulation is a frequent histotype-specificand stage (T)-dependent event in NSCLC. Bcl-2 quantitative evaluation by real time RT-PCR may recognizeNSCLC patients with better outcome and lower risk of recurrences,who could benefit from selective novel antisensetherapies.Stato di metilazione ed espressione del geneInt6 nei tumori polmonari non a piccolecellule in stadio precoceF. Buttitta, C. Martella, F. Barassi, L. Felicioni, S. Salvatore,A. Chella * , A. Mezzetti, F. Cuccurullo, R. Callahan ** ,A. MarchettiCentro di Ricerche Cliniche, Università-Fondazione di Chieti;* Dipartimento di Chirurgia, Università di Pisa; ** OncogeneticSection, Laboratory of Tumor Immunology, NationalCancer Institute, N.I.H., Bethesda , Maryland, USAIl gene Int-6 è stato originalmente identificato come sito difrequente inserzione del virus MMTV nei tumori mammarimurini. È stato dimostrato che forme chimeriche di Int6 hannola proprietà di trasformare cellule in coltura e indurre tumoriin topi nudi. Recenti indagini indicano che int6 si comportacome una proteina poliedrica in quanto coinvolta nelprocesso di traslazione e di degradazione proteica mediantelegami con tre complessi cellulari: eIF3, proteosoma e COP9signalosoma. In questo studio abbiamo esaminato lo stato delgene Int6 in una serie di 101 tumori polmonari, tutti al I stadio,e nei corrispondenti tessuti polmonari normali. Di tutti ipazienti esaminati erano noti i dati di follow-up, inclusi quellirelativi alla sopravvivenza libera da malattia e alla sopravvivenzaglobale. È stato esaminato sia lo stato di metilazionedel gene, mediante trattamento del DNA con bisolfito e successivaPCR con primers che discriminano la sequenza metilatada quella non metilata, sia i livelli di espressione genica,mediante analisi quantitativa in Real-Time RT-PCR. Mettendoa confronto i livelli di espressione del gene Int6 presentinel tumore con quelli presenti nel corrispondente tessuto normale,è stata documentata una iperespressione nel 73% deitumori polmonari esaminati, mentre nei rimanenti casi era


364COMUNICAZIONI LIBEREpresente una ridotta espressione genica. Nell’85% dei tumoricon ridotta espressione genica abbiamo osservato una ipermetilazionedi int6. Era presente una significativa correlazionefra stato di metilazione ed ipoespressione genica(p < 0,000001). Inoltre, è stata osservata una relazione statisticamentesignificativa fra i i livelli di espressione di int6 eil comportamento biologico della neoplasia, in quanto bassilivelli di espressione venivano riscontrati in pazienti con piùbreve sopravvivenza libera da malattia (p = 0,0004) e piùbreve sopravvivenza globale (p = 0,0020). Tale relazione èstata confermata da un’analisi statistica multivariata. I risultatiottenuti indicano che in un quarto delle neoplasie polmonarial I stadio si realizza una metilazione di regioni regolatoriedel gene Int6, con conseguente ipoespressione del genee che a tali processi corrisponde una particolare aggressivitàdel tumore.Citogenetica dei carcinomi polmonarinon a piccole cellule in fumatoriA. Pession, A. Farnedi, E. Magrini, S. DamianiSezione di Anatomia Patologica “M. Malpighi”, Universitàdi Bologna, Ospedale BellariaIntroduzioneLe alterazioni genetiche più frequenti nel carcinoma polmonarenon a piccole cellule (CNPC) sono rappresentate da perditedel 3p, sede del gene FHIT, e varie alterazioni numerichea carico dei cromosomi 9, 17, 21 e 22. Tuttavia la maggiorparte delle casistiche presenti in letteratura sono state studiatemediante FISH o ricerca della perdita di eterozigosi. Pochisono i dati attuali sulla determinazione del cariotipo completo,con citogenetica classica in metafase su ampie casistiche.MetodiIl cariotipo di 38 CNPC del polmone è stato studiato attraversola tecnica delle colture a breve termine e l’analisi supiastre metafasiche.RisultatiLa casistica è rappresentata da 19 carcinomi squamocellulari(SC), 18 adenocarcinomi (AC) e 1 carcinoma a grandi cellule(CGC).Nei CS le alterazioni più frequenti osservate erano alterazioninumeriche, in particolare, a carico del cromosoma 21 (in6casi) e l’acquisizione di un cromosoma 3 (in 9 casi: clonalein 2 e come singola metafase in 7). L’acquisizione del cromosoma3 (trisomia 3) è stata riscontrata, sia associata allaperdita del 21, sia come unica alterazione.ConclusioniMentre la monosomia 21 è un fenomeno ben conosciuto nellecellule tumorali squamose, più sorprendente appare nellanostra casistica il riscontro di trisomia 3. Infatti, nel bracciocorto del cromosoma 3 risiede il gene FHIT la cui perdita èdescritta come evento precoce nella carcinogenesi polmonare.Al fine di confermare i risultati ottenuti, i casi sono statitestati mediante immunoistochimica con anticorpo anti-FHITe casi selezionati sono stati sottoposti anche a FISH con sondacentromerica per il cromosoma 3.Interdigitating reticulum cell sarcoma,primarily arising in the lungU. Gruber, F. Gollowitsch, M. Smolle-Juettner Freijy, H.PopperInstitutes of Pathology, General Hospital Feldkirch, and MedicalUniversity of Graz, AustriaA 72-year-old female patient was admitted to the thoracicsurgery department because of incidentally diagnosed lungtumor. A PET-CT scan showed a solitary tumor in the left upperlobe, without any tumor elsewhere. Resection of the upperleft lobe was performed.Macroscopically the tumor measured 2.2 cm. Lymph nodeswithin the hilum were unremarkable. Histologically the tumorconsisted of solid areas with epitheloid as well as withspindle tumor cells showing hyperchromatic and polymorphicnuclei, prominent nucleoli, and many mitoses. The epitheloidcells form solid nests, sometimes simulating proliferatingLangerhans cells in histiocytosisX. In other areas predominantlyspindle cells were growing within pulmonaryblood vessels, simulating a haemangioendothelioma, however,never forming capillary structures. Small areas of tumornecrosis were present throughout. Immunohistochemical reactionswere negative for cytokeratins, smooth muscle actin,CD1a, HMB45, MelanA, Pgp9.5, CD31/34, factor8AG,desmin ruling out epithelial neoplasms, vascular and smoothmuscle tumors, as well as Langerhans cell proliferations includingmalignant eosinophilic granuloma and metastasis ofmalignant melanoma. A strong positivity for S100 proteinand lysozyme was seen in all tumor cells, and a focal positivereaction in a small portion of tumor cells was seen for vimentin,CD 68, and 57 antibodies. The diagnosis of a sarcomaof interdigitating reticulum cells was made.A further evaluation of the patient showed no other primarytumor. So a primary sarcoma of interdigitating reticulumcells, arising in the lung was established. Sarcomas of the interdigitatingreticulum cells are exceedingly rare, and havenever been described in the lung. So we present the first casearising within the lung.Sarcomatoid carcinoma of the lungsimulating pulmonary infarct.A clinicopathologicand immunohistochemical study of 3 casesG. Rossi, A. Marchioni, R. Valli, F. Maselli, C. Curatola,L. Reggiani-Bonetti, L. LosiSection of Pathology and Pneumology, University of Modenaand Reggio Emilia, ModenaIntroductionPulmonary infarction is a rare condition with which surgicalpathologists dealt in routine practice, mainly related tothromboemboli due to cardiovascular diseases or pulmonaryvenous obstruction. Here, we describe 3 cases of primary sarcomatoidcarcinoma of the lung preoperatively diagnosed aspulmonary infarcts on radiologic findings.MethodsWe collected 3 cases of surgically-resected pulmonary sarcomatoidcarcinoma presenting as peripheral lesions and preoperativelythought as infarcts on chest X-rays and CT-scans.Clinical data were obtained in each case. Immunohistochem-


PATOLOGIA RESPIRATORIA365istry was performed using an automated immunostainer(Benchmark, Ventana, Tucson, AZ) and the following antibodieswere tested: pan-cytokeratins (AE1/AE3), TTF-1,EMA, cytokeratin 7.ResultsThe patients (2 men, 1 woman) had a mean age of 63.6 years.The lesions had a yellowish cut surface, a mean diameter of4.5 cm across and occurred at the right and left upper lobesand the right lower lobe. Morphologically, the nodules consistedof large, bland ischemic necrotic areas and foci of“dirty” necrosis associated with hemorrhage and surroundedby a rim of myofibroblasts. In two cases, the tumor showedan interstitial growth of atypical spindle cells with prominentnucleoli, while the third case was characterized by a largecell carcinoma with a spindle cell component at the periphery.In all cases, the tumor cells surrounded and penetratedthe vessel wall. The tumor elements were strongly positivefor pan-cytokeratins (AE1/AE3), but did not stain for TTF-1,cytokeratin 7 and EMA. All patients died of disease at a meanfollow-up of 6 months (range, 2-10 months).ConclusionWhen resected, pulmonary infarct shows a bland necrosisthat may be surrounded by reactive squamous metaplasia andatypical alveolar cells, representing a potential pitfall forpathologists. The cases herein displayed large areas of necrosisand hemorrhage, while tumor elements mainly consistedof an insidious spindle cell proliferation involving the interstitialalveolar wall and prominently involving the vascularstructures. This latter feature together with an appropriatepan-cytokeratin marker and extensive tumor sampling have akey role in the correct approach to prevent misdiagnosis ininfarct-like lung cancer, a rare occurrence commonly relatedto a very dismal outcome.Phenotypic and genotypic analysis of a lungcarcinoma with multiple differentiationG. Sartori, N. Bigiani, L. Schirosi, A. Marchioni, F.Maselli, L. Losi, R. Valli, G. RossiSection of Pathologic Anatomy, University of Modena andReggio Emilia, ModenaIntroductionLung cancer with a mixture of small cell carcinoma (SCLC)and non-small cell carcinoma (NSCLC) is a rare but wellknownoccurrence. We describe the immunophenotype andthe genotypic features of a lung cancer showing six differentiationat morphology.MethodsA case of combined SCLC and NSCLC with multiple differentiationwas retrieved from the archival file of our institution.The specimen consisted of the pulmonary right upperlobe showing a gray-yellowish nodule of 4 cm across. Severalfour-micron thick sections obtained from a representativetumor block were employed for immunostaining and clonalityanalysis. Immunohistochemistry was performed using anautomated immunostainer (Benchmark, Ventana, Tucson,AZ) and the following markers: TTF-1, cytokeratin 7, EGFR,CD117, p53, 34betaE12, chromogranin and CD56/NCAM.Genomic DNA extraction of the different components wasperformed using a laser-capture microdissection system(Olympus IX70, Laser Scissors Pro-300, Olympus, Milan).Lymphocytes from the same slide were separately microdissectedas sources of constitutional DNA. The amplified PCRproducts were then processed using an automatic sequencer(ABI-Prism 310 Applied Biosystem). 19 primer sequences(MWG-Biotech, Florence, Italy) flanking 19 microsatelliterepeat polymorphisms located at 18 chromosomal regions of9 different chromosomes were investigated.ResultsThe tumor consisted of 6 different components closely intermingled,namely SCLC, large-cell neuroendocrine carcinoma(LCNEC), adenocarcinoma (ADC), squamous cell carcinoma(SqC), undifferentiated large cell carcinoma (LCC) anda sarcomatoid component (SC). Neuroendocrine markers(chromogranin and CD56/NCAM) and CD117 stronglystained the SCLC and LCNEC only, while 34betaE12 expressionwas restricted in the SqC. Membrane cell EGFR expressionwas noted in ADC, SqC and LCC components,while cytokeratin 7 stained the ADC and LCC. No stainingwas found with TTF-1, but all tumor components displayedp53 expression. At clonality analysis, the same allelotypingsetup was noted in 11/19 microsatellite markers, comprisingLOH at three different loci, and only minor discrepancieswere found at the other tested loci.ConclusionsLung cancer may rarely appear as a protean tumor with divergentdifferentiations. Even in presence of heterogeneousmorphologic and proteic expression profile, a clonal relationshipwas revealed between the different components byclonality genotypic analysis.Linfangite carcinomatosa: caso autopticoA. Napoli, E. Maiorano, G. Parisi, F. Sanguedolce, R.Ricco R.DAPeG Dipartimento di Anatomia patologica e genetica, Sezionedi Anatomia patologica, Policlinico Universitario,Università di BariIntroduzioneUomo di 39 anni, in buone condizioni di nutrizione, con storiadi grave insufficienza respiratoria da circa 3 mesi, indagatoe curato per interstiziopatia polmonare di ndd. Parzialeremissione di sintomi con terapia cortisonica. Improvviso aggravamentodella sintomatologia e decesso in Rianimazioneper edema polmonare acuto.MetodiAll’esame autoptico la cavità pleurica mostrava pochi cc diliquido citrino limpido. Polmoni del peso di gr 1430, di coloritovariegato rosso scuro, con aree biancastre di consistenzaaumentata. Al taglio il disegno interstiziale apparivanotevolmente ispessito bilateralmente. In corrispondenzadel lobo superiore destro si repertava inoltre, area di addensamentoparenchimale, similcicatriziale. Si riscontravanonumerosi linfonodi aumentati di volume in sede: polmonare,ilare e intraparenchimale, tiroidea e cardiaca. Il cavo pericardicoconteneva circa 100 cc di liquido rossastro, il pericardioispessito e il suo foglietto viscerale estesamente ricopertoda induito fibrinoso rosso brunastro. Il cuore delpeso di gr 470 era di forma e volume regolare di consistenzadiminuita e aspetto flaccido. Restanti organi con normalialterazioni postmortali.RisultatiÈ stata posta diagnosi di adenocarcinoma a cellule a castone,moderatamente differenziato, del polmone con diffusa linfangitecarcinomatosa, estesa a tutti i lobi polmonari ed al pericardioviscerale. Metastasi massive ai linfonodi intraparen-


366COMUNICAZIONI LIBEREchimali ed ilari polmonari, pericardiaci e peritiroidei. Patosipluriviscerale.ConclusioniL’assenza di un nodulo polmonare “coin lesion” ben visibileagli esami strumentali con un consensuale rinforzo della tramainterstiziale polmonare può determinare un errore diagnosticonell’individuazione di un adenocarcinoma polmonarecon diffusione linfangitica.Bibliografia1Harold JT. Lymphangitis carcinomatosa of the lung. Q J Med1952;21:353-360.2Yasutoshi Koutaki, et al. Carcinomatous Lymphangitis MimickingPulmonary Thromboembolism. Jpn Circ J 2001;65:683-684.Mesotelioma deciduoide della pleura: analisimolecolare con CGH (comparative genomichybridization) in 6 casiG. Serio, A. Pennella * , M. Gentile ** , A. Marzullo, A.L.Buonadonna ** , M. Musti *** , L. Pollice, A. ScattoneDipartimento di Anatomia Patologica e Genetica, Universitàdi Bari; * Dipartimento di Scienze Chirurgiche, Servizio diAnatomia Patologica, Università di Foggia; ** Servizio diGenetica Medica, Ospedale “De Bellis”, IRCCS, CastellanaGrotte (Ba); *** Dipartimento di Medicina Interna e Pubblica,Medicina Industriale, Università di BariIntroduzioneIl mesotelioma maligno deciduoide è una variante istologicarara del mesotelioma epitelioide descritta nel 1994 da Nascimentoet al. 1 in sede peritoneale e in donne giovani. Successivamentealtri casi sono stati osservati in pazienti di entrambii sessi, di età avanzata, anche in sede pleurica e pericardicae con storia di esposizione all’asbesto. La neoplasia sembrerebbeessere caratterizzata da un decorso clinico particolarmenteaggressivo (sopravvivenza media circa 7 mesi). Sucasistiche limitate di mesotelioma studi genetici, condotticon metodiche molecolari differenti (analisi del cariotipo eCGH), hanno consentito di individuare frequenti perdite a livellodelle regioni cromosomiali 1p, 3p, 6q, 9p, 13q, 15q e22q. Le delezioni costituiscono l’aberrazione genetica piùfrequentemente riscontrata e l’eterogeneità delle alterazionidescritte sarebbe indicativa della morfologia polimorfa tipicadi questo tumore 2 . Scopo del nostro lavoro è la identificazionedi alterazioni genetiche specifiche nel mesotelioma deciduoidein pazienti con più lunga sopravvivenza.MetodiSei casi di mesotelioma maligno della pleura sono stati sottopostiad analisi CGH sec. Kallioniemi et al. (1994). La casisticacomprende tre femmine (età: range 23-52 anni, media35,6) e tre maschi (età: range 70-74 anni, media 72,3). L’esposizioneall’asbesto era documentata in tutti i casi e riportatanel Registro Nazionale Mesotelioma, Centro OperativoRegione Puglia (ReNaM). Essa era di tipo ambientale nelledonne e professionale nei maschi. Il tempo di sopravvivenzavariava da 12 a 39 mesi (media 27). Tre pazienti sono viventi(ultimo follow-up 30 maggio 2004) in discrete condizionie con trattamento farmacologico di supporto. Due dei pazientideceduti sono sorelle giovani con storia familiare dimesotelioma. In tutti i casi la diagnosi istologica di mesoteliomadeciduoide è stata posta su campioni di biopsie toracoscopichesulla base dell’aspetto morfologico e del profilo immunofenotipicodella neoplasia.RisultatiIn tutti i casi sono state osservate alterazioni genetiche chesono riportate in Tabella 1.ConclusioniI risultati del nostro studio confermano la presenza di alterazionicromosomiche specifiche per il mesotelioma in generale.Il numero delle delezioni sembrerebbe condizionare iltempo di sopravvivenza e pertanto costituire un importanteindicatore prognostico.Bibliografia1Nascimento AG, et al. Deciduoid peritoneal mesothelioma: an unusualphenotype affecting young females. Am J Surg Pathol1994;18:439-4452Carbone M, et al. The patogenesis of mesothelioma. Sem Oncol2002;29:2-17.Comorbidità di mesotelioma maligno e diadenocarcinoma del polmone. Descrizionedi un caso in un paziente affetto da silicosi:problematiche di diagnostica differenzale.V. Arena 1 , V.G. Vellone 1 , F. Castri 1 , E. Stigliano 1 , F. DeGiorgio 2 , V.L. Pascali 2 , A. Capelli 11Istituto di Anatomia Patologica, Università Cattolica delSacro Cuore, Roma; 2 Istituto di Medicina Legale e delle Assicurazioni,Università Cattolica del Sacro Cuore, RomaIntroduzionePer mesotelioma maligno pleurico (MMP) si intende quelgruppo di neoplasie derivanti da cellule multipotenti mesotelialia differenti pattern istologici che possono mimare numerosistati reattivi della pleura e neoplasie (con problematichediagnostiche differenziali con l’adenocarcinoma polmonare).Segnaliamo di seguito un caso autoptico di comorbidità diMMP ed adenocarcinoma polmonare in un paziente con storiadi esposizione professionale alla polvere di silice. La concomitanteevidenza di metastasi linfonodali addominali harappresentato una problematica di diagnostica differenziale edi stadiazione patologica.MetodiSoggetto di 79 anni, con storia di silicosi e fumo di sigaretta(circa 100 pacchetti/annui per 40 anni) deceduto acausa di un infarto del miocardio. L’esame macroscopicodel polmone destro ha documentato fibrotorace totale inorgano diffusamente fibroso con esiti tubercolari apicali edaree di addensamento parenchimale bianco-giallastre senzaevidenza di masse. Si segnalavano altresì linfoadenomegalieaddominali (interaorto-cavali). Oltre ai prelievi standardsi è proceduto ad un ampio campionamento del polmonedestro.RisultatiIstologicamente nel contesto della reazione pachipleuriticasi segnalavano depositi di silice cristallina compatibili conl’anamnesi professionale e si sono evidenziati multipli focolaidi MMP. A livello intraparenchimale, le aree di addensamentoesaminate in sede autoptica sono risultate focolaidi adenocarcinoma polmonare (positive per citocheratina7 e CEA; negative per Calretinina, Trombomodulinae TTF-1). Gli elementi metastatici linfonodali hanno mostratolo stesso pattern immunofenotipico del MMP (positiviper Calretinina, Citocheratine 5/6, Trombomodulina edAE1/AE3; negativi per WT1, MOC 31, TTF1, CEA, Ber-EP4 e leu-M1).


PATOLOGIA RESPIRATORIA367ConclusioniIl caso descritto è degno di nota per vari motivi. Innanzituttorappresenta la quarta 1-3 segnalazione di MMP silice-indotto,inoltre la comorbidità di due neoplasie, oltre a rappresentareun quesito di diagnostica differenziale, è stata lo spunto perun approfondito studio immunofenotipico con particolare attenzionevolta alle metastasi linfonodali addominali ai fini diuna corretta stadiazione patologica della malattia.Bibliografia1Barz H et al. Z Erkr Atmungsorgane 1983;160(2):167-722Thzolov C et al. Acta Tuberc Pneumol Belg 1970;61(3):354-623Rothig W. Dtsch Gesundheitsw 1968;14;23(46):2183-7Expression of human mammaglobin genein pleural effusion of patients with malignantmesotheliomaS. Roncella * , P. Ferro * , A. Giannico * , A.M. Carletti ** , L.Praticò ** , V. Gagliardi * , L. Cortese * , B. Bacigalupo * , N.Gorji * , P.A. Canessa ** , F Fedeli **U.O Anatomia ed Istologia Patologica, Osp. S. Andrea, LaSpezia; ** U.O. Pneumologia, Osp. S. Bartolomeo SarzanaIntroductionHuman Mammaglobin (hMAM) is a glycoprotein expressedby breast epithelial cells. Recently, some studies havedemonstrated that hMAM expression is not restricted tobreast cancer body fluid but can also be found in neoplasticeffusions from gynecological malignancies as well as fromlung and kidney carcinomas.Given the above and the higher incidence of malignantmesothelioma (MM) in La Spezia compared to the otherprovinces in Italy, the goals of this study were to analyze theexpression of hMAM mRNA in the pleural effusions of patientswith histological diagnosis of malignant mesothelioma(MM) and to investigate the potential application of RT-PCRfor hMAM in assessment of MM cells in body fluid. Thismethod was compared with traditional cytological evaluation.MethodsThe study was performed on pleural effusions from 16 patients(2 female and 14 male) with MM (10 epithelioid, 4desmoplastic, 1 biphasic, 1 sarcomatoid) diagnosed by histologicalexamination of a pleural biopsy taken during thoracoscopy.Controls consisted of 19 samples of body fluid from breastcarcinoma (positive) and 41 specimens without known carcinoma(negative).Cytological examination was performed in a parallel studywith RT-PCR assay. Each specimen was analysed by stainingwith EE and Papanicolau technique.ResultsmRNA hMAM expression was found in 5/16 (31%) of themalignant effusions from MM. All specimens that were positivein the RT-PCR assay were of the epithelioid type, andboth females studied were positive as well. 16/19 (84%) ofsamples from breast carcinoma and 1/41 (2%) of non-neoplasticorigin were positive.According to cytological examination, MM cells were presentin 7/16 (44 %) cases, of which 4 (57%) were also RT-PCR positive. 1 case (female) was negative according to thecytological assay yet positive according to the RT-PCR assay.ConclusionsThese results demonstrate the presence of hMAM mRNA inthe effusions of epithelioid type MM patients (31% of cases).Further studies are needed to evaluated whether RT-PCR forhMAM could be used as an additional test in the evaluationof MM effusions.Utilità diagnostica dell’espressioneimmunocitochimica di TTF-1, SP-Ae calretinina nei versamenti pleuricineoplasticiE. Dessy, A. Berenzi, A. Tironi * , M. Bonardi * , L.Fontana * , A. BenettiAnatomia Patologica, Università di Brescia; * 2° Serv. diAnatomia Patologica, Spedali Civili, BresciaIntroduzioneLa presenza di cellule neoplastiche nei versamenti pleuricipone spesso difficili problemi di interpretazione sulla loro origine.Negli ultimi anni sono state proposte associazioni di diversianticorpi nella diagnosi differenziale tra il mesoteliomapleurico e l’adenocarcinoma polmonare o a provenienza daaltri distretti. Scopo del nostro studio è quello di valutare l’utilitàdiagnostica di alcuni anticorpi (calretinina, TTF-1, proteinaA del surfactant [SP-A], CEA) in versamenti pleuricineoplastici al fine di poter risalire all’origine della neoplasia.MetodiDi tutti i versamenti pleurici neoplastici capitati alla nostraosservazione nell’ultimo anno, abbiamo selezionato quellirelativi a pazienti in cui era anche presente un riscontro istologicosul tumore primitivo e/o sulla metastasi pleurica, perun totale di 30 casi (12 adenoca. del polmone, 4 mesoteliomi,14 metastasi di carcinomi di altri distretti di cui 7 mammari,4 dell’ovaio, 1 pancreatico, 1 renale, 1 ca. uroteliale della vescica).Sono state effettuate indagini immunocitochimicheutilizzando anticorpi anti-TTF-1, SP-A, calretinina e CEA.RisultatiIl TTF-1 è risultato altamente specifico nei versamenti daadenocarcinoma primitivo del polmone, mentre l’espressionedella SP-A (osservata a livello di membrana anche in 3 casidi metastasi da carcinoma mammario), è risultata più sensibile(0,67 vs 0,5). L’uso combinato dei due anticorpi ha con-Tab. I.TTF-1 SP-A CEA Calret.Mesoteliomi (4) 0 (0%) 0 (0%) 0 (0%) 4 (100%)Adenoca. polmonari (12) 6 (50,0%) 8 (66,7%) 12 (100%) 0 (0%)Ca. non polmonari (14) 0 (0%) 3 * (21,4%) 7 (50,0) 1 ** (7,1%)*Positività di membrana in 3 casi di carcinoma della mammella; ** positività in 1 caso di carcinoma della mammella.


