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lo scambio epistolare tra giuseppe zamboni, ambrogio fusinieri e ...

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C30.1<br />

M. Tinazzi, Lo <strong>scambio</strong> <strong>epistolare</strong> <strong>tra</strong> Giuseppe Zamboni, Ambrogio Fusinieri e Auguste De la<br />

Rive sulla teoria elettrochimica delle pile secche, Atti del XXV Congresso Nazionale di Storia<br />

della Fisica e dell’Astronomia, Milano, 10-12 novembre 2005, (Milano: SISFA, 2008):<br />

C30.1-C30.6.<br />

LO SCAMBIO EPISTOLARE TRA GIUSEPPE ZAMBONI,<br />

AMBROGIO FUSINIERI E AUGUSTE DE LA RIVE<br />

SULLA TEORIA ELETTROCHIMICA DELLE PILE SECCHE<br />

MASSIMO TINAZZI<br />

Liceo Scientifico Statale “G. Fracastoro”, Verona<br />

mastino55@libero.it<br />

Abs<strong>tra</strong>ct. The physicist Giuseppe Zamboni (Verona 1776-1846) is famous because deve<strong>lo</strong>ped and set the<br />

so-called “dry piles”, apparatus able to produce very high tensions but with very weak current (10 -6 A)<br />

and that were without, in appearance, the classic moist electrolyte. The primary applications were on<br />

the pendulums and on the electrostatic c<strong>lo</strong>cks, characterized by very <strong>lo</strong>ng time of operation thanks to<br />

the s<strong>lo</strong>w piles polarization. Ambrogio Fusinieri and the Swiss Auguste De la Rive had the opportunity<br />

to exchange with Zamboni some letters about the problems that had the electrostatic c<strong>lo</strong>cks and the<br />

piles used to supply them. So they entered the debate about the causes of the electricity production in<br />

the piles. Sure enough two theoretic ideas and interpretations were in con<strong>tra</strong>st, the electro-chemical<br />

one, and voltian, or theory of the contact, the other one.<br />

1. LE PILE SECCHE<br />

Giuseppe Zamboni a partire dall’inizio dell’800 e fino alla sua morte, sviluppò una<br />

consistente serie di studi e sperimentazioni per la messa a punto delle cosiddette pile a<br />

secco. Si <strong>tra</strong>ttava di pile che mancavano della componente umida, sostituita da diversi<br />

tipi di sostanze quali il latte, l’olio di ravizzone, il miele o altre miscele via via utilizzate.<br />

Le pile venivano utilizzate per muovere dei pendoli elettrostatici e oro<strong>lo</strong>gi meccanici il<br />

cui movimento era basato sulla continua inversione della polarità del terminale di un<br />

pendo<strong>lo</strong> che si muoveva in un campo elettrico. Zamboni contendeva il primato<br />

costruttivo delle pile a secco con <strong>lo</strong> svizzero Antoine De Luc (1729-1817), che nel 1806<br />

pubblicò il fondamentale Trattato Elementare sul Fluido Elettro-Galvanico.<br />

Zamboni ebbe parecchi contatti epistolari con molti suoi colleghi italiani e s<strong>tra</strong>nieri,<br />

che parimenti si occupavano dei problemi legati alla elettricità e alle pile. All’attività<br />

progettuale e costruttiva si affiancavano anche le ricerche teoriche mirate a spiegare i<br />

meccanismi chimico-fisici che agivano nelle pile, e in quelle secche in particolare.<br />

Oggi ci restano le comunicazioni scientifiche edite e alcune lettere inedite che<br />

testimoniano i suoi contatti con molti personaggi <strong>tra</strong> i quali vi sono Ambrogio Fusinieri,<br />

e Auguste De la Rive, documenti inediti che vanno dal 1831 al 1836 e che sono di un


C30.2<br />

certo interesse, conservati presso la Biblioteca Civica di Verona, e sui quali è possibile<br />

fare qualche considerazione.<br />

2. CORRISPONDENZA CON FUSINIERI<br />

Si <strong>tra</strong>tta di cinque lettere scritte da Ambrogio Fusinieri <strong>tra</strong> il 1832 e il 1836, in cui si<br />

trovano una serie di descrizioni dei pendoli e delle pile. Infatti Fusinieri convinse<br />

Zamboni a inviargli dei testi sull’argomento per inserirli negli Annali delle Scienze del<br />

