Numero 6 / 2011 - Outdoor
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32 |<strong>Numero</strong> 6 / <strong>2011</strong>|<br />
Reportage<br />
Nordica Freeskier<br />
tra amici, pesce,<br />
neve e rocce nere<br />
Ad aprile con le pelli sulle affascinanti pendici<br />
imbiancate dell’Etna e intorno al cratere del<br />
vulcano, alla ricerca di nuove linee ed evoluzioni.<br />
A cura di<br />
GIULIO SALZANI<br />
Si riconoscono eccome i rider negli aeroporti:<br />
borsoni enormi e sacche di sci ingombranti<br />
non reggono il paragone con i trolley minimalisti<br />
di chi viaggia senza attrezzatura. Sono poi<br />
sempre gli ultimi a imbarcarsi e la prima cosa<br />
che fanno una volta saliti in aereo è cercare di<br />
dormire. Quasi un rito, che si è ripetuto anche<br />
il 15 aprile quando siamo partiti per un freeride<br />
tour sull’Etna. Al check-in presso l’aeroporto di<br />
Venezia, oltre al sottoscritto in qualità di fotoreporter<br />
ufficiale del viaggio, gli atleti Marek<br />
De Biasio, Davide “Jeff” Cusini, Armin Holzer e<br />
Marco Tomasello. Immancabile il team manager<br />
Massimo “Brac” Braconi e la guida Olindo<br />
De Biasio. Il volo Venezia-Catania è durato giusto<br />
il tempo di un buon album di musica dub<br />
dall’iPod. Una volta terminati, l’album e il volo,<br />
siamo stati accolti in aeroporto da Umberto<br />
Tomasello, suocero del Brac. Con lui siamo andati<br />
a visitare il mercato del pesce della città.<br />
Un giro nel caos tra il groviglio di bancarelle,<br />
qualche scatto qua e là e ce ne usciamo con<br />
due borse piene di tonno e gamberetti che ci<br />
delizieranno il palato a pranzo. La pioggia che<br />
arriva verso mezzogiorno è un’ottima occasione<br />
per adattarci ai ritmi siciliani. Infatti ci alziamo<br />
da tavola quattro ore dopo l’inizio del<br />
pranzo con le pance piene e la mente sgombra<br />
di pensieri, complice anche l’ottimo vino fatto<br />
in casa da Umberto stesso.<br />
ACCOMPAGNATI DAL MALTEMPO - La nostra<br />
casa è ad Acitrezza, il paese di pescatori de I<br />
Malavoglia che guarda dritte in faccia le Isole<br />
Ciclopi. Il brutto tempo e la pioggia persistono<br />
nei due giorni seguenti il nostro arrivo e<br />
questo ci dà occasione di esplorare il piccolo<br />
porto e di scambiare qualche parola con i<br />
marinai del luogo. La diversità tra noi uomini<br />
di montagna e loro uomini di mare non è poi<br />
così grande. Condividiamo l’amore e la passione<br />
per un ambiente naturale nel quale per<br />
vivere occorre spirito d’adattamento e questa<br />
sintonia rende le conversazioni molto interessanti.<br />
Troviamo poi in Davide e Alessandro<br />
Tomasello, gestori del ristorante Cutilisci che<br />
ci accoglie la sera con squisiti piatti di pesce,<br />
due amici con la nostra stessa passione per il<br />
freeride. E durante le cene insieme a loro ci<br />
rendiamo conto di quanto la nostra “ciurma”<br />
sia un gruppo di amici prima che di atleti professionisti.<br />
Riusciamo anche a vedere nel<br />
brutto tempo un fattore positivo: sui 3.200 mt<br />
del vulcano sicuramente sta nevicando e<br />
l’idea di sciare su neve fresca tiene alto il<br />
morale del gruppo.<br />
SLACKLINE A PICCO SUL MARE - Il terzo giorno<br />
finalmente splende il sole su Acitrezza, anche<br />
se il vulcano è ancora coperto. Quale migliore<br />
occasione per vedere il nostro funambolo<br />
Armin danzare sulla slackline? Detto fatto,<br />
saliamo sulla piccola barca a remi di Giovanni<br />
“il poeta barcaiolo” che ci accompagna alla<br />