368COMUNICAZIONI LIBEREsentito di riconoscere la provenienza delle cellule neoplasticheda adenoca. polmonare in 10 casi su 12. La calretinina èstata dirimente per la diagnosi di mesotelioma, anche se è risultatapositiva in 1 caso di metastasi da carcinoma mammario.I risultati complessivi sono riassunti nella Tabella I.ConclusioniL’uso combinato degli anticorpi anti SP-A e TTF-1, unitamenteal CEA e alla calretinina, ci consente di risalire in unelevato numero di casi all’origine delle cellule neoplastichepresenti nei versamenti pleurici.Metastasi di carcinoma in un tumore fibrososolitario della pleuraF.R. Piro, C.G.S. Huscher * , P. Aicardi * , M. AminiS.C. Anatomia Patologica, * U.O.D. 1° Chirurgia, A.O. “SanGiovanni Addolorata Calvary Hospital”, RomaIntroduzioneLa presenza di due o più tumori nello stesso paziente è unevento comunemente descritto, mentre è piuttosto raro il riscontrodi una neoplasia metastatica in un’altra. Il tumore chesolitamente fa da ricevente è il carcinoma a cellule renali,mentre il donatore più frequente è il carcinoma del polmone.Il primo caso descritto risale al 1968 1 , ma ad oggi sono statiregistrati più di 150 casi che comprendono anche il meningiomao il feocromocitoma, quali tumori riceventi, ed il carcinomamammario o prostatico quali donatori.MaterialiDonna di 60 anni con esiti di gastrectomia totale eseguita 3 mesiprima per adenocarcinoma gastrico di tipo diffuso sec. Lauren,scarsamente differenziato. La TC total-body evidenziava lapresenza di una neoformazione tondeggiante, a margini definiti,del diametro di cm 7, localizzata alla base del polmone di sinistra.La neoformazione mostrava uno sviluppo posteriore edincrementava di densità dopo iniezione di mdc. Veniva eseguitauna toracotomia antero-laterale al VI spazio intercostale, conasportazione della massa mediante suturatrice meccanica.RisultatiAll’esame macroscopico, la neoformazione appariva ben circoscritta,di aspetto fascicolato in superficie di sezione e dicolorito grigiastro. L’esame istologico, evidenziava una neoplasiacostituita da fasci di cellule fusate variamente orientate,con deposizione di sostanza ialina intercellulare, ricca vascolarizzazionee caratteristico profilo immunoistochimico(CD34+, Vimentina+, ActinaSM-, Desmina-, CKMNF-116-).I reperti deponevano per tumore fibroso solitario della pleura.Veniva osservata, tuttavia, la presenza di una seconda lineacellulare, composta da elementi di tipo epiteliale, CD34negativi e CKMNF-116 positivi. Tali cellule erano presenti,con focolai multipli, nel contesto della neoplasia “ospite” edisposte in nidi reminiscenti strutture ghiandolari. L’aspettomorfologico ed immunoistochimico e la storia clinica dellapaziente orientavano per la diagnosi di metastasi di carcinomagastrico in tumore fibroso solitario della pleura.ConclusioniL’evenienza che una neoplasia metastatizzi in un altro tumore(tumor to tumor metastasis) è un evento raro, ma ancor piùraro è che una neoplasia così infrequente, come il SFT, facciada “ricevente”, anche se è verosimile che la metastasi siastata favorita dalla ricca vascolarizzazione che caratterizza ilSFT. Ad oggi sono stati descritti soltanto altri due casi 1 2 .Bibliografia1Petraki C et al. Int J Surg Pathol 2003;11(2):127-135.2Chen HW et al. Skeletal Radiol 2004;33:226-229.Utilizzo di escreato, broncoaspirato e BAL perl’indagine mineralogica nella diagnosticadelle pneumoconiosiD. Bellis 1 , E. Belluso 2 3 , S. Capella 2 , E. Fornero 2 , S. Coverlizza1 , G. Ferraris 2 31Servizio di Anatomia e Istologia Patologica e di Citodiagnostica,Ospedale Emergenza Torino Nord S.G. Bosco,ASL4, Torino; 2 Dip. di Scienze Mineralogiche e Petrologiche,Università di Torino; 3 CNR-IGG, sezione di TorinoIntroduzioneL’indagine mineralogica qualitativa e quantitativa del caricopolmonare di particelle minerali è importante per la definizionedell’esposizione individuale a polveri, per gli studi epidemiologicie per quesiti medico-legali.Metodi46 campioni di escreati, broncoaspirati e BAL (freschi o inclusiin paraffina) sono stati digeriti in ipoclorito di sodio, filtratisu membrana di nitrato di cellulosa e osservati mediantemicroscopia ottica (MO). Di questi, 9 sono stati esaminatiin microscopia elettronica in scansione (SEM) con microanalizzatorechimico (EDS). I dati mineralogici ottenuti sonostati quindi confrontati con i dati clinici e anamnestici.RisultatiOsservazione in MO (Tab. I).Indagine in SEM/EDS: sono stati osservati 9 campioni (6broncoaspirati e 3 BAL) e solo in 1 BAL sono state trovatefibre di asbesto (tremolite).Si è constatato che l’indagine mineralogica è effettuabile conuna buona sensibilità oltre che su materiale fresco anche sucampioni inclusi in paraffina.ConclusioniPer la diagnosi di pneumoconiosi e per la risposta ai quesitimedico-legali su malattie associate alla respirazione delleTab. I. Numero di campioni in cui sono stati rilevati corpi ferruginosi (totale campioni in parentesi) in rapporto al tipo di patologia.Escreato Bronco aspirato BALCarcinoma polmonare / 31,6% (19) 0% (1)Controllo 18,7% (16) / /Asbestosi e interstiziopatie in esposti 0% (1) 100% (1) 100% (4)Interstiziopatie non da asbesto 0% (1) 0% (1) /Carcinoma laringe / 0% (2) /


PATOLOGIA RESPIRATORIA369polveri, è sempre più importante l’utilizzo di campioni biologiciprelevati mediante modalità il meno possibile invasive.Inoltre, in casi di carcinomi polmonari inoperabili, la diagnosiè fatta soltanto su escreato, broncoaspirato e/o BAL. Benchéla casistica presentata sia limitata, dimostra l’utilità dell’indaginemineralogica via MO e ME sia nei casi in cui il caricomineralogico è molto basso (come nei fluidi provenientidall’apparato respiratorio), sia per una migliore diagnosi delleinterstiziopatie quando il tipo di esposizione non sia noto.Granulomatous pneumoniaH.H. PopperLaboratories for Molecular Cytogenetics, Pulmonary andEnvironmental Pathology, Institute of Pathology, MedicalUniversity of Graz, AustriaGranulomatous pneumonia comprise a large group diseaseswith either infectious or non-infectious aetiology. Epitheloidand histiocytic granulomatosis can be discerned. Within theinfectious group well known organisms, such as Mycobacteria,but also rare organisms like Treponema and different fungican induce an epitheloid cell transformation ofmacrophages. Non-infectious diseases within the epitheloidcell granulomatoses are sarcoidosis, allergic metal disease,but also affection of the lung in collagen vascular diseases.Histiocytic granulomatosis again can be induced by infectiousorganisms – well known in mycobacteriosis, but also bynon-infectious substances, the best known is quartz. Whenmaking the diagnosis other concomitant inflammatory cellsshould always be mentioned, because they usually give a primaryclue for the causing organism/substance. Other featuresare vasculitis, eosinophilia, and others.Acute lung injury/acute respiratory distresssyndrome (ALI/ARDS). Il ruolo dinamicodell’Anatomopatologo in Medicina CriticaF. Zolfanelli, G. Gambacorta, M. Gallorini, L. PresentiAnatomia ed Istologia Patologica, Ospedale S. Giovanni diDio, FirenzeIntroduzioneL’ARDS è una sindrome ad eziologia multifattoriale clinicamentecaratterizzata da insufficienza respiratoria acuta conalta mortalità (50-90%). La sindrome, di recente individuazione,appare di più frequente insorgenza in pazienti provenientidall’ Area Critica, la patogenesi è estremamente complessae poco delineate ad oggi le correlazioni anatomo-cliniche;questa sindrome è strettamente correlata alla MOF(Multiple Organ Failure). A livello polmonare, il danno epitelialeè determinato dall’azione di alcune citochine (IL-1beta,IL6 ed IL-6RA) con l’intervento di alcuni mediatori cellulari(NF-Kb e sFasL) attraverso un complesso che includel’apoptosi; i reperti istologici dell’ARDS variano a secondadella fase evolutiva della malattia dimostrando come l’infiammazionesia un processo multistep caratterizzato da interazionimultifattoriali.MetodiSono stati eseguiti 100 riscontri diagnostici su pazienti provenientidai reparti di Terapia Intensiva. Sono stati prelevatiframmenti polmonari macroscopicamente riferibili ad ARDSe successivamente esaminati istologicamente.RisultatiLe alterazioni patologiche sono maggiormente documentatea livello del parenchima polmonare ed evidenziano ARDS invaria fase evolutiva, ma anche VAP (Ventilator AssociatedPneumonia) o VALI (Ventilator Associated Lung Injury), patologiaiatrogena di recentissima individuazione e di grandeimportanza per il clinico.ConclusioniL’indagine autoptica rappresenta ancora oggi il metodo più attualeper l’individuazione di nuove patologie, fornisce la certezzadella diagnosi a fronte della minore accuratezza dell’indaginediagnostica strumentale, rappresenta inoltre il mezzo piùidoneo per il controllo di qualità per un corretto managementdella ventilazione polmonare. Di nuovo l’Anatomia Patologicacon lo studio morfologico offre un importante supporto ai cliniciimpegnati nella valutazione dinamica dei pazienti critici.Valutazione dell’espressione di MMP-9 edMMP-2 nelle vie aeree di soggettienfisematosi con pneumotoraceF.P. D’Armiento, A.M. Anniciello, A. Iacono, P. Maietta * ,M. D’ArmientoDipartimento di Scienze Biomofologiche Funzionali, sez.Anatomia Patologica e Citopatologia; * Chirurgia Toracica,Università Federico II NapoliIntroduzioneIl presente studio rappresenta un confronto tra l’espressionedi MMP-9 e MMP-2 nella matrice extracellulare di pazientienfisematosi nei confronti di pazienti con enfisema complicatoin pneumotorace recidivante.Materiali e metodiL’analisi immonoistochimica è stata eseguita con la tecnicaPAP (perossidasi-antiperossidasi) in 52 soggetti enfisematosioperati per pneumotorace recidivante (F=7; M=45, età tra 17 e71 anni) confrontati con 20 soggetti enfisematosi non complicatidi pertinenza autoptica. Sezioni di 4µm sono state incubatecon anticorpo primario MMP-9 e MMP-2 (Dako Ltd, Milano,Italy). La valutazione dell’immunoreattività è stata espressacome percentuale di area positiva rispetto alla superficie totalemediante metodica di analisi di immagine computer-assistita.Il confronto tra gruppi è stato effettuato mediante ilMann-Whitney one-way test, analisi della varianza e range (r).Valori di P


PATHOLOGICA 2004;96:370-373Patologia dei tessuti molli e dell’ossoTumore fibroso solitario dei tessuti mollisuperficiali: presentazione di sei casiL. Angeli * , P. Migliora ** , A. Ottinetti *** , G. Angeli ***Clinica Dermatologica, Università di Novara; *** S.O.S.Anatomia Patologica, Ospedale S.S. Pietro e Paolo, Borgosesia;** S.O.C. Anatomia Patologica, Ospedale S. Andrea,VercelliIntroduzioneIl tumore fibroso solitario è una neoplasia infrequente, conrange di età tra la IV e la VII decade, descritta dapprima insede pleurica e peritoneale, successivamente in varie sedi,quali fegato, orbita, cavità nasali, meningi, vie respiratorie,tiroide, mediastino, cute e tessuti molli.MetodiVengono presentati sei casi di tumore fibroso solitario deitessuti molli superficiali. In ogni caso la lesione è stata completamenteesaminata in ematossilina-eosina ed è stato utilizzatoun panel immunoistochimico standard, consistente in citocheratinePAN, actine MS ed SM, vimentina, S-100, CD34,bcl-2, CD99, CD68 e Ki67. In un caso è stata effettuata microscopiaelettronica.RisultatiSi tratta di quattro pazienti di sesso maschile e due di sessofemminile, di età tra i 35 ed i 78 anni, con neoformazione didimensioni comprese tra cm 1 e cm 3,8 di diametro massimo.Il periodo di insorgenza varia, ove indicato, da 1 mese a 2 anni.Due lesioni sono situate alle dita del piede, due alla pareteaddominale (una sovrapubica), una all’ascella ed una in sedenucale; tutte sono superficiali (cute/sottocute), con la parzialeeccezione della lesione nucale, descritta a partenza dalpiano osteomuscolare. All’esame istologico si osserva in tuttii casi proliferazione a media cellularità, più accentuata soloin un caso, di elementi fusati (fusati e/o tondeggianti nelcaso a maggiore cellularità) disposti in fasci variamenteorientati, talora vorticoidi, alternati a bande di sclerosi e aricca componente vascolare spesso di aspetto emangiopericitoide.Un solo caso presenta sfondo discretamente mixoidealcianofilo. Non si osservano atipie citologiche. L’indice mitoticoè compreso tra 0 e 4 mitosi per 10 HPF. L’indice proliferativo(Ki67) è sempre inferiore al 5%. Tutti i casi mostranoespressione intensa diffusa di vimentina e CD34, variabiledi actine MS ed SM, bcl-2, CD99. Costante negatività perS-100 e citocheratine. L’esame ultrastrutturale dimostra elementiovalari o fusati talora con incisure nucleari a citoplasmacontenente irregolari fasci di fibrille ad orientamento paralleloall’asse longitudinale delle cellule; sostanza intercellularedebolmente elettrondensa comprendente sporadici fascicollageni. Il trattamento di scelta è stato l’escissione chirurgicacon verifica dei margini; solo nel caso a sede nucale,prossimo ai margini, è stato praticato allargamento. Tutti ipazienti sono liberi da malattia, per un periodo di tempo variabiledai 5 anni ai 2 mesi.ConclusioniIl tumore fibroso solitario, che presenta caratteristichemorfologiche di overlap nei confronti dell’emangiopericitoma,è di osservazione non comune nei tessuti molli e nei tessuticutanei/sottocutanei, ove richiede diagnosi differenzialenei confronti di varie lesioni neoplastiche e reattive. Nonagevole la diagnosi clinica pre-operatoria, che interessa sia ilDermatologo che il Chirurgo. Si pone anche problema dicondotta terapeutica, in considerazione della possibilità di recidivelocali.Tumore fibroso solitario dei tessuti molli: unraro caso di localizzazione retto-sacraleE. Cristi * , G. Perrone * , S. Caiozzi * , C. Battista ** , P.Benedetti-Panici ** , C. Rabitti **Anatomia Patologica, Università Campus Bio-Medico, Roma;** Dipartimento di Ginecologia, Università Campus Bio-Medico, RomaIntroduzioneIl tumore fibroso solitario (TFS) è una rara entità che manifestacon la stessa frequenza nei due sessi con una predominanzatra la quarta e settima decade. La pleura rappresentala sede tipica d’insorgenza, ma in rari casi può averelocalizzazione extra-pleurica. Si riconoscono due varianti,maligna e benigna: quest’ultima è 3-4 volte più frequentedell’altra.Caso clinicoRiportiamo il caso di una giovane donna di 28 anni. L’esameecografico evidenzia massa retroperitoneale. L’esame TACaddome e pelvi segnala voluminosa neoformazione occupantespazio delle dimensioni di cm 9 x 8 x 5 parzialmente cisticacon pareti ispessite e grossolane sedimentazioni. Dettaformazione appare comprimere e dislocare anteriormente lastrutture pelviche, in particolare retto ed utero. Si ipotizza cistoadenomasieroso.La paziente viene sottoposta a intervento chirurgico. L’esamecitologico eseguito su lavaggio peritoneale è risultato negativoper la ricerca di cellule tumorali maligne.Macroscopicamente il materiale inviato si presenta comeneoformazione nodulare di cm 7,5 x 6 x 4, di colorito giallogrigiastro, con cavitazioni concamerate ripiene di materialesimil mucoide.Istologicamente si osserva una neoplasia mesenchimale riccamentecellulata e vascolarizzata con pattern pericitomatoso.Gli elementi cellulari per lo più fusati mostrano un nucleoovale o rotondo, regolare, a cromatina dispersa, conpiccolo nucleolo. Fra questi elementi sono presenti sottilifibre collagene che solo in alcuni campi si fanno più abbondantiassumendo l’aspetto di corpi amiantoidi. Si reperisconoanche discreti stravasi di emazie e le pareti cistichesi presentano costituite da tessuto fibroso, prive di rivestimentoepiteliale, con depositi emosiderinici. Le mitosi sonomolto rare.All’indagine immunoistochimica le cellule presentano positivitàper CD34, bcl2, vimentina, focalmente per desmina eactina muscolo liscio, mentre negativi sono i marcatori miosinamuscolo liscio, citocheratine, EMA, S-100, e CD31.Ki-67 (clone MIB-1) è positivo in meno del 2% degli elementi.ConclusioniIl referto morfologico e le indagini immunoistochimiche depongonoper un TFS benigno con localizzazione retto-sacrale.Il decorso clinico è imprevedibile e non sono ancora statestabilite linee guida definitive per la prognosi. Si consigliapertanto una completa eradicazione.


PATOLOGIA DEI TESSUTI MOLLI E DELL’OSSO371Leiomiosarcoma scrotale: report di 1 casoA. Napoli, E. Maiorano, G. Parisi, G. Salerno * , R. RiccoDAPeG Dipartimento di Anatomia Patologica e Genetica,Sezione di Anatomia Patologica, Policlinico Universitario,Università di Bari; * Unità Operativa Urologia I ospedaliera,Policlinico BariIntroduzioneI leiomiosarcomi scrotali sono molto rari e la loro etiologia èsconosciuta. Sono più frequenti tra la quinta e la ottava decadedi vita e la loro incidenza è simile a quella dei liposarcomie degli istiocitomi fibrosi maligni. Essi appaiono comeuna massa a sede cutanea o sottocutanea, in genere di piccoledimensioni, a rapida crescita e con scarsa sintomatologia.Il tumore può prendere origine dai fasci superficiali o profondidel dartos. I leiomiosarcomi a basso grado di malignitàhanno una buona prognosi, mentre quelli ad alto grado di malignitàsviluppano metastasi a distanza ed hanno una mortalitàelevata.Storia clinicaPaziente di 53 anni, giunto con storia di neoformazione dellaparete emiscrotale sinistra da circa un anno. Alla nostra osservazionevenivano inviati neoformazione di cm 2,5 a contornipoliciclici, che mostrava al taglio aspetto fascicolato ecolorito biancastro e frammento nastriforme (6 cm) di tonacavaginale adiacente alla neoformazione. In un secondo momentoveniva inviato, alla nostra osservazione, borsa scrotaleadiacente alla neoformazione, didimo, epididimo e funicolospermatico sinistro.RisultatiAlla osservazione microscopica, la neoplasia appariva costituitada una proliferazione di cellule fusate, con citoplasmaacidofilo e nuclei allungati con estremità smusse, organizzatein fasci intrecciati, separati a volte da una matrice fibrosa.Le mitosi, anche atipiche, presenti erano 15/10 HPF. L’immunoistiochimicarisultava fortemente positiva per actinamuscolo liscio, l’indice di proliferazione Ki-67 L.I. 19%; S-100 negativo. In base all’aspetto morfologico ed ai dati IIC èstata posta diagnosi di leiomiosarcoma a basso grado di malignitàdello scroto. La cute scrotale adiacente, la tonaca vaginale,il didimo, l’epididimo e il funicolo spermatico sonorisultati esenti da neoplasia.ConclusioniIl leiomiosarcoma dello scroto costituisce una entità rara, datenere sempre in considerazione per la DD con il liposarcomae l’istiocitoma fibroso maligno.In accordo con i dati di letteratura, il leiomiosarcoma a bassogrado mostra una ridotta invasività locale con scarsa tendenzaalla metastatizzazione.Bibliografia1Costa MJ. Malignant fibrous histiocytoma phenotype in pleomorphicsarcoma differentiation in recurrent disease. Arch Pathol Lab Med1994;118(2):160-4.2Sanchez Bernarl C, et al. Scrotal leiomiosarcoma: report of a case.Actas Urol Esp 1991;15(5):463-4.Mioma perivascolare di tipo miopericitoma:descrizione di un casoS. Squillaci, F. Tallarigo * , N. HadjmohammadiServizio di Anatomia Patologica, Ospedale di Vallecamonica,Esine; * Servizio di Anatomia Patologica, Ospedale S.Giovanni di Dio, CrotoneIntroduzioneL’emangiopericitoma (HPC), rara neoplasia derivante dai periciti,è più frequente nei tessuti molli profondi. Il suo correttoinquadramento diagnostico è ostacolato da due fattori: lesue somiglianze con altre neoplasie epiteliali e mesenchimaliche condividono la prominente architettura vascolare ed ilcomportamento biologico imprevedibile. L’aspecificità degliaspetti istologici e le notevoli difficoltà a confermare l’originepericitica delle lesioni hanno indotto a dubitare dell’HPCcome entità clinicopatologica. Segnaliamo un caso insolito ditumore simile all’HPC e con differenziazione mioide.Ad un uomo di 68 anni si asporta tumefazione del dorso delpiede destro, relativamente ben delimitata, da alcuni mesi dolente,con diagnosi clinica di sospetto neuroma.MetodiIl tessuto viene fissato in formalina tamponata, incluso in paraffinae sezioni vengono colorate con Ematossilina-Eosina,PAS, Gomori e con i seguenti anticorpi: citocheratine, vimentina,S-100, actina muscolo liscio, desmina, CD34,CD31, collagene IV e laminina.RisultatiIstologicamente la neoformazione di cm 1,4x0,7x1,2 plurinodulare,di colorito grigio-brunastro e consistenzalievemente ridotta, risulta a tratti fornita di pseudocapsulafibrosa, con al di sotto strutture vascolari dilatate talora conforma a corna d’alce. Nella parte centrale prevalgonostrutture vascolari con lume ristretto rivestite da cuffie dielementi a disposizione vorticoide con nucleo ovale o fusatoe citoplasma ampio e a limiti indistinti. All’esterno di questeproliferazioni concentriche gli elementi assumonodisposizione variabile e morfologia simil-pericitomatosa.Lievi atipie citologiche e indice mitotico di 0-1 mitosi/10HPF. Profilo immunoistochimico: espressione diffusa divimentina, actina muscolo liscio e desmina, focale di S-100.Le cellule tumorali sono contornate da una matrice similmembrana basale positiva a laminina e collagene IV.Negativi gli altri marcatori. Si pone diagnosi di miomaperivascolare di tipo miopericitoma. Non vi è recidiva adistanza di sei mesi.ConclusioniIl miopericitoma 1 , entità benigna, di riscontro molto raro, poneproblemi di diagnosi differenziale nei confronti di altre lesionineoplastiche, quali l’angioleiomioma, il tumore glomico,il tumore fibroso solitario, l’emangioma cavernoso, l’istiocitomafibroso, il neurofibroma e lo schwannoma. Si poneanche problema di condotta terapeutica, in considerazionedella possibilità di recidive locali.Bibliografia1Granter SR, et al. Am J Surg Pathol 1998;22:513-525.