Regno Lombardo-Veneto. I lavori che in seguito furono pubblicati riguardavano proprio il<br />

funzionamento e il perfezionamento di un pendo<strong>lo</strong> oscillante <strong>tra</strong> due poli elettrici.<br />

Fusinieri inviò al<strong>lo</strong> Zamboni alcuni commenti sugli aspetti tecnici e sperimentali del<br />

pendo<strong>lo</strong> consigliando al<strong>lo</strong> Zamboni di provare ad attuare alcune modifiche al piano di<br />

oscillazione e sperimentar<strong>lo</strong> in tutte le direzioni spaziali per verificare l’eventuale<br />

presenza di effetti di orientazione.<br />

Fig. 1 Lettera di Fusinieri a Zamboni del 1832 (a sinis<strong>tra</strong>), e di De la Rive a Zamboni del 1831 (a des<strong>tra</strong>).<br />

Ad esempio nella lettera 23 agosto 1832 commentando il funzionamento<br />

dell’elettromotore perpetuo gli scriveva<br />

La sua ingegnosa invenzione descritta nella lettera, ossia la lettera tutta sarà inserita<br />

al più presto nel giornale. Le rimarco solamente che quantunque si deduca dalla<br />

riferita esperienza che ella fa oscillare il pendo<strong>lo</strong> dall’est all’ovest pure sia bene<br />

l’esperimento per maggior sicurezza.<br />

[…]<br />

Ma ora nulla toglie al merito della sua invenzione imperocché ella può variare la<br />

calamita in prevista interazione e in quel caso tarare il numero delle oscillazioni


C30.3<br />

diminuisca ella <strong>lo</strong> otterrà ancora nella grande con quella delicatissima disposizione<br />

del pendo<strong>lo</strong> che ha usata […] e non più variabile pur di terminare il numero totale<br />

delle oscillazioni del pendo<strong>lo</strong> libero.<br />

3. I MECCANISMI CHIMICI E FISICI DELLE PILE<br />

Il dibattito che Zamboni aveva avviato con Fusinieri, riguardava l’interpretazione dei<br />

meccanismi fisici che producevano i fenomeni elettrici nelle pile. Il dibattito si era<br />

polarizzato su due versanti, quel<strong>lo</strong> di chi difendeva la teoria elettrochimica, ossia<br />

dell’azione chimica svolta sui metalli e che es<strong>tra</strong>eva le cariche elettriche, e quella voltiana<br />

che proponeva l’azione della forza elettromotrice <strong>tra</strong> i metalli.<br />

Nel Trattato di conciliazione degli elettrochimici coi voltiani Zamboni premetteva infatti:<br />

[…] ambedue le scuole convengono nell’ammettere eccitamento elettrico in tutte le<br />

operazioni delle chimiche affinità, quali sono la scomposizione del liquido, e<br />

susseguente ossidazione metallica negli apparecchi voltiani […] nondimeno i voltiani<br />

prescindendo anche da tal condizione, riconoscono le affinità chimiche quali cause<br />

per se medesime effettive di sbilancio elettrico.<br />

Oltre a ciò, producendosi effetti chimici dalla corrente elettrica delle pile, taluno ha<br />

creduto inferire del tutto chimica la sua origine.<br />

Io risposi al<strong>lo</strong>ra che tal proporzione può forse aver luogo in alcuni casi quanto agli<br />

effetti chimici, ma non potersi dimos<strong>tra</strong>re quanto all’effetto puramente elettrico; cioè<br />

quanto alla tensione, perché questa misurata coll’elettrometro, si conserva al<strong>lo</strong> stesso<br />

grado, variando anche molto l’energia chimica del liquido sui metalli.<br />

Zamboni ricordava che Christoph Heinrich Pfaff e il Marianini avevano lavorato<br />

con pile nel vuoto, curando di eliminare “l’umore acquoso” per cui misero in evidenza la<br />

presenza di una tensione elettrica “che sarebbe assurdo secondo la dottrina elettrochimica”.<br />

Marianini nel 1837 avrebbe pubblicato un corposo lavoro dal tito<strong>lo</strong> Sulla teoria degli<br />

Elettromotori, in cui si rendeva conto che era necessario approfondire le problematiche<br />

legate alla mancanza di contatto <strong>tra</strong> gli elementi attivi delle pile, e scriveva:<br />

