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COPERTINA MATÉRIA DE CAPA<br />
• di / por Paolo Meneghini - Italia<br />
Grazie, Maestro<br />
DIRE PAVAROTTI VOLEVA DIRE ITALIA. APPLAUDIRLO IN PIEDI PER INTERMINABILI<br />
MINUTI DOPO UN’OPERA VOLEVA DIRE APPLAUDIRE IL NOSTRO PAESE<br />
L<br />
uciano Pavarotti, dopo<br />
un’aspra battaglia contro<br />
un male incurabile, si è<br />
spento alle 5 di mattina di giovedì<br />
6 settembre 2007. Aveva 71 anni<br />
e lascia la giovane moglie Nicoletta<br />
Mantovani (sposata in seconde<br />
nozze nel 2003) con la piccola<br />
figlia Alice di 4 anni. Lascia anche<br />
tre figlie adulte, nate dal primo matrimonio<br />
con Adua Veroni durato<br />
oltre trent’anni.<br />
Gli amanti del “bel canto” erano<br />
convinti di averlo perso già da<br />
molto tempo. Da quando, nei primi<br />
anni ’90, aveva iniziato ad andare<br />
in giro per il mondo con gli<br />
altri due celebri colleghi: Placido<br />
Domingo e José Carreras.<br />
Certo, i Tre Tenori riuscivano<br />
e riempire gli stadi e i parchi di tutto<br />
il mondo: decine di migliaia di<br />
spettatori. Il primo concerto dei tre<br />
cantanti, trasmesso in mondovisione<br />
dalle Terme di Caracalla di Roma<br />
nel 1990 in occasione dei campionati<br />
mondiali di calcio fu seguito<br />
da quasi 1 miliardo di telespettatori.<br />
E poi i concerti benefici del<br />
“Pavarotti & Friends” dove Luciano<br />
duettava con star della musica<br />
pop e rock come Caetano Veloso,<br />
Bono, Sting, Eric Clapton, Laura<br />
Pausini, Eros Ramazzotti…<br />
Ma… quello era spettacolo,<br />
immagine, business. Non era lirica.<br />
Non era più il “bel canto”<br />
delle arie d’opera.<br />
I critici musicali, soprattutto<br />
quelli statunitensi, l’avevano stroncato<br />
numerose volte. Ed il perché<br />
è presto detto: Luciano Pavarotti<br />
musicalmente era un analfabeta (significa,<br />
in pratica, che non era in<br />
grado di leggere una partitura) ed<br />
era a-ritmico per natura, nel senso<br />
che aveva solo una vaga nozione<br />
dei rapporti di durata delle note musicali.<br />
Così, se qualche grande Teatro<br />
del mondo voleva avere quella<br />
voce straordinaria, era costretto a<br />
scegliere direttori d’orchestra “compiacenti”<br />
che fossero in grado di<br />
seguire il Maestro, di assecondarlo<br />
nelle sue digressioni canore.<br />
A fronte di queste gravi carenze<br />
di tecnica e di cultura musicale,<br />
senza le quali nessun cantante lirico<br />
“normale” avrebbe potuto fare<br />
nemmeno la comparsa in un’opera<br />
lirica, c’era il talento. Un talento<br />
enorme. Un vero e proprio dono<br />
di Dio. Una voce così limpida, ampia,<br />
chiara, di bellissimo colore ed<br />
allo stesso tempo potente. Unica.<br />
In più, una dizione impeccabile.<br />
Eppure il Novecento non era<br />
stato certo avaro di talenti canori:<br />
basti ricordare Enrico Caruso,<br />
Giuseppe Di Stefano, Beniamino<br />
Gigli e Mario Del Monaco. Ma<br />
“Big Luciano”, come lo chiamavano<br />
negli Stati Uniti, aveva forse<br />
qualcosa in più.<br />
Lui è entrato nella storia quando,<br />
al Metropolitan di New York<br />
negli anni Settanta, riuscì nell’impresa<br />
di arrivare ai nove “do di petto”<br />
consecutivi nella “Figlia del Reggimento”<br />
di Donizetti. E’ diventato<br />
una leggenda quando alla Deutsche<br />
Oper di Berlino venne applaudito<br />
per un’ora e sette minuti. Un mito<br />
quando, nel giugno del 1993 al Central<br />
Park, c’erano mezzo milione di<br />
persone ad ascoltarlo.<br />
La sua fama è stata straordinaria.<br />
Tanto straordinaria che si può<br />
tranquillamente affermare che Pavarotti,<br />
assieme alle automobili Ferrari<br />
(anche loro di Modena) e ai<br />
maestri dell’alta moda, è stato l’artefice<br />
di un autentico miracolo. Se,<br />
infatti, fino a tutti gli anni Sessanta<br />
l’Italia era considerata un Paese<br />
derelitto e italiano era semplicemente<br />
sinonimo di mafia, tarantella<br />
e pizza, quando le “rosse” iniziarono<br />
a vincere negli autodromi<br />
di tutto il mondo, Valentino e Armani<br />
ad imporre il loro stile e Pavarotti<br />
a riempire i teatri di tutto il<br />
globo interpretando le opere di Verdi,<br />
Puccini, Rossini e Donizetti…<br />
ebbene solo allora l’Italia iniziò ad<br />
essere rivalutata a livello internazionale.<br />
Anzi, iniziò a diventare un<br />
modello di stile, di cultura, di buon<br />
gusto, di raffinatezza. Un modello<br />
da imitare e invidiare.<br />
Ma al contrario delle automobili<br />
Ferrari e della moda, dove<br />
niente viene lasciato all’improvvisazione<br />
e dietro ad ogni motore<br />
o ad ogni vestito da sera ci sono<br />
anni di studi e ricerche, Pavarotti<br />
ha incarnato il modello di quell’altra<br />
Italia. Di quell’Italia sinonimo<br />
di talento puro, di doti naturali,<br />
di fantasia, di improvvisazione.<br />
Un talento che viene dal<br />
DNA, dalla genetica. Un dono di<br />
Dio, appunto, che il Signore ha<br />
dispensato con più generosità guardando<br />
allo “stivale”.<br />
Un’ulteriore testimonianza<br />
della sua grande fama ci viene proprio<br />
nel giorno della sua scomparsa.<br />
Più di 500 grandi quotidiani<br />
di tutto il mondo hanno messo<br />
in prima pagina una sua foto con<br />
la notizia della scomparsa. Dalle<br />
Filippine alla Nuova Zelanda; dall’America<br />
del Sud alla Cina. Per<br />
non parlare degli Stati Uniti e dell’Europa,<br />
dove il popolare tenore<br />
era amatissimo.<br />
E’ stato, forse, il più grande<br />
“ambasciatore” italiano nel mondo<br />
di tutti i tempi perché dire Pavarotti<br />
voleva dire Italia. Applaudirlo<br />
in piedi per interminabili minuti<br />
dopo un’opera voleva dire applaudire<br />
il nostro Paese.<br />
Per questo oggi gli diciamo,<br />
con riconoscenza: “grazie, Maestro”.<br />
◘<br />
Foto Giorgio Benvenuti / Ansa / <strong>Insieme</strong><br />
Setembro - Settembre 2007 - INSIEME - 18