372COMUNICAZIONI LIBEREDesmoplastic fibroblastoma. A case reportN. Scibetta, G. Sciancalepore, L. MarasàU.O. di Anatomia Patologica, ARNAS “Civico-Di Cristina-Ascoli”, PalermoIntroductionThe desmoplastic fibroblastoma, “collagenous fibroma”, is arare benign tumor of soft tissues, that typically appears as anasymptomatic mass, involving the subcutis. Histologically it ischaracterized by a paucicellular proliferation of splindle-shapedor starry fibroblasts, dipped in a collagenous background. Suchtumor injures males in 75% of cases, the 70% of which between50 and 70 year old; after surgical exeresis it does not relapse anddoes not metastasize. The more frequent localizations are thesubcutis of peripheral seats as arm, shoulder, ante brachium,dorsum, hand and foot. We report a case of desmoplastic fibroblastoma,arising in the subcutis of right ante brachium,proximal tract, of a 58 year old female. This tumor appeared asa mass with slow growth, without pain. Ultrasound showed awell-limited, hyperecogenous mass. The patient has been subjectedto surgical exeresis of this neoformation. One year afterthe surgery, she did not show signs of recurrence.Materials and methodsThe specimens sent were formalin 4% fixed and paraplast plusincluded. Sections of 3 µm thickness have been prepared forH&E stain, whereas other sections have been set on slides, previouslytreated with poli-l-lysin for the immunohistochemicalstains.ResultsMacroscopically the tumor appeared oval, well-limited, firm,homogeneous grey-pinkish, with maximum diameter of 5.5 cm.Microscopically, with small power, the neoplasm appearedwell-limited. The paucicellular neoplastic population was composedby splindle-shaped or starry fibroblasts, without nuclearatypias, with rare mitosis and proliferation index < 1% (Ki-67/MIB-1), dipped in an abundant collagenous and myxocollagenousmatrix. Such elements were strongly positive for vimentin,someone had a myofibroblastic immunophenotype, showed bypositivity for α SMA. The neoplastic elements were negativefor desmin, EMA, S100, CD 34.ConclusionThe desmoplastic fibroblastoma is a benign fibroblastic- myofibroblasticneoplasm, with clinico-pathological distinctive features.The treatment chosen for this tumor is conservative excision.The differential diagnosis includes various reactive andneoplastic fibroblastic lesions, such as fibromatosis and lowgradefibromyxoid sarcoma.Tumore a cellule giganti della guainatendinea a sede anomalaG. Parisi, A. Cimmino, C. Traversi, R. RiccoDAPeG Dipartimento di Anatomia Patologica e Genetica,Sezione di Anatomia Patologica, Università di BariIntroduzioneIl tumore a cellule giganti della guaina tendinea (TGCGT)comprende lesioni originanti dalla sinovia delle articolazionidelle borse e della guaina tendinea; generalmente suddiviseper sede (intra o extaarticolare) e per pattern di crescita (localizzatoo diffuso).Descritto in origine da Jaffe nel 1941, è caratterizzato da cellulesimil-istiocitarie, cellule giganti multinucleate, celluleschiumose con uno stroma fibroso.Sebbene nel passato il TGCGT e la tenosinovite nodulare sianostate considerate la stessa entità, esse mostrano caratteristichediverse. La prima insorge nella guaina tendinea delle piccole articolazionidelle mani e dei piedi, mentre la seconda è più frequentenell’articolazione dell’anca, del ginocchio, del polso edel gomito. Localizzazioni sottocutanee in regione sovrapubicacostituiscono una condizione eccezionale.Storia clinicaPaziente maschio di 31 anni, riferisce la comparsa dellaneoformazione nel sottocute della regione paramediana sovrapubicasinistra da circa due anni.Alla nostra osservazione perviene una neoformazione capsulatadi 3,5 cm, giallo grigiastra, duro-elastica. Microscopicamentela neoformazione appare costituita da aree più cellulateframmiste a zone ipocellulari a maggiore componente collagenecostituite da cellule fusate. Cellule giganti si apprezzanoin tutta la lesione, più numerose in alcune aree. Si apprezzanoinoltre cellule xantomatose con fini granuli emosiderinicie rare mitosi. Indagini Immunoistochimiche positiveper CD68 (KP1 e PGM1).RisultatiLa diagnosi di tumore a cellule giganti non presenta particolaredifficoltà da un punto di vista morfologico ma per la sedeanomala della lesione sono necessarie alcune considerazioni didiagnostica differenziale con: lesioni granulomatose che tendonoperò ad essere meno localizzate e presentano una maggiorecomponente infiammatoria; granuloma necrobiotico caratterizzatoda un area centrale di collagene degenerato circondatoda istiociti e con una zona di proliferazione capillare. Il fibromadella guaina tendinea può essere escluso per la ridottaialinizzazione osservata. Tra le altre ipotesi vanno considerateil sarcoma epitelioide e il sarcoma sinoviale bifasico.ConclusioniIl TGCGT è un tumore ben conosciuto. In letteratura sonodescritti soli 11 casi in sede extraarticolare. La segnalazionedello stesso nel sottocute della regione paramediana sovrapubicacostituisce un evento eccezionale e rappresenta il secondocaso in letteratura.Bibliografia1de St Aubain Somerhausen N, Dal Cin P. In WHO Classification ofTumors - Tumors of soft tissue and bone IARC Press Lyon, 2002.2Bradley Arthaud. Pigmented nodular synovitis: report of 11 lesions innon articular locations. Am J Clin Path 1972;58:511- 517.Espressione della ciclina D3 nei tumori deitessuti molliF. Castri, R. Ricci, A. Rinelli, N. Maggiano, L.M. Larocca,F.M. VecchioIstituto di Anatomia Patologica, Università Cattolica del SacroCuore, RomaIntroduzioneAllo scopo di contribuire alla caratterizzazione degli eventiintracellulari regolanti la proliferazione nei vari istotipi ditumori dei tessuti molli, e di trarre eventuali dati utili nelladiagnostica differenziale di questo gruppo di neoplasie,abbiamo studiato l’espressione della ciclina D3 (CiD3) inuna casistica di 146 tumori di questo tipo. La serie esaminatacomprendeva 44 tumori stromali gastrointestinali (GIST), 15fibromatosi, 13 tumori maligni delle guaine nervoseperiferiche (MPNST), 7 tumori fibrosi solitari (TFS), 11angiomiomi, 16 schwannomi, 17 neurofibromi, 5


PATOLOGIA DEI TESSUTI MOLLI E DELL’OSSO373dermatofibrosarcoma protuberans (DFSP), 6 fibrosarcomi, 2tumori miofibroblastici infiammatori (TMFI), 5 sarcomisinoviali (SS), 5 leiomiosarcomi extrauterini.MetodiSezioni ricavate da inclusioni rappresentative contenutenell’archivio del Servizio di Istopatologia dell’UniversitàCattolica del Sacro Cuore sono state sottoposte ad esameimmunoistochimico usando l’anticorpo monoclonale anti-CiD3 (diluizione 1:20. Ylem). La reazioneimmunoistochimica è risultata a localizzazione nucleare. Ipreparati risultanti sono stati valutati indipendentemente intermini di percentuale di cellule positive da due patologi,neoplasie con immunoreattività per CiD3 in più del 5% dellecellule sono state considerate “positive” per questo fattore.Nei casi discordanti, una valutazione concorde è stataraggiunta dopo una revisione congiunta dei preparati.RisultatiI GIST, gli Schwannomi ed i MPNST hanno mostrato positivitàper CiD3 nella maggior parte dei casi esaminati (80% dei GIST,76% dei MPNST, 94% degli Schwannomi). Al contrario, lefibromatosi, i TFS, gli angiomiomi, i neurofibromi, i DFSP, ifibrosarcomi, i TMFI, i SS ed i leiomiosarcomi extrauterinisono risultati sostanzialmente negativi.ConclusioniL’analisi immunoistochimica dell’espressione della CiclinaD3 aggiunge un elemento utile nella diagnostica differenzialedei tumori dei tessuti molli; in particolare, interessantisviluppi possono emergere dallo studio dell’espressione diquesto fattore nei GIST e nei MPNST non reattivi,rispettivamente, per CD117 e S-100.Possibile regolazione dell’apoptosi nelle miopatiemitocondriali mediata dall’endotelina-1S. Pistolesi * , A. Patricelli ** , G. Alì * , M. Falorni *** , B. Solito**** , G. Siciliano *** , G. Fontanini **Dipartimenti di Chirurgia * , di Oncologia, dei Trapianti eNuove Tecnologie in Medicina ** , di Neuroscienze *** , UnitàOperativa di Chirurgia ****IntroduzioneL’endotelina-1 (ET-1) è un peptide di 21 aminoacidi, capacedi indurre molteplici effetti (vasocostrizione, promozionedella crescita), interagendo con 2 differenti recettoriaccoppiati a proteine G (ETA e ETB). Inoltre, in alcuni tipicellulari (cardiomiociti, cellule muscolari lisce, fibroblasti)sembrerebbe agire come fattore di sopravvivenza, regolandol’apoptosi, probabilmente attraverso l’induzione di molecoleanti-apoptotiche quali Bcl-2. Tale effetto sembrerebbe esserein risposta ad alterazioni metabolico-funzionali deimitocondri. Anche nelle miopatie mitocondriali esiste unaalterazione della membrana mitocondriale potenzialmentecapace di indurre la cascata apoptotica, tuttavia l’apoptosi èspesso assente. Scopo del nostro studio è stato valutare se unmeccanismo regolatore dell’apoptosi mediato da ET-1 possaessere riscontrato anche nelle miopatie mitocondriali.Metodi5 sindromi mitocondriali primitive (4 oftalmoplegie cronicheprogressive e 1 epilessia mioclonica con “ragged red fibers”)e 16 alterazioni mitocondriali aspecifiche sono state valutate.Biopsie muscolari, ottenute dal quadricipite femorale o daldeltoide, sono state processate per la diagnosi istologica.L’analisi immunoistochimica con anticorpi specifici direttiverso ET-1 e Bcl-2 è stata eseguita secondo metodicastandard (Ventana Medical System). L’indice apoptotico èstato determinato con metodica di immunofluorescenzadiretta (FragEL), secondo le istruzioni del data sheet.RisultatiÈ stata osservata una specifica espressione citoplasmatica diET-1 in 3/5 delle sindromi mitocondriali studiate, conmaggiore espressione nella MERRF. Gli stessi casipresentavano anche iperespressione di Bcl-2. Al contrario,nessuno dei casi con alterazioni mitocondriali aspecifichepresentava espressione di Bcl-2 o ET-1. In quest’ultimi 16 casil’indice apoptotico variava da 22 a 53% (media 32), mentre neicasi con positività per ET-1 e Bcl-2 era inferiore al 20%.ConclusioniTali dati suggeriscono la presenza di una possibileregolazione dell’apoptosi mediata da ET-1 attraverso Bcl-2in alcuni casi di sindromi mitocondriali.L’utilizzo di BMP-7 potenzia l’attivitàosteogenetica delle cellule staminali nel rattoM. Peresi * , E. Fulcheri * , G. Burastero ** , G. Grappiolo ** ,M. Podestà *** , F. Frassoni *** , S. Castello *** , N. Sessarego*** , G. Bovio **** , L. Spotorno ****Chirurgia Protesica, Ospedale Santa Corona, Pietra Ligure;***Unità Terapie Cellulari, Ospedale San Martino, Genova; *Istituto di Anatomia Patologica, Ospedale San Martino, Genova;**** Istituto di Radiologia, Ospedale San Martino, GenovaIntroduzioneLa letteratura recente ha evidenziato che le cellule stromalimidollari (MSC) rappresentano la componente cellularecoinvolta nella neoformazione ossea.In un articolato progetto di ricerca viene valutata la differentecapacità osteogenetica del midollo osseo (hMNC), dellecellule stromali espanse (hexp-MSC), e hexp-MSC associatea BMP-7 nel trattamento di un deficit massivo di osso femoralenel ratto.Materiali e metodiSono stati impiegati ratti Sprague-Dawley (SD) e ratti atimici(NU) per escludere reazioni di incompatibilità con le celluleumane.Una serie dei ratti (SD) è stata utilizzata per definire la tecnicachirurgica.La serie dei ratti NU (12) veniva suddivisa in quattro gruppia seconda degli specifici protocolli di trattamento: Gruppo 1-osso autoclavato e hMNC, Gruppo 2 -osso autoclavato ehexp-MSC, Gruppo 3 - osso autoclavato e sola BMP-7, G4 -osso autoclavato e hexp-MSC unite a BMP-7.Dopo aver posizionato una placca con quattro cerchiaggimetallici sul femore, è stata effettuata una resezione ossea di6 mm. Il deficit osseo è stato riempito con i differentitrapianti e valutato radiograficamente (COOK-2000) eistologicamente a intervalli regolari.RisultatiA 8 settimane nel gruppo 1 non si è riscontrata neoformazioneossea; nel gruppo 2 era presente nuovo osso disorganizzato,nel gruppo 3 neoformazione ossea che univa le estremitàfemorali, nel gruppo 4 neoformazione ossea significativa conrimodellamento. Tali risultati furono confermati dall’analisiistologica.ConclusioneLe analisi radiografiche e istologiche sembrano dimostrareche l’uso combinato di hexp-MSC e BMP-7 determina unanotevole amplificazione della attività osteogenetica.


PATHOLOGICA 2004;96:374-382Patologia della testa e del colloAdenocarcinoma tubulo-papillare di tiposalivare del tratto naso-sinusaleA. Palomba, M. Biancalani, D. Massi * , M. Santucci * , A.Franchi *U.O.C. di Anatomia Patologica, Ospedale “S. Giuseppe”,Empoli; * Dipartimento di Patologia Umana ed Oncologia,Università di FirenzeIntroduzioneGli adenocarcinomi naso-sinusali ben differenziati sono neoplasiedi rara osservazione ed ancora non completamente caratterizzate.Lo scopo dello studio è quello di presentare lecaratteristiche clinico-patologiche ed immunoistochimiche didue adenocarcinomi naso-sinusali di tipo tubulo-papillare edi discutere il loro inquadramento classificativo e la diagnosidifferenziale.MetodiUna lesione era insorta in un uomo di 54 anni, di professioneimpiegato, ed era localizzata a livello del meato inferiore dellafossa nasale di sinistra. A seguito di asportazione parziale,la neoplasia era recidivata dopo 5 mesi. Il paziente è vivosenza segni di malattia 30 mesi dopo il primo intervento. Laseconda neoplasia era insorta in un uomo di 64 anni, di professionecuoco, ed era localizzata a livello della fossa nasalee del seno mascellare di destra. Il paziente è vivo senza segnidi malattia 26 mesi dopo trattamento chirurgico. Dalle inclusioniin paraffina si sono ottenute sezioni che sono state coloratecon ematossilina-eosina, PAS diastasi, o utilizzate perle indagini immunoistochimiche.RisultatiAmbedue le lesioni erano caratterizzate da una architetturatubulo-papillare, con aspetti di infiltrazione del corion mucoso.Gli elementi neoplastici erano prevalentemente cilindrici,con nucleo ovale e citoplasma eosinofilo e finementegranulare. Cellule caliciformi erano intercalate tra le celluleneoplastiche principali. L’atipia era moderata o assente enon si evidenziava attività mitotica. Aree di necrosi eranopresenti nella neoplasia del seno mascellare. Le indaginiimmunoistochimiche hanno dimostrato positività per la citocheratina7, mentre sono risultate negative le colorazioniper citocheratina 20 e CDX-2. Elementi mioepiteliali positiviper calponina e p63 sono stati identificati sia nelle areepapillari che tubulari.ConclusioniIl nostro studio dimostra che una parte degli adenocarcinomiben differenziati naso-sinusali possono essere di natura salivare,anche se non esattamente inquadrabili in nessuno degliistotipi descritti nelle correnti classificazioni. È importantedistinguere queste neoplasie dall’adenocarcinoma di tipo intestinale,che è caratterizzato da un decorso clinico più aggressivo.Epression of p53, p16, pRB, p21, p27, cyclin D1,Ki-67 and HPV presence in endophyticschneiderian papillomasT. Salviato * , G. Busatto * , G. Marioni ** , F. Marino *** , G.Altavilla **UOA Anatomia Patologica Ulss 15 PD, Cittadella (PD);**Dipartimento di Specialità Medico-Chirurgiche, SezioneORL, Università di Padova; *** Dipartimento di Scienze Oncologichee Chirurgiche, Sezione Anatomia Patologica, Universitàdi PadovaIntroductionSchneiderian papillomas are uncommon lesions making up0.5% to 4% of all primary nasal tumors. The etiology ofparanasal sinus tumors remain poorly understood. Humanpapillomavirus (HPV) infection is suspected to be a risk factorfor head and neck carcinogenesis. Cyclin D1 is involvedin Rb pathway and has a role in cell cycle progression and inovercoming late G1 restriction point, so an amplification ofcyclin D1 gene may be important in inducing a loss of controlof cell proliferation and transformation. E6 and E7 oncoproteinscan also act at the level of START checkpoint, alteringthe function of factors involved in the passage from G1to S phase (pRb, p21, p27). This study was performed to investigatethe role of HPV infection and the alterations of cellcycle-relatedproteins including p21, p27, p16 and pRb in endophyticSchneiderian papillomas.Material and methodsTwenty-three cases of endophytic schneiderian papillomas ofthe sinonasal epithelium, surgically resected were collectedfrom the files of our departments. All cases had beenroutinely processed for light microscope.Immunoistochemical studies were performed using theantibodies against cell cycle proteins,comprising p16, p53,p21, p27, pRb, cyclin D1 and against the proliferation markerKi67, by a standard three step biotin-streptavidin-peroxidasemethod and a heat-induced epitope retrieval buffer. Thedegree of immunohistochemical expression was classified asfollow: diffusely positive ( more than 50% of nuclearpositivity), focally positive (10 to 50% of nuclear positivity),or negative (less than 10% of nuclear positivity). Thepresence of HPV was investigated by nested PCR and thepositive cases typed by restriction digestion (RFLP).Resultsp21 staining was negative in non papillomatous nasalmucosa, but enhanced expression rate for p21 were seen intransitional and squamous epithelium, compared withcolumnar epithelium in all the cases. p27 immunoreactivitywas identified throughout the epithelium other than the basal,some parabasal and superficial cells in 74% of cases (17cases). Ki-67 immunopositive cells were restricted toparabasal and basal epithelial cell layers in all the cases, butin two cases with dysplasia the superficial layers werepositive too. Cyclin D1 and pRb immunopositive cells wererestricted to basal and parabasal cell layers in all the casesand only in three cases (13%) pRb was positive in all thelayers and in one case was positive in intermedie layers. p53expression was observed only in basal and parabasal cells in9 cases (39%). HPV-DNA type 6 and 11 was identified in 9cases (40.9%).


PATOLOGIA DELLA TESTA E DEL COLLOConclusionsThe incidence of HPV infection observed suggested thatHPV may be important in the etiology of theese tumors andmutations of cell cycle regulator proteins may have importantrole in their progression.Determinazione immunoistochimica della p63nelle precancerosi e nel carcinoma squamosodel cavo oraleS. Lanzafame, R. Caltabiano, R. Leonardi *Dipartimento “G.F. Ingrassia”, Anatomia Patologica, Universitàdi Catania; * Dipartimento Specialità Medico-Chirurgiche,Università di CataniaIntroduzioneLa proteina p63, omologa della p53, è codificata da un genelocalizzato sul cromosoma 3q27. Tale gene esprime sei differentiisoforme della p63. Tre isoforme, avendo la capacità diattivare il gene p53, inducono apoptosi; le altre tre, mancandodel dominio N-terminale necessario per attivare la p53,potrebbero suggerire un ruolo oncogeno della p63. Tale proteinaha, inoltre, un ruolo nello sviluppo ectodermico, nelmantenimento della popolazione di cellule basali presenti negliepiteli pluristratificati e, nella differenziazione dei medesimi1-2 . L’obiettivo della ricerca consiste nel valutare l’espressionedella p63 nelle precancerosi e nel carcinoma squamosoinvasivo del cavo orale al fine di considerarne la validitàcome fattore prognostico.Metodi21 casi di displasia di basso ed alto grado del cavo orale, 94casi di carcinoma squamoso invasivo del cavo orale e 10campioni di mucosa normale del cavo orale sono stati esaminatimediante tecnica immunoistochimica utilizzando un anticorpomonoclonale anti-p63. Si è quindi proceduto alla valutazionesemiquantitativa dell’immunoreazione: score 0 (0-10% di cellule positive), score + (10-30%), score ++ (30-50%) e score +++ (> 50%).RisultatiLa proteina p63 è espressa negli strati basale e parabasaledell’epitelio normale. L’espressione aumenta progressivamentenei gradi crescenti di displasia dell’epitelio squamosoorale, ed è percentualmente maggiore nei carcinomi invasiviscarsamente differenziati rispetto a quelli ben differenziati.Dei 94 carcinomi invasivi inseriti nello studio, 5 (5,3%) hannoevidenziato score 0, 33 (35,1%) score +, 36 (38,3%) score++, e 20 (21,3%) score +++. I risultati della nostra ricercasuggerirebbero un ruolo della proteina p63 nelle fasi precocidella carcinogenesi, e nei successivi processi di differenziazionee di invasività dei carcinomi squamosi del cavo orale.La positività immunoistochimica per la p63 è apparsa più intensanei tumori in cui era presente infiltrazione perineurale.Infine i carcinomi con la percentuale di positività più alta perla p63 (score +++) hanno presentato una prognosi peggiorerispetto agli altri.ConclusioniI dati hanno mostrato, in linea con studi precedenti, come lacolorazione immunoistochimica per la p63, insieme con l’esameistologico, può essere un valido ausilio per valutare ilgrado di differenziazione e l’aggressività locale dei carcinomisquamosi orali. Inoltre il livello di espressione della p63può essere considerato un fattore prognostico, anche se nonindipendente.Bibliografia1Yang A, et al. Mol Cell 1998;2:305-316.2Benard J, et al. Hum Mutat 2003;21:182-191.Ameloblastoma periferico ricco in cellule diMerkelG. Marucci * , C.M. Betts ** , M.P. Foschini **Sezione di Anatomia Patologica, Dipartimento di Oncologia,Università di Bologna, Ospedale Bellaria, Bologna; **Dipartimento di Patologia Sperimentale, Università di BolognaIntroduzioneL’ameloblastoma periferico (AP) è un tumore esofitico deitessuti molli sovrastanti la cresta alveolare della mascella edella mandibola, con le stesse caratteristiche dell’ameloblastomaintraosseo (AI).Le cellule di Merkel (CM) sono state osservate in una percentualevariabile (fino al 75%) nelle biopsie della mucosadel cavo orale 1 .Le CM nella mucosa del cavo orale hanno aspetto polimorfo:cellule con la forma tipica, tonda od ovale sono frammiste acellule di aspetto dendritico 2 .Nel presente lavoro viene riportato un caso di AP con numeroseCM nel contesto dell’epitelio neoplastico e della mucosaperilesionale.MaterialiUn maschio di 48 anni si è presentato con una lesione gengivalepolipoide ulcerata a livello della cresta alveolare mascellaresinistra. La lesione è stata escissa ed esaminata routinariamente.Sono stati inoltre reclutati 10 casi, selezionati dall’archiviodell’Anatomia Patologica dell’Ospedale Bellaria, così suddivisi:5 casi di AI, inclusi per confrontare la presenza di CM;5 casi di neoplasie, benigne e maligne, del cavo orale con l’epitelioneoplastico in continuità con la sovrastante mucosaper verificare l’eventuale colonizzazione da parte delle CM.In tutti i casi è stata eseguita indagine immunoistochimicacon anticorpo anti-citocheratina 20 (CK20) (DAKO, cloneKS 20,8).RisultatiAll’esame microscopico il tumore era costituito da bande diepitelio neoplastico in continuità con l’epitelio squamosodella mucosa gengivale. La neoplasia mostrava un patternbasaloide con aree di palizzata periferica. La CK 20 ha evidenziatonumerose CM nel contesto della neoplasia e dellamucosa gengivale.In nessuno dei 10 casi di confronto si osservavano cellule CK20 positive nell’epitelio neoplastico, mentre erano presentinella mucosa perilesionale.DiscussioneL’AP ricco in CM riportato nel presente lavoro appare peculiareperché negli AI e nelle neoplasie che raggiungevano lamucosa da noi studiati non sono state osservate cellule CK20positive. Tali osservazioni suggeriscono che, almeno in certicasi, l’AP originerebbe dalle cellule basali della mucosa delcavo orale, producendo una neoplasia di aspetto basaloideche analogamente alla mucosa circostante è ricco in CM.Non si può tuttavia escludere che in certi casi ci sia una colonizzazionedel tumore da parte delle CM (come i melanocitinei carcinomi basocellulari) probabilmente richiamate dacitochine prodotte dall’epitelio neoplastico.


