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PREFAZIONE Il testo che ho avuto il piacere di presentare ed il ...

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<strong>PREFAZIONE</strong><br />

<strong>Il</strong> <strong>testo</strong> <strong>che</strong> <strong>ho</strong> <strong>avuto</strong> <strong>il</strong> <strong>piacere</strong> <strong>di</strong> <strong>presentare</strong> <strong>ed</strong> <strong>il</strong> relativo Convegno, a cui sono stato invitato,<br />

offrono lo spunto per una riflessione sull’emergenza psichiatrica in età evolutiva, sull’universo <strong>di</strong><br />

una comunità per adolescenti, sulla rete intra-istituzionale, sulle relazioni tra <strong>di</strong>verse figure<br />

professionali e tra operatori <strong>ed</strong> utenti.<br />

Mi sento, pertanto, <strong>di</strong> con<strong>di</strong>videre pienamente <strong>il</strong> taglio proposto su queste temati<strong>che</strong> e le valutazioni<br />

<strong>di</strong> or<strong>di</strong>ne clinico, giuri<strong>di</strong>co e culturale, espresse dagli stessi autori degli articoli, nonché relatori<br />

delle singole Tavole Rotonde del Convegno.<br />

All’interno <strong>di</strong> un macro-con<strong>testo</strong> in cui la comunità terapeutica continua a poss<strong>ed</strong>ere una potenziale<br />

funzione “rivoluzionaria”, se letta come parte <strong>di</strong> un “<strong>di</strong> un movimento più generale <strong>di</strong> contrasto<br />

verso l’organizzazione attuale della società e del potere” (per una più ampia trattazione, si rimanda<br />

a Cancrini L., 1982), ciò <strong>che</strong> mi pare opportuno sottolineare, in questa breve prefazione, è la<br />

potenziale funzione “rivoluzionaria” della comunità terapeutica nei confronti della storia del singolo<br />

utente.<br />

Come <strong>il</strong>lustro più ampiamente nel mio articolo, recenti ricer<strong>che</strong> (Korenblum M., 1990) sulla<br />

remissione del <strong>di</strong>sturbo borderline <strong>di</strong> personalità in adolescenza mostrano <strong>che</strong>, a <strong>di</strong>stanza <strong>di</strong> sei anni,<br />

i tre quarti dei <strong>di</strong>agnosticati come borderline, in ricovero osp<strong>ed</strong>aliero, presenta remissione del<br />

<strong>di</strong>sturbo. L’unica con<strong>di</strong>zione per cui questa remissione avvenga è la “cura”.<br />

Se i <strong>di</strong>sturbi <strong>di</strong> personalità sono reversib<strong>il</strong>i, l’inizio della “cura” può essere la “parola” all’interno<br />

del con<strong>testo</strong> comunitario.<br />

Così, <strong>il</strong> Poeta: “L’essere nel mondo è essenzialmente Cura” (Heidegger M., 1927).<br />

Così, <strong>il</strong> con<strong>testo</strong> comunitario deve permeare la relazione tra operatore <strong>ed</strong> utente nella duplicità <strong>di</strong><br />

significato del termine “cura”, cioè come “insieme <strong>di</strong> me<strong>di</strong>camenti e rime<strong>di</strong> per <strong>il</strong> trattamento <strong>di</strong><br />

una malattia” (“To care”) e come “interessamento sollecito e costante per qualcuno” (“To cure”)<br />

(Zani<strong>che</strong>lli, 1979).<br />

Così, <strong>il</strong> con<strong>testo</strong> comunitario può recuperare e riscoprire, in modo “rivoluzionario”, qualcosa <strong>che</strong>, in<br />

passato, apparteneva alla figura del me<strong>di</strong>co e <strong>che</strong> è finito in secondo piano negli ultimi decenni:<br />

l’attenzione alla “<strong>di</strong>mensione umana” dell’atto me<strong>di</strong>co <strong>di</strong> cura e della sofferenza <strong>che</strong> segna,<br />

inevitab<strong>il</strong>mente, ogni incontro con la “malattia”, con <strong>il</strong> <strong>di</strong>sagio, con <strong>il</strong> dolore. L’elemento<br />

“rivoluzionario” è nella considerazione per cui si è svalutato, gradualmente nel tempo, l’elemento<br />

