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GISNe - Anatomia, Farmacologia e Medicina Legale

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GRUPPO ITALIANO DI<br />

SCIENZE NEUROENDOCRINE<br />

(<strong>GISNe</strong>)<br />

Comitato organizzatore locale<br />

Roberto Cosimo Melcangi<br />

Giancarlo Panzica<br />

1° RIUNIONE SCIENTIFICA<br />

22 FEBBRAIO 2007<br />

Dipartimento di <strong>Anatomia</strong>, <strong>Farmacologia</strong> e <strong>Medicina</strong> legale,<br />

corso M. D'Azeglio 52 TORINO<br />

PROGRAMMA E RIASSUNTI DELLE<br />

COMUNICAZIONI


9.45-11.00<br />

PRESENTAZIONE DEL <strong>GISNe</strong> ed<br />

CONVEGNO<br />

APERTURA DEL<br />

11.00-11.20<br />

NEUROENDOCRINOLOGIA DELLA RIPRODUZIONE<br />

ELENA DOZIO (MILANO<br />

IL LEUKEMIA INHIBITORY FACTOR INDUCE LA CHEMOMIGRAZIONE DI<br />

NEURONI IMMORTALIZZATI GnRH-SECERNENTI ATTRAVERSO<br />

L'ATTIVAZIONE INDIPENDENTE DELLE VIE DI SEGNALE JAK/STAT3,<br />

MAPK/ERK1/2 AND PI3-K/AKT. (A01)<br />

MARIA FOSCA FRANZONI (TORINO)<br />

ENDOCANNABINOIDI E ATTIVITÀ' RIPRODUTTIVA IN PESCI E ANFIBI. (A02)<br />

11.20-12.50<br />

ORMONI TIROIDEI E STEROIDEI<br />

ALBERTO VERROTTI (CHIETI)<br />

ORMONI TIROIDEI NEI PAZIENTI EPILETTICI TRATTATI CON<br />

CARBAMAZEPINA ED ACIDO VALPROICO. (A03)<br />

MERCEDES FERNANDEZ (BOLOGNA)<br />

CELLULE STAMINALI E ORMONE TIROIDEO. (A04)


GIULIA D'INTINO (BOLOGNA)<br />

UTILIZZO DI TRIIODOTIRONINA (T3) PER FAVORIRE LA<br />

RIMIELINIZZAZIONE NEL MODELLO DI SCLEROSI MULTIPLA IN PRIMATE<br />

(MARMOSET CALLITHRIX JACCHUS). (A05)<br />

PATRIZIA MUZZI (TORINO)<br />

GLI ORMONI TIROIDEI MATERNI SONO ATTIVI NELLA TRASCRIZIONE<br />

DURANTE LO SVILUPPO EMBRIONALE: RISULTATI SU UN MODELLO DI<br />

TOPO TRANSGENICO. (A06)<br />

GIOVANNA DANZA (FIRENZE)<br />

SELADIN-1/DHCR24 NEL SISTEMA NERVOSO CENTRALE: EFFETTI<br />

NEUROPROTETTIVI E REGOLAZIONE ORMONALE. (A07)<br />

SARA MARIA BONOMO (MILANO)<br />

IL PERIODO PERIMENOPAUSALE: UN POSSIBILE FATTORE DI RISCHIO PER<br />

LO SVILUPPO DI PATOLOGIE NEURODEGENERATIVE. (A08)<br />

ROBERTA GIORDANO (TORINO)<br />

NUOVI ASPETTI DI REGOLAZIONE DELL'ASSE IPOTALAMO-IPOFISI-<br />

SURRENE (HPA) NELL'UOMO: RUOLO DEI RECETTORI PER I<br />

MINERALCORTICOIDI. (A09)<br />

MARIA CRISTINA MOSTALLINO (CAGLIARI)<br />

MODIFICAZIONI DELL'ESPRESSIONE GENICA DEL RECETTORE GABA-A IN<br />

CELLULE IPPOCAMPALI IN COLTURA INDOTTE DAL PROGESTERONE. (A10)<br />

ILARIA ROGLIO (MILANO)<br />

STEROIDI NEUROATTIVI E NEUROPATIA PERIFERICA. (A11)


14.00-17.30<br />

ASPETTI COMPORTAMENTALI E MECCANISMI<br />

NEUROENDOCRINI<br />

LEONIDA FUSANI (SIENA)<br />

RUOLO DEGLI ESTROGENI OVARICI ED EXTRAGONADICI NEI PROCESSI DI<br />

MEMORIA SPAZIALE. (A12)<br />

SIMONE MACRÌ (ROMA)<br />

LIVELLI AUMENTATI DI CORTICOSTERONE MATERNO RIDUCONO LA<br />

VARIABILITÀ INTERINDIVIDUALE IN PARAMETRI ENDOCRINI,<br />

COMPORTAMENTALI E IMMUNITARI NELLA PROLE ADULTA DEL TOPO.<br />

(A13)<br />

FRANCESCA CIRULLI (ROMA)<br />

RUOLO DELLE NEUROTROFINE NELLE REGOLAZIONI NEUROENDOCRINE E<br />

NELLA VULNERABILITÀ ALLO STRESS: MODELLI ANIMALI. (A14)<br />

ELENA MURA (TORINO)<br />

EFFETTI DEGLI XENOESTROGENI SUL DIFFERENZIAMENTO DEL<br />

COMPORTAMENTO E DEI RELATIVI CIRCUITI NERVOSI. (A15)<br />

ALESSANDRA COLCIAGO (MILANO)<br />

GENI BERSAGLIO DEI BIFENILIPOLICLORURATI: INFLUENZE<br />

DELL'INQUINAMENTO AMBIENTALE SULLA DIFFERENZIAZIONE<br />

CEREBRALE. (A16)<br />

PAOLA SACERDOTE (MILANO)<br />

INTERAZIONI NEUROENDOCRINO-IMMUNOLOGICHE NELLO STRESS<br />

CHIRURGICO. (A17)


MARCO LUPPI (BOLOGNA)<br />

STUDIO DELLA SECREZIONE DI ARG-VASOPRESSINA INDOTTA PER<br />

INFUSIONE INTRACEREBROVENTRICOLARE DI SOLUZIONI IPERTONICHE<br />

DURANTE LE FASI DEL CICLO VEGLIA-SONNO NEL RATTO. (A18)<br />

ANDREA SGOIFO (PARMA)<br />

LO STRESS SOCIALE: DIFFERENZE INDIVIDUALI NELLA REATTIVITA'<br />

SIMPATO-ADRENERGICA E NEUREOVEGETATIVA CARDIACA. (A19)<br />

GIUSEPPINA PISU (CAGLIARI)<br />

L'ISOLAMENTO SOCIALE ALTERA LA PLASTICITÀ E LA FUNZIONE DEL<br />

RECETTORE GABA-A. (A20)<br />

ALESSANDRO BARTOLOMUCCI (PARMA)<br />

REGOLAZIONE NEUROENDOCRINA ED AMBIENTALE DI PATOLOGIE<br />

METABOLICHE E COMPORTAMENTALI. (A21)<br />

RITA BERARDELLI (TORINO)<br />

ASPETTI NEUROENDOCRINI NELL'ANORESSIA NERVOSA. (A22)<br />

ANDREA MARCANTONI (TORINO)<br />

ACCOPPIAMENTO CANALI DEL CALCIO-SECREZIONE IN CELLULE<br />

CROMAFFINI SURRENALI ISOLATE. (A23)<br />

GLORIA BIGI (MILANO)<br />

LA COMPARSA PRECOCE DELLA TOLLERANZA ALL'EFFETTO<br />

IPOFAGIZZANTE DELL'ANTAGONISTA DEL RECETTORE DEI<br />

CANNABINOIDI SR141716 NON ANNULLA IL BLOCCO DELL'EFFETTO<br />

ORESSIGENICO DI HEXARELINA, UN AGONISTA DEL RECETTORE DELLA<br />

GHRELINA. (A24)


LORENZA BONELLI (TORINO)<br />

EFFETTI DI GHRELIN IN FORMA ACILATA E NON ACILATA SULLA<br />

SECREZIONE SPONTANEA E STIMOLATA DI GONADOTROPINE. (A25)<br />

MARCELLA BALBO (TORINO)<br />

SISTEMA SEROTONINERGICO E REGOLAZIONE NEURO-ORMONALE. (A26)<br />

ROBERTA POSSENTI (ROMA)<br />

LA PROTEINA NEUROSECRETORIA VGF È IL PRECURSORE DI PEPTIDI<br />

BIOLOGICAMENTE ATTIVI. (A27)<br />

FABRIZIO RIGANTI (TORINO)<br />

PATOLOGIE ENDOCRINO-METABOLICHE E ALTERAZIONI QUALITATIVE E<br />

QUANTITATIVE DEL SONNO. RISULTATI PRELIMINARI DI STUDI<br />

ACTIGRAFICI NELL'UOMO. (A28)<br />

GIUSEPPE FANCIULLI (SASSARI)<br />

GLUTEN EXORPHIN B5: UN PEPTIDE OPPIOIDE ALIMENTARE IN CERCA DI<br />

AZIONI BIOLOGICHE. (A29)<br />

SARA BONDIONI (MILANO)<br />

RETINOIDI ED ESPRESSIONE DEL RECETTORE DOPAMINERGICO D2 IN<br />

TUMORI IPOFISARI SECERNENTI E NON SECERNENTI UMANI. (A30)<br />

ERIKA PEVERELLI (MILANO)<br />

IL TERZO LOOP INTRACELLULARE DEL RECETTORE SST5 UMANO È<br />

CRUCIALE PER L'INTERNALIZZAZIONE DEL RECETTORE DOPO<br />

STIMOLAZIONE CON SOMATOSTATINA-28. (A31)<br />

MARTA ANNUNZIATA (TORINO)<br />

GLI ANALOGHI DELLA SOMATOSTATINA E GLI ANTAGONISTI DEL GHRH<br />

INIBISCONO LA PROLIFERAZIONE E LA SOPRAVVIVENZA DELLE CELLULE<br />

ENDOMETRIALI ECTOPICHE. (A32)


Il Leukemia Inhibitory Factor induce la Chemomigrazione di Neuroni<br />

Immortalizzati GnRH-Secernenti attraverso l’Attivazione Indipendente delle Vie<br />

di Segnale JAK/STAT3, MAPK/ERK1/2 and PI3-K/Akt<br />

Elena Dozio, Massimiliano Ruscica, Marcella Motta, Roberto Maggi, Paolo Magni<br />

Istituto di Endocrinologia, Centro di Eccellenza per le Malattie Neurodegenerative,<br />

Università degli Studi di Milano, Milano, Italia.<br />

Il Leukemia Inhibitory Factor (LIF) è una citochina pleiotropica appartenente alla<br />

famiglia dell’interleuchina-6. Poichè si conoscono ancora poco gli effetti del LIF sulla<br />

funzione riproduttiva a livello centrale, mentre sono più conosciuti quelli a livello<br />

periferico, abbiamo voluto studiare il possibile coinvolgimento del LIF nello sviluppo<br />

dei neuroni GnRH-secernenti. Nel presente studio sono state utilizzate, come modello<br />

in vitro, le cellule GN11, una linea di neuroni murini GnRH-secernenti immaturi. Le<br />

cellule GN11 esprimono recettori funzionali per il LIF (analisi RT-PCR,<br />

Immunocitochimica e Western Blot), la cui attivazione è risultata in grado di<br />

stimolare entro 3 h sia la chemiotassi (migrazione in presenza di gradiente di<br />

concentrazione) che la chemiocinesi (migrazione in assenza di gradiente di<br />

concentrazione) delle cellule, con la massima efficacia alla concentrazione di 100<br />

ng/mL (Boyden’s chamber) e mediante l’attivazione delle vie di segnale<br />

JAKs/STAT3, MAPK/ERK1/2 e PI3-K/Akt (analisi Western Blot). L’inibizione<br />

selettiva delle proteine JAKs, MEK and PI3-K ha suggerito che tali vie sono attivate<br />

in modo indipendente e che JAK2 non è la principale chinasi attivata dal LIF (analisi<br />

Western Blot, Boyden’s chamber assay). Queste osservazioni suggeriscono che il LIF<br />

potrebbe essere coinvolto nella migrazione dei neuroni GnRH durante lo sviluppo<br />

embrionale attraverso l’attivazione di segnali intracellulari differenti e indipendenti.


GnRH neurons are possibly targeted by endocannabinoids: an immunohistochemical study in the<br />

amphibian brain<br />

Franzoni MF<br />

Dipartimento di Biologia Animale e dell’Uomo, Università di Torino, Via Accademia Albertina,13.<br />

TORINO<br />

Cannabinoids and their endogenous counterpart endocannabinoids control various<br />

functions through the CB1 and CB2 cannabinoid receptors. CB1 receptors are the most<br />

abundant G-protein-coupled receptors in the mammalian CNS, suggesting their<br />

participation to important behavioral and physiological effects. Since CB1 was also<br />

characterized in the CNS of fish, amphibians, birds and also in many invertebrates, it was<br />

assumed that the endocannabinoid signalling system does represent a highly conserved key<br />

neuromodulatory system.<br />

The involvement of CB1 in reproductive function was reported in mammals. Therefore in<br />

this study, by means of immunohistochemistry supported by laser confocal microscopy,<br />

the neuroanatomical relationships between cannabinergic innervation and gonadoliberin<br />

(GnRH)-containing neurons have been studied in the prosencephalon of the green frog<br />

Rana esculenta and the clawed toad Xenopus laevis (Anuran amphibians).<br />

CB1 immunostained neurons and nerve fibers are distributed in the prosencephalon of both<br />

species and, after the double immunofluorescence labelling, a close contiguity<br />

between CB1-like- and GnRH-like-immunoreactive neural systems has been observed in<br />

the mediobasal telencephalon, preoptic area and hypothalamus.<br />

To better assess the possible colocalization of CB1 and GnRH in the same neuron or nerve<br />

terminal, the double immunostained sections were observed with a laser confocal microscope.<br />

Although the majority of immunostained neurons shows either GnRH- or<br />

CB1-like-immunoreactivity, a few neurons and nerve terminals exhibit double labellings<br />

suggesting that a subgroup, at least, of the GnRH neurons is targeted by the endocannabinoids.<br />

Financial support by MURST (ex-60% 2004) to MFF<br />

,


ORMONI TIROIDEI NEI PAZIENTI EPILETTICI TRATTATI CON<br />

CARBAMAZEPINA ED ACIDO VALPROICO<br />

Alberto Verrotti, Alessandra Scardapane, Rossella Manco, Francesco Chiarelli<br />

Clinica Pediatrica, Università di Chieti<br />

INTRODUZIONE: Alcuni studi hanno evidenziato cambiamenti nei livelli sierici<br />

degli ormoni tiroidei nei pazienti epilettici trattati con carbamazepina (CBZ) ed acido<br />

valproico (VPA) con risultati contrastanti.<br />

SCOPI: In questo studio sono stati analizzati i cambiamenti nei livelli sierici di<br />

ormoni tiroidei durante il trattamento con CBZ e VPA ed è stata valutata la<br />

concentrazione degli ormoni tiroidei dopo test di stimolazione con ormone tiroidostimolante<br />