Sarebbe desiderabile che i sostenitori della nuova teoria insegnassero come si possa<br />

rendere ragione di siffatti risultati escludendo il contatto dal novero delle sorgenti di<br />

elettricità […] Nella Lettera II sulla teoria elettro-chimica delle pile voltiane, diretta<br />

al Sig. Dott. Fusinieri dal Sig. Prof. Zamboni […] sono descritte parecchie esperienze<br />

istituite con apparati a co<strong>lo</strong>nna, e condotte con una rara maestria, ne’ quali si tiene<br />

esatto conto delle tensioni dovute all’azione chimica, e di quelle che ad altre non si<br />

possono attribuire se non al mutuo contatto de’ metalli eterogenei.<br />

Zamboni infatti aveva stabilito che<br />

[…] nel puro contatto di due metalli, o in genere di due conduttori secchi eterogenei<br />

la tensione elettrica si manifesta:<br />

1° Senza intervento di fluido agente chimicamente sull’uno o l’altro dei due<br />

conduttori.<br />

2° Senz’alcuna relazione all’affinità chimica fra i medesimi.<br />

3° Senza effetto sensibile di azione chimica di un conduttore coll’altro.<br />

Se per gli oppositori il contatto non era una forza ‘ne si può comprendere come la<br />

sola contiguità di due superficie abbia a smuovere l’elettrico’. Certissimo è il<br />

principio di questa obbiezione anche presso i Voltiani, che il contatto non


C30.4<br />

riguardarono mai qual causa, ma soltanto qual mera condizione del fenomeno.<br />

Quindi ‘<strong>lo</strong> sviluppo elettrico [ha] luogo fra metalli eterogenei senza intervento di un<br />

fluido che li ossidi.’<br />

Che poi questo sviluppo elettrico, senza il detto intervento, possa derivare da<br />

qualche altro fatto più generale, nessuno dei Voltiani <strong>lo</strong> nega. Ma questo fatto<br />

generale, questa causa che in natura spinge l’elettrico nel mutuo contatto di due<br />

conduttori eterogenei, non ancor si conosce. […] Così il Volta nominò forza<br />

elettromotrice quella causa, com’egli la chiamava, arcana, che squilibra l’elettrico nel<br />

contatto di due diversi conduttori.<br />

[…] La causa poi di tal fenomeno potrebbe essere un’azione meccanica, chimica, o<br />

catalitica di un conduttore coll’altro; il che rimane ancora a discoprirsi.<br />

Zamboni mantenne alto il confronto con Fusinieri nel dibattito aperto e nel 1836<br />

veniva pubblicata la sua risposta ad una nota del collega, con il tito<strong>lo</strong> Sull’argomento delle<br />

pile secche contro la teoria elettro-chimica. Infatti la costruzione e il funzionamento delle sue<br />

“pile secche” era il testimone ideale su cui basare le sue considerazioni, visto che la sua<br />

sperimentazione gli forniva dati diretti da interpretare.<br />

La tensione elettrica di tali pile (secche) mi sembra del tutto inconciliabile colla<br />

Teoria Elettro-chimica. E, come infatti esser può, che il so<strong>lo</strong> umido naturale della<br />

carta incollata da tanto tempo sopra una foglia di stagno abbia sempre ad agire per<br />

anni ed anni chimicamente sul<strong>lo</strong> stagno, ed agire ugualmente quanto al grado della<br />

tensione, come farebbe una carta bagnata di soluzione anche acida […] Adunque le<br />

pile secche colla <strong>lo</strong>ro tensione sempre vigorosa, anche oltre i vent’anni, parlano assai<br />

in favore soltanto della dottrina Voltiana.<br />

[…] Che nel<strong>lo</strong> stato attuale delle nostre cognizioni, l’umido sia il conduttore<br />

indispensabile per <strong>tra</strong>smetter l’elettrico di coppia in coppia negli apparecchj<br />

Voltiani, cui senza dubbio appartengono le mie pile, questa non è dottrina mia<br />

particolare, ma comune a tutti i fisici di qualunque scuola incominciando dal<strong>lo</strong><br />

stesso Volta. Che poi dalla necessità di un conduttor umido emerga qual<br />

conseguenza necessaria come vuole il Sig. Fusinieri, la dipendenza dell’attività delle<br />

pile da chimica azione decomposta l’umidità delle carte, io nego questa conseguenza<br />

con tutti i Voltiani. E la nego, perché la sola qualità più o meno conduttrice<br />

dell’umido che si adopera, basta a spiegare i fenomeni della tensione specialmente<br />

nelle mie pile, senza intervento di azion chimica dell’umido colle foglie metalliche.<br />