“umano” della relazione <strong>di</strong> “cura”, riducendo, in tal modo, non solo l’importanza <strong>di</strong> ciò <strong>che</strong>, una


volta, era lo strumento professionale per eccellenza del me<strong>di</strong>co, “l’occhio clinico”, ma imp<strong>ed</strong>endo<br />

tra me<strong>di</strong>co e paziente la permeab<strong>il</strong>ità reciproca <strong>di</strong> vissuti emozionali e valori esistenziali, essenziali<br />

per poter garantire la qualità dell’ “affidarsi” e del “curare” (Balint M., 1961).<br />

La storia <strong>di</strong> un percorso “terapeutico/riab<strong>il</strong>itativo”, all’interno <strong>di</strong> una comunità <strong>di</strong> “cura”, <strong>di</strong>venta,<br />

quin<strong>di</strong>, un incontro tra storie: la storia dell’utente (intesa in senso ecologico/olistico o, in altri<br />

termini, bio-psico-sociale), la storia degli operatori sanitari, i “curatori”, e la storia del con<strong>testo</strong> <strong>di</strong><br />

“cura”. L’evoluzione del processo terapeutico <strong>di</strong>pende dalla relazione <strong>che</strong> si viene a creare tra le<br />

molte figure in gioco, nel tentativo <strong>di</strong> co-costruite una nuova storia intorno alla domanda <strong>di</strong> aiuto<br />

(Cancrini M.G. et al., 2002). In tale ottica, anch’essa definib<strong>il</strong>e, per alcuni versi, “rivoluzionaria”,<br />

non solo tutti gli operatori sanitari devono essere consapevoli del fatto <strong>che</strong> in<strong>di</strong>viduo/malattia,<br />

famiglia d’origine e sistemi terapeutici <strong>di</strong> trattamento vanno considerati come componenti<br />

in<strong>di</strong>ssociab<strong>il</strong>i e reciprocamente influenzatisi <strong>di</strong> un processo comune, ma an<strong>che</strong> <strong>che</strong> le competenze<br />

<strong>ed</strong> <strong>il</strong> sapere terapeutico devono essere ut<strong>il</strong>izzate in rete da tutti gli operatori dell’equipe<br />

inter<strong>di</strong>sciplinare, all’interno <strong>di</strong> uno scenario in cui l’attività psicoterapeutica può essere immaginata<br />

“come <strong>il</strong> sale nella minestra”, metafora <strong>che</strong> riporto an<strong>che</strong> nel mio intervento al Convegno.<br />

L’espressione <strong>di</strong> Heidegger, <strong>che</strong> potrebbe accogliere gli utenti all’ingresso <strong>di</strong> tutti i servizi sociosanitari,<br />

pubblici e privati, risulta affascinante immaginarla an<strong>che</strong> come “ispiratrice” <strong>di</strong> un’altra<br />

parte della storia della comunità, la storia dell’integrazione e della collaborazione tra professionisti<br />

provenienti da culture e specializzazioni, percorsi <strong>ed</strong> itinerari <strong>di</strong>fferenti (neuropsichiatra, psicologo,<br />

<strong>ed</strong>ucatore, conduttore <strong>di</strong> laboratorio, etc.).<br />

Nella costruzione <strong>di</strong> tale storia, può <strong>di</strong>ventare significativo e considerevole <strong>il</strong> con<strong>testo</strong> della<br />

supervisione, supervisione <strong>che</strong> <strong>il</strong> sottoscritto esegue, da circa un anno, all’equipe inter<strong>di</strong>sciplinare<br />

della Comunità “Casetta Rossa”.<br />

An<strong>che</strong> la supervisione può riven<strong>di</strong>care la sua potenziale funzione “rivoluzionaria”, in quanto,<br />

praticata in un “tempo sospeso”, fuori dalla routine e dal con<strong>testo</strong> comunitario, può conc<strong>ed</strong>ere ai<br />

partecipanti, ut<strong>il</strong>izzando un’altra immagine a me cara, <strong>di</strong> salire su un elicottero per capire come è<br />

<strong>di</strong>sposto l'intrico <strong>di</strong> vie, <strong>di</strong> viuzze e <strong>di</strong> piazze <strong>che</strong> costituisce <strong>il</strong> paese in cui si vive e si cammina ogni<br />

giorno.<br />

Così, un altro Poeta: “<strong>Il</strong> matrimonio...è come qualcuno <strong>che</strong> ha imparato a giocare a tennis e decide<br />