(TSH) in un gruppo di bambini epilettici trattati con questi farmaci.<br />

METODI: La terapia con CBZ e VPA può essere associata a diversi effetti avversi di<br />

tipo endocrinologico. In questo studio sono state analizzate le alterazioni dei livelli<br />

sierici di ormoni tiroidei in 37 bambini trattati con CBZ e VPA per diversi tipi di<br />

epilessia. Negli stessi pazienti sono state inoltre valutate le concentrazioni sieriche di<br />

ormoni tiroidei dopo test con ormone di rilascio della tireotropina (TRH test).<br />

RISULTATI: I livelli sierici di tiroxina (T 4 ) e di free-tiroxina (FT 4 ) erano<br />

significativamente più bassi nei pazienti trattati con CBZ (T 4 67,6 ±11,2 nmol/L vs<br />

89,9 ±13,9 p


CELLULE STAMINALI E ORMONE TIROIDEO<br />

Fernandez M., Pirondi S., Pardisi M., Chen B.L., Calzà L.<br />

Animal Stem Cell Laboratory – DIMORFIPA, Università di Bologna<br />

L'ormone tiroideo, agendo attraverso i suoi recettori tipo α e β (TRα1,2, TRβ1,2) ha un ruolo<br />

fondamentale nello sviluppo del sistema nervoso, regolando proliferazione, sopravvivenza e<br />

differenziazione dei precursori neuronali e gliali. In particolare, sviluppo e maturazione degli<br />

oligodendrociti sono sotto il controllo dell'ormone tiroideo. Cellule “neurali staminali” e precursori<br />

degli oligodendrociti sono anche presenti nel sistema nervoso centrale dei mammiferi adulti, più<br />

specificamente nel giro dentato dell'ippocampo e nella zona subventricolare (SVZ) le prime, sparsi<br />

in sostanza bianca e grigia i secondi. In studi precedenti abbiamo osservato che il grado di<br />

maturazione dei precursori degli oligodendrociti ottenuti dalla SVZ di animali adulti ipotiroidei era<br />

inferiore rispetto a quelli ottenuti da animali eutiroidei. Al contrario, i precursori degli<br />

oligodendrociti ottenuti dalla SVA di animali ipertiroidei presentavano una maturazione accelerata.<br />

Utilizzando lo stesso modello di precursori neurali staminali ottenuti dalla SVZ di animali adulti<br />

(“neurosfere”), stiamo studiando gli effetti del trattamento in vitro con T3 sia nella proliferazione,<br />

che sul differenziamento. Per quanto riguarda la proliferazione, stiamo studiando gli effetti del T3<br />

nella capacità di formare neurosfere (numero e grandezza). Nella fase finale di proliferazione, le<br />

neurosfere sono utilizzate: i) per la caratterizzazione immunocitochimica e quindi lo studio<br />

dell'espressione di proteine marcatori di cellule indifferenziate e precursori neurali dei lineage<br />

neuronale e gliale, quali nestina, doublecortina, vimentina, NG2; ii) per l'estrazione del RNA<br />

messaggero per lo studio dell'espressione dei geni (real-time PCR) che codificano per le proteine<br />

recettori dell'ormone tiroideo (TRα, TRβ) così come altri geni coinvolti nel differenziamento dei<br />

precursori neurali verso il lineage oligodendrocitico (geni della famiglia olig). Inoltre, si sta<br />

studiando anche l'effetto del trattamento in vitro con T3 nella capacità di differenziamento dei<br />

precursori ottenuti durante la fase di proliferazione, trattati e non con T3 durante la fase di<br />

differenziamento, utilizzando a questo scopo le metodiche d'immunocitochimica e biologia<br />

molecolare. Oltre al modello di cellule staminali neurali dalla SVZ di ratti adulti, stiamo lavorando<br />

con cellule staminali otttenute della cute di ratti (1 giorno post-natale) e cellule staminali embrionali<br />

di ratto. Anche in questi modelli sperimentali si sta studiando l'effetto dell'ormone tiroideo nella<br />

capacità delle cellule di proliferare e di differenziamento verso lineages specifici.


Utilizzo di triiodotironina (T3) per favorire la rimielinizzazione nel modello di<br />

sclerosi multipla in primate (marmoset Callithrix jacchus).<br />

1 D’Intino G., 1 Lorenzini L., 2 Perretta G., 2 Taglioni A., 1 Sivilia S., 1 Giardino L., 1 Calzà<br />

L.<br />

1 DIMORFIPA, Università di Bologna; 2 Dipartimento di Zoologia e Modellli Animali,<br />

CNR, Roma<br />

L’encefalomielite allergica sperimentale (EAE), è il modello animale utilizzato per lo<br />

studio della sclerosi multipla umana, malattia neurodegenerativa carattterizzata da<br />

fenomeni infiammatori e di demielinizzazione. Il nostro laboratorio ha utilizzato il<br />

modello dell’EAE in ratte femmine Lewis e Dark-Agouti, per studiare eventuali<br />

strategie farmacologiche e terapeutiche atte a potenziare la rimielinizzazione, e<br />

risultati promettenti sono stati ottenuti mediante trattamento con ormone tiroideo nella<br />

fase acuta della patologia. Per avere conferma dell’efficacia del trattamento con<br />

ormone tiroideo nel favorire la rimielinizzazione nel modello dell’encefalomielite<br />

allergica sperimentale, abbiamo ripetuto l’esperimento nel primate marmoset<br />

(Callithrix jacchus). Grazie infatti a caratteristiche filogenetiche molto vicine<br />

all’uomo, il marmoset risulta essere altamente suscettibile alla malattia, presentando<br />

fenomeni infiammatori, di demielinizzazione, patologia assonale e lesioni della<br />

sostanza grigia simili alla sclerosi multipla. Il modello di malattia in questo primate si<br />

ottiene mediante 4 iniezioni intradermiche, rispettivamente nei cavi ascellari e nei<br />

cavi inguinali, con una soluzione di 100µl costituiti da MOG 1-125rh umana,<br />

adiuvante completo di Freud e Micobatterio tubercolosis. Un gruppo di animali è stato<br />

in seguito trattato con triiodiotironina (T3, 10microgr/Kg intramuscolo) a tempi<br />

stabilti (giorno 12,13,14 e 26,27,28). Gli animali sono stati osservati monitorando<br />

l’andamento clinico della malattia, mediante l’utilizzo di una scala espansa per la<br />

valutazione di disabilità sensoriali e motorie in cui si attibuisce un punteggio da 0 a<br />

45. E’ stata inoltre utilizzata la risonanza magnetica per monitorare le lesioni cerebrali<br />

al giorno 15 ed al giorno 40 successivi all’immunizzazione. Sia gli animali trattati che<br />

non trattati con ormone tiroideo hanno sviluppato la malattia tra i giorni 30 e 32 dopo<br />

l’immunizzazione e negli animali non trattati la gravità della malattia ha raggiunto un<br />

punteggio di 15 al 42 gg dopo l’immunizzazione. Negli stessi tempi (giorno 42), il<br />

punteggio degli animali trattati con ormone tiroideo è stato di 7, evidenziando quindi<br />

l’efficacia del trattamento con ormone tiroideo (t di Student p≤0,05).<br />

Nell’ottica di valutare il danno mielinico, è stato esaminato 1 cm su midollo spinale<br />

lombare mediante colorazioni istologiche specifiche per la mielina (Sudan black,<br />

luxolo fast blue), misurando l’area di demielinizzazioneGli animali EAE non trattati<br />

hanno mostrato una estesa demielinizzazione (52,9%+/-1,7%), significativamente<br />

superiore rispetto agli animali trattati con T3 (42,3%+/-1,2%; t di Student p≤0,001). I<br />

risultati positivi ottenuti su questo modello rappresentano il punto di partenza per lo<br />

sviluppo di un protocollo clinico in cui viene somministrato la triiodotironina (T3)<br />

come adiuvante nella terapia della sclerosi multipla (fase 2).<br />

.<br />

1 Animal Stem Cell Laboratory, DIMORFIPA, University of Bologna, Via Tolara di<br />

Sopra 50, 40064 Ozzano Emilia (Bologna), Italy; 3 Veterinary Hospital<br />

“Valdinievole”, Valdinievole Pistoia, Italy;.


Animal models for neurodegenerative diseases represent an irreplaceable tool for<br />

pathophysiology studies and new therapies development. Experimental Allergic<br />

Encephalomyelitis (EAE) is a reliable and used animal model for multiple sclerosis<br />

(MS), the most diffuse demyelinating human disease. We have extensively used the<br />

rat model of EAE induced by active immunization in Lewis and Dark-Agouti female<br />

rats to study pharmacological strategies aimed to potentiate remyelination. Promising<br />

results obtained treating rats with thyroid hormone have generated clinical protocols<br />

(phase 2 trial). However, in order to further support the use of triiodothyronine (T3) in<br />

human as adjuvant therapy for MS, we are repeating rat experiments in the common<br />

marmosets (Callithrix jacchus) immunized with human myelin-oligodendrocyte<br />

glycoprotein (1-125rh-MOG, a generous give by Dr. P. Villoslada, Navarra<br />

University, Pamplona, Spain). This primate is in fact phylogenetically close to human,<br />

highly susceptible to the disease, which presents inflammation, demyelination, axonal<br />

pathology and grey matter lesion. EAE was induced in 18 common marmoset, N=10<br />

female and N=8 male; age 56.2+9.5 months (range 18-138 months). Animals were<br />

intradermally injected two in axillary and two in inguinal regions with 100microl each<br />

side (100microg MOG + 3mg/ml Micobacterium tubercolosis in CFA 50%v/v, under<br />

ketamine anaesthesia). A group of animals was treated with T3 (10microg/kg im, at<br />

days 12,13,14 and 26,27,28 after immunization). Animals were observed for clinical<br />

signs of the disease by using an expanded scale for neurological sensory and motor<br />

disabilities, ranging from 0 to 45. Human endpoint was established at score 20. MRI<br />

(T2-weighted images) was also used to monitor brain lesion 15 and 40 days after<br />

injection. Inclusion criteria was established at score 5 (min). Both untreated and<br />

treated animals develop the disease 30-32 days after immunization and the severity of<br />

the disease reaches score 15 in untreated animals 42 days after immunization. At the<br />

same time, mean score in T3-treated animals was 7, proving efficacy of the treatment<br />

(Student’s t test p


MATERNAL THYROID HORMONES ARE TRANSCRIPTIONALLY ACTIVE DURING<br />

EMBRYONIC DEVELOPMENT: RESULTS FROM A TRANSGENIC MOUSE MODEL<br />

Carmelo Nucera 1,4,6, , Patrizia Muzzi 2 , Cecilia Tiveron 3 , Antonella Farsetti 4,5 , Fabiola Moretti 4,5,<br />

Linda Della Pietra 4 , Francesca Mancini 4 , Ada Sacchi 4 , Laura Tatangelo 3 , Andrea Giaccari 6 ,<br />

Francesco Trimarchi 1 , Francesco Vermiglio 1 , Alessandro Vercelli 2 , Alfredo Pontecorvi 4,6<br />

1 Sezione di Endocrinologia-Dipartimento Clinico-Sperimentale di <strong>Medicina</strong> e <strong>Farmacologia</strong>, University of Messina,<br />

Messina (Italy). 2 Dipartimento di <strong>Anatomia</strong>, <strong>Farmacologia</strong> e <strong>Medicina</strong> <strong>Legale</strong>, University of Torino, Torino (Italy). 3 Centro<br />

Telethon, Istituto Regina Elena, Roma (Italy). 4 Dipartimento di Oncologia Sperimentale, Istituto Regina Elena, Roma<br />

(Italy). 5 Istituto di Neurobiologia e <strong>Medicina</strong> Molecolare, C.N.R. di Roma (Italy). 6 Istituto di Endocrinologia, Università<br />

Cattolica del Sacro Cuore “A. Gemelli”, Roma (Italy).<br />

Abstract<br />

Even though several studies highlighted the role of maternal thyroid hormones (TH) during<br />

development, direct evidence of their interaction with embryonic thyroid receptors (TRs) is still<br />

lacking. To this end, we generated a transgenic mouse ubiquitously expressing a reporter gene tracing<br />

TH action during embryo-fetal development. We engineered a construct (TRE2x) containing two THresponsive<br />

elements controlling the expression of the LacZ reporter gene which encodes for betagalactosidase<br />

(ß-gal). TRE2x specificity was evaluated in NIH3T3 cells by cotransfecting TRE2x along<br />

with TRs and retinoic or estrogen receptors with their specific ligands. TRE2x transactivation was<br />

observed only upon physiological T3 stimulation, mediated exclusively by TRs. TRE2x microinjected<br />

zygotes were implanted into pseudopregnant BDF1 mice. Transient transgenic embryos were screened<br />

both by ß-gal enzymatic activity assay and polymerase chain reaction (PCR). ß -gal staining, absent up<br />

to embryonic day 9.5 (E9.5), was observed at E11.5-E12.5 until the onset of fetal thyroid function<br />

(FTF) (E17.5) in several tissue primordia. Immunohistochemical TRs localization was essentially<br />

overlapping with ß-gal staining. Interestingly, no ß-gal staining was detected in embryos of<br />

hypothyroid transgenic mice. Our results provide the first in vivo direct evidence that during embryonic<br />

life and before the onset of FTF, maternal TH are transcriptionally functional through the action of<br />

embryonic TRs.