376COMUNICAZIONI LIBEREBibliografia1Barrett AW, et al. Arch Oral Biol 2000;45:879-87.2Tachibana T, et al. Arch Histol Cytol 1998;61:115-24.Carcinoma odontogenico a cellule chiareL. Costarelli, F.R. Piro, G. Di Lella * , M. Giordano, G.Lengua, F. Monardo, E. Silvestri, M. AminiS.C. Anatomia Patologica; * U.O.D. Chirurgia Maxillo-Facciale,A.O. “San Giovanni Addolorata Calvary Hospital”,RomaIntroduzioneIl carcinoma odontogenico a cellule chiare (COCC), descrittoper la prima volta circa 20 anni fa come “tumore odontogenicoa cellule chiare potenzialmente aggressivo” 1 è statosuccessivamente incluso nella classificazione WHO 1992 come“clear cell odontogenic carcinoma”, essendone stata dimostratala malignità. Non è ancora del tutto chiaro se ilCOCC e l’ameloblastoma rappresentino la stessa entità clinico-patologica,il primo quale variante più aggressiva e metastatizzantedel secondo, o se siano due entità distinte. Lamaggior parte dei 37 casi descritti finora presenta una predominanzanel sesso femminile (M:F = 1:2) e nell’età adulta(VI-VII decade) e la localizzazione più frequente è la regioneanteriore della mandibola. Nel 30% dei casi sono state descrittemetastasi ai linfonodi locoregionali, ma può metastatizzareanche alle ossa e ai polmoni.MetodiUomo di 63 anni con tumefazione nella regione mentoniera.La TAC dimostrava un’estesa area osteolitica, modicamentecaptante il mdc, localizzata all’emimandibola sinistra,con erosione della corticale ed invasione dei tessutimolli adiacenti. Ulteriori indagini strumentali non evidenziavanolocalizzazioni in altri organi. Dopo biopsia incisionale,che ha stabilito la malignità della lesione, è stata eseguitaun resezione mandibolare, con linfoadenectomia “enbloc”.RisultatiL’esame istologico mostrava una neoplasia a cellule epiteliali,con ampio citoplasma chiaro, otticamente vuoto, enuclei polimorfi, disposte prevalentemente in nidi, con repertodi frequenti mitosi. Caratteristica era la presenza dipalizzate periferiche, con polarizzazione “inversa” dei nuclei(aspetti di tipo ameloblastico). In alcune aree sono stateosservate cellule con scarso citoplasma basofilo. La neoplasiaaveva metastastizzato ad uno dei linfonodi laterocervicaliasportati. Le cellule neoplastiche mostravano ilseguente immunofenotipo: EMA+, pancitocheratineAE1/AE3+, 34βE12+, CK19+ e, CK7+ (focale, 5% dellecellule), CK20-, Vimentina-, pS100-, HMB45-, actinaSMeCD10-.ConclusioniL’aspetto morfologico e clinico della lesione, unitamente alprofilo immunoistochimico, consentono la diagnosi di carcinomaodontogenico a cellule chiare (COCC), escludendo tuttele altre neoplasie a cellule chiare primitive o metastatiche.Il riconoscimento di questa inusuale entità e la diagnosi differenzialecon altri tumori simili è fondamentale per programmareun adeguato approccio terapeutico.Carcinoma sarcomatoide di origineodontogenicaA. Menin, S. Dante, D. Danieli, P. Bevilacqua, P. Celli, R.Squaquara, E.S.G. d’AmoreU.O. Anatomia Patologica, Laboratorio di Genetica Medica,Ospedale S. Bortolo, VicenzaIntroduzioneI carcinomi sarcomatoidi a sede endo-orale sono tumoriestremamente rari. Si riporta la descrizione di un tumore, adorigine intraossea mandibolare, di possibile origine odontogenetica.MetodiPaziente di 43 anni, maschio, con pregressa cisti radicolarecomplicata dalla comparsa di tumefazione mandibolare sinistra,rapidamente ingravescente, ulcerante la mucosa sovrastante.La lesione e’ stata studiata radiologicamente, con metodicaimmunoistochimica (sistema Envision della Dakocytomation)e citogenetica.RisultatiL’esame radiografico ha rivelato la presenza di un’ampia lesioneintraossea a livello del I e II molare a carattere osteolitico.A seguito dell’escissione chirurgica radicale, pervienea fresco, mandibola sinistra comprendente nodulo biancastrodi cm 5 con frattura patologica dell’osso ed infiltrazionemacroscopica dei tessuti molli. La neoplasia risultacaratterizzata dalla proliferazione di cellule disposte in fasciintrecciati, a prevalente fisionomia fusata, con nucleocentrale, rotondeggiante o fusato. Si riconoscono inoltre rarissiniaggregati di cellule neoplastiche a fisionomia epiteliode,disposte in piccoli nidi. L’esame immunoistochimicoha evidenziato, nella componente a cellule fusate, il seguenteprofilo immunoistochimico: positività diffusa per :AE1-3 e vimentina; positivita’ focale per : citocheratinaCAM 5.2, AE1, citocheratina 7, S-100; negativita’ per: citocheratina20, citocheratina 5/6, CD 99, desmina, caldesmone,CD 45. Elevato indice proliferativo (Ki-67). All’esamecitogenetico si reperta la presenza di un clone cellulare ipotetraploidecon riarrangiamenti strutturali a carico dei cromosomi1, 3, 9, 17.ConclusioniLe neoplasie del cavo orale con differenziazione a cellule fusateed epiteliomorfe comprendono un gruppo eterogeneo erarissimo di lesioni che includono: Sarcoma Sinoviale, Mioepiteliomamaligno, Carcinosarcoma di origine odontogenicaed il Carcinosarcoma Ameloblastico. Si descrive una lesioneche, per sede di origine e profilo immunofenotipico, potrebbecorrispondere ad un Carcinoma Sarcomatoide di origineodontogenetica. È necessario lo studio di ulteriori casi per laconferma che le alterazioni citogenetiche rilevate siano specifichedi questa neoplasia.Bibliografia1Hansen, et al. Head Neck Surg 1985;8(2):115-123.


PATOLOGIA DELLA TESTA E DEL COLLO377Expression and amplification of HER-2/neu innon invasive carcinoma ex pleomorphicadenoma of salivary glands.Immunohistochemistry and FISH analysis of 6casesS. Di Palma * , A. Skálová ***Dept of Cellular Pathology, The Royal Surrey County Hospital,Guildford,UK; ** Department of Pathology, MedicalFaculty, Charles University, Plze∑n, Czech RepublicIntroductionNon-invasive carcinoma ex pleomorphic adenoma (intracapsular,in situ, or focal carcinoma) is an epithelial malignancyconfined within the boundaries of a pleomorphic adenoma(PA), and which fails to invade beyond the capsule of thehost PA. Its true nature remains controversial, and it is notclear whether it represents early, but genuine, carcinomatouschange or simply benign, cytologically bizarre, metaplasticchanges in a PA. Strong over-expression and amplification ofHER-2/neu protein has been demonstrated in invasive carcinomaex-PA. In addition, data from breast cancer studies suggestthat amplication of HER-2/neu and over-expression ofits gene product is mainly involved in initiation of oncogenesis.Aims: We sought to establish if this method could help todemonstrate whether non-invasive carcinoma ex-PA is reallyan early phase of a true carcinoma.MethodsSix cases of non-invasive carcinoma ex-PA were investigatedfor HER-2/neu status using immunohistochemistry andfluorescent in situ hybridisation (FISH).ResultsThe cells of non-invasive carcinoma ex-PA were stronglypositive for HER-2/neu protein, in contrast to the alwaysnegative cells of the host PA. In four of six tumours studiedby FISH, amplification of HER-2/neu gene signals was detectedin the tumour cells of the non invasive carcinoma.ConclusionThis data suggests that non invasive carcinoma ex PA is genuinelymalignant and that immunohistochemical overexpressionof HER-2/neu may be a useful marker to detect malignanttransformation in PA.Carcinoma parotideo EBV-correlato, conaspetti misti di carcinoma linfoepiteliale ecarcinoma epi-mioepiteliale. Descrizione delprimo casoS. Asioli * , S. Piana ** , S. Damiani * , S. Asioli ** , E. Magrini * ,W. Barbieri *** , A. Cavazza ***Servizio di Anatomia Patologica “M. Malpigli”, Universitàdi Bologna, Ospedale Bellaria; ** Dipartimento di AnatomiaPatologica, Arcispedale Santa Maria Nuova, Reggio Emilia;***Dipartimento di Otorinolaringoiatria, Arcispedale SantaMaria Nuova, Reggio EmiliaI tumori delle ghiandole salivari con aspetti morfologici mistitra due istotipi differenti sono rari.Nel caso che descriviamo, la paziente, una donna di 53 annisi presenta con una massa di 4 cm nella regione parotidea destra.Viene eseguito a una parotidectomia totale e all’esameistologico la neoplasia appare costituita da due differenticomponenti: una è rappresentata da una proliferazione bifasicain cui si riconoscono nidi e strutture ghiandolari bordateda epitelio secernente e circondate esternamente da uno stratomioepiteliale, l’altra da un tumore scarsamente differenziatocon caratteristiche citologiche di un carcinoma linfoepiteliale.In entrambe le componenti, si osserva un marcatoinfiltrato linfoplasmacellulare con formazione di centri germinativi.Le cellule neoplastiche d’entrambe le componenti del tumoresono risultate diffusamente positive alla ricerca dell’ mR-NA per il virus di Epstein Barr (EBV) mediante la metodicadell’ ibridazione in situ. Questo caso è unico in letteratura,dato che nè l’associazione tra questi due istotipi, nè una correlazionetra EBV e i tumori mioepiteliali è stata mai descrittaprima.Localization of “natural” sentinel nodein laryngeal and hypopharyngeal carcinomaA. Altavilla, F. Sanguedolce, A. Marzullo, L. RestaDepartment of Pathological Anatomy and Genetics, PoliclinicUniversity of BariIntroductionSentinel lymph node technique locates by functional mappingof the lymphatic system that node which primarilydrains anatomic neoplastic territory. Lately this procedurehas been applied to patients with head and neck squamouscell carcinoma. Our experience in more than 800 functionalneck dissections for larynx and hypopharynx cancer let us toassert that from an anatomical point of view sentinel lymphnode naturally exists in these organs since their lymphaticdrainage involved first typical lymph nodes.MethodsIn our study, we examined a series of 170 patients withmetastasized functional neck dissections using a surgical procedureaccording to classic topographic anatomy.ResultsIn 84 cases in which there was only a nodal metastasis, thenodes involved were subdigastric in 37 cases, supraomohyoidin 33, pre-laryngeal in five, representing evidence in vivoof sentinel lymph node, in that, constantly interested byneoplasia. In cases with more than three metastasized lymphnodes Kuttner and supraomohyoid were always primarily interested.The only exceptions regard supraclavicular, submandibular,jugular and recurrent nodes. Therefore, in patientswith metastases isolated in submandibular it might besupposed the occurrence of an unsteady lymphatic drainageof superior laryngeal peduncle described by Farabeuf: in fact,in some people a part of lymphatics coming from larynx, insteadof turning towards Kuttner node comes near facialartery and drives lymph to submandibular node. In the otherpatients the metastases isolated in supraclavicular, recurrentand jugular might be justified with a fore laryngeal drainageafter skipping pre-laryngeal node owing to changes of thelymphatic flow for phlogosis, neoplastic obstructive embolior previous operations.ConclusionsOur twenty-year studies about larynx and hypopharynx cancersuggest considering subdigastric, supraomohyoid andpre-laryngeal as sentinel lymph nodes by nature of theseneoplasms, attending to evaluate in a restricted number ofcases rare exceptions. Therefore, intraoperative histopathologicalexamination, without radiolocalization, of these


378COMUNICAZIONI LIBERElymph nodes allows surgeons to control locoregional diffusionof neoplasia and to reduce total neck dissection. Theacting of above-mentioned lymph nodes is only predictableon the classic topographic anatomy ground that is not consideredin the division of cervical lymph nodes by levelscurrently used.Tumore a cellule granulose paratracheale conpattern infiltrativo associato a carcinomapapillare della tiroideR. Colella, A. Sidoni, G. Bellezza, M. Scheibel, A. CavaliereIstituto di Anatomia e Istologia Patologica, Divisione di Ricerchesul Cancro, Università di PerugiaIntroduzioneIl tumore a cellule granulose (TCG) è una neoplasia relativamenterara 1 . Dall’esame della letteratura risultano descrittisolo otto casi localizzati nel tessuto connettivo paratracheale.La rarità del TCG in questa sede ci ha indotto a segnalarne uncaso con pattern infiltrativo associato a carcinoma papillaredella tiroide.Osservazione personaleUn uomo di 58 anni si ricovera per la presenza di un nodulotiroideo risultato positivo per carcinoma papillare all’agoaspirato.Durante l’intervento chirurgico la tiroide appare adesaalla trachea per cui, nel sospetto di un’infiltrazione neoplastica,vengono asportati due anelli tracheali. L’esame macroscopicomette in evidenza, nel lobo destro della tiroide, unnodulo del diametro di 12 mm; tra questo e la parete trachealeè presente una piccola neoformazione (mm 11x3) di coloritogrigio-giallastro. L’esame istologico conferma l’esistenzadel carcinoma papillare nella tiroide. La neoformazioneadesa alla trachea è costituita da cellule rotondeggianti o poligonalicon citoplasma eosinofilo, granuloso e PAS positivo;i nuclei sono solitamente piccoli, abbastanza uniformi e mostrano,solo localmente, un lieve pleomorfismo. Assenti lemitosi. Le cellule neoplastiche, infine, infiltrano focalmentela tiroide. L’indagine immunoistochimica evidenzia positivitàper S100, vimentina, NSEs e galectina-3. Viene formulatala diagnosi di TCG con pattern infiltrativo e focale infiltrazionedella tiroide.ConclusioniLa presente osservazione rappresenta il nono caso di TCG localizzatonel tessuto connettivo paratracheale. A differenza diquanto in genere riportato in letteratura in questo caso il TCGè stato un reperto incidentale in corso di tiroidectomia percarcinoma papillare ed interpretato al tavolo operatorio comeinfiltrazione locale della neoplasia tiroidea. Di rilievo la focaleinfiltrazione della tiroide già segnalata da Burton 2 , purin presenza di una neoplasia con caratteri morfologici di benignità.A 6 mesi dall’intervento il paziente gode apparentebuona salute.Bibliografia1Ipakchi R, et al. Laryngoscope 2004;114:143-147.2Burton DM, et al. Laryngoscope 1992;102:807-812.Morphologic and ultrastructural features ofsoft palate and pharyngeal muscles inchildren with cleft palateD. Cecchetti, P. Lucchesi * , A.G. Naccarato, L.E. Pollina,N. Funel, S. Sansevero ** , A. Massei ** , G. Bevilacqua, P.ViacavaDivision of Surgical, Molecular and Ultrastructural Pathology,Department of Oncology, University of Pisa; * Departmentof Human Morphology and Applied Biology, Universityof Pisa; ** Department of Plastic Surgery, Hospital of PisaIntroductionPalate and lip muscle alterations in patients with cleft arepoorly known. In particular very rare data are reported on thepathology of soft palate muscles. We decided to analyze thehistologic features of the superior pharyngeal constrictormuscle and right and left palatopharyngeal muscles in a seriesof 11 patients affected by isolated cleft palate and 9 patientsaffected by unilateral or bilateral cleft lip and palate. In4 cases ultrastructural analysis was also performed.MethodsA muscle biopsy was done during palatoplasty. Muscle sectionswere stained with hematoxylin-easin, modified Gomoritrichrome, PAS and NADH-TR. The analyzed parameterswere: organization and type of muscle fibers, presence ofragged red fibers, characteristics of nuclei, degree of fibrosis,presence of adipose tissue and inflammatory infiltrate.ResultsOur results showed the presence in both type of muscle ofdystrophic-like alterations such as variability of fiber size, increaseof connective tissue and presence of adipose tissue.No ragged red fiber, inflammatory infiltrate or neurogenic atrophywas observed. Electron microscopy evidenced focalareas of disruption of myofibrils containing amorphous materials.ConclusionsThe marked alterations of palate muscles in children withcleft suggest that muscle damage could represent a significantpathogenetic factor in this type of malformation. The degreeof muscle alterations may be responsible for a persistentpostsurgical velopharyngeal insufficiency despite successfulsurgical repair. Muscular biopsy during palatoplasty couldoffer useful functional prognostic information in patientswith cleft lip and palate.Espressione immunoistochimica dellasurvivina nei tumori della tiroideR. Zamparese * , G. Pannone ** , S. Staibano ** , G. De Rosa** , P. Bufo **Dipartimento di Scienze Chirurgiche, Cattedra di AnatomiaPatologica, Università di Foggia; ** Dipartimento di ScienzaBiomorfologiche e Funzionali, Università di Napoli FedericoIIIntroduzioneLa Survivina, è una proteina implicata nel processo di apoptosi,che esplica la sua attività antiapoptotica dopo fosforilazionein corrispondenza della Thr 34 . La sua forma attiva, laSurvivina fosforilata, agisce sulla cascata delle caspasi.L’elevata espressione della survivina nei tessuti neoplastici siaccom<strong>pag</strong>na ad una aumentata vitalità cellulare e ad una acquisitacapacità di sopravvivere alle azioni citotossiche degliagenti chemioterapici.


PATOLOGIA DELLA TESTA E DEL COLLO379In letteratura è presente un solo lavoro in cui è stata valutatal’espressione immunoistochimica della Survivina nel carcinomadella tiroide 1 , mentre non sono stati condotti studi sull’espressionedella Survivina fosforilata. Per questo motivoabbiamo ritenuto interessante studiare l’espressione dellaSurvivina e della sua forma fosforilata in un campione dineoplasie della tiroide.Materiali e metodiLa nostra ricerca è stata condotta su un campione di tumoridella tiroide costituito da 7 casi di carcinomi ben differenziatidella tiroide varietà follicolare del papillare, di cui 2 incidentali,da 10 casi di carcinoma papillare classico, da 1 casodi tumore a cellule di Hürthle, da 2 casi di metastasi linfonodalidi carcinoma papillare classico e 2 casi di adenoma follicolare.Ogni caso è stato stadiato applicando il sistemaTNM.Due sezioni istologiche di ogni campione sono state saggiatecon anticorpi policlonali per la survivina umana ricombinante(ab469, Abcam, Cambridge) e per la survivina fosforilatadi origine umana (sc-16320-R, Santa Cruz Biotechnology,Inc.).RisultatiL’espressione della survivina è risultata elevata nei tumori instadio avanzato e, a parità di stadio, è maggiore nei pazientidi età più avanzata ed è ancora più espressa in carcinomi conaspetti oncocitari e con marcate atipie nucleari.La survivina è poco espressa nelle forme incidentali ed è negativanegli adenomi.ConclusioniI risultati suggeriscono che l’espressione immunoistochimicadella survivina è correlata con l’aggressività dei tumori dellatiroide e incoraggiano all’uso della stessa quale ulterioremezzo per la valutazione della prognosi dei tumori della tiroide.Bibliografia1Ito Y, et al. Oncol Rep 2003;10(5):1337-40.Il microcarcinoma papillare della tiroide:aspetti clinico-patologici e molecolariF. Grillo, R. Ricca, L. Mastracci, M. Curto, S. Pigozzi, E.Varaldo * , P. CeppaDipartimento di Discipline Chirurgiche, Morfologiche e MetodologieIntegrate, Sezione di Anatomia Patologica; * U.O.Chirurgia Generale ad indirizzo Endocrino, Università diGenovaIntroduzioneIl microcarcinoma papillare (PMC) della tiroide, variante delcarcinoma papillare (PTC) presenta di regola un decorso indolente,tuttavia raramente si osservano recidive loco-regionalie metastasi a distanza. Non sono attualmente noti marcatorimorfologici o molecolari in grado di predire il comportamentobiologico della singola neoplasia. Lo studio è finalizzatoad individuare criteri differentemente espressi in tumoria comportamento aggressivo (gruppo A) rispetto a quellia comportamento indolente (gruppo B).MetodiDa una casistica di 174 PTC sono stati selezionati 52 PMC.Di tutti i casi erano noti i seguenti parametri: sopravvivenza,stato linfonodale all’intervento e nel follow-up, recidive localio metastasi a distanza. La presenza di recidive o metastasia distanza hanno definito un gruppo di neoplasie “aggressive”(5/52). Sono stati valutati i seguenti parametrimorfologici: focalità, dimensione, capsularità, estensione extratiroidea,varianti istologiche, gradi di differenziazione, infiltratolinfocitario intra- e peri-tumorale. Sono stati inoltrevalutati l’indice di proliferazione (Ki 67), l’espressione di ciclinaD1 e di p27.RisultatiDi tutti i parametri morfologici considerati nessuno ha dimostratouna diversa distribuzione nel gruppo A rispetto al gruppoB; solo l’estensione extratiroidea della neoplasia ha mostratoun trend verso una più frequente espressione nel gruppoA. Tra i marcatori molecolari il solo indice di proliferazionesi è dimostrato significativamente diverso (gruppo A =11% vs gruppo B = 4%; p < 0,01). L’espressione della ciclinaD1 non ha evidenziato significative differenze; tuttavia gliunici due casi con espressione intensa e diffusa appartenevanoal gruppo A. Entrambi i gruppi hanno presentato analogaperdita di espressione di p27.ConclusioniL’invasione extratiroidea, un più elevato indice di proliferazionee di espressione di ciclina D1 caratterizzano un sottogruppodi PMC a comportamento biologico aggressivo.BibliografiaKhoo M, et al. Overexpression of cyclin D1 and underexpression of p27predict lymph node metastases in papillary thyroid carcinoma. J ClinEndocrinol Metab 2002;87:1814-1818.Tallini G, et al. Downregulation of p27 Kip1 and Ki-67/Mib1 labeling indexsupport the classification of thyroid carcinoma into prognosticallyrelevant categories. Am J Surg Pathol 1999; 23(6):678-685.Papillary thiroid carcinoma, tall cell variant,in children. Report of three casesP. Collini, M. Massimino * , S. Fagundes Leite, F. Mattavelli** , E. Seregni *** , F. Fossati-Bellani * , J. Rosai* From the Units of Anatomic Pathology, Paediatrics; **Maxillo-facial Surgery; *** Nuclear Medicine, Istituto NazionaleTumori, MilanIntroductionPapillary carcinomas (PCs) represent about 90% of thyroidcarcinomas occurring in children up to 18 years of age, nearall being well-differentiated forms. The occurrence of poorlydifferentiated forms, such as the tall cell variant, is exceptional.Poorly differentiated PCs represent about 20% of PCs inadults, being correlated with age above 40 years and extrathyroidtumour extension respect to well-differentiatedforms 1 . They feature high-risk carcinomas, with a 5-fold riskof relapse and a 20-fold relapse-related risk of death respectto well-differentiated PCs 1 . We report three cases of PCs ofthe tall cell variant occurred in children.MethodsOut of 42 consecutive cases of PCs in patients up to 18 yearsof age cured at our institution from 1975 up to 2002, and withrepresentative histological material, we found three cases ofPCs of the tall cell variant. Complete clinical data at onsetand during follow-up were available in all cases. Follow-upwas carried on up to May 2004.ResultsSee Table I.ConclusionsPCs of the tall cell variant confirmed to be very rare in children,representing only the 7% of cases of PCs. They occurredonly in females and never in the earliest ages. They were