<strong>che</strong> giocare <strong>il</strong> doppio è più <strong>di</strong>vertente. <strong>Il</strong> campo è più grande, lo sforzo fisico è minore <strong>ed</strong> <strong>il</strong> bisogno<br />

in<strong>di</strong>viduale <strong>di</strong> essere un eroe è meno ipnotizzante…”. (Whitaker C.A., 1989)<br />

Così, <strong>il</strong> con<strong>testo</strong> della supervisione può <strong>di</strong>ventare <strong>il</strong> con<strong>testo</strong> della sperimentazione del “giocare a<br />

tennis <strong>il</strong> doppio” con un supervisore, <strong>che</strong> spazia e si alterna nei ruoli <strong>di</strong> guida, allenatore, maestro,


compagno esperto, “base sicura” <strong>che</strong> può permettere all’equipe inter<strong>di</strong>sciplinare sia <strong>di</strong> muoversi nel<br />

sistema terapeutico con modalità particolari <strong>di</strong> appren<strong>di</strong>mento, tali da sperimentare esplorazioni e<br />

sorprese mai tentate, sia <strong>di</strong> evitare <strong>il</strong> più possib<strong>il</strong>e reazioni e pensieri <strong>di</strong> tipo “depressivo” con<br />

conseguente sensazione <strong>di</strong> impotenza e <strong>di</strong> inadeguatezza e <strong>di</strong> tipo “maniacale” con relative<br />

sensazioni onnipotenti <strong>ed</strong> <strong>il</strong>limitate, reazioni e pensieri <strong>che</strong> hanno come risultato un sicuro<br />

fallimento terapeutico (Harrison L., 1991). Per una più ampia trattazione sul tema della supervisione<br />

nelle comunità terapeuti<strong>che</strong>, si rimanda a Cancrini L. (1999).<br />

Nella conclusione <strong>di</strong> tale prefazione, si vogliono riportare le battute finali del mio intervento al<br />

Convegno <strong>che</strong> testimoniano <strong>il</strong> mio personale sguardo entusiasta alla fine dei lavori congressuali su<br />

altre potenziali “rivoluzioni”: “… voglio <strong>di</strong>rvi <strong>che</strong> sono contento <strong>di</strong> essere qui, <strong>di</strong> aver trovato tutta<br />

questa gente <strong>che</strong> lavora in questo campo…vi assicuro <strong>che</strong> è qual<strong>che</strong> cosa davvero <strong>di</strong> molto nuovo,<br />

<strong>che</strong> io spero <strong>che</strong> cresca, perché questa, in fondo, è una missione della nostra generazione: far sì <strong>che</strong><br />

tutto questo cresca sempre <strong>di</strong> più e <strong>che</strong> <strong>di</strong>venti qualcosa <strong>che</strong> viene come risposta a tutti i minori in<br />

<strong>di</strong>fficoltà…”.<br />

Bibliografia<br />

Balint M., Me<strong>di</strong>co, paziente e malattia, Feltrinelli, M<strong>il</strong>ano, 1961.<br />

Luigi Cancrini<br />

Cancrini L., Quei temerari sulle macchine volanti: stu<strong>di</strong>o delle terapie dei tossicomani, Nuova Italia Scientifica,<br />

Roma, 1982.<br />

Cancrini L., La luna nel pozzo, R. Cortina, M<strong>il</strong>ano, 1999.<br />

Cancrini M.G., Mazzoni S., I contesti della droga, F. Angeli, M<strong>il</strong>ano, 2002.<br />

Harrison L., Dalla base sicura all’in<strong>di</strong>viduo: riflessioni sulla formazione e l’allevamento dei terapeuti, Ecologia<br />

della Mente, 14, 88, 1991.<br />

Heidegger M., (1927), “Essere e Tempo”, Longanesi, 2005.<br />

Korenblum M., Personality status: changes through Adolescente, in Psychiatric Clinic of North America, vol. 13(3)<br />

389-399, 1990.<br />

Whitaker C.A., Considerazioni notturne <strong>di</strong> un terapeuta della famiglia, Astrolabio, Roma, 1989.

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