SELADIN-1/DHCR24 nel sistema nervoso centrale: effetti neuroprotettivi e regolazione<br />

ormonale.<br />

Giovanna Danza, Susanna Benvenuti, Paola Luciani, Fabiana Rosati, Ilaria Cellai, Cristiana<br />

Deledda, Silvana Baglioni, Francesca Dichiara, Matteo Morello, Alessandro Peri<br />

Unità di Endocrinologia, Dipartimento di Fisiopatologia Clinica, Centro di Eccellenza per la<br />

Ricerca sulle Malattie Croniche, Infiammatorie, Degenerative e Neoplastiche per lo Sviluppo di<br />

Nuove Terapie (DENOThe), Università degli Studi di Firenze.<br />

La malattia di Alzheimer (AD) è caratterizzata da perdita di neuroni e sinapsi in regioni<br />

selettive del cervello. Le ragioni che determinano la vulnerabilità selettiva di alcune zone cerebrali<br />

rispetto ad altre non sono tuttora note. Alcuni anni fa il gene seladin-1 (SELective Alzheimer’s<br />

Disease INnicator 1) è stato identificato ed è stato dimostrato che la sua espressione è ridotta nelle<br />

regioni celebrali maggiormente colpite dall’AD. Seladin-1 conferisce protezione contro la tossicità<br />

indotta da beta amiloide (Abeta) e contro lo stress ossidativo in vitro. E’ inoltre in grado di inibire<br />

l’attività della caspasi 3 e protegge quindi dall’apoptosi.<br />

Utilizzando un modello di neuroblasti fetali umani derivanti da epitelio olfattorio (FNC),<br />

abbiamo dimostrato che gli estrogeni ed alcuni SERMs up-regolano l’espressione di seladin-1 ed<br />

aumentano la resistenza ai peptidi di Abeta ed allo stress ossidativo. Il silenziamento del gene<br />

seladin-1 annulla l’effetto neuroprotettivo di estrogeni e SERMs, indicando che questa proteina è<br />

un mediatore dell’azione neuroprotettiva degli estrogeni.<br />

La sequenza di seladin-1 è identica a quella di DHCR24, l’enzima che catalizza l’ultimo<br />

passaggio della biosintesi del colesterolo. Pertanto seladin-1/DHCR24 assume il ruolo di una<br />

proteina multifunzionale, che possiede sia proprietà anti-apoptotiche, sia una attività enzimatica<br />

come enzima chiave della biosintesi del colesterolo. Vi sono evidenze che il colesterolo<br />

intracellulare ha un effetto protettivo a livello cerebrale. Ad esempio, l’effetto tossico dei peptidi di<br />

Abeta, che determina la morte delle cellule neuronali nell’AD, può essere prevenuto<br />

dall’arricchimento della membrana plasmatica in colesterolo. Abbiamo dimostrato, in una linea<br />

cellulare di neuroblastoma umano (SH-SY5Y), che l’up-regolazione dell’attività enzimatica di<br />

seladin-1 per transfezione transiente o la sua inibizione con un inibitore selettivo sono in grado di<br />

aumentare o diminuire significativamente il colesterolo della membrana plasmatica. L’aumento del<br />

colesterolo così indotto protegge le cellule dall’azione tossica dei peptidi di Abeta diminuendo<br />

l’interazione fisica di questi con la membrana cellulare e contrastando l’ingresso di calcio<br />

intracellulare. La diminuzione del colesterolo ottenuta tramite l’inibizione selettiva di seladin-1<br />

aumenta invece la tossicità di Abeta favorendo la sua interazione con la membrana e l’ingresso di<br />

calcio nella cellula. Questi dati indicano come l’effetto neuroprotettivo di seladin-1 sia dovuto<br />

anche alla sua capacità di modulare il contenuto di colesterolo della membrana plasmatica.<br />

Dal momento che l’ippocampo e la zona subventricolare, due zone cerebrali affette nell’AD,<br />

sono le uniche due zone del cervello adulto che contengono cellule staminali con potenziale<br />

neurogenico, abbiamo inoltre ipotizzato che seladin-1 potesse essere un prodotto prevalente di<br />

questi precursori. Utilizzando come modello di cellule multipotenti cellule staminali mesenchimali<br />

umane (hMSC), abbiamo dimostrato la presenza di alti livelli di espressione di seladin-1, che si<br />

riducono significativamente dopo la differenziazione in senso neuronale (hMSC-n). E’ quindi<br />

ipotizzabile che la ridotta espressione di seladin-1 nelle aree cerebrali colpite nella AD possa essere<br />

dovuta, almeno in parte, ad una alterazione quantitativa o funzionale del pool di cellule staminali.<br />

Gli elevati livelli di espressione di seladin-1 nelle cellule multipotenti fa presupporre che<br />

questo gene possa avere un importante ruolo nei processi ontogenetici. D’altra parte è noto che gli<br />

ormoni tiroidei svolgono un ruolo importante nei processi di sviluppo del sistema nervoso centrale.<br />

Abbiamo dunque indagato se l’espressione di seladin-1 fosse regolata anche dagli ormoni tiroidei<br />

nei modelli cellulari FNC e hMSC. I nostri dati indicano che sia T3 che T4 aumentano<br />

significativamente l’espressione di seladin-1 in entrambi i modelli cellulari ma non nelle cellule


differenziate in senso neuronale (hMSC-n). Questi risultati nell’insieme dimostrano il ruolo che<br />

seladin-1 può avere a livello del sistema nervoso centrale sia sui processi ontogenetici che su quelli<br />

legati ai meccanismi di neuroprotezione.


MENOPAUSAL TRANSITION: A POSSIBLE RISK FACTOR FOR NEURODEGENERATIVE<br />

EVENTS<br />

Sara Maria Bonomo<br />

Dipartimento di <strong>Farmacologia</strong>, Chemioterapia e Tossicologia Medica, Università degli Studi di<br />

Milano<br />

Background and objective. Incidence and prevalence of Alzheimer Disease (AD) are higher in<br />

postmenopausal women than in aged matched men. Since at menopause the endocrine system<br />

and other biological paradigms undergo substantial changes, we thought to be of interest studying<br />

whether (and how) the balance between some biological parameters allegdedly neuroprotective<br />

(e.g. related to estrogen, dehydroepiandrosterone and CD36 functions) and others considered proneurotoxic<br />

(e.g. related to glucocorticoids and interleukin-6 activities) vary during lifespan in either<br />

sex in either normalcy or neurodegenerative disorders.<br />

Subjects and Methods. Along this aim, we investigated in 209 healthy subjects (73 M, 106 F, 20-<br />

91 yr-old) and 85 AD patients (36 M, 49 F, 65-89 yr-old) the gene expression of estrogen receptors<br />

(ERs), glucocorticoid receptors (GRs), interleukin-6 (IL-6) and CD36, a scavenger receptor of class<br />

B that would play a key role in the proinflammatory events associated with AD. Results obtained<br />

were related to plasma titers of estrogens, cortisol and dehydroepiandrosterone sulfate (DHEAS).<br />

Studies were performed in peripheral leukocytes, since these cells: 1) are easily obtainable by a<br />

simple blood sampling, 2) express many molecules and multiple receptors which undergo the<br />

same regulatory mechanisms as those operative in the brain and 3) share many function with<br />

microglial cells.<br />

Results. In healthy men all the study parameters remained quite stable during lifespan.() In<br />

women, instead, at menopausal transition some changes occurred that may predispose to<br />

neurodegeneration. In particular, there was: 1) up-regulation of ERs, and a concomitant increase of<br />

IL-6 gene expression, events likely due to the loss of the inhibitory control exerted by estradiol; 2)<br />

an augmentation of GRα:GRβ ratio, indicative of an augmented cortisol activity on GRα not<br />

sufficiently counteracted by the inhibitory GRβ function; 3) a reduced CD36 expression directly<br />

related to the increased cortisol activity and, 4) an augmented cortisol:DHEAS ratio, unanimously<br />

recognized as an unfavorable prognostic index for the risk of neurodegeneration. In AD patients of<br />

either sex, the expression of the study parameters was similar to that found in sex- and agematched<br />

healthy subjects, thus indicating their unrelatedness to the disease, and rather a better<br />

correlation with biological events. Specificare l’andamento nell’uomo.<br />

Conclusions. Menopausal transition is a critical phase of women’s life where the occurrence of an<br />

unfavorable biological milieu would predispose to an increased risk of neurodegeneration.<br />

Collectively, the higher prevalence of AD in the female population would depend, at least in part,


from the presence of favoring biological risk factors, whose contribution to the development of the<br />

disease occurs only in the presence of possible age-dependent triggers.


NUOVI ASPETTI DI REGOLAZIONE DELL'ASSE IPOTALAMO-IPOFISI-SURRENE<br />

(HPA) NELL'UOMO: RUOLO DEI RECETTORI PER I MINERALCORTICOIDI<br />

Roberta Giordano, Micaela Pellegrino, Marcella Balbo, Rita Berardelli, Lorenza Bonelli, Andreea<br />

Picu, Ezio Ghigo, Emanuela Arvat<br />

Div. Endocrinologia e Malattie del Metabolismo, Dip. <strong>Medicina</strong> Interna, Università di Torino<br />

L’asse ipotalamo-ipofisi-surrene (HPA) rappresenta un’unità integrata neuroendocrina la cui attività<br />

è principalmente regolata da due componenti: la componente nervosa, mediata da neurotrasmettitori<br />

e neuropeptidi influenzanti la produzione ipotalamica di CRH e AVP, e la componente endocrina,<br />

rappresentata dall’effetto di feedback negativo dei glucocorticoidi (GC) circolanti che viene<br />

esercitato attraverso l’interazione con due sottotipi recettoriali: i recettori per i mineralcorticoidi<br />

(MR) e quelli per i glucocorticoidi (GR). Mentre i GR sono localizzati pressoché ubiquitariamente a<br />

livello del S.N.C. e mediano il cosiddetto “reactive” feedback, deputato soprattutto al controllo<br />

della risposta dell’asse HPA allo stress, i MR sono presenti prevalentemente a livello ippocampale e<br />

mediano il feedback cosiddetto “proactive”, deputato al mantenimento dell’attività basale dell’asse<br />

HPA. Mentre esistono evidenze nell’animale che antagonisti dei MR, quali il canrenoato di potassio<br />

(CAN), sono in grado di stimolare l’asse HPA, gli studi compiuti nell’uomo hanno prodotto risultati<br />

contrastanti. Nostri precedenti studi nell’uomo hanno dimostrato che nel soggetto giovane la<br />

somministrazione acuta serale, momento della giornata corrispondente al nadir del ritmo circadiano<br />

dell’HPA, del CAN, è stata in grado di contrastare il fisiologico calo notturno dei livelli di ACTH e<br />

cortisolo, ed ha indotto una chiara amplificazione della risposta ormonale al CRH e all’AVP. Questi<br />

risultati indicano che anche nell'uomo, come nell’animale, i MR sono coinvolti nella mediazione del<br />

feedback corticosteroideo, in particolare nel mantenimento dell'attività basale dell'asse HPA.<br />

L'evidenza inoltre che il pretrattamento con alprazolam, una benzodiazepina dotata di un peculiare<br />

effetto inibitorio sull’asse HPA, è in grado di abolire l'effetto del CAN ha suggerito che il sistema<br />

GABAergico può essere coinvolto anche nella mediazione del feedback corticosteroideo mediato<br />

dai MR. Un deterioramento dell’attività dei MR ippocampali, con conseguente riduzione del<br />

feedback inibitorio dei GC, è stato ipotizzato possa essere alla base dell’iperattivazione funzionale<br />

HPA di numerosi quadri clinici, quali l’invecchiamento, la depressione, l’anoressia nervosa. Nostri<br />

studi più recenti hanno dimostrato che in soggetti anziani sani la secrezione serale di ACTH e<br />

cortisolo, superiore rispetto a quella dei soggetti giovani, è solo parzialmente aumentata dal CAN,<br />

indicando che le modificazioni dell’attività dell’asse HPA osservabili nell’invecchiamento possono<br />

essere, almeno parzialmente, dovute ad una alterazione della funzione dei MR ippocampali. E’ noto<br />

infine che la secrezione surrenalica di aldosterone, oltre che dal sistema renina-angiotensina, è in<br />

parte modulata dall’ACTH che è in grado di passare la barriera emato-encefalica e di legarsi ai MR<br />

centrali. Al fine di verificare se una condizione di cronico aumento delle concentrazioni di<br />

aldosterone circolante possa esercitare qualche influenza sull’attività dell’asse HPA, più<br />

recentemente i nostri studi sono stati indirizzati ad indagare l’attività dell’asse HPA e l’effetto del<br />

CAN in pazienti con iperaldosteronismo cronico. I risultati di queste ricerche hanno dimostrato che<br />

tali pazienti presentano una aumentata secrezione corticotropa basale e soprattutto una<br />

iperesponsività corticotropa e surrenalica al CRH; inoltre è stato dimostrato che in presenza di<br />

iperaldosteronismo cronico il CAN è in grado solo parzialmente di stimolare la secrezione<br />

corticotropa basale, mentre non modifica quella stimolata da CRH, dimostrando che<br />

l’iperaldosteronismo cronico è caratterizzato da un aumento dell’attività HPA associato ad un<br />

possibile danno dei recettori centrali MR. L’impiego di antagonisti MR risulta quindi essere un utile<br />

strumento per la valutazione della sensibilità dell’asse HPA all’azione di feedback inibitorio GC in<br />

condizioni fisiologiche ed in stati di iperattivazione cronica.<br />

Sulla base di questi dati, le prossime ricerche saranno indirizzate a valutare: 1) gli effetti<br />

neuroendocrini di un trattamento cronico con antagonisti MR; 2) se il pre-trattamento con<br />

fludrocortisone, un agonista MR, inibisca l’attività HPA ed attraverso quali meccanismi; 3) se<br />

l’infusione di idrocortisone influenzi le risposte corticotropa e surrenalica al canrenoato di potassio.<br />

1


Modificazioni dell’espressione genica del recettore GABA A in cellule ippocampali in coltura<br />

indotte dal progesterone<br />

Maria Cristina Mostallino a e Giovanni Biggio abc<br />

a Consiglio Nazionale delle Ricerche, Istituto di Neuroscienze, Sezione di Cagliari; b Dipartimento di<br />

Biologia Sperimentale, Sezione di Neuroscienze, c Centro di Eccellenza per la Neurobiologia delle<br />

Dipendenze, Università di Cagliari, Cagliari<br />

L’espressione delle subunità che compongono il recettore GABA A nei neuroni può essere<br />

modificata da alcuni modulatori endogeni della funzione del recettore come i neurosteroidi. Questi<br />

effetti dei neurosteroidi potrebbero essere dovuti ad una loro azione diretta sul recettore GABA A<br />

che poi, attraverso uno specifico meccanismo di signalizzazione intracellulare, potrebbero<br />

controllare la trascrizione genica e quindi l’espressione di specifiche subunità del recettore. Gli<br />

steroidi neuroattivi come l’allopregnanolone (AP), un metabolita del progesterone (PROG),<br />

esercitano diversi effetti sulla plasticità del recettore in diverse popolazioni neuronali, questo<br />

potrebbe spiegare alcune delle azioni fisiologiche esercitate da questi composti.<br />

Per queste ragioni lo scopo del nostro studio è stato quello di verificare se l’esposizione cronica al<br />

PROG o all’AP e la loro brusca interruzione, fossero in grado di modificare l’espressione genica<br />

della subunità delta del recettore GABA A nelle cellule di ippocampo di ratto in coltura.<br />

I recettori GABA A contenenti le subunità delta sembrerebbero localizzati solo in posizione<br />

extrasinaptica e possiedono un’alta affinità l’agonista 4,5,6,7-tetraidroisoxazolo-[5,4-c]piridina-3-<br />

olo (THIP) e per i neurosteroidi. Per cui le variazioni nell’espressione genica di questa subunità<br />

potrebbero contribuire allo sviluppo di quelle alterazioni dello stato mentale associate a fluttuazioni<br />

sia fisiologiche che farmacologiche dei livelli dei neurosteroidi.<br />

Per questo studio sono stati utilizzati neuroni ippocampali di ratto in cultura. Il trattamento su<br />

queste cellule è stato iniziato 6 giorni dopo l’inizio della coltura e sono state trattate per 1,2,4,6<br />

giorni con AP (1 µM) o con PROG (1 µM) da solo o associato alla finasteride (1 µM). Nei gruppi in<br />

cui il trattamento è stato interrotto, le cellule sono state trattate per 6 giorni con AP o PROG,<br />

successivamente il medium contenente gli ormoni è stato sostituito con medium privo di ormoni e<br />

le cellule sono state processate dopo un’incubazione di altre 3-24 ore.<br />

Il saggio dell’RNA protetto da RNasi (RPA) e gli studi di immunocitochimica utilizzando degli<br />

anticorpi specifici per la subunità delta hanno mostrato che dopo 24 ore di trattamento con PROG si<br />

ha un aumento significativo del mRNA e della proteina delta, mentre dopo 2 giorni sino a 6 giorni<br />

di trattamento si osserva una diminuzione sia del mRNA che della proteina delta. Al contrario 3 o 6<br />

ore dopo la sospensione del trattamento i livelli rispettivamente di mRNA e di proteina delta sono<br />

ancora bassi ed aumentano significativamente, rispetto ai livelli di controllo, dopo 9 ore per<br />

l’mRNA e 12 ore per la proteina. I livelli di entrambi, mRNA e proteina per la delta, ritornano ai<br />

valori di controllo rispettivamente dopo 12 e 24 ore. Questi effetti sono stati osservati anche dopo<br />

trattamento con AP. Inoltre la modulazione della subunità delta indotta dal PROG è bloccata dalla<br />

somministrazione di finasteride, inibitore della 5alpha-riduttasi, un enzima che converte il PROG in<br />

AP. Le variazioni molecolari osservate sono accompagnate anche da variazioni nella funzione del<br />

recettore GABA A .<br />

Nel loro insieme questi risultati indicano che l’esposizione prolungata e la successiva brusca<br />

interruzione modulano sia l’espressione genica della subunità delta che la funzione del recettore<br />

GABA A e che questi effetti sono mediati dall’AP. Questi risultati sono consistenti con l’idea che<br />

questo ormone abbia un ruolo importante nella modulazione delle correnti toniche.