380COMUNICAZIONI LIBERETab. I.Case Sex Age Site Surgery Size Extrathyroid Nodal Distant Events Survival State(cm) extension metastases metastases during (months)at onset at onset follow-up1 F 13 Right lobe ht 2 + – – – 227 A&W2 F 15 Isthmus tt 3.5 – – – – 167 A&W3 F 15 Left lobe ht 2.8 + – – – 271 A&Wlocally invasive tumours, showing extrathyroid extension,but without nodal or distant metastases at onset. At variancewith adult cases, their outcome was unremarkable after a medianfollow-up of about 19 years. Notably, 2 out of 3 caseswere treated conservatively, without performing a total thyroidectomy.These facts once more confirm the assumptionof B. Cady that paediatric thyroid carcinomas are differenttumours and not merely the same tumours of adults occurringat a different age 2 .Reference1Pilotti S, et al. Poorly differentiated forms in papillary thyroid carcinoma:distinctive entities or morphological patterns. Sem DiagnPathol 1995;12:249-255.2Cady B. Staging in thyroid carcinoma. Cancer 1998;83:844-847.Espressione di MKP-1 nei noduli iperplastici,adenomi e carcinomi papillari della tiroideA. Cavaliere, E. Puxeddu * , A. Sidoni, G. Bellezza, I. Ferri,M. Scheibel, R. Colella, G. Brachelente, R. Vitali ** , S.Moretti * , F. Santeusanio * , E. Bucciarelli*Istituto di Anatomia e Istologia Patologica, Divisione di Ricerchesul Cancro, Dipartimento di Medicina Interna; ** Dipartimentodi Igiene, Università di PerugiaIntroduzioneDiversi oncogeni coinvolti nella cancerogenesi tiroidea attivanola via di traduzione del segnale delle MAP chinasi cheinducono nel nucleo segnali di tipo proliferativo via ERK, edi tipo apoptotico via p38MAP chinasi e JNK. La fosfatasi adoppia specificità MKP-1 è indotta da diversi oncogeni esembra inibire tutte e 3 le vie MAP chinasiche sopradette. Ilsuo ruolo nella regolazione della proliferazione cellulare edell’apoptosi è ancora controverso. Scopo del presente lavoroè stato quello di valutare l’espressione di MKP-1 nei carcinomipapillari (CP), negli adenomi (A) e nei noduli iperplastici(NI) al fine di porre le basi per comprenderne uneventuale ruolo patogenetico.Materiali e metodiSono stati studiati 13 NI, 11 A e 11 CP con l’anticorpo policlonaledi coniglio anti MKP-1. I preparati sono stati valutaticon un doppio sistema tenendo conto della sola intensitàdella immunocolorazione oppure tenendo conto della intensitàe del numero di cellule positive. L’analisi statistica è stataeffettuata con il test esatto di Fisher.RisultatiI dati ottenuti evidenziano un aumento della espressione diMKP-1 passando dai NI, all’A, al CP. I risultati sono statisticamentesignificativi tra NI e CP quando si tiene conto dellaintensità e del numero di cellule positive, tra NI e CP e tra Ae CP quando si tiene conto della sola intensità.ConclusioniQuesti dati indicano per la prima volta che l’espressione diMKP-1 aumenta progressivamente passando dai NI, agli A, aiCP. Dati preliminari da noi ottenuti mediante RT-PCR documentanouna riduzione dell’espressione dell’RNAm di MKP-1 suggerendo che l’aumento dell’espressione di MKP-1 nel CPnon sia determinato da un incremento della trascrizione genica,ma da meccanismi post trascrizionali quali, ad esempio,una riduzione della degradazione attraverso la via della ubiquitinazione.È possibile ipotizzare che MKP-1 contribuiscaad inibire i segnali delle vie MAP chinasiche dello stress che,convergendo su p38MAPK e JNK, stimolano l’apoptosi. Perverificare la possibilità che MKP-1 rappresenti un intermediariodel processo di trasformazione neoplastica verrà valutato lostato di fosforilazione dei suoi target molecolari.Multidrug resistance protein 2 (MRP2) neicarcinomi midollari della tiroideM. Trovato 1 , S. Sciacchitano 2-3 , G. Barresi 1 , F. Trimarchi4 , S. Benvenga 4 , R.M. Ruggeri 41Dipartimento di Patologia Umana, Università di Messina;2II Facoltà di Medicina e Chirurgia, Ospedale S. Andrea,Università di Roma “La Sapienza”; 3 Centro di RicercaOspedale S. Pietro Fatebenefratelli, AfaR, Roma; 4 Sezione diEndocrinologia, Dipartimento Clinico Sperimentale di Medicinae Farmacologia, Università di MessinaIntroduzioneLe multidrug-resistance proteins (MRPs) sono una famigliadi proteine di membrana, costituita da sette membri, che agisconoda pompa ATP-dipendente, in grado di trasportare all’esternodella cellula molecole farmacologicamente attive. Aseconda dell’organo dove insorge la neoplasia, l’espressionedi uno o più MRPs induce resistenza alla terapia antiblasticariducendo o impedendo l’azione degli agenti chemioterapici.Nelle neoplasie tiroidee è stata valutata solo l’espressione diMRP-1 che è stata individuata nei carcinomi anaplastici (CA)e midollari (CM), le due forme neoplastiche maligne tiroideeche mostrano limitata o nessuna risposta agli agenti chemioterapici.Volendo estendere la nostra conoscenza sulle MRPsnell’ambito dei tumori tiroidei chemioresistenti, abbiamo valutatol’espressione di MRP-2.MetodiSono stati esaminati, con metodiche di immunoistochimica,12 CM di cui 2 con corrispettive metastasi linfonodali, 4 CA,10 noduli di gozzo colloideo e 6 tiroidi normali prelevati in


PATOLOGIA DELLA TESTA E DEL COLLO381corso di autopsia. Dei 26 noduli è stato studiato anche il tessutoadiacente non-nodulare (normale).Risultati9/12 (75%) dei CM erano reattivi all’MRP-2. L’immunocolorazioneera localizzata sulla membrana citoplasmatica, insede apicale, e mostrava un’intensità compresa tra moderatae forte. Entrambe le metastasi erano reattive all’MRP-2 e conun’intensità dell’immunocolorazione compresa tra moderatae forte simile ai corrispondenti CM primitivi. Nei CM la proporzionedi cellule immunocolorate per MRP-2 era compresatra il 10% ed il 40% (media 25%) mentre nelle metastasiquesta era compresa tra il 30% ed il 65% (media 47%). Nonè stata riscontrata alcuna reattività per MRP2 in tutti i casi diCA, noduli di gozzo colloideo e tiroide normale.ConclusioniL’espressione di MRP-2 nei CM contribuisce a spiegare ilbasso indice di risposta chemioterapia di questa forma carcinomatosaindicando che la farmaco-resistenza correlata all’espressionedi MRP-2 non è associata alle forme di CA.Carcinoma mucoepidermoide sclerosantecon eosinofilia e “nidi cellulari solidi” dellatiroide. Studio immunoistochimicoS. Damiani * , M. Moroni ** , A. Giannico ** , A. Cavazza *** ,S. Tozzini ** , F. Fedeli ***Sezione di Anatomia Patologica “M. Malpighi”, Universitàdi Bologna, Ospedale Bellaria; ** Servizio di AnatomiaPatologica AUSL n. 5 “Spezzino”, La Spezia; *** Servizio diAnatomia Patologica, Ospedale S. Maria Nuova, ReggioEmiliaIl carcinoma mucoepidermoide sclerosante con eosinofilia(CMSE) della tiroide è una neoplasia rara, la cui origine ètuttora dibattuta. La presenza di una differenziazione squamosain questo tumore, ha fatto avanzare l’ipotesi di un’originedai cosiddetti “nidi cellulari solidi” (NCS), piccoliaggregati cellulari con aspetti squamoidi e, talora cistici,che sono ritenuti essere residui del corpo ultimobrachiale.Allo scopo di acquisire nuove informazioni sul CMSE esulla sua eventuale correlazione con i NCS, abbiamo studiato2 casi di CMSE e ne abbiamo confrontato morfologiae immunofenotipo con una serie di 14 NCS tiroidei. Traquesti, 8 presentavano aspetti cistici più o meno marcati conevidenza di mucosecrezione, prevalentemente di tipo neutro(PAS positiva). Tutti i casi sono stati testati con anticorpianti TTF1, anti-p63, anti citocheratina 19 e anti-MUC 2,5,6. Inoltre con gli stessi anticorpi sono stati testati anche 2CMSE.Nella nostra serie, i due casi di CMSE hanno mostrato un immunofenotiposimile, anche se non identico, ai NCS. Infattientrambi i CMSE e tutti i NCS sono risultati positivi con p63e citocheratina 19. Il TTF1 è risultato focalmente positivonella componente ghiandolare dei CMSE e negativo in quellasquamoide, mentre nei NCS lo stesso anticorpo ha decoratoin 3 casi rare cellule della componente cistica-ghiandolare.Anche con gli anticorpi anti-MUC i risultati sono stati simili:il secreto della componente cistica e rare cellule in 6 casidi NCS sono risultati positivi con anti-MUC 6, così comenei due casi di CME, mentre MUC 2 e 5 sono risultati negativiin tutti i casi. Anche se sarà necessario confermare i daticon lo studio di un numero maggiore di CMSE, i nostri risultatisembrano supportare l’ipotesi di un’origine comune perquesto tumore e i NCS tiroidei.The dark side of Hashimoto’s thyroiditis:presence of thyroid cancer precursor lesionsin a specific subset of chronic autoimmunethyroid conditionsA. Gasbarri 1 , S. Sciacchitano 3 , A. Marasco 1 , M. Papotti 4 ,A. Di Napoli 1 , A. Marzullo 1 , P. Yushkov 5 , L. Ruco 1 , A.Bartolazzi 1 21Department of Pathology St. Andrea Hospital and UniversityLa Sapienza, Rome, Italy; 2 Department of Oncology-Pathology, Cellular and Molecular Tumor Pathology KarolinskaHospital, Stockholm, Sweden; 3 Department of Endocrinology,University La Sapienza and St. Peter Hospital(AfaR), Rome, Italy; 4 Department of Biomedical Sciencesand Human Oncology, University of Turin and St. Luigi Hospital,Turin, Italy; 5 Department of Pathomorphology, HeadResearch Center for Endocrinology, Moscow, RussiaIntroductionHashimoto’s thyroiditis (HT) represents the most commoncause of hypothyroidism and nonendemic goiter. Since 1912many clinical and experimental studies aimed to clarify thepathophysiology of HT have been done, but there is not consensusabout the origin of this disease, yet. The clinical andpathological heterogeneity of HT opens the question if itshould be more properly considered as a spectrum of differentthyroid conditions rather than as a single nosological entity.MethodsIn this study we analyzed 133 cases of HTs for the expressionof galectin-3, a well known lectin molecule involved in thyrocytetransformation, by using an immunophenotypical assay.Loss of heterozygosity (LOH) in a specific chromosomal region,previously reported to be involved in thyroid cancer, hasbeen also analyzed by using laser capture microdissection.ResultsAn unexpected expression of galectin-3 was detected in asubset of HTs, together with the expression of other molecules(HBME-1, c-met and cyclin-D1) also involved in malignanttransformation and cell cycle control. Furthermore, aloss of allelic heterozygosity (LOH) in a specific chromosomalregion related to thyroid cancer has been demonstrated ina fraction of galectin-3 positive HTs suggesting the presenceof thyroid cancer precursors.ConclusionsOur findings, together with the clinical and pathophysiologicalheterogeneity of HT, provide a well-substantiated demonstrationthat this disease includes a spectrum of different thyroidconditions ranging from chronic autoimmune thyroiditisto thyroiditis triggered by specific immune-response to cancer-relatedantigens.Supported by Com<strong>pag</strong>nia di San Paolo, Torino and A.I.R.C.Detection of Foetal Microchimerism inThyroid DiseaseB. Bernasconi, S. Uccella, L. Bartalena, F.M. Procopio,R. Accolla, C. Capella, F. SessaDepartments of Pathology, Endocrinology and Immunology,University of Insubria, VareseBackgroundThe migration of foetal cells into maternal blood duringpregnancy is a well documented fact, and their long term


382COMUNICAZIONI LIBEREpersistence for decades has also been demonstrated. Womenare disproportionately affected by autoimmune diseases,both systemic – e.g., multiple sclerosis, systemic lupus erythematosus,rheumatoid arthritis – and of single organs,such as liver and thyroid. Foetal cells have been found inthe skin lesions of systemic sclerosis patients and also polymorphiceruption of pregnancy has been reported to be associatedwith foetal microchimerism. Autoimmune diseasesof the thyroid occur in 8-10% of women in the postpartumperiod and may be transient or become chronic. The role offoetal microchimerism in the pathogenesis of Hashimoto’sthyroiditis and Graves disease has been investigated in asmall number of reports.AimThis study was aimed to assess the presence of foetal microchimerismin thyroid tissue affected by autoimmune diseasesby performing fluorescence in situ hybridisation(FISH) analysis on paraffin-embedded tissue sections. Thistechnique is an efficient method to detect the presence ofmale nuclei in female tissue.Materials and methodsThe files of the Department of Pathology of the Universityof Insubria were scanned to find all cases of Graves’ disease(GD) and Hashimoto’s autoimmune thyroiditis (HAT). Weselected 15 cases of GD and 4 cases of HAT. Medicalrecords including pregnancy histories, information aboutabortions and blood transfusions were reviewed for eachpatient. Negative controls were obtained from female under5 years who underwent tonsillectomy. All cases were previouslyscanned with a nested PCR for SRY gene. FISHanalysis was performed with alpha-satellite probes specificfor X and Y chromosomes. Interphasic FISH was done accordingto the protocol reported by Chin et al. (2003) withmodifications to improve the efficiency and the quality ofsignals in order to restrict artefacts of interphasic FISH onparaffin-embebbed tissues (Chin et al., 2003). Two or threeslides for each patient were scanned to detect the presenceof male cells (XY) among maternal cells (XX).ResultsTwelve of the 19 cases resulted positive at nested PCR,whereas all controls were negative. FISH analysis detectedcells with both an X and a Y chromosome signals in all casespositive with nested PCR. Microscopically, these cellswere seen as individual XY elements scattered among XXcells of thyroid tissue (1-14 per slide). Male cells were randomlydistributed within the thyroid follicles, and were notconcentrated within areas of lymphocytic infiltrates, suggestingthat they are fully differentiated male thyroid cells.ConclusionsThe thyroid of parous women affected by autoimmune diseasecontains male foetal cells, which are located in the thyroid follicles.FISH analysis is a useful tool to study microchimericcells. This approach allows to observe the topographic relationbetween maternal and foetal cells within the specimen and toquantify the number of the latter. Further investigation are requiredto better characterize these male cells.Two rare histological entities in the samethyroid gland: case reportG. Pennelli * , C. Mian ** , N. Pennelli * , N. Pavan *** , M.R.Pelizzo *** , F. Mantero ** , M.E. Girelli ** , M. Rugge **Department of Oncology and Surgical Sciences, Universityof Padova; ** Endocrinology Unit, Department of Medicaland Surgical Sciences, University of Padova; *** 3 rd Departmentof Surgery, University of Padova Medical SchoolA 63-year-old woman was admitted to the hospital for a largesoft swelling mass in the inferior part of the neck, associatedwith mild dyspnea. Physical examination revealed an enlargedright thyroid lobe. Laboratory findings disclosed suppressedthyrotropin levels with triiodothyronine and thyroxinewithin normal ranges. Ultrasonography showed multiple, partiallyconfluent nodes within the right lobe, coexisting withisthmic hypoechoic node (10 mm). An additional lesion, 70mm in diameter, was detected apart of the thyroid gland, featuringa sonographic pattern of lipoma. A subtotal thyroidectomywere performed together with the excision of the “lipomatous”nodule. The last one measured 70x55x35 mm andconsisted of a yellowish tissue demarcated by fibrous capsule.Histologically, it consisted of mature fat cells coexisting withsparse thyroid follicular structures. The thyroid origin of epithelialcells was established by TTF1 and Tg immunostaining.A diagnosis of adenolipoma was performed. The isthmicnode (9 mm in diameter) was encapsulated and displayed adiffuse macrofollicular growth pattern. The follicles werelined by large, cuboidal cells with clear nuclei with groovesand pseudo-inclusions. Neoplastic cells showed positive immunoreactionsfor TTF1, cytocheratin 19 and galectin-3; noimmunostaining for p53 was detected. The final diagnosiswas of papillary carcinoma, macrofollicular variant.Both, macrofollicular variant of papillary carcinoma and adenolipomaare extremely rare neoplasms. To our knowledge,this is the first report that describes the simultaneous presenceof these two rare entities in the same thyroid gland.


PATHOLOGICA 2004;96:383-392Patologia uro-genitaleL’S100A1 distingue l’oncocitoma dalcarcinoma cromofobo del reneM. Brunelli * , P. Cossu Rocca ** , M. Pea * , M. Chilosi * , A.Eccher * , E. Bragantini * , F. Menestrina * , F. Bonetti * , G.Martignoni *** Anatomia Patologica, Università di Verona; ** Università diSassariIntroduzioneL’S100A1 è una proteina legante il calcio di 11 kD che è statarecentemente rilevata con metodica RT-PCR nei carcinomirenali, ma non nel parenchima renale normale. Pochi dati sononoti riguardo l’immunoespressione di questa proteina nelleneoplasie a cellule renali.MetodiAbbiamo studiato 112 neoplasie epiteliali del rene comprendenti35 oncocitomi, 38 carcinomi cromofobi, 10 carcinomipapillari e 30 carcinomi a cellule chiare e il parenchima renaleadiacente ad esse per valutare l’utilità di questo marcatorenella diagnosi differenziale di queste neoplasie.RisultatiTutti gli oncocitomi fuorché due sono risultati positivi perS100A1 (94%), mentre tutti i carcinomi cromofobi sono risultatinegativi. S100A1 era espressa anche in 17 dei 30 carcinomia cellule chiare (57%) e in 6 dei 10 carcinomi papillarivalutati (60%). La proteina S100A1 era presente nei tubulidel parenchima renale circostante alla neoplasia in tutti icasi.Conclusioni1) La proteina S100A1 è utile nella diagnosi differenziale traoncocitoma e carcinoma cromofobo del rene; 2) S100A1 èpresente nei tubuli renali normali; 3) l’espressione di S100A1nei carcinomi a cellule chiare e papillari amplia le informazioniriguardo all’immunofenotipo delle neoplasie a cellulerenali.Rigetto acuto di rene in soggetto consindrome di Nail-PatellaG. Coletti ** , A. Famulari * , M. De Vito, G. Iaria * , F. Pisani* , G. Calvisi ** , F. Papola ** , P. LeocataDipartimento di Medicina Sperimentale; * Dipartimento diDiscipline Chirurgiche, Università de L’Aquila; ** ASL L’AquilaIntroduzioneLa sindrome di Nail-Patella, a trasmissione autosomica dominantea penetranza variabile, localizzata sul gene LMX1Bdel cromosoma 9, è caratterizzata da distrofia ungueale, ipoplasiao assenza della rotula, dislocazione della testa del radioe protuberanze ossee dell’ileo 1 .Frequentemente si associa ad insufficienza renale che soloraramente evolve in insufficienza renale cronica; in questi casi,solitamente, il trapianto renale si mostra risolutivo.MetodiAlla nostra osservazione è giunta una paziente di 26 anni consindrome di Nail-Patella, in dialisi per insufficienza renalecronica dal 2002 a seguito di glomerulosclerosi segmentale,sottoposta a trapianto di rene da donatore cadavere con ottimacompatibilità (3 mis-match), cross-match negativo. Lapaziente è sottoposta a terapia immunosoppressiva con anticorpimonoclonali chimerizzati anti CD-25 e metilprednisolonesomministrati per via endovenosa dal giorno zero. Il decorsopostoperatorio è regolare, con diuresi abbondante; l’eco-colordopplerdel rene trapiantato mostra un indice di perfusionepari a 0,7. In prima giornata, la paziente inizia terapiaantirigetto con tacrolimus 1,5mgx2/die ed MMF 2g/die.In seconda giornata si assiste ad una contrazione della diuresi,con ecocolordoppler normale, e si inizia una terapia antirigettoacuto con steroidi. In sesta giornata si procede all’espiantodell’organo trapiantato, per rottura dello stesso. All’esamemacroscopico il rene misura cm 11x8x6,5; è diaspetto emorragico con ampio ematoma sottocapsulare. Èpresente trombosi della vena renale. Il campione viene inclusoin paraffina e colorato con ematossilina-eosina.RisultatiL’esame istologico evidenzia la presenza di necrosi ischemicheemorragiche confluenti multifocali della zona esternadella corticale e rigetto acuto immunomediato di tipo IIB secondola Banff classification.ConclusioniNel caso in esame il rigetto acuto si è verificato, nonostanteun’ottima compatibilità tra ricevente e donatore ed un’efficaceterapia immunosoppressiva, insolitamente già in secondagiornata; la drammaticità e velocità del rigetto sono concomitantementelegate alla massiva trombosi venosa intraparenchimale.Bibliografia1Beth CPT, et al. Nail-patella syndrome. J Am Acad Dermatol2003;49:1086-1087.Neoplasie a cellule renali ossifile del rene:profilo immunoistochimicoP. Cossu Rocca * , F. Riccio * , V. Marras * , M. Brunelli ** , L.Bosincu * , G. Martignoni **Anatomia Patologica, Università di Sassari; ** Universitàdi VeronaIntroduzioneLa distinzione tra oncocitoma e carcinoma cromofobo del reneè una delle più difficoltose diagnosi differenziali tra le diverseneoplasie a cellule renali. Per tale motivo numerosimarcatori istochimici ed immunoistochimici sono stati proposticome validi mezzi da utilizzare in questo ambito.MetodiAbbiamo analizzato 14 neoplasie con citoplasma ossifilo egranulare morfologicamente, con la colorazione istochimicaFerro colloidale e con metodica immunoistochimica utilizzandoun pannello di anticorpi comprendente parvalbumina(Pv), CD10, citokeratina 7 (CK7), vimentina ed S100A1.RisultatiSul piano morfologico, avvalendoci della colorazione Ferrocolloidale, ne abbiamo classificato 6 come carcinomi cromofobi,6 come oncocitomi e 2 come inclassificabili. L’analisiimmunoistochimica dei primi ha evidenziato che 6/6esprimevano Pv e CK7 (100%), 4/6 CD10 (67%) e 1/6


384COMUNICAZIONI LIBERES100A1 (17%). Gli oncocitomi sono risultati positivi per Pvnel 33% dei casi (2/6), CD10 nell’80% dei casi (80%),S100A1 in tutti i casi e CK7 in nessuno. Le neoplasie ossifileinclassificabili sono risultate l’una positiva a tutti i marcatori,l’altra solo a CD10 ed S100A1. Tutti i tumori erano negativiper vimentina.Conclusioni1) Il pannello immunoistochimico Pv, CD10, CK7, vimentinaed S100A1 è utile nella diagnosi differenziale delle neoplasierenali a citoplasma ossifilo e granulare; esso è risultatoconfermare le diagnosi morfologiche, con l’ausilio delFerro colloidale in 13 casi su 14. 2) il carcinoma cromofoboesprime un pattern PV+, CD10±, CK7+, vimentina -,S100A1- mentre l’oncocitoma risulta PV±, CD10±, CK7 -,vimentina- S100A1+; 3) i tumori inclassificabili su basemorfologica e istochimica sono rimasti tali anche dopo esameimmunoistochimico suggerendo l’esistenza di altre categorietra le neoplasie ossifile del rene.Espressione del circuito dei geni HOXnell’organogenesi e nella trasformazioneneoplastica renaliM. D’Armiento * , M. Cantile ** , F.S. Zeppetella del Sesto * ,G. Schiavo ** , L. Cindolo ** , A. Iacono * , L. Nugnes * , R.Vecchione * , C. Cillo *** Dipartimento di Scienze Biomorfologiche e Funzionali, Sezionedi Anatomia Patologica; ** Dipartimento di Medicina eClinica Sperimentale, Università di Napoli “Federico II”IntroduzioneI complessi programmi di sviluppo del rene sono legati all’espressionedi combinazioni di geni che codificano per fattoridi trascrizione, fattori di crescita e loro recettori, e molecolemorforegolatrici, la cui disregolazione è associata alle patologierenali. Tra i fattori di trascrizione ruolo fondamentale especiale è svolto dalla famiglia dei geni comprendenti omeobox(HOX).Durante la nefrogenesi i geni HOX sono implicatiin più fasi dello sviluppo renale, dagli eventi precoci nelmesoderma intermedio alla differenziazione terminale dell’epitelioglomerulare e tubulare in quanto regolatori dell’espressionedi morfogeni renali. Recentemente è stato dimostratoche il topo triplo knock-out per i geni HOX lombo-sacrali(gruppo paralogo11:HOX A11,C11 e D11) presenta agenesiarenale bilaterale. Tali osservazioni riguardano esclusivamentele fasi precoci di sviluppo e differenziazione del rene,nulla è descritto circa le fasi più avanzate di sviluppo.Poiché i geni i geni HOX svolgono un ruolo importante nelcontrollo dell’identità fenotipica cellulare, l’obiettivo di questostudio è: 1) analizzare l’espressione dell’intero circuito(39 geni) HOX in campioni di a) tessuto renale fetale a diversesettimane di sviluppo (da 15 a 40) e dell’adulto per stabilireun collegamento tra l’espressione di questi geni, la crescitadell’organo e la sua acquisizione di funzione b) neoplasierenali per comprendere il ruolo svolto da questi geni nellatrasformazione neoplastica renale 2) studiare l’espressioneimmunofenotipica dei geni HOX nelle varie strutture renalinegli stessi campioni usati per l’analisi molecolare.RisultatiI patterns di espressione dei geni del circuito HOX nei renifetali sembrano sovrapponibili fino alla 22 a settimana di sviluppo,nelle successive settimane alcuni geni modificano laloro espressione assumendo il pattern di espressione del reneadulto. L’espressione del circuito HOX nelle neoplasie renaliappare invece assimilabile a quella dei reni fetali nelle fasipiù precoci di sviluppo ed in particolare per l’espressione diun gruppo di geni lombosacrali sul locus HOX D. La distribuzionedei geni HOX su tessuto riflette quella molecolareevidenziando una maggiore concentrazione nel compartimentoepiteliale tubulare. Sembrerebbe, pertanto, che nelcorso della trasformazione neoplastica a carico del rene sirealizzi una dedifferenziazione delle cellule renali con ripristinodi programmi genici associati all’embriogenesi dell’organo.Classificazione TNM 2002 del carcinomarenale: valore prognostico del contenuto diDNA, della fase S e dell’espressione di Ki-67(MIB-1 score) nei tumori renali convenzionalia cellule chiare intracapsulari (pT1a-pT1b-pT2)C. Di Cristofano, A. Minervini*, A. Cavazzana, P. Collecchi,R. Minervini*, C. Selli * , G. Bevilacqua*Divisione di Anatomia Patologica e di Diagnostica Molecolareed Ultrastrutturale, Università di Pisa ed AziendaOspedaliera Pisana; * Divisione di Urologia, Università diPisa ed Azienda Ospedaliera PisanaIntroduzioneIl carcinoma renale convenzionale a cellule chiare (RCC)nella sua presentazione intracapsulare (pT1-pT2) rappresentala varietà più comune di carcinoma renale (CR). Sebbenetale forma presenti una prognosi più favorevole rispetto alleforme più avanzate, le categorie T1 e T2 della classificazioneTNM 1997 non consentivano un’efficace stratificazioneprognostica. La nuova classificazione TNM 2002 ha suddivisola categoria pT1 (≤ 7 cm) in due sottogruppi pT1a (fino a4 cm) e pT1b (da 4 a 7 cm) lasciando inalterata la categoriapT2. Dati a validazione del nuovo schema classificativo sonotuttora insufficienti.ScopoValutare l’impatto prognostico della nuova classificazionedelle forme localizzate di RCC in rapporto ai seguenti parametri:grading istologico secondo Fuhrman (GI), contenutoin DNA (DI), frazione proliferante di fase S (SPF) e indiceproliferativo (IP) (Mib-1).Materiale e metodi136 casi di RCC intracapsulare, con follow-up medio di 74mesi, sono stati riclassificati e sottoposti ad analisi citofluorimetricaa flusso ed immunoistochimica con l’Ab Mib-1.RisultatiLa sopravvivenza tumore-specifica (STS) dell’intero gruppodi RCC risultò di 83,8% e 79,9% a 5 and 8 anni rispettivamente.1) TNM 2002: 57 pazienti furono ristadiati pT1a, 61pT1b e 18 pT2. La STS fu di 92%, 81,1% e 40,1% rispettivamenteper le suddette categorie (p < 0,05). 2) GI: G1-2 (80casi); G3 (45 casi); G4 (11 casi). La STS risultò per G1-288,3%, per G3 75,6% e per G4 33,2% (p < 0,05). 3) DI: laSTS per i casi diploidi e quelli aneuploidi risultò dell’87% e49,1%, rispettivamente (p = 0,0001); in particolare a) la STSper pT1a: 95,2% e 68,6% diploidi vs aneuploidi (p


