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All'origine degli eucarioti e dei mitocondri - Dipartimento di Biologia

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L6: <strong>All'origine</strong> <strong>degli</strong> <strong>eucarioti</strong> e <strong>dei</strong> <strong>mitocondri</strong> - ... http://knol.google.com/k/l6-all-origine-<strong>degli</strong>-euc...<br />

energia.<br />

Come suggeriva Francois Jacob in Evoluzione bricolage (pag.119) “la<br />

natura funziona per integrazioni” e nuovi livelli <strong>di</strong> organizzazione si possono<br />

evolvere quando due elementi che competono iniziano a collaborare portando<br />

il sistema ad un nuovo livello, in cui “vengono usati come ingre<strong>di</strong>enti certi<br />

sistemi del livello inferiore, ma certi soltanto”. L’origine della cellula <strong>eucarioti</strong> è<br />

probabilmente l’esempio migliore per attestare i vantaggi e le potenzialità<br />

evolutive dell’interazione simbiotica e <strong>di</strong>mostrare ulteriormente come alcuni<br />

processi non siano stati affatto graduali, ma caratterizzati dalla comparsa <strong>di</strong><br />

nuove strutture senza alcuna forma <strong>di</strong> transizione.<br />

Un aspetto che rende l’evoluzione tramite simbiosi ancora più intrigante è<br />

legato al fatto che, come suggerito recentemente da James Lake, i batteri da<br />

cui derivano i <strong>mitocondri</strong> sembrerebbero essere a loro volta frutto <strong>di</strong> una<br />

simbiosi tra procarioti. Come suggerito da Carl Zimmer nel saggio intitolato<br />

“Microbes Within Microbes Within Microbes” pubblicato sull’ultimo numero <strong>di</strong><br />

Science quin<strong>di</strong> “le nostre cellule non sono soltanto microbi fusi con altri<br />

microbi, ma microbi integrati con microbi integrati con microbi (“microbes<br />

within microbes within microbes") seguendo una sorta <strong>di</strong> modello a matrioska<br />

tramite cui si è evoluta la vita nel corso del tempo. In particolare è stata<br />

publbicata sulla rivista Nature un’interessante perspective scritta da James<br />

Lake (University of California, USA) dal titolo “Evidence for an early<br />

prokaryotic endosymbiosis”, in cui si analizza la possibilità che l’endosimbiosi<br />

abbia giocato un ruolo <strong>di</strong> grande importanza anche nell’evoluzione <strong>dei</strong><br />

procarioti e possa essere alla base della loro grande <strong>di</strong>versità.<br />

L’idea che anche i procarioti possano ricorre all’endosimbiosi non è<br />

particolarmente azzardata se si pensa che, ad esempio, in alcuni cocci<strong>di</strong> è<br />

presente un batterio endosimbionte (della specie Buchnera) che a sua volta<br />

contiene nel citoplasma un simbionte dato da un gamma-protobatterio, come<br />

pubblicato su Nature da von Dohlen nel 2001.<br />

In che modo l’endosimbiosi potrebbe avere contribuito all’evoluzione <strong>dei</strong><br />

procarioti? Secondo Lake, i batteri gram negativi potrebbero derivare da un<br />

processo <strong>di</strong> endosimbiosi. Un primo aspetto che potrebbe supportare questa<br />

ipotesi è legata al fatto che i batteri gran negativi hanno una membrana<br />

esterna costituita da un doppia strato <strong>di</strong> fosfolipi<strong>di</strong>, a <strong>di</strong>fferenza <strong>dei</strong> gram<br />

positivi la cui membrana è a singolo strato. Questo potrebbe fare supporre<br />

che il secondo strato sia rimasto come “ricordo” dalla fusione tra due<br />

procarioti. In particolare anche a livello <strong>di</strong> struttura la membrana interna<br />

presente nei gram negativi è del tutto simile a quelle esterna (ed in realtà<br />

unica!) <strong>dei</strong> gram positivi, a suggerire che “la membrana interna <strong>dei</strong> procarioti<br />

gram negativi derivi dalla membrana esterna <strong>di</strong> una cellula procariotica che è<br />

stata inclusa all’interno <strong>di</strong> una seconda cellula”.<br />

La prova più convincente <strong>di</strong> questa ipotesi deve però risiedere nel genoma<br />

dato che se due cellule procarioti si sono in un qualche modo “fuse”, anche i<br />

loro genomi devono essersi uniti o comunque scambiati gran<strong>di</strong> quantità <strong>di</strong><br />

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