STEROIDI NEUROATTIVI E NEUROPATIA PERIFERICA<br />

Ilaria Roglio, Silvia Giatti, Marzia Pesaresi, Roberto Cosimo Melcangi<br />

Istituto di Endocrinologia e Centro di Eccellenza per lo Studio delle Malattie Neurodegenerative,<br />

Università degli studi di Milano, Via Balzaretti 9, Milano.<br />

E’ ormai stato chiaramente dimostrato che i nervi del sistema nervoso periferico sono un bersaglio<br />

dell'azione di alcuni steroidi neuroattivi in quanto possiedono sia i classici recettori steroidei (es.<br />

recettore del progesterone, PR, recettore degli androgeni, AR) sia quelli definiti come non classici<br />

recettori steroidei (es. recettore GABA-A e GABA-B, recettore sigma 1, recettore NMDA, etc.)<br />

[vedi review Melcangi et al. Brain Res. Rev. 48:328-338, 2005]. Il lavoro svolto negli ultimi anni<br />

ha avuto come obiettivo quello di valutare l’effetto neuroprotettivo di alcuni steroidi neuroattivi in<br />

diversi modelli di neuropatia periferica tra cui quella legata al diabete, all’invecchiamento o al<br />

trauma del nervo (taglio o schiacciamento). I risultati finora ottenuti sono molto promettenti in<br />

quanto hanno indicato che gli steroidi neuroattivi, come il progesterone, il testosterone e i loro<br />

metaboliti (come il diidroprogesterone, il tetraidroprogesterone, il diidrotestosterone e il 5alfaandrostan-3alfa,<br />

17beta-diolo) esercitano importanti effetti protettivi a livello di diverse componenti<br />

del nervo periferico alterate da eventi neurodegenerativi. Infatti, a seconda del modello considerato,<br />

questi steroidi neuroattivi si sono dimostrati essere in grado di ripristinare in modo significativo i<br />

parametri morfologici del nervo, la densità delle fibre nervose intraepidermiche, l’espressione di<br />

importanti proteine della mielina, l’attività della pompa Na + -K + -ATPasi, la soglia di percezione del<br />

calore e la velocità di conduzione nervosa [Melcangi et al. J. Neurocytol., 29:327-339, 2000;<br />

Leonelli et al. Neuroscience, in press, 2006, doi:10.1016/j.neuroscience.2006.11.014]. Queste<br />

osservazioni suggeriscono che gli steroidi neuroattivi in quanto tali o i ligandi sintetici dei loro<br />

recettori possono rappresentare un interessante approccio terapeutico per le neuropatie periferiche<br />

acquisite. Negli ultimi anni, diversi studi hanno indicato che un’alternativa a questa strategia<br />

terapeutica potrebbe essere rappresentata dai ligandi del recettore periferico delle benzodiazepine<br />

(PBR). Questa è una proteina localizzata prevalentemente nella membrana mitocondriale esterna e<br />

gioca un ruolo importante nella steroidogenesi e nella neurosteroidogenesi nonché nella regolazione<br />

della sopravvivenza e proliferazione cellulare. Infatti, recenti osservazioni hanno indicato che i<br />

ligandi del PBR possono essere considerati agenti protettivi per la neuropatia periferica [Leonelli et<br />

al. Mech.Ageing Dev. 126:1159-1163, 2005].


DIFFERENT INFLUENCES OF OVARIAN AND NON-GONADAL ESTROGEN<br />

ON SPATIAL NAVIGATION<br />

Leonida Fusani<br />

Dipartimento di Fisiologia, Università di Siena<br />

The decline of circulating estrogen after menopause has been put in relation with decreasing<br />

performances in a number of cognitive functions including spatial navigation. However, several<br />

peripheral tissues including the brain, and in particular the hippocampus, produce considerable<br />

amounts of estrogen that is likely to act locally to regulate hormone-dependent functions. We<br />

started investigating the different roles of ovarian and non-gonadal estrogen in modulating spatial<br />

navigation in rats. Young and aged female rats were either ovariectomized, treated with an<br />

aromatase inhibitor, or both, and were then tested with a Morris Water Maze protocol to study<br />

the effects of the treatment on spatial reference memory. Our results show that both<br />

ovariectomy and aromatase inhibition can affect retention of spatial information, however the<br />

direction of the effects can be opposite depending on the age of the animals. These studies show<br />

that the effects of ovariectomy go beyond the removal of circulating estrogen and caution should<br />

be taken in making parallels between ovariectomy and menopause. In addition, non-gonadal<br />

estrogen and probably neuroestrogen appear to play an important role in the regulation of<br />

cognitive functions even in the presence of substantial amounts of ovarian estrogen.


MODERATE INCREASE IN MATERNAL CORTICOSTERONE REDUCES WITHIN-GROUP<br />

VARIATION IN BEHAVIOURAL, ENDOCRINE AND IMMUNE PARAMETERS IN ADULT<br />

MOUSE OFFSPRING<br />

Simone Macrì and Giovanni Laviola * .<br />

Section of Behavioural Neuroscience, Department of Cell Biology & Neuroscience,<br />

Istituto Superiore di Sanità, Viale Regina Elena 299, 00161 Roma, Italy<br />

The significance of behavioural neuroscience and the validity of its animal models of<br />

human pathology largely depend on the possibility to replicate a given finding across<br />

different facilities. However, when several mouse strains are tested on highly<br />

standardised behavioural test batteries in different laboratories, significant strain x lab<br />

interactions can be readily observed (Crabbe et al., 1999; Wolfer et al., 2004). Withingroup<br />

variation explains most of the variation observed in behavioural data, thus<br />

pointing at inter-individual variation as the major source of limited experimental<br />

reproducibility (Wolfer et al., 2004). Here we show that moderate doses of neonatal<br />

corticosterone supplementation through maternal drinking water (low, L-CORT,<br />

33µg/ml or high, H-CORT, 100µg/ml) during the first lactation week, induce a<br />

significant reduction in inter-individual variation in adult male offspring in pain<br />

response, novelty preference, corticosterone response and immune competence. Our<br />

data demonstrate that a pharmacological simulation of increased neonatal<br />

environmental demands (Catalani et al, 1993) reduces experimental noise in adult<br />

laboratory rodents. Additionally, in spite of its effects on inter-individual variation,<br />

early corticosterone treatment did not affect normal (Gaussian) data distribution.<br />

Quite the opposite, whereas control subjects’ frequency distribution showed a mild<br />

yet significant deviation from normality, both L-CORT and H-CORT adult offspring<br />

showed a normal distribution. These results will foster new studies aimed at<br />

modifying the neonatal environment such as to induce moderate levels of stimulation<br />

and in turn reduce experimental noise (Macrì and Wuerbel, 2006). Importantly, rather<br />

than being limited to a specific variable, reduced variation was observed in a number<br />

of parameters, thus suggesting that these results may apply to a relatively broad<br />

spectrum of behavioural and physiological systems. Primarily, this study will lead to a<br />

reconsideration of the basic principles of neonatal housing systems, and ultimately,


this effort should induce more stable experimental models of human disorders.<br />

Finally, these studies will lead to a substantial reduction in the number of mice used<br />

in laboratory experiments.<br />

Reference list<br />

1. J.C. Crabbe, D. Wahlsten, B.C. Dudek. Genetics of mouse behavior: interactions<br />

with laboratory environment. Science. 284 (1999) 1670-2.<br />

2. D.P. Wolfer, O. Litvin, S. Morf, R.M. Nitsch, H.P. Lipp, H. Wurbel. Laboratory<br />

animal welfare: cage enrichment and mouse behaviour. Nature 432 (2004) 821-2.<br />

3. A. Catalani, P. Casolini, S. Scaccianoce, F.R. Patacchioli, P. Spinozzi, L.<br />

Angelucci, Maternal corticosterone during lactation permanently affects brain<br />

corticosteroid receptors, stress response and behaviour in rat progeny.<br />

Neuroscience. 100 (1993) 319-25.<br />

4. S. Macrì, H. Würbel, Developmental plasticity of HPA and fear responses in rats:<br />

A critical review of the maternal mediation hypothesis. Horm. Behav. 50 (2006)<br />

667-80.


INVOLVEMENT OF NERVE GROWTH FACTOR (NGF) AND BRAIN-DERIVED NEUROTROPHIC<br />

FACTOR (BDNF) IN NEUROENDOCRINE REGULATIONS AND VULNERABILITY TO STRESS IN ANIMAL<br />

MODELS<br />

Francesca Cirulli and Enrico Alleva<br />

Behavioural Neurosciences Section, Department of Cell Biology and Neurosciences,<br />

Istituto Superiore di Sanità, Rome Italy (cirulli@iss.it)<br />

Nerve Growth Factor (NGF) and Brain-Derived Neurotrophic Factor (BDNF) are key molecular players in<br />

brain growth and differentiation. Most importantly, numerous data indicate that neurotrophins can<br />

orchestrate interactions between the nervous, endocrine and immune system, and are involved in important<br />

regulations of sleep/wake cycles and of circadian secretion of hypothalamic hormones which might pave the<br />

way to increased vulnerability to psychiatric disorders. Research conducted by our group, in collaboration<br />

with the group led by Rita Levi-Montalcini, has clearly indicated an involvement of NGF in emotionally<br />

arousing situations in animal models of psychosocial stress, such as male mice intraspecific fighting.<br />

Furthermore, we have shown that, in humans, highly arousing situations, such as the uncertainty caused by<br />

the anticipation of the first jump with a parachute by army soldiers, result in increased blood levels of NGF,<br />

underlying the relative independence of this neurotrophin from other neuroendocrine effectors, and its<br />

sensitivity to environmental variables having a social nature. In another series of studies we have shown that<br />

exposure to stressful experiences in rodents can have important short- and long-term effects on neurotrophin<br />

levels in the central nervous system, leading to an increased risk for vulnerability to stress at adulthood. In<br />

collaboration with the NIMH (Prof. S. Suomi, Laboratory of Comparative Ethology, USA), we are currently<br />

investigating, in a primate model, whether exposure to early life stress can have short- and long- term effects<br />

on neuroendocrine regulations, with a special emphasis on NGF and BDNF levels assessed in the peripheral<br />

circulation and in the cerebrospinal fluid of rhesus macaques.


Effetti degli xenoestrogeni sul differenziamento del comportamento e dei relativi<br />

circuiti nervosi<br />

Elena Mura, Mariangela Martini, Carla Viglietti-Panzica, GianCarlo Panzica<br />

Dipartimento di <strong>Anatomia</strong>, <strong>Farmacologia</strong> e <strong>Medicina</strong> <strong>Legale</strong><br />

Università di Torino, corso M. D’Azeglio 52, 10126 Torino<br />

Gli xenoestrogeni sono molecole di origine naturale (come i fitoestrogeni) o<br />

industriale (come il bisfenolo A), che sono in grado di legarsi, con diversa efficienza<br />

ai recettori degli estrogeni. Questi composti si trovano negli alimenti e possono<br />

essere assunti in dosi variabili a seconda del tipo di dieta a cui sono sottoposti gli<br />

individui.<br />

Gli effetti potenzialmente dannosi degli xenoestrogeni sono particolarmente<br />

importanti nel corso dello sviluppo embrionale o postnatale ove possono interferire<br />

con il differenziamento di circuiti e comportamenti sessualmente differenziati.<br />

Il nostro gruppo utilizza due modelli sperimentali, il sistema a vasotocina ed il<br />

comportamento sessuale maschile della quaglia giapponese, ed il sistema nitrinergico<br />

ed il comportamento riproduttivo nel topo. In queste indagini abbiamo dimostrato che<br />

la somministrazione durante il periodo embrionale di DES o genisteina (un<br />

fitoestrogeno) ha un effetto demascolinizzante sul sistema a vasotocina e sul<br />

comportamento sessuale maschile della quaglia, mentre il bisfenolo A somministrato<br />

durante la gravidanza e nei primi giorni di vita ha un effetto demascolinizzante sul<br />

sistema nitrinergico del nucleo preottico mediale e del nucleo della stria terminale,<br />

due regioni coinvolte nella regolazione del comportamento riproduttivo del topo.<br />

Ringraziamenti. Questa ricerca è finanziata da Regione Piemonte, Università di Torino,<br />

Fondazione CRT.