PATOLOGIA URO-GENITALE385TNM 2002. Inoltre all’interno delle categorie pT1a e pT1b ladeterminazione del DI permette una ulteriore stratificazionedei pazienti a rischio di progressione di malattia.Tumore misto epiteliale e stromale del rene:descrizione di un casoL.R. Girardi, F. Garbini, M.R. Raspollini, A. Valeri * , G.Nesi, G.L. TaddeiDipartimento di Patologia Umana ed Oncologia, Universitàdi Firenze; * Divisione di Chirurgia Generale, Policlinico diCareggi, FirenzeIl tumore misto epiteliale e stromale (MEST) del rene è unaneoplasia benigna caratterizzata istologicamente dalla commistionedi una componente epiteliale e stromale. Per lamorfologia mista e l’aspetto solido-cistico, in letteratura sonostati proposti nomi addizionali quali amartoma cistico dellapelvi renale e nefroma mesoblastico di tipo adulto.Caso clinicoDescriviamo il caso di una donna di 62 anni, sottoposta a nefrectomiaradicale sinistra per neoplasia parailare, ben circoscritta,in parte cistica, del diametro di cm 3,5. Il tumore noninfiltrava l’uretere, i vasi renali e gli stromi perirenali e noncoinvolgeva i linfonodi locoregionali. All’esame istologico laneoplasia si presentava bifasica con una componente epiteliale,composta da dotti cisticamente dilatati e da duttuli, euna componente mesenchimale, costituita da cellule fusatecon disposizione storiforme, inframezzate a complessi ghiandolario singole ghiandole, nel contesto di uno stroma cellulatosimil-ovarico. Sulla base dei reperti clinici, istologici eimmunoistochimici (positività per citocheratine, actine, desmina,vimentina e recettori estro-progestinici, negatività perHMB45, CD34 e proteina S-100) è stata posta diagnosi di tumoremisto epiteliale e stromale del rene.ConclusioniLa quasi esclusiva incidenza nel sesso femminile, in età perimenopausale,e gli aspetti morfologici quali uno stroma similovarico, lo ascrivono ad una categoria classificativa distinta.Il riconoscimento del MEST può evitare potenziali errori diagnosticicon il carcinoma a cellule renali variante cistica econ neoplasie a cellule fusate del rene.Bibliografia1Adsay NV, Eble JN, Srigley JR, Jones EC, Grignon DJ. Mixed epithelialand stromal tumor of the kidney. Am J Surg Pathol 2000;24:958-970.2Beiko DT, Nickel JC, Boag AH, Srigley JR. Benign mixed epithelialstromal tumor of the kidney of possible mullerian origin. J Urol2001;166:1381-1382.Espressione di CD10 nel carcinomacromofobo del reneG. Martignoni * , M. Pea ** , M. Brunelli ** , M. Chilosi ** , A.Zamò ** , P. Cossu Rocca * , F. Menestrina ** , F. Bonetti *** Anatomia Patologica, Università di Sassari; ** Universitàdi VeronaIntroduzioneLa colorazione immunoistochimica per CD10 viene utilizzatanella diagnosi differenziale dei carcinomi a cellule renali,dal momento che gli istotipi a cellule chiare e papillare sonoconsiderati positivi al contrario del carcinoma cromofobo cheè invece costantemente positivo per parvalbumina (Pv), marcatoreassente nei primi due.MetodiAbbiamo studiato l’espressione immunoistochimica di CD10e Pv in 75 carcinomi a cellule chiare (8 metastatici), 51 carcinomipapillari (2 metastatici), 42 carcinomi cromofobi, (7dei quali di tipo “aggressivo”, definito come stadio localeavanzato, pT3a e pT3b, presenza di metastasi o trasformazionesarcomatoide) e le principali caratteristiche clinicopatologichedi questi ultimi 42 tumori (sesso, età, interventochirurgico, follow up, diametro, lateralità, coinvolgimentodel tessuto adiposo perirenale, grado di Fuhrman, attività mitotica,necrosi, invasione della vena renale, metastasi).RisultatiCD10 era espresso nel 100% dei carcinomi a cellule chiare, nel63% di quelli papillari e in tutte le metastasi; inoltre 11 dei 42(26%) carcinomi cromofobi sono risultati positivi per CD10, 5dei quali di tipo “aggressivo” (5/7, 71%). La positività al CD10è risultata statisticamente correlata con i casi “aggressivi” dicarcinoma cromofobo (p = 0,003) e con le mitosi (p = 0,04).Pv era espressa fortemente in tutti i carcinomi cromofobi siaprimitivi che metastatici. Abbiamo infine verificato la presenzadelle proteine CD10 e Pv con metodica Western-blot.ConclusioniI nostri dati dimostrano che 1) un quarto dei carcinomi cromofobiesprime CD10 e quindi un pannello immunoistochimicoche includa CD10 e Pv è utile nella diagnosi differenzialedei carcinoma a cellule renali; 2) l’espressione di CD10nei carcinomi cromofobi è correlata con la presenza di carattericlinicopatologici di aggressività.Carcinoma a cellule renali dei dotti collettoridel Bellini. Presentazione di tre casiL. Reggiani Bonetti, R. Valli, P. Sighinolfi, E. Tagliavini, G.De Aloisio, A.M. Cesinaro, M. Costantini, M. Lupi, L. LosiSezione di Anatomia Patologica, Università di Modena eReggio Emilia, ModenaIntroduzioneIl carcinoma renale dei dotti del Bellini è una variante istologicainusuale del carcinoma a cellule renali del rene caratterizzatoda peculiari aspetti istologici. Riportiamo 3 casi diquesta inusuale variante di tumore renale sottolineandone l’aspettoimmunoistochimico.MetodiDa una revisione di 850 casi di carcinoma renale analizzatipresso il Servizio di Anatomia Patologica di Modena tra il1991 ed il 2004, sono stati identificati tre casi di carcinoma acellule renali dei dotti del Bellini. Da un blocchetto rappresentativodel tumore sono state ottenute sezioni in paraffinaper l’analisi immunoistochimica (Benchmark, Ventana, Tucson,AZ) utilizzando i seguenti marker: CAM5.2, EMA,CD10 e CK903.RisultatiI pazienti (2 donne ed 1 uomo) presentavano un’età media di62 anni. Macroscopicamente i noduli si presentavano di coloregrigio-giallastro, a margini espansivi ed in sede centrale peri-ilare,mediamente di 4 cm di diametro. Istologicamente, i tumorimostravano una architettura tubulo-papillare riccamentecellulata, con elementi talora fusati. In un caso si sono osservateampie aree di necrosi. Due neoplasie erano di grado 2 eduna di grado 4 secondo Fuhrman 1 . All’indagine immunoistochimicatutti i tumori erano fortemente positivi per le citoche-


386COMUNICAZIONI LIBEREratine a basso peso molecolare (CAM5.2) e per l’antigene epitelialedi membrana (EMA), mentre sia il CD10 che le citocheratinead alto peso molecolare sono risultate negative.ConclusioniIl carcinoma a cellule renali è generalmente associato ad unaprognosi infausta legata alla possibilità di recidive sistemicheanche molto tardive. Tra le diverse varianti, è poi importantericonoscere l’istotipo a cellule dei dotti del Bellini per il fattoche questa neoplasia si associa ad una cattiva prognosi giàall’esordio. A differenza delle varianti più classiche cheesprimono il CD10, le citocheratine a basso peso molecolarerappresentano un buon marker per confermare la diagnosimorfologica di questa neoplasia piuttosto rara.Bibliografia1Fuhrman SA, et. al. Am J Surg Pathol 1982;6:655-663.Translationally controlled tumor protein(TCTP) in the human prostate and prostatecancer cells: expression, characterization andeffect of hormonal manipulationM.T. del Vecchio, M. Cintorino, S. Papa, A. Carducci, R.Romagnoli, E. Angelini, S. Liberatori, M.G. Riparbelli, P.Tosi, F. ArcuriDepartment of Human Pathology and Oncology, Section ofPathological Anatomy, University of SienaIntroductionThe translationally controlled tumor protein (TCTP) is anabundantly expressed protein found in a wide range of organismsfrom both the animal and plant kingdom. Initially describedas a growth-related protein, knowledge of the biologicalactions of TCTP has been recently extended to include calciumbinding, regulation of apoptosis, and microtubules stabilization.This report describes expression, distribution, characterizationand hormonal regulation of human prostatic TCTP.MethodsSamples were analyzed by Western blot, RT-PCR, immunohistochemistry,and confocal microscopy. Calcium bindingactivity of the recombinant human prostatic protein was evaluatedon a calcium overlay assay. A public SAGE databasewas analyzed to determine TCTP expression levels in normaland cancer tissues. Hormonal regulation of TCTP expressionwas evaluated in vitro, using the androgen-responsiveprostate cancer cell line LNCaP.ResultsTCTP protein and mRNA were detected in all the specimensand cell lines analyzed. The protein was mainly expressed bythe secretory luminal epithelial and basal layer cells. A significantamount of protein was present in the prostatic fluids.Subcellular distribution studies in prostate epithelial cells detectedthe protein in the cytoplasm in interphase and colocalizedwith tubulin during mitosis. The calcium binding capacityof prostatic TCTP was shown in vitro. SAGE data indicatedTCTP as the calcium binding protein with the highestexpression levels among those examined. Treatment ofLNCaP cells with the synthetic androgen R1881 resulted in atime-dependent induction of the protein, rising up to 2.5 foldat 96 hrs. In cells exposed to R1881 plus RU486, the antiandrogencounteracted all R1881-induced TCTP expression,exerting no agonistic activity on its own, suggesting that theR1881 induction of the protein is exerted specifically via androgenreceptor.ConclusionsThe results of the present study demonstrate for the first timethe expression and hormonal regulation of TCTP in the humanprostate and in prostate cancer cells, and indicate an involvementof the protein in several key-phases of the glandphysiopathology.Espressione della proteina NMP22 nell’urinadi pazienti con carcinoma urotelialeE. Dessy, A. Benetti, A. Berenzi, A. Cornacchiari, M.Gambarotti, M. Gattamelata, A. Teppa * , D. Zani *Anatomia Patologica; * Clinica Urologica, Università diBresciaIntroduzioneLa diagnosi del carcinoma della vescica con metodiche noninvasive si basa principalmente sull’utilizzo dell’esame citologicodell’ urina che, sebbene presenti un’alta specificità,riesce a mettere in evidenza una modesta percentuale di neoplasievescicali, con scarsi risultati nelle forme più differenziatee/o non infiltranti. Recentemente sono stati identificatialcuni markers presenti nelle urine, specifici per il carcinomauroteliale. Tra questi, una proteina della matrice nucleare dell’apparatomitotico (NMP22) rilasciata dalle cellule neoplasticheuroteliali e rilevabile nell’urina.MetodiAbbiamo preso in considerazione 19 pazienti (13 maschi e 6femmine) portatori di carcinomi uroteliali (18 vescicali e 1del bacinetto renale) e 8 casi senza alcuna patologia delle vieurinarie (controlli negativi). In tutti i casi è stato eseguito l’esamecitologico dell’urina su tre campioni e la contemporanearicerca urinaria della proteina NMP22 mediante specificotest immunocromatografico (NMP22 Bladdercheck test,Matritech Inc, MA, USA). In tutti i pazienti portatori di carcinomauroteliale, successivamente trattati mediante TUR, laneoplasia è stata confermata istologicamente.RisultatiLa sensibilità globale della NMP22 è stata del 57,9% contro il47,4% del solo esame citologico, mentre combinando i duetest, è risultata pari al 63,2%. Nelle neoplasie infiltranti (pT1-pT4), la sensibilità della NMP22 è risultata sovrapponibile aquella della citologia (70,0%). Nelle neoplasie non infiltranti(pTa), viceversa, era del 42,9% e 14,3% rispettivamente. Nelleneoplasie a basso-medio grado la sensibilità è risultata del28,6% e del 14,3% rispettivamente, contro l’80,0% e il 70% rispettivamentenei tumori ad alto grado (G3). Tutti i controllisono risultati negativi sia all’esame citologico sia alla ricercadella NMP22 (specificità = 100% per entrambi i test).ConclusioniLa proteina NMP22 è risultata essere un marker utile nelladiagnosi del carcinoma uroteliale, soprattutto nelle forme infiltrantie/o scarsamente differenziate e in combinazione conil tradizionale esame citologico dell’urina su tre campioni.


PATOLOGIA URO-GENITALE387P16 INK4A nel carcinoma vescicale a celluletransizionaliL.R. Girardi, M.R. Raspollini, G. Nesi, G. Baroni, G.L.TaddeiDipartimento di Patologia Umana ed Oncologia, Universitàdi FirenzeIl danno genetico più comune nel carcinoma a cellule transizionali(CCT) è la delezione di una porzione del cromosoma9p. Il locus 9p21 dove è stato identificato il gene oncosoppressoreCDKN2A(p16INK4a)/ARF(p14ARF) è uno deimaggiori siti di delezione 1 . Il prodotto del gene, la proteinap16 INK4a , è un regolatore negativo del ciclo cellulare nelpathway G1(p16, ciclina D, cdk, pRb) 2 . In qualità di cdkI, legandosispecificatamente alla cdk4-6 inibisce l’attività fosforilantesulla pRb e impedisce il passaggio della cellula nellafase S.Scopo dello studio è la valutazione immunoistochimica dell’espressionedi p16 nel CCT per valutare la correlazione diquesto marker con lo stadio della malattia.Abbiamo studiato il materiale ottenuto da resezione endoscopicadi 17 casi di CCT vescicale, di tipo papillare, non invasivoe di 22 casi di CCT vescicale invasivo.Abbiamo osservato una elevata espressione di p16 in 11 casi(28,2%). La over-espressione di p16 è correlata con lo stadiodella malattia (P = 0,026, test chi-quadrato).L’individuazione di fattori prognostici nel CCT può consentiredi individuare i pazienti con una maggiore possibilità diprogressione di malattia e di personalizzare il trattamento terapeuticoal singolo paziente. La significativa associazionedella immunoreattività di p16 con lo stadio della malattia faipotizzare il suo impiego per identificare i pazienti che necessitanodi uno stretto follow-up o di maggiori terapie.Bibliografia1Cairns P et al. Cancer Res 1994;54:1422-1424.2Gonzalgo ML et al. Cancer res 1998;58:1245-1252Endosalpingiosi vescicale: descrizione di uncasoF. Giusti * , L. Reggiani Bonetti * , C. Curatola * , C. Sighinolfi** , F. Rivasi **Dipartimento Integrato Servizi Diagnostici e di Laboratorio,Sezione di Anatomia Patologica, Università di Modena eReggio Emilia; ** Cattedra di Urologia, Università di Modenae Reggio EmiliaLe mullerianosi sono lesioni benigne originate dalla proliferazionedell’epitelio ghiandolare mulleriano e comprendono:endometriosi, endocervicosi e endosalpingiosi. Le tre variantidi mullerianosi, spesso tra loro associate, sono state riscontratein donne in età pre-post menopausale e sono stateraramente documentate nella vescica e nell’uretra.Noi riportiamo un raro caso di endosalpingiosi della vescicain una giovane donna.Caso clinicoDonna di 30 anni che riferiva da circa un anno stranguria, disuriae dismenorrea in periodo mestruale. L’esame endoscopicovescicale evidenziava in regione posterolaterale sinistradella vescica, un’area rilevata di cm 2,5 di diametro massimoche coinvolgeva l’ostio ureterale di sinistra provocando idronefrosi.È stata eseguita una resezione transureterale. All’esameistologico del materiale bioptico si osservavano numerosestrutture tubulari ramificate frammiste ad aree cistichedi forma rotondeggiante o ovalare contenenti materiale eosinofilo.Tali strutture erano circondate da stroma fibroso e rivestiteda epitelio mulleriano costituito da tre tipi cellulari tipicidell’epitelio tubarico: cellule ciliate, cellule intercalari ecellule mucipare. È stata formulata la diagnosi di endosalpingiosivescicale.ConclusioniLe mullerianosi vescicali sono state raramente descritte inletteratura e si presentano generalmente come masse localizzatenello spessore della parete vescicale. La sintomatologiaè spesso assente o aspecifica (ematuria, dolore pelvico).Alla diagnostica per immagini, la lesione ha l’aspetto diun’area rilevata di dimensioni variabili talora accom<strong>pag</strong>natada edema ed iperemia della mucosa vescicale.Le varianti di mullerianosi sono spesso associate tra loro el’endometriosi costituisce spesso il reperto più frequente epredominante.La diagnosi differenziale tra le varianti di mullerianosi si basaprincipalmente sulle caratteristiche citologiche dell’epiteliodi rivestimento delle strutture ghiandolari, sulla forma esull’organizzazione dei tubuli e sulle caratteristiche dellostroma 1 2 .Le mullerianosi si pongono inoltre in diagnosi differenzialecon l’adenocarcinoma primitivo o metastatico della vescica,con il carcinoma transizionale e nei confronti di numerose lesioniproliferative benigne della vescica come cistite ghiandolare,cistite cistica, adenoma nefrogenico 2 .BibliografiaBorda A, et al. Ann Pathol 2004;24:18-30.Young RH, et al. Mod Pathol 1996;9(7):731-737.L’efficacia diagnostica del test uCYT+ nelladiagnosi e nel follow-up del carcinoma in situdella vescicaC. Mian, M. Lodde * , E. Comploj * , S. Palermo * , M. Mian * ,K. Maier, G. Negri, E. Egarter-Vigl, E. Longhi * , A. Pycha *Reparti di Anatomia Patologica; * Urologia, Ospedale Centraledi BolzanoIntroduzioneI test per la diagnosi precoce del carcinoma della vescica(UC) basati sulla ricerca di markers tumorali nell’urina, nonsembrano equiparare la validità della tradizionale citologiaurinaria per quanto riguarda la diagnosi del carcinoma in situ(CIS) essendo la loro sensibilità, nel caso di un CIS, bassa.A differenza di questi, uCyt+ TM sembra essere promettenteanche se il numero complessivo di studi fino ad ora pubblicaticomprendano un numero limitato di CIS. Fine di questostudio era di analizzare il valore del test uCyt+ nella primadiagnosi e nel follow-up del CIS della vescica.MetodiTrenta pazienti affetti da CIS vescicale confermato istologicamentesono stati inclusi nello studio. Al momento della primadiagnosi ogni paziente è stato sottoposto ad esame citologicodelle urine, cistoscopia, uCyt+ (Diagnocure, Quebec, Canada)e a biopsia della vescica. Tutti i pazienti sono stati trattati coninstillazioni intravescicali con BCG (Medac, Amburgo, Germania).I pazienti sono stati seguiti con citologia, uCyt+, cistoscopiae biopsia della vescica dopo ogni termine di un ciclodi instillazioni con BCG ed in seguito dopo ogni 3 mesi.


