Disegni, dipinti e acquerelli - Arsbit
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Goethe, passando per Füssli, Turner, Cozens e tanti altri, troviamo che uno dei<br />
crinali che distinguono le varie poetiche artistiche passa proprio per il valore attribuito<br />
alle combinazioni cromatiche. Goethe, ad esempio, aveva una concezione<br />
neoclassica del colore, soprattutto quando arrivava a identificare il monocromo con<br />
il monotono (e ovviamente il policromo con il vivace). Turner, sulla scorta di Füssli,<br />
criticava aspramente questa concezione «illuminista» e poco emotiva, e le contrapponeva<br />
invece la tesi opposta. Ricordo ad esempio l’annotazione di Turner alla seguente<br />
affermazione di Füssli: «un colore da solo ha una forza maggiore della combinazione<br />
di due tinte e un miscuglio di tre la indebolisce ancora di più». La nota<br />
recita: «e tutto ciò che va oltre è monotonia, disarmonia, noia». Ebbene, Adami in<br />
molte occasioni sembra aderire allo «sviluppo dei contrasti della scala cromatica»<br />
della Farbenlehre di Goethe, alla ricerca di una «euforia pittorica» che è appunto<br />
l’esaltazione passionale della completezza della tavolozza. Eppure, al tempo stesso<br />
non disdegna affatto la rarefazione dei toni della tavolozza, a cui cerca di conferire<br />
ugualmente un senso di brillantezza. Si vedano – in opposizione, ma col medesimo<br />
risultato – il già citato La notte dello stambecco che ci offre una varietà di tinte, e<br />
Lilliputian Boat Lake del 1990, tutto fondato sulla gamma dei verdi. In fondo, l’aveva<br />
anticipato Antonio Calli, che, nel Discorso de’ colori, aveva affidato una terza e<br />
importantissima parte del volume al «sistema degli affetti» che si esprime attraverso<br />
i colori: ciò che conta è il contenuto passionale che si desidera convocare14 .<br />
D’altra parte, la maniera di Adami di procedere alla stesura dei suoi colori acrilici<br />
è orientata con tutta evidenza all’effetto cromatico di superficie, cioè a restituire<br />
l’idea del colore del quadro, e non nel quadro. L’acrilico viene stesso nelle campiture<br />
previste dal disegno in modo compatto, che non lascia percepire la pennellata.<br />
Interessante ambiguità: la soggettività dell’artista risiede nell’atto di scelta personale,<br />
ma non nel gesto manuale, che invece si percepisce nel disegno e nel suo andamento<br />
che presuppone la continuità e la fermezza della mano «intelligente». Si tratta di un<br />
artificio, questo della resa cromatica, che avvicina certamente Adami alla Pop Art.<br />
Con opportune differenze, tuttavia. In quest’ultima, avvertiamo il desiderio dell’effetto<br />
coloristico compatto, ma anche una specie di indifferenza alle tinte utilizzate.<br />
In Adami esiste, come si è detto, la volontà di esprimere il colore del quadro, e<br />
tuttavia i singoli oggetti interni colorati manifestano anche un loro contenuto simbolica.<br />
Non tutti i colori possono riempire le forme oggettuali rappresentate: «Ci<br />
sono soggetti dove il blu non può entrare. Il colore è in ciò che si pensa, non in ciò<br />
che si vede» 15 .<br />
3. La scrittura<br />
A proposito di teoria soggiacente alla manifestazione artitica, un’ultima nota la<br />
merita la scrittura, che con tanta insistenza appare nei quadri di Adami. Si tratta di<br />
scrittura, è vero. Infatti, quasi sempre le frasi dipinte risultano citazioni o componimenti<br />
poetici dell’autore. Eppure non possiamo fare a meno di notare che la prima<br />
tentazione che si prova dinanzi a queste frasi è quella di non leggerle. Sono parole,<br />
sì, ma sono esse stesse disegno e pittura. E allora dovremmo parlare piuttosto di<br />
calligrafia, cioè di esibizione formale della scrittura in quanto elemento espressivo<br />
che si aggiunge alla tavolozza e al disegno come componente astratta dell’opera. Ma<br />
allora ci troviamo di nuovo di fronte a un atteggiamento teorico nei confronti dell’arte,<br />
l’atteggiamento che potremmo chiamare «del grafico». Il grafico, infatti, pensa<br />
agli elementi che ha a disposizione per produrre l’opera innanzitutto in termini di<br />
composizione: le parole, con la loro intrinseca linearità, servono prima che per ogni<br />
altra cosa, per produrre orientamenti percettivi, sensi di lettura, architetture della<br />
visione. Il grafico lavora per mezzo di una «posologia progettuale», che di solito<br />
puntualmente avvertiamo, e che puntualmente si percepisce dinanzi a un dipinto di<br />
Adami, perennemente alla ricerca di una armonia costitutiva, di un ordine interno:<br />
di quel che gli antichi chiamavano l’eleganza. (Vale la pena d’altronde ricordare che<br />
in paleografia la parola «elegante» ha un significato speciale: contrappone una certa<br />
scrittura alla scrittura rustica, per determinare l’appartenenza sociale e culturale di<br />
un testo). Non va dimenticato, infine, che la scrittura come parola nelle opere di<br />
Adami è un’altra dimostrazione della variabile ricerca di soggettività che abbiamo<br />
accennato in alcuni passaggi. La calligrafia, infatti, è «bellezza» nella radice «calli»,<br />
ma è soprattutto «grafia», ovvero modo personale di manifestare l’identità (autografa)<br />
della mano dell’autore, corrispondente d’altronde alla sua «firma».<br />
La scrittura, in altre parole, è uno degli elementi fondatori di una «teoria dell’opera»<br />
che esiste in Adami. Nel senso che fa parte di un progetto generale, che<br />
rende il risultato finale come semplice – ma certo mai banale – esecuzione di uno<br />
spartito. Adami non è forse il primo a interpretare il risultato artistico in questa<br />
maniera. Basti ricordare un autore, come lui appassionato di musica, quale fu Paul<br />
Klee (peraltro musicista in origine). Moltissime opere dell’artista svizzero si richiamano<br />
a spartiti, ma si può citare su tutte Im bachschen stil del 1919, che addirittura<br />
si ispira a una sua personale «traduzione grafica» della toccata d’inizio dell’adagio<br />
della Sonata 6 per violino e cembalo in sol maggiore di Bach, pubblicata poi nel 1921.<br />
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