Geni bersaglio dei bifenilipoliclorurati: influenze dell’inquinamento<br />

ambientale sulla differenziazione cerebrale<br />

Alessandra Colciago, Antonia Pravettoni, Lavinia Casati, Ornella Mornati, Paola<br />

Negri-Cesi e Fabio Celotti<br />

Istituto di Endocrinologia, Università degli Studi di Milano, via Balzaretti 9, Milano<br />

I bifenilipoliclorurati (PCB) sono inquinanti, di derivazione industriale,<br />

ampiamente diffusi nell’ambiente e facilmente riscontrabili nel latte<br />

materno, nel siero e nella maggior parte dei tessuti di numerose specie<br />

animali compreso l’uomo. Attraversano facilmente sia la barriera<br />

placentare che quella emato-encefalica, accumulandosi con molta facilità<br />

nei tessuti fetali e soprattutto nel cervello. Sebbene il loro meccanismo<br />

d’azione non sia ancora del tutto noto, i PCB sono in grado di influenzare<br />

la differenziazione sessuale del cervello che si realizza durante l’ultima<br />

settimana della vita fetale e da cui dipende il normale comportamento<br />

sessuale dell’animale adulto; nel ratto, sono l’aromatasi ipotalamica e le<br />

due isoforme della 5alfa-riduttasi, i principali enzimi che metabolizzano il<br />

testosterone, a svolgere un ruolo cruciale nel periodo critico della<br />

differenziazione sessuale.<br />

Lo scopo dei nostri studi è stato quello di verificare se una miscela<br />

ricostituita di PCB, composta dai congeneri più ampiamente distribuiti<br />

nel cibo e nel latte materno, fosse in grado di interferire con gli enzimi<br />

chiave della differenziazione cerebrale, aromatasi e 5alfa-riduttasi. Ratte<br />

gravide sono state trattate s.c., dal 15° giorno di gestazione (GD15) al<br />

GD19, e dal parto fino allo svezzamento; l’espressione degli enzimi di<br />

interesse è stata valutata mediante Real-time PCR al GD20 e nei giorni<br />

post-natali (PN) 11, 21 e 60. I risultati ottenuti mostrano che i PCB hanno<br />

un effetto dimorfico sugli enzimi del metabolismo del testosterone: il<br />

profilo tipicamente dimorfico dell’espressione dell’aromatasi sembra<br />

essere annullato; l’espressione della 5alfa-R1 sembra essere inibita nelle<br />

femmine; l’espressione della 5alfa-R2 è modificata solo in età adulta con<br />

un’ulteriore amplificazione della differenza esistente già in condizioni<br />

fisiologiche. I dati da noi ottenuti sono quindi indicativi di<br />

un’interferenza dei PCB sui processi della differenziazione sessuale negli<br />

animali di entrambi i sessi.


Interazioni neuroendocrino-immunologiche nello stress chirurgico.<br />

Paola Sacerdote<br />

Dipartimento di <strong>Farmacologia</strong> Chemioterapia e Tossicologia Medica , Università degli<br />

Studi di Milano<br />

Durante un intervento chirurgico è ben noto che l’ attivazione dell’ asse HPA e del<br />

sistema simpatico inducono anche immunosoppressione, che ha un impatto negativo<br />

sulla capacità dell’individuo di rispondere alle infezioni e a combattere la diffusione di<br />

metastasi tumorali.<br />

La presenza del dolore nel periodo peri-operatorio è uno dei fattori di stress che<br />

possono portare alla modulazione del sistema immunitario: quindi un adeguato<br />

trattamento del dolore peri e post operatorio dovrebbe essere utile per diminuire le<br />

conseguenze dell’immunosoppressione.<br />

E’ stato dimostrato che alcuni farmaci oppioidi comunemente utilizzati per il<br />

trattamento del dolore, quali la morfina, possiedono un’attività immunosoppressiva<br />

intrinseca, e quindi non sono i più indicati per il trattamento del dolore postoperatorio.<br />

Alcuni farmaci oppioidi però sembrano avere un profilo di attività più<br />

favorevole di altri sul sistema immune. Alcune evidenze indicherebbero che alla base<br />

di queste differenze ci sia una diversa capacità dei farmaci oppioidi di attivare l’asse<br />

HPA e il sistema simpatico.<br />

Noi stiamo indagando queste interazioni in un modello sperimentale di stress<br />

chirurgico, dolore e sviluppo di metastasi.


Studio della secrezione di Arg-Vasopressina indotta per infusione<br />

intracerebroventricolare di soluzioni ipertoniche durante le fasi del<br />

ciclo veglia-sonno nel ratto.<br />

M. Luppi, D. Martelli, R. Amici, F. Baracchi, M. Cerri, E. Del Sindaco, D. Dentico, C.A. Jones,<br />

E. Perez, G. Zamboni<br />

Laboratorio di Neurochimica, Dip.di Fisiologia umana e generale, Università degli Studi di<br />

Bologna.<br />

La regolazione ipotalamica dell’omeostasi dei parametri fisiologici si modifica durante il ciclo<br />

veglia-sonno (VS), che nel ratto è distinto in tre fasi: veglia, sonno REM (SREM) e sonno non-<br />

REM. Esempio di ciò è la sospensione della termoregolazione che si verifica durante gli episodi di<br />

SREM (Parmeggiani & Morrison, 1990). Per meglio definire tali modificazioni, è stato studiato il<br />

controllo dell’equilibrio idrico-salino durante il ciclo VS, perché esso, come accade per la<br />

termoregolazione, è attuato prevalentemente dall’ipotalamo.<br />

Gli animali sono stati infusi per via intracerebroventricolare con soluzioni a differente<br />

osmolalità (una isotonica e tre ipertoniche), durante le fasi del ciclo VS. Quindi, è stata determinata<br />

la concentrazione ematica dell’ormone neuroipofisario Arg-Vasopressina, indotta da tale<br />

stimolazione.<br />

I risultati mostrano che il sistema osmoregolatorio centrale rimane ugualmente attivo in tutte<br />

le fasi del ciclo VS.<br />

Tali dati possono essere interpretati sulla base del modello anatomo-funzionale<br />

dell’ipotalamo proposto da Thompson e Swanson (2003), che prevede la distinzione di una zona<br />

periventricolare “generatrice di pattern visceromotori” da una paraventricolare “neuroendocrina”;<br />

pertanto, la sospensione della termoregolazione negli episodi di SREM potrebbe essere dovuta ad<br />

una modificazione funzionale limitata alla zona periventricolare dell’ipotalamo, mentre quella<br />

neuroendocrina rimarrebbe normalmente attiva in tutte le fasi del ciclo VS. Inoltre, i risultati di<br />

questo studio suggeriscono l’esistenza di uno stretto legame funzionale tra omeotermia e SREM,<br />

come farebbe supporre anche la loro relazione filogenetica.<br />

Parmeggiani P.L. and Morrison A.R. In: Loewy A.D. and Spyer K.M. (eds) Central regulation of autonomic functions.<br />

Oxford University Press, Oxford, 1990.<br />

Thompson R.H. and Swanson L.W. Brain Research Reviews, 41, 2003.


INDIVIDUAL DIFFERENCES IN CARDIAC AUTONOMIC AND SYMPATHETIC-<br />

ADRENOMEDULLARY RESPONSES TO SOCIAL CHALLENGE<br />

Andrea Sgoifo, Francesca Mastorci, M. Angeles Pico’ Alfonso<br />

Stress Physiology Lab, Department of Evolutionary and Functional Biology, University of<br />

Parma, Parco Area delle Scienze 11/A, 43100 Parma, Italy<br />

Social stressors play a significant role in the onset and progression of cardiovascular diseases<br />

such as hypertension, atherosclerosis and cardiac arrhythmias. Human and animal data suggest<br />

that an important determinant of cardiocirculatory stress reactivity and morbidity is the<br />

individual behavioral strategy of coping with environmental challenge. This paper summarizes<br />

the results of a number of studies that we performed in rodents and humans, aimed at shedding<br />

further light on the relationship between individual aggression levels and associated<br />

dominance/subordination status and short- and long-term neuroendocrine and cardiovascular<br />

stress reactivity. Our data suggest that: (i) individuals belonging to the 'aggressive tail' of a<br />

wild-type rat population are characterized by a higher sympathetic-adrenomedullary activation<br />

during both social and non-social stress episodes; (ii) in rats, cardiovascular habituation takes<br />

place when social challenge is an intermittent victory experience, whereas no habituation is<br />

observed across repeated defeat episodes; (iii) when social dominance is challenged, rats<br />

exhibit long-term alterations of heart rate circadian rhythmicity, such changes being<br />

modulated by the individual level of aggression; (iv) in mice, chronic subordination induces<br />

transient alterations of heart rate circadian rhythmicity and permanent myocardial damage, the<br />

latter consisting of scattered foci of fibrosis; (v) in humans, subjects with higher scores of<br />

submissive behavior are prone to larger cardiac accelerations and parasympathetic suppression<br />

during and after a laboratory stressor. Altogether, these data underline how important it is to<br />

carefully consider individual differences in trait and state aggression, as well as the context in<br />

which aggression is expressed, when studying acute and long-term autonomic and<br />

neuroendocrine effects of social interactions.


L'isolamento sociale altera la plasticità e la funzione del recettore GABA<br />

M. Giuseppina Pisu a , Mariangela Serra abc e Giovanni Biggio abc<br />

a Consiglio Nazionale delle Ricerche, Istituto di Neuroscienze, Sezione di Cagliari; b Dipartimento di<br />

Biologia Sperimentale, Sezione di Neuroscienze, c Centro di Eccellenza per la Neurobiologia delle<br />

Dipendenze, Università di Cagliari, Cagliari.<br />

L’isolamento sociale nel ratto, un modello animale di stress cronico, determina una riduzione dei<br />

livelli cerebrocorticali e plasmatici dei metaboliti del progesterone, allopregnanolone e THDOC, i<br />

più potenti ed efficaci modulatori positivi della trasmissione GABAergica. I ratti socialmente isolati<br />

mostrano un comportamento aggressivo verso lo sperimentatore, uno stato conflittuale ed un<br />

maggior stato d’ansia rispetto agli animali stabulati in gruppo. Questi animali mostrano, inoltre, una<br />

maggiore sensibilità all’effetto steroidogenico indotto dall’etanolo, effetto più pronunciato nel<br />

cervello rispetto al plasma.<br />

In accordo, l’isolamento sociale potenzia l’effetto dell’EtOH sui livelli cerebrali della steroidogenic<br />

acute regulatory protein (STAR); inoltre, la capacità dell’EtOH nell’inibire le convulsioni indotte<br />

dall’isoniazide è maggiore negli animali socialmente isolati rispetto ai controlli e questo effetto è<br />

revertito dal pretrattamento con finasteride, un inibitore della sintesi di allopregnanolone e THDOC.<br />

Gli animali isolati mostrano inoltre un aumento dell’espressione genica per le subunità alfa4 e delta<br />

del recettore GABA A determinando verosimilmente un aumento dei recettori GABA A extrasinaptici<br />

che mediano l’inibizione tonica dell’eccitabilità neuronale. In accordo, le correnti toniche inibitorie<br />

mediate dal GABA nelle cellule granulari del giro dentato dell’ippocampo degli animali isolati è<br />

aumentata rispetto a quella registrata negli animali di controllo. L’isolamento sociale potenzia<br />

inoltre l’effetto dell’EtOH sull’ampiezza delle mIPSCs mediate dal recettore GABA A , registrate nei<br />

neuroni piramidali della CA1, un effetto inibito dalla finasteride. L’assunzione volontaria di EtOH<br />

negli animali socialmente isolati abolisce la riduzione dei livelli cerebrocorticali e plasmatici di<br />

allopregnanolone e THDOC e l’aumentata potenza dell’EtOH sulle mIPSCs registrate nei neuroni<br />

della CA1, mentre induce un ulteriore aumento delle correnti toniche inibitorie.<br />

Nel loro insieme i risultati indicano che lo stress cronico indotto dall’isolamento sociale è associato<br />

ad una alterazione della struttura e della funzione del recettore GABA A e suggerisce che i livelli<br />

endogeni dei metaboliti del progesterone possano essere cruciali nel regolare l’eccitabilità<br />

neuronale.


REGOLAZIONE NEUROENDOCRINA ED AMBIENTALE DI PATOLOGIE<br />

METABOLICHE E COMPORTAMENTALI<br />

Alessandro Bartolomucci, Paola Palanza, Stefano Parmigiani<br />

Dipartimento di Biologia Evolutiva e Funzionale, Università di Parma<br />

Patologie metaboliche quali l’obesità e la cachessia sono spesso in comorbidità con disturbi immunitari e<br />

psicopatologie. Ad esempio, l’obesità può essere causata dal malfunzionamento di numerosi pathway<br />

metabolici ed essere aggravata da perturbazioni ambientali quali l’esposizione a stimoli stressanti.<br />

Similmente, la cachessia è associata di frequente con disordini dovuti ad iperattivazzione del sistema<br />

nervoso autonomo e a psicopatologie quali depressione o ansia. Un approccio sperimentale integrato che<br />

includa, l’utilizzo di appropriati modelli animali, l’analisi funzionale di specifici regolatori<br />

neuroendocrini, l’identificazione di nuovi mediatori delle funzioni neuroendocrine-autonomiche, è<br />

pertanto necessario per lo studio dei meccanismi sottostanti i disturbi metabolici e comportamentali. In<br />

relazione a questo, gli obiettivi della nostra ricerca sono:<br />

1) Fornire una cornice sperimentale congruente ed etologicamente rilevante per sviluppare modelli<br />

animali che permettano di discriminare il contributo relativo di fattori genetici, neuroendocrine ed<br />

ambientali sottostanti tali patologie. In particolare la nostra ricerca si incentra sull’utilizzo di modelli<br />

animali di stress psicosociale cronico, modulazione ambientale capace di determinare l’insorgenza di<br />

stati simil-depressivi, obesità e disordini immuno-endocrini (Bartolomucci et al., 2005; 2003;<br />

Palanza, 2001; Parmigiani et al., 1999). L’utilizzo di animali geneticamente modificati permette poi<br />

di determinare le basi genetiche della vulnerabilità individuale allo sviluppo di tali stati patologici.<br />

2) Determinare il contributo dei mediatori neuroendocrini a livello centrale (melanocortine/peptidi VGFderivati<br />

ecc.) e periferico (innervazione dei tessuti adiposi, proteine mitocondriali disaccoppianti)<br />

degli effetti metabolici risultati dall’esposizione a stress cronico (Bartolomucci et al., 2005);<br />

3) Caratterizzare il meccanismo d’azione e il ruolo neuroendocrine e metabolico di neuropeptidi di<br />

recente scoperta (Bartolomucci et al., 2006).<br />

Citazioni:<br />

Bartolomucci A, et al., TLQP-21, a VGF-derived peptide, increases energy expenditure and prevents the<br />

early phase of diet-induced obesity. Proc Natl Acad Sci U S A. 2006 103(39):14584-9.<br />

Bartolomucci A, et al., Social factors and individual vulnerability to chronic stress exposure. Neurosci<br />

Biobehav Rev. 2005 29(1):67-81.<br />

Bartolomucci A, Palanza P, Sacerdote P, Ceresini G, Chirieleison A, Panerai AE, Parmigiani S.<br />

Individual housing induces altered immuno-endocrine responses to psychological stress in male mice.<br />

Psychoneuroendocrinology. 2003 May;28(4):540-58.<br />

Palanza P. Animal models of anxiety and depression: how are females different Neurosci Biobehav Rev.<br />

2001 25(3):219-33.<br />

Parmigiani S, et al., Selection, evolution of behavior and animal models in behavioral neuroscience.<br />

Neurosci Biobehav Rev. 1999 23(7):957-69.


