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È<br />
difficile pensare di poter affrontare i nodi<br />
strutturali della scuola italiana senza<br />
affrontare prima le emergenze. Quelle<br />
emergenze diventate ormai storiche, dato che<br />
per troppo tempo abbiamo preferito gestirle,<br />
procrastinandole di anno in anno e andando<br />
avanti solo con aggiustamenti “al margine”,<br />
invece di risolverle con misure importanti con<br />
cui intervenire alla radice dei problemi che le<br />
avevano generate.<br />
Tra queste emergenze storiche<br />
che dobbiamo risolvere,<br />
due sono particolarmente<br />
significative.<br />
<strong>La</strong> prima emergenza riguarda<br />
il numero di<br />
docenti che abbiamo<br />
nelle nostre scuole.<br />
Non abbastanza, dal momento<br />
che a settembre di<br />
ogni anno, con la riapertura<br />
delle scuole, ci ritroviamo<br />
con qualche decina<br />
di migliaia di insegnanti<br />
che mancano all’appello.<br />
E quindi con cattedre<br />
che vengono assegnate,<br />
per tutto l’anno scolastico,<br />
a dei supplenti. Anno<br />
dopo anno. Attraverso una<br />
finzione che continua da<br />
anni, dal momento che<br />
queste supplenze servono<br />
a rimpiazzare parte del<br />
contingente complessivo<br />
di docenti di cui lo Stato<br />
ammette di aver bisogno<br />
stabilmente.<br />
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