05.01.2015 Views

C R I T I C A • C U L T U R A • C I N E M A - Cine Circolo Romano

C R I T I C A • C U L T U R A • C I N E M A - Cine Circolo Romano

C R I T I C A • C U L T U R A • C I N E M A - Cine Circolo Romano

SHOW MORE
SHOW LESS

You also want an ePaper? Increase the reach of your titles

YUMPU automatically turns print PDFs into web optimized ePapers that Google loves.

Valentina D’Amico – Movieplayer.it<br />

I numeri primi sono numeri divisibili solo per uno e per se<br />

stessi e, in quanto tali, condannati alla solitudine. Quando<br />

due numeri primi si incontrano e tentano di fondersi l’esito<br />

non può che essere imprevedibile. Difficile stabilire<br />

quanto la fascinazione delle cifre e delle loro proprietà<br />

abbia influito sul regista Saverio Costanzo convincendolo<br />

ad adattare il romanzo d’esordio di Paolo Giordano.<br />

Probabilmente la spinta decisiva è giunta sull’onda del<br />

numero di copie vendute dal libro, trasformatosi rapidamente<br />

in best seller, ma poco importa visto che, nonostante<br />

la presenza dello stesso Giordano come co-sceneggiatore,<br />

il film diretto da Costanzo riesce ad affrancarsi dal<br />

romanzo trasformandosi in qualcosa di sostanzialmente<br />

diverso. Mantenendo inalterati gli eventi cardine della storia,<br />

il regista stravolge l’ordine della diegesi optando per<br />

una narrazione frammentaria che, nella prima parte del<br />

film, procede per flashback ed ellissi. A supporto dello<br />

spettatore vengono utilizzate scritte in sovraimpressione<br />

che indicano l’anno in cui si svolgono i fatti, aiutando a<br />

fare ordine tra passato e presente. Il cambiamento sostanziale<br />

rispetto al romanzo di Giordano non riguarda, però,<br />

tanto la temporalità quanto la modalità di narrazione usata<br />

per ricostruire le drammatiche esistenze di Alice e Mattia,<br />

numeri primi condannati alla diversità a seguito di eventi<br />

tragici che ne hanno segnato l’infanzia. Abbandonato lo<br />

stile documentaristico da cinema vérité utilizzato nel<br />

crudo Private, Saverio Costanzo si immerge nel mondo<br />

dell’orrore, dell’artificio e della teatralità realizzando una<br />

pellicola antinaturalistica, che fa una scelta di campo netta<br />

bandendo ogni sfumatura. La solitudine dei numeri primi<br />

è un film estremo. O lo si ama o lo si odia, ma se c’è un<br />

aspetto che non viene messo in discussione questa è l’abilità<br />

registica di Costanzo. Forte della lezione del<br />

Sorrentino più espressionista e barocco, il regista attinge a<br />

piene mani agli stilemi dell’horror facendo largo uso di<br />

angolazioni atipiche, colori cupi e carichi, stacchi netti e<br />

commenti sonori ad hoc che amplificano il senso di orrore<br />

crescente. La location torinese e l’utilizzo di musiche<br />

simbolo (l’inedito dei Goblin che apre il film, i cori composti<br />

da Morricone per L’uccello dalle piume di cristallo)<br />

chiamano in causa in più di un’occasione il maestro Dario<br />

Argento. Anche lo sforzo interpretativo imposto ai due<br />

protagonisti, gli intensi Alba Rohrwacher e Luca<br />

Marinelli, chiamati a plasmare i propri corpi in funzione<br />

dei problematici personaggi, va in questa stessa direzione.<br />

La cinepresa di Saverio Costanzo indugia senza pietà sulla<br />

gamba martoriata dell’Alice adolescente, ripercorre la<br />

schiena ossuta e le vertebre in rilievo dell’Alice adulta o<br />

sfiora i tagli autoinferti sul braccio del piccolo Mattia.<br />