ASPETTI NEUROENDOCRINI NELL’ANORESSIA NERVOSA<br />

Rita Berardelli, Andreea Picu, Giovanni Abbatedaga, Roberta Giordano, Marcella Balbo, Lorenza<br />

Bonelli, Secondo Fassino, Ezio Ghigo, Emanuela Arvat, Laura Gianotti<br />

Div. Endocrinologia e Malattie del Metabolismo, Dip. <strong>Medicina</strong> Interna, Università di Torino<br />

L’anoressia nervosa (AN) è una patologia caratterizzata da diverse alterazioni endocrinologiche. La<br />

nostra ricerca è stata dedicata in particolare allo studio delle alterazioni dell’asse somatotropo e<br />

dell’asse ipotalamo-ipofisi-surrene (HPA). Nell’AN, l’attività dell’asse somatotropo si caratterizza per<br />

un’ ipersecrezione di GH sia basale sia stimolata, associata a ridotte concentrazioni di IGF-I,<br />

espressione di una ridotta sensibilità periferica al GH indotta dall’iponutrizione. Nostri precedenti studi<br />

hanno suggerito l’esistenza di primitive alterazioni ipotalamiche e/o sovraipotalamiche responsabili<br />

dell’iperesecrezione di GH in questa condizione patologica. In particolare, è stata dimostrata<br />

un’alterazione del controllo colinergico e _-adrenergico sulla secrezione di GH. D’altra parte, la<br />

sensibilità somatotropa all’infusione di somatostatina risulta essere preservata mentre sembra essere<br />

alterato il controllo da parte delle IGF-I. Tra i fattori metabolici coinvolti nell’alterazione della<br />

secrezione somatotropa è stato studiato il ruolo degli acidi grassi liberi (FFA), noti per avere un effetto<br />

inibitorio sulla liberazione di GH, che nell’AN sono spesso aumentati. I risultati ottenuti hanno<br />

indicato che, nonostante nell’AN l’ipersecrezione di GH si realizzi accanto all’aumento della lipolisi,<br />

la cellula somatotropa mantiene una normale sensibilità all’effetto inibitorio degli FFA. Nonostante<br />

l’AN si caratterizzi per una generale ipersecrezione somatotropa, nostri recenti studi hanno dimostrato<br />

una ridotta risposta secretoria a ghrelina, un ormone gastrico con importante effetto GH-secretagogo, a<br />

fronte di elevati livelli circolanti dell’ormone presenti in questa patologia, a suggerire una<br />

desensitizzazione all’effetto dell’ormone.<br />

Più recentemente i nostri studi sono stati indirizzati ad indagare l’attività dell’asse HPA nell’AN. E’<br />

stata dimostrata un’iperattivazione dell’asse solo in parte modulabile da fattori metabolici e<br />

farmacologici. Abbiamo valutato la risposta surrenalica alla somministrazione di ACTH esogeno a<br />

dosi sia massimali che submassimali dimostrando una preservata sensibilità all’ACTH in tali pazienti.<br />

Inoltre, nell’ipotesi di correlare l’ipersecrezione di cortisolo ad un mancato feedback inibitorio degli<br />

FFA, abbiamo studiato le risposte di ACTH e cortisolo ad un carico lipidico. E’ infatti noto che nei NS<br />

la somministrazione di FFA inibisce la secrezione di ACTH e cortisolo. I risultati dello studio hanno<br />

mostrato una preservata inibizione della secrezione corticotropa associata ad un’iperattivazione<br />

surrenalica solo parzialmente modulabile dalla somministrazione di FFA, probabilmente correlabile ad<br />

una diretta attività stimolatoria che gli FFA esercitano a livello surrenalico. Sono stati quindi studiati<br />

gli effetti neuroendocrini di psicofarmaci quali gli inibitori del reuptake della serotonina. In condizioni<br />

fisiologiche, il citalopram, uno dei più selettivi SSRI, presenta un effetto acuto stimolatorio sull’attività<br />

HPA e sulla secrezione lattotropa. Nell’AN, la somministrazione di citalopram ha indotto un aumento<br />

dei livelli di ACTH e PRL, associato ad una risposta surrenalica ridotta, suggerendo l’esistenza di una<br />

alterazione della sensibilità serotoninergica nella regolazione dell’attività surrenalica in questa<br />

condizione. Dai dati di queste ricerche e da quelli in letteratura emerge che nell’AN sono presenti<br />

importanti alterazioni neuroendocrine sostenute non solo dalle modificazioni nutrizionali ma anche<br />

verosimilmente da una primitiva compromissione del controllo ipotalamico.<br />

Sulla base di questi dati, le prossime ricerche saranno indirizzate a valutare in pazienti con AN: 1) gli<br />

effetti neuroendocrini di un trattamento cronico con citalopram, che nel soggetto normale risulta essere<br />

in grado di spegnere l’attività HPA; 2) gli effetti dell’alprazolam, una benzodiazepina che nei NS<br />

inibisce nettamente l’attività dell’asse HPA, al fine di descrivere se l’effetto neuroendocrino indotto<br />

dall’attivazione GABA-ergica sulla secrezione corticotropa sia preservato o meno in questa condizione<br />

patologica; 3) gli effetti della somministrazione acuta di canrenoato, un antagonista dei recettori per i<br />

mineralcorticoidi. E’ infatti noto che i MR localizzati a livello ippocampale rivestono un importante<br />

ruolo nella mediazione del feed-back inibitorio glucocorticoide e che gli antagonisti di tali recettori<br />

stimolano la secrezione di ACTH e cortisolo; inoltre vi è evidenza che in condizioni di cronica<br />

stimolazione dell’asse il feed-back inibitorio mediato da tali recettori è alterato. Tale condizione<br />

potrebbe essere presente anche nell’AN determinando un ridotto effetto del canrenoato in queste<br />

pazienti.


Calcium channels-secretion coupling in isolated adrenal chromaffin cells<br />

Andrea Marcantoni, Valentina Carabelli, Valentina Comunanza & Emilio Carbone<br />

Department of Neuroscienze, NIS Centre of Excellenze, CNISM Research Unit,<br />

Corso Raffaello 30, Torino<br />

Adrenal chromaffin cells represent an ideal system for studying the biophysics of voltage-gated<br />

Ca 2+ channels and their role on catecholamine secretion. Cat, rat and mouse chromaffin cells<br />

express mainly high-threshold Ca 2+ channels (L, N, P/Q and R-types) [1,5] and under chronic<br />

hypoxic conditions (3% O2) [2] or following long-term β-adrenergic modulation [3] they also<br />

express low-threshold T-type channels. High-threshold Ca 2+ channels are strictly coupled to the<br />

membrane receptors that are activated by the material released from the cells themselves and, thus,<br />

their functioning (degree and time course of activation) are conditioned by cell activity (autocrine<br />

modulation) [4]. Indeed, chromaffin cells possess high densities of opioidergic, purinergic and<br />

adrenergic receptors that are effectively activated by the released content of vesicles (0.5-1 M<br />

adrenaline, 100-200 mM ATP and 1-2 mM opioids). Activation of autoreceptors can either produce<br />

fast inhibition of Ca 2+ flowing through L-, N- and P/Q-type channels (direct modulation) [5, 6] or<br />

slow up-regulation of L-type currents through a cAMP/PKA pathway (remote modulation) [7] that<br />

auto-regulate hormone release depending on whether the cells are at rest, mildly stimulated or<br />

activated by sustained sympathetic stimuli. Besides controlling the release of catecholamines,<br />

voltage-gated Ca 2+ channels shape the action potential profile and through their coupling to “big”<br />

K + channels control the “pace-maker” current underlying the autorythmic firing activity of the cells<br />

[8].<br />

Recently, we measured fast secretory events using high-resolution methods such as<br />

“capacitance changes” and electrochemical detection of secretory events. Through the capacitance<br />

changes we are now able to measure fast secretion in the order of 10 to 30 fF (corresponding to the<br />

fusion of 10-30 vesicles) following applications of brief pulses of Ca 2+ (100-200 ms) capable of<br />

saturating the readily-releasable pool of vesicles and determine the probability of vesicle release<br />

under different physiological and pathological conditions [9, 10]. Electrochemical detection<br />

(amperometry) using carbon fibers of 5 µm diameter located close to the cell surface allows to<br />

reveal vesicle fusion and the release of catecholamines associated to single secretory events<br />

(quantal units). Off-line analysis of the time course of quantal events and of their frequency of<br />

occurrence [2] enable detailed studies of the molecular mechanisms, which are at the basis of Ca 2+ -<br />

dependent neurosecretion.<br />

Bibliography<br />

1 – Albillos et al. 1994. J Physiol 477:197-213<br />

2 – Carabelli et al. 2007. (submitted)<br />

3 – Novara et al. 2004. J Physiol 558:433-449<br />

4 – Carabelli et al. 1998. Neuron 20:1255-1268<br />

5 – Hernàndez Guijo et al. 1999. Eur J Neurosci 11:3574-3584<br />

6 – Albillos et al. 1996. Eur J Neurosci. 8:1561-1570<br />

7 – Cesetti et al., 2003. J Neurosci 23:73-83<br />

8 – Marcantoni et al. 2007. (submitted)<br />

9 – Carabelli et al. 2003. Biophys J 85:1326-1337<br />

10 – Giancippoli et al. 2006. Biophys J 90:1830-1841


LA COMPARSA PRECOCE DELLA TOLLERANZA ALL’EFFETTO IPOFAGIZZANTE<br />

DELL’ANTAGONISTA DEL RECETTORE DEI CANNABINOIDI SR141716 NON<br />

ANNULLA IL BLOCCO DELL’EFFETTO ORESSIGENICO DI HEXARELINA, UN<br />

AGONISTA DEL RECETTORE DELLA GHRELINA<br />

Gloria Bigi<br />

Dipartimento di <strong>Farmacologia</strong>, Chemioterapia e Tossicologia Medica, Università degli<br />

Studi di Milano<br />

La ghrelina, un peptide di 28 aminoacidi, prodotto principalmente a livello gastrico, è un<br />

potente stimolo oressigenico per molti animali, tra cui l’uomo. Il peptide, attivando il<br />

recettore dei GH secretagoghi (GHS-R), stimola specifiche aree ipotalamiche implicate nel<br />

controllo dell’assunzione di cibo, in particolar modo il nucleo paraventricolare. Più<br />

precisamente, la ghrelina agirebbe stimolando la via oressigenica del neuropeptide Y<br />

(NPY), dell’oressina e del peptide correlato all’Agouti (AgRP) e, contemporaneamente,<br />

inibendo il sistema anoressigenico propomelanocortinico. Non si esclude il coinvolgimento<br />

di altri sistemi neuropeptidergici e/o neurotrasmettitoriali.<br />

È noto che l’assunzione di cibo è modulata anche dal sistema degli endocannabinoidi. La<br />

somministrazione di composti derivati dalla cannabis come il _ 9 -tetraidrocannabinolo (_ 9 -<br />

THC) stimola l’assunzione di cibo, mentre l’antagonista del recettore dei cannabinoidi di<br />

tipo 1 (CB 1 ) SR141716 (Rimonabant) esercita un’azione anoressigenica.<br />

Analogamente agli effetti della ghrelina, i neuroni del nucleo paraventricolare sono<br />

estremamente sensibili anche alle azioni dei cannabinoidi esogeni ed endogeni, come<br />

dimostrato dall’induzione dell’espressione di c-fos dopo somministrazione di un agonista.<br />

Anche se l’SR141716 riduce in modo dose-dipendente sia l’assunzione di cibo che il peso<br />

corporeo nelle fasi iniziali di un trattamento cronico nel ratto, entro 5 giorni si sviluppa un<br />

fenomeno di tolleranza all’effetto ipofagizzante. Ciononostante, il peso corporeo rimane<br />

marcatamente ridotto per l’intera durata del trattamento.<br />

Attualmente non si conoscono le ragioni del mantenimento della riduzione del peso<br />

corporeo indotta da SR141716, anche se sono stati proposti diversi meccanismi centrali<br />

e/o periferici.<br />

Lo scopo del presente lavoro di tesi era quello di valutare se nel ratto, reso tollerante<br />

all’effetto ipofagizzante di SR141716, il composto fosse ancora capace di bloccare la<br />

spiccata attività oressigenica di hexarelina, un agonista di GHS-R. Parallelamente, si è


voluto verificare se differenti schemi di somministrazione di SR141716 (per esempio,<br />

somministrazione a giorni alterni) fossero capaci di contrastare/ritardare il fenomeno della<br />

tolleranza all’effetto ipofagizzante del farmaco.<br />

Nell’esperimento acuto, ciascuna dose di SR141716 (1, 5 e 10 mg/Kg, i.p.) riduceva<br />

significativamente l’assunzione di cibo rispetto ai ratti trattati con veicolo; al contrario,<br />

hexarelina (160 _g/Kg, s.c.) stimolava marcatamente l’assunzione di cibo.<br />

Interessantemente, tutte le dosi di SR141716 erano capaci di ridurre l’effetto oressigenico<br />

dell’agonista di GHS-R somministrato acutamente.<br />

La somministrazione di SR141716 per 15 giorni (10 mg/Kg, i.p.) riduceva sia l’assunzione<br />

di cibo che il peso corporeo. Come atteso, entro 5 giorni, si sviluppava tolleranza all’effetto<br />

ipofagizzante dell’antagonista del recettore CB 1 , ma, al contrario, il peso corporeo<br />

rimaneva al di sotto di quello del gruppo controllo per l’intera durata del trattamento.<br />

Nonostante lo sviluppo della tolleranza all’effetto ipofagizzante, l’elemento più interessante<br />

era che SR141716 era capace di sopprimere l’effetto oressigenico di prove di stimolazione<br />

acuta con hexarelina ripetute durante l’intero esperimento cronico.<br />

Infine, la somministrazione di SR141716 a giorni alterni (10 mg/Kg, i.p.), per 10 giorni, non<br />

era in grado di ridurre il peso corporeo a causa di un aumento a “rimbalzo” dell’assunzione<br />

di cibo nell’intervallo che precedeva la successiva somministrazione dell’antagonista del<br />

recettore CB 1 .<br />

In conclusione, i risultati del presente lavoro di tesi confermano l’esistenza di<br />

un’interazione funzionale tra ghrelina ed endocannabinoidi nel controllo dell’assunzione di<br />

cibo e dimostrano la capacità di un antagonista del recettore CB 1 di sopprimere l’iperfagia<br />

conseguente a un potente stimolo oressigenico. Perché l’SR141716 possa ridurre<br />

efficacemente il peso corporeo, è necessario che il sistema endocannabinoide sia<br />

costantemente soppresso.