spicciolata fino all’isola Lachea, la più grande<br />
delle Ciclopi. Grazie all’autorizzazione della<br />
Capitaneria di Porto e alla disponibilità della<br />
Riserva Naturale delle Isole Ciclopi, tendiamo<br />
la slackline dall’isola fino allo scoglio vicino,<br />
senza piantare chiodi ma solo ancorando la<br />
fettuccia a degli spuntoni di roccia. Dopo qualche<br />
tentativo andato male a causa del vento,<br />
Armin riesce a trovare il giusto equilibrio e ad<br />
attraversare per ben due volte i venti metri di<br />
corda tesa a sei metri dall’acqua. Un’ottima<br />
performance ricompensata al rientro con<br />
un’abbuffata di spaghetti allo scoglio.<br />
IL PRIMO GIORNO SUGLI SCI - Il giorno<br />
seguente le previsioni di bel tempo anche in<br />
vetta all’Etna sono rispettate e scegliamo l’approccio<br />
meno violento alla montagna: saliamo<br />
prima con la funivia e poi con gli Unimog fino<br />
a 2.800 mt. Lì mettiamo le pelli di foca per<br />
salire fino in vetta. Il paesaggio durante la<br />
salita cattura i nostri sguardi, non tanto per la<br />
neve caduta copiosa nei giorni scorsi, quanto<br />
per i numerosi crateri che emanano zolfo e<br />
vapore acqueo e per la sabbia nero pece in<br />
contrasto con il candore della neve. Arrivati in<br />
cima, rimaniamo sorpresi dalla sensazione che<br />
ha regalato alle nostre mani infreddolite una<br />
roccia incredibilmente calda. Dopo un attimo<br />
di pausa, inizia la discesa dal versante nord<br />
sulla neve caduta il giorno prima. In queste<br />
occasioni, noi rider ci trasformiamo in bambini<br />
e basta una curva su un pendio vergine con il<br />
mare sullo sfondo per farci ridere di gioia. Alla<br />
sera, rientrati ad Acitrezza, c’è il tempo per<br />
qualche foto con il team all’interno del cantiere<br />
navale. Nonostante la stanchezza, Marek e<br />
Jeff non riescono a resistere alla scalinata in<br />
piazza del paese. Appena mettono gli sci ai<br />
piedi, li circonda una folla di una trentina di<br />
persone armate di cellulari e fotocamere che<br />
vogliono immortalare un’insolita discesa della<br />
scalinata con gli sci in riva al mare.<br />
THE LAST DAY - Il quinto e ultimo giorno decidiamo<br />
di salire direttamente dal versante<br />
nord, percorrendo 1.000 mt di dislivello con<br />
le pelli. Due ore buone di salita ci portano<br />
fino all’osservatorio Bellini, a quasi 3.000 mt<br />
di quota, vicino al cratere centrale. Durante la<br />
discesa Armin e Jeff sembrano rincorrersi tra<br />
i canaloni e le rocce vulcaniche. Il Brac e<br />
Marek si prodigano invece in eleganti slashate<br />
ed evoluzioni. Anche i due “vecchietti”<br />
Umberto e Olindo esplorano la zona e sciano<br />
in un enorme canalone di neve ancora farinosa.<br />
La fantasia dei freerider è incredibile: i<br />
ragazzi riescono a leggere ogni singola gobba<br />
del terreno e improvvisano evoluzioni e<br />
linee. Ma il gioco sembra durare fin troppo<br />
poco e in men che non si dica è già ora di<br />
ritornare a casa. Partiamo l’indomani, al mattino<br />
presto. Atterrati all’aeroporto di Venezia<br />
ci salutiamo e, spingendo il mio carrello con<br />
borsone e sci verso la macchina, ripenso a<br />
questi fantastici giorni con ancora in bocca il<br />
sapore della neve vulcanica dell’Etna. Nel<br />
cuore, un’esperienza indimenticabile fatta di<br />
amici, pesce e rocce nere.<br />
Photo credits: Giulio Salzani<br />
Marek De Biasio, Davide Cusini e Armin Holzer guidati da<br />
Massimo Braconi, Marco Tomasello e Olindo De Biasio