388COMUNICAZIONI LIBERERisultatiLa sensibilità della citologia e di uCyt+ alla prima diagnosi èstata del 100% mentre la cistoscopia ha evidenziato solo il46,6% dei casi. Al primo controllo dopo il primo ciclo di instillazionila citologia ha diagnosticato il 75% delle recidivee uCyt+ l’87,5%. Al secondo controllo entrambi i test hannodiagnosticato rispettivamente il 50% delle recidive. Combinandoentrambi i test si è ottenuto ad ogni controllo una sensibilitàdel 100%. Per quanto riguarda la specificità della citologiadopo la terapia questa è migliorata dall’88,2% del primocontrollo fino al 100% del terzo controllo. La specificitàdi uCyt+ dopo BCG è diminuita inizialmente dal 70,6% al55,5% per poi incrementare fino all’88,9%.ConclusioniuCyt+ TM è un test con una sensibilità comparabile alla citologiaper la prima diagnosi di un CIS. Nel follow-up, sebbenela sensibilità di uCyt+ in generale diminuisca questa rimanesuperiore a quella della citologia. Combinando i 2 test si raggiungeuna sensibilità nel follow-up del 100%. La sensibilitàtende a diminuire nei primi tempi dopo la terapia rimanendocomunque a valori accettabili, per poi riaumentare durante laterapia di mantenimento. uCyt+ inoltre sembra possa assumereun ruolo nel monitoraggio della risposta alla terapia deipazienti affetti da CIS trattati con BCG modificandone eventualmentela schedula di somministrazione.Carcinoma vescicale polipoide a piccolecellule: presentazione di 4 casiA. Salvadori * , E. Zini * , F. Zolfanelli ** , L. Presenti ***U.O. Anatomia Patologica, Ospedale S.M. Annunziata; **U.O. Anatomia Patologica, Nuovo Ospedale S. Giovanni diDio, Azienda Sanitaria di FirenzeIntroduzioneIl carcinoma vescicale polipoide a piccole cellule è una neoplasiarara 1 , molto aggressiva, con un alto rischio di metastatizzazionea distanza, morfologicamente simile al carcinomaa piccole cellule del polmone e di altri organi.MetodiDa una revisione dei casi di neoplasia vescicale dal 1998 al2004 (n = 1785) sono individuati 4 casi di carcinoma vescicalepolipoide a piccole cellule.RisultatiI pazienti sono 2 femmine e 2 maschi di età compresa tra 60e 73 anni (età media 68).Le lesioni apparivano macroscopicamente come neoformazionipolipoidi e istologicamente risultavano composte dacellule piccole monomorfe, a nucleo ipercromatico e scarsocitoplasma, aggregate in isole solide. Immunoistochimicamentele cellule neoplastiche apparivano positive per NSE ecromogranina A, negative per citocheratina AE1/AE3 2 .ConclusioniNella diagnosi differenziale del carcinoma vescicale a piccolecellule rivestono importanza le notizie cliniche per escludereuna metastasi da un carcinoma a piccole cellule del polmoneo di altri organi; esami immunoistochimici sono utiliinoltre per escludere il carcinoma anaplastico a cellule transizionalio un linfoma.Bibliografia1Dalpiaz O, al Rabi N, Galfano A, et al. Small cell carcinoma of thebladder: a case report and a literature review. Arch Esp Urol2003;56:197-202.2Iczkowski KA, Shanks JH, Allsbrook WC, et al. Small cell carcinomaof urinary bladder is differentiated from urothelial carcinoma bychromogranin expression, absence of CD44 variant 6, a unique patternof the citokeratin expression, and more intense gamma-enolaseexpression. Histopathology 1999;35:150-156.Caratteristiche molecolari del carcinomagiovanile dell’urotelioG. Sartori, N. Bigiani, S. Nerbano, S. Bettelli, L. Garagnani,G. Rossi, M. Migaldi, G.P. TrentiniDipartimento integrato servizi diagnostici e di laboratorio edi medicina legale, sezione di anatomia patologica, Universitàdi Modena e Reggio Emilia, ModenaIntroduzioneLe caratteristiche molecolari dei carcinomi uroteliali insorti inpazienti giovani sono poco conosciute, essendo questa neoplasiatipica dell’età adulta. È stato pertanto condotto uno studioper valutare la presenza di alterazioni microsatellitari (MA) suuna casistica di 34 carcinomi giovanili dell’urotelio insorti inpazienti di età inferiore ai 45 anni, con un’età media al momentodella prima diagnosi di 38 anni (range 21-45 anni); in 21di questi è stata valutata con FISH anche la presenza di aberrazioninumeriche dei cromosomi 3, 7, 17 e del locus 9p21.MetodiDalle sezioni istologiche sono stati prelevati, mediante microdissezione,linfociti e cellule tumorali per l’analisi di 19marcatori microsatellitari, amplificati per PCR e valutati conil sequenziatore ABI Prism 310. Per lo studio di FISH è statoutilizzato il test UroVysion, che permette la visualizzazionecontemporanea su sezioni di tessuto delle regioni centromerichedei cromosomi 3, 7 e 17 e del locus specifico 9p21.RisultatiTutti i casi analizzati hanno presentato MA in uno o più loci frai quali è maggiormente alterato il microsatellite D9S171(59%), informativo per il locus 9p21, che ha mostrato ancheuna diversa frequenza di alterazione in base allo stadio tumorale:è risultato infatti alterato in 17 su 21 (81%) pTa e in 3 su13 (23%) pT1 e questa differenza è significativa (p = 0,0014).Dallo studio con FISH una delle alterazioni più frequenti è risultataessere la perdita di entrambi gli alleli del locus 9p21,riscontrata in 12 dei 21 casi analizzati (57%), mentre la polisomiadei cromosomi 3, 7 e 17 è risultata del 71%, 43% e38% rispettivamente.ConclusioniIn accordo con il precedente lavoro di Christensen 1 , l’unicoad aver esaminato vari microsatelliti in carcinomi giovanilidella vescica, i risultati ottenuti confermano la marcata presenzadi MA in queste forme tumorali, più accentuata rispettoalle corrispondenti forme adulte. L’analisi condotta conFISH ha evidenziato la presenza di una percentuale di alterazionipiù alta rispetto a quella riscontrata dal lavoro analogodi Krüger 2 , eseguito su una casistica di pazienti di età mediadi 67 anni.Entrambe le indagini hanno inoltre evidenziato il ruolo significativodelle alterazioni a carico del locus 9p21 anche nelleforme giovanili del carcinoma della vescica, alterazioni chesvolgono probabilmente un ruolo importante nelle fasi inizialidella carcinogenesi.Bibliografia1Christensen M, et al. Int J Cancer 1998;79:396-401.2Krüger S, et al. Int J Oncol 2003;23:41-48.


PATOLOGIA URO-GENITALE389Valutazione dell’espressioneimmunoistochimica della citocheratina 5/6e della citocheratina 34βE12 nelle ghiandoleprostatiche benigneF. Tallarigo, A.V. Filardo * , F. Musico ** , S. MironeServizio di Anatomia Patologica, Ospedale “San Giovanni diDio”, Crotone; * Servizio di Anatomia Patologica, Ospedale“Pugliese-Ciaccio”, CatanzaroIntroduzioneLa citocheratina 34βE12 è una citocheratina ad alto peso molecolare,descritta per la prima volta nel 1984, il cui uso nellapratica routinaria è prevalentemente utilizzato nella diagnosidifferenziale tra ghiandole benigne e maligne in corsodi agobiopsia prostatica. Nonostante si tratti di un anticorpopresente da molti anni, la sua immunoreattività, in base all’esperienzadi molti autori, è soggetta a molte considerazionieterogenee. Recentemente è entrato in commercio l’anticorpocitocheratina 5/6, provato come marker dell’epitelio semplice,incluso quello mesoteliale, che ha mostrato immunoreattivitàverso le cellule basali delle ghiandole prostatichebenigne. Scopo di questo lavoro è stato quello di confrontarela sensibilità di questi due anticorpi verso le cellule basalidelle ghiandole benigne della prostata.Materiali e metodiSono stati selezionati 40 casi relativi ad altrettante agobiopsieprostatiche. Di questi, 30 sono risultati essere adenocarcinomi(Gleason score: 6, 7, 8), mentre i rimanenti 10 sonorisultati essere negativi per carcinoma. I 30 casi positivisono stati selezionati in modo tale che i frustoli di tessutoprostatico contenessero, oltre alla componente maligna,un’altrettanta componente ghiandolare benigna. Di ogni casosono stati allestiti n. 2 vetrini per l’indagine immonoistochimicache è stata eseguita con il sistema streptavidinabiotinacon sviluppo in DAB. Tutte le fette, prima della reazione,sono state sottoposte, per entrambi gli anticorpi, a recuperoantigenico ad alta temperatura. In ciascun caso lapercentuale di ghiandole benigne colorate è stata valutata inmaniera semiquantitativa utilizzando la seguente scala: 75%, in riferimento alla componenteghiandolare benigna.RisultatiI risultati da noi ottenuti sono stati del tutto sovrapponibili,nei confronti dei due anticorpi, sia per quanto riguarda la percentualedi ghiandole benigne positive che la disposizionedella colorazione. 25 casi hanno mostrato una positività compresatra il 50-75%, mentre nei rimanenti 15 si è avuto unapositività > al 75% delle ghiandole benigne. In questi 15 eranocompresi i 10 casi negativi per adenocarcinoma.Discussione e conclusioniDa alcuni lavori presenti in letteratura si evince che laCK34βE12 esprime una positività diversa rispetto allaCK5/6, soprattutto nei tessuti fissati in formalina, con una colorazionedi tipo discontinuo a livello delle ghiandole. Questoporta a considerare la CK34βE12 come un anticorpo menosensibile, in cui c’è una difficoltà a riconoscere l’epitopomascherato dalla fissazione. Per cui la sua immunoreattivitàdipenderebbe molto dalla fissazione del materiale e dal tipodi recupero antigenico che viene effettuato. Il nostro studio,utilizzando materiale fissato in formalina e applicando lostesso tipo di recupero antigenico per entrambi gli anticorpi,non ha mostrato nessuna di differenza tra i due. Pertanto possiamoconcludere che la CK34βE12, relativamente alla nostralimitata casistica, rimane l’anticorpo di elezione nelladiagnosi differenziale tra ghiandole benigne e maligne in corsodi diagnostica routinaria di agobiopsia prostatica.Adenocarcinoma acinare della prostata:concordanza tra Gleason bioptico e Gleasondefinitivo in 53 pazienti sottoposti aprostatectomia radicale retropubicaD. Dalfior, G. Martignoni, M. Pea, A. Parisi, V. Ficarra,A. Galfano, G. Novella, F. MenestrinaAnatomia Patologica, Università di Verona e Sassari; ClinicaUrologica, Università di VeronaIntroduzioneL’obiettivo dello studio è stato di verificare il grado di concordanzatra il Gleason ( primario, secondario e corrispondentescore), assegnato su biopsie prostatiche transperineali esu pezzo operatorio da prostatectomia radicale retropubica.MetodiAbbiamo studiato in maniera prospettica 53 pazienti con etàmediana di 66 anni (range 54-74) sottoposti a prostatectomiaradicale retropubica nel 2003. In tutti i casi la diagnosi diadenocarcinoma è stata formulata su biopsie transperineali(14 prelievi: doppio set di “sestanti” e due prelievi in zona ditransizione). Tutti i pezzi operatori sono stati campionati inaccordo con il protocollo di Stanford. Per la valutazione statisticadella concordanza tra Gleason bioptico e definitivo abbiamoapplicato il test k (Kappa). Il grado di concordanza èstato definito “scarso” per valori di k compresi tra 0,00 e0,20; “moderato” tra 0,21 e 0,45; “sostanziale” tra 0,46-0,75e “quasi perfetto” tra 0,76 e 0,99.RisultatiPer quanto riguarda il Gleason primario, la corrispondenza trabiopsie e pezzo operatorio è risultata pari al 92,3% per il grado3, all’87,5% per il grado 4 ed al 100% per il grado 5. Il valoredi k è risultato pari a 0,77. Per quanto riguarda il Gleasonsecondario, la corrispondenza è risultata pari al 66,7% per ilgrado 3, al 75% per il grado 4 ed al 100% per il grado 5. Il valoredi k è risultato pari a 0,42. Per quanto riguarda il Gleasonscore, la concordanza è risultata pari al 66,7% per lo score di6; al 77,8% per lo score di 7; al 40% per lo score di 8 ed al100% per lo score di 9 e 10. Il valore di k è risultato pari a 0,47.ConclusioniLa concordanza tra il Gleason score assegnato sulle biopsie equello del pezzo operatorio è risultata “sostanziale”. Questorisultato è condizionato favorevolmente da una concordanza“quasi perfetta” tra i pattern primari ma negativamente dallaconcordanza “moderata” tra i pattern secondari.Tumore stromale prostatico: descrizionedi un casoG. Di Marco, M. Stella, F. Aragona * , G. Vaccarella ** , G.Contino ** , T. Mannone, F. Guddo, M.R. Rizzuto, F. Raiata,A.G. RizzoLaboratorio di Anatomia Patologica A.O. “V. Cervello”, Palermo;* Istituto di Anatomia ed Istologia Patologica, Universitàdi Palermo; ** U.O. di Urologia A.O. “V. Cervello”,PalermoIntroduzioneLe neoplasie dello stroma specializzato prostatico sono moltorare e comprendono tumori benigni, tumori ad incerto po-


390COMUNICAZIONI LIBEREtenziale di malignità (STUMP) e tumori maligni.Descriviamo un caso di neoplasia stromale prostatica, a prevalentedifferenziazione muscolare, che morfologicamenteinquadriamo nell’ ambito degli STUMP.Materiali e metodiPaziente di 75 anni che da 7 anni presentava pollachiuria,mitto ipovalido e stranguria. Ecografia: prostata aumentata divolume con calcolo vescicale. PSA: 0,22 ng/ml. All’interventochirurgico viene asportato un nodulo prostatico (diametrocm 5), ben delimitato, liscio, grigiastro, fascicolato eduro-elastico. La neoformazione, pseudocapsulata, è costituitada fasci di cellule fusate, variamente aggregate e con focaleaspetto storiforme. Le cellule hanno citoplasma eosinofiloa limiti indistinti e nucleo ovale o “a sigaro” con cromatinafinemente granulare. Rare e modeste le atipie cellulari. Rarissimele mitosi; necrosi assente. La neoplasia presenta vasidi diverso calibro e pochi linfociti talora aggregati in pseudofollicoli.Le ghiandole prostatiche, rare e normotipiche, sonostipate alla periferia della lesione. L’immunofenotipo tumoraleè il seguente: CD34+,vimentina+, desmina+, actina+,MNF116+ (focale), recettore progesterone+, S100-, Ki-67 70 anni 82 (25,3%) 44 (53,7%)Reperto rettalenegativo 204 (62,8%) 65 (31,9%) < 0,0001positivo 121 (37,2%) 68 (56,2%)PSA totale (ng/ml)< 4 22 (6,8%) 8 (36,4%) 0,114-10 220 (67,7%) 83 (37,7%)> 10 83 (25,5%) 42 (50,6%)Volume prostatico (cc)≤ 40 189 (58,2%) 96 (50,8%) < 0,0001> 40 136 (41,8%) 37 (27,2%)PSA density (ng/ml/cc)≤ 0,15 122 (37,5%) 28 (23%) < 0,0001> 0,15 203 (62,5%) 105 (51,7%)Density/TZ (ng/ml/cc)≤ 0,35 142 (46,1%) 29 (20,4%) < 0,0001> 0,35 166 (53,9%) 92 (54,4%)


PATOLOGIA URO-GENITALE391RisultatiÈ stata fatta diagnosi di adenocarcinoma della prostata in 134casi (41,2%), di ASAP in 19 casi (5,8%) e di PIN di alto gradoin 6 casi (1,8%). Il Gleason score (GS) è risultato pari a 5in un caso (0,7%), a 6 in 65 casi (48,5%), a 7 in 21 casi(15,6%), a 8 in 17 casi (12,6%), a 9 in 9 casi (6,7 %) e a 10in 4 casi (2,9%). In 17 casi (12,6%) il Gleason score non èstato assegnato a causa dell’esiguità dei microfocolai di adenocarcinomaosservati. In 166 casi l’esame istologico è risultatonegativo.La Tabella I stratifica la detection rate per le differenti variabilicliniche valutate.ConclusioniL’esecuzione di 14 biopsie prostatiche per via transperinealeconsente di diagnosticare un’elevata percentuale di neoplasiedella prostata. Il volume della ghiandola prostatica, il repertorettale e l’età dei pazienti influenzano in maniera significativala percentuale di positività registrate.Aurora B expression in normal testisand seminomasA. Caleo, G. Troncone, I. Migliaccio, A. Iaccarino, C.Frangella, M. Russo, F. Esposito, G. Portella * , P. Chieffi *Dipartimento di Scienze Biomorfologiche e Funzionali, Universitàdi Napoli ‘Federico II’; * Dipartimento di MedicinaSperimentale, II Università di NapoliIntroductionMitosis is a highly coordinated process that ensures the fidelityof chromosome segregation and is characterised bydramatic morphological changes which occur in a strictlysequential order. Serine/threonine protein kinase of the Aurorafamily (Aurora A/STK-15, Aurora B/AIM-1, AuroraC/AIK-3) are known to be required for the progressionthrough the M phase. Aurora B encodes a protein that associateswith condensing chromatin, concentrates at centromeres,and then relocates onto the central spindle atanaphase. High levels of Aurora kinases are characteristicof rapidly dividing cells and tumours. In particular, AuroraB has been found overexpressed in human cancer cells ofdifferent origin and in cell lines derived from colorectal tumours.Spermatogenesis is a hormonally regulated andunique developmental process whereby diploid stem cellsdifferentiate through an ordered sequence of steps and representsan ideal model for studying the control of cellulargrowth and differentiation.In this study the expression and the localisation of Aurora Bthroughout germinal epithelial progression in normal testisand its neoplastic counterpart were analysed.Methods and resultsImmunocytochemistry and RT-PCR analysis of mouse germinalepithelium cells showed the presence of Aurora B inspermatogonia and occasionally in spermatocytes. Westernblot analysis revealed the typical Aurora B isoform (41 kDa)in the same cellular types. A similar distribution was observedin human testis by immunohistochemistry. Moreover,the distribution and the expression of Aurora B were investigatedin neoplasms derived from germ cells. Surgical samplesof seminomas were analysed, and a high percentage ofAurora B positive cells (51%) was detected; the expressionof Aurora B was significantly related to the MIB-1 proliferationmarker (R = 0.816).ConclusionsThe data presented here demonstrate that Aurora B expressionoccurs in spermatogonial division. Furthermore, our resultsindicate that the expression of Aurora B is a consistentfeature of human seminomas. This observation is of clinicalinterest since Aurora B might be a target for cancer treatmentand may serve as a prognostic marker.ReferencesChieffi P, et al. J Endocrinol 2004;181(2):263-270.Aquaporin-1 in human varicocele testes, as acritical reabsorption factorP.A. Nicòtina * , G. Speciale * , S. Arena, C. Romeo, B. Zuccarello,F. Arena*Dipartimento di Patologia Umana; Dipartimento di ScienzePediatriche Mediche e Chirurgiche,Università di MessinaIntroductionVaricocele testes display exceeding endotubular fluid (ETF)and extracellular matrix (ECM), with subsequent oligoasthenozoospermia1 . Aquaporins (AQP s) are integral membraneproteins, modulating water transport across the cell membraneand reabsorptive exchanges. Previous experimental evidencewas provided that some AQP sare expressed in rat testis,as transmembrane water channels 2 . AQP-1, a major fluidtransporter, regulates tissue water flow and hydration. It hasbeen focally found in endothelial cells of human testes, buthas not been reported in endotubular cells. The present studywas aimed at immunolocalizing AQP-1 in human varicoceletestes.MethodsOpen testicular biopsies on 20 varicocele testes were comparedto 4 autoptical controls. Formalin-fixed, paraffin-embeddedsections were processed for histology. Immunohistochemistrywas performed using an AQP-1 monoclonal antibody,subsequent streptavidin-biotin/LSAB method and diaminobenzidinedevelopment. Positive immunoreactions were scoredas weak, moderate or strong.ResultsHistologically,disarranged tubular compartments, germ cellsloughing, ETF- and ECM-expancion were found. Cytoplasmicvacuoles in Sertoli cells, spermatogonia and spermatocytesalso occurred, with retained cytoplasmic droplets inthe spermatozoa, if present.AQP-1 immunostaining strongly depicted microvessel endothelialcells, as well as Sertoli and germ cells containingcytoplasmic vacuoles or retained droplets. Differently, 2 of 4control testes showed AQP-1 reactive endothelial cells only.ConclusionsThese results substantiate the common features of varicoceletestes, relating to oxidative membrane damages and defectiveETF- ECM-reabsorption.The immunostain patterns denote an AQP-1 overexpressionin endothelial cells, together with unexpectedly positive reactionsof Sertoli and germ cells. Such findings,that are lackingin the controls, suggesting a critical AQP-1 expression in varicoceletestes, to start a rapid pathway for water reabsorption,in both tubular and extratubular compartments.References1Zini A, et al. Fertil Steril 2000; 74: 461-464.2Badran HH, et al. J Androl 2002; 23: 358-373.


392COMUNICAZIONI LIBEREAromatase expression in human testicularseminomaF. Romeo * , V. Rago ** , G. Capocasale * , S. Andò *** , A. Carpino***Pathologic Anatomy Unit, Annunziata Hospital, Cosenza; **Cell Biology and Pharmaco-Biology Departments; *** Facultyof Pharmacy, University of CalabriaIntroductionCytocrome P450arom is a terminal enzyme catalysing theconversion of androgens into estrogens. Its expression hasbeen reported in different human tissues, including testes. Inaddition, aromatase has been investigated in human neoplastictissues for the estrogen ability to regulate the cell growth.In fact, P450arom overexpression has been detected in somebreast, endometrial and ovarian malignancies. Conversely,the enzyme expression in testicular tumors is scarcelyknown. This study has been addressed to immunolocalizearomatase in human testicular seminoma.Materials and methodsThe tumour-bearing testes were obtained, after informed consent,from 7 patients (aged from 30 to 50) with classic seminoma,undergoing to therapeutic orchidectomy. Paraffin-embeddedtestes were processed for immunohistochemistry usinga rabbit polyclonal antibody generated against humanplacental cytochrome P450arom. Then, biotinylated goatanti-rabbitIgG was applied followed by avidin-biotin-peroxidasecomplex. The peroxidase reaction was developed withdiaminobenzidine. Furthermore, hematoxylin-eosin stainingwas used for morphological analysis.ResultsP450arom immunoreactivity in the cells was detected as cytoplasmicstaining. All the samples showed similar immunostainingpatterns: i) In tumoral region, the cords of neoplasticcells showed a strong immunoreactivity, while thesurrounding abundant lymphocytes and connective cellswere immunonegative ii) In the region near the tumor margin,Leydig cells were strongly immunoreactive and an intensestaining was also observed in the big neoplastic cells ofthe modified tubules, identified as intratubular seminoma iii)In the region far from the tumor, Leydig cells were immunopositiveand no staining was observed in the tubuleswith seminiferous epithelium showing all the spermatogeneticstages. Conversely, those tubules with spermatogenetic arrest,showed a clear immunostaining in the basal cells.ConclusionsThe present study has demonstrated, for the first time, aromataseexpression in neoplastic cells of human seminoma. Infact, still now, aromatase presence in human testis tumors hasbeen reported only in stromal cells of non-seminoma tumorsand in sex cord tumor of young patients with the Peutz-Jeghers syndrome. Furthermore, testicular parenchyma, adjacentto the tumor, showed a differential aromatase expressionaccording to the tubular dysmorphy. This suggests a possiblerelationship between tumor progression and intratubular localizationof the enzyme. In fact, estrogens deriving from the“in situ” aromatization could act as autocrin mytogen factorspromoting neoplastic process.Bibliografia1Cairns P et al. Cancer Res 1994;54:1422-1424.2Gonzalgo ML et al. Cancer Res 1998;58:1245-1252.


PATHOLOGICA 2004;96:393-397MiscellaneaConfronto tra diagnosi clinica e riscontrodiagnostico nell’identificazione delle cause dimorteV. Arena * , B. Federico **, V.G. Vellone * , F. De Giorgio *** ,G. Capelli ** , A. Capelli **Istituto di Anatomia Patologica, Università Cattolica delSacro Cuore, Roma; ** Cattedra di Igiene, Università di Cassino;*** Istituto di Medicina Legale, Università Cattolica delSacro Cuore, RomaIntroduzioneL’accuratezza della certificazione di morte, base informativaper l’elaborazione delle statistiche di mortalità e per l’attribuzionedei DRG, è talora problematica in quanto la frequenzadelle patologie cardio-respiratorie è sovrastimata,mentre altre condizioni morbose sono spesso misconosciute.Il riscontro diagnostico (RD) rappresenta il “gold standard”attraverso cui giudicare la validità della presunzione clinicadel decesso. Il presente studio si è posto l’obiettivo di misurarela sensibilità delle fasi di identificazione della causa deldecesso, la presunzione clinica (PC) e l’esame autoptico macroscopico(EM), considerando quale gold standard l’esameistologico (EI).MetodiIl campione è costituito da 66 RD eseguiti nell’Istituto diAnatomia Patologia della Facoltà di Medicina e Chirurgia delPoliclinico A. Gemelli (Roma) nel periodo gennaio-giugno2004. Per ogni soggetto, sono state determinate la causa iniziale,quella intermedia e quella terminale del decesso, insiemead altri stati morbosi rilevanti sulla base della sola PC,dell’EM, e dell’EI. La sensibilità della diagnosi è stata ottenutacalcolando la proporzione delle cause iniziali di morteche concordavano con la diagnosi della causa iniziale riportatadopo l’EI. Per la classificazione delle cause di morte èstata utilizzata la 10 a revisione della Classificazione Internazionaledelle malattie e dei problemi collegati alla salute(ICD-10), verificando la concordanza sia del settore nosologicoche del codice.RisultatiLa sensibilità della diagnosi di causa iniziale di morte è statapari al 15% per la PC e pari al 67% per l’EM. Considerandoil settore nosologico, tali valori sono risultati 59% e 85% rispettivamente.L’EM mostra una sensibilità superiore a quelladella PC, particolarmente per riscontri di neonati e bambini(15% vs. 85%) e per le morti cardiache (0% vs. 80%). Lasensibilità dell’EM è risultata inferiore per le morti da altrepatologie (neoplastiche, infettive ed ematologiche) rispettoalle morti cardiache.ConclusioniIn contrasto con il declino del RD negli ultimi decenni questirisultati rafforzano la sua validità nella determinazionedella causa di morte. Se per le morti cardiache ed in età pediatrical’EM modifica sensibilmente i dati della PC, l’EI restacomunque imprescindibile per l’affinamento diagnostico,particolarmente nei decessi per neoplasie, malattie infettiveed ematologiche.Descrizione di un caso di morte improvvisada vasculite coronaricaV. Arena * , A. Angelone ** , E. Stigliano * , F. De Giorgio *** ,J. Pizzicannella ** , A. Capelli **Istituto di Anatomia Patologica, Università Cattolica delSacro Cuore, Roma; ** U.O. di Anatomia Patologica, OspedaleCivile dello Spirito Santo, Pescara; *** Istituto di MedicinaLegale, Università Cattolica del Sacro Cuore, RomaIntroduzionePer morte improvvisa (MI) si intende un decesso per causenaturali che si verifica entro breve tempo dalla comparsa deisintomi, in un soggetto apparentemente sano o il cui stato dimalattia non faceva presagire un esito così repentino. L’eventopuò manifestarsi in soggetti in apparente stato di benessere,senza storia clinica di patologie a rischio oppure, edè la stragrande maggioranza dei casi, in pazienti affetti da patologiea rischio, ma al momento ben compensati. La MI conseguead un arresto cardio-circolatorio che può essere secondarioa causa cerebrale o respiratoria oppure dipendere primariamentedall’apparato cardio-circolatorio.MaterialiSi tratta di un uomo di 31 anni giunto cadavere in pronto soccorso.Dall’anamnesi raccolta si apprende che negli ultimigiorni prima del decesso, a seguito di un intervento di implantologiadentaria aveva avuto una febbricola. All’esamedel cuore si apprezzava una cardiodilatazione totale in organocomplessivamente aumentato di volume e di peso (gr410). Il miocardio al taglio mostrava un colorito pallido. Lecoronarie apparivano macroscopicamente indenni, si evidenziavasolo una particolare salienza rispetto al grasso subepicardico.Non veniva segnalato nulla di rilevante a carico deglialtri organi.RisultatiLo studio istologico ha documentato elementi patologici soloa livello del tessuto miocardico dove si è potuto apprezzareun ricco infiltrato linfomonocitario disposto attorno e nellospessore delle coronarie nel loro decorso subepicardico edintramiocardico. I miocardiociti presentavano fenomeni di rigonfiamentoidropico, scomparsa delle striature e focalmenteaspetti ondulati prospettando l’ipotesi di sofferenze ischemicheplurifocali.ConclusioniL’età del paziente, l’assenza di manifestazioni aterosclerotichea livello delle coronarie e degli altri organi, l’assenza difattori di rischio per aterosclerosi, quali diabete, ipertensione,ecc. e la presenza di infiltrazione infiammatoria a carattereprevalentemente linfomonocitario a livello delle coronariesia a livello subepicardico che intramiocardico, associato aisegni di sofferenza ischemica plurifocale ma corrispondentealle aree con patologia vascolare, indica la coronarite qualecausa di morte del paziente. Il coinvolgimento coronarico incorso di vasculiti sistemiche è ben descritto sia in corso dipoliarterite nodosa che in altre forme come l’arterite diTakayasu. Più rare sono invece le segnalazioni di casi isolatinon inseriti in una patologia sistemica come nel nostro caso.