EFFETTI DI GHRELIN IN FORMA ACILATA E NON<br />

SPONTANEA E STIMOLATA DI GONADOTROPINE<br />

ACILATA SULLA SECREZIONE<br />

Lorenza Bonelli, Fabio Lanfranco, Matteo Baldi, Marcella Balbo, Rita Berardelli, Andreea Picu, Roberta<br />

Giordano, Emanuela Arvat, Ezio Ghigo<br />

Div. Endocrinologia e Malattie del Metabolismo, Dip. <strong>Medicina</strong> Interna, Università di Torino<br />

Ghrelin è un peptide acilato di 28 aminoacidi recentemente isolato dallo stomaco di ratto e dallo stomaco<br />

umano, dotato di una potente attività GH-liberatrice mediata dai recettori ipotalamo-ipofisari per i GHsecretagoghi<br />

(GHS-R). È stato dimostrato che ghrelin è molto più di un semplice GH secretagogo naturale<br />

poichè agisce anche su altri recettori centrali e periferici esercitando numerose azioni, quali la stimolazione<br />

della secrezione lattotropa e corticotropa. Ghrelin stimola inoltre l’introito di cibo e provoca un aumento di<br />

peso, suggerendo che ghrelin giochi un ruolo modulatorio sul comportamento alimentare e sul bilancio<br />

energetico.I livelli plasmatici di ghrelin sono elevati durante digiuno prolungato, una condizione che si<br />

associa ad una ridotta attività riproduttiva. Elevati livelli di ghrelin sono infatti riscontrati nell’anoressia<br />

nervosa. Dati recenti indicano che ghrelin può partecipare alla modulazione dell’asse ipotalamo-ipofisigonadi<br />

con un effetto prevalentemente inibitorio sulla funzione riproduttiva in primati, pecore e ratti.<br />

Nell’animale è stato dimostrato che ghrelin inibisce la secrezione di ormone luteinizzante (LH) in vivo, e<br />

diminuisce la risposta di LH a GnRH in vitro; la somministrazione ripetuta di ghrelin ha indotto un parziale<br />

ritardo di sviluppo puberale in ratti maschi. Infine, il trascritto di ghrelin e del suo recettore è stato identificato<br />

nelle gonadi di ratto e umane, ed è stato descritto che ghrelin inibisce la secrezione stimolata di testosterone a<br />

livello testicolare. Dati preliminari nell’uomo hanno indicato che la somministrazione acuta a bolo di<br />

differenti dosi di ghrelin (0.2 – 1 – 5 – 10 µg/kg) in maschi normali non modifica la secrezione di LH e FSH.<br />

Sulla base di queste premesse abbiamo valutato gli effetti della somministrazione prolungata e.v. di ghrelin<br />

acilato in soggetti normali eugonadici sulla secrezione pulsatile delle gonadotropine e sulla secrezione degli<br />

steroidi gonadici. E’ stato evidenziato che l’infusione di ghrelin acilato ha soppresso la pulsatilità di LH in<br />

tutti i soggetti, mentre non si sono osservate variazioni significative della secrezione di FSH. I livelli di<br />

testosterone nei maschi e di 17-beta-estradiolo nelle femmine sono risultati significativamente ridotti al<br />

termine dell’infusione di ghrelin acilato. I risultati di questo studio dimostrano che l’infusione prolungata di<br />

ghrelin acilato esercita un ruolo inibitorio sulla secrezione pulsatile di LH in soggetti normali, suggerendo che<br />

ghrelin possa agire direttamente a livello ipofisario e/o ipotalamico. Al fine di valutare se l’azione inibitoria di<br />

ghrelin fosse esplicata a livello ipofisario o sovraipofisario, abbiamo valutato l’effetto di ghrelin sulla<br />

secrezione stimolata di gonadotropine in un gruppo di soggetti di sesso maschile. Le risposte di LH e FSH al<br />

GnRH durante salina sono risultate simili a quelle registrate durante infusione di ghrelin acilato indicando che<br />

tale ormone inibisce la secrezione pulsatile di LH ma non la risposta di LH a GnRH. Dunque ghrelin, per lo<br />

meno nella sua forma acilata, esercita un effetto inibitorio sull’asse gonadico nei maschi attraverso un’azione<br />

ipotalamica. Per discriminare se l’azione si svolga a livello ipotalamico o sovraipotalamico abbiamo in<br />

progetto la valutazione degli effetti di ghrelin sulla secrezione di gonadotropine in risposta al naloxone.<br />

Un recente studio ha documentato la capacità di grelin des-acilato (UAG) di riprodurre gli effetti inibitori di<br />

ghrelin sui livelli sierici di LH in ratti maschi adulti. Iniezioni giornaliere di ghrelin acilato o UAG a ratti<br />

maschi durante la pubertà hanno ridotto in modo simile i livelli sierici di LH e hanno parzialmente ritardato<br />

l’avvio dello sviluppo puberale. Analogamente, l’infusione continua di ghrelin acilato o UAG in ratti maschi<br />

adulti ha determinato una significativa riduzione dei livelli medi di LH e FSH. Questi dati indicano per la<br />

prima volta la capacità di UAG, considerata inizialmente una forma inerte della molecola, di mimare le azioni<br />

di ghrelin acilato sulla secrezione di LH. Stiamo attualmente valutando gli effetti nell’uomo di un’infusione<br />

prolungata di UAG sulla secrezione di gonadotropine.


SISTEMA SEROTONINERGICO E REGOLAZIONE NEURO-ORMONALE<br />

Marcella Balbo, Andreea Picu, Rita Berardelli, Lorenza Bonelli, Roberta Giordano, Ezio Ghigo,<br />

Emanuela Arvat<br />

Div. Endocrinologia e Malattie del Metabolismo, Dip. <strong>Medicina</strong> Interna, Università di Torino<br />

Uno dei principali indirizzi di ricerca in questo ambito ha per oggetto la neuroregolazione dell’asse<br />

ipotalamo-ipofisi-surrene ed, in particolare, il ruolo complesso del sistema serotoninergico nella<br />

modulazione di tale asse. Le premesse di questa linea di studi si fondano sul noto, e non secondario, ruolo<br />

della serotonina come mediatore, a livello centrale, di differenti funzioni endocrine e non endocrine. Sono<br />

stati dimostrati, infatti, plurimi effetti sulla secrezione delle tropine ipofisarie: un effetto prevalentemente<br />

stimolatorio sul GH e sulla PRL, inibitorio sul TSH, duplice (sia stimolatorio, sia inibitorio) sulle<br />

gonadotropine. Il ruolo del sistema serotoninergico sulla regolazione dell’asse HPA e sulla modulazione<br />

di sue importanti caratteristiche (secrezione basale, ritmo circadiano, risposta allo stress, feedback<br />

negativo dei glucocorticoidi), sembra essere prevalentemente eccitatorio, mediato dall’azione di diversi<br />

tipi recettoriali presenti sia a livello ipotalamico sia a livello ipofisario, sebbene sia stato riportato anche<br />

un effetto inibitorio della serotonina sui livelli di ACTH e cortisolo. Il sistema serotoninergico, è stato<br />

ipotizzato essere coinvolto nella genesi di varie patologie psichiatriche, quali la depressione maggiore e i<br />

disturbi del comportamento alimentare oltre che in svariate condizioni di alterazione funzionale dell’asse<br />

HPA, quali gli stati di ipercortisolismo funzionale (invecchiamento, obesità). Lo studio dell’assetto del<br />

sistema serotoninergico si è poi ritenuto poter essere di notevole interesse anche in modelli patologici in<br />

ambito più strettamente metabolico. Recenti evidenze hanno, infatti, dimostrato, in pazienti affetti da<br />

diabete mellito tipo 2 trattati nell’ambito di gruppi di educazione ‘Group Care’, un miglioramento del<br />

compenso glico-metabolico significativamente superiore rispetto a pazienti trattati individualmente,<br />

associato ad un miglioramento di parametri della qualità di vita, dello stato di soddisfazione personale e<br />

del grado di conoscenza di malattia. Tali evidenze possono suggerire, quindi, il coinvolgimento di un<br />

diverso assetto neuro-ormonale nella genesi delle differenze metaboliche dimostrate nei due gruppi di<br />

pazienti.<br />

Sulla base di tali premesse si è dato avvio ad una serie di studi che indagassero, tramite somministrazione<br />

di citalopram, inibitore selettivo del reuptake della serotonina, la funzione serotoninergica nell’uomo in<br />

condizioni fisiologiche ed in diversi modelli patologici (diabete mellito, anoressia nervosa).<br />

Gli studi relativi alla risposta neuroendocrina alla somministrazione acuta di citalopram, condotti in<br />

uomini e donne sani divisi per fasce d’età (giovani-adulti, 20-30 anni, middle-aged, 50-60 anni) hanno<br />

permesso di evidenziare significative differenze età e sesso correlate. I dati preliminari mostrano, a fronte<br />

di livelli basali di ACTH e cortisolo sostanzialmente sovrapponibili nei due gruppi, la presenza, nei<br />

soggetti middle-aged, di livelli di DHEA già significativamente ridotti, in accordo con il declino etàdipendente<br />

dell’attività della zona reticolare surrenalica. Il citalopram mostra la tendenza a determinare<br />

una risposta più spiccata di ACTH e cortisolo nei soggetti middle-aged rispetto ai giovani, in accordo con<br />

una generale ipereccitabilità età-dipendente dell’asse. Peraltro, l’aumentata capacità stimolatoria del<br />

citalopram nei soggetti middle-aged è chiaramente presente nei maschi ma, sorprendentemente, assente<br />

nelle femmine. La condizione di ipoestrogenismo che caratterizza le donne in questa fascia di età<br />

potrebbe giocare un ruolo cruciale nella perdita della capacità modulatrice del sistema serotoninergico<br />

sull’asse HPA. I dati relativi ai pazienti diabetici hanno permesso di evidenziare la perdita della<br />

modulabilità dell’asse HPA in pazienti trattati con terapia individuale convenzionale, ma il mantenimento<br />

di una risposta corticotropa e surrenalica, sovrapponibile a quella dei soggetti sani di pari età, nei soggetti<br />

trattati nell’ambito di gruppi educazionali “Group Care”. Tale dato sembrerebbe, dunque confermare<br />

l’ipotesi iniziale di una importante correlazione tra asse serotoninergico, assetto neuro-ormonale e<br />

compenso glico-metabolico.<br />

Sulla base di questi dati, le prossime ricerche saranno indirizzate a: 1) estendere lo studio degli effetti<br />

sesso- ed età-dipendenti del citalopram valutando la risposta in soggetti in età geriatrica e l’influenza di<br />

un trattamento sostitutivo estrogenico in donne post-menopausali; 2) valutare gli effetti neuroendocrini<br />

del citalopram in altri modelli patologici, al fine di chiarire ulteriormente il ruolo del sistema<br />

serotoninergico sulla modulazione neuro-ormonale, in termini fisiopatologici ed in relazione a possibili<br />

implicazioni cliniche.


VGF protein as precursor of different biological active peptides.<br />

Roberta Possenti*+, Cinzia Severini* and Andrea Levi*.<br />

*INMM-CNR Rome and +Dept Neuroscience Univ Tor Vergata Rome<br />

The vgf gene encodes for the VGF (non-achronymic name) precursor protein of 617 amino<br />

acids in rat and 615 in human with 85% homology. The protein is expressed in subpopulations of<br />

cells in central and periferical nervous systems, and in endocrines tissues as pituitary, adrenal<br />

medulla gastroenteric tract etc.<br />

MKTFTLPASVLFCFLLLIRGLGAAPPGRSDVYPPPLGSEHNGQVAEDAVSRPKDDSVPEVRA<br />

ARNSEPQDQGELFQGVDPRALAAVLLQALDRPASPPAVPAGSQQGTPEEAAEALLTESVRS<br />

QTHSLPASEIQASAVAPPRPQTQDNDPEADDRSEELEALASLLQELRDFSPSNAKRQQETA<br />

AAETETRTHTLTRVNLESPGPERVWRASWGEFQARVPERAPLPPSVPSQFQARMSENVPLP<br />

ETHQFGEGVSSPKTHLGETLTPLSKAYQSLSAPFPKVRRLEGSFLGGSEAGERLLQQGLAQ<br />

VEAGRRQAEATRQAAAQEERLADLASDLLLQYLLQGGARQRDLGGRGLQETQQERENER<br />

EEEAEQERRGGGEDEVGEEDEEAAEAEAEAEEAERARQNALLFAEEEDGAEDKRSQEEAP<br />

GHRRKDAEGTEEGGEEDDDDEEMDPQTIDSLIELSTKLHLPADDVVSIIEEVEEKRKRKKN<br />

APPEPVPPPRAAPAPTHVRSPQPPPPAPARDELPDWNEVLPPWDREEDEVFPPGPYHPFPNY<br />

IRPRTLQPPASSRRRHFHHALPPARHHPDLEAQARRAQEEADAEERRLQEQEELENYIEH<br />

VLLHRP<br />

The VGF protein is sorted into the secretory pathway (signal peptide italics) where it is<br />

proteolytically processed by the prohormon convertases (cleavage residues bold characters). The<br />

processing of the VGF precursor molecule gives rise to several low molecular weight species. We<br />

have studied a range of neuroendocrine and neuronal cells and we have pointed out that the<br />

prominent VGF-processing products are NAAP-162 and TLQP-62 and HFHH-50 (C-terminal<br />

underlined sequences).<br />

A peptide of 30aa (AQEE-30) has been also purified by bovine pituitary gland. N-terminal<br />

derived fragments (APPG-38/41) and an internal peptide (GGGE-43) have been extracted from<br />

human cephalo-rachidial fluid (underlined sequences) and they appear as new markers of<br />

pathological conditions as Dementia, A.D., ALS and others.<br />

Several VGF derived peptid,s using the specific antibodies raised against the C-terminal<br />

region, were purified from rat brain. Some of these peptides were studied in vivo and in vitro:<br />

TLQP-62 and AQEE-30 induce synaptic charge in rat hippocampus neurons, while AQEE-30 and<br />

LQEQ-19 induce penile erection in male rats. Chronic (14 days) administration of TLQP-21 by icv<br />

injection is able to increase energy expenditure. This peptide shows also modulatory pronociceptive<br />

effect on an in vivo model of formalin inflammation.<br />

The activity of most peptides was investigated in different organs using in vitro assays.<br />

TLQP-30 and TLQP-21 peptides are able to induce a dose-dependent contraction of rat isolated<br />

gastric fundus and TLQP-21 shows uterus contraction in a specific hormonal cycle state.<br />

C-terminal derived peptides have also protective anti-apoptotic action on primary culture of<br />

cerebellar granule cells, and they also show a prolactin stimulatory effect on GH3 cell line.<br />

Other physiological activities are under investigation.