4. CORRISPONDENZA CON DE LA RIVE<br />

La prima lettera, del 25 dicembre 1831, di De la Rive arrivava in risposta ad una missiva<br />

<strong>zamboni</strong>ana del mese di novembre sul nuovo oro<strong>lo</strong>gio alimentato dalle pile. Zamboni<br />

aveva inviato un oro<strong>lo</strong>gio meccanico collegato a due co<strong>lo</strong>nne più altre due di scorta, ma<br />

probabilmente le pile inviate non erano del tutto efficienti e per questo De la Rive fu<br />

costretto a collegarle tutte quattro in serie. Chiedeva poi una stima su quanto tempo<br />

l’oro<strong>lo</strong>gio poteva funzionare senza sostituire le pile e proponeva anche di modificare il<br />

meccanismo dell’oro<strong>lo</strong>gio per render<strong>lo</strong> più semplice da mettere in movimento.<br />

Nella lettera successiva (Ginevra, 24 settembre 1832) emergono alcune interessanti<br />

annotazioni sul meccanismo che De la Rive aveva perfezionato per “regolare il<br />

movimento oscillante del vostro oro<strong>lo</strong>gio”. Infatti originariamente i movimenti<br />

risultavano troppo lenti ma dopo le modifiche De la Rive soddisfatto scriveva che<br />

“l’oro<strong>lo</strong>gio ha funzionato bene e con regolarità.”


C30.5<br />

Zamboni ebbe anche uno <strong>scambio</strong> di opinioni con<br />

De la Rive sulla stampa scientifica, in merito<br />

all’interpretazione dei meccanismi fisico-chimici che<br />

producevano la corrente e la tensione nelle pile. In<br />

risposta alle deduzioni del collega pubblicò infatti la<br />

Difesa degli argomenti <strong>tra</strong>tti dalle pile secche per la teoria<br />

Voltiana contro le obbiezioni del signor de la Rive,<br />

documento di particolare interesse perché venivano<br />

proposti schemi e materiali diversi nella realizzazione<br />

delle pile per verificare le ipotesi della teoria voltiana.<br />

Zamboni faceva riferimento alla tensione elettrica<br />

delle pile secche che aveva realizzato e che migliorava<br />

continuamente, che si componevano di sostanze non<br />

soggette ad ossidamento o ad influenza chimica, come<br />

una pila di carte che avessero una delle facce<br />

intrisa di carbone o carburo di ferro e l’al<strong>tra</strong> aderente<br />

all’ossido di piombo. Si può mai credere che il so<strong>lo</strong> umido<br />

naturale della carta abbia a disossidare o sopraossidare le<br />

dette sostanze Dicasi <strong>lo</strong> stesso del perossido di manganese<br />

accoppiato al platino.<br />

Fig. 2 Pila a secco realizzata<br />

da Zamboni del 1812.<br />

Per verificare che l’azione chimica non era la fonte della<br />

tensione Zamboni suggeriva a De la Rive di formare<br />

una piletta con coppie di platino unito al perossido, e con laminette di legno che<br />

dividano una coppia dall’al<strong>tra</strong>. Trovandosi la tensione crescente di coppia in<br />

coppia, dovrà dunque conchiudere: ecco una pila secca elettrizzata nella quale il sig.<br />

De la Rive non può ammettere l’intervento di azion chimica ... il tritossido di piombo<br />

si comporta in queste sperienze come il perossido di manganese; e la facoltà<br />

elettromotrice del primo pubblicata dal sig. Muncke come superiore a quella del<br />

secondo non potea riuscir affatto nuova in Italia dopo che con gli ossidi aveva<br />

insegnato il Prof. Marianini. Ma quanto alla tensione veduta dal Sig. Muncke,<br />

interponendo il tritossido <strong>tra</strong> due lastre di rame, non è già un fatto inconciliabile<br />

colla dottrina di Volta, come crede il Sig. De la Rive. Imperciocché quando il<br />

tritossido sia tutto egualmente umido, o tutto perfettamente secco, la tensione<br />

manca interamente. Se poi fra il tritossido ben disseccato e uno dei rami si<br />

frapponga la laminetta di legno la tension si manifesta, e ben notabile; negativa sul<br />

rame che tocca il legno, e positiva sull’altro che tocca immediatamente il tritossido.<br />

Ciò si accorda esattamente colla teoria di Volta, e con quella del Sig. De la Rive;<br />

perché si adopera il legno qual Egli <strong>lo</strong> prescrive, conduttore cioè, e non agente<br />

chimico che possa disossidare il tritossido.<br />

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