394COMUNICAZIONI LIBERECardiomiopatia ipertrofica ostruttiva: criterianatomopatologici in assenza di analisigenica. Descrizione di un casoD. De Mercurio * , F. De Giorgio * , M. Masullo * , J. Pizzicannella** , E. Stigliano *** , V. Arena *** , A. Capelli ****Istituto di Medicina Legale, Università Cattolica del SacroCuore, Roma; *** Istituto di Anatomia Patologica? UniversitàCattolica del Sacro Cuore, Roma; ** U.O. Anatomia Patologica?Ospedale Civile dello Spirito Santo, PescaraIntroduzioneLa cardiomiopatia ipertrofica ostruttiva (CMIO) è, in molticasi una malattia genetica a trasmissione autosomica dominante(1/1500) ad espressione variabile. Nel 50% dei casiperò ha insorgenza sporadica sottintendendo una trasmissioneautosomica recessiva con ridotta penetranza o l’insorgenzadi mutazioni de novo. L’eterogeneità dei difetti geneticisottostanti fa sì che le caratteristiche clinico-morfologichevarino da paziente a paziente. Spesso al patologo capita di risponderesulla causa del decesso in casi di morte improvvisae di esaminare cuori che morfologicamente richiamano laCMIO pur non potendo affinare la diagnosi con analisi genetiche.Descriviamo di seguito un caso di morte improvvisa incui la diagnosi posta, basata solo su criteri macro e microscopiciè stata di CMIO.MetodiSi tratta di un uomo nigeriano di 40 anni trovato morto in casain cui la tanatocronodiagnosi ha fatto risalire l’ora del decessoa non più di 6 ore. All’esame macroscopico il repertocardiaco mostrava una massiva ipertrofia miocardica (spessoreparete >30 mm) senza dilatazione. L’ipertrofia interessavain particolar modo il setto interventricolare con ispessimentonella regione subaortica; l’endocardio parietale eradiffusamente ispessito specie a livello del cono di efflussoventricolare sinistro e il lembo anteriore della valvola mitraleappariva aumentato di spessore e deformato a causa dellasalienza del setto; l’apparato tendineo appariva anch’essoispessito. Indenni gli altri organi.RisultatiL’esame tossicologico è risultato negativo sui campioni diurina, bile e sangue. L’esame istologico del cuore ha mostratouna diffusa ipertrofia con vacuolizzazione miocardiocitaria,focale disarrangiamento strutturale e fibrosi interstiziale.I vasi intramiocardici presentavano un modico ispessimentodella parete a livello arterioso e dilatazione delle venule.L’endocardio era diffusamente fibrotico.ConclusioniLa mortalità per CMIO è inferiore all’1% annuo, ma alcunisottogruppi di pazienti sono a rischio di morte improvvisaprimariamente dovuta ad aritmie ventricolari. Nel caso da noipresentato l’accurato esame macroscopico, corredato dal rilievoistologico anche in assenza di analisi genetica, ha consentitodi individuare nella CMIO la verosimile causa di mortecon l’evidenza di vari fattori di rischio 1 per la morte improvvisa(parete ventricolare maggiore di 30 mm, setto interventricolareispessito a livello subaortico, e alterazioni dellembo anteriore della mitrale).Bibliografia1Nishimura RA, et al. N Engl J Med 2004;350:1320-1327.Multipotent Adult Progenitor Cells Reside inAtria and Ventricle of Human HeartsA.P. Beltrami * , D. Cesselli * , D. Damiani ** , F. D’Aurizio * ,L. Mariuzzi * , *N. Finato * , U. Baccarani *** , M. Bottecchia* , U. Livi **** , R. Fanin ** , C.A. Beltrami **Department of Medical and Morphological Research, Instituteof Pathology, University of Udine, Italy; ** Departmentof Medical and Morphological Research, Division of Hematology,University of Udine, Italy; *** Department of Surgeryand Transplantation Unit, University of Udine, Italy; **** Departmentof Cardiosurgery, Azienda Ospedaliera S. Mariadella Misericordia, Udine, ItalyIntroductionCardiac physiology, pathology and therapy are going to beradically changed once it will be demonstrated that humanheart is a self renewing organ. Although a cardiac residentmultipotent progenitor cell population have already beenshown in murine models, such evidence is up to now missingin human hearts.Aimsa. To identify whether adult human heart contains a residentnon blood borne multipotent cardiac progenitor cell population;b. to further characterize the in vitro behaviour of cardiacprogenitor cells;c. to compare them with similar populations obtained fromother organs.Methods and resultsSmall cells (


MISCELLANEA395man tissues, other than the heart, could become a more accessiblestem cell source to employ in cardiac regenerativemedicine.L’espressione immunoistochimica di UbcH10in tessuti normali e neoplasticiI. Migliaccio * , A. Caleo * , A. Iaccarino * , M. Russo * , C.Frangella * , L. Sanchez-Verde *** , M. Barbareschi **** , P.Pallante ** , M.T. Berlingieri ** , A. Fusco ** , L. Palombini * ,G. Troncone **Dipartimento di Scienze Biomorfologiche e Funzionali,Università di Napoli “Federico II”; ** Dipartimento di Biologiae Patologia Cellulare e Molecolare c/o Istituto di Endocrinologiaed Oncologia Sperimentale del CNR, Universitàdi Napoli “Federico II”; *** Programa de Patologia Molecular,Centro Nacional de Investigaciones Oncologicas,Madrid, Spain; **** Dipartimento di Anatomia Patologica,Ospedale di Santa Chiara, TrentoIntroduzioneLa proliferazione cellulare è regolata dalla sintesi e dalla rapidadegradazione delle cicline mitotiche. Il sistema di degradazioneubiquitino-dipendente è un meccanismo complessoche consente alla cellula di degradare con elevata specificitànumerose proteine, tra cui le cicline. A tal fine, sono necessarietre distinte attività enzimatiche: E 1(attivante), E 2(coniugante) ed E 3(ligasi). La specificità del sistema è assicuratadall’esistenza di svariate molecole E 2ed E 3,che interagendoriconoscono specifici substrati. UbcH10 è l’attivitàenzimatica E 2, che in coppia con APC-E 3innesca la degradazionedella ciclina mitotica B. Tale degradazione consente allacellula di completare la mitosi, di intraprendere una nuovadivisione e di incrementare il ritmo della proliferazione tessutale1 . UbcH10 è espresso intensamente da numerose lineecellulari neoplastiche, ma la sua distribuzione in vivo nei tessutinormali e neoplastici è stata studiata solo in pochi casi 2 .MetodiL’espressione immunoistochimica di UbcH10 è stata valutatain tissue-micro-arrays (TMA) di tessuti normali e di tumoritiroidei, ovarici, mammari e linfomi.RisultatiNei tessuti normali UbcH10 è risultato essere espresso solodai compartimenti con attiva proliferazione (strato parabasalesquamoso, centri germinativi). Nei tessuti neoplastici UbcH10è preferenzialmente espresso dai carcinomi meno differenziatie maggiormente proliferanti e dai linfomi di alto grado.Il segnale è particolarmente intenso nelle cellule mitotiche,mentre le cellule stromali, endoteliali ed infiammatorienon esprimono UbcH10. Vi è una correlazione positiva e significativatra la colorazione per UbcH10 e l’espressione diMIB-1 (p < 0,001).ConclusioniIl pattern immunoistochimico di UbcH10 riflette la stretta associazionetra l’espressione di questa proteina e la proliferazionecellulare. Esperimenti attualmente in corso, volti a definireil rapporto tra l’espressione di UbcH10 e la sua molecolatarget, la Ciclina B, potranno meglio chiarire il ruolo diquesta proteina nella trasformazione neoplastica.Analisi immunofenotipica dello stromaperitumorale: comparazione dell’espressionedei fibrociti CD34+ e miofibroblasti AML+L. Baron, M. Postiglione, E. Celotto, A. Cesarano, P. Beltotti,F. QuartoU.O. di Anatomia ed Istologia Patologica e Citopatologia,P.O. “S. Leonardo”, ASL NA5, Castellammare di Stabia (NA)IntroduzioneLo stroma non svolge solo un ruolo passivo nello sviluppo ediffusione tumorale, ma interviene attivamente nella cancerogenesi,fino all’invasione e alle metastasi. I fibroblasti nonsolo partecipano alla degradazione della matrice extracellulare,con l’attivazione di sistemi proteolitici (collagenasi I e IV,stromalisina 1 e 3, uPA, ecc.), ma interagiscono con le celluleneoplastiche nei meccanismi di migrazione e proliferazionecellulare. Un momento trasformativo importante è rappresentatodalla riduzione dello stroma fibroblastico, CD34+(cell. interstiziali dendritiche), a favore di uno miofibroblastico,con capacità di sintesi di actina muscolo liscio specifica(AML); differenziazione dovuta all’esposizione dei fibrocitiCD34+ al TGF-β, citochina prodotta dalle cellule tumorali.ScopiPer valutare se tale trasformazione sia tessuto dipendente abbiamotestato l’espressione IHC del CD34 (+ nei fibrociti) eAML (+ nei miofibroblasti).MetodiAbbiamo esaminato il comportamento dello stroma perilesionalein neoformazioni benigne, borderline e carcinomi (K)di diverse sedi: 40 mammarie (20 benigne, 6 K in situ, 14 Kinfiltranti), 20 della cervice uterina (8 benigne, 6 CIS, 6 K infiltranti),16 della vescica (4 benigne, 2 K piatti in situ, 10 Kinfiltranti), 20 lesioni cutanee (10 benigne, 6 K epidermoidi,4 melanomi) e 22 del colon (12 adenomi, 10 K).RisultatiIl comportamento dello stroma è risultato differente a secondadel tipo di tessuto e dello stadio della neoplasia. Nelle lesionibenigne della mammella e della cervice lo stroma presentavafibrociti CD34+ nella zona subepiteliale ed in corrispondenzadei vasi, mentre non erano presenti miofibroblastiAML+. Nelle lesioni in situ il comportamento dello stromaera analogo sebbene il numero di fibrociti CD34+ tendeva aridursi (nella mammella e nella portio). Le lesioni invasivemostravano una progressiva perdita di espressione di CD34in prossimità del fronte di invasione tumorale con aumentodella presenza di miofibroblasti AML+. Tale comportamentonon era lineare nelle lesioni cutanee, del colon e della vescica.ConclusioniPoiché i fibrociti CD34+ possono mediare specifiche reazioniimmunologiche, presentazione dell’antigene e attivazionedei linfociti T, la loro riduzione o scomparsa rende capaci lecellule tumorali di sfuggire all’immunosorveglianza dell’ospite.Quindi la loro perdita a favore dei fibroblasti AML+può essere un valido marker dei cambiamenti stromali associatia taluni tumori invasivi.Bibliografia1Ciechanover A, et al. Annu Rev Biochem 1998;67:425-79.2Okamoto Y, et al. Cancer Res 2003; 63(14):4167-73.


396COMUNICAZIONI LIBEREAnalysis of genomic low copy number DNAfrom cells harvested by laser-microdissectionG. Giuffrè, L. Saravo * , D. Di Martino * , N. Staiti * , A. Simone,P. Todaro, G. TuccariDepartment of Human Pathology, University of Messina; *Laboratory of Molecular Biology, Raggruppamento CarabinieriInvestigazioni Scientifiche, MessinaIntroductionTissue microdissection techniques, allowing a correlation betweenthe topologic organization of the cells and the molecularanalysis of nucleic acid extracted, represent a key techniquein molecular pathology. In fact, the presence of a widespectrum of cell types in tissue samples may complicate theanalysis of a particular cellular population. Laser-assistedmicrodissection is an advanced procedure to cut small tissuefragments as well as single cells by an ultraviolet laser beamin order to select a specific cell population of interest from aheterogeneous sample, under direct microscopic visualization.In the present report we evaluate the sensitivity of thismethod in order to perform genomic analysis from low copynumber DNA.MethodsLaser-microdissection was performed using a Leica ASLMD system (Leica Microsystems, Germany) on smears ofaploid (spermatozoa) and diploid (cervical) cells, on sectionsof tissues routinely formalin-fixed and paraffin-embedded,on cryostatic sections obtained at surgery and postfixedwith cold acetone or methanol. The samples werestained with specific procedures (Haematoxilin-Eosin,Methylene blue, Papanicolau, Picroindigocarmine-Nuclearfast red). For each sample, an increasing number of cellsfrom 1 to 100 was harvested in different PCR tubes. DNAextraction was performed by Chelex 100 (Biorad), QI-Amp DNA Micro Kit (Qiagen) and DNA IQ System(Promega Corp.). The DNA extracted from each samplewas amplified to identify a specific genetic profile by themost common microsatellite loci (BAT25, BAT26, BAT40,D2S123, D5S346, D17S250) as well as multiple Short TandemRepeat (STR) typing (AmpFLSTR Identifiler, PEBiosystems) of forensic interest. PCR products were separatedby capillary electrophoresis with 3100 AB Prism GeneticAnalyzer; and analyzed by the Genescan and GenotyperSoftwares v 3.7.ResultsWe have obtained sufficient DNA for amplification and STRtyping starting from 10 aploid cells while amplification formicrosatellite loci was achieved with 5 diploid cells obtainedfrom routinely processed tissue samples. Moreover, not doall the staining procedures seem to be equally respectful towardsintegrity of the extracted DNA.ConclusionsThe documented possibility to perform a genomic analysis oflow copy number DNA from few cells harvested by laser microdissectionrepresent a valid aid in order to solve diagnosticand forensic problems in medical practice.Valutazione dei recettori deimineralcorticoidi in spermatozoi umanimediante citofluorimetria eradioreceptorassayC. Fiore * , D. Sticchi, S. Masiero * , G.P. Rossi ** , I. Karbowiak,G. Bonanni, D. Armanini, S. Forzan***, A. Fassina***Dipartimento di Scienze Mediche e Chirurgiche, Endocrinologia;* Dipartimento di Medicina Clinica e Sperimentale,Clinica Medica 4; *** Dipartimento di Scienze Oncologiche eChirurgiche, Sezione di Anatomia Patologica, Università diPadova; ** Laboratorio di Analisi, Ospedale Piove di Sacco,PadovaIntroduzioneL’aldosterone (A) è stato considerato recentemente uno deiprincipali promotori dello stress ossidativo. L’A agisce legandosial suo recettore localizzato non solo a livello dei tessutibersaglio, ma anche in altri sedi non considerate target di A.Lo stress ossidativo sugli spermatozoi sembra agire a vari livellicon compromissione di motilità e fertilità, anche se nonè stata ancora evidenziata una possibile correlazione con A.Scopo dello studio è evidenziare la presenza di recettori deimineralcorticoidi (MR) in spermatozoi umani e valutare lapossibile azione di A in tali cellule.MetodiAbbiamo analizzato campioni di liquido seminale provenientida sei soggetti volontari, sani (25-35 anni). Gli spermatozoisono stati isolati mediante centrifugazione su gradientediscontinuo di Percoll. Per l’analisi citofluorimetrica di MRabbiamo utilizzato un anticorpo specifico policlonale anti-recettoreA (MINREC4). Una parte degli spermatozi è statapre-trattata con metanolo, per permeabilizzarne la membrana.Per gli esperimenti di radioreceptor assay abbiamo isolatogli spermatozoi e li abbiamo incubati con A marcato a dosidecrescenti, da solo o con aggiunta di un eccesso di A freddo.In tutti i campioni è stato aggiunto un glucocorticoide puroper escludere il legame di A al recettore dei glucocorticoidi.I risultati sono stati espressi mediante analisi Scatchard.Un’aliquota di sperma è stata fissata con formalina 10% perl’immunoistochimica (ICC).RisultatiIn citofluorimetria abbiamo rilevato che gli spermatozoi nontrattati con metanolo mostravano solo una debole fluorescenza(27%), mentre gli spermatozoi pre-trattati con metanolodavano una fluorescenza di alta intensità nel 98% degli spermatozoiincubati con anticorpo primario e secondario. I risultatidimostrano, dunque, che lo spermatozoo possiede i recettoridei mineralcorticoidi e che essi sono intracellulari.Dagli esperimenti di radioreceptorassay risulta che il valoremedio di MR per singolo spermatozoo è di 250+105 recettoriper cellula e l’affinità 2,1 ± 0,4 nmol/L. L’analisi ICC haconfermato la presenza di recettori MR.ConclusioniMR sono presenti negli spermatozoi umani normali e la lorodeterminazione risulta agevole e ripetibile con le tecniche dianalisi radiorecettoriale, citofluorimetrica e ICC. Nei prossimistudi valuteremo l’effetto dell’aldosterone in vitro sullaespressione proteica di geni coinvolti nello stress ossidativo,in particolare il p22 phox ed il PAI-1 e la confronteremo con levarie situazioni patologiche che possono interessare il testicolo.


MISCELLANEA397Melanocitoma necrotico della coroide inetà infantileL. Ventura * , M.A. Blasi ** , A.C. Tiberti ** , V. Silvagni ** , T.Ventura * , E. Balestrazzi ***U.O. di Anatomia Patologica, Azienda USL L’Aquila; ** ClinicaOculistica, Università de L’AquilaIntroduzioneIl melanocitoma (nevo magnocellulare) è un raro tumore benignoche predilige il disco ottico ma può manifestarsi inqualunque regione uveale 1 2 . Tipicamente diagnosticato nellaquarta decade di vita, è estremamente raro in età infantile 1 .Presentiamo un caso di melanocitoma della coroide con necrosisubtotale, in una bambina di 4 anni.Caso clinicoLa paziente, di carnagione ed occhi chiari, lamentava la comparsadi esotropia e cecità sinistre in assenza di dolore da circatre mesi. L’acuità visiva era 20/30 a destra, con assenza dipercezione a sinistra. L’occhio sinistro mostrava rubeosi iridea,appiattimento della camera anteriore ed opacità subcapsulariposteriori del cristallino. Un’ampia lesione pigmentataoccupava la camera posteriore, giungendo a contatto delcristallino ed impedendo l’esame del fondo oculare. La pressioneintraoculare era di 12 mmHg a destra e 48 a sinistra. Letecniche di imaging (ecografia, RMN) evidenziavano neoformazionecilio-coroidea di mm 17,2 x 18,4 x 15,7 in assenzadi estensione extraoculare. L’improvvisa insorgenza di dolore,marcata proptosi e chiusura totale dell’angolo imponeval’enucleazione.Il globo oculare, fissato in formalina tamponata neutra al10%, misurava mm 21 x 22 x 21. In sezione era presenteneoformazione nerastra del versante coroideo temporale, dimm 14 x 13 x 12, che all’esame istologico risultava intensamentepigmentata. Dopo decolorazione con permanganatoossalatola neoplasia appariva estesamente necrotica, con vasistromali prominenti e numerosi melanofagi. In periferiadella lesione erano presenti rare cellule epitelioidi con nucleocentrale, senza nucleoli e mitosi. Tali reperti e l’assenza dicoinvolgimento dei canali sclerali e del nervo ottico autorizzavanola diagnosi di melanocitoma. Erano inoltre presentiemovitreo e fibroma intrasclerale. Un anno dopo l’interventola paziente è in buona salute, senza evidenza di malattia localeo sistemica.ConclusioniLa diagnosi clinica di melanocitoma è possibile per lesionidel disco ottico, ma risulta difficile in caso di localizzazionidiverse 1 . Nel caso in esame la crescita massiva ed i caratteristrumentali della lesione deponevano per la malignità, esclusasoltanto dall’esame istologico. I meccanismi patogeneticidella necrosi nei melanocitomi restano oscuri, sebbene siastato ipotizzato che l’elevata richiesta metabolica per la produzionedi melanina possa causare alterazioni circolatorie econdurre alla necrosi 2 .Bibliografia1Lehman LJ, et al. J Pediatr Ophthalmol Strabismus 1997;34:40-43.2Teichmann KD, et al. Surv Ophthalmol 1995;40:136-144.Tumore cistico mucinoso retroperitoneale:descrizione di un casoM. Guerriero * , M. De Ninno ** , A. Capelli * , A. Carbone ***Istituto di Anatomia Patologica, Roma; ** Centro di Ricercae Formazione ad Alta Tecnologia nelle Scienze Biomediche,Campobasso, Facoltà di Medicina “A. Gemelli”, UniversitàCattolica del Sacro CuoreLe cisti mucinose retroperitoneali primitive sono estremamenterare. La loro istogenesi rimane oscura. Riportiamo ilcaso di una donna di 53 anni con lesione cistica retroperitonealeadesa alla vena renale sinistra.MacroscopicaCisti uniloculare di 11 cm a parete biancastra, sottile e liscia,contenuto mucinoso denso, giallo-marroncino; sul versanteinterno presenti numerose calcificazioni brunastre “a gusciod’uovo”.MicroscopicaLa parete della cisti appariva bordata da cellule ad ampio citoplasmaeosinofilo pluristratificate positive per vimentina ecalretinina. Ampie porzioni erano rivestite da epitelio cuboidaleo cilindrico muciparo positivo per citocheratina 7 e negativoper citocheratina 20. La parete dalla cisti apparivastrutturata con presenza di stroma denso e fasci muscolari lisciactina positivi (HHF35), ER negativi e PR positivi. Eranopresenti piccoli aggregati linfocitari parietali. Non erano presentiatipie cellulari.Dal 1971 ad oggi, sporadici casi di cistoadenocarcinoma mucinosoretroperitoneale primitivo e solo 10 casi di cistoadenomamucinoso primitivo retroperitoneale sono stati descritti,tutti nel sesso femminile. Alcuni hanno proposto che le cistiretroperitoneali siano espressione di residui mulleriani extragenitali o di lesione peritoneale mesoteliale cistica conmetaplasia mucinosa. Altri hanno ipotizzato un’origine datessuto ovarico sovrannumerario o eterotopico, o da un teratoma(neoplasia germinale retroperiotoneale) in cui l’epiteliomucinoso di rivestimento sia l’unico superstite rispetto a tuttele altre componenti cellulari (vedere la revisione della letteraturanei riferimenti citati). Nel nostro caso, le cellule dellacisti erano in parte di tipo mesoteliale (calretinina+) e inparte producenti mucina con immunofenotipo di tipo ovarico(CK7+). La parete, inoltre, presentava caratteri in parte similia quelli dello stroma ovarico (PR+) o caratteri che potrebberoessere interpretati anche come metaplasia muscolare lisciadello strato sottomesoteliale, con parziale ormonodipendenzadel tessuto muscolare metaplastico. L’ipotesi diagnosticapiù verosimile è quella di cisti retroperitoneale mesotelialecon metaplasia mucinosa mulleriana e metaplasia muscolareliscia sub mesoteliale di accom<strong>pag</strong>namento, conaspetto complessivo di cistoadenoma mucinoso.Bibliografia1Smith VC, et al. Arch Path Lab Med 2000;124:766-769.2Isse K, et al. Pathology International 2004;54:132-138.


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