Patologie endocrino-metaboliche e alterazioni qualitative e quantitative del sonno. Risultati<br />

preliminari di studi actigrafici nell’uomo.<br />

Fabrizio Riganti, Elena Gramaglia, Marcella Balbo, Lorenza Bonelli, Roberta Giordano, Emanuela<br />

Arvat, Ezio Ghigo, Fabio Broglio<br />

Divisione di Endocrinologia e Metabolismo, Dipartimento di <strong>Medicina</strong> Interna, Università di<br />

Torino.<br />

E’ ormai nozione consolidata che il sonno non è un rallentamento passivo di funzioni biologiche,<br />

ma è invece caratterizzato dall’attivazione di specifiche aree cerebrali e profondamente influenza<br />

numerose funzioni biologiche centrali e periferiche. Tra queste, particolare interesse è stato rivolto<br />

alle variazioni di funzioni endocrino-metaboliche in rapporto alla ciclicità sonno-veglia. In<br />

particolare il sonno ad onde lente è stato documentato svolgere un ruolo stimolatorio di per sè sulle<br />

secrezioni somatotropa e lattotropa, e modulatorio sulla circadianità intrinseca delle attività degli<br />

assi corticotropo e tireotropo. Come le funzioni endocrine, anche il metabolismo glicidico appare<br />

essere profondamente influenzato dal ritmo sonno-veglia e tale relazione, come suggerito da recenti<br />

studi sperimentali, potrebbe rivestire un importante significato clinico. Infatti, in accordo con<br />

l’evidenza che la restrizione di sonno sia acuta sia prolungata induce una significativa<br />

compromissione della tolleranza glucidica, recenti studi epidemiologici sembrano suggerire un<br />

possibile ruolo della progressiva riduzione della quantità di sonno dichiarata nel corso dell’ultimo<br />

secolo nei paesi occidentali quale concausa dell’incremento dell’incidenza della sindrome<br />

metabolica. A fronte tuttavia delle numerosi dati presenti sul ruolo modulatorio del sonno su<br />

funzioni endocrino-metaboliche, assai poche informazioni sono invece disponibili sugli effetti di<br />

alterazioni endocrino-metaboliche sul sonno. Sulla base di tale premessa, scopo dei nostri studi è<br />

stato pertanto di fornire una valutazione qualitativa e quantitativa del sonno in pazienti affetti da<br />

patologie endocrino-metaboliche. A tal fine sono stati studiati 47 pazienti affetti da Diabete Mellito<br />

tipo 2, 16 pazienti affetti da Morbo di Addison, 4 pazienti affetti da Sindrome di Cushing e 6<br />

pazienti affetti da Morbo di Basedow. La comorbidità con patologie note per influenzare di per sè<br />

qualità e/o quantità del sonno è stata considerata criterio di esclusione alla partecipazione allo<br />

studio. La valutazione del sonno è stata effettuata mediante actigrafia al polso (Actiwatch, Mini<br />

Mitter Co., Inc.; Bend, OR, USA) per tre giorni consecutivi infrasettimanali standard. I risultati<br />

sono stati confrontati con quelli ottenuti in un gruppo di soggetti di controllo di pari età, sesso e<br />

peso corporeo. I risultati ottenuti hanno mostrato nei pazienti affetti da diabete mellito, in assenza di<br />

complicanze d’organo e/o comorbidità confondenti, una riduzione significativa dell’efficienza di<br />

sonno e della percentuale di sonno effettivo, parallelamente a un netto incremento degli indici di<br />

frammentazione del sonno, di attività totale notturna e della percentuale di tempo notturno in<br />

movimento. Tali alterazioni non sono risultate correlare significativamente con lo stato di compenso<br />

glico-metabolico. Analogamente, seppur con i limiti indotti dalla limitata numerosità del campione<br />

studiato, nei pazienti affetti da Sindrome di Cushing (3 ACTH-dipendente e 1 ACTH-indipendente)<br />

di nuova diagnosi è stata osservata una significativa riduzione della percentuale di sonno effettivo<br />

ed un incremento della frammentazione del sonno e degli indici di movimento notturno. Al<br />

contrario, nessuna alterazione statisticamente significativa dei parametri actigrafici è stata invece<br />

riscontrata nei pazienti affetti da morbo di Addison in terapia sostitutiva. Infine, in accordo con il<br />

frequente riporto anamnestico, i pazienti affetti da ipertiroidismo franco secondario a Morbo di<br />

Basedow hanno mostrato una significativa riduzione della percentuale di sonno effettivo ed un<br />

incremento della frammentazione del sonno e degli indici di movimento notturno. In conclusione, i<br />

risultati di questi studi, seppur talora preliminari, mostrano la presenza di alterazioni qualitative e<br />

quantitative del sonno in diverse condizioni di alterata funzione endocrino-metabolica. In<br />

considerazione del noto impatto cardio-metabolico della compromissione quali/quantitativa del<br />

sonno, tale riscontro appare meritevole di ulteriore approfondimento.


GLUTEN EXORPHIN B5: UN PEPTIDE OPPIOIDE ALIMENTARE<br />

IN CERCA DI AZIONI BIOLOGICHE<br />

Alessandro Delitala, Giuseppe Fanciulli, Giuseppe Delitala<br />

Istituto di Clinica Medica, Facoltà di <strong>Medicina</strong> e Chirurgia, Università di Sassari<br />

Agli inizi degli anni 90, un gruppo di farmacologi dell’Università di Tokio identificò,<br />

mediante frammentazione enzimatica del glutine, dei piccoli peptidi (tetra e pentapeptidi)<br />

dotati di azione oppioide in vitro. Tali peptidi vennero chiamati, per la loro origine<br />

alimentare e la loro analogia strutturale con alcuni peptidi oppioidi endogeni, Gluten<br />

Exorphins.<br />

Nei 10 anni successivi alla loro scoperta furono pubblicati due soli altri lavori relativi alle<br />

Gluten Exorphins: un primo studio sulla azione della Gluten Exorphin A5 (Gly-Tyr-Tyr-<br />

Pro-Thr) sul Sistema Nervoso Centrale (SNC) e un secondo sull’azione della A5 e della B5<br />

(Tyr-Gly-Gly-Trp-Leu, un analogo strutturale della Leu-Encefalina) sulla secrezione<br />

insulinica.<br />

Nonostante l’esiguità della letteratura scientifica sull’argomento, le divulgazioni non<br />

scientifiche sulle “proprietà” delle Gluten Exorphins ebbero in tale decennio una<br />

larghissima diffusione in alcuni Paesi, in particolare negli Stati Uniti e in Norvegia;<br />

sull’asserto che l’assunzione di glutine determinasse anche in vivo rilascio di sostanze<br />

oppioidi, e che tali oppioidi avessero un impatto negativo sul SNC, si tentarono, proprio in<br />

Norvegia (Università di Oslo) dei trial sulla instaurazione di una dieta gluten-free in<br />

popolazioni con patologie psichiatriche; nel contempo aziende statunitensi lanciarono sul<br />

mercato proteasi (in formulazioni orali) “in grado di indurre il breakdown delle Gluten<br />

Exorphins assunte con il cibo”, allo scopo di “evitarne il loro assorbimento e i loro effetti<br />

tossici”.<br />

A partire dal 2002 il nostro gruppo di ricerca ha pubblicato alcuni studi in vivo sull’azione<br />

delle Gluten Exorphins: in particolare la B5 si è dimostrata in grado di determinare un<br />

incremento dei livelli di Prolattina (PRL) nel ratto (azione mediata da stimolazione di<br />

recettori oppioidi localizzati esternamente alla Barriera Emato-Encefalica); è stata inoltre<br />

identificata la porzione di molecola necessaria alla estrinsecazione della sua attività sulla<br />

secrezione di PRL in vivo.<br />

Parallelamente agli studi sulla loro azione farmacologica, il nostro gruppo ha proceduto alla<br />

messa a punto del dosaggio delle Gluten Exorphins nei liquidi biologici: attualmente si<br />

dispone di metodiche di Spettrometria di Massa in grado di quantificare nel Liquido<br />

Cerebrospinale concentrazioni di A5 e B5 inferiori al ng/ml.<br />

Infine, la recentissima identificazione (2007) della B5 nel plasma di soggetti con alterazioni<br />

della permeabilità intestinale (Intolleranza al Glutine) potrebbe aprire nuovi scenari nella<br />

ricerca sulle Gluten Exorphins, in particolare sul loro (possibile) ruolo sul SNC.


RETINOIDS AND DOPAMINE RECEPTOR SUBTYPE 2 EXPRESSION IN HUMAN<br />

SECRETING AND NON SECRETING ADENOMAS<br />

Bondioni S., A.R.Angioni, G. Mantovani, M.Locatelli * , P. Rampini * , S. Ferrero § , E.Ferrante,<br />

P.Beck-Peccoz, A.Spada, A.G.Lania.<br />

Dept. of Medical Sciences, Endocrine-Metabolic Unit, University of Milan, Fondazione Ospedale<br />

Maggiore IRCCS Milano, *Dept.of Neurosurgery, Fondazione Ospedale Maggiore IRCCS Milano;<br />

§ Pathology Unit, Dept of Medicine, Surgery and Dentistry, A. O. San Paolo, Milan.<br />

It has been demonstrated that dopamine receptor subtype 2 (DR2) promoter contains a functional<br />

retinoic acid response element possibly involved in the control of DR2 expression as demonstrated<br />

by the low DR2 protein levels in animal models lacking this regulatory domain. Aim of the study<br />

was to evaluate the effect of 9-cis-retinoic acid (RA) treatment on DR2 expression in 16 human<br />

secreting and non-secreting pituitary adenomas (9 NFPA, 5 GH-omas, 2 PRL-omas). In basal<br />

conditions, variable levels of D2R protein were detected by immunoblotting in most tumors,<br />

without significant differences between NFPA and GH-omas. Conversely, the signal was absent in<br />

the two PRL-omas investigated. Cell exposure to RA (100 nM) increased DR2 protein levels in 5/9<br />

NFPA and 3/5 GH-omas, while no modification were observed in PRL-omas. These data were<br />

further confirmed at the mRNA levels since in non-responder tumors, RA treatment did not affect<br />

DR2 mRNA levels. Immunohistochemistry showed a homogeneous pattern of retinoic acid receptor<br />

RXRα, RXRβ and RXRγ isoforms expression without any correlations with the induction of DR2,<br />

thus suggesting that the absent D2R induction by RA in individual tumors was not related to RA<br />

receptor deficiency. Finally, RA did not significantly modify in vitro GH release from 3 cultured<br />

GH-omas, while induced a 67% stimulation of PRL release from the prolactinoma. In conclusion,<br />

the study showed that D2R was induced by RA in a consistent number of pituitary tumors,<br />

suggesting the existence of interaction between RA and D2R in human pituitary cells. However, the<br />

main goal of the study, i.e. the induction of D2R expression in prolactinomas, the tumor type that<br />

recognizes loss of D2R as a major cause of unresponsiveness to medical therapy, was not achieved.


The third intracellular loop of human SST5 is crucial for receptor internalization after SS28<br />

stimulation<br />

Erika Peverelli 1 , Giovanna Mantovani 1 , Andrea Lania 1 , Davide Calebiro, Andrea Doni 2 , Sara<br />

Bondioni 1 , Paolo Beck-Peccoz 1 , Anna Spada 1<br />

1-Unità di Endocrinologia, Dipartimento di Scienze Mediche, Fondazione Policlinico IRCCS,<br />

Università di Milano, Milano; 2-Istituto Clinico Humanitas, Rozzano (MI)<br />

Somatostatin (SS) is a widely distributed polypeptide that exerts inhibitory effects on hormone<br />

secretion and cell proliferation by interacting with five different receptors (SST1-SST5), that<br />

display important differences in tissue distribution, coupling to second messengers, affinity for SS<br />

and intracellular trafficking. SS analogues currently used in the treatment of acromegaly inhibit<br />

hormone secretion and cell proliferation by binding to SST2 and 5. Beta-arrestins have been<br />

implicated in regulating SST internalization but the structural domains mediating this effect are<br />

largely unknown. The aim of this study was to characterize the intracellular mechanisms<br />

responsible for internalization of human SST5 in the rat pituitary cell line GH3. To this purpose we<br />

evaluated by fluorescence microscopy SS28-mediated trafficking of receptor fused to DsRed2 and<br />

beta arrestin-1 or -2 fused to EGFP. To identify the SST5 structural domains involved in these<br />

processes, we evaluated progressive C-terminal truncated proteins, SST5 mutants in which serine,<br />

threonine or acidic residues within the third cytoplasmic domain were mutated (S242A, T247A and<br />

E243A) and a naturally occurring R240W mutant in the third intracellular loop previously found in<br />

one acromegalic patient resistant to somatostatin analogues. We tested the ability of these mutants<br />

to associate with beta arrestin and to internalize under agonist stimulation. The truncated mutants<br />

are comparable to the wild-type receptor with respect to beta arrestin recruitment and<br />

internalization, whereas third cytoplasmic loop mutants show a significantly reduced internalization<br />

and arrestin translocation upon SS28 stimulation. Our results indicate SST5 third intracellular loop<br />

as an important mediator of beta arrestin/receptor interaction and receptor internalization, while the<br />

role of the C-terminal tail would be to sterically prevent beta-arrestin/receptor interaction in basal<br />

conditions.


SOMATOSTATIN ANALOGUES AND GHRH ANTAGONISTS INHIBIT ECTOPIC<br />

ENDOMETRIAL CELL PROLIFERATION AND SURVIVAL<br />

Marta Annunziata, Letizia Trovato, Fabio Settanni, Cristina Grande, Marco Camanni*, Francesco<br />

Deltetto*, Ezio Ghigo, Riccarda Granata.<br />

Molecular and Cellular Endocrinology Laboratory, Department of Internal Medicine, University of<br />

Turin. *Valdese Hospital, Turin.<br />

Endometriosis, the presence of endometrial cells outside the uterus, is a common estrogendipendent<br />

disorder that results in pelvic pain and infertility. Ectopic endometrium (outside the<br />

uterus) shows increased proliferation, impaired sensitivity to apoptosis, and different gene<br />

expression profiling with respect to eutopic endometrium (inside the uterus). Somatostatin (SS) and<br />

growth hormone-releasing hormone (GHRH) are hypothalamic hormones that respectively inhibit<br />

and stimulate pituitary GH secretion. In addition, in peripheral tissues somatostatin and its<br />

analogues inhibit while GHRH stimulates both normal and cancer cell growth and survival. These<br />

extra-pituitary effects are mediated by a family of five somatostatin receptor subtypes (SSTR1 to 5)<br />

and by the GHRH receptor (GHRH-R), particularly the splice variant 1 (SV1). Moreover GHRH<br />

antagonists act as antiproliferative molecules in normal and tumoral cells. Interestingly, both<br />

SSTR2 and GHRH expression have been shown in normal human endometrium.<br />

Aim of this study was to investigate the expression of GHRH, SS and their receptors in ectopic<br />

endometrium of patients with endometriosis. Moreover, to test whether SS analogues and GHRH<br />

antagonists would exert inhibitory effect on ectopic endometrial cell proliferation and survival. RT-<br />

PCR results showed SSTR2 and 5 mRNA and GHRH-R SV1 in ectopic endometrium (n=14).<br />

Further, by real- time PCR, we found that SSTR2 and SSTR5 were significantly more expressed in<br />

ectopic than in eutopic tissues. Importantly, the SS analogues Lantreotide and Octreotide dosedependently<br />

reduced ectopic endometrial stromal cell (ESC) growth and survival. Noteworthy, also<br />

GHRH antagonist JV-1-36 showed potent inhibitory effect on ESC proliferation and viability.<br />

In conclusion, these findings suggest that SS analogues, as well as GHRH antagonists may be<br />

useful molecules for preventing proliferation and survival of ectopic endometrial cells in patients<br />

with endometriosis.

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