Teatrale e pudico al tempo stesso, Costanzo sfrutta il legame<br />

voyeristico tra obiettivo e attori facendo, però, un<br />

passo indietro quando si tratta di speculare morbosamente<br />

sugli episodi più cruenti del romanzo, ampiamente<br />

descritti da Giordano con dovizia di particolari, che qui<br />

vengono evocati con pochi essenziali tratti. Al pubblico il<br />

compito di colmare i vuoti, di lasciarsi avvolgere dall’orrore<br />

evocato da Costanzo. Dall’orrore della solitudine.<br />

Giancarlo Zappoli – Mymovies.it<br />

Alice e Mattia. Coetanei a Torino. Bambini le cui coscienze<br />

sono attraversate da un trauma profondo che non li<br />

abbandonerà mai. Alice e Mattia. Si conoscono.<br />

Potrebbero amarsi. Si separano (lui accetta un incarico in<br />

Germania e lei si sposa). Potrebbero ritrovarsi se consentissero<br />

a se stessi ciò che si sono sempre in qualche modo<br />

vietati. Saverio Costanzo alla sua terza prova si assume il<br />

non facile compito di rileggere un best seller quale è il<br />

romanzo omonimo di Paolo Giordano (con il quale scrive<br />

la sceneggiatura). Lo fa con grande coraggio a partire dal<br />

nuovo mutamento di stile. Nessuno dei tre film del regista<br />

è simile all’altro nello sguardo e nelle modalità di ripresa<br />

perché Costanzo adatta il proprio fare cinema (che resta<br />

coerente in quanto a scelta di tematiche di base) alla storia<br />

che racconta. Questo può spiazzare chi preferisce che<br />

un regista rimanga sempre fedele ad elementi linguistici<br />

che lo rendano facilmente identificabile e collocabile.<br />

Costanzo destruttura la linearità narrativa del romanzo<br />

avvertendoci sin dall’inizio (grazie anche alla musica di<br />

Mike Patton e a una grafica di forte impatto) che ci troviamo<br />

dinanzi ad un horror. Perché l’orrore della sofferenza<br />

attraversa corpi ed anime dei due protagonisti.<br />

Alice, la cui lesione fisica verrà spiegata solo molto più<br />

avanti ma che da subito determina il suo rapporto con il<br />

mondo e Mattia, che ha un vulnus che lo tormenta nel profondo<br />

spingendolo all’autolesionismo. Due corpi che<br />

potrebbero fondersi ma che restano murati in una solitudine<br />

che si presenta come ineluttabile perché il senso di<br />

colpa e il sentirsi fuori posto (in una società sempre più<br />

spietata sin dalle età più giovani) finiscono con lo spingere<br />

a costruire muri in cui si possono aprire solo piccole<br />

brecce che sembrano sempre pronte a richiudersi. I flashback<br />

inseguono i flashforward perché il dolore non conosce<br />

percorsi canonici e gli eventi che hanno segnato una<br />

vita non chiedono il permesso per riemergere. Costanzo<br />

ricostruisce la sofferenza del vivere di Alice e Mattia<br />

quasi fosse il puzzle che quest’ultimo portò alla festa di<br />

compleanno di un compagno di classe che costituì l’atroce<br />

punto di non ritorno della sua vita. I pezzi di un puzzle<br />

si combinano per associazioni che ogni appassionato al<br />

gioco individua in modo diverso e finiscono con il determinare<br />

solo alla fine una struttura che origina dal caos di<br />

una miriade di pezzi. Così come le vite dei due protagonisti.<br />

Così come le vite di molti. Numeri primi divisibili solo<br />

per uno e per se stessi in disperata e talvolta contraddittoria<br />

ricerca di una possibilità diversa.<br />

31

Hooray! Your file is uploaded and ready to be published.

Saved successfully!

Ooh no, something went wrong!